Barnes

Page 1

Sfoglia qui le pagine con l’intervista a Neil Barnes

2
Neil Barnes, 65 anni, è stato anche allenatore degli avanti del Canada alla Coppa del Mondo del 2015.

L’amico neozelandese

Neil Barnes dispensa consigli, considerazioni e trasmette un vissuto di rugby che l’ha portato ai Chiefs con Dave Rennie ma in realtà quello di cui va più orgoglioso sono le sue origini: la storia del farmer di Taranaki che dapprima ha sigillato la maul azzurra poi, nell’ombra, ha reso grandi servigi alla coppia Crowley-Moretti di Federico Meda

Hawera, in lingua maori, si può parafrasare come “piana in fiamme” o “luogo bruciato”, il tutto per via di un’antichissima faida tra tribù locali, culminata con l’incendio delle wharepuni, le tradizionali abitazioni dei primi abitanti di Aotearoa. Hawera è una cittadina a sud del Monte Egmont e il suo corrispettivo settentrionale è New Plymouth, il centro più grande della regione di Taranaki, toponimo che dal 1889 è parte integrante dell’epica del rugby. La prendiamo volutamente larga ma dovete sapere che tra Hawera e New Plymouth sorge Kaponga. Questo triangolo, allargato senza dubbio, mette insieme due dei responsabili del ritrovato orgogliononché di difesa e attacco - del nostro rugby: Kieran Crowley e Neil Barnes. Del primo sappiamo tutto, a partire dal luogo di nascita (Kaponga) del secondo, ruolo di consulente del primo a parte, non sapevamo nulla. Infatti siamo partiti dalle basi: “Where I was born? Hawera”. Il pensiero è andato subito a Jayden Hayward, anche lui nato nella “piana in fiamme”, ma ci siamo dovuti spostare subito 57 km a nord, ovvero a New Plymouth perché è lì che Neil ha giocato 20 anni di club rugby, togliendosi diverse soddisfazioni. Ed è lì che si sono conosciuti lui e Kieran, più nella veste di avversari che di compagni di squadra, perché se Crowley detiene tuttora

il record di presenze (199), di punti (1723) e di mete (64) nella selezione provinciale dell’Isola del Nord, a Neil è capitato solo due volte di vestire la maglia a strisce giallo e nere del Taranaki: “È vero, e solo grazie a diversi infortunati in seconda linea. Con Kieran ci siamo scontrati tantissime volte, sia da giocatori che da allenatori quando ero a New Plymouth. Poi abbiamo fatto coppia nel Taranaki B e da lì è iniziato tutto”.

Quando Neil intende tutto si riferisce al suo percorso professionale. Lui in realtà è un orgoglioso farmer e solo da poco ha iniziato a rispondere “coach” alla domanda su cosa fa nella vita. “Io sono un appassionato, un passionale forse, non ho mai pensato al rugby come un full time job. Io sono e sarò sempre un farmer. Mi manca la fattoria? Certamente. Al 100%. Ma non puoi avere tutto. Il Sei Nazioni è una bella esperienza, un highlight, me lo godo e poi tornerò alla mia realtà”.

A dicembre ha firmato per due anni con gli amati Taranaki Bulls in NPC come head coach, lasciando così pochi spiragli a una sua presenza in autunno in Francia (“Non penso di venire al Mondiale perché è in contemporanea con il torneo downunder, però non so onestamente del mio futuro, vedremo”). Ha scelto la sua gente, la sua realtà, anteponendo il

3

benessere di una comunità ai risultati e al professionismo. Non è la prima volta: nel 2021 ha smesso di lavorare ai Chiefs dopo anni molto proficui con Dave Rennie (che lo aveva voluto) e Warren Gatland, lasciando un ottimo ricordo di sé, soprattutto per il suo approccio umano al rugby: “Se costruisci un buon rapporto con i tuoi giocatori, saranno disposti a imparare da te - spiegava a Rugbypass tempo fa -. Nel tempo ho scoperto che se sei troppo distante e predichi tutto il tempo, i messaggi non arrivano. Non sono lì per essere il migliore amico di tutti, ma cerco di mettermi al fianco dei giocatori per dimostrargli che mi sto impegnando per loro. Con la maggior parte funziona e poi ti seguono. È fantastico vedere i ragazzi raggiungere il loro potenziale e osservare come da giovani diventano adulti”.

Essere consulente di Kieran Crowley non è una novità, Neil aveva già ricoperto questo ruolo con i Canucks (la Nazionale canadese). È stato chiamato l’anno scorso, prima del Sei Nazioni 2022, con l’obiettivo di risolvere i problemi in maul, trasformatosi da punto di forza a punto debole, in attacco

ma soprattutto in difesa. Le cose sono andate molto bene e Neil è stato aggregato anche per i test di novembre e il Championship in corso. “Perché gli Azzurri? Quando Kieran è andato in Canada la cosa ha funzionato. Così mi ha chiesto di dare una mano anche quando ha iniziato ad allenare l’Italia. Poi siccome l’anno scorso abbiamo risolto i problemi in maul, a novembre mi sono occupato di altro. Cioè? Un po’ del gioco, non per forza della difesa. Do i miei consigli”.

La spinta della maul inglese ha messo in difficoltà l’Italia a Twickenham. Dombrandt apre la strada per Jamie George, con Ludlam, Sinckler e Itoje coinvolti in evidenza.

4

Dopo due anni ai Chiefs, Barnes aveva ricevuto il compito di ristrutturare l’intero sistema difensivo e per farlo aveva deciso di introdurre una variante sviluppata all’estero, non in Nuova Zelanda. La sua idea era di sparigliare le carte ma siccome la franchigia perse le prime quattro partite, la sua autorevolezza - di Neil e del sistema - era stata messa in discussione. “Con alcuni giocatori come Anton (Lienert-Brown, ndr) c’erano stati degli scontri - ricorda -. È stato un momento difficile ma, come allenatore, devi lavorare su questo e credere che quello che stai facendo sia giusto perché se hai qualche dubbio nella tua testa, allora sei in un sacco di guai. Anton e io siamo ottimi amici, ma non avremmo potuto farcela senza una relazione solida e in que -

sto momento molti team neozelandesi sono passati a quel sistema”.

Alla fine nella tua storia affiorano sempre i 20 anni di club rugby. L’Italia non è simile come scelta. A te piacciono gli underdog?

“Sì, può essere. Ma in realtà la scelta non è intenzionale. In effetti anche i Chiefs erano forti ma non erano i favoriti. A me piace lavorare con i ragazzi, dare una struttura, un game plan, vedere che lo rispettano e che migliorano. E non avete idea di quanto sono orgoglioso di vedere quanto stanno migliorando i ragazzi italiani”.

Quando è contato Kieran in questo processo?

“Lui è cresciuto dentro alla squadra, a sua volta più grande di qualsiasi altra cosa. Hanno celebrato dei successi, il lavoro sul campo porta divertimento, il gruppo è fortissimo perché enjoy what is doing, si gode quello che fa”.

I ragazzi parlano di te nelle interviste, dicendo che gli fai fare degli esercizi. Di preciso cosa fai?

“Io sono l’hangaround mate (quello che fa un po’ di tutto, ndr), il mio compito è aiutare gli allenatori, poi faccio comunque lavori individuali con i ragazzi, sì.

5

C’è ovviamente il problema della barriera linguistica ma il mio mestiere è supportare i ragazzi, creare l’environment giusto”.

Nel nuovo corso di Kieran Crowley sono rimasti alcuni numeri di quello passato: concediamo tanti turnover e ne vinciamo sempre pochi. Una statistica è cambiata moltissimo invece: siamo l’unica nazione che nel 2022 ha concesso meno di 10 punizioni a partita (e nonostante le 14 a Twickenham, siamo a 10,5 nel 2023).

C’è sempre il tuo zampino?

“Io alla fine sono venuto per risolvere certe problematiche ma quella delle punizioni è più una cosa di Kieran. Abbiamo deciso di non mettere tante persone nei breakdown perché prendevamo troppi calci. Meno persone, meno rischi. Idem sulla mischia: facciamo le cose pulite, cerchiamo di non fare fallo e così avremo un arbitro che ci considera puliti e ci darà meno punizioni contro. Non concedere falli è fondamentale”.

Contro l’Inghilterra però ne abbiamo concesso troppi, ma anche tre mete in drive. Come te lo spieghi?

“Semplice: abbiamo sbagliato i posizionamenti a livello di ruoli, poi l’arbitro non ha aiutato con le sue decisioni, dando quindi l’opportunità a loro di giocare in zona rossa”.

Nonostante la sconfitta, l’Inghilterra è entrata nei 22 italiani 13 volte, con una media punti di 2,4 per visita. La Francia la settimana prima 12 volte per 2,2. Sei orgoglioso di queste statistiche? Anche alla luce del fatto che noi

“Abbiamo deciso di non mettere tante persone nei breakdown perché prendevamo troppi calci. Meno persone, meno rischi. Idem sulla mischia: facciamo le cose pulite, cerchiamo di non far fallo e così avremo un arbitro che ci considera puliti e ci darà meno falli. Non concedere falli è fondamentale”.
6
In Nuova Zelanda, Barnes è stato assistente dei Chiefs con Warren Gatland come capo allenatore. A destra, Michele Lamaro, capitano della Nazionale dopo esserlo stato di quella U20.

con entrambe le squadre abbiamo fatto meglio: 7 visite ai 22 per una media 2,6 punti con i galletti, 6 per 2,3 a Londra.

“Sì, anche se le decisioni arbitrali li hanno fatti arrivare troppo spesso a giocare a ridosso della nostra linea di meta. Adesso dobbiamo lavorarci a bocce ferme, l’allenamento aiuta. Comunque grande rammarico. A Twickenham, nonostante due gialli e un inizio di 19 punti a zero per loro, abbiamo rialzato la testa e nel secondo tempo il parziale è stato 14-12 per noi”. Mancava un Piano B con l’Inghilterra?

“Assolutamente sì. Eravamo knock out e non sapevamo come risalire. Sotto pressione, distrutti in difesa, con l’arbitro che concede quel tipo di gioco in maul… Comunque errori nostri al 100% sulle maul, siamo consapevoli di questo e che può costarci il risultato. Però abbiamo dimostrato grande challenge and fight, non è poco. Una partita che alla fine potevamo portare a casa, come quella con la Francia”.

Appunto la Francia?

“Errori di skills all’inizio, regalato punti, se guardiamo al risultato finale, avremmo dovuto vincere. Tante le occasioni per segnare, abbiamo difettato nell’esecuzione. Sull’azione finale abbiamo fatto uno “special play” ma chi doveva ricevere la palla e segnare era ancora a terra. Possiamo essere molto felici di come abbiamo affrontato la Francia, di come siamo riusciti a rientrare in partita dopo quei drammatici venti minuti ma anche annoyed per come non siamo riusciti a portarla a casa”.

Qual è il tuo giudizio sull’Italia dopo un anno che frequenti il gruppo?

“Non vedo ragioni perché gli Azzurri non possano diventare una squadra di Top Tier. Adesso ci sono giovani che sono solo al secondo anno di rugby di questo livello. In 4-5 anni possono arrivare a essere tra i migliori. Mi piace l’aria che si respira nel gruppo. Il capitano è un leader pazzesco, è giovanissimo e dietro, nell’Under 20, si sta creando un serbatoio di talenti che sarà molto utile. Cosa serve all’Italia per continuare a migliorare? Stabilità, consistenza, mettere le fondamenta. A livello sportivo ma anche di amministrazione, di management. Bring stability”.

Hai parlato di Michele come leader. Ma sappiamo che nel rugby moderno la leadership non è mai abbastanza. Gli Azzurri ne hanno a sufficienza?

“Ne vedo molta, ma è Kieran che la sa sviluppare. Ma soprattutto abbiamo un healthy space at the moment, un ambiente sano. Questo fa sì che Michele Lamaro, Tommaso Allan e tutti gli altri si possano esprimere al meglio”.

Cosa manca, quali sono i nostri punti di debolezza?  “Depth. Profondità. Solo due squadre ad alto livello, Treviso e Zebre, garantiscono poco minutaggio ai giocatori perché solo 23, quindi 46, possono giocare. Ma dovremmo arrivare a 60. Non abbiamo 2 giocatori dello stesso livello in ciascun ruolo. Un po’ stanno

aiutando gli overseas (per i neozelandesi tutto l’estero è overseas…, ma i nostri sono per lo più in Francia e Inghilterra, ndr) ma non sempre giocano nei ruoli che ci servono. Il discorso è che dobbiamo avere più giocatori al top level. Altrimenti siamo fractured”. Dopoil 20-34 con l’Irlanda ci aspettano Galles e Scozia.

Potevamo vincere tutte le partite sin qui disputate. Sono entrambe grandi opportunità di scontro, una in grande spolvero, l’altra meno. Giochiamocela.

7

L’amico neozelandese

da Allrugby 178

foto

Daniele Resini/Fotosportit, pagg. 2, 6, 7.

Craig Mercer/Getty Images), pag. 4.

178 numeri fa nasceva Allrugby. Lavoriamo da 16 anni per la crescita della cultura del rugby in Italia. Abbonatevi e regalate un abbonamento, il sostegno dei lettori è decisivo. abbonatevi su www.allrugby.it e potrete leggere Allrugby completo online insieme a tutti i contenuti speciali al costo di 25 euro per un anno (11 numeri) oppure acquistare un singolo numero a € 3,50

Sempre su www.allrugby.it abbonamento carta + digitale a 60 euro l’anno

Per informazioni: redazioneallrugby@alice.it

Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.