UNICUSANO
Oltre lo sport, una palestra di vita
Come nel campo, fuori dal campo. Di cosa è fatta una squadra “Il basket è una cosa seria”. Queste le parole diventate un mantra, ripetute sistematicamente dal nostro allenatore Max Cannalire. Una frase semplice ma di significato verificabile solo con l’esperienza sul campo. I nostri allenamenti intensi, iniziati con la volontà di un gruppo inizialmente ristretto e poi allargatosi fino a costituire un panorama culturale che abbraccia tutta Italia e anche oltre, sono sempre stati costituiti da ben più di qualche movimento tecnico. La tenacia dimostrata, sotto la guida esperta di Max e di persone come Alessandro Spada e Giacomo Esposito, collegate all’Università Niccolò Cusano, è stata ripagata da una lezione di valori, quali il senso di squadra, la perseveranza, il coraggio di mettersi in gioco. Valori che abbiamo avuto l’occasione di poter sperimentare contro squadre straniere, valori che ci hanno permesso di crescere, come singoli e come gruppo. Sicuramente determinanti, a livello mentale quanto tecnico, sono stati anche gli incontri con nomi importanti del calibro di Stefano Sbarra e Valerio Bianchini.
Vivendo in prima persona tale esperienza da giocatore, e più precisamente da pivot, ho sempre sentito la consapevolezza, indossando i colori giallo-blu della nostra Università, di rappresentare un gruppo ben più ampio di una squadra di basket. Consapevolezza che si è poi tradotta in voglia di migliorare, voglia di far parte di un progetto più grande. Cosa può esserci alla base di un’idea del genere se non la fiducia? Uno dei gesti più semplici nella pallacanestro, ossia il passaggio, ne è una rappresentazione perfetta. Innumerevoli le
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volte che Max ci ha istruito sulla sua esecuzione corretta, che consiste in un movimento forte, preciso e veloce, ma che più di ogni altra cosa necessita di intesa fra chi passa e chi riceve. È proprio questo il termine chiave. ‘Intesa’. Si parte da un semplice passaggio in campo, per arrivare fino a Pola, in Croazia, a misurarci con avversari da tutto il mondo. Conoscere la propria posizione nell’area di gioco e sapere quella dei compagni, prevedere quella degli avversari, tutto questo è anche vera e propria psicologia.
Nonostante alcune incomprensioni sorte durante gli anni, a mio parere effetto proprio di una grinta finalizzata al miglioramento di noi stessi, intesi come squadra, non è mai mancato l’aiuto reciproco, dentro e fuori dal campo di gioco. E anche qui si parte dalle cose semplici, come un compagno più esperto che spiega un movimento ad un altro che sta imparando, o un passaggio in automobile fino al campo, una mangiata insieme alla fine di una partita ripercorrendo insieme i momenti più belli. Il basket è anche questo.
Come squadra abbiamo sofferto la pandemia: difficile allenarsi, difficile trovare un campo, ancor più difficile organizzare una partita. Tuttavia, lo spirito sportivo è sempre stato presente, in attesa di una precoce ripresa “per tornare in campo. Assieme”, citando il nostro Max. Abbiamo affrontato altri momenti del genere, come quando, nonostante la mancanza di un campo fisso, raggiungevamo un campetto all’aperto di Torrevecchia pur di giocare insieme, o correvamo nell’anello d’asfalto interno al campus dell’università, verso una meta ben più significativa dell’allenamento in sé. Correvamo comunque verso un canestro, il canestro della vita, lo facevamo insieme, e torneremo a farlo.
Giulio Francesco Conte In collaborazione con Max Cannalire
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