Juan Romulo commedia(odiBiografiaRebayCarneadeCarneadeelaVerità)indueatti DXD Dente per Dente

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3 Juan Romulo commedia(odiBiografiaRebayCarneadeCarneadeelaVerità)indueatti DXD Dente per Dente
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IlCarneademortodel piano di sopra. Dovrebbe essere un essere anonimo e un po’ distaccato, alla Giovanni Drogo del Deserto dei Tartari di Buzzati o alla Mersault de lo Straniero di Camus. Neutro, di età indefinibile e di scarse emozioni, in quanto morto. Può indossare un neutro vestito da travet, di colori eccessivamente neutri. capitan GeneralmenteNemo in divisa da ufficiale di marina, o da vecchio lupo di mare, ma sempre con cappello da ufficiale. Sarebbe bene un essere car ducciano, corpulento: un maremmano o un romagnolo, simpatico e sanguigno, assai celebrativo e spesso retorico, anche nei modi. Sincero e fanciullescamente impegnato nelle cose. NinfaErmionedomestica, forse figlia, o serva, o moglie giovane del Capitano; guance colorite, capelli lunghi raccolti in una crocchia, vestita con un lungo scossalone di flanella a quadri azzurri e bianchi che striscia fino al pavimento; sullo scossalone è cucito un grembiule da cucina bian co. L’abito si può togliere istantaneamente: sotto, indossa guepière, calze e tacchi a spillo senza altri indumenti. Se questa versione è troppo osè, deve essere comunque estremamente e audacemente discinta secondo il più retrivo porno look. Ermione deve poter passare istantaneamente da una connotazione all’altra, scioglien do e raccogliendo i capelli, o addirittura indossando e togliendo una parrucca.
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BIOGRAFIA DI CARNEADE (o Carneade e la verità) commedia in due atti SeiCoropersonaggi:persone, uomini e donne; vestiti di sacchi di juta e con in testa buffi cappelli: a corna asimmeriche, a spirullo proboscideo, a pippoli funghi formi, a stella inerrogativa eccetera.
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Prof. PrimarioCanemedico, vestito con camice bianco e stetoscopio. Ostenta l’ot tusa razionalità del sapiente conformista. Arch. AbbastanzaZebra piacente ma troppo elegante, vestito di tweed e velluto a coste, colori brughiera, panciotto e papillon rosso. Rappresenta l’ego centrica e narcisistica falsa creatività del falso “non allineato” Cane e Zebra infatti sono praticamente d’accordo su tutto. La loro dia lettica è solo apparente. Il loro sapere in genere scaturisce da luoghi co muni. Entrambi i personaggi non sono però scevri da alcuni sporadici coinvolgimenti di sincera curiosità nella vicenda.
7 Atto(Dell’apparenza)primo
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9 SCENA I Il Coro, a destra, sarebbe meglio un po’ in alto, ma non è obbligatorio. Stanno scomposti, in piedi, seduti, coricati o accovacciati, come vogliono. Ognuno ha comunque una sua sedia o giaciglio. Da qualche parte c’è una scala. Sarebbe meglio uno scalone un po’ ricurvo, barocco, di travertino, con una ringhiera o balaustra dorata, antica, ma comunque va bene an che una scala a pioli da imbianchino. E’ obbligatorio invece che ci sia la possibilità di oscurare la scena completamente e di far comparire in una finestrella accesa in alto da qualche parte, dove un personaggio si possa affacciare. Occorre inoltre che con effetti di luci e tendaggi semitraspa renti ci sia la possibilità di far comparire e scomparire personaggi come fantasmi. Se non ci sono mezzi, i personaggi che devono sparire cadono a terra e vengono trascinati fuori dal Coro. Dunque, si diceva che la scena è completamente buia, la finestrella è accesa e Carneade appare come una silhouette affacciato alla finestra, immobile. Il Coro non si vede. Da qualche parte c’è un cassonetto della spazzatura, pieno di sacchetti a loro volta pieni. Coro: (intona sull’aria di “adeste fideles”) o pubblico amato su vieni in questo iato su vieni nella casa di un’imba-ra-zzato uno del Coro: no, non fa così... c’è una breve polemica tra i membri del Coro, poi si riparte Coro: o pubblico amato su vieni in questo iato su entra nel regno del signi-fi-cato Carneade dunque è alla finestra, come sottofondo si sentono rumori stra dali, clacson e auto. Carneade (petulante e grave): Di tutto quello che ho fatto, son
rimasti segni sul mio corpo: cicatrici, (Pausa) rughe,(Pausa), artrosi (Pausa)... ecsemi e malattie veneree! E una bella pancetta! Ma più profondi sono i segni delle omissioni.
Lunga pausa. Carneade esita, sembra percepire una certa preoccupazione del pubblico. Allora scende dalla finestrella e si avvia verso la ribalta Carneade (accorato): No... ma... un momento! Luci, per favore! Accendono le luci, meglio occhio di bue su Carneade, altrimenti va bene anche uno che lo segue con un faretto Carneade: Signori, vi prego! Non vorrei che vi preoccupaste per me... Io non sono depresso, o disperato. Sono solo stufo di stare tra vero e falso. Quindi mi uccido. E’ un gesto simbolico, che vuole varcare il confine, tutto qua.
Cane (seduto in platea): Bene! Zebra (seduto in platea, ma altrove): Bravo! Carneade torna alla finestrella, si spengono di nuovo le luci. Carenade (schiarendosi la voce): Essere o essere stati. Questo è il problema, altro che. Se sia più nobile tollerare le percosse e gli strali che vengon fuori nell’essere sempre presenti, oppure allocarsi nel cuore rassicurante... (scavalca la finestrella, poi, un attimo prima di lanciarsi)
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In questa spaccatura tra il fatto e il non fatto ha serpeggiato la mia vita. Di questo darsi senza dare, ne ho pieni i corbezzoli. Adesso son stufo. Mi uccido.
11 ... della rappresentazione. Buio. Rumore di un lungo lancio nel vuoto, poi un tonfo spiaccicato, rac cappricciante. Sipario SCENA II Carneade è disteso al centro del palcoscenico, spiaccicato al suolo, agoniz zante, immerso in un lago di sangue. Le viscere sono fuoriuscite dall’ad dome. Rumore di traffico. Una scarpa di Carneade è a qualche passo da lui, verso le quinte. Carneade (muovendo appena un arto): ah! entrano Cane e Zebra passeggiando e chiacchierando. Vedono la scarpa. Cane: Ma... questa è una scarpa di Carneade! Zebra, senza emozione: ... e... c’è anche Carneade! Carneade: Ah... A-iu.....to! Cane: Salve! Carneade: P... pietà! Zebra: Eh? Come? Parli più forte, non si sente! Carneade rinuncia, e si lascia andare esangue Cane (proseguendo): Ah, questi perplessi, questi indecisi... Zebra, (un po’ restio): Ma, forse... ha qualcosa di interessante da raccontare. Io non sarei così tranchant. Bisogna essere umili, caro Professore. Bisogna saper ascoltare tutti, anche chi sembra non avere più niente di interessante da dire. Poi lei, specialmente, che è un medico... Cane: No, guardi, caro architetto, io se permette ci ho l’occhio clinico. Per me è il corpo, che parla. Le parole mentono, invece. E quel corpo, mi sembra che non abbia più niente da dire.
Capitano: Dove la porto, signore?
Capitano: Ma non si butti giù, lei sta benone!
Capitano: Glie lo assicuro, l’ho visto in tivù, e anche a teatro.
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Mentre i due discorrono, Carneade si trascina fino al cassonetto dell’im mondizia, ci si aggrappa e fa rotolare fuori diversi sacchetti. Ne strappa uno, e tutta la spazzatura si sparge sul pavimento. Nella spazzatura trova una pistola. La prende e spara prima a Cane, poi a Zebra, che mentre ven gono colpiti svaniscono nell’oscurità. Carneade trova anche un coperchio di pentola. Lo usa per contenere le budella fuori dalla pancia. Rumore di traffico. Poi riesce ad ad alzarsi in piedi a stento.
Entra il Capitano, a bordo di un taxi. Sarebbe meglio che fosse una Jellow cab Oldsmobile del 1959, ma in mancanza di meglio va bene anche che il Capitano porti in mano un cartello giallo con scritto sopra in nero “taxi”.
Carneade: All’ospedale, o magari direttamente all’obitorio
Carneade: Davvero?
Carneade: In teatro.... a me non piace il teatro!
Capitano: E’ lei che ha detto “taxi”. Dove la porto?
Carneade: Su un taxi?
Carneade: Meno di cinque minuti fa ho ammazzato
Carneade: Taxi!
Capitano: Strano, lei ha tutta l’aria di un commediante.
Carneade: Invece sono un assassino Capitano (strizzando l’occhio al pubblico): quasi tutti gli assassini sono dei commedianti.
Carneade: Lei per caso si chiama Caronte? Capitano: No, mi chiamo Nemo, e sono un Capitano ... di lungo corso, per di più!
Carneade: Trova? Capitano: Ma...ssì, cosa vuole che siano due budelli di meno? C’è gente che se ne fa togliere dei metri e vive benissimo.
13 due persone Capitano: Ecco, vede? Cosa le stavo dicendo?
Capitano: Se è per questo lei era già morto da anni, comunque, se preferisce essere morto adesso, faccia pure Carneade: E lei, anche lei è morto?
(si corregge) cari pubblico... caro... cara gente del pubblico. Vista da qua, da dopo morto, la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza.
Capitano (pensieroso): Già... Prima dov’ero? (poi, come rassicurato) Non c’ero! Può chiederlo a questa gente del pubblico Carneade si rivolge al pubblico, sempre con coperchio e budelle Carneade: E’ vero? Non c’era?... Ah sapeste, cari pubblici...
Capitano: Quanto a me, non sono neppure nato Carneade: No? Capitano: No, sono apparso. E’ successo quando lei ha detto Carneade:“taxi”. E prima dov’era?
Carneade: due persone Capitano (spazientito): Mors tua vita mea. Comunque siamo arrivati. Carneade: Dove? Capitano: Ma alla sua vita di prima! Carneade: Ma non è possibile! Io mi sono ucciso!
Se dovessi lasciarvi un testamento di saggezza vi direi: “Adesso la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza” Carneade si accascia, si abbassano le luci, appare in alto una scritta lumi nosa che recita: “Adesso la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza”, ma può essere anche una serie di cartelli branditi dal Coro; in tal caso la scritta va divisa in sei cartelli: Adesso-la vita-mi appare-in tutta-la sua-inconsistenza. Il regista giocherà a suo piacimento con i cartelli, for mulando diverse composizioni, in modo da far raggiungere la frase finale
Cane: dice “la vita” intendendo quella cosa che accomuna tutti i viventi e che quando moriamo non è più?
Capitano (rassegnato, tra sè e sè): beh, che lo voglia o no, è così
Zebra: dice “adesso” intendendo in questo periodo della sua vita? Uno del Coro: dice “adesso” intendendo in questo istante della storia del mondo?
Zebra (ricomparso anch’esso): dice “adesso” intendendo la sommatoria e il punto finale di tutto il pregresso?
Coro: adesso Cane: dice “adesso” intendendo quì, in questo istante?
Capitano: e “ adesso” sarà da qui in avanti? (o solo adesso, e poi mai più, o talvolta...)
un altro del Coro: dice “adesso” intendendo una visione momentanea e instabile rispetto alle certezze permanenti che non sono “adesso”?
Zebra: dice “la vita” intendendo la permanenza nel corpo vivente?
Capitano (spazientito): dice “adesso” nel senso che “adesso” è tutto lo scibile?
Uno del Coro: dice “adesso” nel senso che “adesso” è tutto ciò che conta e ciò che c’è stato non è più?
Coro: adesso Cane (ricomparso): dice “adesso” nel senso che è dimentico di tutto quanto c’è stato prima?
Coro: la vita...
Uno del Coro: dice “la vita” intendendo la storia dell’esistenza personale della gente? Un altro dice “la vita” intendendo la storia dell’esistenza personale, la sua in particolare?
14 al Coro dopo diversi tentativi.
Coro: la vita Capitano: e poi dice “la vita” nel senso della vita in generale? (ah...la vita!)
Zebra: O dice “la vita” nel senso della linfa che scorre, lo spirito vitale degli alchimisti?
Cane: dice “la vita”nel senso di tutto ciò che è? Uno del Coro: dice “vita” come mondo? un altro dice “vita” come realtà? e se è così è quella dei fenomeni? Ma ciò che “è” vuol dire che ha la caratteristica d’essere? Coro: e cosa è “ essere?”
Capitano: per chiedersi cosa è essere bisogna fare una tautologia, un po’ come dire: cosa ha avere, cosa mangia mangiare? cosa cammina camminare? Carneade (coricato): passi eccheggiano nella memoria...
Zebra: Pfui! poeti inglesi Carneade: tra fine e principio ci sono notti d’ottobre che discendono Cane: Ah! ...sempre più o meno ritratti o quartetti di poeti inglesi Carneade: ...e mesi d’aprile che generano lillà da terra morta Capitano: Ah, basta con questa poesia inglese Carneade: c’è una vita che addiviene a qualcosa, una vita di viventi, di aver a che fare con le cose... le persone soprattutto... (poi, rialzandosi) Camminavo felice come non mai, schizzando con i passi l’acqua delle pozzaghere, dentro la vita per la prima volta, la felicità di quando smette di piovere, i fenomeni attorno a me erano tutto e mi riempivano di gioia perfetta. La vita ha a che fare coi fenomeni, con ciò che appare Zebra (strabiliato): la vita come realtà è quella dei fenomeni? Capitano:: realtà è ciò che è reale...res, rebus, reato, reality show...
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Cane: reale è solo l’esperienza, e non l’uovo Zebra: oppure solo l’uovo è reale?
Tutti: Bene! Bravo! SCENA III Il Capitano è al centro della scena, seduto ad un tavolo, guarda verso il pubblico. La scena è uguale alla precedente, con l’aggiunta di un’enorme portone antico, in legno massiccio, alle spalle del Capitano che, dopo lungo silenzio, si rivolge al Coro Capitano: Coraggio, forza! Coro (svogliatamente, come per penoso dovere, intona sull’aria di “adeste fideles”): o pubblico lieto su vieni al borgo inquieto su vieni nel regno della ve-e-rità! Capitano (compiaciuto): Ah, stasera son certo che la verità dovrà venire a galla!
Cammina; poi, rivolto al pubblico, con fare tra l’ammiccante e il necessario Capitano: Mi son risolto ad invitare a cena questi amici risoluti, per risolvere una vecchia questione
Carneade: ma l’esperienza, (cioè quella cosa che mi fornisce l’apparato probatorio che qualcosa è reale) è essa stessa reale? cioè: appartiene alla stessa categoria delle cose che evidenzia? Allora l’esperienza di un uovo (vederlo, toccarlo, mangiarlo, covarlo o romperlo o cuocerlo) è qualcosa di analogo all’uovo?
....reale è tutto ciò di cui posso fare esperienza
Uno del Coro, trafelato, si intromette Uno del Coro: ...e la mia esperienza, pur mettendomi in contatto con l’uovo, il reale,... è irreale? ...o effimera, o inconsistente?
Capitano: (facendo il gesto con le dita) Tanto così Ermione (rivolta al pubblico): Buffo, vero? per indicare il poco dice “tanto”
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Svolgono in silenzio alcune azioni, poi Ermione sale in cima alla scala, getta il vestito, si scioglie i capelli, e la ridiscende come se entrasse in scena per la prima volta.
Ermione: Poco e niente Capitano: Meglio poco che niente Ermione: Allora vado col poco? Capitano: Sì...ma.... poco, mi raccomando Ermione: Ma... poco quanto?
Ermione (intonando “la riva bianca...”): Signor Capitano si fermi qui Capitano: non ho nessuna intenzione di andarmene Ermione: Intendevo suggerirle di desistere da quell’idea... bizzarra Capitano (noncurante): Cos’hai preparato di buono?
Ermione (aprendo): Buonasera, signori Cane e Zebra: Buonasera, buonasera. Buonasera! Capitano (magniloquente): Ah, cari amici, benvenuti
Entra Ermione, in versione domestica; strisciando un po’ i piedi, apparec chia sommariamente la tavola con poche scarne stoviglie.
Ermione: Non c’è ancora nessuno? Capitano: oh, beh... Se io sono nessuno.... Ermione: l’architetto? Capitano: Non c‘è ancora nessuno! poi, rivolto al pubblico con aria perplessa Capitano: quindi, io.... Suonano alla porta; Ermione corre ad aprire. Il Prof Cane è davanti, L’ar chitetto Zebra lo segue
18 nella mia magione!
Prof Cane (convenzionale): Caro Capitano, è sempre un vero piacere Zebra: ‘Capitano. Ah, cara Ermione!
Ermione: Ciao ciao Capitano: Benone, benone. Ora che c’è anche l’architetto possiamo cominciare. Pausa, in cui restano tutti in attesa. Il Capitano guarda con aria riprove vole il Coro. Poi, ad alta voce: Capitano: Possiamo cominciare! Il Coro, risvegliandosi e dandosi di gomito, intona qualcosa con un’aria simile ai Carmina Burana Coro: Serpeggia giù in città si spinge anche più in là dov’è nessun lo sa Capitano: Sì, così mi piace! Coro (rincuorato, in crescendo): E’ forse sul sofà o chissànell’eternitàdovesarà
Ermione: ora basta! Coro ( ancora crescendo): chissà se arriverà se arriverà chissà uno del Coro, da solo: la nostra... amatissima.... Coro, (a più tonalità): veeee-riii-taaaaa Capitano (compiaciutissimo): Ah, bene, benissimo! Cane: Mah...Capitano...che vuol dire? Architetto Non vorrà mica farci credere che... Capitano: sì, miei cari amici. Stasera vi ho invitati qui perché voglio sapere la verità Cane (all’architetto): Sì, la sua, di verità!
Zebra: E’ un’ossessione!
Carneade: E’ pe-ri-co-loso!!
Ermione (canzonatoria): Giuro di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che...
Architetto (a Cane) La sua di chi?
Architetto Ma scusate, Capitano... ma quale bizzarro progetto è mai questo? E poi, scusate, ma la verità su chi? su che cosa?
Capitano, imperterrito: “adesso la vita” significa la vita in questo momento, e in altri momenti la vita era connotata diversamente?... E ha senso ricercare connotazioni della vita differenti da “adesso?”
Zebra, (un po’ coinvolto): Già... c’è davvero qualche cosa che non sia adesso?
Ermione (con mosse preovocanti): E’ una perversione!
Capitano: Suvvia, non divaghiamo. Vi ripropongo il tema: “Adesso la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza”: può voler dire che in questo momento (e non necessariamente sempre) la vita appare così, ma negli intenti di Carneade ci può essere anche una scarsa condivisione dell’enunciato, il quale si propone solo come valido ex tempore
Cane: E’ macchinoso!
Architetto E’ presuntuoso Ermione: E’ disgustoso Carneade compare d’improvviso alla finestra
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Capitano, incalzante verso Zebra: ... oppure “adesso” come finalmente, come punto d’arrivo, sintesi perfetta di tutte le visioni pregresse?...
Capitano: La verità è una. E basta.
Cane: Oddio, ma è una tortura!
20 Allora “adesso la vita” è tutta la vita
Zebra: “tutta la vita” significa adesso più tutto il pregresso, e nient’altro? Cane, (ormai coinvolto nella disputa):... e che dire del di là da venire?
Il Coro si lamenta, dà segni di sfinimento per la discussione, poi uno del Coro, esasperato, si alza Uno del Coro: Ah, che due palle! e la vita cos’è, e la rappresentazione cos’è... e che rottura di coglioni! (poi, facendo il verso).. esistere e essere sono la stessa cosa? Ontologicamente, voglio dire. Perché se così non fosse avremmo risolto un sacco di problemi tipo l’esistenza di Dio, e anche la potenza semiotica... Ma ho il dubbio che invece... Ermione (con tutto il suo carisma): Non divaghiamo! “Adesso” è tutto quanto il considerabile.
Ermione: Non esiste Capitano (petulante): ...esiste come prodotto semiotico, quindi come possibilità possibile, come ipotesi, Ermione (fatale): ... non come esperienza
Zebra: ma paventare o anche solo immaginare il futuro non è forse un’esperienza?
Ermione raccoglie la vestaglia, la indossa, si riprende i capelli. Tutti danno segni di assenso e di condivisione. Cala il sipario.
SCENA IV Solita scena, con finestrella, Coro e scala. Il Coro però è spostato dall’altra
Capitano (pensieroso): La vita..mi appare... mi appare! appare a me!
Cane: dice “appare” nel senso che sa che non c’è nulla oltre l’apparire (o almeno lo sospetta)?
Al centro del palco c’è un cavalletto con una macchina fotografica. Il Ca pitano passeggia parlottando tra sè, pensieroso. Ermione è in piedi su una sedia.
Zebra: dice “appare” nel senso che sa che appare così ma invece è colà? (o lo suppone, lo ipotizza?)
Un altro, incalza: E ammesso che ci sia ciò che non c’è, come fa ad essere proprio lì?
Ermione (sarcastica): Ah, bella trovata, non c’è che dire!
Cane: ma nel suo rivelarsi c’è un differenziarsi da se stesso, dal suo stato di irrivelato quindi ciò che di cui si fa esperienza non è l’essere ma l’essere rivelato
Capitano: ...rivelandosi diviene, viene da.. eppure il rivelato è (o esiste)... e noi facendo esperienza del rivelato facciamo esperienza dell’essere.
Uno del Coro, (petulante): Ah sì? e cosa c’è, allora, di contapposto all’apparire? C’è ciò che c’è o ciò che non c’è?
Capitano (rivolto a Cane): d’altro canto sa che “ogni cosa” può apparire. Quindi, caro Professore, l’apparire è l’essere che si rivela... e si rivela in base alle nostre richieste, nevvero?
21 parte del palcoscenico.
Coro (dando cenni di sollievo, come se il problema fosse risolto): ...il divenire!
Zebra: Ma allora...non è l’essere, è il divenire!
Il Coro, sconsolato, si alza e accenna ad andarsene Zebra (pontifica, urlando): L’apparire è vacuo e ingannevole!
Capitano (guardando nel mirino della macchina fotografica): ... già, ma che cosa appare? qualcosa di visto, prodotto, riconosciuto? Il più petulante del Coro: Miao, dice il gatto del vicino Gli altri del Coro, (accavallando le voci): Ah, concetto importante, neuro-fisiologic-linguistic-comportamentista...psico-filosoficuno del Coro: ...che lasciamo all’intuizione Coro: (all’intuizione?) Ermione (portandosi in cima alla scala): L’intuizione! ...ma è roba femminile! Poi, voltandosi in modo buffamente complice verso il pubblico, fa uno striptease Ermione: Ma allora... anch’io sono una protagonista! (potrebbe anche cantare una canzone dal titolo “Sono una protagonista”) Coro: eh, beh, già. Non si può negare Carneade: echi lontani di grida sulla spiaggia in bianco e nero, negli anni sessanta... signore con cappelli di paglia e occhiali da sole... ... madri, presumibilmente...
Carneade prosegue ripetendo la frase, come per sollecitare Ermione Carneade: Madri, presumibilmente! Ermione corre a rivestirsi Carneade: il mondo si definiva nella sua forma attuale un corollario di idee, un languorino nostalgico mi formicolava nello stomaco
22 Cane (gli risponde): l’apparire è l’unico di cui possiamo fare esperienza!
23 Ermione (materna): ... la vita cominciava ad apparire Carneade: cioè: un conto è vivere, e un conto è vedersi apparire davanti la vita Ermione, (materna): Cominciare a considerare la vita come un qualcosa, vuol dire che essa è apparsa... Come se si staccasse da noi e andasse là fuori Ermione (abbracciando Carneade che si accascia come il Cristo nella Pietà): Figlio mio! tu sei la mia vita Carneade (si rialza imbronciato): Mamma! sono anche LA MIA vita! (poi, petulante, alla Paolo Poli) E per l’appunto la vita mi appare Ermione (portandosi in cima alla scala): Si, però ti appare in tutta la sua inconsistenza Careneade (disorientato) ... mi... appare Capitano (grattandosi la testa perplesso): ... la vita mi appare ...la vita! ...quando me ne faccio un’idea come di un qualcosa di tutto insieme... Qualcuno dal Coro, in tono di sollecito e scherno: Lasci perdere, Capitano! Capitano (noncurante): ...quando comincia ad apparire in qualche modo Carneade: ...è segno che ci sta lasciando! Tutti si toccano i coglioni o fanno le corna con grida di orrore Zebra: se dice: “ adesso la vita mi appare” c’è la coscienza dell’apparire Uno del Coro, interlocutorio: ...ma è contrapposto ad esistere, un po’ come divenire ed essere? un altro ma queste due categorie sono una gabbia! un altro ci ha chiusi dentro Aristotele un altro oppure il gatto del vicino un altro miao! Cane: O magari è tutt’altro: magari l’apparire è proprio il contrario del nulla! Uno del Coro: ribadisco: miao.
Semibuio, luci e musica da night; occhio di bue su Ermione, che scende lentamente la scala spogliandosi con movenze sensuali; poi silenzio.
Capitano (sentenzioso): la coscienza dell’apparire è cosa fondamentale, molto di più della coscienza dell’apparenza. Perché qualcosa appaia deve necessariamente apparire a qualcuno (indica il pubblico): Se non c’è cospetto, non c’è apparire. Quindi nemmeno apparenza.
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Ermione: E allora apparirò: C’è qualcuno che ha qualcosa di consistente da proporre? Carneade (urla stridulo): Adesso la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza. la vita “mi” appare, è un fatto tra me e lei, voi non c’entrate Ermione, (con mosse sexy): Davvero? E non vorresti che ti apparisse in altra guisa?
Carneade: La vita appare a me. Quindi non solo la vita “mi sembra”, ma si mostra a me in questa guisa, tutta intera, senza alternative Ermione, (assumendo una provocante posa sexy): il che non significa assolutamente che la vita sia così ... ...oppure “solo così”
Zebra: la vita si mostra in modo diverso da come è, allora! Ermione (svagata, rivestendosi): magari può farlo, oppure no poi, con aria complice verso il pubblico cioè, può mostrarsi come è e anche come non è Zebra: e chi fa sì che sia così? Carneade si corica al suolo, assumendo la tipica posa del morto nella bara Ermione: è la porta a scegliere, e non l’uomo Zebra: Che belle parole, Ermione Ermione: Sono di Borges, un calciatore spagnolo Zebra: in effetti si sente una certa sportività
Cane: probabilmente è vero: ontologicamente la vita passata non esiste; quella di là da venire non esiste...
Ermione: Ma di quali spiegazioni avete bisogno? Maledizione, dovreste recuperare un po’ della memoria dei padri, che di fronte a certe evidenze smettevano di farsi domande. Può darsi che la vita non si mostri com’è, ma possiamo far finta per una mezz’oretta che sia tutto esattamente come appare?
Il Capitano si toglie la giacca e copre soccorrevolmente Ermione, che d’ora in poi la indosserà
Capitano: ma chi può sapere e può dire come è? (e addirittura se è)... solo Carneade, adesso, probabilmente, al di là di tutte le cazzate sul carpe diem e sull’attimo fuggente, affermando che qualcosa appare.
Capitano: ma non è più comodo fare come dicono i buddhisti? che siccome han capito che il problema è il divenire han detto che non esiste?
Zebra (querulo): ... allora perché ci opprimono, se non esistono?
Ermione si spoglia esasperata, ostentando i suoi attributi
Cane: adesso è l’incessante divenire Capitano: adesso é “adesso e adesso e adesso” all’infinito e per sempre. Per sempre e ovunque, e fuori dal
Zebra: di questo divenire il momento più importante (e unico) è: “adesso”
Carneade (ridestandosi): ... ma, ironia della sorte, cosa appare? qualcosa di inconsistente!
25 ma non spiegano se la vita si mostra com’è
Zebra: e quel “tutta la vita” è poi davvero così preoccupante? Capitano: forse non troppo, perché poi dice: “in tutta la sua inconsistenza” Coro: Ah, beh, meno male...
Zebra: e allora il divenire non esiste o magari è un caso particolare dell’essere Uno del Coro: ma questa suddivisione è una gabbia un altro: ci ha chiusi dentro Aristotele il Capitano, ballando, cade a terra e rimane seduto sul pavimento
Cane: dice che che ha scelto l’inconsistenza
Ermione: la sua! Cane: “sua” di chi? Ermione: della vita Capitano: dice: “in tutta la sua inconsistenza” nel senso che tra le possibilità della vita c’è anche l’inconsistenza?
Cane: e non dimentichiamoci che dice “ mi appare in” e non “mi appare con” o “mi appare per” o “mi appare a causa di”; dice “in”, come se la vita fosse incorniciata dentro l’inconsistenza
Cane: ... e uno può davvero battagliare tutta la vita contro qualcosa che non esiste?
26 cronotopo, e quindi è l’essere, vero senza menzogna e certo Zebra (avendo un’intuizione): Sì, è così! Più vero di tutto è l’essere poiché lo si possiede in base all’esperienza, come dice ilTrismegisto! Capitano (entusiasta, ballando): ...e dicendo “adesso” io sperimento l’essere!
Zebra: ma potrebbe apparire anche “in tutta la sua consistenza”?
Cane: quando non consiste, non consta Zebra: nondimeno è, pur nella sua inconsistenza
Cane (polemico) : e a chi spetterebbe quindi il compito di vedere oltre (o dietro)?
Carneade, (impaziente e didascalico): no, è l’apparire in se stesso che è inconsistente. Tutto ciò di cui possiamo fare esperienza è inconsistente; è l’esperienza stessa ad essere inconsistente. “Adesso la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza”
Coro (spazientito): Quindi abbiamo fottuto anche Shopenhauer... E anche lo Yogawasistaramayana!
Ermione: Certo, Capitano, ma questo non spiega niente.
27 per apparire?
Capitano: dice che lui ne percepisce l’aspetto inconsistente?
Capitano: ma “inconsistenza” è una categoria che ne a nnulla molte altre...quand’è che una cosa è inconsistente?
Zebra: ... sicchè il mio occhio sarebbe l’unico oggetto reale che produce tutto? Che immaginerebbe tutto? No, anch’esso è oggetto delle mie proiezioni; di più: è il centro delle mie proiezioni!
Capitano: Già! anche l’ occhio che guarda non è reale!
Penso: sono consistente: E c’è la consistenza. Penso: sono libera. E c’è la libertà; penso: sono legata. E c’è l’asservimento. La vita è il nostro sguardo. Ma, ripeto, questo non cambia di un granchè le cose.
Ermione (rivolta al pubblico, indicando il Capitano): Neppure il suo!
Capitano: ma l’inconsistenza appartiene alla vita? O tutto questo ha a che fare con le nostre proiezioni significatorie?
Zebra: Già, a chi, oppure a quale organo, o a quale supremo che non sia occhio mente o coscienza
Capitano: Già, bisogna venir fuori dall’aut aut “la vita mi appare” e quindi ha senso proprio perché appare Zebra (rincuorante): “appare” non é denigratorio!
Cane: anzi, è proprio la fulgida essenza dell’essere Cane e Zebra si guardano l’un l’altro esterrefatti: Lunga pausa Zebra: ma dove sta di preciso la differenza tra essere e divenire?
28 o tutte queste cose insieme più qualcos’altro he non è un ulteriore oggetto ma... una relazione!
Ermione: ... quella che sevirebbe per venir fuori
Cane: dove tra forma e sostanza? Zebra: dove tra essenza e materia? Cane: dove tra Popper e Wittgenstein? Zebra: dove tra Heidegger e Severino? Cane: dove tra onda e corpuscolo? Capitano: dove tra mondo (o realtà, o vita, o esistenza, o essenza o...) malgrado noi e il mondo come volontà e rappresentazione? Coro (vociando esasperato): No, basta, questo e troppo! Cane (guardando il Coro in tralice): e di noi cosa dire, allora, del nostro occhio che rappresenta? Capitano: il punto più stretto della clessidra Ermione: (restituendo la giacca al Capitano e con tono sarcastico) sforzatevi di passare per la porta stretta cala il sipario SCENA V Stessa scena, al posto del cavalletto con la macchina fotografica c’è una cassa da morto. Carneade è coricato nella cassa, a vegliarlo c’è Ermione
Carneade (occhieggiando da dentro la cassa) : cogliere l’apparire della cogliernevita l’apparire nell’inconsistenza dire che non basta non avere prerogative per non essere Ermione: apparire non è sembrare... oppure sì? Carneade: apparire è il verbo che si fece carne Ermione: e l’apparire in fondo è un po’ la fine la fine della natura la fine della realtà la fine dell’amore la fine della coscienza Capitano (irrompendo): Ah, tutti modelli, progetti di realtà ma ciò che bisogna vedere è la struttura Carneade: ma è la struttura ad essere inconsistente perfino se è più vera di ciò che consiste Cane (entrando): l’inconsistenza è la struttura di ciò che non ha struttura Zebra (entrando) : è una struttura vicariante tra significante e significato Cane: l’inconsistenza è la struttura della fine Zebra: la fine delle strutture Cane: è la fine dell’apparire Zebra: è l’apparire della fine Capitano: e dietro l’inconsistenza forse c’é l’immutabile o forse ancora di più ciò che chiamiamo inconsistente è l’immutabile, l’eterno Carneade: wow! E... l’inconsistere è caratteristica dell’immutabile ed eterno? Capitano (scandalizzato): certo no, l’immutabile ed eterno non ha caratteristiche Zebra: ma noi, di ciò che non ha caratteristiche
29 seduta su uno sgabello, in versione porno
Capitano: inconsistente non è inesistente (e in ogni caso inesistente non sarebbe necessariamente “non essente”) Non andare a una festa significa non esserci ma mica non essere!
30 non diciamo forse inconsistente?
SCENA VI La bara è chiusa, al centro del palcoscenico. Il Capitano, Cane e Zebra fanno il gioco delle tre carte sul coperchio della bara. Il Capitano , da
Zebra: allora esserci è il contario di essere Cane: No, esserci è il contrario di non esserci
Capitano (spazientito): Ma qui si parla d’apparire non d’apparire inconsistente ma d’apparire nell’inconsistenza (in tutta l’inconsistenza) e questo è il “c’è”... è l’esserci ed essere inconsistente tant’è vero che si è detto “essere” inconsistente quindi anche l’esserci è come del resto ogni altra cosa Uno del Coro: ... e tutte le qualità e le modalità sono la varietà meravigliosa il cui l’essere sceglie di esserci (tramite noi, per noi, secondo noi, o secondo Carneade o il gatto del vicino)
Un altro: Miao buio.
Qua c’è l’essere: Qua appare l’apparire. Qui esiste l’esistere. Attezione signori: L’essere scompare. L’apparire esiste. Dov’è l’esistere?
Capitano: ma l’essere è, prima di esser detto?
31 una parte della bara, muove le tre carte; gli altri due, dalla parte opposta, assistono Capitano.
Dove appare l’essere? Dove esiste l’apparire?
Cane: Lei ha le idee chiare, ma vuole confonderci!
Zebra: Lei vorrebbe spiegarsi, ma ha le idee confuse!
Zebra: niente, perché l’essere è prima del dire e quindi casomai è l’essere che definisce il dire e non viceversa
Capitano: Allora, vediamo di far chiarezza... sull’essere che c’è da dire?
Cane: certo che sì Zebra: però non appare Cane: ma c’è Carneade (ergendosi dalla bara): Solo per un mondo di non umani perché per quanto mi riguarda non ci sono finché non ho detto che ci sono (almeno in certi luoghi) quindi non l’ho detto, non lo dirò non ci sono (...ma sono) e in quanto sono riposo dentro l’essere faccio esperienza del mio essere insomma appaio a me stesso. ... Ma cosa di me appare a me? appaio anch’io a me stesso in tutta la mia inconsistenza in effetti io sono la vita io sono la via la verità la vita appaio a me stesso nella mia inconsistenza
(alzando una carta alla volta): Essere. Esistere. Apparire.
Capitano (proseguendo incurante): ...ci confrontiamo col molteplice. Il molteplice è i fenomeni. Tutto un minestrone di percezione, pensiero e rappresentazione. E’ proprio questo minestrone a fare in modo che la vita si faccia carne nella realtà fenomenica
Zebra: ma si può davvero attribuire a Carneade, tutto questo?
Capitano: Quindi quello che pensiamo e quello che accade là fuori sono la stessa cosa... ... il loro incontro, l’unica via di salvezza.
Carneade: Che la vita appaia! Ermione entra trionfalmente stappando una bottiglia di champgne Ermione: ciò avviene per opera nostra. Capitano (indicando Ermione): I fenomeni sono il modo che abbiamo a disposizione per vedere il mondo. Nel manifestarsi per fenomeni, la vita si rivela nella sua inconsistenza
Zebra: ... ma si può davvero attribuire a Carneade, tutto questo? Il Capitano estrae dalla bara dei calici, Ermione versa lo champagne. Tutti Sipariobrindano.
32 ma se appaio a me stesso chi è quel me stesso al quale appaio? ... e io sono il gatto del vicino il Coro applaude stancamente
33 Atto (dell’inconsistenza)II
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Capitano: inconsistente è ciò che non consiste Carneade: inconsistente è un fatto soggettivo ed è creato da noi. è la nostra inconsistenza che si spalma latutt’intornovitasimodifica, questo è tutto non so dire se perché altre dimensioni ci chiamino, o se percheé noi le ipotizziamo rendendole possibili, Capitano: Quando si creano due poli di ipotesi su un fatto la risposta reale li contiene entrambi.
Carneade: E la risposta è inconsistente Capitano: Così realtà che ci modifica e realtà che noi modifichiamo vengono a essere quel famoso minestrone... ma sta di fatto che i nostri cambiamenti producono cambiamenti nella realtà, o almeno nella realtà che percepiamo, che è tutta la realtà possibile.
35 SCENA I
Coro: Addirittura! Esagerato! (poi, ironicamente) Tutta la realtà possibile! Capitano ( rivolto al pubblico): Insomma, la vita appare... ... appare anche a voi? se non appare rimane oscura ma se appare significa che la si guarda da qualche punto fuori uno del Coro: oppure dentro! un altro: già.. una cosa appare quando ci sei dentro,
Carneade si aggira solo intorno alla sua bara e accenna alcuni buffi passi di danza che simulano l’inconsistenza. La musica è un violino stonato e piagnucolante. Il Capitano è seduto su una sedia a dondolo e legge un quotidiano.
Carneade: inconsistente è ciò che non permane?
Un altro: o quando ne sei fuori, e finalmente la puoi osservare?
Capitano: ma se Carneade dice: “appare” significa che lui la vede all’improvviso, tutta intera, come qualcosa che si guarda da un altrove pausa. Entrano Zebra e Cane, trascinando una Corona funebre Cane: e allora... la vita si vede solo da fuori della vita? Zebra: solo così può apparire? Cane (occhieggiando dal buco della Corona): ... e se sì, cos’é, dov’è quell’altro luogo da cui la si guarda? Zebra (contendendo a Cane il buco della Corona): “la vita mi appare” significa che Carneade e la vita sono separati: Carneade guarda la vita. Capitano: Oppure no: Carneade è lì e all’improvviso la vita gli appare Uno del Coro: ma lui, dov’è? un altro: Già, lui dov’è? un altro: e dov’è in genere colui che guarda?
36 finalmente?
Capitano: é in un altrove rispetto a ciò che è guardato Cane: qui probabilmente sta l’incomprensione di colui che guarda Zebra: qui probabilmente sta l’inconsistenza ciò che gli fa dire: “adesso la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza” Cane (annuendo): per dire così Carneade dev’essere fuori della vita Uno del Coro: se fosse stato dentro la vita non sarebbe morto Capitano: allora “adesso la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza”è un enunciato possibile solo per un morto
Carneade: morto che parla è questa l’inconsistenza della vita l’instabile goccia sui fili della ferrovia l’ardimentoso spalancare le finestre ogni mattina salutare la verità e sentire che parla in una lingua sconosciuta una lingua perduta all’altra sponda verifica di morte nell’immagine che si specchia nell’onda torbida Uno del Coro, (alzandosi e interrompendo): Vado, disse un giorno il gatto del misericordiavicinopervoi umani non ne avrò disse tutto con un solo miao non lo videro più un altro ma si può davvero attribuire a Carneade, tutto questo o non piuttosto al gatto del vicino? un altro: Carneade avrebbe fatto bene a scrivere miao ma invece scrive: “adesso”, cioè finalmente anche se non quel “finalmente” che di solito è accompagnato da un sospiro di sollievo SCENA Capitano:II comunque adesso, cioè finalmente la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza è un approdo Cane: è un punto d’arrivo Zebra (enfatico e teatrale): è nuotare naufraghi esausti raggiungere la terra tendere la mano verso uno scoglio... e trovarlo inconsistente Cane si avvicina alla bara e la abbraccia oppure occhieggia da dietro
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38 Cane: adessoAdesso...che più che mai avrei bisogno di verità a forza di guardare l’oggetto delle mie cure (l’agognata terra per posare le membra) lo trovo inconsistente anche Zebra abbraccia la bara, o fa gesti che mostrano come intenda iden tificarsi con Carneade
Zebra: adesso la vita mi appare i n tutta la sua inconsistenza Cane: adesso la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza
Capitano: ma se la vita o la verità o il solido compatto su cui posare le membra è inconsistente allora cos’è quel mare in cui nuotiamo? quel mare da cui diciamo “la terra è inconsistente”? Cane: “miao” risponde il gatto del vicino Zebra: e ha ragione! Cane: allora l’ineffabile flutto da cui si sperava approdare al consistente è invece il più consistente Carneade: forse è così
Zebra: Ho guardato tanto la vita era tutto quello che avevo a disposizione l’ho guardata da lontano però, capperi, era lì a due passi ero certo che fosse lì... pensavo che da lei mi sarebbero arrivate le (marispostesipuò davvero attribuire a Carneade, tutto questo?)
Capitano: adesso la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza
39 galleggiamo e non poggiamo fluttuiamo e non arranchiamo come naufraghi in un mare senza approdi come briciole di sughero nella tempesta oceanica più immane... .... galleggiamo Capitano: siamo inconsistenti eppure galleggiamo sorretti dall’essere e in questo fluttuare facciamo esperienza della nostra inconsistenza il nome di quest’esperienza è: “vita”
Ermione: morirà senza accorgersene abbandonerà se stesso sulla spiaggia steso le membra abbandonate come quelle di Ofelia nei quadri preraffaeliti Tutta la bellezza, i broccati, i cibi delicati i viaggi e gl’idromassaggi tutto inzuppato nel mare che ci sorregge piccoli pezzi di sughero ciò che è pesante andrà a fondo tutto ciò che è consistente calerà a picco è la nostra inconsistenza a salvarci buio SCENA III
Zebra: protetti nell’inconsistenza!
Capitano: Vivere nell’inconsistenza
40 identica alla precedente, a parte il fatto che tutti i personaggi hanno un salvagente. Ci vorrebbero vecchi salvagenti di sugero da antico transatlan tico. Sopra c’è scritto “Titanic Carneade”. Se è troppo complicato vanno bene dei gonfiabili, meglio se buffi.
il Coro mugola dando segni di sfinimento Carneade: avidi piagatiosservatoridamolteplici essenze moltiplicano le piaghe. Dal finestrino della macchina vedo a destra la parete di roccia scorrere veloce lanciato a folle corsa nell’inconsistenza con a fianco la roccia Coro (risvegliato): il consistente!
Capitano: ... la vita mi appare nella sua inconsistenza a conti fatti la vita insomma si rivela inconsistente ma può la vita consistere d’inconsistenza?
Il mio sguardo vede, non guarda: vede l’inconsistenza di ciò che diciamo consistere vede il suo fugace dissolversi al finestrino fuggire via nel passato Coro: roccia che non esiste più Un altro del Coro: roccia fugace un altro (come una formula uno): miiiiaaaaao Carneade: ma io osservo Carneade io, l’osservatore (ovvero Carneade stesso)
Carneade: Sì, ma... nient’altro che spazio e filamenti d’essenza negli atomi!
Coro: SALVATI dall’inconsistenza!
Cane: sospesi nell’inconsistenza!
Ermione: E’ l’atto di guardare a creare l’inconsistenza. Carneade guarda l’abisso l’abisso nascosto dalla roccia, o dalla siepe. Ora la siepe è caduta e senza più significazione Carneade è morto. Uno del Coro: Spiegato l’arcano. buio. SCENA IV
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osservo Carneade e condanno Carneade all’inconsistenza.
Quando le luci si riaccendono c’è solo il Coro. Alcuni gonfiano palloncini, altri li bucano appena gonfiati. Smettono quando Entra Cane. Cane: Carneade interroga Dio sull’inconsistenza ma Dio è silente uno del Coro: il gatto invece dice miao un altro: è Dio che parla per voce del gatto e a proposito dell’inconsistenza dice miao un altro: il massimo della consistenza e dell’inconsistenza insieme Cane, come risvegliato dalle parole del Coro, mostra di avere un’intuizione: Cane: tutto l’universo di segni possibile tutto l’universo compresso in un “miao” uno del Coro: o almeno in provincia di miao Cane: tanto ti basti, Caro Carneade giacché da quel “miao” dovrai cavar fuori tutto il possibile e anche l’impossibile. Uno del Coro, imitando Carneade: Adesso la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza.
Carneade: Perfino ciò che adoro ciò che mi tocca e mi commuove ciò che mi spinge ad agire è inconsistente; ed è inconsistente la domanda che io (cioè Carneade) pongo all’esistenza.
Carneade (rivolto al pubblico): Inconsistente! Dal nulla, come icone sospese nell’oscurità compaiono, vagamente illumi nati, il Capitano, Zebra e Cane. Cane: Postulando che noi chiamiamo esistere lo stato in cui ci troviamo, è certo che esistiamo Zebra: esistere allora è il modo che ha il linguaggio per definire l’essere Capitano (perentorio): l’essere non è enunciabile. Quindi non consiste (ma è); La vita non consiste (forse è, o forse no)
Ermione: Perché è chiaro che di domanda si tratta e d’altra parte non resta altro, a chi non si abbevera più di risposte... ...e nello scrivere quella frase Carneade urla implora dichiara confessa il suo struggimento infinito per la siepe che è caduta e guarda l’abisso che è la madre di tutte le domande è una domanda che non ha parole non ha lacrime: adesso la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza SCENA V La scena è deserta, c’è solo un water con relativo scopettino da cesso al cen tro del palcoscenico. Entra Carneade, si cala i calzoni e si siede sul water. Dopo molteplici sforzi, si alza e guarda nella tazza.
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43 comunque non consiste, o meglio si mostra come non consistente e questo particolare modo di mostrarsi è l’esistere è l’esistere stesso, ad essere inconsistente Zebra: ma se l’essere non consiste perché non è enunciabile... Cane: ...e l’esistere non consiste proprio perché è un enunciato... allora... Carneade: ... allora tutta la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza! cioè in tutta la inconsistenza di cui dispone (poi, guardando di nuovo nella tazza) ovvero: la vita dal suo consistere mi invia la sua inconsistenza... è il mio enunciato ad essere inconsistente (a renderla inconsistente) è il mio definire la vita, che mi scolla dalla vita Entra Ermione Ermione (ironica): volgo lo sguardo dall’altra parte la vita e là, fuori di me e che ohibò,accade?lavedo inconsistente la vita mi abbandona quando la guardo Capitano: Bravi, bravi, miei cari!...e nel suo abbandonarmi diviene inconsistente. Ecco, la vedo inconsistente quando non ci sono dentro. D’altra parte quando ci sono dentro non la vedo, la vivo, quindi non c’è modo di vedere la vita se non lasciandola e quindi giocoforza rendendola inconsistente Il Coro urla di esaltazione e di esultanza, con danze e abbracci
44 Carneade: adesso... il Coro si zittisce e si riprostra, disperato Carneade: adesso la vita mi appare in tutta la sua inconsistenza è l’enunciato di un morto quando vedo l’inconsistenza della vita o meglio l’apparire della sua inconsistenza è una chiara prova che siamo al mio funerale finalmente ho capito: sono morto ecco il perché di tutto... Se fossi vivo direi miao un miao molto lungo, anche, come quando ero vivo e parlavo nella luce Capitano: Luce di sole invernale sulle facciate dei palazzi luce trionfante del canto della gloria di Dio oppure luce struggente di crepuscolo del mondo Zebra: dipende...dal mio stipendio, dal trovare o non trovare parcheggio, dai miei esami del sangue: un solo valore alterato può far cambiare la luce nell’universo mondo Carneade: e allora tutto ciò che appare è dentro di me compresa l’inconsistenza anzi, soprattutto l’inconsistenza Capitano: ...o forse è proprio l’aver capito che è dentro di lui a fargli dire: è inconsistente. Il Capitano, Cane e Zebra scompaiono nell’oscurità. In scena rimangono Ermione, Carneade e il Coro, anch’esso quasi nell’oscurità. Ermione: La luce entriamocambiaeusciamo da zone d’ombra Carneade aveva parlato di espressioni di forze fondamentali, di modalità dell’essere; Vedeva la luce agire e declinarsi e configurarsi
nel mondo nelle sue forme essenziali; forme conosciute da sempre perché percepite, ma ignote poiché impossibili da relegare in un situttoaffinchéunèleediuncollaboranteAmaformesignificato;senzacontenutodiunapregnanzainarrivabile.voltegliapparivanocomeunacostellazioneditendenzeimperturbabileequilibrioindefesseazionicostantilosmarrimentocheloprendevaprimevoltechesentivaagirequelleformeorasolounquietoconsensosommessoepassivocooperareildestino,ildestino,compia
Ermione: Aveva detto: vivo o sono morto? se prendo coscienza del mio essere morto, lo faccio da vivo Il resto, tutto il resto è silenzio o clamore totale nel quale sperdersi.
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Carneade: e possa condensarsi dall’eternità in un istante un istante perpetuo che è “adesso e adesso e adesso”
Carneade: Niente mi viene dimostrato, perché la vita si mostra, appare. poi, proseguendo con voce ispirata ma stridula, carica di tensione lirica: Carneade: Come un uccello squittisco mi faccio interprete di quelle forze non è vero che c’è gioia e neppure malinconia nel canto degli uccelli c’è solo una partecipazione piena
Ombra ...e sole. Il cielo sulla sabbia si muove senza mai decidere i suoi confini. E tu, benedetta spada nella quinta stagione rimandi la tua luce al cielo dal momento che finalmente il cielo ti tocca con la sua. Tu sola puoi decidere il punto esatto tra ombre e luci tu sola puoi rinunciare per sempre a questo confine
46 una testimonianza e come Icaro mi libro ormai sollevato sulle rappresentazioni dell’esistenza poi, più veritiero e meditabondo galleggio nell’inconsistenza su una mappa grande quanto il territorio dettagliata quanto il territorio ma senza palpitazione vitale.
Ermione (soccorrevole): Il sogno di Icaro era di camminare così scivolò sul pavimento sdrucciolevole del suo cuore che cominciava a sciogliersi. Carneade, di nuovo stridulo e ispirato, prende lo scopettino da cesso e lo brandisce come una spada Carneade: Dinanzi a me ... la quinta stagione: nel solstizio di gesso dell’estate qualche nuvola ventosa un concilabolo di umori antichi emerge vorticando come se per chiudere un ciclo ci fosse bisogno di capire dove é cominciato.
Ermione: Il tempo si redime nel rapido avvicendarsi delle stagioni
Ermione: La vita è fenomeno e probabilmente avviene per necessità un evento che concilia la voglia di vuotare la coscienza con la voglia di metterci dentro della roba
47 e dimenticare la vendetta inafferrabile quella che ci insegue per tutta la vita (o per lo meno per questa vita di viventi).
Carneade: ma tutto poi deve essere digerito tutto deve sciogliersi qui sulle sponde per coagularsi dall’altra parte e c’è solo un aceto che può dissolvere tutto quell’ammasso di peso. Io convivo col mondo... Coro (sarcastico): Infatti è morto! Carneade (rimarcando): Io convivo col mondo... mi arrendo al suo fluire rassegno il mio destino nelle mani del mondo probabilmente sono stato un uomo o forse lo sarò, tanto irrilevante mi appare la differenza tra passato e futuro mete del mimetismo e della definitiva inAttentorivelazione.aisegnidolcericerca per captare e trasmettere per lasciare e non lasciare tracce in costante seppure lenta incerta e ricongiuntiascesiclaudicantetra estasi e oblio io e il mio io nella luce di Dio.
Ermione nel frattempo ha preso a coccolare Carneade
48 morte e rinascita copulano nel presente il presente è il figlio dell’amore tra passato e futuro Carneade: quel figlio sono io! so ancora così poco perfino di quello che mi unisce a me stesso e dei silenzi che posso spiegare solo con silenzi...
Ermione: eppure quel silenzio è già preludio di vita Carneade: Ma perfino per dire silenzio abbiamo inventato una parola: Perché di cadere nelle parole non si smette mai d’imparare a nascondersi nelle parole non si smette mai. Così ti parlo anzi, di più: sussurro in modo che parole non rimbombino e neppure dentro di te starannorisuonino...invece sospese tra noi e solo se lo vorrai ti diranno di quest’ombra in cui ti amo. buio SCENA VI - EPILOGO In scena ci sono due tavolini da bar, con sedie da bar. Ad un tavolino il
Entra Ermione Ermione: se fosse così sarebbe in gamba Zebra: sarebbe il super premiato al Gran Gala della saggezza Uno del Coro: sarebbe il sublime guerriero perfetto, seduto sul crinale tra apparire ed essere Un altro uomo della Grande Sintesi
Cane: Carneade, dal canto suo, dalla sua morte, vede il divenire dall’immobilità e dice: è inconsistente.Il divenire non gli appartiene più
Capitano: Ah Carneade Carneade piccolo brandello indefinibile brandello di un indefinibile mutevole esploratore della mutevolezza che chiami adesso Zebra: che chiami vita Cane: che chiami apparire Capitano: che chiami... inconsistenza. Cane (inquisitorio): La chiami inconsistenza perché hai sperimentato il dissolversi della gioia hai sperimentato la mutevolezza e per questo dici: adesso a vita mi appare in tutta la sua inconsistenza Zebra (al pubblico): della vita vede il divenire, perché sente che lui diviene: ciò che diviene è inconsistente, ma il divenire è l’essere...
Capitano sta giocando a carte con Zebra e Cane. L’altro tavolino è vuoto. Carneade penzola da una forca. Ha un colorito bianco verdognolo, tipico da defunto. Sullo sfondo, ma ben visibile, c’è un paravento che può essere illuminato da dietro.
Coro: e finalmente anche Aristotele dice “miao”
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Inizia un minuetto. Lentamente la corda scende: Carneade arriva a terra lentamente, imitando con la braccia un battito d’ali. Quando è a terra, accenna due passi di danza, due piroette. Esce Ermione, che danza un po’ con lui, poi vanno a prelevare uno del Coro che, spogliatosi dei suoi abiti, diventa un bambino o una bambina. Dandosi la mano i tre vanno a sedersi al tavolino. Un altro del Coro dismette i suoi abiti e diventa un cameriere. Va ossequioso al tavolo, raccoglie le ordinazioni, esce e rientra recando un cabaret con tre grandi gelati affogati variopinti. Rumore di clacson e auto Capitano: Carneade è nel clacson Zebra: nella giberna ricolma di vettovaglie stoviglie anticaglie paccottiglie Cane: Carneade prende un gelato in un sabato pomeriggio di inizio estate seduto in un bar all’aperto con la sua famigliola. Uno del Coro si alza e va verso la ribalta più vicino al pubblico possibile, poi dice: E questo è tutto.
50 un altro eroe dei due mondi Ermione: ma Carneade parla per paura Uno del Coro: è morto, di paura! Capitano: è morto... Cane (ironico): e ha paura di morire! Ermione: e ha anche paura di vivere Zebra (conclusivo): e in questa fragilità di confine vede l’inconsistenza. Ermione: A volte l’inconsistenza è tale da cancellare perfino se stessa da far vivere Carneade immemore dell’inconsistenza
Quel che resta del Coro, soddisfatto, si alza ed accenna ad andarsene; Il Capitano, avvicinandosi a quello del Coro che è sulla ribalta, gli appog gia una mano sulla spalla. Poi, rivolto al pubblico:
Cane: ...a quel suo problema inconsistente Zebra: o al suo modo inconsistente di porre il problema Ermione: Ma cosa dite? Cosa state dicendo? Vi ricordo che il problema è l’inconsistenza. Sostantivo. Non un qualche aggettivo da appiccicare a qualche cosa quà e là. E vi ricordo che io sono stata l’unica ad aver proposto qualche soluzione Ermione proferisce questa frase spogliandosi. Poi, raccogliendo una frusta, minaccia tutti i personaggi che, escluso Carneade, si raggruppano tutti in un angolo come galline spaventate; Ermione li incaza con la frusta e tutti corrono raggruppati rifugiandosi negli angoli in modo compatto. Il Capi tano fa da scudo al gruppo, proteggendolo con le braccia Capitano: Cosa intendi, donna? Ermione, sconsolata, lascia cadere le braccia, lascia cadere la frusta, e tor na a raccogliere lo scossalone. Mentre cammina, scuote la testa e borbotta: Ermione: Roba da pazzi. C’è da non crederci... Poi, indossato lo scossalone, butta le scarpe col tacco, indossa due ciabatte,
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Capitano: Quasi tutto, miei signori. Perché io volevo togliermi ancora qualche sassolino dalla scarpa. Il Coro da segni di disappunto Capitano: Innanzi tutto, come avrete potuto capire, l’autore di questa commedia è un pretenzioso imbecille Cane: Un ambizioso inconcludente Zebra: Un perdigiorno incompetente Capitano: E se vogliamo andare a ben vedere, tutta la faccenda è insulsa e priva di interesse generale Uno del Coro: Nondimeno non possiamo non partecipare alla vicenda umana ed esistenziale del povero Carneade...
Sono stata io a rincuorare Carneade quando le sue sofferenze diventavano insopportabili, a cercare di condividere i rari momenti di intensità che traspaiono veletamente... molto velatamente, in questa commedia demenziale.
E per avere un po’ d’ascolto ho dovuto come al solito fingere di prostituirmi. Ma neppure quando le donne diventano puttane riescono a far ragionare meglio un uomo. Possibile che nessuno di voi si sia chiesto di che natura è il problema? Possibile che nessuno si sia chiesto se c’è un altro modo di porre la domanda? Carneade, (come uscito dall’uovo): Quale domanda? Quelli del Coro, straziati, si mettono le mani nei capelli Coro: Oh, no! Oh mio Dio! Ermione, prende per mano Carneade e lo accompagna verso la ribalta. Carneade ha mantenuto sempre il colore dell’impiccato, e per di più ha un’ aria assonata, quasi ebete Ermione: Ecco, vedete? Niente più domande, niente più problemi. Guardate che bella faccia rilassata... ... intelligente, intraprendente!
Carneade: Volevo adoperare tutto il mio senso per attingere al mondo sconosciuto trarre da vite insegnamenti
52 si infila un paio di occhiali assai poco attraenti
Ermione: Intendo, caro Capitano, che come al solito sono stata io a farmi carico dell’intera faccenda: a fare del sarcasmo quando la vostra discussione diventava troppo idiota, e quindi facendo in modo che la gente non se ne andasse.
53 da mali guarigioni dal mio piagnucolare aiuto per altri invece sono rimasto qui a portare probabilmente la mia dose di significazione senza poter mettervi mano. poi, esita, sembra aver dimenticato la battuta Ermione: ...ma un istante prima della verità... Carneade (come ricordando una lezione imparata a memoria): Ma un’istante prima della verità piccoli deflussi di materia arcaici presagi di terrestre dualità insidiano per l’ultima volta la memoria d’un tempo retrattile affrancato sulle contingenze. Lontani dai fenomeni e forse sordi alla carne animi di variegata luce mi sovrastano e tutto il mondo si contrae annientato da tanta benevolenza. A partire da siderali silenzi latebre infinite dell’essere senza turba né pace, ho provato a risalire la corrente. (fa una breve pausa meditativa) Come avvoltoi annegati galleggiamo nel fiume inzaccheratidell’eternitàdainconciliabili tormenti e stolte similitudini e zavorre che sostengono zavorre e sapide tiepidità di acqua marcia: è il brodo biologico dei lamenti nostrani. Anche se ... a volte, nell’incredulità del torpore
Uccide allora le potenze della distrazione si assesta sempiterno tra le rocce avvicina i discepoli e concilia le vuote parole i soffi i sussurri delle morti infantili placa l’inquieto mormorare della gente espandendosi e contraendosi.
Coro: Inafferrabile!
Ermione tacita Carneade mettendogli la mano sulla bocca prima che fi nisca la frase Ermione (rivolta al Capitano): Chiedo pietà per quest’uomo Capitano: Questo non è un processo Uno del Coro: purtroppo!
Carneade: Milioni di colpevoli potrebbero essere perdonati milioni di nemici potrebbero riconciliarsi infinite folle di fuggiaschi potrebbero ritornare gli avvoltoi potrebbero tornare dall’Ade risalendo il percorso dell’acqua e far tacere il muto brontolio degli uomini e delle donne.
54 il vuoto che prima si squarciava sotto i nostri piedi si apre ai nostri occhi e palpita di senso come una madre.
“Questo é lo spirito vivente: forma il pieno dal vuoto, rende esistente il non esistente, scolpisce i grandi pilastri con la luce inafferrabile”.*
Basterebbe volgere lo sguardo altrove e lainvece.....adesso.....vitamiappareintutta la sua...
Ermione: D’altra parte, ha già avuto la sua sentenza:
Ermione: Non è Volevatevero!solo capire se aveva torto o se aveva ragione
Ermione: Chiedevo solo un po’ di considerazione per questo povero diavolo
Coro: Già, come ti permetti?
55 è morto!
Zebra: D’altra parte... se l’è comminata da solo!
Ermione: A parte il fatto che sarei l’altra metà del cielo, vorrei segnalare che eravate proprio voi, Capitano, a voler cercare la verità, ma forse... in realtà eravate interessato all’inconsistenza
Carneade: Eh?
Capitano: Ha! Chi sei tu, donna, per decretare cosa volevamo o non volevamo capire?
Ermione: Ma guardatelo! ... Come potete ancora infierire su questo povero derelitto?
Capitano: Non abbiamo risolto un grave problema: Carneade dice di vedere la vita nella sua inconsistenza. Vuol dire che c’è qualcosa di consistente oltre la vita?
Capitano: Ma se non abbiamo fatto altro che occuparci di lui!
Uno del Coro: Beh, per questo non cè che da chiederglielo!
Ermione: Basta! Questo è troppo! Cerchiamo almeno di limitare il supplizio, anche per rispetto del pubblico Capitano: Però non si può aprire una scatola di sardine standoci dentro Carneade: Noi siamo le sardine e la scatola.
Capitano: Già, Carneade, la prego, ce lo dica: Adesso che lei è... ehm.... morto, lì dove si trova, l’ambiente comè? Più consistente?
Ermione: E’ morto, non può rispondere
Carneade: ho atteso invano che luci e ombre si miscelassero nel darmi una risposta, e la risposta è chiaroscuro, infatti. Ciò che appare, è cio che è? E quando, a forza di guardare, ciò che guardiamo diviene inconsistente, significa che finalmente la realtà si disvela, oppure significa che l’abbiamo consumata con l’atto del guardare, e proprio mentre non guardiamo tutto diventa consistente?
Zebra: Ancora si strugge! Cane: ... e si divincola!
Coro: Bella, questa! E soprattutto nuova
Zebra: eppure, dal nostro escursus si evince chiaramente che niente è vero e tutto è possibile!
Zebra: Cari amici, credetemi sulla parola: la realtà diventa ciò che noi descriviamo, siamo quello che pensiamo. Ci sono ormai in giro un sacco di luoghi comuni che testimoniano quanto questo concetto sia ormai accreditato. Siamo dei fabbbricatori di realtà, ecco qua.
Carneade: ...ho atteso invano che antiche ombre e nuove luci
Ermione (ammirata): Come parli bene, caro Capitano: Sì, però elude la domanda
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Ma solo all’interno della scatola.
Coro: No, sono antiche luci e nuove ombre
Non ci sono limiti che non siano rappresentati da noi stessi, non esistono orizzonti imperscrutabili o altra ferramenta del genere. Quindi siamo liberi.
Signori,andiamo!viprego, ditemi che abbiamo scherzato.
Finchè si tratta di pure speculazioni filosofiche, di dibattiti da salotto... ma se vogliamo tirar le cuoia... ehm... se vogliamo tirar le fila di questa faccenda non potete non convenire con me che i nostri sensi e la nostra intelligenza ci forniscono tutti i dati di realtà di cui abbiamo bisogno.
Capitano (perplesso): Beh... allora...se il Professore dice che... Ermione (interrompendolo): Capitano, la prego, non ci lasci andar via così. Non possiamo liquidare la faccenda così facilmente. Non sono interessata agli aspetti teorici, ma al destino di quell’uomo Cane (sarcasticamente contrito): Che vicenda dolorosa! Carneade è giunto morto all’appuntamento con se stesso Zebra: Oppure vi è giunto vivo
E la causa del decesso è: fine della vita. Non c’è altro da aggiungere. Zebra (dopo una lunga pausa): ...effettivamente...
Potrà accadere a un Capitano, a un architetto, ma questo è un lusso che noi scienziati non possiamo permetterci.
Il resto, cari amici, può esser puro divertimento, come lo era per questo pover’uomo (addita Carneade) sul quale non mi è difficile formulare una diagnosi: è morto.
....
Certo, non posso negare che anche noi si abbia dei dubbi, ma coltivare il dubbio come esercizio...
57 Cane: Avete ragione, caro architetto.
Nondimeno occorre sottolineare che è tutto vero solo se ci consideriamo fallaci.
Non vi commuove l’ultimo anelito di un essere?
Non vi coinvolge il suo sforzo di guardare? Non vi desta compassione il suo trovare il tutto inconsistente? Beh, si vede, che questa commedia l’ha scritta un uomo. Lo si vede anche da quello che vado a fare. (prosegue spogliandosi) Datemi ancora cinque minuti, e se c’è ancora un ultimo anelito di vita in quell’uomo, vedrete che lo risveglierò.
58 ed ha trovato se stesso morto!
Ermione si alza, prende Carneade per mano e lo conduce dietro un pa ravento, attraverso il quale sono visibili i molteplici sforzi in cui la donna si prodiga per risvegliarlo. Carneade è steso e Ermione è china su di lui. La scena potrebbe essere accompagnata da una musica. Tutti attendono trepidanti, tranne Cane che ha un’aria di sufficienza, come se sapesse già l’esito.
Ermione (da dietro il paravento): Lo confermo: E’ morto. Zebra: Si potrebbe intitolargli una strada Cane: Potrebbe servire per una statistica Zebra: Potrebbe essere il soggetto di un film Cane: Potrebbe donare gli organi Zebra: Potrebbe lasciare un ricordo Cane: Un’eredità, Una certezza Capitano: E invece, di lui resta solo...un bicchiere di gelato E fra poco, neppure più quello. Ah, infausto destino, ah tragico limite dell’umana insipienza. Questa sera ci reca una buia pace, e il sole, in segno di lutto, non ricomparirà fino a domattina. Mai una storia è stata di tanto dolore
Ermione: Signori vi scongiuro! Non potete trasformare questa fine in una pura dissertazione.
59 come questa di Carneade... e del suo Carneade. Escono. Dietro il paravento si intravede Ermione piangente, con un velo sul capo, chinata sulla salma. Sipario. *lafinecitazione è tratta dallo Sepher Yetziré