Ringrose

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Sfoglia qui le pagine con l’articolo su Ringrose di Walter Pozzebon

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L’importanza di chiamarsi RINGROSE

Il

C’è una lezione che si può trarre da questo 6 Nazioni. O meglio, una conferma: due primi centri in formazione non sono una garanzia di buona partnership. Quasi a corollario, emerge sempre più chiara l’importanza tattica del secondo centro, soprattutto in difesa.

Questo appare evidente guardando proprio la squadra che ha dominato il torneo e che svetta nel ranking mondiale.

Nella partita contro l’Italia il ct irlandese Andy Farrell, orfano di Ringrose, ha scelto di schierare insieme Bundee Aki e Stuart McCloskey. Come sappiamo, entrambi vengono impiegati solitamente nel ruolo di primo centro nelle loro franchigie. Una

scelta che ha fatto storcere il naso a più di qualcuno. Se McCloskey sta giocando bene a Ulster e ha dimostrato affidabilità nei test autunnali, Aki sembra invece ancora in rodaggio quest’anno, visto che comunque il suo utilizzo è stato effettuato con il contagocce (complice anche una pesante squalifica per gioco violento). Proprio Aki è stato posto sul banco degli imputati e la sua prestazione messa sotto la lente d’ingrandimento dalla stampa irlandese. “Mixed bags”, ha definito la propria prestazione il giocatore alla stampa. E ha ragione, perché se è vero che contro gli Azzurri ha segnato una meta e “mezza” e ha ispirato pregevoli manovre in attacco (vedi il servizio a Van Der Flier a ini -

centro dell’Irlanda spesso sfugge all’occhio dell’osservatore meno attento, ma la sua importanza nella squadra numero uno al Mondo è fondamentale.
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Garry Ringrose, 28 anni, 50 cap e 13 mete con la maglia dell’Irlanda.

zio gara, il buco e l’assist per Keenan nella seconda meta irlandese), è proprio l’aspetto difensivo che i media hanno vivisezionato e portato come capo d’imputazione.

Aki non sembra difendere con la velocità richiesta dal sistema messo in piedi da Simon Easterby. Sembra inoltre che le squalifiche per misbehaviour e gioco pericoloso abbiano in qualche modo bagnato le polveri al suo marchio di fabbrica: l’assalto fisico volto a demolire l’avversario. Molte delle falle nella difesa irlandese si creano proprio attorno a lui ed evidenziano chiaramente una scarsa intesa con

il resto del reparto. La nostra prima marcatura nasce proprio dallo scollamento tra Aki e Lowe, dove si infila Lorenzo Cannone che arriva in prossimità della meta, finalizzata poi da Varney. Sempre Cannone (prestazione super la sua) poco dopo buca ancora da prima fase tra i due centri.

Aki ha spesso costituito un vero e proprio “broken link” fra il suo partner McCloskey e James Lowe all’esterno, il quale si è trovato in un paio di occasioni in situazioni di dubbio amletico: salgo o non salgo? Era evidente che qualcosa non stava funzionando.

Aki lo sa ma non riesce a porvi rimedio. A un certo punto è talmente frustrato che, dopo aver rimediato una penalità, si lascia sfuggire un sonoro “fucking stupid!”, raccolto in mondovisione dal microfono dell’arbitro, che ha costretto il commentatore di Itv Nick Mullins a scusarsi in diretta per conto del giocatore.

È onestamente difficile capire quali dinamiche si possono generare in campo e come queste influiscano sull’alchimia dei giocatori. Disquisire ulteriormente sull’intesa tra Aki e McCloskey può risultare un esercizio puramente speculativo. Di fatto, però, ci può far riflettere su quanto precisi e puntuali siano i meccanismi di una squadra, su quanto una lieve esitazione regali matematicamente metri all’avversario e su quanto, in un simile contesto, sia importante la figura di Ringrose.

Non è un caso che in Irlanda il secondo centro di Leinster sia considerato alla pari di Sexton per l’economia del gioco. Ormai assurto a ruolo di leader della diga difensiva dei verdi, Ringrose è un vero e proprio world-class player, nonostante spesso il livello stratosferico delle sue prestazioni passi in sordina. Sexton stesso, in una recente intervista, si chiedeva come fosse possibile che Ringrose, ventottenne, non abbia ancora giocato con i Lions britannici. Il loro tour del 2025 in Australia potrebbe dargli quindi la definitiva e meritata consacrazione. Le sue abilità sono talmente sottili e raffinate che sarebbe necessario riguardarsi le partite più volte per cogliere appieno le qualità del suo enorme work-rate. I suoi interventi sono spesso così fulminei che sfuggono alla frenesia della cronaca. Eppure Ringrose è un gigante. E lo ha dimostrato in modo assoluto nel match contro la Francia. Questa è la classica partita da far vedere a un ragazzo che vuol giocare centro ad alto livello, un vero e proprio Bignami del secondo centro. Se si prova ad analizzarla si troveranno una quantità di episodi e spunti tecnici da far impressione.

Play/pause/rewind/play: era da un bel po’ di tempo che non mi cimentavo, ma ne vale davvero la pena per capire quanto cruciale sia il suo lavoro. Innanzitutto senza palla.

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Lorenzo Cannone buca tra Aki (a destra) e Keenan. Sotto: il numero otto azzurro accelera inseguito da Stuart Mc Closkey e Caelan Doris.

Al minuto 12.50 la Francia muove palla con Ramos da destra a sinistra usando molti giocatori nei pod. Ringrose, là in alto, legge subito l’attacco e temporeggia quel tanto da garantirsi l’interno, quindi punta il mirino e sale sparato su Fickou, che può solo servire corto per Moefana. Ma l’assertività di Ringrose innesca subito al suo esterno Mack Hansen in modo talmente rapido e automatico che la manovra francese viene letteralmente soffocata e Moefana si trova braccato da tanti quadrifogli.

Oltre alla lettura fulminea dell’attacco, l’abilità di Ringrose sta anche nel modo di guadagnare tempo (parliamo di millesimi di secondo) per prendere la

decisione migliore quando l’attacco ha più opzioni.

Provo a rivedere allora l’ultima azione della Francia, minuto 81’.

Ancora una volta: play/pause/rewind/play. Fickou, sul piede avanzante, porta palla sui 22 avversari e ha l’opzione sullo stretto (con un pod di 3 compagni) e sul largo, dove i galletti sono in superiorità. Ringrose allora fa una cosa inusuale in un campo da rugby: danza. Quasi a passo di tip-tap infatti avanza sparato poi indietreggia giusto per instillare il dubbio all’attacco e ridurne le opzioni. Riesce nel frattempo anche a dare ad Aki indicazioni su chi marcare al suo interno (è ben visibile il

Ringrose in una presa al volo acrobatica, sorretto da Josh van der Flier. François Cros non sa se ripararsi o intervenire.

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Al di là della vetta nel ranking, l’impressione è che le basi su cui poggia il gioco irlandese, che oggi si chiamano Sexton, Ringrose, O’Mahoney, Murray e Van Der Flier, siano più solide e in forma che mai. E che attorno a loro sia stato creato un gruppo di giocatori che sono individualmente migliorati in modo notevole.

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braccio di Ringrose che indica l’avversario da marcare). È a quel punto che scatta la trappola: la parità numerica è ristabilita, perché nel frattempo l’interno è stato garantito, e Ringrose accende la miccia del rush. Lowe al suo esterno coglie il segnale e sale sparato, chiudendo di fatto tutte le porte. Dumortier viene braccato e portato indietro di diversi metri, dopodiché perde addirittura palla nel tripudio dell’Aviva Stadium. Gran parte del lavoro difensivo di Ringrose non sta nel placcaggio. In questa azione non tocca nemmeno gli avversari, ma la sua corsa e il suo body language hanno dettato le note di una suite sublime. Ma oltre alla qualità degli interventi di Ringrose, quello che colpisce è anche la quantità. Il centro di Leinster è un lavoratore infaticabile e il suo apporto emerge soprattutto nei momenti cruciali della par-

tita. È lì che si vede il fuoriclasse. I francesi stanno infatti premendo sull’acceleratore e vedono l’Irlanda a un passo. È da poco iniziato il secondo tempo e il risultato è sul 22 a 17 per i verdi.

Inizialmente Ringrose placca Moefana vicino ai 15 metri e resta invischiato nella ruck che si forma. Ma la Francia muove subito palla al largo sulla sinistra dove, tanto per cambiare, si trova in superiorità. Dumortier riceve sul lungo linea, sprinta e scavalca l’ultimo difensore Keenan con un calcetto. Sembra fatta, e invece no, perché Keenan NON è l’ultimo difensore. Compare infatti da chissà dove Ringrose che, con la serenità del monaco, riceve al volo e chiama il mark, salvando la meta del pareggio. Riguardo l’azione e capisco che Ringrose, dopo il placcaggio, fa un ampio swing dietro alla linea difensiva irlandese, legge l’attacco e prevede tutto. Il suo sforzo è quindi farsi trovare al posto giusto nel momento giusto. Istinto e commitment: una miscela micidiale.

La sua meta finale, che di fatto sigilla la partita, non è altro che la coronazione di una prestazione maiuscola.

Sarà interessante nei prossimi mesi vedere come il management irlandese gestirà i propri giocatori cardine in vista del mondiale. Il rischio è che, come nella passata edizione, gli irlandesi arrivino alla Coppa del Mondo con il fiato corto. Mai però come in questi due ultimi anni l’intesa fra i giocatori in maglia verde si è percepita in campo. Al di là della vetta nel ranking, l’impressione è che le basi su cui poggia il gioco irlandese, che oggi si chiamano Sexton, Ringrose, O’Mahoney, Murray e Van Der Flier, siano più solide e in forma che mai. E che attorno a loro sia stato creato un gruppo di giocatori che sono individualmente migliorati in modo notevole. Come titolava il Guardian all’indomani della vittoria sulla Francia, con l’imminente Grande Slam e la World Cup alle porte, “fun for Ireland may only just be beginning”.

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La meta contro la Francia sotto gli occhi di Macalou.

Ringrose protagonista al rientro (man of the match) nella clamorosa vittoria del Leinster contro i Tigers nel quarto di finale di Champions Cup a Dublino.

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Gli anni di Garry Ringrose, nato il 26 gennaio 1995. Con la maglia del Leinster ha esordito il 12 settembre 2015 in un match di PRO12 contro il Cardiff.

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Le partite disputate con la maglia della provincia irlandese, 106 da titolare!

2015

Titolare in tutte e cinque le partite dell’Irlanda U20 ai Mondiali di categoria svoltisi in Italia.

2016

Debutto a novembre con la maglia della Nazionale irlandese contro il Canada.

50

I cap con l’Irlanda, l’ultimo contro la Scozia, a marzo. Un trauma cranico subito in quel match gli ha impedito di prendere parte alle due partite successive. È tornato in campo contro i Leicester Tigers in Champions Cup il 7 aprile. 7

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Nell’ ultimo Sei Nazioni ha guadagnato in media 7 metri ogni azione in cui ha portato avanti il pallone.

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La prima meta di Ringrose contro i Tigers.

L’importanza di chiamarsi ringrose

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Daniele Resini, John Dickson, Getty Images.

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