Archeo n. 315, Maggio 2011

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storia L’uomo e la materia il blu della pietra e il rosso del sangue Ur è il nome dell’antica città sumerica sorta alla destra dell’Eufrate, nel sito dell’odierno centro iracheno di Tell el-Muqaiyar (collina della pece), 20 km a sud-ovest di Nasiriya. Le notizie storiche scritte iniziano con la I dinastia (2500 a.C. circa). Il suo ruolo fu secondario in età presargonica, finché fu conquistata da Sargon di Akkad (2350 a.C. circa), che cercò di controllarla; ma l’ambiente sumerico resistette all’assimilazione, operò varie rivolte (II dinastia) e ottenne il capovolgimento della situazione con la III dinastia (2112-2004 a.C. circa), con la quale la città raggiunse l’apice della potenza, al centro di un impero che controllava l’intera Mesopotamia. In particolare, Ur-Nammu (fondatore della III dinastia) costruí (o ricostruí) a Ur la ziqqurat e altri edifici. La ziqqurat di Ur era una delle opere piú significative del tempo, costruita su tre piani in mattoni crudi tenuti insieme dal bitume. Il figlio di Ur-Nammu, Šulgi, dotò città e impero dell’organizzazione amministrativa ed economica e sotto Ibbi-Sin (ultimo re della III dinastia di Ur, 2028-2004 a.C.) la città fu distrutta dagli Elamiti. La dinastia di Isin si considerò erede di Ur III e curò i rapporti con la città, che però perse importanza e fu distrutta da Samsu-iluna di Babilonia (1740 a.C. circa). Tra il 1922 e il 1934, una missione archeologica condotta dall’archeologo inglese Sir Leonard Woolley (1880-1960) riportò alla luce un sepolcreto presto ribattezzato Cimitero Reale. Dalle tombe, infatti, furono recuperati corredi funebri ricchissimi, ai quali appartenevano numerosi oggetti in lapislazzuli, tanto che, come si legge nell’articolo (vedi a p. 93), è stato calcolato che i sovrani di Ur ne avessero accumulato il 95% di quello allora disponibile. Recenti indagini su resti scheletrici provenienti dal Cimitero (vedi «Archeo» n. 299, gennaio 2011) sembrano aver dimostrato che, alla morte dei sovrani, in occasione della loro sepoltura, si celebrarono ingenti sacrifici di massa, che portarono all’uccisione di centinaia di sudditi. (red.)

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gende sinistre e sanguinose. Si narrava di genti misteriose venute dall’Ovest, chiamate, con parola persiana, syahpush (ossia «mantelli neri»). I «mantelli neri» volevano il lapislazzuli, ma non riuscivano a raggiungere la roccia blu, che svettava oltre gli spessi strati di bianche e dure rocce cristalline dei pendii montuosi. Cosí chiesero alla gente del posto animali e grandi cataste degli arbusti che i locali usavano come combustibile. Uccisero le bestie, pregando sui fuochi sacri. Sangue e carni delle vittime gelavano, indurendosi quasi a formare dei gradini. Ma non vi erano abbastanza animali, e ben presto i «mantelli neri» chiesero giovani vittime umane, che venivano accatastate a formare l’orribile scala. Ma le popolazioni locali si ribella-


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