Giornalino n.57 - Il Cerchio

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Natale Insieme 2021

Numero 57 primavera 2022
Rivista dell’Istituto dei Padri Trinitari di Medea
Padre Rocco Ministro Provinciale

Il Cerchio - Rivista dell’Istituto dei Padri Trinitari di Medea Numero 57 primavera 2022

Redazione: Padre Rocco Cosi, Alessio Pettarin, Marina Zonch Grafica e impaginazione: Alessio Pettarin Stampa: Poligrafiche S. Marco - Cormons

Sommario

Ora non abbiamo più scelta

È passato più di un anno dall’uscita del “Cerchio” precedente. Era un numero molto speciale, dove si parlava del difficile periodo vissuto, alle prese con il covid e tutte le misure messe in atto per affrontare questa grave emergenza. Dopo molti mesi, la situazione è decisamente migliorata, grazie anche ai vaccini. Le feste di Natale sono state un periodo sereno, pur tra mille restrizioni. I nostri “ragazzi” le hanno vissute, tra momenti di gioia e allegria, come una luce di rinascita per il futuro. Poi è arrivata un’altra “ondata”, ma la sintomatologia è stata più leggera e, soprattutto, non è stata accompagnata dalle paure e dalle ansie della prima volta. È doveroso ringraziare gli operatori e tutto il personale, che hanno risposto sempre all’emergenza con professionalità, impegno e serietà.

Un evento molto importante, nel 2021, è stato l’elezione di Padre Rocco a Ministro Provinciale dell’Ordine Trinitario. Il nostro Rettore, con la sua nota discrezione, non ha voluto dare risalto alla cosa. Ma la redazione del giornale è riuscita a strappare un’intervista a Padre Rocco, un po’... contro la sua volontà! E di questo noi lo ringraziamo di cuore. Per l’occasione, è sembrato opportuno dedicare uno spazio alla storia dei Padri Trinitari. Tutti noi conosciamo l’Ordine della Santissima Trinità e degli Schiavi come il nostro “datore di lavoro”. Forse pochi sanno che i Padri trinitari hanno una lunga e gloriosa storia, colma di fede, coraggio e sacrificio. L’Ordine infatti, è nato il 17 dicembre 1198 ed è sempre stato impegnato in difficili compiti di dialogo e mediazione culturale. Questo compito, questa missione così delicata, è, ai nostri giorni, ancora indispensabile e, purtroppo, tragicamente attuale... un’altra emergenza è piombata sulle nostre vite. Terribile, inaspettata. Guerra.

Una parola, solo una parola. Ma basta per atterrire, sgomentare, terrorizzare. Sembra un incubo.

Eppure è vero.

Nessuno pensava di vedere ciò che vediamo in questi giorni. Pensavamo che non potesse più succedere. Invece è successo. Certo, la guerra dipende da decisioni umane, non è inevitabile, non è il destino. Non è un virus. Eravamo convinti di aver combattuto una guerra contro il covid; eravamo convinti di averla quasi vinta. Abbiamo creduto che saremmo tornati alla “normalità”. Invece... qualcuno ha deciso che non doveva essere così.

La distruzione, la morte. Il popolo ucraino che lotta contro un’invasione assurda, violenta fino all’estremo, inconcepibile. Un popolo che difende i propri bambini, facendoli fuggire dall’orrore. E noi, attoniti, increduli, che dobbiamo fare l’unica cosa giusta: non cedere all’orrore. Accogliere. Dare aiuto. E fermare le armi, con ogni mezzo. Non è il momento delle analisi, non è il momento delle rifessioni. Queste dovevano avvenire prima. Chi sapeva doveva parlare, prima. E tutti noi dovevamo ascoltare, prima. Non vivere nell’illusione che “non ci riguarda”. Invece ci riguarda, eccome. Riguarda tutti. La pace è un lavoro. La pace è un lavoro difficile, duro, doloroso. Il dialogo ha le sue regole. E i suoi costi. Lo sanno bene i Padri Trinitari. Lo sanno da 824 anni. L’insegnamento di S. Giovanni de Matha è giunto intatto fino a noi, le sue parole risuonano oggi nelle nostre vite. Eravamo sordi, prima. Ora non abbiamo più scelta. Dobbiamo ascoltare.

Padre Rocco è il nuovo Ministro Provinciale

Dal 27 giugno al 2 luglio 2021 si è svolto nella Casa Trinitaria di via Fontanelle al Trivio a Napoli il Capitolo Provinciale Ordinario della

Provincia San Giovanni de Matha dell’Ordine della Santissima Trinità e degli Schiavi. Nel capitolo è stato eletto il nuovo Consiglio Provinciale. Padre Rocco Cosi è stato nominato Ministro Provinciale. Il consiglio è ora così composto: Padre Rocco Cosi (Italia) Ministro Provinciale; Padre Célestin Guy Simplice Mbakha (Congo) Vicario Provinciale; Padre Matteo Santamaria (Italia) Segretario Provinciale; i Padri Maciej Kowalski (Polonia), Xuan Lang Lai (Vietnam), Francesco Prontera (Italia)

Consiglieri Provinciali. L’Istituto dei Padri Trinitari di Medea ha accolto la notizia con gioia, ma anche con un briciolo di tristezza, perché ora gli impegni tengono il nostro Rettore spesso lontano dall’Istituto. Abbiamo voluto chiedere direttamente a lui cosa pensa di questo nuovo importante incarico e qualche parola sulla sua esperienza “medeense”.

Buongiorno Padre Rocco. Come prima cosa desidero rivolgerle (anche a nome dell’intero istituto) le più sincere congratulazioni per l’importante ruolo al quale è stato eletto. Come ha vissuto questo momento?

È stato un evento inatteso. L’elezione mi ha colto di sorpresa, non pensavo che in questo momento della mia vita sarei stato chiamato ad assumere questo ruolo così importante. Certo, mi ha fatto piacere, soprattutto per la fiducia che i Padri Capitolari hanno dimostrato nei miei confronti. Ma, allo stesso tempo, è sorto in me il timore, per certi versi fisiologico, di non essere all’altezza di questa responsabilità. Poi però ho riflettuto che bisogna essere sempre pronti ad accogliere la volontà di Dio, che si è manifestata, in quest’occasione, attraverso i confratelli. Le paure della prima ora sono svanite e mi sono immerso nel nuovo incarico senza esitazioni e con tutte le mie forze.

Proprio riguardo a questo, quale impronta vuole dare al suo mandato? Quale sarà il suo, chiamiamolo così, “stile di guida”?

Come ho già detto in altre occasioni, ci sono tre atteggiamenti che vorrei indicare come guida, non solo per me, ma per tutto il consiglio. Si possono sintetizzare con tre parole: preghiera, ascolto e coraggio. Preghiera, per accogliere la volontà di Dio e per chiedere allo Spirito Santo di guidare le nostre decisioni; ascolto, per mantenere la “rotta” sui bisogni e le difficoltà reali delle persone, per vivere pienamente la fraternità religiosa e progettare insieme; coraggio, per compiere scelte audaci, importanti e innovative; ma, soprattutto, per guardare sempre al domani con speranza, entusiasmo e fede.

Quali saranno gli impegni prioritari per questo triennio?

Gli impegni sono quelli già emersi nel Capitolo Generale dell’Ordine, che si è tenuto a Roma dal 9 al 23 giugno 2019. Il tema era la pastorale giovanile e vocazionale. In quell’occasione, per la prima volta si erano riuniti non solo i

religiosi, ma anche altri membri della famiglia trinitaria: religiose e laici. È emersa una grande varietà di culture e modi di vivere la fede. Questa è una ricchezza per l’Ordine. Riguardo ai giovani, Papa Francesco, nel suo discorso al Capitolo, ha sottolineato l’importanza di comunicare con i giovani, con un atteggiamento di vicinanza e accompagnamento. Aprire ai giovani, ascoltarli, dialogare con loro. Andare incontro a chi si è allontanato e accoglierlo. Il nuovo consiglio provinciale esprime proprio questi aspetti: è multiculturale e giovane. Tutto questo implica un’altra priorità: la vita comunitaria. Il Ministro Generale, Padre Gino Buccarello, nel discorso per la Solennità della Santissima Trinità, ha affermato che la vita comunitaria è un punto imprescindibile nella vita consacrata. Tutti avvertiamo, specialmente in questi anni di pandemia, la mancanza dello stare insieme. C’è una profonda nostalgia del “noi”, che deve trasformarsi in impegno per costruire nuova condivisione, solidarietà e accoglienza. La comunione fraterna deve essere alla base di ogni nostra iniziativa, di ogni progetto e decisione. La nostra

da destra: P. Francesco prontera, P. Rocco Cosi, il Ministro Generale P. Luigi Buccarello, P. Célestin Guy Simplice Mbaka, P. Maciej Kowalski, P. Xuan Lang Lai

prima missione è la comunione, inteso come “laboratorio di ascolto, di comprensione, di aiuto reciproco, dove ogni giorno impariamo a portare i pesi gli uni degli altri”. Infine, è importante mantenere sempre la capacità di sognare e profetizzare. La nostra missione è spezzare tutte le catene, anche quelle della paura, dell’egoismo e della rassegnazione, attraverso il dialogo e l’esempio.

Spezzare le catene... un tema molto legato a questo è quello della libertà religiosa, e soprattutto la sua negazione, con il fenomeno della persecuzione religiosa. Quale è il suo pensiero su questi argomenti così antichi, ma ancora drammaticamente attuali?

Questo è un tema di fondamentale importanza per l’Ordine Trinitario. Più che il mio pensiero, vorrei ricordare, a questo proposito, che il 18 febbraio 2021 è stata inaugurata, presso la Pontificia Università San Tommaso D’Aquino (Angelicum), a Roma, la “Cattedra San Giovanni de Matha” sulla Libertà Religiosa. È un evento storico per l’ordine, il riconoscimento dell’impegno plurisecolare dei Padri Trinitari nel dialogo interculturale.

Sempre in riferimento a questo tema, nel 1999 venne fondato il SIT (Solidarietà Internazionale Trinitaria), organismo che s’impegna nella liberazione di coloro che sono perseguitati per la loro religione. L’anno scorso, dal 17 al 24 ottobre, il SIT ha organizzato una settimana di preghiera per ricordare il dramma dei cristiani perseguitati. La settimana si è tenuta a Gagliano del Capo e ha coinvolto 25 paesi. Padre Pasquale Pizzuti ha portato ai fedeli l’immagine di Gesù Nazareno, simbolo dei cristiani perseguitati. La devozione a Gesù Nazareno è nata nel ‘600 e merita una piccola digressione. Una statua di Cristo, chiamata successivamente “Gesù di Medinaceli”, fu trovata in Marocco da Padre Pedro di Los Angeles, dei Trinitari Scalzi. Era parte di una chiesa distrutta e si dice fosse stata gettata in un letamaio.

Egli ne chiese il riscatto, che, secondo la tradizione, ebbe luogo il 28 gennaio 1682. Dopo un viaggio avventuroso arrivò in Spagna tra solenni festeggiamenti e con la fama di statua miracolosa. Attualmente si trova a Madrid. Il Gesù Nazareno di Medinaceli è detto “il Redentore redento” e la sua devozione è legata alle persecuzioni che i cristiani subiscono ancora oggi in molti paesi.

Una storia veramente interessante... come tutta la storia dei Padri Trinitari, del resto. Il 10 ottobre 2021 Papa Francesco ha aperto il grande “Sinodo della Chiesa di Dio”, che durerà due anni e conterà tre fasi. Il progetto è riassunto nel motto: “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”. Sembra proprio fatto per i Padri Trinitari... Sì, è vero, ed è un’ulteriore dimostrazione di quanto l’operato S. Giovanni de Matha sia stato profetico e anticipatore di problematiche estremamente attuali. Voglio ancora ricordare le parole del nostro Ministro Generale, Padre Buccarello. Egli afferma che La sinodalità, per noi Trinitari, è una caratteristica innata della nostra spiritualità. Non è una scoperta dell’ultima ora, ma fa parte della nostra storia. Il nostro fondatore, infatti, fu un grande innovatore della vita religiosa, non solo per la sua apertura ai bisogni dei poveri e alla liberazione degli schiavi pro fide Christi, ma anche per lo stile di fraternità e comunione che animò la sua opera, ispirata dallo Spirito Santo. Il carisma trinitario è un dono di Dio, offerto ai religiosi ma anche ai laici, per il bene della Chiesa e di tutta l’umanità. Queste parole chiariscono bene l’importanza che ha il Sinodo per i Padri Trinitari, ma anche quanto è importante, per il Sinodo, l’opera e l’esempio di S. Giovanni de Matha.

Il suo impegno come Ministro Provinciale la porterà inevitabilmente ad assentarsi spesso da Medea. Perciò vorrei concludere chieden-

dole un pensiero sul suo lavoro degli ultimi anni, che ha visto a Medea l’apertura dell’importante realtà del Centro per L’Autismo, intitolato proprio a S. Giovanni de Matha.

Abbiamo fatto un bel percorso insieme in questi sei anni. Insieme abbiamo vissuto momenti importanti ed intensi, che ci hanno visti tutti protagonisti nella vita dell’intero centro. Mi riferisco ai momenti “istituzionali”, come l’apertura del Centro Residenziale per l’Autismo e la sua inaugurazione, nella giornata per noi storica del 13 giugno 2017; alle visite di importanti personalità, come l’ex presidente del consiglio Matteo Renzi, la presidente della regione, Debora Serracchiani, l’assessore regionale alla salute, integrazione socio-sanitaria politiche sociali e famiglia, dottoressa Maria Sandra Telesca, il dottor Riccardo Riccardi, attuale vice presidente della regione Friuli Venezia Giulia. A ognuno va la nostra gratitudine. Ma mi riferisco anche, e direi soprattutto, agli altri innumerevoli momenti belli, come le feste conviviali, gli incontri e le collaborazioni con le realtà locali. Non è possibile qui citare ognuno di questi momenti. Però di certo sono tutti presenti nella nostra memoria e nel nostro cuore, perché tutti hanno contribuito a costruire un po’ di questa straordinaria realtà che è l’Istituto di Medea.

Colgo l’occasione che qui mi viene offerta per ringraziare innanzitutto Dio Trinità, per avermi fatto vivere questa bellissima esperienza con tutti voi, a contatto con la semplicità e la tenerezza dei nostri ragazzi, con l’amore e la dedizione dei collaboratori, con la Provincia e l’Ordine, le istituzioni e le associazioni. Come già detto, non è possibile qui citare tutti, ma desidero ringraziare il personale dell’istituto, per l’impegno e la professionalità. Vorrei ricordare l’amministrazione comunale di Medea, il Sindaco Igor Godeas e il parroco di Medea don Federico Basso per la costante vicinanza e l’affetto che ci hanno dimostrato. Ringrazio le forze dell’ordine, in particolare i carabinieri

del comando stazione di Mariano del Friuli, e l’Azienda Sanitaria Isontina, per il fondamentale supporto dato in questi anni così difficili. Ringrazio inoltre le cooperative sociali FAI e “Il Grande Carro”. Tra le associazioni, ricordo con piacere i clown dell’associazione “Vip ViviamoInPositivo FriulClaun” e il “Gruppo Costumi Tradizionali Bisiachi” di Turriaco. Un particolare ringraziamento va al Lions Club di Gradisca – Cormons, per tutti gli anni di presenza costante nei confronti dei nostri ospiti. Infine, proprio a loro, ai nostri cari ospiti, rivolgo il mio ultimo pensiero: non vi lascio, ma vi accompagno in maniera diversa, assicurandovi sempre la mia presenza, la mia attenzione e una parte del mio tempo e delle mie energie.

Le sue parole ci confortano e ci rassicurano. La ringrazio per l’impegno, la passione e l’amore che ha dedicato all’Istituto di Medea. A nome di tutti gli ospiti, Grazie Padre Rocco!

Qui sopra: Gesù di Medinaceli. Madrid, Basilica Jesus de Medinaceli. La statua, alta 173 cm, è un “Ecce Homo” e rappresenta Gesù durante la Passione, davanti alla folla, flagellato e coronato di spine. La chiesa sorge sul convento trinitario di Nuestra Señora de la Encarnación, dove, nel 1689, fu eretta una cappella dal Duca di Medinaceli. Successivamente abbattuto, venne poi costruita l’attuale basilica. Fu solennemente consacrata il 21 novembre 1930 ed eretta a parrocchia il 26 gennaio 1966.

Beati i Prigionieri, perché saranno liberati

I Padri Trinitari: storia di un cammino lungo 800 anni

La storia dei Padri Trinitari inizia ufficialmente nel 1198, quindi ben 824 anni fa. È chiaramente impossibile, in questo contesto, raccontarne in modo esauriente la storia. L’Ordine Trinitario è nato per svolgere un compito molto difficile e delicato. Un compito che è ancora drammaticamente attuale. Di questo vorrei parlare nell’articolo. Premetto però che questo scritto non può (e non vuole) essere completo e approfodito. Non ha la pretesa di essere un saggio storico. E non ha nemmeno l’obiettivo di rappresentare lo “stato dell’arte” degli studi e del pensiero su questo argomento. È solo un racconto. È una narrazione semplificata, basata sì su dati il più possibile precisi e reali, ma inevitabilmente soggetta a scelte e tagli compiuti dall’autore. Ne risulta quindi il punto di vista soggettivo di chi scrive, frutto di una ricerca altrettanto soggettiva e inevitabilmente parziale. Mi scuso perciò anticipatamente per eventuali (sicuramente possibili) errori o imprecisioni e gradirò molto la loro segnalazione. Grazie e buona lettura.

L’Ordine della Santissima Trinità e degli Schiavi (Ordo Sanctae Trinitatis et captivorum) è nato il 17 dicembre 1198, grazie all’opera di S. Giovanni de Matha. O meglio, questa è la data di nascita “ufficiale”, perché quel giorno il Papa riconobbe l’Ordine. In realtà l’origine vera risale a qualche anno prima, probabilmente nel 1193. Ma procediamo dall’inizio. Giovanni de Matha nacque il 23 giugno 1154, in Francia, in un villaggio di montagna di nome Faucon de Barcelonnette, che attualmente si trova nel dipartimento delle Alpi dell’Alta Provenza. In realtà sui suoi primi anni di vita non ci sono date certe. Wikiipedia, come molti altri testi, riporta l’anno di nascita 1154; ma altre autorevoli fonti, come l’Enciclopedia Treccani o l’Enciclopedia Britannica, parlano del 1160. Il padre era Eufemio, appartenente a una nobile famiglia catalana; la madre, Marta, nata Visconti Fenouillet, proveniva da una delle più importanti famiglie della Linguadoca. Inizialmente fu educato a Faucon, poi ad Aix-enProvence, dove imparò le discipline che competono a un giovane nobile: grammatica,

equitazione e uso delle armi. Egli capì presto che quel tipo di vita non era per lui, sentendosi più portato alla meditazione. Così, ritornato a casa, provò a fare l’eremita. Durò poco e continuò la sua formazione a Parigi. Qui studiò teologia alla scuola che poi sarebbe diventata l’università della Sorbona. L’università di Parigi si formò da tre scuole allora famose: la scuola di Notre-Dame, quella dell’abbazia di Sainte Genevieve e la Scuola di Saint-Victor.

Giovanni studiò alla scuola di Notre-Dame, che al tempo era una corporazione di studenti e insegnanti, annessa alla famosa cattedrale, da poco costruita: la prima pietra venne infatti posata nel 1163, grazie all’iniziativa del vescovo Maurice de Sully. La struttura principale di Notre-Dame fu consacrata il 19 maggio 1182. È noto che Lotario dei Conti di Segni, Futuro papa Innocenzo III, completò qui i suoi studi, proprio nel 1182. Giovanni successivamente si avvicinò alla scuola di Saint-Victor, che sentiva più vicina alla sua sensibilità. Qui infatti aveva insegnato Riccardo di S. Vittore, teologo, allievo di Ugo di S. Vittore. La sua opera più importante è il De Trinitate, nella quale affronta il mistero della Trinità. Ottenne l’attestato di “Magister Doctor Theologus” attorno al 1190, e insegnò poi teologia. Aveva intanto maturato una forte vocazione religiosa e divenne sacerdote. Durante la sua prima Messa, il 28 gennaio 1193, alla presenza del Vescovo Maurice de Sully e l’Abate di Saint-Victor, ebbe una visione. Questo fatto si trova in una narrazione anonima del sec. XIII: “vidit maiestatem Dei”. La tradizione agiografica narra che quando sollevò l’Ostia verso l’alto, vide Cristo in maestà con una croce blu e rossa, che teneva per le mani due schiavi incatenati, uno bianco e l’altro nero. Gesù gli disse di liberare le persone incatenate per la loro fede. Ebbe chiaro allora quale sarebbe stata la sua missione di sacerdote: liberare i prigionieri cristiani in Africa. Il problema era allora molto sentito e lo è stato per secoli. Il Mediterraneo, il mare tra le terre,

Elaborazione digitale di Notre-Dame nel medioevo. Immagine di Guillaume Rabaud ed Eric Zingraff (GrEz)
Raffaello Vanni: Trinità adorata da San Giovanni di Matha e San Felice di Valois. Sec XVII. Fabriano, chiesa di san Benedetto, Cappella della Santissima Trinità.

è attraversato da intensi traffici e da moltissime persone; è rotta di migrazioni e teatro di terribili tragedie, come purtroppo vediamo quasi quotidianamente. Il mare separa e unisce diverse civiltà. La civiltà islamica iniziò a espandersi nel VII secolo, portando alla formazione di un impero, guidato da varie dinastie, prima arabe, poi turche. Negli assalti in mare e nelle scorrerie a terra, gli arabi e i turchi catturavano europei e andavano a venderli sui mercati nordafricani. Questa pratica era molto comune ed aveva finalità anche economiche. I prigionieri infatti potevano essere riscattati con somme di denaro oppure con lo scambio di prigionieri, poiché esisteva ovviamente il fenomeno opposto, cioè musulmani catturati e resi schiavi in Europa. Il prigioniero veniva chiamato “captivo” (dal latino captivus = prigioniero). Nella cultura islamica si distingueva tra asir e abd. Asir è il captivus, il pri-

gioniero, colui che è stato rapito, incarcerato e non ancora asservito. Abd, invece, implica sottomissione, ubbidienza: è colui che accetta la condizione di servo e fa propri la cultura, la lingua, la fede del padrone. Abd è usato anche nell’accezione di “devoto”, “servo di Dio”. I confini tra i due termini non sono netti, ma i Trinitari si impegnarono principalmente nella liberazione “captivorum, qui sunt incarcerati pro fide Christi”, coloro che rimanevano cristiani e in carcere, escludendo coloro che avevano abiurato o che erano liberi o servi. La liberazione era chiamata “redenzione” (redemptio captivorum). Diverse associazioni, anche laiche, si occuparono di questo nel corso dei secoli. Proprio un laico, un mercante di nome Pietro Nolasco, fondò in Spagna, a Barcellona, il 10 agosto 1218, un altro ordine religioso per la liberazione degli schiavi: l’Ordine di S. Maria della Mercede (Mercedari). Trinitari e Mercedari furono, e sono tuttora, i due ordini religiosi storicamente impegnati nella delicata missione di liberare gli schiavi dalle catene (vere o metaforiche).

Torniamo a Giovanni de Matha. Dopo la visione, si ritirò per meditare a Cerfroid, una località boscosa vicino a Brumetz, a circa 80 chilometri da Parigi. Qui c’era un eremo, fondato da Felice di Valois, dove questi viveva con altri tre compagni. Il nome latino della località, che tuttora compare sulla porta della foresteria, è Cervi Frigidi, traducibile in “Cervofreddo”, perché, secondo una leggenda, qui, ai piedi di un colle, c’era una sorgente dove un cervo bianco veniva ad abbeverarsi e refrigerarsi. Si narra che un giorno il cervo apparve ai frati con una croce rossa e blu tra le corna. Giovanni si ricordò della visione avuta durante la prima Messa, e capì che era il momento di rivelarla ai suoi compagni. Così, insieme decisero di fondare un nuovo ordine religioso, devoto alla Santissima Trinità e dedito alla liberazione dei prigionieri: Ordo Sanctae Trinitatis et redemptionis captivorum. Non si sa per quan-

Juan Carreno de Miranda: La visione di Giovanni de Matha.1666. Parigi, Louvre.

to tempo Giovanni de Matha sia rimasto a Cerfroid. Si può ipotizzare che vi abbia vissuto per 4 o 5 anni. Era rimasto sempre in rapporto con Parigi, facendo conoscere la sua comunità, ormai costituita come domus. A Cerfroid si delineò e prese forma una condotta di vita che diventerà in seguito la sua Regola, approvata nel 1198. Essa si trova tuttora trascritta negli archivi vaticani, i quali iniziarono l’attività di raccolta e catalogazione dei documenti proprio a partire dall’anno 1198. Un fatto provvidenziale, che ha permesso il ritrovamento della Regola originale.

La comunità avviò nuove fondazioni. Tra i primi beni (secondo la lettera pontificia Cum a nobis petitur) c’era la domus di Cerfroid, concessa dalla contessa Margherita di Borgogna; un terreno e una chiesa a Planels, toponimo di difficile individuazione, donati dal nobile Roberto di Planels; una domus a Bourg-la-Reine in diocesi di Parigi. I “Chronicon” e gli “Annales” del XIII secolo danno varie datazioni all’inizio dell’Ordine, ma, tradizionalmente, viene assunta la data della visione, nel 1193, come appare anche sui cartelli stradali a Cerfroid. Gli “Annales Novesienses” ricordano inoltre lo scopo di “contatto disarmato e umanitario con il mondo islamico”. Bisogna sottolineare bene questa finalità: per i suoi tempi (e non solo), era un’idea rivoluzionaria. Era l’epoca delle crociate. I contatti con l’Islam erano soprattutto di carattere militare e

Sopra, alcune immagini della “Domus” di Cerfroid. Dall’alto: un cartello stradale che definisce Cerfroid la “culla” dell’Ordine. La data 1193 si riferisce alla sua fondazione, mentre l’approvazione papale avvenne nel 1198; di seguito ingresso del convento e resti della chiesa.

Sotto, da destra: plastico del convento antico; la Fonte della Trinità o Fonte dell’Apparizione. Qui, secondo la tradizione, Giovanni De Matha vide un cervo bianco con una croce rossa e blu tra le corna.

commerciale (le due cose non sono in contraddizione, anzi vanno di pari passo). Giovanni voleva invece stabilire relazioni basate sul dialogo, armato solo della Fede e, naturalmente, della capacità di contrattazione e negoziazione. Per perseguire una modalità d’approccio così “diversa”, egli capì subito che era necessaria l’approvazione del Papa. Era appena salito al soglio pontificio Innocenzo III (8 gennaio 1198), che aveva studiato a Parigi e probabilmente lì si erano conosciuti. Nel 1198 Giovanni fece due viaggi a Roma, testimoniati da due lettere di Innocenzo III, datate maggio e dicembre 1198. In particolare nella prima, la già citata Cum a nobis petitur , del 16 maggio 1198, il Papa dava la sua protezione a tre fondazioni trinitarie e parlava di uno stile di vita già praticato nelle case: usa, infatti, la definizione di “ordo” (ordine). Questo primo documento, contenuto nel registro del primo anno di pontificato di Innocenzo III, è una littera gratiae, ovvero una lettera con la quale il pontefice, su richiesta (petitio) del soggetto interessato, concedeva una grazia, cioè un favore o un diritto. Era

indirizzata a “frate Giovanni e agli altri frati della casa della S. Trinità di Cerfroid”. Si tratta, dunque, di una lettera ad Personam, non qualificata con un titolo istituzionale. Questo fa pensare a una certa prudenza del Papa; ma le formule utilizzate nella lettera dicono che l’esperienza religiosa di cui iniziava l’iter di riconoscimento era ben vista in curia, perché funzionale a un bisogno urgente: la liberazione dei captivi cristiani in mano ai musulmani. Il Papa chiese una più attenta valutazione del progetto, con l’esame di una commissione. In questo modo, affermava, avrebbe poi potuto concedere il proprio assenso con più sicurezza e con più efficacia: “assensum nostrum tibi possemus securius et efficatius impertiri”. La commissione doveva essere composta dal vescovo di Parigi, Eudes de Sully e dall’abate di S. Vittore, Bernardo, che però morì fra il 26 e il 27 maggio 1198; perciò il compito fu demandato al suo successore, Absalon. Giovanni andò quindi a Parigi e tornò a Roma in autunno, portando i risultati della commissione. Il Papa fece un’ulteriore revisione, cercando di conservare la novità dell’intuizione del frate provenzale. Questo controllo era sicuramente importante, perché il tema della cattività e della liberazione - come ha evidenziato lo storico trinitario Giulio Cipollone - aveva per Innocenzo III un profondo significato teologico. Bisogna aggiungere che questo pontefice fu il primo ad accogliere i nuovi ordini “mendicanti”, che a quel tempo si stavano formando, a patto però che fossero rigorosamente sottomessi al potere papale (egli infatti fu anche spietato con gli eretici: è tristemente nota la crociata contro gli albigesi). Poi, il 25 novembre 1198, mentre celebrava la messa nella Basilica di S. Giovanni in Laterano, il Papa ebbe una visione identica a quella di Giovanni de Matha. Si convinse allora che era giusto accogliere il nuovo ordine. O almeno, così si racconta... fatto sta che, finalmente, il 17 dicembre 1198, Egli diede la propria approva-

Papa Innocenzo III. Subiaco, Monastero di San Benedetto, noto anche come Sacro Speco, chiesa inferiore.

zione, con la lettera Operante divine dispositionis. Tecnicamente, anche questa era una lettera personale, non una bolla ufficiale. Però conteneva il riconoscimento scritto della Regola da parte della curia. Ciò sanciva di fatto l’inizio di un nuovo ordine e conferiva validità giuridica a una situazione esistente, che - dice la lettera - deve essere assecondata, perché è nata con spirito di carità, è richiesta da Gesù Cristo e antepone il bene comune all’interesse privato: Operante divine dispositionis clementia in sedis apostolice specula constituti, piis debemus affectibus suffragari et eos, cum a caritatis radice procedunt, perducere ad effectum; presertim ubi, quod queritur, Jesu Christi est, et private communis utilitas antefertur. L’ordine ebbe come motto: Gloria tibi, Trinitas, et captivis libertas (Gloria a Te Trinità e ai prigionieri libertà), ponendosi sotto la protezione della Vergine del Rimedio, che si festeggia l’8 ottobre e la cui devozione si diffuse proprio grazie ai Trinitari. L’iconografia classica, infatti, la ritrae con la croce trinitaria e i sacchetti pieni di monete da destinare ai riscatti. A volte appare S. Giovanni de Matha, con una borsa di denaro e una nave sullo sfondo, simbolo dei viaggi di redenzione. Giovanni fu nominato Superiore e con Felice si attivarono per la sua diffusione. Le linee essenziali della Regola erano tre: la devozione alla Trinità; uno stile di vita religiosa rigoroso ; l’impegno per la redemptio captivorum e le opere di misericordia. I frati dovevano indossare un abito bianco con una croce rossa e azzurra che richiama al mistero trinitario. Il voto di povertà implicava l’obbligo di destinare un terzo dei beni alla redenzione e alle strutture di ospitalità. Venne inoltre fissata la dieta, con l’astensione da carne, pesce e vino (salvo nelle solennità). Per i viaggi era permesso solo l’utilizzo di asini, da qui l’appellativo di “fratres asinorum”. Ad esempio, in un registro della Camera dei Conti di Parigi dell’anno 1330, i

Aronne Del Vecchio (1910 - 1998): “L’approvazione della regola dell’Ordine da parte di Papa Innocenzo III”. Roma, S. Tommaso in formis
Giovanni Battista Conti (1878 - 1970): “La vergine del Buon Rimedio” (1944). Roma, S. Crisogono

trinitari del Convento di Fontainebleau sono chiamati “frères des ânes de Fontainebleau” (fratelli degli asini di Fontainebleau). Nel 1199 si intrapresero le prime spedizioni di riscatto nei principati islamici d’Europa e d’Africa, che poi si ripeterono in gran numero. La prima missione fu in Marocco. I Trinitari si presentarono con una lettera di Papa Innocenzo III, datata 8 marzo 1199, al sultano Muhammad al-Nasir, della dinastia berbera degli almohadi, che si auto - fregiava del titolo di Califfo e “amir al-mu’minin”, ossia “comandante dei credenti” (tradotto in “Miramolino”). Ottenuto il permesso, i Trinitari compirono la prima redenzione. Trattarono con autorità e padroni e liberarono quasi 200 schiavi, con una regolare scrittura di riscatto registrata da un notaio. Questa sarà la procedura poi usata sempre. Al ritorno sbarcarono a Marsiglia; la popolazione si commosse vedendoli arrivare e dirigersi alla cattedrale, cantando il salmo “In exitu Israel de Aegypto”. Ai redenti malati o senza famiglia diedero accoglienza nei loro ospizi. Tra il 1199 e il 1207 Giovanni de Matha aprì

Stampa raffigurante un riscatto nel sec. XVII. Frontespizio del libro “Histoire de Barbarie et de ses Corsaires” di Pierre Dan, 1637

molti centri di accoglienza, cercò denaro e moltiplicò le spedizioni di riscatto. Nel 1207 Papa Innocenzo gli donò una chiesa a Roma, San Tommaso in Formis, situata sul colle Celio. Qui Giovanni nel 1209 fondò un altro ospedale, chiamato “S. Tommaso iuxta formam claudiam“, ossia “presso l’acquedotto Claudio” e nel 1210 sul portale fece realizzare il celebre mosaico, che rappresenta il Signum dei Trinitari (ossia la visione di de Matha). Gli autori del mosaico e del portale, che sono tuttora esistenti, furono Iacopo e Cosma, padre e figlio, nipote e pronipote di quel Tebaldo Marmorario dal quale si fa solitamente iniziare la stirpe artistica dei Cosmati. Vi si legge l’iscrizione “Signum Ordinis Sanctae Trinitatis et Captivorum”. Nel 1379 i Trinitari dovettero abbandonare Roma, cacciati da Papa Urbano VI, a causa dello scisma d’occidente. Avevano infatti sostenuto l’antipapa Clemente VII (1378 - 1394). I loro beni vennero confiscati e fu nominato amministratore il cardinale Poncello Orsini. Nel 1389 Bonifacio IX passò il complesso di S. Tommaso al Capitolo Vaticano e venne lasciato in uno stato di crescente degrado. Nel 1634 fu affittato a Girolamo Mattei, proprietario della Villa Celi-

montana. Furono effettuati parziali lavori di restauro solo nel 1663. Infine, nel 1898, in occasione del VII° centenario dell’Ordine, fu restituito ai Trinitari. La chiesa riaprì al pubblico nel 1926, anche se l’ospedale era stato demolito per la costruzione dell’Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante, tuttora esistente. Sono rimasti solo il portale duecentesco e il mosaico, visibili dal Largo della Sanità Militare. Giovanni, secondo alcuni, avrebbe dato ospitalità a San Francesco d’Assisi, quando venne a Roma per presentare la sua Regola al Pontefice. Pare che Giovanni abbia in qualche modo “introdotto” al Papa il poverello d’Assisi; si ipotizza anche che si sia ispirato alla Regola dei Trinitari. Da parte sua, Innocenzo III si dimostrò ancora più prudente: a differenza di Giovanni, diede solo un’approvazione verbale all’ordine francescano. E ciò avvenne, ancora una volta, grazie a una visione del Papa, avvenuta in sogno: S. Francesco sorregge la Basilica di San Giovanni in Laterano, che sta per crollare. Il sogno venne poi dipinto da Giotto in un affresco nella Basilica Superiore di Assisi. L’approvazione definitiva dei francescani, la cosiddetta “Regola Bollata”, venne approvata solo il 29 novembre 1223 da Papa Onorio III.

Giovanni de Matha morì a Roma il 17 dicembre 1213 e fu sepolto nella chiesa di S. Tommaso in Formis.

Tra il XII e il XIV secolo l’Ordine Trinitario ebbe un periodo di espansione. Nel 1228 Guglielmo d’Alvernia, vescovo di Parigi, donò all’ordine un convento, con annessa una cappella dedicata a S. Maturino (Saint Mathurin de Larchant), che conteneva le reliquie di questo santo. Perciò i trinitari in Francia furono chiamati anche “Mathurins”. Maturino, vissuto nel III secolo, fu un esorcista; quindi anche lui era impegnato a liberare le persone, schiave, in questo caso, del demonio. Il convento di Maturino era nel Quartiere Latino, a due passi dalla Sorbona. Per questo ha avuto un ruo-

Roma, via della Navicella. Il portale dell’ospedale (non più esistente) fondato da S. Giovanni de Matha. Sopra l’arco, il celebre mosaico, simbolo dei Padri Trinitari, che rappresenta il “Signum”, la visione del Santo fondatore

La chiesa di S. Tommaso in Formis a Roma. L’ingresso è in via S. Paolo della Croce, sotto l’arco di Dolabella e Silano, che sosteneva l’acquedotto neroniano. Infatti il termine “in formis” significa “presso l’acquedotto”

lo importante nell’Università di Parigi. Dal XIII secolo ospitò l’assemblea universitaria nel suo chiostro (fino al 1764, quando furono trasferiti al Collège Louis-le-Grand). Lì avveniva ogni tre mesi l’elezione del rettore dell’università. Vi alloggiavano anche i religiosi dell’ordine che studiavano a Parigi. Subì numerose ricostruzioni e le migliorie nel corso dei secoli, ma l’edi-

Dall’alto: disegno del Convento di S. Maturino; resti del convento in rue de Cluny; la targa commemorativa

ficio fu infine distrutto nel 1863. Attualmente sono rimasti solo pochi resti murari, in Rue de Cluny (visibili, volendo, anche con lo “street view” di Google Maps!).

La fine del ‘500 vide un’altra tappa importante per l’Ordine. Ci fu la infatti la riforma dello spagnolo S. Giovanni Battista della Concezione. Juan Garcia Xixón, poi chiamato Juan Bautista de la Concepción, fu sacerdote, mistico e scrittore. La sua opera letteraria lo pone in una posizione di rilievo tra gli autori mistici dell’età d’oro in Spagna. Nacque ad Almodóvar del Campo (Ciudad Real), il 10 giugno 1561, era quinto di otto figli. Il padre, Marco Garcia Xixón, era un agricoltore benestante. La madre, Elisabetta Lopez Rico, si dedicava alla la carità verso i poveri e diede ai figli una solida educazione cristiana. Frequentò le scuole dei Carmelitani Scalzi di Almodóvar. Nel giugno 1576 conobbe santa Teresa d’Avila, la grande riformatrice del Carmelo, che era parente del padre. Indossò l’abito trinitario a Toledo il 28 giugno 1580 e studiò teologia ad Alcalá de Henares. La sua vasta cultura, le doti oratorie e la coerenza di vita fecero di lui un predicatore molto ascoltato e ricercato. La sua vita scorreva tranquilla, tra consensi, applausi e successi. Non sentiva il bisogno di ascoltare quei confratelli che, almeno a parole, si richiamavano e volevano vivere secondo la più rigida Regola dettata dal fondatore. Poi successe l’imprevedibile. Un giorno, mentre andava a predicare, lo colse un terribile temporale, che diventò presto un vero uragano. La sua vita era in pericolo. Spaventato, pregò e fece voto di cambiare stile di vita se fosse riuscito a salvarsi. Era l’epoca della controriforma, seguita al Concilio di Trento (1545 - 1563). Filippo II, re di Spagna aveva promosso la riforma degli istituti religiosi. I Trinitari decisero che in tutte le province dell’Ordine vi fossero due o tre conventi di religiosi chiamati “recolletti”, come già accadeva per i frati minori francescani.

Tale appellativo derivava dalla volontà dei frati di raccogliersi in conventi solitari, vestendo abiti più grossolani e osservando alla lettera la regola originaria. Il 26 gennaio 1596 Giovanni Battista entrò nel convento dei Recolletti di Valdepeñas. Iniziò così un’autentica conversione che lo portò ad allontanarsi da amicizie influenti, onori e privilegi; rinunciò al “Dio molto zuccherato e molto sensibile” in cui aveva creduto fino ad allora, per abbracciare Dio nel dolore della croce. Si accorse però che anche tra i “recolletti” non c’era autenticità: si limitavano a un’osservanza formale, di superficie, senza arrivare al rigore richiesto dal vangelo e dalla Regola. Alcuni mesi dopo, nel capitolo provinciale di Siviglia, fu eletto ministro del convento. Iniziò così a introdurre in modo sistematico la Regola. Non bastava limitarsi ad una stoffa più grossolana e rozza dell’abito, ma bisognava uniformare tutta la vita del monastero allo spirito originario. Vietò, per esempio, il consumo di carne; esigeva sei ore di orazione al giorno. Quasi tutti, spaventati da quella vita povera e austera, lo abbandonarono. Giovanni allora decise di recarsi a Roma per chiedere al papa Clemente VIII l’approvazione della riforma trinitaria. Era il 1597. I confratelli gli si schierarono subito contro e lo osteggiarono, perché lo consideravano ambizioso e ostinato. Si opposero alle sue idee usando quella che oggi si chiamerebbe una “macchina del fango”. Più tardi scriverà: “Io mi sentivo in uno stato tale

Almodóvar del Campo (Ciudad Real), la città che ha dato i natali a Giovanni Battista della Concezione

da desiderare piuttosto di trovarmi all’inferno se questo fosse stato possibile restando amico di Dio”. L’ostilità, il “mobbing” a cui era sottoposto lo costrinsero a trasferirsi presso i Carmelitani spagnoli di Santa Maria della Scala, a Trastevere. Costoro lo ricevettero a braccia aperte, perché sapevano che intendeva farsi carmelitano se non fosse riuscito a concludere l’agognata riforma. Rimase lì per più di un anno, durante il quale cadde in un lungo periodo di crisi, con tentazioni, scrupoli, dubbi e una lunghissima “notte dello spirito”, dalla quale si salvò aggrappandosi alla sua fede. Sentiva che, nonostante tutto, Dio era con lui. Finalmente, dopo tante lotte, il 20 agosto 1599 Papa Clemente VIII emanò la bolla

Joseph Prechtl: S. Giovanni Battista della Concezione. Vilnius, Pinacoteca (Vilniaus Paveikslų Galerija)

Ad militantis Ecclesiae, con la quale diede approvazione alla riforma. Sancì la fondazione della “Congregazione dei fratelli riformati e scalzi dell’ordine della Santissima Trinità”. L’ordine dei Trinitari risultava così di fatto diviso in due rami, denominati “Calzati” e “Scalzi”, i cui rapporti erano segnati da una marcata conflittualità. La nuova parte dell’ordine doveva avere almeno 8 conventi riformati per essere indipendente. Per riuscire nell’intento si sottopose a viaggi, a fatiche e a umiliazioni. Si consolava dicendo: “Solo Dio è la mia paga”. L’ottavo convento lo fondò nel 1605, a Valladolid, con l’aiuto del duca di Lerma, suo grande estimatore e braccio destro del re Filippo III. Nello stesso anno si tenne il primo capitolo della riforma. Fu eletto Ministro Provinciale, ma soltanto con due voti di maggioranza. Molti infatti non gradivano la sua linea severa e la determinazione ad aprire nuovi conventi. Nel 1606 contrasse il tifo, assistendo i confratelli colpiti dal morbo convento di Socuéllanos. Ma, appena guarito, riprese la sua missione con energia. Il 7 febbraio 1609, nel secondo capitolo riunito a Madrid, fu eletto provinciale Padre Francesco di S. Anna. Giovanni Battista fu trasferito da un convento all’altro, finché nel 1610 fu nominato ministro di quello di Cordova. Aveva ormai l’aspetto di un uomo “stanco, pieno di acciacchi e vecchio”. Il 12 maggio 1612 fu celebrato a Valdepeñas il terzo capitolo provinciale. Egli non fu neppure invitato. Padre Gabriele dell’Assunzione, nuovo Ministro Provinciale, lo richiamò a Madrid. Qui Giovanni Battista accolse nei Trinitari Scalzi alcune religiose agostiniane, provenienti da Toledo. Fondò il monastero di San Ildefonso e San Juan de Mata, più conosciuto come Chiesa e Convento delle Trinitarie Scalze. Ma la sua

Cordova. La chiesa di Nuestra Señora de Gracia, chiamata anche “iglesia de los Trinitarios”, al cui interno, nella cappella del Cristo de Gracia, sono custodite le spoglie del Santo riformatore

salute era ormai compromessa. Morì l’anno successivo, il 14 febbraio 1613. È stato santificato il 25 maggio 1975 da Papa Paolo VI. Le sue spoglie sono oggi venerate nella chiesa dei Trinitari di Cordova. Alla fine della sua vita aveva fondato 19 conventi, dei quali l’ultimo è quello delle suore di Madrid, per il quale è necessario fare una breve digressione. Il Convento delle Trinitarie Scalze si trova in Calle Lope De La Vega. Nel 2015 è diventato famoso nel mondo, apparendo su tutti i mass - media. Perché? Per rispondere bisogna parlare di un grande scrittore spagnolo, Miguel de Cervantes Saavedra, universalmente conosciuto come l’autore di un capolavoro della letteratura di ogni tempo, il romanzo Don Chisciotte della Mancia. Cervantes era molto legato ai Trinitari e aveva verso di loro un debito di riconoscenza. Egli era un soldato e si era arruolato nelle compagnie del cosiddetto “tercio” di Miguel de Moncada, a Valencia, insieme a suo fratello Rodrigo. Con il tercio di

Moncada partecipò alla battaglia di Lepanto, il grande scontro navale che aveva fermato l’avanzata dei turchi nel mediterraneo, il 7 ottobre 1571. Cervantes fu ferito in battaglia alla mano sinistra, perdendone l’uso. Ma combattè ancora, a Navarino nel 1572 e infine a Tunisi, nel 1573. Nel 1575, in settembre, la galera Sol, su cui era imbarcato col fratello Rodrigo fu catturata da corsari barbareschi. I due fratelli furono tratti in prigionia ad Algeri e diventarono schiavi di un rinnegato greco. Cervantes trascorse ad Algeri cinque anni, facendo quattro tentativi d’evasione, tutti falliti. Al secondo tentativo, il governatore di Algeri, Hassan Pascià, costrinse il padrone di Cervantes a consegnargli quello schiavo così pericoloso per 500 scudi. La sua famiglia raccolse 280 scudi, che furono affidati a due Padri Trinitari, Antón de la Bella e Juan Gil. I due frati partirono per Algeri da Valencia il 22 maggio 1580. Il 29 maggio trattarono con Hassan Pascià, che rimase fermo sulla richiesta di 500 scudi. In agosto Fra de la Bella tornò in Spagna con 111 prigionieri liberati, mentre Fra Juan Gil rimase in terra africana. In quel

Il celebre “Ritratto di Cervantes”, attribuito al pittore spagnolo Juan de Jáuregui. In realtà l’uomo non è stato identificato, e l’opera non è firmata. Un ritratto con una vicenda veramente... donchischottesca!

periodo il governatore stava per terminare il suo mandato ad Algeri ed era in partenza alla volta di Costantinopoli. Iniziò cosi una corsa contro il tempo per Fra Gil, che cercò ovunque la somma mancante. Venne infine trovata grazie all’aiuto di alcuni commercianti cristiani. Come in un film, mentre già Cervantes stava per imbarcarsi, rassegnato, alla volta di Costantinopoli (19 settembre), Fra Gil raggiunse il governatore e gli consegnò i 500 scudi. E poi... immagine in dissolvenza, cambio scena e lieto fine: lo scrittore appare in primo piano. La cinepresa si alza e inquadra un veliero, che, con una lunga scia, si allontana, veleggiando verso la Spagna. Era il 24 ottobre 1580. Per tutta la vita Cervantes dimostrò la sua gratitudine verso i Padri Trinitari. Nella novella “La Española inglesa” espresse la sua ammirazione per la “...carità di questi Padri, che danno la loro libertà per gli altri e rimangono prigionieri per salvare i prigionieri”. Quando morì, il 23 aprile 1616, volle essere sepolto nel proprio nel Convento delle Trinitarie Scalze, anche perché lì viveva sua figlia, che era suora trinitaria. Nel 1639 il convento fu

il monastero di San Ildefonso e San Juan de Mata a Madrid, più conosciuto come monastero delle Trinitarie Scalze

sottoposto a lavori di restauro, che, per varie cause, si protrassero per alcuni decenni. Purtroppo nel 1676 la cappella dov’era sepolto Cervantes fu demolita e le sue spoglie andarono perdute, tanto da far ipotizzare il loro spostamento in una fossa comune. Arriviamo dunque al 2015, quando, in primavera, si diffuse una notizia che fece immediatamente il giro del mondo: erano state ritrovate le ossa di Cervantes. Un’equipe di antropologi e archeologi, guidata dal medico forense Francisco Etxeberria, aveva a lungo cercato il corpo nella cripta del convento, con strumenti ad alta tecnologia, ritrovandolo infine a circa cinque metri di profondità. L’eccezionale ritrovamento fu celebrato ovunque. Le spoglie vennero spostate in un monumento, situato nella chiesa del Convento. Finalmente, dopo quasi 340 anni, Cervantes aveva di nuovo una tomba. L’anno successivo ricorrevano i 400 anni dalla morte dello scrittore e vi fu una enorme quantità di eventi per celebrarlo. In questa occasione il Convento delle Trinitarie Scalze fu una tappa fondamentale, diventando una attrazione turistica e una meta di pellegrinaggio.

Ma torniamo a noi. All’inizio del XVII secolo, in un clima di rinnovato fervore religioso controriformistico, e con la fondazione dei Trinitari Scalzi, maturarono le condizioni per la richiesta di santificazione di Giovanni de Matha e

Felice di Valois. Il 5 luglio 1634 papa Urbano VIII emanò la Costituzione Apostolica Coelestis Hierusalem cives, nella quale stabiliva che per ricevere pubblico culto era necessaria una esplicita pronuncia della Santa Sede. Distingueva inoltre la beatificazione dalla canonizzazione e regolamentava il “culto ab immemorabili” per le devozioni “pregresse” da tempo immemorabile (più di 100 anni). In questo caso la canonizzazione si diceva - e si dice tuttora - “equipollente”, cioè decisa infallibilmente dal Papa senza bisogno di un processo canonico. I Trinitari ritenevano che i due fondatori fossero già stati canonizzati nel 1262 da papa Urbano IV (1261-64), ma la bolla era andata perduta. Nel 1631 chiesero il permesso di celebrare liturgicamente la Festa dei Santi Giovanni e Felice in Francia e Spagna, ma non venne concesso. Iniziarono così a raccogliere informazioni per il processo di santificazione “ab immemorabili”. Finalmente, il 21 ottobre 1666, Giovanni de Matha fu proclamato Santo da Papa Alessandro VII. Riguardo a Felice di Valois, invece, ci sono informazioni contrastanti. Su molti testi, tra i quali Wikipedia, si legge che venne canonizzato nel 1694 da Papa Innocenzo XI. Questa informazione è sbagliata, perché Innocenzo XI fu Pontefice dal 1676 al 1689. Potrebbe allora trattarsi di Innocenzo XII (1691 – 1700), come indica l’enciclopedia Treccani. Altre fonti sostengono, forse più verosimilmente, che Felice fu canonizzato insieme a Giovanni (cfr. ad esempio S. Felice de Valois - ottavo centenario della morte, edito dall’Associazione degli ex allievi ed amici dei Trinitari, 2012). Ciò sarebbe confermato anche dall’iconografia: dalla seconda metà del XVII secolo la maggior parte delle chiese e cappelle trinitarie furono adornate con dipinti raffiguranti i due santi fondatori dell’ordine.

È in questo clima, in questo “odor di santità”, che avviene un celebre episodio, cruciale nella storia dei Trinitari. Una notte, due frati

L’inumazione dei resti di Cervantes nel nuovo sepolcro,
nella chiesa delle Trinitarie Scalze di Madrid

spagnoli penetrarono clandestinamente nella chiesa di S. Tommaso e trafugarono le spoglie di Giovanni de Matha. Era il 19 marzo 1665. Il “pio furto” (così venne chiamato) fu, in realtà, un vero e proprio salvataggio, perché, come già ricordato, il complesso di S. Tommaso in Formis era in stato di abbandono. L’ospedale era ridotto a granaio e, soprattutto, la tomba del fondatore giaceva dimenticata nell’incuria. I resti furono trasferiti a Madrid il 24 novembre 1655 e consegnati al Nunzio Apostolico Camillo II Massimo. Nel 1671 il segretario di stato vaticano ordinò al nunzio apostolico Cardinal Galeazzo Marescotti di esaminare formalmente i resti, che ancora giacevano nella sede della nunziatura apostolica di Madrid. Nel 1686, benché mancasse ancora una identificazione ufficiale, il nunzio Marcello Durazzo consegnò le ossa ai Trinitari Scalzi, che le deposero sotto l’altare di una cappella dedicata a S. Tommaso della Vergine (1587 - 1647), un trinitario scalzo molto famoso al tempo, perché, pur colpito da una misteriosa malattia che lo immobilizzava, svolse il suo ministero per 40 anni dal suo letto, diventando un grande oratore, celebre per i suoi consigli. I Trinitari Calzati si opposero alla donazione del corpo agli Scalzi. Esistono infatti due versioni molto differenti della consegna: Cronica del trinitario calzato Vega Y Toraya e Historia del sagrado cuerpo del trinitario scalzo Alexandro de la Concepcion. La contesa finì nel 1721, quando Papa Innocenzo XIII emanò una bolla con la quale annunciava che S. Giovanni de Matha poteva ricevere culto pubblico. E ora, con un lungo salto, Arriviamo al 1966. Perché è importante quell’anno? Perché vide l’ultimo viaggio di S. Giovanni de Matha. L’8 ottobre, giorno della patrona dell’Ordine, la Vergine del Buon Rimedio, con una cerimonia solenne le spoglie del Santo vennero traslate a Salamanca, nel collegio dell’Ordine della Santissima Trinità. Una enorme folla salutò l’evento. Da allora, le spoglie di San Giovanni

8 ottobre 1966.

L’arrivo di S. Giovanni de Matha a Salamanca, la processione e la S. Messa (le foto in questa pagina e successiva sono tratte da: Parroquia de S. Juan de Mata, www.sanjuandemata.es)

de Matha sono venerate nella Parrocchia di Salamanca. Nel 2000 venne realizzato il nuovo complesso monastico, opera degli architetti Alberto Ustárroz e Manuel Iñiguez. Le spoglie del Santo riposano oggi al centro della nuova chiesa, sotto una colonna appositamente realizzata. Si è concretizzato così finalmente, l’antico desiderio di dare alle spoglie di San Giovanni de Matha un tempio degno della suo ruolo di Fondatore.

Tornando alle vicende storiche, tra il XVII e il XIX secolo, l’illuminismo prima, la rivoluzione francese e le riforme ottocentesche poi, portarono alla chiusura della maggior parte dei conventi. L’Ordine rinacque poi nel corso del XIX secolo, in più momenti, a seconda delle condizioni politiche. Tra il XIX e il XX secolo si determinò un nuovo clima nel diritto internazionale. Questo processo culminò nel 1948, con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e l’abolizione della schiavitù. Nella seconda metà del secolo scorso, le nuove condizioni storico-sociali e

Salamanca, dall’alto: vista dall’altare della colonna con le spoglie del Santo; La teca di vetro contenente l’urna settecentesca; sotto: esterno della nuova chiesa e convento, inaugurati nel 2000

il Concilio Vaticano II (1962 – 1965), indussero l’Ordine Trinitario a iniziare un processo di rinnovamento e recupero del carisma del fondatore, per dare risposta ai cambiamenti e alle sfide del XX secolo.

Nel 1983 si tenne, dal 22 maggio al 22 giugno, il Capitolo Generale a Rocca di Papa (Roma). Qui vennero esaminate e approvate definitivamente le nuove costituzioni dell’Ordine, redatte secondo gli orientamenti conciliari. Il decreto di approvazione della Santa Sede arrivò il 17 dicembre 1984, ed entrarono in vigore il 2 giugno 1985. Con le nuove costituzioni si pone formalmente fine alla divisione tra Calzati e Scalzi. Da allora esiste un solo Ordine Trinitario. Vennero definiti gli elementi essenziali dell’identità trinitaria: 1. la Santissima Trinità è la fonte inesauribile della carità, che si traduce nel servizio della redenzione e misericordia; 2. la vocazione trinitaria come chiamata ad essere testimoni di Cristo; 3. il servizio di liberazione è realizzato in vari modi: ascoltando le nuove forme di schiavitù (prostituzione, alcolismo, tossicodipendenza, ecc.); assistendo i cristiani dubbiosi; svolgendo il compito di evangelizzazione, sia in paesi di missione come nei paesi di tradizione cristiana; partecipando alla liberazione degli indigenti dalla condizione di povertà. Seguendo le nuove costituzioni, l’Ordine ha creato un organismo chiamato Solidarietà Internazionale Trinitaria (SIT), con un proprio statuto e delegazioni in tutti i paesi dove sono presenti i Trinitari. Si tratta di una piattaforma di informazione, denuncia, preghiera, sensibilizzazione e azione per le situazioni internazionali di persecuzione religiosa e di crisi umanitaria. L’opera di redenzione, la redemptio captivorum, quindi, deve essere rivolta alle nuove forme di schiavitù, sia concrete e materiali che “metaforiche”, come nelle patologie psichiatriche e disabilità. Come viene recepito questo servizio in Italia? Scrive la rivista Nuovi Orizzonti: “In Italia,

il servizio prevalente è alle persone con disabilità, specie psichiche, fortemente presenti in Puglia,ad Andria e Gagliano del Capo; in Basilicata, a Venosa e Bernalda; in Friuli Venezia Giulia, a Medea. Una evidente scelta preferenziale. Sono le malattie con cui la società sta imparando a fare i conti, specie dopo la provvidenziale chiusura dei manicomi per effetto della famosa legge Basaglia, la Legge 180 del 13 maggio 1978, rimasta incompiuta nella parte più innovativa, quella della

Dall’alto: le strutture trinitarie di Gagliano del Capo, Andria, Venosa e Bernalda

realizzazione di case di accoglienza. Case, invece, realizzate con forte spinta profetica e innovativa dai padri Trinitari sul versante della disabilità intellettiva e dello spettro autistico. In esse, la forte professionalità degli operatori, si fonda e si accompagna al valore aggiunto della Missione Trinitaria” (Nuovi Orizzonti, Istituto Trinitari di Venosa, n° 5, settembre - ottobre 2017). La “scelta preferenziale”, quindi, è stata di dedicarsi alla disabilità fisica e intellettiva. Questa scelta portò, nel 1971, alla decisione di acquisire la struttura di Medea. L’atto di compravendita è datato 5 febbraio, redatto dal notaio Pietro Carussi di Roma. I Trinitari lo acquistarono da monsignor Angelo Magrini, sacerdote diocesano dell’arcidiocesi di Gorizia, che aveva realizzato un centro per l’infanzia in un complesso di fabbricati con un ampio parco e terreno agricolo. Questo complesso era in origine una casa dominicale di proprietà dei conti Mels-Colloredo. Il 24 giugno 1873, la giovane contessa Cosuelo (1857 - 1906), figlia di Jakob Mels-Colloredo, marchese di S. Sofia e Recanati, ad appena 16 anni sposò il conte Heinrich Dubsky (1847-1927), ventiseien-

Il conte Heinrich Dubsky

ne, e si stabilirono nella casa di Medea. Questi territori appartenevano allora all’impero Austro-Ungarico e Dubsky, viennese di nascita, era un fervente filoaustriaco, un cosiddetto “austriacante italofobo”. Dopo alcuni anni di matrimonio e la nascita di un figlio, il 14 marzo 1882 Consuelo si rivolse all’Imperial-regio tribunale di Gorizia e chiese la separazione dal marito. Il fatto sembra fosse, in realtà, accettato da entrambi. Concordarono uno scambio di beni: Consuelo si sarebbe trasferita a Vienna, nell’appartamento di Heinrich, mentre lui sarebbe rimasto nella tenuta di Medea. Qui egli si impegnò, oltre che nell’amministrazione dell’azienda agricola, anche nella vita sociale del paese. Ricoprì infatti varie cariche istituzionali. Il 24 maggio 1915 era podestà di Medea e si presentò alle truppe italiane che stavano avanzando. Venne subito arrestato e iniziò per lui e la seconda moglie, Maria, un lungo periodo di prigionia, fino al dicembre 1919. La sua storia è stata raccontata da un pronipote, Giuseppe Matschnig, in un libro intitolato “Il caso Dubsky”, presentato a Medea il 20 giugno 2014. durante le sue ricerche, Matschnig visitò più volte l’istituto dei Padri trinitari, in quanto casa di Dubsky. All’epoca della prima guerra mondiale nella tenuta si installò il quartier generale del XI° e XIV° Corpo d’Armata. Anche per questo Medea era continuamente visitata dagli alti gradi dell’esercito italiano ed alleato. Alla morte di Heinrich Dubsky la casa

Cartolina d’epoca di Medea

La targa che ricorda l’antico nome dell’Istituto

fu messa in vendita dal figlio, che si chiamava anche lui Heinrich. Venne acquistata, il 14 gennaio 1928, da Arnoldo Frygyessy di Rattalma, triestino di origine ungherese, direttore generale della compagnia di assicurazione RAS (Riunione Adriatica di Sicurtà) di Trieste. Egli la acquistò come “casa di campagna” per i soggiorni domenicali ed estivi dei suoi tre figli. La utilizzò fino a settembre 1943. Poi la famiglia Frygyessy, che era di origine ebraica, la dovette abbandonare, a causa delle leggi razziali. Finita la guerra, Frygyessy vendette la villa all’imprenditore Vittorio Vriz, proprietario della cava di Rivalunga a Borgnano, oggi dismessa ma ancora visibile sulla strada che porta a Medea. Era il 25 luglio 1947, Egli poi a sua volta la vendette a monsignor Angelo Magrini, che, negli anni ‘50, era impegnato ad acquisire proprietà, da destinare a ricreatori e istituti per bambini. Per esempio a Sagrado comprò il castello degli Alimonda, trasfor-

mandolo nell’Istituto Pio X, una scuola per i bambini bisognosi. A Fraelacco (Tricesimo), nel 1964 fondò l’istituto Medico-Psicopedagogico “S. Maria dei Colli”. A Cormòns, Il 31 maggio 1951, stipulò un contratto con il quale ottenne parte di un’area era occupata da una vecchia caserma asburgica e la destinò a ricreatorio giovanile. In quella scrittura si prefigura già l’idea di creare una struttura destinata a bambini orfani o abbandonati. Il progetto trovò attuazione a Medea nel 1959, quando acquisì la casa Dubsky e creò un centro per la tutela della maternità e dell’infanzia. Ne ampliò la struttura, costruendo l’ala retrostante, chiamata “scuole”, che oggi è diventata parte del Centro Residenziale per l’Autismo. Come già ricordato, il 5 febbraio 1971 i Padri Trinitari acquistarono la proprietà, procedendo

Due immagini delle vecchie “scuole” prima della ristrutturazione

a lavori di ristrutturazione. Realizzarono l’Istituto Psico-pedagogico, diventato poi “Centro Residenziale Villa S. Maria della Pace”, rivolto a persone adulte con disabilità fisica e intellettiva. Infine, venne realizzato il nuovo Centro Residenziale per l’Autismo, chiamato “S. Giovanni de Matha”. I lavori iniziarono nel 2009: il 16 maggio venne posata la prima pietra. Ci vollero poi 8 lunghi anni per completare

la ristrutturazione e ottenere le autorizzazioni necessarie. Bisogna infatti ricordare che è stato il primo centro del genere in Friuli Venezia Giulia, autorizzato come “Servizio di riferimento regionale sperimentale e innovativo”. (cfr. il Decreto di Autorizzazione e la Delibera Regionale 1463/2016). Ciò ha richiesto un’attenzione accurata per ogni aspetto del progetto. Venne finalmente inaugurato il 13 giugno 2017, alla presenza della presidente regionale Debora Serracchiani.

Dall’alto:

Villa S. Maria della Pace, già casa Dubsky, vista esterna e interna; sotto: il nuovo Centro S. Giovanni de Matha, realizzato nelle vecchie “scuole”.

L’Ordine Trinitario oggi è diviso in sei province religiose, tre vicariati e due delegazioni. Ogni provincia è governata da un Ministro Provinciale, mentre a capo dell’Ordine viene eletto ogni sei anni un Ministro generale.

L’Ordine Trinitario è presente in Italia con la Provincia Romana di San Giovanni de Matha Ordine della SS. Trinità, che opera con due Enti distinti, ognuno con personalità giuridica: la Provincia della Natività della Beata Maria Vergine dell’Ordine della Santissima Trinità e la Provincia Italiana dell’Ordine degli Scalzi della SS. Trinità. L’attuale Ministro Generale dell’Ordine, eletto nel 2019, è Padre Luigi Buccarello. Nel 2021, il Capitolo Provinciale che si è svolto a Napoli (27 giugno - 2 luglio), ha eletto Padre Rocco Cosi nuovo Ministro Provinciale. Insieme a lui il Capitolo ha designato anche il resto del governo della Provincia, il Consiglio provinciale che coadiuverà Padre Rocco nei diversi settori della vita religiosa trinitaria.

Alla fine di questo lungo racconto, citiamo le parole di due Pontefici, dedicate ai Padri Trinitari. Il 17 dicembre 2013, per la ricorrenza dell’ottavo centenario della morte di Giovanni de Matha, Papa Francesco disse: “desidero pregarvi... di non smettere mai di imitare Cristo e, con la forza dello Spirito Santo, di dedicarvi con umiltà a servire il povero e lo schiavo. Oggi ce ne sono molti. Li vediamo ogni giorno e non possiamo passare oltre, accontentandoci di una buona parola. Non è quello che ha fatto Cristo. È condizione di vita acquisire

i sentimenti che aveva Cristo, per vedere il suo volto in colui che soffre e per offrirgli la consolazione e la luce che sgorgano dal suo Cuore trafitto. Osate pure “primerear”! [Primerear è vocabolo gergale di Buenos Aires: significa prendere l’iniziativa, anticipare ma si può tradurre anche come “fregare”. Secondo Bergoglio dobbiamo“primerear” il peccato, “fregarlo”, “scavalcare” l’ingiustizia. Dio ci “primerea”, ci aspetta al varco: quando pecchi lui è già lì per perdonarti. Ndr]

Il 4 marzo 1990, Papa Giovanni Paolo II, durante la visita alla Parrocchia romana di S. Crisogono, disse: “Qui tocchiamo un altro aspetto del trinitarismo: il dono. Dio è dono, Dio è come dono di se stesso. (...) Voi portate nella vostra tradizione trinitaria anche questa testimonianza di dono. Siete stati creati, istituiti, dai vostri fondatori, per essere dono per gli

Bibliografia

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Christine Belcikowski, Quelques éléments d’histoire relatifs aux Trinitaires français, et plus particulièrement aux Trinitaires de Mirepoix, La dormeuse blogue 3, belcikowski.org, 2013

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Giulio Cipollone, Il mosaico di S. Tommaso in Formis a Roma, Ordinis Trinitatis Institutum Historicum, Roma, 1984

Francesco Citriniti, S. Felice de Valois, ottavo centenario della morte 1212 – 2012, ADEAT onlus, 2012

A cura di F.D., La passione trinitaria nei colori rosso e blu, Nuovi Orizzonti, Periodico dell’Istituto Padri Trinitari di Venosa, anno XLV, n° 5, settembre-ottobre 2017, pag. 4

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Franco Femia, Cormons. Centro pastorale: da caserma a oratorio, La Voce Isontina, 27 ottobre 2017

Agenzia FIDES, Dossier Fides. Trinitari e Mercedari: l’impegno contro tutte le schiavitù di ieri e di oggi, www.fides. org, 21 febbraio 2009

Elisabetta Intini, La tomba di Cervantes ritrovata a Madrid, www.focus.it, 2015

Giovanni Martire Savina, La Madonna dei trinitari e la festa dell’otto ottobre, rivista “Trinità e Liberazione”, anno XII, n.8, pag.8

Giuseppe Matschnig, Il caso Dubsky, Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna, 2014

altri, anzi, per dare voi stessi per gli schiavi. (...) Oggi ci vuole forse ancora una maggiore donazione di se stessi per liberare i nostri contemporanei, i nostri fratelli e le nostre sorelle, dalle diverse schiavitù.”

Vogliamo chiudere con questa immagine, così bella e profonda. Questa storia è la storia di un Dono. Un Dono che Giovanni de Matha ricevette in quel freddo 28 gennaio 1193, cambiando per sempre la sua vita.

Un Dono che ha attraversato otto secoli ed è arrivato fino a noi, con la stessa forza rivoluzionaria che ebbe allora.

Un Dono che è un messaggio di speranza, di forza e di vita: chi accoglie Dio può spezzare ogni catena.

Chi ha Fede è Libero.

Gloria tibi, Trinitas, et captivis libertas!

Alessio Pettarin

Isidoro Murciego, Dalle origini al domani. Più di otto secoli sulle orme di S. Giovanni de Matha, rivista “Trinità e Liberazione”, da: anno XI, n.10 a: anno XIII, n.7

Isidoro Murciego, Con il fondatore alle radici. Tratti di una vita appassionante, rivista “Trinità e Liberazione”, da: anno XIII, n.8 a: anno XIV, n.3

Andreas Rehberg, Una categoria di ordini religiosi poco studiata: gli ordini ospedalieri, Ricerche dell’Istituto Storico Germanico di Roma Band 3, 2007, (pag. 38 – 47)

A. Katie Stirling-harris, Stolen Saint: relic theft and relic identification in seventeenth-century, in: The quest for certainty in early modern Europe, a cura di Barbara Fuchs e Mercedes Garcìa-Arenal, Roma, University of Toronto press Antonio Paparo, La regola trinitaria, www.webcultura.eu paparoblog.wordpress.com, 2011

Guido Pettinati, San Giovanni Battista della Concezione, www.paginecattoliche.it, tratto da: I Santi canonizzati del giorno, vol.2, Udine, Edizioni Segno, 1992, pp. 177-183

Gianpiero Pettiti, S. Giovanni Battista della Concezione, www.santiebeati.it, 2009

Juan Puiana, San Giovanni Battista della Concezione, Totus Tuus pagine cattoliche, www.paginecattoliche.it, 2005

Angelo Pinci, Il coro del convento dei Trinitari e i dipinti di Aronne Del Vecchio, Palestrina, settimanale La Notizia, 8 novembre 2003

Carlo Sarno, Ordine della Santissima Trinità e redenzione degli schiavi, Artcurel Arte, Cultura e Religione, artcurel. blogspot.com, 2019

Antonio Tarallo, Possibile l’incontro tra S. Giovanni de Matha e S. Francesco?, www.sanfrancescopatronoditalia.it

Paola Vismara, La devozione al Jesús de Medinaceli, “Redentor Redimido”, tra storia e sensibilità religiosa, Università degli Studi di Milano, 2011

Natale

Insieme Speciale

2021

Anche quest’anno il periodo natalizio è stato purtroppo caratterizzato da una ondata di covid, la quarta, per la precisione. Questo ha limitato, ancora una volta, la possibilità di festeggiare insieme questi giorni così attesi. la magia del Natale è rimasta fortunatamente intatta, ma, come si può immaginare, molte aspettative sono state deluse. Ci sono comunque state visite gradite e momenti di allegria e spensieratezza con la tradizionale tombola, i film, la musica, dolci e aperitivi... vi raccontiamo come abbiamo passato le feste, con la speranza che la situazione migliori quest’anno!

Babbo

Natale Biker. Un’allegra invasione

La carovana dei Babbi Natale biker è ormai una tradizione. Dopo lo stop del 2020, il 18 dicembre 2021, alle 8.30 si sono ritrovati al piazzale di Casa Rossa a Gorizia ben 150 motociclisti. È ripartita così l’iniziativa nata da un’idea di Stefano Lorusso qualche anno fa e che ha riscosso un notevole successo.

Il progetto prevede una raccolta di doni offerti dalle comunità coinvolte e la loro consegna a CISI e Anfass di Gorizia e all’Istituto dei Padri Trinitari di Medea. Tutti i bikers indossavano l’abito rosso e la barba bianca di Babbo Natale. Il progetto è stato patrocinato dal comune di Gorizia ed è stato realizzato con la collaborazione dei comuni di Capriva, Cormons, Medea e S. Floriano, della Camera di Commercio di Gorizia e delle associazioni Cuormons e Enoteca di Cormons, Le Nuove Vie di Gorizia e Enoteka di S. Floriano del Collio, nonché dei commercianti di Gorizia, Cormons, Capriva, Medea e San Floriano. I Babbi Natale, dopo il raduno e la raccolta doni a Casa Rossa, sono partiti verso San Floriano, dove c’è stata benedizione delle moto. Quindi hanno raggiunto Capriva e Cormons, terminando il viaggio a Medea. Lungo il tragitto hanno raccolto i doni offerti, distribuendoli agli ospiti delle residenze che hanno visitato durante il giro. La tappa finale è stata l’Istituto dei Padri Trinitari. Qui la carovana è stata accolta, come è facile intuire, con molta gioia e stupore. Purtroppo, le regole anticovid hanno imposto un incontro “distanziato”, che però non è stato meno sentito ed emozionante. È bastata infatti la vista del corteo colorato e udire il rombo di decine di motociclette per rallegrare i nostri ragazzi

e far sentire loro la vicinanza di tante persone generose. Il ringraziamento di Padre Rocco a tutti i partecipanti ha concluso la giornata, con l’augurio di ritrovarsi l’anno prossimo, ma veramente vicini, senza l’ospite indesiderato che ci allontana da ormai due anni.

Un albero pieno di regali

Anche quest’anno si è rinnovata una bella tradizione dell’Istituto di Medea. La mattina di Natale tutti gli ospiti scendono nella sala da pranzo in pigiama. Qui trovano, sotto l’albero di Natale, i regali per ognuno di loro. È un momento di grande eccitazione e allegra confusione: chi cerca il proprio nome sul pacchetto, chi lo apre impaziente di vedere cosa c’è dentro, chi ride entusiasta per il regalo che Babbo Natale ha consegnato durante la notte. In verità pochi credono che l’autore del gesto sia proprio Babbo Natale. ma non importa. Ciò che conta è l’atmosfera che si crea, di gioia e attesa, come ci raccontano Mauro, Maurizio Nemiz e Maurizio Dal Bello: “Mi piace tanto Natale. Di mattina scendi con il pigiama, tutti insieme lavati, vestiti e pettinati e sotto l’albero trovi i regali per tutti i ragazzi di Medea. La maglia, le calze, cioccolatini. I cioccolatini poi dati agli operatori, per mettere dentro l’armadio. E dopo... colazione con panettone!

Foto

di gruppo con torta

Il ritorno - molto atteso! - di una dolce tradizione del Comune di Medea

L’anno scorso, per i motivi che tutti sappiamo, è mancata la tradizionale visita del sindaco di Medea, il giorno di Natale. Questa assenza si è sentita molto tra gli ospiti dell’istituto. Si tratta infatti di una visita molto attesa e gradita. Non solo - è bene precisare!per il dolcissimo dono che egli porta. Il sindaco e l’amministrazione comunale di Medea sono sentiti come parte della famiglia; e la loro visita è vissuta segno di vicinanza di tutta la comunità. Quest’anno, però, dopo Natale, per la precisione il 30 dicembre, ecco la sorpresa: il sindaco è tornato! È stata proprio una visita a sorpresa. Purtroppo, come impone il protocollo anticovid, non è stato possibile incontrare tutti gli ospiti. Una piccola delega-

zione, con Padre Rocco e Isabella Greco, ha accolto il primo cittadino Igor Godeas, insieme alla vicesindaco Elisa Berlasso e all’assessore Raffaella Cantarutti. Godeas ha espresso la sua gioia per essere tornato a far visita agli ospiti dell’istituto, dopo il forzato stop dell’anno scorso, e ha portato gli auguri di tutta la comunità medeense per un felice 2022. L’incontro ha avuto finalmente il suo atteso coronamento, con la presentazione della grande e bellissima torta, che è stata successivamente distribuita a tutti gli ospiti. L’incontro si è concluso con grande allegria e con l’auspicio che sia solo l’inizio di molti altri momenti insieme. Come prima, più di prima!

Un “magico” Natale

Per chiudere l’anno in bellezza, venerdì 31 dicembre gli ospiti di Medea hanno avuto la gradita visita del mago Robert. Roberto Razza, alias Robert Rounder, si definisce un prestigiatore, inventore e costruttore. Ci ha già allietato altre volte con il suo spettacolo di magia e non solo. Infatti, ciò che caratterizza la sua performance è la carica di simpatia e allegria che sprigiona. Questo rende ancora più magici i suoi giochi di prestigio, che sono, effettivamente sorprendenti. Tutti a bocca aperta, quindi, a seguire le cose incredibili che egli riesce a fare, come cambiare colore alla bibita nel bicchiere, far apparire e sparire oggetti, cambiare posto alle cose, e tante altre magie sotto gli occhi attenti del pubblico, che non riesce proprio a capire dov’è il trucco... ecco allora alcuni pensieri dei partecipanti:

“Il mago di magie fatte tante, cose belle. È venuto il mago con le palline, con i bicchieri, ha fatto spettacolo con fazzoletti di tutti i colori...” (Maurizio)

“Tutti insieme dentro, nel teatro del nostro centro, abbiamo visto il mago che faceva esibizioni magiche, abbiamo visto tante cose che faceva con i suoi strumenti e la magia, per accogliere gli applausi dalle nostre mani.” (Mauro)

Karaoke!

A Natale non può mancare la musica. E così, il 27 dicembre al CRA e il 4 gennaio al CRD, è stato organizzato il karaoke. l’iniziativa ha incontrato il favore di tutti i partecipanti, che, con grande divertimento, si sono esibiti in numerose “performances”. La musica, rigorosamente a richiesta, ha spaziato dai classici anni’60 e ‘70, agli intramontabili anni ‘80, fino ai successi più recenti. Forse non tutti sanno che il karaoke viene dal Giappone e il primo apparecchio fu creato dal musicista Daisuke Inoue a Kobe, nei primi anni settanta. In Italia

si diffuse dal 1992, grazie al mitico Fiorello. Cosa significa “karaoke”? Letteralmente “orchestra vuota”. Infatti “kara” significa “vuoto”, come, ad esempio, nella parola “karate” (= mano vuota). Ma allora il karaoke è come il karate? Beh, speriamo di no, a parte l’azione di suonare (o suonarsele, a seconda dei casi!). Scherzi a parte, questa iniziativa, sempre molto gradita in tutte le feste, ha riscosso, come già detto, molto successo. naturalmente verrà riproposta in altre occasioni, sicuramente molto prima del prossimo Natale!

E infine la vecchietta è tornata

Infine... ogni festa finisce. È un momento un po’ triste, ma anche bello, perché è l’inizio di qualcosa di nuovo. Il 6 gennaio, giorno dell’Epifania, è arrivata puntualmente la Befana.

La vecchietta rappresenta il tempo che passa, è l’anno vecchio che se ne va. Ma ci porta i doni, che sono simbolo delle cose nuove che arrivano. Il vecchio porta il nuovo... proprio con questo spirito è stata accolta, quest’anno, la befana.

Tutti sentivamo il bisogno di andare verso periodi più belli e sereni; tutti volevamo vedere finalmente una luce nell’anno appena iniziato, ma purtroppo si è spenta poco dopo. Nonostante ciò, questo è il dono più bello che la vecchietta ci poteva fare. E aspettiamo con speranza che la luce torni, per tutti.

Buon compleanno!

In questi mesi di pandemia, tra le poche occasioni di divertimento ci sono sicuramente le feste di compleanno. Per fortuna non sono mancate! Si sono susseguite infatti molte feste e, purtroppo, non possiamo ricordarle tutte. Ecco allora una “rappresentanza” di compleanni, con annesse torta e musica, che ci hanno regalato alcuni momenti di sincera spensieratezza. Tra tutte, vogliamo ricordare

con affetto soprattutto la nostra “nonnina” Claudia, che, a dispetto dell’età (che non si dice), vanta ancora una grinta e vitalità invidiabili. E poi Massimo, che ha raggiunto il numero fatidico: 50! Auguri anche Fabio e Mario, a Beatrice e a tutti gli altri festeggiati di questi mesi, che, questa volta, non abbiamo potuto citare. E ora vi mostriamo alcuni momenti di questi giorni “speciali”.

Lucia è andata in pensione...

La leggenda delle quattro Lucie di Medea

E poi il giorno tanto atteso arriva. Strano, come sembra sempre così lontano, irraggiungibile e infine... eccolo lì, un giorno come un altro, ma così unico! Certo, la Lucia non si vorrebbe proprio mandarla in pensione. Echeggia un grido a Medea: “La ise la Lussia?” La Lussia può essere ovunque... a l’é par dut!

Una leggenda racconta che in realtà ci sono quattro Lucie, tutte uguali, che lavorano in istituto. Nessuno sa distinguerle tra loro. Ogni mattina, vengono a lavorare insieme. Una va ad accudire gli ospiti, un’altra in cucina, la terza in lavanderia e l’ultima va a fare pulizie. Le quattro Lucie sono molto amate dagli ospiti dell’istituto, solo che pensano che sia una sola, che è par dut, dappertutto... una presenza costante, continua e molto rassicurante. Questa storia iniziò un giorno dell’ormai lontano 1975. Un giorno, una ragazza di nome Lucia bussò alla porta dell’istituto. Era emozionata, anche un po’ impaurita. Era il suo primo giorno di lavoro. I timori iniziali di Lucia presto svanirono. Si affezionò subito ai ragazzi che al tempo vivevano lì. Era felice di lavorare per loro. Purtroppo però, come spesso succede, le strade della vita hanno direzioni imprevedibili e così, dopo qualche mese, Lucia dovette andare via. Passarono molti anni. Era il 1986 e Lucia, che non aveva mai dimenticato quell’esperienza, decise di tornare dai ragazzi, e portò con sé le sue tre sorelle. Vennero assunte. Si affezionarono subito ai ragazzi e si presero cura di loro

in tutti i modi. E, poiché le 4 sorelle erano uguali, gli ospiti si convinsero che era una una sola persona, molto affidabile, buona e sempre presente, specialmente nel momento del bisogno. Le quattro Lucie divennero allora “La Lucia”. Continuò così per molti anni. Tutti, ma proprio tutti, apprezzavano la sua disponibilità, la sua presenza costante, la sua forza d’animo, la sua calma rassicurante. Tutti, ma proprio tutti, dal Rettore agli ospiti, insieme agli operatori, cuoche, personale amministrativo e logistico, amavano questa figura, così rasserenante. Tutti, ma proprio tutti, oggi sono grati a Lucia, perché, da quando è arrivata e fino ad oggi, si è fatta veramente... in quattro per i nostri “ragazzi”! E, come in tutte le storie belle, il finale è in realtà un nuovo inizio. Il 30 dicembre abbiamo festeggiato insieme l’ultimo giorno di lavoro. Perciò non ci resta che dire: Grazie Lucia, e buon proseguimento!

La parola al fisioterapista

L’approccio riabilitativo al soggetto autistico

Quando sono arrivato in questo Istituto una delle sfide maggiori è stata quella di relazionarmi con il “mondo dell’autismo” soprattutto perché si è trattato di trovare una connessione tra l’impiego della riabilitazione e la realtà dello spettro autistico a trecentosessanta gradi. In questi anni ho maturato un’esperienza utile a definire l’idea di riabilitazione all’interno di questa realtà: riabilitare un soggetto autistico significa valorizzare le abilità residue e personali con l’obiettivo di farli progressivamente maturare un equilibrio tra il “sé” sperimentato e la relazione con l’ambiente. Difatti, da una “limitata” curiosità verso l’ambiente circostante può scaturire un disordine motorio statico-cinetico. Intervenire in modo precoce è fondamentale per valutare eventuali complicazioni fisiche che possono ridurre la qualità della vita (deformità, contratture, disturbi dell’andatura, stereotipie, ecc.), riducendole il più possibile.

del quale gli utenti “imparano” ad approcciarsi all’attività fisioterapica: l’esercizio funzionale, la ginnastica posturale, la ginnastica di gruppo ecc... L’obiettivo fondamentale è quello di garantire l’attività motoria preventiva e adattiva, che si cerca di mettere in atto ogni giorno al fine di stabilire un quadro ottimale di salute, di efficacia e di benessere psicofisico.

Durante l’attività fisioterapica i ragazzi prendono parte attiva, scegliendo il canale sensoriale che maggiormente caratterizza il loro stile d’apprendimento motorio; aspetto questo di particolare rilevanza, poiché consente di realizzare una solida comunicazione interpersonale, che può manifestarsi sia tramite un linguaggio verbale o corporeo sia mediante un linguaggio visivo.

Dall’osservazione sistematica effettuata emerge come ciascun utente con il quale lavoro possiede diverse abilità motorie: alcuni hanno particolari capacità di coordinamento, altri capacità gestuali, altri ancora capacità d’imitazione grosso motorie ecc… Attraverso tali abilità motorie è possibile pianificare un percorso riabilitativo individuale con l’intento di modellare l’espressione motoria in risposta all’ambiente circostante.

Il “setting riabilitativo’” si attesta come l’ambiente appositamente strutturato all’interno

Dalle esperienze e riflessioni maturate posso ritenere che l’approccio riabilitativo è fondamentale per il corretto sviluppo del soggetto autistico poiché, attraverso la scoperta e l’esplorazione del proprio corpo e dell’ambiente, il movimento e l’attività individuale e di gruppo, si ha la possibilità di apprendere numerose abilità conoscendo meglio se stessi e gli altri, le proprie potenzialità e i propri limiti, le regole sociali ed emotive che regolano i rapporti interpersonali. In futuro, tramite la collaborazione di altri professionisti, si auspica la realizzazione di un ambiente sempre ricco di nuovi stimoli motori e sensoriali.

Stefano Maida

Slackline! In equilibrio su una corda

Perché proporre ai nostri ragazzi l’attività di Slackline?

Perché la pratica svolta su questa fettuccia sospesa, legata a due alberi, crea le condizioni per promuovere l’allenamento di muscoli, sensazioni, emozioni.

È stata un’idea nata ‘per gioco’ e si è trasformata in un gioco serio, che unisce l’apprendimento al divertimento. I nostri ragazzi hanno dato prova di coinvolgimento, entusiasmo e miglioramento delle prestazioni già dai primi incontri. L’attività di slackline ha dato innanzitutto prova di potenziare l’equilibrio e la capacità di concentrazione. Ma non solo, è stata messa alla prova (in totale sicurezza) la fiducia in sé e nell’altro (ovvero coloro che sostene-

Il cielo ha un’altra stella
Ciao Marietto

vano fisicamente ed emotivamente i ragazzi durante l’attività in sospensione); abbiamo riscontrato benefici nella capacità di sguardo, consapevolezza corporea ed autostima.

Si è creata un’occasione di socializzazione e condivisione, in quanto anche i ragazzi non coinvolti direttamente potevano osservare l’attività, ed è diventato un appuntamento fisso richiesto dai ragazzi stessi.

Luca Bernardis

I cancelli del Cielo si sono aperti per un caro amico, che da molti anni viveva all’Istituto di Medea. Si è spento serenamente Mario Cian, il nostro Marietto. Ancora una volta, il cuore di tutti si è riempito di tristezza. Se n’è andato in silenzio, ha varcato la soglia a modo suo, in punta di piedi. Mario era così. Era amato per la sua tenerezza, le sue dolci stranezze, i suoi sogni ad occhi aperti. Sognava, Mario. Sognava la sua Aquileia, la sua Udinese. Ma soprattutto sognava la sua mamma, che non vedeva da molto tempo e finalmente potrà riabbracciare. Ciao Marietto. Volerai ora in un posto più lieve. E lieve resterai nei nostri cuori.

Buongiorno dal vostro

MeteoMario. Come state?

Spero molto bene, soprattutto con la salute. A questo proposito, abbiamo finalmente completato la terza dose del vaccino per il coronavirus. Grazie al vaccino, il 2021 è andato abbastanza bene, anche se tutti ci auguravamo di uscire dalla pandemia. Speriamo che il 2022 vada ancora meglio. È ormai da due anni che si parla del covid. Speriamo veramente che vada via per sempre e che la gente faccia il vaccino. Io voglio dire grazie a tutti gli scienziati che hanno studiato senza sosta per combattere questo virus maledetto. Grazie di cuore!

Come è andato il 2021con il meteo? Ha fatto caldo ed è mancata la pioggia. È stato molto siccitoso, come ormai succede sempre. Non è stato l’anno più caldo in assoluto ma è comunque tra i primi cinque o sei. Dieci nazioni hanno registrato un record di temperatura. Tra queste c’è l’Italia. Infatti a Siracusa, in agosto, si sono registrati ben 48,8 gradi. Tra agosto e settembre le temperature hanno oscillato spesso tra 30 e 40 gradi. Il 2021 lo ricorderemo anche per gli incendi in California, Siberia e Grecia, per la prima pioggia a memoria d’uomo in Groenlandia, per i 50 gradi in Canada. Adesso funziona così: la primavera, estate e autunno, anche l’inverno, anticipano o ritardano. Le temperature si sono alzate in estate di parecchi gradi. Da noi abbiamo 2,5 gradi in più. L’Italia centrale e meridionale registra 5,5 gradi in più. Caldo eccezionale anche al mare. Le acque dell’Adriatico settentrionale registrano un aumento costante di temperatura. È molto pericoloso perché ciò provoca trombe d’aria e tornadi eccezionali, classificati fino a F4, definiti “devastanti” con venti fino a

322 Km/h. Stiamo diventando come l’America!

Bisogna provvedere subito, altrimenti sarà troppo tardi. Nella nostra regione il 2021 è stato altalenante. Febbraio molto caldo, poi però la primavera più fresca, tanto che l’ARPA FVG l’ha definita “una primavera d’altri tempi”. Da metà giugno le temperature sono aumentate molto, con piogge scarse. In molte zone le pluviometrie sono risultate inferiori del 40-50% rispetto alla norma climatica. Ad agosto le temperature medie erano leggermente più basse della media, a settembre più alte e ottobre di nuovo più basse. Novembre e dicembre sono nella media. Rimane il dato delle scarse precipitazioni e aumento di fenomeni estremi, come nel resto del mondo. Il 2021 ha registrato infatti moltissimi eventi estremi, dei quali il più anomalo di tutti è stata l’ondata di calore sulla costa occidentale degli Usa, nei mesi di giugno e luglio. Una vera e propria cappa che ha portato alcune stazioni meteo a battere il record di temperatura anche di 5 gradi. Bisogna fare attenzione. Stiamo distruggendo tutti gli alberi millenari e usiamo molto carbone, producendo molti rifiuti in plastica e combustibili. Si butta via anche tanto cibo, mentre c’è chi muore di fame. Questi comportamenti ci porteranno al disastro, se non ci sarà un intervento deciso di tutti i governi. Ma ormai queste cose le sappiamo bene...

Per concludere, ecco i miei orari. Io apro sempre dalle ore 10.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.00. È aperto per i clienti dalle ore 10.00 in poi. Il meteo per il weekend sarà comunicato giovedì, non prima, e domenica invece quello per la settimana successiva. Venerdì giorno di riposo: non chiedete il meteo!

Buon proseguimento a tutti e alla prossima!

PACE

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