UniCamillus Magazine - Autunno 2022

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SOMMARIO

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INFORMA STUDENTI

ANGELA: “IN ITALIA SI INSEGNANO LE SCIENZE MA NON LA SCIENZA”

L’intervista del Rettore, Gianni Profita, a Piero Angela

“MOLTO DEL POCO CHE SO LO DEVO A LUI”

Ricordo di Piero Angela di Alberto Luca Recchi

TERMOVALORIZZATORE:

VERA SOLUZIONE O PALLIATIVO

LA TERMOVALORIZZAZIONE È UNA TECNOLOGIA SICURA” Intervista a Sabrina Alfonsi

“RIVENDICO IL NO AL TERMOVALORIZZATORE” Intervista a Roberta Lombardi

“I TERMOVALORIZZATORI SONO SICURI”

Intervista a Francesco Cognetti, Mauro Picardo, Andrea Coppola e Barbara Costantini

DENTI: PERCHÈ UNA VISITA FIN DAI PRIMI ANNI

A OTTOBRE IL NUOVO UNILAB

UMA: I MISMATCH DEL MONDO DEL LAVORO E IL RUOLO DELLE ACADEMY

NEWS/NOTE: 24ESIMA CONFERENZA INTERNAZIONAE

EDITORIALE CRESCE SEMPRE PIÙ

Questo numero era quasi in stampa quando abbiamo appreso che Piero Angela ci ha lasciato. C’era un fortissimo legame che ci legava a questo gigante della scienza. E gli organi accademici ne avevano già deliberato la Laurea in Medicina honoris causa, ma non si è fatto in tempo a conferirgliela. Per ricordarlo riportiamo nel Magazine la chiacchierata che avevamo avuto con lui in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Accademico. Abbiamo poi chiesto ad Alberto Luca Recchi, che ha condiviso con Piero Angela straordinarie iniziative, di ricordarlo insieme a noi. Gran parte della rivista è poi dedicata allo sviluppo di UniCamillus. Esistono diversi piani di crescita per un’Università. C’è l’aumento del numero degli studenti, l’incremento della ricerca e delle pubblicazioni, la costruzione di nuove aule e laboratori: a breve inaugureremo il terzo complesso di strutture del Campus. E c’è quello dell’interazione con le comunità di persone che vivono intorno all’Università. Il nostro interesse per la città in cui l’Università cresce è testimoniato in questo numero dallo spazio dedicato al dibattito sul termovalorizzatore di Roma. In questo numero abbiamo chiesto ad alcuni dei nostri docenti di spiegare quali sarebbero i rischi per la popolazione qualora il Comune portasse effettivamente a termine il progetto di costruire un termovalorizzatore di ultima generazione. Abbiamo ospitato interviste ad esponenti politici a favore e contro in modo da consentire ai lettori di farsi un’idea sentendo opinioni opposte. Con l’occasione, abbiamo domandato ai nostri esperti anche quali rischi corre una città non adeguatamente pulita. Sono questioni fra loro interconnesse, che investono l’ambiente urbano e il suo contesto socio-sanitario che una Università medica come la nostra non può ignorare.

EDITORIAL

UNICAMILLUS, IN CONSTANT GROWTH by Gianni Profita Rector

This issue was about to be printed when we learned about the death of Piero Angela. A very strong bond linked us to this giant of science. Our academic bodies had already approved for him on Honorary Degree in Medicine and Surgery, but there was no time to bestow it. To commemorate him, we feature in the Magazine the interview taken for the inauguration of the Academic year. We have then asked Alberto Luca Recchi, that shared with him some unique initiatives, to commemorate him together with us.

Part of the Magazine is dedicated to the development of UniCamillus. There are several growth plans for a University: increase of the number of students, the development of research, the implementation of new classrooms and laboratories: the third complex of the Campus will be inaugurated shortly. And there is the interaction with the territory and the community of people who live around the University. Our University is growing in all these directions. Our interest in the city where the University grows and thrives is proven in this issue by the space dedicated to the debate for or against the waste-to-energy incinerator in Rome. In this issue we have asked some of our professors to clarify which are real and tangible risks for the population in case the Municipality would carry out the project related to the construction of a state-of-the-art waste-to-energy incinerator. In the Magazine we have interviewed politicians for and against it, so that our reader might form an idea by hearing opposite opinions. We have also taken the opportunity to ask our experts about the risks a city can take if not properly clean. These are interrelated issues, that concern the urban environment and the related public health context, that a medical University, such as ours, cannot ignore.

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SULL’AIDS 70 RICERCHE
UNICAMILLUS
di Gianni Profita Rettore

ACADEMIC LIFE

Odontoiatria, nuove regole per esami e tirocini

Varato il Decreto Ministeriale 653/2022: l’esame sarà abilitante

Informa Studenti

le nuove regole per gli esami finali degli studenti del Corso di Laurea in Odontoiatria: il Ministero per l’Università e la Ricerca ha pubblicato un Decreto (653 del 5 luglio 2022) con il quale vengono definite le regole operative per l’esame abilitante e per il tirocinio pratico.

Arrivano

La prima novità, dunque, è che l’esame diviene abilitante e sarà incentrato sulle competenze professionali acquisite durante il tirocinio.

La seconda innovazione riguarda proprio il tirocinio pratico valutativo e obbligatorio: varrà 30 crediti formativi universitari (CFU) che saranno acquisiti solamente attraverso attività svolta come “primo operatore” cioè sotto il controllo diretto di un docente-tutore. Al quale spetterà certificare il tirocinio che, poi, sarà definitivamente validato dal presidente o coordinatore del Corso di studio.

L’elemento centrale, quindi, diventa il tirocinio che, nel Decreto 653/2022,

whAT’S NEw

Scoperto un antico ponte romano vicino UniCamillus

viene definito come “percorso formativo a carattere professionalizzante volto all’acquisizione di specifiche competenze e capacità diagnostiche e clinico-terapeutiche” e “parte integrante della formazione universitaria”.

La nuova norma, poi, specifica anche la composizione della Commissione giudicatrice della prova d’esame abilitante: vi parteciperanno membri dell’Università e dell’Albo professionale; sono previsti almeno 4 membri, metà dei quali saranno docenti universitari all’interno dei quali si sceglierà il presidente della Commissione. L’altra metà sarà designata dalla Commissione Albo Odontoiatri Nazionale.

Con la nuova prova pratica valutativa sarà possibile valutare le competenze professionali acquisite all’interno del percorso di tirocinio promosso nel corso di laurea e consentirà un’abilitazione all’esercizio della professione agevolando ai nostri studenti l’accesso al mondo del lavoro.

A poche centinaia di metri dalla sede di UniCamillus, durante i lavori di allargamento della via Tiburtina, sono stati riportati alla luce i resti di un antico ponte romano di età imperiale che consentiva alla originaria via Tiburtina di scavalcare il Fosso di Pratolungo poco prima della confluenza dello stesso nel Fiume Aniene, zona soggetta a frequenti esondazioni e impaludamenti. Gli scavi, condotti con la direzione scientifica di Fabrizio Santi, archeologo della Soprintendenza Speciale di Roma, dalle archeologhe Stefania Bavastro e Mara Carcieri della Land Srl, hanno messo in luce la porzione centrale dell’arcata a tutto sesto del ponte realizzata con possenti blocchi di travertino messi in opera a secco, fissati tra di loro mediante incavi rettangolari connessi a sporgenze dalle medesime caratteristiche e dimensioni, e rinforzati esternamente da uno spesso strato di cementizio.

L’arcata è stata rinvenuta priva della parte centrale: l’assenza della chiave di volta è da attribuire alla risistemazione dell’area in età medioevale e rinascimentale, quando il ponte venne parzialmente demolito e chiuso da due muraglioni di oltre tre metri di altezza.

Tali strutture, rivestite con intonaco solo all’esterno, sembrano aver sostenuto una rampa funzionale ad attraversare il Fosso.

La foto è della Soprintendenza speciale di Roma Archeologia - Belle Arti e Paesaggio

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OnLInEILnuOvOsITODI unICAmILLus mAnAgEmEnT ACADEmy

È online il nuovo sito web della UniCamillus Management Academy con la sua prima proposta formativa di eccellenza quale il Master OGRU, sostenuto da diverse associazioni professionali

spiagge del litorale laziale meridionale - Torvajanica, Anzio e Nettuno - e sulle rive dei laghi di Albano e Nemi, nell’ambito del progetto “Spiagge Serene” sono stati presenti studenti e insegnanti di Infermieristica e Professioni sanitarie per fornire ai turisti informazioni sui

che faranno conoscere UMA a manager e famiglie italiane quale Scuola di Management innovativa e portatrice di alti valori etici e professionali. Questo il link del sito: https://uma.unicamillus.org

unICAmILLusA “spIAggE sEREnE”

Da fine luglio a inizio settembre, sulle

corretti comportamenti in caso di colpi di calore, punture di insetti o di animali marini (meduse o tracine), scorretta alimentazione, sedentarietà. Inoltre sono state fornite nozioni di primo soccorso in merito alle manovre di disostruzione delle vie aeree nelle diverse fasce di età nonché per la rianimazione cardio-polmonare e l’uso del defibrillatore.

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ANGELA: “IN ITALIA SI INSEGNANO LE SCIENzE MA NON LA SCIENzA”

L’intervista del Rettore, Gianni Profita, a Piero Angela

La scomparsa, a 93 anni, del giornalista padre della divulgazione scientifica in televisione: una perdita per tutta l’Italia

Gli Organi Accademici dell’Università hanno deliberato, a fine novembrre 2021, l’assegnazione a Piero Angela della Laurea Honoris Causa in Medicina e Chirurgia, senza riuscire a celebrare l’evento a causa della scomparsa del grande comunicatore.

L’intervista

che segue è stata realizzata a luglio 2020 durante l’inaugurazione dell’Anno Accademico 2020 di UniCamillus. In quell’occasione, il Comitato Tecnico Scientifico dell’Ateneo, su indicazione di tutti gli studenti, decise di conferire a Piero Angela il premio intitolato “La scienza è di tutti”.

La mia prima domanda è quasi ovvia. Durante la pandemia da Covid-19 abbiamo registrato pure una sorta di infodemia: una congerie di informazioni spesso di segno opposto che hanno generato da una parte ansia e dall’altra, forse, comportamenti disinvolti. Le chiedo dunque se si poteva evitare tutto ciò.

C’è un detto che dice “la scienza è sapere quello che si sa e non sapere quello che non si sa”. Ora di questo virus si conoscono un certo numero di cose, altre meno. E quindi in una situazione di rischio certamente, di paura da parte di intere popolazioni per le conseguenze che questo contagio può avere, certo, ci si chiede “ma allora come andrà?” “il vaccino?” “allora il virus diminuirà di forza…”.

Tirando per la giacca gli scienziati, qualcuno, dando dei pareri, può azzardarsi a dire cose che non si sanno ma che possono essere un’impressione personale.

Quindi, ecco, bisogna distinguere tra le cose che si suppongono e quelle che dice la scienza. E poi se in televisione, nei dibattiti qualcuno si lascia scappare qualcosa, certo può accadere ma il pubblico ha bisogno di risposte.

per avvicinarsi all’informazione ed avvicinarsi in modo adeguato con discernimento l’alfabetizzazione scientifica è fondamentale. pensa

che in Italia sia migliorata? Le persone sono più informate?

Noi abbiamo una tradizione culturale molto letteraria, filosofica, artistica. Se lei pensa, tutto l’insegnamento nelle scuole medie fino all’Università è rivolto al passato: storia, storia della filosofia, storia dell’arte, letteratura.

Poi si insegnano le scienze, ma non la scienza. Si insegnano le materie scientifiche, chimica, fisica, ma come se fossero delle cose meccaniche da imparare spesso a memoria.

La scienza ha delle regole, ha un metodo. Io mi sono appassionato alla scienza, quando ho capito cos’era la scienza: il suo metodo, la sua etica, la sua pervasività, l’influenza che ha avuto nel cambiare il mondo, in particolare, attraverso lo sviluppo della tecnologia. Questo manca nel nostro insegnamento e di riflesso poi anche la cultura scientifica e la relativa informazione sono molto carenti.

Noi cerchiamo di fare con i nostri programmi il possibile, certamente bisognerebbe fare molto di più.

E la televisione, appunto, che ruolo ha giocato in tutto questo processo?

Vede, se vuole il mio parere, come dire, filosofico, è che la cultura scientifica è un investimento e non può essere regolata solo dal conto economico di quanto rende con le pubblicità.

Quindi è il ruolo dello Stato, secondo me, sarebbe quello di mettere le televisioni, in particolare la Rai, che comunque già lo fa, in condizione di migliorare ancora questa offerta perché ne abbiamo estremamente bisogno, anche dal punto di vista delle tecnologie, sappiamo della rivoluzione del digitale.

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Siamo pronti a tutto quello che verrà? Ecco, questo è un problema che bisogna porsi

sente di poter dare un suggerimento ai nostri studenti che si avvicinano agli studi scientifici e medici in particolare?

Guardi, fare lo scienziato, fare il medico non è solo una professione. È, se non una missione, certamente un impegno profondo per gli altri, quindi bisogna avere questo desiderio di fare e di fare bene. Questo naturalmente vale per qualunque professione. Ogni professione può essere gratificante se viene vista come qualcosa che l’individuo porta a sé stesso e alla società. Una cosa che mi ha colpito tantissimi anni fa: ero a Londra e il facchino che mi è venuto a

prendere la valigia sembrava un professionista in divisa, era molto fiero della sua professione.

Ma vale per i medici in particolare…. E poi quello che consiglio, non solo di essere vivi e vivere la propria professione ma di cercare sempre l’eccellenza perché se voi, cari ragazzi, cercate l’eccellenza sempre avrete qualcuno che vi cerca, che vi affiderà degli incarichi, che vi stimerà e avrete gratificazioni. Certo, bisogna studiare, bisogna lavorare, però bisogna avere questo spirito per cui non è solo un lavoro ma un modo per realizzarsi e quindi perfezionarsi.

La ringrazio per averci accolto a casa sua. Ecco il premio che uniCamillus ha deciso di assegnarle, si chiama “La scienza è di tutti”. Credo che tutta la sua vita professionale abbia testimoniato quello che noi abbiamo voluto dire chiamando così questo premio “La scienza è di tutti”.

La ringrazio molto e faccio molti auguri a tutti gli studenti, specialmente a quelli che vengono da varie parti del mondo per studiare, perfezionarsi.

Non solo studenti di medicina, ma infermieri di cui abbiamo visto il ruolo in questa pandemia eccezionale anche perché oggi la preparazione è molto più professionale del passato quindi abbiamo bisogno di voi e abbiamo bisogno che facciate bene il vostro lavoro.

LA LETTERA TESTAMENTO DI PIERO ANGELA

Cari amici, mi spiace non essere più con voi dopo 70 anni assieme. Ma anche la natura ha i suoi ritmi. Sono stati anni per me molto stimolanti che mi hanno portato a conoscere il mondo e la natura umana. Soprattutto ho avuto la fortuna di conoscere gente che mi ha aiutato a realizzare quello che ogni uomo vorrebbe scoprire. Grazie alla scienza e a un metodo che permette di affrontare i problemi in modo razionale ma al tempo stesso umano. Malgrado una lunga malattia sono riuscito a portare a termine tutte le mie trasmissioni e i miei progetti (persino una piccola soddisfazione: un disco di jazz al pianoforte…). Ma anche, sedici puntate dedicate alla scuola sui problemi dell’ambiente e dell’energia. È stata un’avventura straordinaria, vissuta intensamente e resa possibile grazie alla collaborazione di un grande gruppo di autori, collaboratori, tecnici e scienziati. A mia volta, ho cercato di raccontare quello che ho imparato. Carissimi tutti, penso di aver fatto la mia parte. Cercate di fare anche voi la vostra per questo nostro difficile Paese. Un grande abbraccio.

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During the Covid-19 pandemic we also observed, I like to call it that, a sort of info-demic. A jumble of often opposing information. So I ask Piero Angela: could all this have been avoided?

Well, there is a saying that says “science is knowing what you know and not knowing what you don’t know”. Now a number of things are known about this virus, others less so.

And certainly therefore, in a situation of risk, of fear on the part of entire populations for the consequences that this contagion can have, of course, everyone asks to anyone “then how will it go?” “The vaccine?” “Then if the virus decreases in strength ...”. Pulling scientists by the jacket, someone, giving opinions, can dare to say things that are not known but which can be a personal impression. So, here, we must distinguish between the things that are known and those that science says. And then if on television, in debates, someone says something, this shouldn’t happen, but the public needs answers. As long as they are the soothing ones.

Perhaps scientific literacy is essential. Do you think it has changed in Italy? Has it improved? Are people more informed?

You see we have a cultural tradition that is very literary, philosophical, artistic. If you think, all teaching from middle school up to university is aimed at the past: history, history of philosophy, history of art, literature. The sciences are taught but not Science. Scientific subjects, chemistry, physics are taught, but as if they were mechanical things to be learned often by heart. Science has rules, it has a method. I became passionate about science, when I understood what science was: its method, its ethics, its pervasiveness, the influence it had in changing the world, in particular, through development, namely technology. This is lacking in our teaching and consequently also in our culture, and information is also very lacking.

We try to do everything possible with our programs, certainly much more should be done. Scientific culture is an investment and cannot be regulated only by the income statement of what it makes with advertising. In my opinion, the State should lead the television to further improve this offer, as it is being done already with Rai, because we extremely need to, from the point of view of technologies, as we know about the digital revolution. Are we ready for everything to come? Here, this is a problem that must be asked. Do you feel you can give a suggestion to our students who are approaching medical or scientific studies?

Look, being a scientist, being a doctor is not just a profession, as we said before, it is, if not a mission, certainly a commitment, so you must have this desire to do and do well. But this applies to any profession. Any profession can be rewarding if it is seen as something that the individual brings to himself and to society.There is a thing that struck me many years ago, once, I was in London and the porter who came to take my suitcase looked like a professional in uniform, he was very proud of his profession. And even more the doctors, you know… And then what I recommend is not only to be alive and live your profession but to always look for excellence because if you, dear guys, are looking for excellence, you will always have someone looking for you, who will entrust you with tasks, who will respect you and you will be rewarded. Of course, you have to study, you have to work but you have to have this spirit for which it is not just a job but a way to fulfill oneself and therefore improve oneself. So thank you for welcoming us to your home. Here is the prize that UniCamillus has decided to assign, it is called “La scienza è di tutti”. I believe that his entire professional life has witnessed what we wanted to say by calling this award “La scienza è di tutti”. Thank you very much and I wish all the students, especially those who come from various parts of the world, to study and improve themselves. Not just medical students but nurses whose role we have discovered in this exceptional pandemic, also because today the preparation is much more professional than in the past so we need you and we need you to do your job well. So, best wishes and thanks for the award.

UNICAMILLUS AUTUNNO 2022 9 PIERO ANGELA: “ThE SCIENCES ARE TAUGhT bUT NOT SCIENCE”

Le sue immagini della vita sottomarina sono esplosioni di colori, di forme rutilanti, di “capolavori della natura” come lui stesso definisce quelli che altri chiamano “mostri marini”.

Alberto Luca Recchi è uno dei più importanti fotografi subacquei, giornalista, scrittore, divulgatore.

Con piero Angela ha inaugurato un sodalizio che è durato trent’anni, fatto di collaborazioni per Quark e superquark, libri, spettacoli teatrali, mostre.

A lui, uniCamillus ha chiesto un ricordo del padre del giornalismo divulgativo italiano

Cisiamo conosciuti più di trent’anni fa. Un pomeriggio ricevo una telefonata e dall’altro capo del telefono mi dicono: “È la casa editrice Mondadori. C’è Piero Angela che ha visto le sue foto e vorrebbe fare un libro illustrato sul mare”. Io penso che sia uno scherzo e rispondo “Sì e magari c’è anche Umberto Eco che ha visto qualche mio pensiero e vuole scrivere un romanzo con me”. “Guardi non faccia troppo lo spiritoso.

Non è uno scherzo. È vero. Venga dopodomani a via Sicilia”.

Perplesso, vado e c’erano Piero Angela, Alberto Angela che allora non era ancora conosciuto ma già curava Superquark e l’editor.

Facciamo insieme il primo libro sul Mediterraneo che si chiamava “Dentro il Mediterraneo”, poi un secondo sugli squali, poi un terzo sui “mostri marini” che non sono mostri se non ai nostri

“mOLTO DI QuEL pOCO ChE sO, LO DEvO A LuI”

occhi ma sono animali, anche quelli più strani, che sono sopravvissuti all’evoluzione e come tali sono dei capolavori della natura. Poi un quarto, poi un quinto e finisce che diventiamo amici.

Ci frequentiamo, ci siamo frequentati per metà della mia vita e un terzo della sua. Le abbiamo trascorse vivendo avventure insieme. Spesso lui era a Roma e io in mezzo al mare. Eravamo lontani ma non distanti mentalmente. Venticinque anni fa cercavo lo squalo bianco nel Mediterraneo e lo facevo per Superquark e ogni settimana mi collegavo con lui che era in studio.

Stavamo collaudando il primo videotelefono per la Telecom: oggi ci sembra normale ma allora

c’erano parabole e tecnico a bordo. Pasturavamo buttando in mare dalla mattina alla sera sangue e pesce azzurro. Avevo a bordo con me tre biologi marini di varie università e cercavamo che uno squalo intercettasse la scia odorosa e risalisse con le sue portentose narici fino alla cucina di bordo, fino alla “dispensa”.

Però si è rivelata un’operazione molto più complessa del previsto. Ogni settimana Piero mi chiedeva: “Allora, Alberto Luca, hai trovato lo squalo bianco?”.

E io: “No, Piero, però questa settimana abbiamo visto i grampi” (una specie di delfino, ndr) che sono dei cetacei, tutti graffiati e la scienza non sa perché.

La settimana successiva, di nuovo: “Allora, Alberto

“Ci siamo frequentati per metà della mia vita e un terzo della sua e le abbiamo trascorse vivendo avventure insieme”

Luca, hai trovato lo squalo bianco?”. E Io: “No, Piero, però questa settimana abbiamo un globicefalo, che è una piccola balena, nel Golfo di Taranto”. “Ah, bellissimo”.

Settimana dopo ancora: “Allora, Alberto Luca, lo hai trovato”.

E io ancora “No, Piero, ma abbiamo tolto un amo da una tartaruga marina”.

Il bello arriva un giorno di settembre. Avevo appena mandato un articolo a un quotidiano in cui sostenevo che purtroppo di squali bianchi nel Mediterraneo ne fossero rimasti pochi, cosa che poteva anche essere una bella notizia per i bagnanti ma un lutto per la biodiversità.

Ormai eano sei mesi che giravamo il Mediterraneo alla ricerca dello squalo bianco quando, quel giorno, accendiamo la televisione e sentiamo al telegiornale la notizia che un bambino di 11 anni aveva fotografato uno squalo bianco davanti a Giulianova. Quindi, una spedizione che si è rivelata un flop. Piero l’ha presa molto bene e io molto male, avendoci lavorato a vuoto per mesi. Ci siamo presi un maalox tutti quanti e la spedizione si è conclusa in questo modo ironico e sfortunato.

Poi siamo stati vicini ancora: andavo in giro per il mondo e magari portavo dei servizi a casa che poi lui trasmetteva.

Poi ci vedevamo a cena. Io portavo il pollo e Margherita (la moglie di Piero Angela, ndr) faceva la sua strepitosa maionese che metteva sopra un pomodoro spaccato. E lì ogni volta ascoltarlo era un piacere. Quando andavamo a presentare i libri in giro per l’Italia io portavo la macchina e lui stava a fianco. Lo riempivo di domande e mi sembrava di aprire un Superquark personalizzato in cui le curiosità erano le mie e non quelle decise da lui o dalla redazione.

Molto di quel poco che so lo devo a lui, lo devo a questi viaggi, a queste cene, a queste chiacchierate.

Negli ultimi tempi abbiamo portato il mare in teatro con uno spettacolo teatrale, appunto, che ha girato Roma all’Auditorium e a Santa Cecilia, Venezia al Teatro La Fenice, e l’ultimo spettacolo è stato a Milano all’Arcimboldi pochi mesi fa.

Poi avremmo dovuto farne altri due, uno a Ferrara e uno a Vieste però già a luglio non si sentiva bene e li ha dovuti cancellare.

E mi ha detto “guarda, mi sto spegnendo e quindi

“Ci vedevamo a cena.
Io portavo il pollo e Margherita faceva la sua strepitosa maionese che metteva sopra un pomodoro spaccato”
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non mi muovo più di casa, mi dispiace ma ora faccio un disco e poi vi saluto tutti”.

La sua crisi si è acuita negli ultimi mesi. All’ultimo spettacolo, quando, uscendo dal palcoscenico tutti e due molto stanchi, a causa dei dolori che aveva mi mette una mano sul braccio e mi fa… E in effetti ne aveva 93 per cui è una battuta che non mi dimenticherò per tutta la vita. Io che mi sento ogni tanto un po’ oltre con gli anni, devo dire a me stesso che non sarò mai più giovane come sono oggi.

Questa è la morale che ne ho ricavato.

Piero, fuori dagli studi televisivi, davanti a un pomodoro spaccato con la maionese, era una persona semplicissima. Penso che la sua più grande dote fosse la capacità di collegamento nel suo vasto sapere. Quindi, a una domanda, lui rispondeva mettendo insieme informazioni che provenivano da diverse discipline che lui aveva esplorato.

Io mi considero un esploratore, ma Piero lo era forse più di me. Io esploro i mari del mondo, lui ha fatto

l’esplorazione nella conoscenza perché andandosi a studiare cose fuori dalla sua conoscenza ordinaria: non era un fisico però magari studiava il buco nero, oppure lo strato di atmosfera.

E poi riusciva a tradurre tutto nel suo slang, nel suo dialetto comprensibile a un bambino di otto anni perché di fronte a argomenti che non conosciamo siamo tutti dei bambini di otto anni. Tu puoi prendere un premio Nobel per la fisica ma se gli racconto qualcosa sulla simbiosi fra il pesce pagliaccio e l’attinia lui è un bambino di otto anni perché non ne sa niente.

E lui traduceva dall’italiano all’italiano: prendeva i racconti o le spiegazioni, le storie, a volte anche i romanzi degli scienziati. Testi che spesso erano scritti nel linguaggio forbito degli scienziati per gli scienziati: visto che spesso gli uomini di scienza hanno il brutto difetto di scrivere rivolgendosi ai colleghi e per non essere criticati dai colleghi, i loro scritti sono redatti in maniera talvolta un po’ ispida.

Lui semplificava, rendeva sexy i concetti, faceva pa-

“La sua più grande dote era la sua capacità di fare collegamenti nel suo vasto sapere. E di tradurre tutto nel suo slang comprensibile a un bambino di otto anni”
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ragoni immediatamente comprensibili. Direi che oltre la sua grande capacità di lavoro, oltre l’intelligenza arguta, oltre a questa capacità di fare collegamenti fra temi diversi, Piero soprattutto parlava in modo facile. Non usava tre aggettivi se ne bastava uno.

Con lui si poteva parlare quasi di tutto ma non era enciclopedico perché, per fortuna, aveva delle intenzionali lacune, tipo lo sport al quale non era particolarmente interessato, che lo rendevano umano: per il calcio usava citare la frase di Churchill sugli italiani che fanno la guerra come una partita e le partite come le guerre, diceva di non aver mai fumato, bevuto e fatto sport.

Nel suo quotidiano era minimalista: la stessa casa da mezzo secolo, gli stessi mobili da mezzo secolo. Si sarebbe potuto permettere uno yacht, una villa a strapiombo sul mare, un elicottero, la macchina costosa, l’orologio costoso, il vestito firmato ma non aveva nulla di tutto ciò, non gli interessava. Considerava tutto questo superfluo. E quindi il superfluo è inutile e le cose inutili non le desiderava, non le faceva, non ne soffriva la mancanza.

Cosa mi mancherà di più di Piero Angela? La possibilità di chiamarlo, di telefonargli e chiedergli: “Ciao, Piero, come stai? Ci vediamo stasera?” e fargli le domande.

Io penso che per certi aspetti Piero sarà sempre con noi perché se anche le sue trasmissioni passassero, i suoi libri resteranno e i suoi libri sono importanti e penso che saranno recuperati. Non voglio arrivare a dire che saranno libri di testo

ma non escludo che saranno concentrati, condensati perché possano essere libri di testo, non so… l’”Angelino”, il “Pierino”. Ha trattato tutto, dallo spazio alla preistoria, dalla nascita all’economia, al comportamento dell’essere umano con i premi e le punizioni, dalla politica alla demografia.

Per altro, ora cominciano 16 puntate di Quark che saranno dedicate alla scuola e ho letto che andranno in televisione. Negli ultimi tempi si è dedicato molto all’ambiente. E, se ho fatto qualcosa di buono, ecco, l’ho sensibilizzato sul mare che sta affrontando un periodo difficilissimo nell’indifferenza generale.

Lui si è speso molto per la salvaguardia del mare nello spettacolo che portavamo in giro per l’Italia e non per amicizia nei miei confronti ma per la convinzione che se il mare muore, moriamo subito dopo anche noi. La pandemia o la Guerra in Ucraina sono importanti. Lo è la recessione. Ma non ci rendiamo conto che un respiro su due lo dobbiamo al mare, alle sue piante, che hanno molta più importanza della foresta amazzonica. Se un ghiacciaio si scioglie lo vedi. Vedi il prima e il dopo.

Se il mare si sciupa, non se ne accorge neanche chi va in barca a vela da mezzo secolo. Lo può vedere solo chi si immerge a condizione di essersi immerso anche trent’anni prima nello stesso posto.

Lui ha assolutamente sposato la causa. E il mare dovrebbe dirgli grazie.

Dal mare dipende il nostro futuro e il futuro è il più bel regalo che possiamo fare ai nostri figli.

Lui si è speso molto per la salvaguardia del mare per la convinzione che se il mare muore, moriamo subito dopo anche noi

“MUCH OF WHAT I KNOW, I OWE HIM”

We have met more than 30 years ago, while drawing up the book “Inside the Mediterranean”. After that book, we made others. And, over time, we became friends: half of my life and a third of his we have lived many adventures together. He was often in Rome and I was in the middle of the sea, I travelled the world and returned with reportages that sometimes he used for his programs. We used to have dinner together. And every time listening to him was a delight. When we toured Italy for book launches I drove the car and he travelled by my side. I peppered him with questions and it seemed like I had access to a customised Superquark, in which the curiosities were mine and not those decided by him or by the editors. Much of what I know, I owe him, and I owe these travels, these dinners, these conversations. Lately we have brought the sea in the theatre, with a performance that toured Italy until July: then he didn’t feel well and was obliged to cancel it. And he said “Look, I am fading away and I don’t leave home anymore, I am sorry but I am going to make a record and then I am saying goodbye. What I wouldn’t give to be 80”. Outside the TV studios Piero was a very simple person. I believe his greatest gift was the ability to connect all parts of his broad knowledge. Therefore, when asked something, he replied putting together data from all the different fields that he had explored. I consider myself an explorer, but Piero was maybe even more so than me. I explore all the seas of the world, he explored knowledge. And he managed to translate everything into his slang, that a eight-year old could understand, because, faced with subject we know nothing about, we are all eight-year old. He translated, simplified, made the notions appealing, drew comparisons readily understandable. He approached everything, from space to prehistoric times, from birth to economics, to human behaviour with mechanisms of punishment and rewards, from politics to demography. He made a huge effort for the environmental protection of the sea, believing that, if the sea dies, we are bound to die as well. And the sea should thank him. Our future depends on the sea and the future is the most precious gift we can give our children.

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TERMOVALORIzzATORE: VERA SOLUzIONE O PALLIATIVO

Èuna

delle cause che ha portato alla crisi di governo. Ed è anche una specie di rivoluzione nella politica dei rifiuti seguita negli ultimi 15 anni a Roma. La decisione annunciata dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, di voler portare a termine la costruzione di un termovalorizzatore per chiudere il ciclo dei rifiuti nella Capitale è “l’unica vera soluzione che regge nel tempo e che consente di risparmiare risorse e investire ancora di più sulla pulizia è avere i nostri impianti, non dover mandare i rifiuti in Europa e negoziare”.

Perché una cosa è palese: nel 2013 viene portata a compimento, con fin troppo ritardo, la chiusura della discarica di Malagrotta - la più grande d’Europa - e da quel momento Roma, che pure non è mai stata famosa per la pulizia delle sue strade, è precipitata in una spirale sempre più profonda di immondizia per le strade.

lorizzatori, quasi tutti collocati al Nord e al Centro dell’Italia. Ventisei su 37 sono al Nord, solo in Lombardia ce ne sono 13 e in EmiliaRomagna 7.

In Germania attivi 96 termovalorizzatori, in Francia 126. In Italia solamente 37, solo in Lombardia ce ne sono 13

Nel 2013 è stato inaugurato l’ultimo impianto: quello Iren a Torino. Se effettivamente la Giunta Gualtieri riuscisse a vincere le resistenze della politica e la sindrome NIMbY, quello di Roma sarebbe il primo termovalorizzatore da dieci anni a questa parte. Nel frattempo, però, Roma - che non realizza nessun impianto dall’epoca di Veltroni sindaco (2000-febbraio 2008) - esporta rifiuti ovunque, nelle discariche e nei termovalorizzatori di tutta la penisola.

Il nodo è, paradossalmente, semplice nella sua analisi: la città produce ogni anno oltre un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti. Di questi, circa il 45% viene differenziato. Il resto, no. Fanno 860mila tonnellate abbondanti l’anno. Sono i numeri certificati dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), l’ente del Governo che si occupa di ambiente e rifiuti.

In Italia attualmente sono attivi 37 termova-

Il confronto con il resto d’Europa è impietoso: in Germania i termovalorizzatori in attività sono 96; in Francia addirittura 126. E, non a caso, nei primi giorni di luglio scorso, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, insieme al suo assessore all’Ambiente, Sabrina Alfonsi, si è recato in visita proprio a Parigi per effettuare un sopralluogo al termovalorizzatore della Capitale francese. E, non a caso, l’altro termovalorizzatore che Roma intende prendere a modello è quello di Copenaghen (nella foto a sinistra), quasi in centro città, aperto da pochi mesi e con tecnologie all’avanguardia. Sul tetto di quest’ultimo impianto, i danesi hanno realizzato una pista da sci cittadina che viene innevata sinteticamente da un’azienda di bergamo, la Neveplast.

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I TERmOvALORIzzATORIInQuInAnO?

Una delle più frequenti obiezioni alla realizzazione di termovalorizzatori è che inquinano.

In Italia, come detto, ne sono attivi 37. Che forniscono al Paese energia pari al 2% del gas che importiamo dalla Russia.

In termini di inquinamento ambientale, i parametri legati alle discariche indicano livelli di inquinamento superiori di 8 volte quelli di un termovalorizzatore.

I termovalorizzatori italiani attivi forniscono al Paese energia pari al 2% del gas che importiamo dalla Russia

E nessuno di questi può essere considerato di ultima generazione, visto che il più recente è stato inaugurato nel 2013, quindi dieci anni fa.

Da un punto di vista numerico, stando ai dati riportati dal «Libro bianco sull’incenerimento dei rifiuti urbani» un impianto ben progettato e gestito in modo corretto emette quantità modeste di inquinanti. Precisamente: lo 0,03% delle Pm10, lo 0,007% degli Idrocarburi Policiclici Aromatici e lo 0,2% di diossine e furani.

Per dare dei parametri di riferimento, riscaldare casa o un negozio emette il 53,8% di Pm10, il 78,1% di Idrocarburi e il 375% di diossine.

Gualtieri: “Roma paga una tariffa rifiuti fra le più alte d’Italia per esportare i nostri rifiuti presso chi li usa per produrre energia”

Questo perché i fumi che provengono dalla combustione dei rifiuti vengono trattati all’interno del reattore di assorbimento che abbatte sia i composti acidi che i microinquinanti come i metalli e le diossine).

Alla fine, nel processo di “ripulitura” del processo di combustione, all’interno dei filtri di un termo-

valorizzatore rimane un massimo del 4% di ceneri leggeri che, quindi, vengono smaltite in sicurezza. Da ultimo, quel che resta invece in termini di residui solidi è un materiale inerte che viene riutilizzato per produrre cemento e una percentuale del 10% di metalli che vengono avviati a recupero e riciclo. Uno degli elementi che va considerato all’interno del processo di trattamento e smaltimento dei rifiuti è quello delle dimensioni: al netto della fase iniziale di trattamento che si effettua negli impianti di trattamento meccanico-biologico (TMb), il passaggio diretto in discarica del rifiuti trattato occupa un peso e un volume che abbrevia la durata di esercizio di una discarica. “Roma paga una Tariffa rifiuti (Tari) fra le più alte d’Italia - ha detto lo scorso 24 luglio il sindaco Gualtieri durante un evento pubblicoperché paghiamo tantissimo l’esportazione dei rifiuti: noi paghiamo per portarli altrove e chi li riceve li usa per produrre energie e fare utili. Quando avremo il termovalorizzatore, di ultima generazione, non inquinante, vicino, potremo anche ridurre la Tari. Avevamo inserito nel programma elettorale una riduzione del 20%. Secondo i nuovi calcoli, possiamo ridurla di una quota maggiore”. Perché c’è anche un risvolto economico, oltre che ambientale: non riuscire a trattare e smaltire in casa i propri rifiuti ma doverli esportare altrove, comporta dei costi che la Capitale sta pagando dal 2013, anno di chiusura della discarica di Malagrotta.

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Il ricorso alla discarica, secondo le normative europee, è da considerarsi un’ultima spiaggia, un ultimo passaggio nel ciclo dei rifiuti. Prima di andare in discarica, i membri dell’Unione

devono impegnarsi ad avere dei cicli di gestione dei rifiuti che prevedano la riduzione della produzione di immondizia, il riutilizzo degli oggetti, il riciclo della materia, il recupero dell’energia e, infine, solo per ultimo, lo smaltimento in discarica.

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ILCAsO ROmA

Nel corso degli ultimi anni, la gestione dei rifiuti a Roma ha scontato una serie di parole d’ordine che hanno finito per compromettere la capacità della città di chiudere il cerchio.

Fino al 2013, la Capitale smaltiva i rifiuti nella discarica di Malagrotta, la più grande d’Europa, nella quale, per inciso, conferivano svariati comuni della Provincia. Già nel 2001, l’Unione Europea impone un cambiamento di strategia: niente più “tal quale” in discarica ma un rifiuto trattato. Il “tal quale” è il rifiuto semplicemente raccolto nel cassonetto e trasportato in discarica.

Si inizia a parlare di raccolta differenziata che è e rimane l’anticamera per riciclare le materie prime - vetro, alluminio, carta, plastica, umido - trasformandole in elementi utili nei processi produttivi. E per recuperare anche gli oggetti in quella che, è stata poi definita l’“economia circolare”. Solo che, in una città complessa e stratificata come Roma non è così semplice differenziare: si passa da quartieri ad altissima densità abitativa - Tuscolano, Prenestino, Tiburtino, solo per citarne alcuni - ad aree a bassa densità, come il Pigneto, Castel Giubileo, l’Appia. Il dato rilevato dall’Ispra evidenzia come la differenziata sia aumentata - Veltroni sindaco la lasciò nel 2008 al 16,9%, Alemanno nel 2013 al 29,7%, Marino nel 2015 al 42%, la Raggi nel 2020 al 43,7% - ma molto al di sotto delle previsioni. In termini di tonnellate annue, si passa da 385mila tonnellate differenziate (e 1 milione e 440mila di non differenziato) nel 2010 alle

668mila differenziate (contro 860mila non differenziate) del 2020. La strategia di riduzione della produzione globale dei rifiuti funziona, anche se lentamente: nel 2010 a Roma si sono prodotte un milione e 826mila tonnellate di rifiuti. Dieci anni dopo si era scesi a un milione e 529mila totali. Però non basta. Differenziare è diventato un mantra che ha congelato ogni altro approfondimento teorico sul ciclo dei rifiuti: negli ultimi 10 anni, sostanzialmente, la politica ha puntato tutto, soprattutto in termini mediatici, sulla necessità di differenziare come se questo fosse sufficiente. A Roma, però, non ci sono impianti pubblici sufficienti per gestire la differenziata. Per cui, alla fine, il sistema non riesce a crescere. Per di più, la parte economicamente remunerativa della gestione del ciclo dei rifiuti - la rivendita di materie prime riciclate - non fa parte dei compiti di Ama che si limita a fare, male, solo quella, non remunerativa, di raccolta e pulizia della città. Questo anche perché ogni volta che si è avanzata anche solo l’idea di costruire impianti per chiudere il ciclo dei rifiuti - tanto per i differenziati quanto per gli indifferenziati, termovalorizzatore, inceneritore, gassificatore, discarica - la politica ha preferito raccogliere voti facili facendo leva sulle paure di danni ambientali e di malattie dei cittadini, alimentando colpevolmente la sindrome Nimby. Per la prima volta, di fatto, almeno da quando ha chiuso Malagrotta, l’Amministrazione comunale ha annunciato la volontà di costruire un termovalorizzatore.

«WASTE-TO-ENERGY PLANT: FINAL SOLUTION OR PALLIATIVE

The mayor of Rome, Roberto Gualtieri, announced the decision of the Municipality to create an incinerator in order to complete the waste management cycle in Rome.

This incinerator is one of the causes that led to the crisis of Draghi government. Environment and waste, therefore, are at the core of Italy’s and Rome political life.

At the moment in Italy there are 37 active incinerators, almost all of them located in the Northern and Central Italy. Twentysix out of 37 are located in the North, just in Lombardy there are 13 and in Emilia-Romagna 7. The comparison with Europe is scathing: in Germany there are 96 active incinerators; in France 126. One of the most frequent objections to the creation of incinerators is that they pollute.

According to the «White Paper on the combustion of urban waste» a well-designed and properly managed plant releases small amounts of polluting emissions.

Precisely: 0,03% of Pm10, 0,007% of polycyclic aromatic hydrocarbons and 0,2% of dioxins and furans.

As benchmark, one must consider that heating a house or a shop releases 53,8% of Pm10, 78,1% of hydrocarbon and 375% of dioxins. In the end, in the “clean-up” of the combustion process, a maximum of 4% of fly ashes, that are safely disposed of, remains into the filters of an incinerator.

Lastly, what is left in terms of solid residues is an inert material that is reused to produce concrete and a 10% percentage of metals that are sent for recovery and recycle. During the last 20 years in Rome, the main focus was on recycling, overlooking the issue of the plants.

The increase of separate waste collection, though, which has passed from 16,9% of Veltroni, to 29,7% of Alemanno, to 42% of Marino and to 43,7% of Raggi, in itself is not enough.

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Vista dall’alto del termovalorizzatore di Copenhagen con la pista da sci sul tetto Sabrina Alfonsi, assessora all’Ambiente e ai Rifiuti di Roma Capitale

È UNA TECNOLOGIA SICURA”

Assessora, le ultime settimane sembrano un concentrato di alcuni dei mali più gravi di Roma: incendi, rifiuti, cinghiali. Il tema dell’ambiente, della sua tutela e valorizzazione, non è mai stato così al centro della politica.

“La città ha accumulato nel tempo un ritardo notevole nelle azioni di contrasto efficace a un fenomeno - come quello della massiccia presenza di cinghiali nei parchi e nelle riserve naturali e il loro sconfinamento in città in cerca di cibo – che negli ultimi anni è aumentato. Si è discusso molto sulle cause di tale fenomeno. Sicuramente nel passato ci sono stati errori e sottovalutazioni, ed ha pesato la mancata collaborazione tra l’Amministrazione comunale e gli altri Enti - Regione Lazio, Roma Natura. Enti gestori dei Parchi - che hanno competenze dirette ed indirette su questo tema. Oggi, con il diffondersi nella nostra Regione della Peste Suina Africana, la situazione ha assunto carattere emergenziale, rendendo necessaria una maggiore sinergia tra tutti i soggetti istituzionali coinvolti. Bisogna adottare misure finalizzate a circoscrivere per quanto possibile il fenomeno per evitare il diffon-

dersi del virus agli allevamenti di suini, che implica danni enormi per tutto il comparto commerciale collegato alla lavorazione e alla vendita della carne. Lo stesso vale per la gestione del ciclo dei rifiuti, che Roma ha vissuto in modo emergenziale da dieci anni a questa parte, dopo la chiusura della grande buca di Malagrotta. Per quanto riguarda infine gli incendi, gli oltre 36mila episodi di piccole e grandi dimensioni che negli ultimi due mesi hanno interessato il nostro Paese, ma anche altre nazioni come la Francia e la Spagna, dimostrano che i fenomeni della siccità e dell’innalzamento delle temperature riguardano ormai l’intero continente europeo e stanno cominciando ad avere riflessi negativi importanti anche sulla produzione agricola. I temi della tutela dell’ambiente ormai non possono non avere un posto di rilievo nell’agenda politica, a livello nazionale e locale. Occorre agire, e fare presto”.

Ogni evento – l’incendio del TmB di malagrotta, i roghi nei parchi, quello degli autodemolitori sulla Togliatti, i cumuli di rifiuti – ha delle ripercussioni immediate sulla qualità

“LATERMOVALORIzzAzIONE
Intervista all’assessora all’Ambiente di Roma Capitale, Sabrina Alfonsi di Ginevra Guidoni
“È necessaria una sinergia tra tutti i soggetti istituzionalli per evitare il diffondersi della peste suina che creerebbe danni enormi”
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della vita, anche in termini strettamente sanitari, dei cittadini.

“Si tratta di fenomeni che per la loro stessa natura impattano in modo violento sull’ambiente circostante. In particolare, mi riferisco agli incendi, che hanno devastato parti del patrimonio naturale della città. I monitoraggi della qualità dell’aria effettuati immediatamente da ARPA Lazio nei giorni successivi agli episodi da lei citati, hanno

l’ultimo decennio è stata scandalosa, soprattutto con riferimento alla questione della realizzazione dell’impiantistica necessaria a gestire in modo industriale un tema di importanza fondamentale per la qualità della vita dei cittadini. Con il Sindaco Gualtieri abbiamo deciso di ribaltare completamente l’approccio. Il piano per la gestione integrata dei rifiuti di Roma presentato qualche giorno fa determina le azioni necessarie per mi-

CONFRONTO SULLE EMISSIONI DI DIOSSINA

Le principali attivià che producono diossina e le loro emissioni in atmosfera Emissioni (µg/TON)Attività

Combustione incontrollata di rifiuti domestici

Combustione incontrollata di scarti elettronici 11.900 2-13.000

Combustione incontrollata di rifiuti domestici con diverso contenuto di cloro (da 0 a 7%) 14-4.916

Combustione incontrollata di discariche non controllate 62-2.300

Incendi accidentali di rifiuti, case, veicoli, legna, macerie 120-1.000

Incendi di foreste e terreni incolti 0,3-30

Incendio di rifiuti urbani - EUROPA 0,02-0,2

Incendio di rifiuti urbani - ITALIA (2010) 0,1

Incendio di rifiuti urbani - impianti italiani di ultima generazione 0,002-0,07

Produzione di piombo 0,5-80

Produzione di zinco 0,3-1.000

Produzione di rame 0,01-800

Produzione di alluminio 0,3-100

Produzione di ferro e acciaio 0,01-10

Produzione di cemento e calce 0,03x10 -0,6 3

riscontrato livelli di inquinanti nell’aria nelle zone immediatamente circostanti agli incendi che sono rapidamente rientrati nei valori di riferimento fissati dalle norme. Questo ci fa pensare che, per fortuna, le conseguenze di questi eventi sono state limitate”.

Questione rifiuti. per la prima volta da quando è stata chiusa malagrotta nel 2013, l’Amministrazione comunale, con il termovalorizzatore, ha un’idea su come affrontare la questione della chiusura del ciclo dei rifiuti. “La “non gestione” del tema rifiuti a Roma nel-

“La non gestione del tema rifiuti a Roma nell’ultimo decennio è stata scandalosa soprattuto per la mancata realizzazione degli impianti”

gliorare la raccolta differenziata, ferma ai livelli del 2016, e incentivare il recupero e riciclo dei materiali, guardando ai target europei fissati al 2035 di una percentuale di riciclo al 65% e di conferimento a discarica al massimo del 10% del volume dei rifiuti totali prodotti. A queste azioni, che implicano il potenziamento dell’AMA in termini di risorse umane e strumentali e la revisione completa dei servizi di raccolta e pulizia della città, si affianca un piano per la realizzazione degli impianti necessari a gestire il ciclo industriale dei rifiuti della città secondo i principi dell’autosufficienza e della

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prossimità, come richiesto dalla normativa nazionale ed europea. E quindi non soltanto il termovalorizzatore, che è l’impianto che chiude il ciclo recuperando energia dai rifiuti non altrimenti riciclabili, ma anche, attraverso la partecipazione ai bandi del PNRR, biodigestori per il trattamento dell’organico con produzione di biogas e compost; impianti di separazione e valorizzazione della carta e della plastica; dieci nuovi centri di raccolta per aiutare i cittadini a fare una differenziata migliore di tutti quei materiali che oggi non possono essere conferiti nei contenitori stradali. Con l’ambizione, negli anni a seguire, di completare la dotazione con tutti gli impianti necessari al trattamento delle ulteriori frazioni che diventeranno obbligatorie come il RAEE e il tessile”.

Il piano del Campidoglio prevede, oltre il termovalorizzatore, la costruzione di biodigestori, impianti di separazione di carta e plastica

Fino ad oggi come è stata affrontata la costante emergenza immondizia?

“Purtroppo attraverso una continua e frustrante attività di ricerca di impianti per trattare e smaltire – con costi economici e ambientali altissimi - le 4650 tonnellate di rifiuti che ogni giorno la città produce, di cui oltre 3000 sono rifiuti indifferenziati. Questa è stata una delle ragioni che ci hanno indotto alla decisione di spezzare questo circolo negativo, ed avviare la città verso la soluzione speriamo definitiva del problema”.

molte forze politiche, anche interne alla stessa maggioranza che sostiene l’attuale Amministrazione, si dicono contrarie al termovalorizzatore. più o meno le motivazioni soffiano sul fuoco delle paure. Che tipo di tecnologia pensate di usare?

“Chi si oppone al termovalorizzatore lo fa sulla base di argomentazioni che non raccontano l’attualità. Sostenere che si tratta di impianti inquinanti con tecnologie obsolete è semplicemente falso. Un’analisi aggiornata sui rischi potenziali sull’ambiente e sulla salute di questi impianti è stata realizzata con il Libro bianco sull’incenerimento dei rifiuti urbani», realizzato nel 2021 da professori del Politecnico di Milano, del Politecnico di Torino, dell’Università di Trento e dell’Università di Roma Tre e Tor Vergata. Queste sono le conclusioni: «È scientificamente riconosciuto che le preoccupazioni sui potenziali effetti sulla salute degli inceneritori riconducibili a inquinanti potenzialmente presenti nelle emissioni, quali metalli

pesanti, diossine e furani, sono da ricondurre a impianti di vecchia generazione e a tecniche di gestione utilizzate prima della seconda metà degli anni Novanta».Un impianto di incenerimento con recupero di energia ben progettato e correttamente gestito, soprattutto se di recente concezione, emette quantità relativamente modeste di inquinanti e contribuisce in misura minima alle concentrazioni ambientali, centinaia di volte meno delle combustioni domestiche o commerciali. Va ricordato che le BAT (Best available technologies – le tecnologie migliori a disposizione) che vengono utilizzate per realizzare gli impianti moderni prevedono norme assai restrittive per le emissioni in atmosfera, più che per qualsiasi altro tipo di impianto industriale. Abbiamo deciso di utilizzare anche tecniche di carbon capture per ridurre al minimo le emissioni in atmosfera.

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Avete una stima dei costi?

“Come indicato dal Piano Rifiuti presentato il 4 agosto dal Sindaco, il costo dell’impianto è stimato in 700 milioni di euro più altri 150 milioni di euro per i due impianti di cattura della CO2 e di inertizzazione delle ceneri pesanti prodotte a valle dell’incenerimento. Dopo la procedura di VAS (valutazione ambientale strategica) che si aprirà tra pochi giorni per concludersi il 30 settembre, è prevista la pubblicazione della manifestazione di interesse per la realizzazione dell’impianto, i cui costi di realizzazione saranno totalmente a carico del soggetto proponente. A carico della finanza pubblica sarà invece il costo per la realizzazione dei due impianti di supporto già citati. Ovviamente contiamo sulla partecipazione dei maggiori players del settore”.

Avete una stima dei tempi?

“L’attribuzione al Sindaco di Roma dei poteri di Commissario Straordinario per il Giubileo consente di tagliare in maniera consistente i tempi relativi all’iter autorizzativo dell’impianto, normalmente assai lungo e complesso. In considerazione dei tempi di realizzazione di un cantiere così importante,

il nostro obiettivo è quello di mettere in funzione la prima linea entro il 2025”.

Questione incendi. nei mesi fra fine primavera e l’estate, abbiamo visto decine di roghi, piccoli e grandi. Avete una stima di quanti ettari siano andati a fuoco?

“Un dato recente fornito dal numero unico di emergenza istituito dalla Regione Lazio parla di 5.400 interventi dei Vigili del Fuoco nell’ultimo mese, che andrà aggiornato con i roghi che si sono verificati anche in questi ultimi giorni. Impossibile fare una stima esatta della superficie interessata dai fenomeni di combustione, ma si parla sicuramente di diverse centinaia di ettari di aree verdi, alcune delle quali di pregio”.

Quali sono le caratteristiche di Roma capitale europea del verde?

“Roma è già una città verde, ma noi vogliamo che lo diventi ancora di più. Il nostro obiettivo è quello di raggiungere la sostenibilità al 2030 e la neutralità climatica al 2050. Roma è tra le 100 città del mondo scelte per mettere in campo azioni e strategie di contenimento dell’emergenza climatica, per

Estate 2022: uno scorcio del Pigneto

fornire modelli e buone pratiche a tutte le altre città. Ma una città verde è prima di tutto una città sostenibile, in grado di smaltire i propri rifiuti in loco senza trasportarli altrove: per questo è necessario chiudere il ciclo dei rifiuti con impianti adeguati oltre a potenziare la differenziata e lavorare sulla riduzione dei rifiuti. Una città verde è una città dove la mobilità è sempre più condivisa, integrata e pensata per avere un impatto sostenibile sulla qualità ambientale. Stiamo lavorando alla forestazione urbana, con un piano che prevede la messa a dimora di un milione di alberi entro il 2026, per riequilibrare le isole di calore e la temperatura cittadina, aumentando la capacità di assortimento della CO2. Una città verde è una città in cui si fa un uso sostenibile del suolo, attraverso la decementificazione e la creazione di nuovi parchi e corridoi verdi lineari; una città che valorizza le sue vie d’acqua, il fiume Tevere, l’Aniene, il litorale. Stiamo lavorando alla valorizzazione delle vie d’acqua e all’orto botanico fluviale lungo il Tevere. Una città verde è quella che mette al centro lo sviluppo agricolo costruendo politiche del cibo basate sul principio di prossimità, sostenibilità e qualità: stiamo costruendo la food policy di Roma attraverso il Consiglio del Cibo e la valo-

rizzazione dei prodotti a km zero delle aziende agricole del territorio”.

A parte la mera estensione geometrica, quali tipologie di danni sono stati provocati dai roghi (boschi, terreni agricoli, aree naturali, etc)?

“Il dato più negativo, come dicevo, riguarda il grave danneggiamento, per fortuna parziale, subito da aree naturalistiche di grande valore come i Parchi del Pineto e dell’Insugherata e la Pineta di Castelfusano. Il grandissimo impegno dei Vigili del Fuoco e dei volontari della nostra Protezione Civile ha per fortuna limitato la portata negativa di questi eventi, ma è chiaro che bisognerà lavorare per mettere in piedi un sistema di prevenzione e di intervento più efficace, anche attraverso gli strumenti che offre la tecnologia, per attivare i soccorsi ai primi segnali di incendi. Dopo di che dovremo fare il possibile, anche attraverso interventi di riforestazione mirati, per ripristinare quanto prima l’equilibrio vegetazionale di queste aree”. In qualche caso le indagini sembrano indicare una pista dolosa di questi fuochi. Il Sindaco ha annunciato il lavaggio delle strade e altre misure per scongiurare gli incendi, ma il problema dell’incuria e del degrado,

Il rogo del giugno 2022 nell’area di vegetazione vicino via dell’Idroscalo e la Tor San Michele
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visto come possibile innesco per incendi, sia dolosi che colposi, deve essere risolto.

molti cittadini e forze politiche però ritengono che ci sia una responsabilità dell’Amministrazione comunale nell’incuria pluriennale delle aree verdi di Roma. Come si sta organizzando il Campidoglio?

“Rispetto a questo argomento bisogna fare chiarezza. In alcuni casi, quelli più eclatanti, è stata impropriamente indicata la mancata manutenzione del verde come una delle concause del verificarsi dei roghi. La verità è che il Dipartimento Tutela Ambiente ha provveduto quest’anno allo sfalcio dell’erba e alla manutenzione delle linee tagliafuoco per oltre il 90% delle aree che ricadono sotto la sua responsabilità, a differenza di quanto accadeva in un passato anche recente. Questo, ad esempio, ha contribuito a limitare i danni nel Parco del Pineto e a preservare quasi totalmente il Parco di Centocelle dagli effetti del grande incendio sviluppatosi il 9 luglio, che ha distrutto le aree degli autodemolitori di Via Palmiro Togliatti. Certamente si può e si deve migliorare anche su questo fronte, ma come ho avuto occasione di dire più volte esiste anche un grande tema che riguarda le aree di proprietà

privata. Ogni anno un’ordinanza del Sindaco prima dell’inizio dell’estate detta prescrizioni rigorose e puntuali in materia di manutenzione delle aree verdi private proprio in funzione della prevenzione degli incendi nella stagione secca. Controlli più frequenti ed accurati sull’osservanza delle prescrizioni da parte della Polizia Locale e delle forze dell’ordine possono sicuramente essere utile anche come strumento di prevenzione”.

In poche settimane, si sono registrati quattro grandi incendi, oltre quelli più piccoli. Fra questi, due – il TmB di malagrotta e gli autodemolitori a Centocelle - hanno avuto un forte impatto sulla città, soprattutto per l’ipotesi di un coinvolgimento della criminalità organizzata. La magistratura sta indagando. Cosa ne pensa? Quali misure intende prendere il Comune per evitare che si verifichino nuove situazioni simili?

“Rispetto ai due esempi che lei ha citato, è assolutamente necessario attendere le conclusioni delle indagini richieste dalla Procura per accertare se dietro questi episodi si nasconde il dolo. Certamente, e mi riferisco all’incendio del TMB2 di Malagrotta, il fatto che si tratti del terzo incidente di questo

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15 giugno 2022 Incendio al TMB di Malagrotta

tipo occorso negli ultimi 5 anni ad un impianto che gestisce una parte dei rifiuti di Roma lascia perplessi e induce qualche riflessione. Il fatto che l’Amministrazione Gualtieri abbia affrontato in maniera assai decisa il tema dei rifiuti nella capitale, dichiarando l’intenzione di costruire impianti pubblici e di gestire l’intero ciclo all’interno dei confini del territorio, tocca sicuramente numerosi interessi economici e rappresenta il classico sasso gettato nello stagno, che sicuramente disturba equilibri e modalità di gestione consolidati nel tempo.Per rispondere alla seconda parte della sua domanda, dico che chi gestisce questo tipo di impianti deve assicurare le più rigorose norme di sicurezza, soprattutto per la prevenzione degli incendi. Gli inquirenti decideranno se nel caso di Malagrotta queste norme sono state rispettate e le eventuali responsabilità”.

se andrà in porto la riforma della Regione Lazio sui poteri a Roma Capitale, verrà sciolto l’Ente Roma natura che ha in gestione decine di ettari di parchi dentro la città le cui competenze passeranno al Campidoglio. Come vi state preparando?

“La riforma risolve un anacronismo e va nella Direzione di individuare un soggetto unico per la gestione del verde pubblico di Roma, un patrimonio di grande importanza e valore. Questo di per sé è un fatto positivo, perché elimina il fra-

stagliamento delle competenze che molto spesso produce inefficienze e deresponsabilizzazione nei soggetti preposti alla manutenzione. Se come credo il passaggio di competenze sarà accompagnato dal trasferimento di personale e risorse economiche, non vedo particolari problemi”.

nelle ultime settimane, il Comune ha concluso una serie di accordi con i municipi per delegare loro la gestione delle aree verdi più piccole che sono anche le più diffuse.

“Il decentramento ai Municipi delle aree verdi di interesse locale al di sotto dei 20 mila mq. é una innovazione fondamentale nella ripartizione delle responsabilità e delle competenze tra Amministrazione centrale e Territori, una cosa in cui credo molto. Già da Presidente del Primo Municipio di Roma avevo in qualche modo anticipato questo tema premendo per avere in gestione il verde locale, allora limitato alle aree fino a 5000mq. Da Assessore ho immediatamente voluto riprendere il tema e dargli una forma compiuta. Roma è una città enorme, con oltre 1200 kmq di estensione territoriale, e il verde pubblico ha dimensioni altrettanto importanti per poter pensare di accentrare poteri e funzioni. Affidare ai Municipi la manutenzione delle aree minori e il diserbo stradale consentirà al Dipartimento Ambiente di dedicare maggiore attenzione alla cura dei grandi Parchi urbani e delle Ville Storiche”.

Rome has experienced the waste emergency problem for ten years now, after the closure of the big Malagrotta landfill. The lack of “management” of the waste problem in Rome over the last decade has been outrageous, especially with regard to the issue of building the plants needed to industrially manage a matter of fundamental importance for the citizens’ quality of life. Together with Mayor Gualtieri, we have decided to completely overturn this approach. The plan for Rome’s integrated waste management, presented a few days ago, outlines the actions needed to improve waste sorting, which is at a standstill at 2016 levels, and to promote the recovery and recycling of materials. It aims at the European targets set for 2035 of a 65% recycling rate and a maximum of 10% of the volume of total waste produced and committed to the landfill. These actions, which imply the development of the AMA - Rome’s Municipal Environmental Agency - in terms of human and instrumental resources and a complete overhaul of the city’s waste collection and cleaning services, are flanked by a plan to build the plants needed to manage the city’s industrial waste cycle in accordance with the principles of self-sufficiency and proximity, as required by national and European regulations. Therefore, this includes not only the waste-to-energy plant, which is the one that closes the cycle by recovering energy from non otherwise recyclable waste, but also through participation in the National Recovery and Resilience Plan (PNRR - Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) calls for tenders, biodigesters for the treatment of organic waste with the production of biogas and compost; separation and recovery plants for paper and plastic; ten new sorting centres to help citizens with better sorting of all those materials which cannot be committed to street bins today. In the following years, the ambition is to complete the equipment with all the necessary plants to treat the additional fractions, which will become mandatory, such as electronic waste and textiles. To date, the Italian Capital has dealt with the waste emergency through a continuous and frustrating search for plants to treat and dispose of the 4,650 tonnes of waste that the city produces every day, of which over 3,000 are unsorted waste, with very high economic and environmental costs. Those who oppose the waste-to-energy plant do so on the basis of arguments that do not speak to current events. It is simply false to claim that it consists of polluting plants with obsolete technology. A well-designed and properly operated incineration plant with energy recovery releases relatively small amounts of pollutants and contributes little to environmental concentrations, hundreds of times less than domestic or commercial combustion.

“WASTE-TO-ENERGY IS A SAFE TECHNOLOGY”
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Roberta Lombardi, assessora alla Transizione ecologica della Regione Lazio

“RIVENDICO IL NO

AL TERMOVALORIzzATORE”

Assessora, in poche settimane a Roma abbiamo avuto un concentrato di problemi ambientali: incendi, cinghiali, rifiuti nuovamente in strada. L’ambiente ritorna prepotentemente al centro dell’agenda politica.

“Riguardo a Roma bisogna considerare due elementi: quello che accade a Roma è indicativo di dinamiche che, nel bene e nel male, riguardano anche i processi di governo a livello nazionale ed ottiene una risonanza maggiore rispetto a quanto avverrebbe in un contesto più piccolo. Non possiamo però affidarci a fenomeni emergenziali, purtroppo ormai cronicizzatisi nel corso di più legislature di diverso colore politico, per mettere l’ambiente al centro del dibattito pubblico. La storia ci insegna che le emergenze sono come un fuoco di paglia: sono un faro momentaneo acceso su una determinata questione, che quando non viene derubricato a fatto di cronaca, diventa casus belli per faide politiche o pretesto per il lasciapassare a soluzioni proposte come il “male minore” o l’unica scelta possibile per far rientrare l’emergenza, dopo anni di prevenzione carente o addirittura assente. Rifiuti in strada, cinghiali e incendi hanno proprio questo in comune: la necessità di una pianificazione e di una manutenzione costante che invece negli anni è venuta meno e di cui si parla per lo più in occasione delle cronache di episodi emergenziali”.

Il Campidoglio si avvia a procedere, con i poteri speciali per il giubileo, alla costruzione di un termovalorizzatore. Dalla chiusura di malagrotta, questa è la prima volta in cui il

Campidoglio pare avere un’idea su come affrontare la chiusura del ciclo dei rifiuti. “Anche se ho pubblicamente riconosciuto sin dall’inizio al sindaco Gualtieri il merito di aver affrontato in maniera così risoluta, prendendola di petto, una delle questioni più spinose del governo della Capitale, bisogna però riconoscere anche che la proposta di affrontare la gestione dei rifiuti puntando sull’inceneritore non può di certo definirsi “un’idea originale”. Anzi, purtroppo già in passato è stata molto gettonata da parte di molte Amministrazioni pubbliche in Italia, di diverso livello e colore politico, e attualmente risulta nettamente obsoleta rispetto alle linee guida Ue che invece ci indicano di andare nella direzione opposta: puntare su impianti all’avanguardia di economia circolare per aumentare entro il 2030 il tasso di utilizzo circolare della materia almeno fino al 30% rispetto all’attuale 21,3%, con cui l’Italia nel 2020 si è attestata al primo posto assieme alla Francia, nella classifica delle 5 principali economie europee prese in esame, ovvero Italia, Francia, Germania, Polonia, Spagna (Fonte dati: report 2022 sull’Economia Circolare CEN-Enea). Riguardo alla richiesta dei poteri speciali per Roma Capitale, credo sia giusta per il carattere straordinario che comporta governare una realtà complessa come la Capitale d’Italia. Anche noi come M5S, infatti, li avevamo chiesti quando eravamo alla guida di Roma ma all’epoca ci furono negati dalla stessa parte politica a cui oggi sono stati accordati. Il punto infatti non sono i poteri speciali al sindaco di Roma ma il progetto per il quale vengono usati, che secondo la mia visione, condivisa anche da tanti altri,

Intervista a Roberta Lombardi, assessora alla Transizione Ecologica e Trasformazione Digitale (Ambiente e Risorse Naturali, Energia, Agenda Digitale e Investimenti Verdi) della Regione Lazio di Gianandrea Sapio
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dentro e fuori il M5S, dovrebbero essere volti ad un piano per ridurre la produzione dei rifiuti, aumentare la raccolta differenziata spinta e il riciclo finalizzato al recupero di materie. Un obiettivo fondamentale vista soprattutto la crisi legata alla carenza di materie prime aggravata dalla congiuntura storica, che ha visto le nostre economie scosse dalla guerra in Ucraina, alle porte dell’Europa, dopo due anni di pandemia cui si aggiunge la crisi energetica in corso. Tutti gli eventi ci dicono chiaramente che, ora più di prima, è finito il momento di bruciare rifiuti e risorse. Dobbiamo adottare soluzioni scaltre, in cui ogni spreco è eliminato per ottimizzare costi ed energia, recuperare materiali e produrre nuova ricchezza ed occupazione di qualità. A tale proposito, infatti, è emblematica la stima fatta da CGIL Roma e Lazio, secondo cui aumentando la raccolta differenziata

a Roma dall’attuale 43% al 65%, come indicato dall’Ue, avremmo circa 2500 assunzioni complessive, di cui 1500 dirette in Ama e 1000 nell’indotto del riciclo, contro le poche decine di lavoratori di cui invece ha bisogno un inceneritore, che tra l’altro può sopravvivere solo se ha rifiuti indifferenziati da bruciare, e quindi a patto che la raccolta differenziata cresca “ma non troppo” in modo da non sottrarre all’inceneritore il carburante necessario”.

nell’estate 2020, dopo un’attesa piuttosto lunga e molti rimpalli di accuse politiche fra Regione e Comune, la Regione ha varato il piano Rifiuti che non prevede i termovalorizzatori. “Sì, ed è stato uno dei risultati più importanti che come M5S, all’epoca ancora all’opposizione, abbiamo conseguito in Regione Lazio avviando quel dialogo sui temi specifici con il governo regionale che ci ha

Anno 2020 Strade di Roma invase dai rifiuti
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poi portato ad accettare la proposta di entrare a far parte della Giunta Zingaretti, per rendere esecutive le proposte avviate e su cui, in questo percorso di confronto, è stato possibile trovare una convergenza. La nostra attuale posizione, che ci vede contrari all’inceneritore di Roma, è coerente proprio con l’ok ad un Piano regionale Rifiuti che appunto non ne prevede. Può darsi che qualcun altro invece abbia cambiato idea ma anche qui bisogna separare il dibattito politico dalle norme nero su bianco che ormai sono agli atti”.

Fino ad oggi come è stata affrontata la costante emergenza immondizia?

“Siamo al punto di partenza: il problema sta proprio nel fatto che la gestione dei rifiuti è quasi sempre stata vista, a Roma e nel resto d’Italia, in un’ottica emergenziale, come un problema da risolvere. Oggi invece l’urgenza di questo drammatico momento storico ci costringe a prendere atto finalmente di un dato ovvio, ovvero che i rifiuti

vanno considerati come un prezioso materiale post consumo da cui ricavare materie prime preziose e nuova ricchezza da reimmettere nelle nostre filiere produttive. Questo cambiamento di approccio, che richiede uno switch culturale prima ancora che economico e produttivo, trova la sua concretizzazione negli investimenti in un nuovo tipo di impiantistica, di economia circolare, e quindi in sostanza nell’applicazione delle indicazioni, quali riduzione, recupero, riciclo ecc., di quella stessa Europa osannata e tirata in ballo, a fasi alterne, da tutte le forze di centro sinistra. Per quanto riguarda Roma, nello specifico, credo che nella storia della gestione dei rifiuti c’è un prima e un dopo Malagrotta, che per molti anni si è aggiudicata il triste primato della discarica più grande d’Europa. Credo che lo spartiacque debba essere proprio questo: la fine dell’èra del conferimento in discarica e l’inizio dell’èra del recupero con un’impiantistica all’avanguardia, diffusa e di prossimità”.

Anno 2022 Strade di Roma invase dai rifiuti
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molte forze politiche, a partire dal movimento 5stelle, si dicono contrarie al termovalorizzatore.

“Esattamente. E non si tratta solo di forze politiche ma anche di componenti importanti della società civile e delle sigle di rappresentanza, da Legambiente alla CGIL; tutte unite dalla stessa visione ecologista e solidaristica che chiede di imprimere quel cambiamento, quello switch culturale oltre che economico e produttivo, quale unica risposta concreta credibile all’attuale crisi globale. Qualche settimana fa, ad esempio, proprio riguardo all’inceneritore di Roma ho letto con interesse un articolo scritto a quattro mani da Nando Bonessio, capogruppo di Europa Verde-Verdi del Comune di Roma e Andrea Masullo, direttore scientifico di Greenaccord Onlus, secondo il quale il piano rifiuti di Roma, che prevede l’inceneritore da 600mila tonnellate annue, non è affatto compatibile con l’obiettivo “discarica zero” di cui ha parlato il sindaco Gualtieri ma si tratterebbe invece, secondo i due autori, di una contraddizione in ter-

mini visto che anche gli inceneritori producono ceneri e scorie che vanno poi smaltite in discarica, tra cui i rifiuti pericolosi derivanti dall’abbattimento dei fumi. In particolare l’inceneritore di Roma, secondo la pubblicazione, produrrebbe 150mila tonnellate annue di rifiuti speciali e pericolosi non riciclabili che dovrebbero essere ulteriormente trattati e smaltiti”.

Il Campidoglio stima in 700 milioni il costo per la costruzione del termovalorizzatore che possa iniziare a funzionare entro il 2025.

“Secondo quanto riportato da diversi studi e pareri, la scadenza del 2025 è incompatibile con i termini autorizzativi e i tempi tecnici di realizzazione di questo tipo d’impianto. Derubricherei quindi la data del 2025 ad un escamotage per usare il Giubileo e la relativa macchina organizzativa come grimaldello per poter far passare la proposta dell’inceneritore agli occhi dell’opinione pubblica e per poter giustificare l’assegnazione dei poteri straordinari commissariali”.

Anno 2013
L’ingresso alla discarica di Malagrotta di un mezzo Ama
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“Litter in the street, wild boars and wildfires have in common the need for constant planning and maintenance, that instead kept on failing over the years and that is spoken of only in the occasion of emergency reports. I publicly credited mayor Gualtieri for having firmly addressed the issue of the waste management, but the proposal to tackle this problem focusing on the waste-to-energy incinerator cannot certainly be defined as “an original idea”.

We need to go in the opposite direction: we need to focus on state-of-the-art plants of circular flow economy in order to increase, by 2030, the material circular utilization rate up to 30%, compared to the current 21,3%.

The question does not concern special powers for the mayor of Rome, but the project for which they are employed: they should be aimed at a plan of reduction of waste production, increase of separate waste collection and recycling aimed at the recovery of materials.

Our current position, opposing the waste-to-energy incinerator in Rome, is coherent with the ok to the 2020 Waste Plan of the Lazio Region, that does not provide for it. Waste management has always been considered, in Rome as well as the rest of Italy, from an emergency perspective, like a problem to solve.

While waste must be considered as a precious post consumption material from which to obtain precious raw materials and new resources to reintroduce in our supply chains.

I believe the divide must be this exactly: the end of the era of the unload in the landfill and the beginning of the era of recovery, through state-of-the-art, widespread and of proximity plant system”.

“I ASSERT MY OPPOSITION TO THE WASTE-TO-ENERGY INCINERATOR”
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L’impianto di termovalorizzazione dei rifiuti di Torino costruito nel 2013

“I TERMOVALORIzzATORI SONO SICURI”

Colloquio con i professori Francesco Cognetti, oncologo; Mauro Picardo, dermatologo; Angelo Coppola, pneumologo, Barbara Costantini, ginecologa. A loro abbiamo chiesto di spiegare, dati scientifici alla mano, rischi e problemi connessi alla presenza di un impianto di termovalorizzazione. di Sara Veltri

Sgomberiamo il campo da infingimenti: vivreste in una casa vicino a un termovalorizzatore di ultima generazione? O, se preferite, se ne costruissero uno vicino casa vostra, la vendereste per andare altrove? nessuno dei docenti ha dubbi: non venderebbe casa e non avrebbe problemi a viverci vicino. non è il termovalorizzatore di ultima generazione l’impianto che inquina, che può causare tumori, problemi ai polmoni, alla pelle o ai feti.

“Il problema vero è quello dell’urbanizzazione: il termovalorizzatore in sé è sicuro. Non ci sono evidenze scientifiche di valori anomali”, spiega Coppola.

“È scientificamente riconosciuto che le preoccupazioni per gli effetti sulla salute delle persone che vivono nei pressi di termovalorizzatori sono nulle per quel che riguarda metalli pesanti, diossine e furani le cui emissioni oggi sono pari a zero rispetto agli impianti di vecchia generazione, a quelli, per intenderci, della seconda metà degli anni ‘90”, aggiunge Cognetti.

Cognetti: “Nulle le preoccupazioni per metalli pesanti, diossine e furani per chi vive vicino a un termovalorizzatore”

la costruzione dell’impianto romano – la zona non è stata individuata formalmente ma quella maggiormente indiziata è santa palomba, nella zona sud di Roma a 22 km dal centro cittadino, vicina ai Comuni di pomezia e Albano Laziale – il problema ambientale non deriverebbe dall’impianto in sé ma dalle condizioni infrastrutturali: fondamentale sarebbe avere strade sufficientemente strutturate da assorbire il volume di traffico di mezzi pesanti in entrata e in uscita dal termovalorizzatore.

Il problema, quindi, è “il traffico più di tutto il resto”, dice Picardo.

La questione è semplice: non è il termovalorizzatore ad inquinare. sono altre le fonti di inquinamento, come il traffico, appunto, il riscaldamento domestico delle abitazioni, alcune lavorazioni industriali. Quindi, se mai il Campidoglio riuscisse a portare a termine

“Da decenni si registra una inattività sulla politica dei rifiuti e purtroppo nel Lazio è stato commesso l’errore politico di non dotarsene prima”, tuona Cognetti. “Ora possiamo utilizzare strumenti nuovi che presentano un basso rischio di inquinamento ambientale e consentono anche il recupero dell’energia. Purtroppo, gli impianti di ultima generazione nel nostro Paese sono pochi, quasi tutti concentrati al nord. Sia chiaro: gli impianti di nuova generazione non sono, ovviamente, a impatto zero ma le emissioni prodotte sono assolutamente modeste e rientrano molto al di sotto di qualunque limite previsto dalle normative italiane e europee”.

Insomma, gli effetti sull’ambiente di un termovalorizzatore sono inferiori a quelli prodotti da tutte le altre attività umane, incluse e per prime quelle che ciascuno di noi compie quo-

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Specialista in Medicina Interna e Oncologia. È Direttore di Struttura complessa presso la Divisione di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Regina Elena per lo Studio e la Cura dei Tumori a Roma. È inoltre Ricercatore Clinico impegnato nella sperimentazione di nuovi farmaci e nello sviluppo di nuove strategie terapeutiche in Oncologia, e autore e coautore di pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali e nazionali.

tidianamente, come scaldare la propria casa o utilizzare l’autovettura.

“Il 70% dell’inquinamento atmosferico, di quello pericoloso per la salute umana - spiega ancora Cognetti - proviene dal traffico dei mezzi di trasporto e dagli impianti di combustione domestica. Sono questi gli elementi che maggiormente possono incidere nella cancerogenesi soprattutto dei polmoni. E se in passato gli impianti primordiali di incenerimento dei rifiuti presentavano livelli di inquinamento ambientale, con le nuove tecnologie, per intenderci quelle successive agli anni ’90 del secolo scorso, questi elementi inquinanti sono presenti in forma non rilevante”.

Frequentemente, la dialettica di quelle parti politiche contrarie ai termovalorizzatori ha fatto leva sulle paure della malattia, dei tumori, delle gravidanze con malformazioni, dei polmoni danneggiati. E, gli stessi politici contrari agli impianti, hanno rivolto ai tecnici la domanda: “vivresti vicino a un termovalorizzatore?”.

Cognetti: “Sì, senza dubbio. E non venderei casa se ne costruissero uno di ultima generazione vicino”.

Coppola: “Ma certo. Non è certo il termovalorizzatore di ultima generazione il pericolo. Al momento quello che affligge le vie respiratorie è l’inquinamento da polveri sottili e gas inerti connesso al traffico e a tutte le attività antropiche”.

Picardo: “Assolutamente sì. Non ci sono rischi nel vivere vicino a un termovalorizzatore”.

Costantini: “Sì, senza problemi. Le evidenze scientifiche portano a due elementi: il primo,

non esistono prove di correlazioni che riguardano le donne, le patologie femminili o le malformazioni di feti e i termovalorizzatori. Il secondo, ma dovrà essere approfondito, è che in alcuni studi si evidenziano leggeri aumenti dei parti pretermine, cioè di quelle nascite prima delle 37esima settimana. Ma parliamo di percentuali davvero minime. Mentre, si possono escludere numeri che riguardino tumori femminili o specifiche patologie femminili in variazione nelle aree vicine a un termovalorizzatore. Il nodo è che l’origine di tutte queste patologie è multifattoriale e l’inquinamento ambientale è sicuramente un fattore importante che può determinare alterazioni nell’individuo. Ma non si sono registrate variazioni

Francesco Cognetti
Picardo: “Non vi sono evidenze di aumenti di patologie dermatologiche in aree dove sono costruiti moderni impianti di termovalorizzazione”
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di casi di patologie specifiche femminili in presenza di un termovalorizzatore”.

“Dobbiamo fare i conti con le tematiche ambientali in senso globale. Quello che ci interessa – argomenta ancora Coppola - è comprendere come gestire la filiera dei rifiuti, una filiera che deve essere corta. Confermo quanto dice Cognetti, non è che parliamo di emissioni zero con i termovalorizzatori di ultima generazione ma parliamo di emissioni bassissime, decisamente inferiori a quelle di molte altre nostre attività quotidiane. Tra l’altro alcune esperienze europee, ad esempio quella di Copenaghen ma anche i progetti che si stanno facendo in Emilia-Romagna, sono termovalorizzatori integrabili nel contesto urbano”.

un esempio è quello di Rotterdam, città ad altissima concentrazione di industrie, il cui porto è uno dei principali snodi del traffico merci in Europa. A Rotterdam il termovalorizzatore dista, in linea d’aria, 6 km dal centro della città. un po’ come se a Roma, prendendo il Campidoglio come centro città, venisse costruito al Quadraro sulla Tuscolana, o all’altezza dell’hotel Ergife sull’Aurelia, al posto dell’Ospedale Cristo Re, alla fine del viadotto di Corso Francia, all’aeroporto dell’urbe, a Conca d’Oro. “Infatti, il nodo, come dimostrano questi elementi di riflessione, non è il termovalorizzatore ma il suo contesto in ambito urbanistico. Non dobbiamo guardare soltanto al reattore del termovalorizzatore ma ai camion che entrano e escono, alle dimensioni delle strade, alla capacità del sistema di assorbire il flusso di traffico per evitare code con conseguenti immissioni nell’atmosfera di agenti inquinanti da motori accesi, quelli sì molto pericolosi.

Specialista in in Malattie dell’Apparato Respiratorio. Medico e ricercatore presso il presidio ospedaliero San Filippo Neri – ASL Roma 1 come dirigente medico di I livello della Unità operativa complessa di Pneumologia e Unità di Terapia Subintensiva. Come ricercatore, il suo campo di indagine è principalmente la farmacologia respiratoria e le malattie immunoallergiche polmonari.

Poi va fatta anche un’altra riflessione. Molte aree prima depresse o degradate, sono state sottoposte a un vero e proprio rilancio, non solo a un restyling, al momento della costruzione di un impianto. Per Roma, in una città complessa come la Capitale, costruire un termovalorizzatore significa prima di tutto individuare l’area dove edificarlo e dove, quindi, convogliare tutto quello che deve arrivarci. Un elevato livello di inquinamento ambientale da polveri sottili, da un punto di vista polmonare, genera delle interstiziopatie polmonari: per farci capire, è come la griglia del filtro dell’aria condizionata, se questa griglia è sporca, l’aria condizionata non funziona

Coppola:

“L’inquinamento ambientale non viene dalle emissioni dei termovalorizzatori ma da quelle del traffico e dei riscaldamenti domestici”
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Costruito nel 1969, modernizzato nel 1995 e nel 2005, tratta i rifiuti di Parigi e di altri 13 comuni del Dipartimento.

Dal 2018 fino al prossimo anno, l’impianto sarà radicalmente trasformato, rimanendo comunque sempre in servizio e assicurando lo smaltimento dei rifiuti prodotti da 1,4 milioni di persone.

Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, si è recato, a inizio luglio, nella Capitale francese per visitare l’impianto.

IL TERMOVALORIZZATOREDI PARIGI IVRY

Specialista in Dermatologia, allergologia e immunologia clinica. Già direttore della Struttura complessa di fisiopatologia cutenea dell’IRCCS San Gallicano IRCCS e direttore scientifico dello stesso Istituto.

Docente di Dermatoogia, esperto di patologie infiamatorie cutanee e patologie del sistema pigmentario, coordinatore della task force europea sulla vitiligine. Ha condotto studi su nuovi target terapeutici e nuovi farmaci per le patologie dermatologiche.

Dirigente Medico con Incarico ad Alta specializzazione nella Sezione di Ginecologia e Ostetrici, Dipartimento Scienze della Vita e Sanità Pubblica.

Docente al Master universitario di secondo livello in “International Master Degree in “Gynecologic oncology”, Università Cattolica del Sacro Cuore.

Docente al Master “Strumentista per la Chirurgia della Donna” , Università Cattolica del Sacro Cuore.

bene, non rinfresca o addirittura si ferma proprio il motore”.

“Essendo l’organo più grande del corpo umano – aggiunge Picardo – la pelle è anche quello maggiormente interessato da problematiche legate all’esposizione all’azione di patogeni ambientali e diventa una spia dei danni che la natura patisce ad opera dell’uomo. Ci sono studi che dimostrano come l’inquinamento ambientale sia in grado di produrre alterazioni significative a carico della pelle, alcune delle quali che possono essere considerare prettamente estetiche come l’invecchiamento della pelle, le lentiggini solari, e che sono più frequenti in popolazioni che vivono in aree a forte inquinamento ambientale.

Costantini: “Non ci sono evidenze di interazioni problematiche fra termovalorizzatori e salute delle donne”

Fra gli elementi che incidono maggiormente sulla salute della pelle vanno senza dubbio annoverate le micro-polveri fondamentalmente determinate dagli scarichi delle automobili e dai riscaldamenti domestici. Ad esempio, Paesi con alti tassi di inquinamento da traffico, come la Cina o il Giappone, presentano un’elevata frequenza di queste manifestazioni dermatologiche. Specifico: nonostante da un punto di vista strettamente medico si tratti di manifestazioni non particolarmente gravi, esse sono indice di un’alterazione profonda delle condizioni ambientali.

Da un punto di vista patogenetico, queste alterazioni della pigmentazione sono un meccanismo di pro-

Barbara Costantini
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tezione della pelle che sviluppa un cambio di colore per evitare l’insorgenza di possibili neoplasie cutanee. Per inciso, questo è lo stesso meccanismo che sta alla base dell’abbronzatura”.

In Italia ci sono molte aree dove i livelli di inquinamento ambientale sono oggettivamente ben peggiori di quelle dove è presente un termovalorizzatore di ultima generazione con popolazioni che vivono a fianco a primarie fonti di inquinamento industriale elevatissimo. Di fatto, la collettività è messa di fronte a un problema riassumibile nella diarchia rischiobeneficio.

“Ad esempio – dice ancora Coppola – a Roma non abbiamo un termovalorizzatore ma spingiamo gli impianti di trattamento meccanico biologico a lavorare al limite fino a che questi non si rompono o, come è successo, vanno a fuoco. E non è che l’incendio al TMB di Malagrotta sia stato esente da problematiche ambientali. O esportare i rifiuti nel resto del Paese se non oltre confine non abbia costi di tipo ambientale oltre che economico. Tutto questo conferma che il problema dobbiamo risolverlo senza andare a creare danno ad alcuni. Ma non è il termovalorizzatore il danno, le persone devono saperlo che non è quell’impianto il problema”. Picardo: “Per quanto riguarda i termovalorizzatori

Coppola: “L’incendio al TMB di Malagrotta dello scorso giugno o l’esportazione dei rifiuti di Roma in giro per l’Italia non sono senza costi ambientali”

attuali, i dati indicano un livello di inquinamento stabile, senza crescite e, come risposta, non vi sono evidenze di aumenti di patologie dermatologiche in aeree dove sono costruiti moderni impianti di termovalorizzazione. Esempio è l’area di Brescia, quella dove c’è la più lunga tradizione di termovalorizzatori, in cui non si manifestano incidenze particolari di manifestazione ditumori della cute. Voglio aggiungere anche un altro spunto di riflessione: non è che la presenza di cumuli di rifiuti agli angoli delle strade sia esente dal creare danni alla cute. I rifiuti abbandonati, come abbiamo visto accadere a Roma negli ultimi 4 o 5 anni o anche in altre città, Napoli o Palermo, diventano terreno fertile per la crescita di funghi e di batteri determinando una maggiore facilità nella possibilità di infezioni cutanee dirette e indirette. Basti pensare ai ratti e alle patologie che possono causare”.

Insomma, non è una questione di emissioni di questi termovalorizzatori di quarta generazione, ma tutto dipende da come l’impianto di trattamento dei rifiuti viene inserito nel contesto: traffico e riscaldamento sono molto più pericolosi perché producono danni ambientali che si ripercuotono immediatamente sull’essere umano, sulla pelle, sui polmoni, sui feti, sui bambini, sulle donne, sulle neoplasie.

THE WASTE-TO-ENERGY INCINERATORS ARE SAFE

There is no scientific evidence supporting the notion of an increase in oncological, pulmonary, dermatological or gynaecological diseases in populations living in areas surrounding state-of-the-art waste-to-energy plants. This is what professors Francesco Cognetti, oncologist; Mauro Picardo, dermatologist; Angelo Coppola, lung specialist, Barbara Costantini, gynaecologist declare to UniCamillus Magazine. Questo è quanto affermano a UniCamillus Magazine

We have asked them to explain, according to scientific data, risks and problems related to the presence of a waste-to-energy plant, also asking them if they would be willing to live next to a waste treatment plant. The four professors replied that they would certainly live near a waste-to-energy incinerator. All four of them, then, have underlined the significant impact of the environmental pollution, that is not generated by the emission of an incinerator but by vehicle traffic and domestic heating systems. They all agree, therefore, that, if the city of Rome actually acquire of a state-of-the-art incinerator, it must be placed in a location where the impacts of the vehicle traffic, especially heavy traffic, on the neighbouring areas, will be minimized.

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DENTI: PERChé UNA VISITA FIN DAI PRIMI ANNI

Ordinaria di Propedeutica clinica - Odontoiatria preventiva e di comunità

Quando

parliamo di problemi di denti nei pazienti in fase di crescita e negli adolescenti, è molto comune pensare che esista solamente una figura di riferimento: il dentista, o meglio l’odontoiatra. In odontoiatria così come in medicina, ogni figura ha una precisa specializzazione.

Come esistono dottori specialisti (pediatra, otorino, ortopedico, ecc.), in odontoiatria esistono gli odontoiatri specialisti (ortodontista, odontoiatra pediatrico e chirurgo orale) che si distinguono dagli odontoiatri definiti “di base”. Sia l’odontoiatra pediatrico che l’ortodontista seguono un programma di Specializzazione Universitario triennale.

La Scuola di Odontoiatria Pediatrica si dedica alla prevenzione orale, all’igiene e alla risoluzione dei problemi dentali più comuni nei bambini e negli adolescenti.

La scuola di Ortodonzia offre agli specialisti una formazione rivolta all’analisi, alla prevenzione e alla risoluzione dei fattori di crescita e di sviluppo delle arcate e dei denti, nonché al riequilibrio delle funzioni orali.

I difetti di crescita e sviluppo del cavo orale in età evolutiva, generalmente definiti “malocclusioni”, rappresentano uno dei problemi più frequenti nei bambini, ma pur essendo piuttosto comuni, il più delle volte sono sottovalutati o semplicemente ignorati. In realtà sono difficili da riconoscere, individuare precocemente e gestire facilmente.

DEnTI: L’ImpORTAnzADELLApREvEnzIOnE Prevenire fin da subito le malattie dei denti è possibile. Spesso ci dimentichiamo che i maggiori responsabili dei denti dei figli sono i genitori, i nonni e tutti coloro che si prendono cura di loro. Il trattamento precoce, pertanto, non può prescindere da un concetto generale di prevenzione del paziente in crescita e, in particolare oggi, da un concetto di prevenzione basato su protocolli multidisciplinari, atti ad inserire il bambino in un programma più ampio di diagnosi e cura. Se non si fa attenzione ai denti l’odontoiatra arriverà sempre troppo tardi e non potrà che curare le carie presenti o cercare di raddrizzare i denti già storti.

LApRImAvIsITADALL’ODOnTOIATRA: QuALèIL mOmEnTOmIgLIORE?

La risposta è molto semplice: non è mai troppo presto! È importante, infatti, che il bambino si abitui all’ambiente, nel caso un domani fosse necessario, e affronti la visita in modo sereno e confortevole. Sarà un semplice incontro conoscitivo che permetterà al bambino e all’odontoiatra di fare conoscenza, per ottenere risultati positivi in futuro. A maggior ragione è importante accompagnarlo dal dentista molto presto e fargli prendere confidenza con l’ambiente e le persone, così che sia il più tranquillo possibile quando dovrà essere curato. Ogni bambino ha la sua personalità che condiziona il suo comportamento e la sua collaborazione e il lavoro di gruppo è sicuramente vincente. Farsi mettere le mani in bocca per con-

I denti non sono semplici accessori: sono strumenti importanti ai quali viene attribuito un ruolo definito. Servono per masticare, parlare, esprimere le nostre emozioni, manifestare affetto e tante altre cose.
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trollare i denti è spiacevole per tutti e per un bambino che, giustamente, ha meno pazienza e comprensione di un adulto può essere davvero fastidioso. Per tale motivo sono necessari gli sforzi coordinati di tre persone: i genitori, il bambino e l’odontoiatra. Il bambino è nel mezzo e senza un buon odontoiatra e un buon genitore che lo prepara correttamente non si potrà andare molto lontano.

DEnTI: sEnsIBILIzzAREALL’IgIEnEORALE

Il primo passo da effettuare durante la prima visita ai denti sarà sicuramente rappresentato da una sensibilizzazione all’igiene orale e in tale occasione potranno essere dati consigli giusti strettamente collegati all’età del paziente. Potrà inoltre essere utile elaborare un programma di prevenzione che tenga in considerazione:

-la collaborazione del paziente;

-le priorità di trattamento (urgenze/ necessità);

-le necessità ortodontiche.

Per ottenere una buona collaborazione da parte del paziente è importante motivarlo. Pertanto, per ottenere risultati positivi, l’approccio dovrà essere adeguato all’età e agli aspetti psicologici ed emozionali del paziente. Un odontoiatra che si dedica alla cura dei bambini deve essere capace di entrare in relazione con i suoi piccoli pazienti raccontando tutto quello che dovranno fare insieme, come e perché e deve entrare in sintonia con loro

QuALIIpROBLEmIpIùFREQuEnTIAIDEnTInEI BAmBInIEnEITEEnAgER?

La carie dentale rimane ancora oggi una delle malattie ad elevata diffusione! Nell’ultimo decennio, tuttavia, la sua presenza nei paesi industrializzati è in costante diminuzione grazie all’introduzione di programmi di prevenzione. Infatti, laddove sono stati istituiti e mantenuti interventi di prevenzione sulla popolazione infantile è stato possibile ottenere un rilevante controllo della patologia orale. È quindi opportuno introdurre nelle pratiche quotidiane di vita quell’insieme di tecniche preventive per i denti che si sono dimostrate particolarmente efficaci durante i programmi di prevenzione portati avanti dall’impegno e dalla collaborazione tra odontoiatra pediatrico, bambini e genitori.

I DEnTIELEmALOCCLusIOnI

Le malocclusioni, ovvero le alterazioni di una corretta occlusione in uno dei tre piani dello spazio sono presenti in circa l’80% della popolazione. Ciascuna malocclusione può localizzarsi al solo settore dentale (malocclusione dentale) oppure coinvolgere le basi scheletriche del mascellare e della mandibola (malocclusione scheletrica) oppure presentarsi in forma mista (ma-

ascoltando soprattutto con pazienza tutto quello che devono dire.
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locclusione dento-scheletrica).

L’età ideale per la correzione di una malocclusione è quella in cui il trattamento provvede ad eliminare le interferenze di un ambiente dento-mascellare sfavorevole (abitudini viziate, anomalie funzionali), nella speranza che si realizzi una crescita il più fisiologica possibile. È di fondamentale importanza quindi, che le condizioni che predispongono alla malocclusione vengano identificate e trattate al più presto dall’ortodontista. Il trattamento nei bambini offre l’opportunità di ristabilire un rapporto normale tra le varie componenti facciali, un equilibrio funzionale e scheletrico, con la speranza che la crescita futura possa procedere in modo armonico e coordinato.

QuALILEmALOCCLusIOnIpIùFREQuEnTInEI BAmBInI?

In fase di crescita è necessario individuare tutte le anomalie di permuta in grado di alterare il

fisiologico divenire dell’occlusione. Un’attenzione particolare viene dedicata alle abitudini viziate e tra queste alla risoluzione della respirazione orale, che permette al bambino di affrontare il picco di crescita in modo armonioso e quanto più possibile privo di interferenze esterne. La perdita di elementi decidui per carie o per traumi, anomalie dentali (agenesie, denti soprannumerari, denti fusi, denti geminati, etc.), possono essere le cause dello sviluppo di una “occlusione decidua a rischio”, non equilibrata, in cui lo spazio realmente disponibile in arcata potrebbe essere insufficiente a garantire il corretto posizionamento dei nuovi denti che verranno. Tutto questo è particolarmente vero per “i denti davanti” cioè per gli incisivi. Le abitudini viziate quali il succhiamento del dito o del ciuccio, l’uso prolungato del biberon e l’interferenza del labbro inferiore determinano pressioni e forze anomale definibili vere e proprie parafunzioni in grado di interferire con uno sviluppo armonico

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dello scheletro facciale favorendo l’espressione di rapporti dentali e scheletrici anomali. Garantire il corretto sviluppo della zona anteriore della bocca e l’adeguato svolgimento delle funzioni quali la deglutizione, la respirazione e l’elaborazione di alcuni fonemi, sarà uno dei principali obiettivi della terapia ortodontica attuata in età precoce e definita comunemente terapia intercettiva. La terapia intercettiva ortodontica è rivolta prevalentemente al recupero delle corrette posizioni dei denti. La terapia intercettiva ortopedica si interessa della risoluzione di problematiche scheletriche e funzionali.

ChI èL’ORTODOnTIsTA?

L’ortodontista è un professionista che si occupa della prevenzione, della diagnosi e della cura delle malocclusioni dento-scheletriche. Si tratta di un odontoiatra che ha ulteriormente completato il suo percorso formativo, in modo da acquisire una preparazione specialistica e competenze adeguate a trattare qualsiasi problematica riguardante le

malposizioni dei denti e la crescita cranio-facciale.

È dunque un dentista con una marcia in più. Individuare, valutare, controllare e neutralizzare le cause più frequenti che realizzano una malocclusione rappresentano le attività principali di prevenzione che un abile ortodontista deve conoscere e mettere in pratica. Il suo ruolo principale non è soltanto quello di allineare i denti, ma di assicurare al paziente, in crescita e all’adulto, una dentatura esteticamente gradevole, funzionalmente valida, in armonia con le strutture muscolari e scheletriche cranio- facciali.

ChI èL’ODOnTOIATRApEDIATRICO?

L’odontoiatra pediatrico è un professionista che si dedica specificatamente ai bambini. Nel corso dei suoi studi, si specializza nelle problematiche che riguardano l’apparato dentale dei più piccoli granantendo ai bambini un’esperienza poco traumatica, guidandoli e curandoli in modo adeguato durante le fasi di crescita e sviluppo.

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TALKING ABOUT DENTAL PROBLEMS IN CHILDREN AND ADOLESCENTS

When we talk about dental problems in growing patients and adolescents, it is very common to refer only to the dentist. Actually, as in the rest of the medical field, dentistry has its own specialisations as well: orthodontist, pediatric dentist and oral surgeon. The pediatric dentist and the orthodontist follow a three-year University specialisation programme. Development and growth defects of the oral cavity at a developing age are one of the most recurrent problems in children. Early prevention of dental diseases is possible. This is why it is important that the child is accompanied early to the first visit and is made aware of oral hygiene right away, perhaps with a prevention programme which takes into account: the patient’s cooperation, treatment priorities (emergencies/needs) and orthodontic needs.

It is important to motivate the patient, in order to obtain successful cooperation. Therefore, the approach must be adapted to the patient’s age and psychological and emotional aspects, in order to achieve positive results. Dentists, who are committed to children’s care, must be able to establish a relationship with their young patients by telling them everything they will have to do together, how and why, and they must empathise with them, especially by patiently listening to everything children have to say.

Dental decay still remains one of the most prevalent diseases, despite its decrease over the last decade as a result of prevention programmes.

80% of the population is affected by malocclusions. Treatment in children offers the opportunity to restore a normal relation between the various facial components, a functional and skeletal balance, with the hope that future growth can proceed in a harmonious and coordinated manner.

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A OTTOBRE IL NUOVO UNILAB di Claudia Romano

Inizia con questo numero un viaggio all’interno di UniCamillus. Presenteremo, ad ogni uscita, uno dei dipartimenti che rendono UniCamillus, un Ateneo vivo e in crescita.

Questo racconto inizia parlando del futuro, l’apertura del terzo complesso che ospiterà, oltre nuove grandi aule, anche i nuovi laboratori medici. Racconteremo come saranno prima ancora che gli studenti e i docenti vi mettano piede. E narreremo anche come sarà il quarto complesso di UniCamillus i cui lavori di costruzione inizieranno nelle prossime settimane.

Questo tour guidato proseguirà spiegando cosa fa l’Ufficio Logistica che per conto dell’intera comunità accademica sta portando avanti questo (e altri) lavori.

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UniCamillus

cresce. E velocemente. Manca poco per l’inaugurazione del nuovo edificio, il terzo dell’Ateneo, e stanno per iniziare i lavori di demolizione e ricostruzione del quarto.

L’Ufficio Logistica – di cui ci occuperemo nelle pagine seguenti – sta seguendo tutto il cantiere in corso: quotidiani sopralluoghi per verificare l’avanzamento dei lavori; ricerca di arredi e strumentazioni scientifiche.

Si chiamerà “UniLab”: saranno i laboratori biologici e medici e quelli di ricerca. Due nuove grandi aule e altre quattro medie, due laboratori didattici e due di ricerca più una serie di nuovi uffici per i docenti. Andiamo per ordine.

UniCamillus, fondata nel 2017, sta crescendo in maniera esponenziale. Servono nuovi spazi, nuove aule, nuovi laboratori, nuova mensa.

SEINUOVEAULEPER 951 POSTI Novecentocinquantuno posti: tanti sono quelli

previsti nel complesso di UniLab: sei aule nuove, una che diventerà la nuova Aula Magna da 234 posti. Due da 211 postazioni, una media da 138 e due più piccoline, da 95 e da 72 posti. Una delle caratteristiche delle due aule più piccole è che non saranno a gradoni e che le poltrone saranno movibili. Come per la UniCongress Hall, le aule avranno tutti colori differenti che le renderanno identificabili facilmente.

Le due aule da 211 posti e quella da 138 saranno dotate, oltre che di maxischermo comune anche alle altre, di sedute con il tavolino per consentire agli studenti di prendere appunti agevolmente. Le altre tre, invece – la nuova Magna e le due più piccole– avranno comode poltroncine che sono in questi giorni in fase di realizzazione. Ogni cattedra di ciascuna aula sarà montata al di sopra di una pedana e, nella nuova Aula Magna, il tavolo della presidenza sarà affiancato da un podio.

Nell’Aula Magna, inoltre, è stata predisposta una sala di regia che sarà dotata anche di un

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accesso diretto dall’esterno per consentire ai nostri tecnici audio e video di potersi muovere senza problemi.

NOVITÀ: LABORATORIEUFFICI

L’altra grande novità è la creazione di cinque nuovi laboratori.

Abbiamo affidato la realizzazione di questi nuovi spazi fondamentali per i nostri studenti all’azienda Labozeta, una delle eccellenze italiane nel settore.

TECNOLOGIA KÖTTERMANN

I nuovi spazi saranno costruiti utilizzando la tecnologia Köttermann, ovvero i brevetti dell’omonima azienda - facente parte delle industrie del Gruppo Block, multinazionale della Repubblica Ceca specializzata in sviluppo, engineering, progettazione di industrie, aziende, enti e società farmaceutiche, di biotecnologie, salute, scienza, ricerca, ecc. - che sono stati già

utilizzati ad esempio nei laboratori dell’Hamburg Innovation Port; all’Università Kore di Enna; o nel laboratorio di analisi dell’impianto di trattamento delle acque reflue di Sinzig, nella regione della Renania-Palatinato in Germania. Nella progettazione di questi nuovi laboratori, abbiamo chiesto di prestare la massima cura nell’organizzazione dei posti di lavoro: lo spazio diviene luogo intelligente dove è possibile creare postazioni ibride e flessibili, dove lo sviluppo delle relazioni tra spazio fisico e spazio digitale colma le esigenze di spazi condivisi.

La logica che abbiamo seguito avrà come elemento essenziale la sicurezza e la tutela della salute di studenti e docenti, favorendone comunque l’incontro.

Gli spazi generati rimettono al centro la persona in una organizzazione culturale tridimensionale: lo spazio, il tempo, la relazione, per superare la dimensione di “smart working” e facilitando lo “working smart”.

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LOGISTICS DEPARTMENT: IL SUPER INGRANAGGIO DI UNICAMILLUS

Lo si può considerare uno degli ingranaggi essenziali di UniCamillus. Passa tutto per quelle stanze: lavandini che si rompono, acquisto di attrezzature mediche, progetti per i nuovi edifici, corsi di formazione. È l’”ufficio logistica”: di fatto una parte importantissima della vita amministrativa dell’Ateneo passa per le scrivanie della logistica. L’attività principale in questi mesi è stata quella di portare avanti i progetti di costruzione dei due nuovi edifici: seguire i lavori di realizzazione delle infrastrutture, rapportarsi con tutte le pubbliche amministrazioni per permessi, certificazioni, autorizzazioni.

Ad esempio: le insegne dell’Università, il logo e la scritta sul fronte dell’edificio principale, devono essere autorizzati. E occorre presentare una notevole quantità di documenti presso gli uffici pubblici. E chi si occupa di interagire con Municipio, Comune e Regione? L’Ufficio Logistica.

C’è da acquistare tutti gli arredamenti e le strumentazioni? I manichini e i riuniti per il nuovo laboratorio di odontoiatria in costruzione? O bisogna scegliere le diverse sedie e poltroncine per le nuove aule? È sempre compito della Logistica. Ugualmente spetta all’Ufficio Logistica organizzare tutti i corsi di formazione per il personale: antincendio, sicurezza sul lavoro, primo soccorso, gestione manageriale o utilizzo del defibrillatore. È l’ufficio logistica che organizza i corsi o tiene conto del rilascio e delle scadenze dei certificati di frequenza. Insieme alle “grandi opere” o alla gestione della complessità del rispetto puntuale di norme e regolamenti sul personale, l’Ufficio Logistica si occupa anche della quotidianità più spicciola: se si rompe un bagno, si muovono loro. Se serve di acquistare le nuove luci per migliorare la resa delle riprese fotografiche e video nelle aule, se ne occupano sempre loro.

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In alto, il prospetto dell’ingresso laterale di UniLabs. In basso, la vista assonometrica dei nuovi laboratori.

LEDImEnsIOnIDEInuOvILABORATORI

Esaminando gli aspetti dimensionali dei nuovi laboratori, la progettazione prevede di creare un laboratorio didattico biologico, uno didattico per la chimica, uno per la biochimica e due per le colture, quindi dedicati alla ricerca medica. Quello biologico avrà una dimensione di 60 metri quadri circa con, in aggiunta, altri 16 metri quadri di spazi dedicati al laboratorio degli strumenti. La zona occupata dagli apparati di filtrazione sarà di poco inferiore ai 7 metri quadri.

Il laboratorio didattico chimico sarà leggermenete più grande: 64 metri quadri per le postazioni degli studenti più 16 metri quadri per la strumentazione e quasi 8 metri quadri di zone filtro.

Entrambi i laboratori didattici potranno ospitare una trentina di postazioni di lavoro per gli studenti. Passando all’esame degli altri laboratori, quello di biochimica sarà di 34 metri quadri più altri 6 di zona filtri. Ne avremo, poi, due, uno da 16 e uno da 20 metri quadri, dedicati alle colture. In totale, il sistema dei nuovi labo-

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ratori occuperà una superficie di poco inferiore ai 250 metri quadri.

gLIELEmEnTIDIFILTRAggIO

A proposito degli elementi di filtraggio, essi sono un elemento fondamentale proprio per garantire agli studenti un luogo di studio e lavoro assolutamente sicuro. Per questo, ciascuna area di biologia, chimica e biochimica, è dotata di filtro di sicurezza per l’accesso ai laboratori dagli spazi comuni e ogni filtro è dotato di doccia di sicurezza. Inoltre, tutte le porte sono dotate di una sezione che, attraverso un vetro di sicurezza, consente di vedere l’interno delle aule. Le postazioni di lavoro degli studenti saranno dotate di cappe chimiche a basso consumo energetico in grado, quindi, anche di ridurre l’impatto ambientale nell’ottica di un’Università ecosostenibile: nessuno degli arredi emette formaldeide, contaminanti, composti organici volatili; non hanno plastica riciclata, garantiscono efficienza energetica ed economica. Queste cappe e il sistema di recupero dei solventi

utilizzati saranno completate da un complesso di sensori posti all’interno di appositi alloggiamenti dentro i laboratori per rilevare eventuali dispersioni di agenti aerei, inclusi i composti organici volatili. Tutti i dati di rilevazione saranno disponibili in tempo reale. Anche le cappe di aspirazione e i frigoriferi/congelatori sono monitorati costantemente da complessi sistemi di sensori.

Inoltre, si sta progettando un nuovo modello di cattedra che abbia i monitor dei computer direttamente incorporati e non visibili dall’esterno, con nuovi set di illuminazione per i relatori o i docenti.

LAnuOvARECEpTIOn

Altra innovazione: la reception. Nel nuovo edificio sarà posta al centro del grande corridoio interno e sarà di forma esagonale. Ancora: fra le stanze del pian terreno, una sarà dedicata al centro universitario sportivo e ai rappresentanti degli studenti. Al secondo piano, troveranno posto otto nuovi uffici da destinare ai docenti.

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I lavori procedono spediti: l’obiettivo è che, alla ripresa dei corsi ad ottobre, tutta la struttura sia pronta e disponibile.

LAmEnsA

Un’altra grande innovazione di UniCamillus è la creazione della nuova mensa. Il progetto prevede che, all’interno del complesso Deca antistante l’Ateneo, venga realizzato un padiglione appositamente dedicato agli studenti e al personale, docente e non docente, di UniCamillus. L’accesso sarà realizzato direttamente nel muro di cinta attuale di fronte all’ingresso di UniCongress hall.

vERDEEsTRADEROmAnE

Il progetto prevede anche la creazione di aree verdi esterne calpestabili e, soprattutto, durante gli scavi preparatori è comparsa una sezione

dell’antica via Tiburtina. La decina di metri di basolato scuro ricordano come le radici di UniCamillus affondino non solo metaforicamente nell’antichità.

ILQuARTOCOmpLEssO

Entro pochi giorni verrà dato il via ai lavori per il quarto complesso di UniCamillus. In questo caso, però, la fine lavori è per il prossimo anno accademico, il 2023-2024. Il progetto –che non è ancora quello definitivo – prevede la creazione di una super Aula Magna: 286 posti, a gradoni, con un backstage e una regia con accessi indipendenti. Il bar di oggi si dovrebbe spostare in questo nuovo edificio, molto più grande di quello odierno, con ingresso autonomo, un deposito e una cucina. Anche la sala studio sarà spostata qui, per poco meno di 200 metri quadri.

Il tratto dell’antica via Tiburtina
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THE NEW UNILAB READY IN OCTOBER

UniCamillus is growing. By October work will be completed for the new building, the third, that will be called UniLab.

There will be six new classrooms, for a total of 951 seats: the new Lecture Hall, with 234 seats; two 211-seat great classrooms, one 138seat medium-sized classroom and two smaller ones with 95 and 72 seats.

Moreover, the following facilities will be created: two didactic laboratories, one for biochemistry and one for chemistry, equipped with approximately thirty workstations each; two laboratories for medical research; eight new offices for the faculty, a hall reserved to the students’ representatives and to the University’s Sport Center.

As soon as work is completed for the third building, the activities for the fourth building will start; they are expected to be completed for the next academic year. Here, the project includes the creation of a super 286-seat Lecture Hall and new coffee shop and student lounge.

Another novelty will be the cafeteria that will be opened in a dedicated wing located into the Deca complex, with access reserved to UniCamillus.

Meanwhile, work is underway for the creation of the new dentistry laboratory, in the main building: 24 units plus one for the professor, each equipped with dental chair and monitor.

The new Unilab will also have green areas available for the students and it will feature the remains of a section of the ancient Via Tiburtina from the Roman era.

During the growth phase, it is necessary to identify all dental exchange anomalies that can alter the physiological evolution of the occlusion: loss of deciduous teeth, finger or thumb sucking, feeding bottle. The aim of care is to ensure the correct mouth development as well as the proper swallowing and breathing functions.

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Obiettivo

di questo articolo è l’analisi delle attuali grandi difficoltà “occupazionali” (elevata difficoltà nel trovare risorse idonee e disponibili) che minacciano lo sviluppo economico sociale, e le possibili soluzioni da avviare al più presto per aiutare sia le Organizzazioni del lavoro sia le scelte dei Lavoratori nello scenario di ripresa nell’era della post pandemia.

UniCamillus Management Academy promuove ad ottobre un Convegno di discussione e approfondimento, aperto dal Presidente del CNEL, Tiziano Treu, che prevede due momenti di dibattito: il primo, tra i presidenti di alcune delle più importanti associazioni professionali ed il secondo tra i direttori del personale di aziende nazionali e multinazionali di primario livello organizzativo ed economico.

Per inquadrare al meglio la tematica critica che oggi abbiamo di fronte, relativa alla carenza delle competenze lavorative ed alle disponibilità dei lavoratori realmente motivati verso le opportunità occupazionali offerte dal mercato, è opportuno ripercorrere alcune fasi storiche dell’evoluzione degli scenari dei processi produttivi ed organizzativi nonché dei cambiamenti di conseguenza generatisi negli atteggiamenti psicologici dei lavoratori. Possiamo già, comunque, anticipare che le principali mancate corrispondenze tra attese e di-

sponibilità nei contesti di lavoro sono molteplici e, come vedremo, sono almeno tre determinanti e degne della nostra più marcata attenzione per individuare possibili percorsi virtuosi capaci di perseguire reali e soddisfacenti soluzioni. Ma andiamo per gradi e cominciamo ad esaminare quali possono essere le mancate positività che hanno principalmente contribuito a generare l’attuale situazione di criticità occupazionale e carenza delle competenze più richieste e indispensabili.

Il nuovo scenario del mondo del lavoro che si sta via via determinando in questi primi decenni del terzo millennio scaturisce, in primis, dall’evoluzione dell’economia globale produttiva di beni e servizi così come sviluppatasi a seguito delle innovazioni tecnologiche e delle richieste di mercato che, quindi, definiscono la necessità delle competenze necessarie per sostenere questa nuova realtà. Per altro verso, si stanno imponendo con forza imprevista e inesorabile nuove consapevolezze sul “senso del lavoro”, il cosiddetto “purpose” anglosassone, che viene individuato quale primo movens organizzativo e motivazionale per le più importanti scelte di vita e di occupazione fino all’inconcepibile status della disoccupazione “proattiva”.

Inoltre, non possiamo prescindere dai grandi fenomeni che a livello mondiale hanno svolto,

UniCamillus Mangement Academy I mismatch nel mondo del lavoro e il ruolo delle Academy
Perché è indispensabile realizzare nuove modalità formative
Mario D’Ambrosio
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e svolgono, un ruolo di grande impatto sulle decisive scelte che l’intero Pianeta è chiamato ad affrontare e risolvere nei prossimi decenni per la propria sopravvivenza e che, comunque, incidono fortemente anche sulle persone ed il senso della loro vita. Ci riferiamo alla Sostenibilità ambientale e dei consumi, all’impiego imprescindibile delle energie rinnovabili, alla post pandemia ed alle sicurezze sanitarie, alla continua evoluzione tecnologica, alla sopravvivenza delle popolazioni povere con la conseguente enorme spinta dell’Immigrazione verso i Paesi più ricchi nonché allo smarrimento ideologico ed esistenziale che tutto ciò genera sugli individui.

Era il lontano 1911 quando veniva pubblicata l’opera più conosciuta di Frederick Taylor intitolata Principles of Scientific Management che codificava, dopo una circostanziata indagine sul campo presso diverse imprese industriali, in particolar modo automotive, i principi cardine del cosiddetto Taylorismo. Tale impostazione organizzativa, capace di accrescere considerevolmente la produttività aziendale, venne esaltata dalla cosiddetta catena di montaggio a sua volta identificata nell’“organizzazione fordista”. In questo sistema, comunque inizialmente molto lodato, la mansione umana era quasi una componente meccanica della linea di produzione che ricordava molto la cosiddetta “alienazione” teorizzata nel Capitale di Karl Marx quale stato di disumanizzazione delle attività lavorative. Facciamo ora un salto di oltre cinquant’anni ed approdiamo al 1964 quando la critica a questo stato di fatto diventa feroce ed ancora più ampia

e diffusa fino a costituire uno dei concetti propulsivi della grande era della contestazione che nel 1968 vedrà studenti ed operai allearsi in una serie di grandi manifestazioni contro il cosiddetto capitalismo materialista tacciato di sfruttamento ottuso del Lavoro umano.

In quell’anno viene pubblicato dal filosofo e sociologo herbert Marcuse un ampio saggio che lo rende famoso in tutto il mondo, “One Dimensional Man”, ovvero l’uomo ad una dimensione, che rivendica l’immediata necessità del recupero di tutte le dimensioni costituenti la natura umana e non solo l’unico aspetto di energia motrice!

Marcuse non risparmia feroci critiche anche al marxismo e all’organizzazione politica sovietica considerando la tendenza al controllo burocratico sovietico una vera e propria coercizione della libertà individuale, proprio come si sviluppa nell’Ovest capitalista attraverso il controllo sociale promosso dal consumismo. Ed arriva, poi, con sorprendente lungimiranza, ad affermare che i lavoratori producono e consumano molto al di là delle loro effettive esigenze di soddisfazione dei propri bisogni, anche voluttuari, senza curarsi degli effetti psicologicamente distruttivi nonché della enorme mole dei rifiuti prodotti e dei danni ambientali conseguenti, cercando la propria realizzazione sociale soltanto attraverso l’accumulo e l’esibizione “materiale”.

In sostanza, continua a delinearsi un quadro dei sistemi lavorativi lontano dalle altre esigenze di realizzazione personale e sociale connaturate alle inclinazioni di soddisfazione dei bisogni più squisitamente relazionali, culturali e psicologici dei lavoratori.

Infatti, in parallelo alle analisi

Frederic Taylor Herbert Marcuse Elton Mayo
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di accrescimento della produzione e delle risorse economiche, anche individuali, basate sulla mera riduzione dei costi ed aumento dell’intensità delle ore lavorative, vengono effettuati studi più approfonditi e teorie di respiro più psicologico che introducono il concetto di Realizzazione del lavoratore nella sua mansione.

E qui vogliamo riferirci alla teoria dei bisogni umani che, sulla scia degli studi sviluppati da Elton Mayo e delle sue human Relations, Abraham Maslow rese pubblica nella sua opera del 1954 “Motivazione e Personalità”, comunemente definita come la Piramide di Maslow che diede di fatto il via più divulgativo al filone della “Psicologia Umanistica” ulteriormente elaborato da studiosi come Douglas McGregor, con le teorie motivazionali X ed Y, Frederick herzberg, fattori igienici e motivanti, e poi di seguito molti altri. Maslow sosteneva innanzitutto il bisogno di autorealizzazione delle persone nel lavoro come culmine dell’ascesa nell’ambito socioeconomico dopo aver risolto gli altri bisogni umani via via più rilevanti quali quelli: fisiologici, di sicurezza, di appartenenza, di stima.

Su questa linea di pensiero troviamo poi negli anni successivi molti studiosi anche italiani quali Agostino Gemelli ed Enzo Spaltro, con il suo team dell’Olivetti, ed altri che sempre più vanno ad individuare i principali cardini motivazionali del lavoro per le persone.

Indubitabilmente le tematiche dominanti che si pongono e si consolidano sempre con maggiore evidenza sono quelle dell’autorealizzazione individuale e sociale, del contributo allo sviluppo della società e del senso profondo del proprio ruolo lavorativo in termini di qualità e di riconoscimento formale: si tratta proprio di quelli che individuiamo nei tre diversi mismatch del lavoro cui vanno trovate idonee soluzioni da perseguire con efficace e coerente determinazione.

Nel tempo, inoltre, sono emersi e sono diventati esigenze sempre più significative se non ormai comunemente ritenute imprescindibili, gli aspetti del mondo lavorativo connessi alla sicurezza del lavoro, la parità di genere, l’eliminazione delle disuguaglianze anche retributive, il benessere organizzativo ed il clima aziendale, la responsabilità sociale d’impresa, i

Abraham Maslow Douglas McGregor Frederick Herzeberg Agostino Gemelli Enzo Spaltro
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benefit per il welfare familiare, lo sviluppo formativo in termini di reskilling ed upskilling ed altri ancora.

Per quanto concerne invece il contesto mondiale o, per lo meno, quello di immediato riferimento per la nostra economia le caratteristiche che lo contrassegnano e lo hanno reso quello che oggi ci si propone come stato evolutivo della nuova rivoluzione “economica” è caratterizzato dalla definitiva globalizzazione, dai grandi fenomeni migratori, dalla minaccia del degrado ambientale, dalla imprescindibile sostenibilità delle scelte produttive nonché dalla constatazione della interminabile crisi finanziaria scatenata nel 2008 dalla insostenibilità del debito pubblico ed oggi sottoposta alla velenosa recrudescenza dell’inflazione.

Ed ancora, per altro verso e più recentemente, dalla post-pandemia covid ancora viva ed in espansione nonché dal nuovo impressionante conflitto bellico tra Russia ed Ucraina che sta ri-

disegnando le alleanze geopolitiche mondiali che contrappongono mentalità e strategie economiche di grande distinzione ideologica.

In sintesi, stiamo vivendo sconvolgimenti mondiali epocali che impattano direttamente su organizzazioni produttive, scelte etiche del lavoro e stili di vita attesi.

Ecco perché mi sembra sicuramente appropriato in questa fase di grande disorientamento globale, locale ed individuale parlare ed affrontare i diversi mismatch del lavoro che non sono riducibili ad uno soltanto anche se più evidentemente sensibile e individuabile dai sistemi aziendali che lo valutano il più dannoso e minacciante: quello della non corrispondenza delle competenze prodotte dai sistemi formativi, istituzionali e privati, con quelle effettivamente richieste dalle organizzazioni del lavoro ma anche da tutti gli indotti di filiera e consulenziali di sistema.

Gli interventi da mettere in campo sono dunque molteplici, differenziati per livello di responsabilità e da pianificare nei tempi e nelle modalità, ma necessariamente collegati ed interagenti e, possibilmente, coordinati da un sistema di regia che li conduca verso obiettivi comuni e funzionali allo sviluppo economico ed alla massima occupazione nel prioritario rispetto della sostenibilità etica presente e futura.

Parliamo dunque di tre mismatch principali che possiamo individuare come ambiti da “aggiustare” se si vuole cominciare ad incidere nei confronti delle cosiddette “devianze” che scoraggiano e rendono spiacevole la ricerca di lavoro, ovvero occupazione, e di lavoratori, ovvero competenze idonee, nell’attuale scenario produttivo globale e locale prima descritto. Ma andiamo con ordine, iniziando dal livello primario e più generale di mismatch, che riguarda la necessità oggi in una fase evolutiva

del lavoro che, almeno nel mondo occidentale più sviluppato, possiamo definire “matura” con elevato livello di consapevolezza sociale e di desiderata “way of life” da parte del “people working”. Si tratta della necessaria corrispondenza di “senso” (o purpose) delle attività produttive svolte tra obiettivi dell’organizzazione datoriale e attese delle persone. Ciò significa che sicuramente sono più cercate e riconosciute attrattive quelle realtà che sviluppano ideali sociali ed umani elevati, ad iniziare dal terzo settore e da chi dichiara ed effettivamente agisce per il rispetto della sostenibilità ambientale, delle diversità, delle pari opportunità e della responsabilità sociale così come assicura ai propri collaboratori un benessere lavorativo importante ed uno sviluppo delle competenze individuali progressivo e costante.

Un secondo mismatch, diventato prioritario ed irrinunciabile proprio a seguito degli anni di

pandemia appena trascorsi, e delle cupe atmosfere generate dai venti di guerra che sempre più minacciosi incombono direttamente dopo quasi 80 anni sul mondo occidentale, riguarda la necessità di corrispondenza tra le modalità organizzative del lavoro auspicate e attese e quelle realmente agite dai diversi contesti produttivi pubblici o privati che si vogliono considerare. In sostanza facciamo riferimento alle possibilità di lavoro a distanza, e smart working in genere, ed a formule contrattuali flessibili ricomprendenti part-time verticale o orizzontale, tempo determinato con lavori a progetto impegnativi ma degni di essere affrontati senza timore di burnout. In questo ambito dobbiamo altresì tener presenti le condizioni fisiche dove si svolge l’attività lavorativa, tanto in termini di piacevolezza ambientale quanto di sicurezza ed ergonomia. Insomma condizioni di lavoro altamente soddisfacenti anche in termini di disciplina e rapporti tra le parti sociali. Qui è facile fare riferimento alla evoluzione delle citate teorie di Elton Mayo e Abraham Maslow fino all’intelligenza emotiva di Daniel Goleman.

Il terzo mismatch cui vogliamo dedicare una forte e motivata attenzione riguarda la difficoltà di corrispondenza tra le competenze necessarie alle imprese per sostenere i propri progetti di crescita ed espansione sui mercati, e quelle invece effettivamente reperibili dalle attività di “reclutamento” dirette o indirette in quanto assolutamente insufficienti a corrispondere alle esigenze occupazionali.

Si tratta in maggior parte delle competenze necessarie per affrontare la “rivoluzione digitale” in fase di imprevedibile crescita esponenziale ed a seguire di quelle inerenti le innovazioni

tecnologiche e le attività connesse alla Sostenibilità e, comunque, quelle discipline Stem oggi prioritarie. Vanno aggiunte altresì tutte quelle capacità e conoscenze di management, leadership, finanza ed amministrazione, legal, project management, gestione risorse umane, organizzazione, marketing, responsabilità sociale e molte altre metabolizzate, agite ed espresse nei termini utili ed indispensabili per sostenere la rivoluzione produttiva prepotentemente avviatasi negli ultimi anni e che dovrà guidare l’economia mondiale verso nuovi orizzonti auspicati e sostenibili.

Questo terzo mismatch, particolarmente urgente e sentito, in questo momento evolutivo richiede diverse modalità di approccio sia immediate che più pianificate. Quelle più strutturali e di lungo periodo riguardano sicuramente le nuove attività formative e di orientamento al lavoro che dovranno essere svolte dalle istituzioni educative pubbliche e private tradizionali ad iniziare dalle scuole medie inferiori per proseguire in modo più marcato e pratico nelle superiori e di questo deve occuparsi il sistema politico.

Gli interventi che possono e devono essere immediatamente sviluppabili sono invece quelli capaci di ovviare al gap di competenze richieste attraverso corsi formativi studiati e finalizzati a specifici obiettivi di lavoro e strutturati con grande professionalità e con contenuti molto definiti e direttamente spendibili dai partecipanti, ci riferiamo al modello delle Academy Universitarie o aziendali anche conosciute come Corporate University.

In sostanza, è ormai evidente come sia imprescindibile l’attivazione di un anello di congiunzione virtuoso e funzionale tra i sistemi formativi

Daniel Goleman
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istituzionali tradizionali e i sistemi organizzativi produttivi di beni e servizi oggi fondamentali per le nuove economie locali e globali, artigianali e corporate, capitaliste e no profit.

Questa area deve essere assolutamente agita in modo altamente performante dalle nuove realtà formative sul modello Academy, universitarie o aziendali, che dovrà sempre più configurarsi come un ambito di trasferimento di competenze immediatamente spendibili nei processi lavorativi e sempre immediatamente aggiornate con le innovazioni tecnologiche e organizzative più richieste.

Caratteristica specifica di questi nuovi soggetti formativi deve essere la presenza molto marcata di docenti provenienti dalle professionalità lavorative tanto tecnologiche quanto manageriali capaci di trasferire e generare le competenze oggi necessarie per lo sviluppo economico e sociale delle realtà produttive.

È proprio su questi temi che UMA, UniCamillus Management Academy, vuole sviluppare sia momenti di studio e dibattito sia le proprie attività formative.

ACADEMIC

Conferenza internazionale sull’Aids

A Montréal la 24esima edizione riserva grandi notizie: dalla Paziente di Barcellona, al quarto caso di remissione. Troppi ancora senza accesso alle cure

Ancora

luci e ombre dalla ventiquattresima Conferenza mondiale sull’Aids a Montréal (Canada) dal 29 luglio al 2 agosto scorsi.

Dalla ricerca medica giungono grandi notizie: il caso della “Paziente di barcellona” e quello del 66enne in remissione. Ma anche la grande difficoltà per molti, specie i bambini, di poter accedere alle cure.

Va sottolineato come l’hIV sia una patologia ancora priva di una cura risolutiva: la terapia antiretrovirale impedisce la replicazione del virus al punto da rendere la carica virale impercettibile e, quindi, non trasmissibile, ma non eradica il virus. Attualmente, più di 28 milioni di persone sieropositive possono condurre una vita normale e di qualità grazie all’assunzione giornaliera di una pillola.

LApAzIEnTEDI BARCELLOnA È stata ribattezzata la “paziente di barcellona”, una donna spagnola che, senza assumere farmaci, convive con l’hIV da 15 anni con una carica virale non rilevabile. Il suo caso è stato al centro della 24esima Conferenza internazionale sull’Aids.

Per lo studio di questa paziente, la cui identità o età non è stata rivelata per proteggerne l’anonimato, è stato creato per un team guidato dai medici dell’hospital Clínic de barcelona:

“Questa signora è stata senza farmaci per più di 15 anni, controlla a fondo il virus dell’AIDS e questo ha un aspetto molto importante: abbiamo potuto scoprire qual è il possibile meccanismo che lo permette”, ha annunciato durante una conferenza stampa il Dr. Josep Mallolas, capo dell’Unità hIV-AIDS della clinica.

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LIFE NEWS/NOTE

La paziente di barcellona è un caso unico perché nel suo organismo è come “se stessimo assistendo per la prima volta alla vittoria assoluta del sistema immunitario sul virus”.

I ricercatori sottolineano che la paziente di barcellona ha una cura funzionale, cioè che senza alcun tipo di trattamento controlla la replicazione dell’hIV, ma non è che non esista: quando le sue cellule vengono analizzate, c’è un virus vitale in grado di provocare nuove infezioni.

Della paziente di barcellona si sa poco, oltre al fatto che è una donna e che ha già “una certa età”, secondo la descrizione dei ricercatori, dal momento che ha chiesto di rimanere anonima. È anche noto che gode di ottima salute e che il suo sistema immunitario e i suoi test sono perfettamente normali. Mallolas la descrive come una persona che ha dato “tutto” per la scienza. “Lei è super collaborativa e questo è da apprezzare”, ha elogiato, “perché ci sono tanti volontari nel mondo dell’Hiv che passano inosservati e che sono però quelli che permettono di fare studi come questo”.

QuARTOCAsODIREmIssIOnE

ha convissuto con il virus dell’hIV per oltre 30 anni, dagli anni ’80, e ora sembra essere completamente sparito dal suo organismo. È successo negli Stati Uniti, precisamente in California: l’uomo, che desidera restare anonimo, ha 66 anni e ora non presenta alcuna traccia del virus nel sangue. A essere determinante sarebbe stato il trapianto di midollo osseo a cui è stato sottoposto per curare la leucemia. Il donatore di midollo risulta naturalmente resistente al virus dell’hIV.

Anche questo caso è stato presentato alla Conferenza Internazionale sull’AIDS 2022.

Oggi l’uomo ha smesso di assumere i farmaci per l’hIV e dice di essere “molto grato” per la sua presunta guarigione.

L’uomo è conosciuto come il paziente della «Città della Speranza», dal nome dell’ospedale in cui è stato curato, City of hope National Medical Center di Duarte, in California. Molti dei suoi amici sono morti di hIV nell’era prima che i farmaci antiretrovirali potessero dare alle persone un’aspettativa di vita quasi

CINQUE NOTIzIE

POLITICA

Il sottosegretario alla Salute, Sen. Pierpaolo Sileri, si è recato, lo scorso 19 luglio, in visita all’Università UniCamillus, nella sede di via Tiburtina. Sileri si è intrattenuto in un cordiale colloquio con il Rettore di UniCamillus, Gianni Profita. Al termine del colloquio privato il Rettore ha presentato al Sottosegretario i Direttori dei Corsi di Laurea e numerosi componenti della Comunità accademica di Unicamillus.

ALMALAUREA

Sono stati pubblicati i dati, da positivi a molto positivi, di Almalaureail consorzio interuniversiatrio che, giunto al 28esimo anno di attività, raccoglie 80 Atenei aderenti e pubblica rapporti annuali e tematici sulle Università italiane - sulla soddisfazione degli studenti UniCamillus in Infermieristica, Fiosioterapia, Tecniche di Laboratorio biomedico e Tecniche di Radiologia medica.

TIROCINI

Completate le prime 500 ore di tirocinio degli studenti UniCamillus del primo anno del Corso di Laurea in Tecniche di Laboratorio biomedico. I tirocini sono stati svolti presso l’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma. I tirocinanti di UniCamillus hanno avuto modo di mettere in pratica le principali attività di un tecnico di laboratorio biomedico: conoscenza del rischio chimico biologico, trattamento dei dati sensibili, fase preanalitica, fase analitica e validazione del dato analitico, che rappresentano le core competence del profilo professionale.

SINDROME DI DOWN

Roma sarà candidata ad ospitare, nel 2024, la Conferenza mondiale sulla Sindrome di Down. L’annuncio del sindaco della Capitale, Roberto Gualtieri: “Sono felice di apprendere che la Società Internazionale per la Ricerca sulla Sindrome Down, nella Conferenza appena conclusasi in California, ha approvato a larga maggioranza la candidatura di Roma ad ospitare la prossima edizione della Conferenza Mondiale nel 2024”.

COVID

L’Università di Oxford ha pubblicato su La Psichiatria di Lancet una ricerca da cui emerge che, fra gli esiti del Covid, figurano anche quelli sulla psicologia dei malati. Secondo questo studio, chi è stato contagiato dal Coronavirus può soffrire di alterazioni neurologiche come nebbia cerebrale, demenza, psicosi o epilessia per 24 mesi dopo il contagio del Covid. Lo studio si basa su circa 1,3 milioni di pazienti Covid, la maggior parte degli Stati Uniti, ma anche, tra gli altri, da Spagna, Australia, Bulgaria e Malesia.

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ACADEMIC LIFE

normale. Il virus danneggia il sistema immunitario del corpo e questo può portare all’AIDS. In una dichiarazione, l’uomo ha detto: “Quando mi è stato diagnosticato l’HIV nel 1988, come molti altri, ho pensato che fosse una condanna a morte. Non avrei mai pensato che sarei vissuto abbastanza per vedere il giorno in cui non avrei più avuto l’HIV”.

NEWS/NOTE

Il trapianto si è reso necessario non per l’hIV, ma perché ha sviluppato la leucemia all’età di 63 anni. I medici dell’uomo hanno deciso che aveva bisogno di un trapianto di midollo osseo per sostituire le cellule cancerose. Per coincidenza, il donatore era resistente all’hIV. Il virus entra nei globuli bianchi del nostro corpo utilizzando

Il primo caso simile è stato registrato nel 2011, quando Timothy Ray brown, noto come il paziente di berlino, è diventato la prima persona al mondo a essere curata dall’hIV. Dopo ci sono stati tre casi simili, tutti registrati negli ultimi tre anni. Il paziente di City of hope è quello più anziano dei «4 guariti» ad essere trattato in questo modo ed è anche quello che ha convissuto con il virus per più tempo.

Tuttavia, i trapianti di midollo osseo non rivoluzioneranno il trattamento dell’hIV. Non certamente per tutte le 38 milioni di persone nel mondo attualmente infette.

“È una procedura complessa con potenziali effetti collaterali significativi. Quindi, non è davvero un’opzione adatta per la maggior parte delle

una porta microscopica, una proteina chiamata CCR5. Tuttavia, alcune persone, incluso il donatore, hanno mutazioni CCR5 che bloccano questa porta e tengono fuori il virus.

Il paziente della «Città della Speranza» è stato attentamente monitorato dopo il trapianto e alla fine i livelli di hIV sono diventati “non rilevabili” nel suo organismo. Ora è in remissione da più di 17 mesi. “Siamo stati entusiasti di fargli sapere che il suo HIV è in remissione e che non ha più bisogno di prendere la terapia antiretrovirale che aveva seguito per oltre 30 anni”, ha affermato Jana Dickter, medico specializzato in malattie infettive presso il City of hope National Medical Center.

persone che vivono con l’HIV”, ha detto Dickter. Tuttavia, i ricercatori stanno cercando modi per prendere di mira CCR5 utilizzando la terapia genica come potenziale trattamento. “Una cura rimane il Santo Graal della ricerca”, commenta Sharon Lewin, presidente eletta dell’International Aids Society.

LEnOTIzIEnEgATIvE

Solo la metà (52%) dei bambini che nel mondo vivono con l’hiv riceve cure salvavita, rispetto al 76% degli adulti.

Sono i dati resi noti nel corso dell’ultima giornata della Conferenza internazionale sull’AIDS a Montreal, in Canada.

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“Nessun bambino dovrebbe nascere o crescere con l’Hiv e nessun bambino sieropositivo dovrebbe non essere curato”, ha affermato il direttore generale dell’Oms, Tedros.

“Il fatto che solo la metà dei bambini sieropositivi riceva antiretrovirali è un oltraggio e una macchia sulla nostra coscienza collettiva” ha aggiunto. E dunque per affrontare una delle più gravi disparità nella lotta contro l’hiv, tre agenzie delle Nazioni Unite (Unaids, Unicef e Oms) hanno istituito un’Alleanza globale per porre fine all’AIDS infantile entro il 2030. L’obiettivo è prevenire nuove infezioni tra i neonati e che nessun bambino che conviva con l’hiv sia privato delle cure.

“L’ampio divario nella copertura del trattamento tra bambini e adulti è scandaloso”, ha affermato winnie byanyima, direttore esecutivo dell’UNAIDS. “Attraverso l’Alleanza, trasformeremo questo oltraggio in azione. Riunendo farmaci nuovi e migliori, un nuovo impegno politico e un determinato attivismo comunitario, possiamo essere la generazione che porrà fine all’AIDS infantile. Possiamo vincere questa battaglia, ma possiamo vincere solo insieme” ha aggiunto.

nuOvELInEEguIDApERLA pREp

In un momento di stallo nella lotta contro l’Aids, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha lanciato nuove linee guida su farmaci pre esposizione, la cosidddetta PrEP, sottolineando come la nuova profilassi a lunga durata di azione,

somministrabile una volta ogni due mesi invece che quotidianamente, sia da considerare una “opzione di prevenzione sicura e altamente efficace per le persone a sostanziale rischio di infezione da Hiv”.

Pubblicate in occasione della 24/ma Conferenza internazionale sull’Aids di Montréal, le linee guida, spiega l’Oms, arrivano “in un momento critico, poiché gli sforzi di prevenzione si sono bloccati con 1,5 milioni di nuove infezioni da Hiv nel 2021, lo stesso del 2020, e 4mila nuove infezioni ogni giorno nel 2021”. La profilassi pre-esposizione (PrEP) è un trattamento farmacologico che viene fatto prima di una possibile esposizione all’hiv, ed è consigliato a persone che hanno un rischio particolarmente alto di contrarre il virus.

Obiettivo dell’Oms è favorire l’introduzione di cabotegravir a lunga durata d’azione (CAb-LA) come parte di un approccio globale alla prevenzione. Si tratta di una forma iniettabile intramuscolare di PrEP, con le prime 2 iniezioni somministrate a distanza di 4 settimane, seguite da una ogni 8 settimane. CAb-LA “ha dimostrato di essere sicuro e altamente efficace in 2 studi randomizzati controllati, che mostrano come abbia comportato una riduzione del 79% del rischio di Hiv rispetto alla PrEP orale”. Per quest’ultima, infatti, “l’aderenza alla terapia quotidiana di farmaci era spesso una sfida”.

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Direttore Responsabile: Gianni Profita

Redazione a cura di: Fernando M. Magliaro, Gianandrea Sapio, Claudia Romano, Sara Veltri, Ginevra Guidoni, Francesca Temperini

Immagini: Alberto Luca Recchi, Fernando M. Magliaro, Vittorio Testa, Ansa Foto

UniCamillus: Cynthia Achonu, Federica Alota, Claudia Bevini, Cristian Biondi, Simone Micarelli, Manuel Ventre

Stampa: Tipografia Miligraf Srl Chiuso in redazione: settembre 2022 Copia Gratuita www.unicamillus.org

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