N 23 del 19 03 2018

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dell’operazione Triade. Ma c’è anche il nome di Angelo Porcino, imprenditore già arrestato nel 2011 nell’ambito dell’operazione “Gotha” con l’accusa di far parte a pieno titolo della famiglia mafiosa dei “Barcellonesi” (nel 2015 è stato condannato in I° grado a 11 anni per associazione mafiosa). Porcino è stato anche indagato (poi archiviato) per la morte dell’omicidio dell’urologo Attilio Manca, che stranamente avrebbe voluto incontrare a Viterbo prima che quest'ultimo venisse ucciso. Una serie d’intrecci che appesantiscono il senso civico di una società, poiché la mafia è un carrozzone che frena, blocca ogni processo di crescita e sviluppo sia dal punto di vista culturale che dal punto di vista imprenditoriale ed economica. Se oggi la Sicilia è il fanalino di coda dell’intera Europa, è grazie ad un sistema politico miope e incompetente e che non poche volte è andato a braccetto con mafiosi e criminali Mafia “ortodossa” Con l’operazione Gotha VII si colpisce una mafia pericolosa e capace di riorganizzarsi nonostante fosse stata ripetutamente colpita nel corso degli anni. Una mafia svelata dalle indagini dei carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto, della sezione anticrimine di Messina, della Squadra Mobile e del commissariato di Barcellona che presero il via dalle dichiarazioni del pentito Carmelo D'Amico Carmelo D'Amico, capomafia arrestato nel 2009, e dei collaboratori di giustizia Salvatore Campisi, Franco Munafò e Alessio Alesci. L'inchiesta, che colpisce presunti vertici e affiliati della fazione più ortodossa e militarmente organizzata della criminalità mafiosa della provincia peloritana, svela i rapporti del clan messinese con esponenti di Cosa nostra palermitana e catanese e rivela come l'organizzazione sistematicamente sia stata in grado di organizzarsi dopo ogni operazione di polizia. Viene fuori inoltre la costante pressione del racket del pizzo su commercianti e imprenditori della zona: sono decine i taglieggiamenti scoperti. Chiaro anche il modus operandi degli esattori del pizzo, dall’avvertimento con una bottiglia di liquido infiammabile davanti alla saracinesca del negozio o dell’impresa da intimidire fino all’avvicinamento dei titolari delle attività da parte degli uomini d’onore che chiedevano il pagamento del pizzo per Natale, Pasqua e Ferragosto. Chi diceva no veniva “colpito” da una rapina a mano armata, o veniva picchiato. Dalle indagini è emerso che oggetto delle estorsioni, spesso, non era il solo "pizzo" ma anche il tentativo di subentrare nei lavori pubblici, imponendo agli imprenditori

Vivi Don Bosco Magazine

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