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ALCOL FREE LA SFIDA DEGLI INGREDIENTI MADE IN ITALY
Se dieci anni fa qualcuno di noi avesse ordinato un mocktail, molto probabilmente si sarebbe trovato di fronte all’espressione smarrita del barman o del cameriere, convinto che il cliente si fosse bevuto un po’ il cervello. Quel termine, allora già sdoganato negli Stati Uniti e anche nelle località turistiche più esotiche, in Europa era agli esordi: da noi si parlava di cocktail analcolico e spesso il risultato era così triste da indurre l’avventore a spostarsi verso un più comune Crodino. Oggi i mocktail – la parola deriva dall’unione dei termini inglesi mock, che significa inganno, e cocktail appunto, per un bere miscelato che sembra alcolico ma non lo è – sono un riferimento di mercato, in pieno trend e in evoluzione non solo grazie alle ricette ideate dai bartender, ma anche per effetto della ricerca in atto sul versante ingredienti. Si parte ancora dai succhi di frutta, ma la differenza rispetto a un tempo si osserva nel lancio di linee sempre più evolute, dedicate al mondo alcol free, con la volontà di offrire al mercato uno stile italiano per questo settore. Non è solo questione di orgoglio nazionale, ma anche e soprattutto di potenzialità di crescita. Perché il mercato dei mocktail è in piena espansione.
Verso il raddoppio in cinque anni
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«Secondo uno studio da noi commissionato, questo segmento di mercato vale tra i tre e i quattro miliardi di euro a livello globale, calcolando soltanto il fuori casa e solo il mondo beverage, ed è destinato a una crescita significativa. Entro il 2027 dovrebbe attestarsi tra i cinque e i sei miliardi di euro», racconta a Spirito Autoctono Fabrizio Finelli, Bu Director Ice Cream di Casa Optima Group, realtà leader nella fornitura di prodotti destinati a gelaterie e pasticcerie (l’ultimo marchio acquisito è la divisione gelateria di Pernigotti). Tra i brand di Casa Optima, uno è dedicato alla mixology: si tratta di Doumix, spin-off di Mec3 (marchio dedicato ai professionisti del gelato) che ha sviluppato un’ampia gamma di pre-mix, sciroppi, cordial ed elisir di frutta. I tre miliardi di cui parla Finelli rappresentano il giro d’affari complessivo di questo tipo di ingredientistica, ma è impossibile stimare quanto prodotto sia destinato al mix alcolico e quanto al mondo dei mocktail. Le certezze riguardano invece i principali mercati di destinazione: dominano gli Stati Uniti, a seguire Cina e Francia. Analizzando invece le aree dove sono destinati principalmente al settore mixology senz’alcol, emerge l’importanza strategica dell’area mediorientale e nordafricana. «Arabia Saudita ed Emirati Arabi, messi assieme, rappresentano il 10% delle vendite globali di ingredients e in quei Paesi - precisa - l’utilizzo è quasi integralmente per bevande alcol free».
La concorrenza è soprattutto francese
Casa Optima ha investito in questo comparto partendo dalla propria expertise nella creazione di ingredienti per la gelateria: «Sembrano due mondi distanti, ma in realtà c’è affinità dal punto di vista tecnologico e noi stiamo sfruttando il know how acquisito nella gelateria per tradurlo nel mondo beverage», afferma Finelli. Certo, la quota delle aziende italiane è marginale – tra il 5 e il 10% del giro d’affari complessivo –, i nomi che fanno il mercato sono tendenzialmente quelli francesi e americani. In Francia operano tre colossi a diffusione globale: Monin (300 milioni di ricavi nel 2018, ultimo dato rintracciabile), 1883 Maison Routin e Giffard, mentre negli Stati Uniti compare il gruppo Da Vinci come leader di un mercato più frammentato rispetto a quello europeo, caratterizzato dal dominio dei produttori transalpini. Per misurarsi con una concorrenza molto più grande e strutturata è necessario differenziare l’offerta ed è quanto ha fatto Doumix con il lancio di sciroppi a base di frutta, erbe e spezie, fino ad arrivare agli estratti di tè. Si cerca di far leva sul plus del made in Italy e di definire una sorta di scuola italiana dell’ingredientistica, unendo gli immancabili frutti tropicali con le nostre tipicità: è nato così Dragon Summer, mix di dragonfruit (tipicamente equatoriale) e di anguria e fico d’india italiani. Inoltre, nella linea cordial, Doumix ha realizzato non solo le versioni ananas/pepe rosa e mirtillo/ timo, ma anche la super mediterranea bergamotto/rosmarino. In questo modo il prodotto si distingue dal mainstream e può affermare la propria identità e unicità. E tutto questo all’interno di un mercato destinato al raddoppio nel medio termine.

Italia, consumi ancora bassi
L’ingresso di Doumix potrebbe dare uno slancio anche al mercato made in Italy dove il leader indiscusso è la bolognese Fabbri 1905 e gli altri player significativi sono Odk Orsadrinks (Marene, Cuneo) e Mixer (Argelato, Bologna). Proprio dall’azienda numero uno, famosa nel mondo per l’amarena ma dotata di un ampio catalogo a disposizione del mondo cocktail, viene evidenziata la situazione di mercato per i prodotti alcol free. «Sta crescendo notevolmente all’estero ma non in Italia. Da noi i giovani non hanno ancora abbracciato questa abitudine e tendono a bere solo mix alcolici», racconta l’amministratore delegato Nicola Fabbri. Aggiungendo che: «Noi siamo da sempre promotori di un bere miscelato consapevole e a basso tenore alcolico, ancor più se poi ci si mette alla guida. Ma a trarne il maggior beneficio, oltre naturalmente alla salute di chi consuma i mocktail, sarebbe il gestore del locale, perché una presenza di alcol gradevole ma non eccessiva offre l’opportunità di ripetere le consumazioni e quindi aumenta il livello degli incassi. Invece in Italia l’alcol free o low alcol sono attualmente concetti più raccontati che vissuti». All’estero la situazione è diversa e si sta osservando non solo uno sviluppo della mixology alcol free, ma anche di produzione di distillati analcolici («Termine sbagliato, di fatto un ossimoro», precisa Fabbri) che ormai abbondano negli scaffali dei supermercati americani ma anche nei bar della Spagna e infine nei duty free degli aeroporti. «Tutti investono in questa direzione ed è certo che in futuro sarà un settore di enorme importanza», aggiunge Fabbri.
Il plus dell’ingrediente italiano
Fabbri 1905 nasce a Bologna come distilleria (Premiata Distilleria Fabbri era il nome originario) e poi si trasforma in player di riferimento nella produzione di sciroppi. Opera nel mercato con tre business unit dedicate al largo consumo, a gelaterie e pasticcerie e infine al beverage dove, precisa l’ad, «non si ragiona su alcol o non alcol bensì su consumo diurno e notturno, con l’aperitivo a far da spartiacque. E noi siamo forti in entrambi i segmenti. Per la realizzazione di mix analcolici abbiamo sviluppato prodotti dedicati, dei veri e propri sostituti all’altezza con gusti bitter, triple sec o mohito ma in chiave alcol free». Fabbri 1905 ora sta tornando alle origini come produttore di distillati – ha recentemente lanciato il suo gin miscelato con distillato d’amarena – ma non ha intenzione di lanciare distillati analcolici: «Vanno contro la nostra filosofia della naturalità. Pertanto, continueremo a progettare nuovi ingredienti sotto forma di prodotti diversi dallo sciroppo e con formulazione del tutto natura- le. Una sfida difficile ma importante», commenta Fabbri. La linea Mixibar Plus di Fabbri 1905 rappresenta un esempio di questa direzione di sviluppo sia da un punto di vista tecnologico («Abbiamo utilizzato i sistemi di produzione dell’industria farmaceutica», afferma Fabbri) sia del gusto, ottenuto quando possibile con ingredienti tipicamente italiani. A Nicola Fabbri sta particolarmente a cuore Zucchero Italiano Plus, formulato per il canale professionale a partire dalla materia prima fornita da Italia Zuccheri, azienda agricola con 5mila soci che controlla l’intera filiera. «Siamo i primi ad averlo fatto. Porteremo nel mondo lo zucchero italiano allo stato liquido e questo ci rende fieri e orgogliosi, perché è puro ed è di qualità assolutamente superiore allo zucchero di canna in uso».

