Albero della vita n°1 2018

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La Pre­Primavera Cor ado Balist eri Trincanato

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UNITRE Mogliano Veneto

Sono le 9.15 del 26 febbraio, mi dirigo nella terrazza posta a Sud e guardo l'igrometro termico, agganciato alla parete in mattoni, investita dal sole. Le lancette segnano 10°C ed una percentuale di 55% di umidità, mentre l'orologio termometro multi funzioni, posto su uno scaffale di una libreria del soggiorno, l'Oregon Scientific americano, segna 20,4°C e 36% di umidità. Sul vetusto pioppo, due taccole s'inseguono e gracidano minacciose per allontanare le gazze ladre. Quattro rampichini, indifferenti, percorrono il tronco ed i rami a caccia d'insetti e di parassiti. In lontananza, il battere ritmato del picchio che sonda i fusti degli alberi alla ricerca del legno morbido per scavare il proprio nido annuale. Uno stormo di colombi passa via poiché sopra di loro volteggiano alcuni famelici gabbiani. L'intreccio dei rami dei pioppi si drizza verso l'alto affinché i collosi germogli si dischiudano liberando al sole le loro gemme che distendendosi, diverranno amenti maschili, più allungati, e amenti femminili. Poi giungerà la lanugine che il vento spargerà per ogni dove. Osservo quel felice intreccio dei rami dei pioppi, simile ad una rete che cattura grandi porzioni dell'azzurro del cielo. Sono gli ultimi sei sopravvissuti pioppi di un secolare percorso agreste inglobato nella città. Questi sei non sovrastano più il popolo umano che si radunava sotto di essi, mentre continuano ad ospitare le moltitudini di popoli alati. Ora è giunto il nero merlo e sulla cuspide lancia il proprio canto amoroso nel tentativo di delimitare il territorio dove nidificherà, ma è costretto a spostarsi sul bordo di un canale di gronda poiché, partite le taccole, sono sopraggiunte le lunghe codate gazze ladre, corvidi dalla livrea nera bianca azzurra che alla luce vira verso il verde metallico. Inizia una lotta negli spazi aerei, mentre lo scricciolo osa spuntare dalla fitta siepe del sempreverde bosso. Attendo, ma il pettirosso si nega. All'improvviso una macchia arancione plana sul prato e rigira le foglie morte a caccia di vermi ed insetti esposti alla luce. È lui, il pettirosso, spavaldo, forte della propria aggressività nel marcare il territorio nei confronti dei propri consimili e di altre varietà di piccoli uccelli. Le quote aeree sono fasce dove si muovono le diverse specie. In lontananza giunge il richiamo dello zigolo giallo dal ripetitivo ritmo: "ci ­ ci ­ ci ­ ci ­ ci ­ ci ... ciuii", confondibile con quello del passero domestico. Si apre una finestra del condominio ed una mano lancia delle molliche di pane. Un gesto abitudinario ad orario fisso. Si calano alcuni piccioni, ma è già appostato sul tetto lo stormo dei passeri. Rapidi scendono e, planando a pochi centimetri dal prato, spazzolano via i bocconi più ghiotti. Compiono piccole acrobazie mentre i piccioni, stupiti e stupidi, zampettano di qua e di là nella speranza di raccogliere le briciole dimenticate. Quel trambusto attira una coppia di tortore che guardinga si apposta su di un ramo basso. Ruotano il capo, e ripetono il monotono: "turrr, turrr". Sfreccia una multicolore ghiandaia e lo stridulo: "dchää, dchää, piüü", fa volar via le tortore. Guardo l'ora. Si avvicina il tocco delle dodici. Ancora due giorni e l'aria di marzo solleciterà la flora. Lo svilupparsi delle tremule foglie dei pioppi, mimetizzeranno nell'areale più basso gli uccelli di piccola taglia, mentre, nelle sommità, i picchi, le gazze ladre e le taccole, entrambe della famiglia dei corvidi, si daranno battaglia.


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