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NEL MAINE
E Non Solo
Nello sconfinato territorio americano ci sono aree geografiche che mantengono una identità forte, tra queste il New England, che include sei stati nella parte nord-orientale degli Stati Uniti, rappresenta il primo nucleo molto popolato dalla colonizzazione Europea nel XVII secolo e vi si stabilirono tra le prime colonie britanniche nel Nord America, che poi furono anche le prime a elaborare i progetti per l’indipendenza dalla Corona inglese. Nel corso del XIX secolo l’area giocò un ruolo importante nell’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti.
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Tra questi sei stati, il Maine è la parte costiera più settentrionale, e rappresenta una meta particolarmente attraente: ha mare, laghi (oltre 1600), monti, isole, boschi e un parco nazionale, l’Arcadia, molto frequentato da chi ama camminare. Non a caso la vocazione dello stato è immediatamente comprensibile dallo slogan che campeggia sui cartelli quando si varcano i confini: Vacationland. Per la sua bellezza la regione viene presa d’assalto dagli americani, specialmente durante la stagione estiva; grazie alla vicinanza con grandi centri come Boston, l’effetto smart working ha portato molti professionisti facoltosi ad acquistare immobili facendo impennare i prezzi.
Attraversando lo stato si percorrono strade su ponti di ogni genere e periodo circondati da specchi d’acqua che possono essere laghi, golfi o fiumi, con i loro grandi estuari, che spesso hanno il nome dato dati nativi americani.
A inizio maggio trovo circa sette gradi, che non mi sento di maledire, visto che in altri luoghi solo con qualche grado in più, la temperatura dell’aria condizionata nei locali pubblici non si discostava di molto. Purtroppo anche la temperatura di servizio delle bevande in tutti gli Stati Uniti è particolarmente votata al gelo. Le birre, anche in locali specializzati e nelle tap room, causa temperatura vicino allo zero le ritroviamo con schiuma quasi azzerata, ma appena rinvengono un po’ ci rivelano quasi sempre perché gli USA siano una avanguardia nella birrificazione.
Il principale centro del Maine, pur non essendo la capitale, è Portland (da non confondere con l’omonima in Oregon); ha una popolazione di circa 70.000 abitanti, paragonabile, se prendo un luogo a me familiare, a Carpi. Nel piccolo centro affacciato sul mare operano cinque distillerie e decine di birrifici, in poche centinaia di metri. L’approccio della produzione affiancata alla tap room o al cocktail bar sembra funzionare molto bene e tutti i locali, anche in un periodo di bassa stagione, sono ben frequentati anche da gente del posto. Nella zona del porto Liquid Riot ha un bell’alambicco a vista e un grande bar dove, dietro il bancone, si vede anche l’impianto per la produzione di birra. Visto che non vi sono visite guidate faccio parlare il bicchiere, la scelta è ampia ma mi oriento sul “whisky flight” che comprende un bourbon, un rye, un single malt affumicato con legno di ciliegio e il Bonfire, che si ottiene distillando una birra a base segale. Prodotti ben fatti, dove a mio gusto spicca il whisky di segale.


La visita ad Hardshore, totalmente improvvisata, è molto interessante. Il master distiller scherza sul suo nome, Evan Williams e sul fatto che i genitori gli abbiano dato il nome totalmente ignari dell’omonimo Bourbon. La produzione inizialmente era incentrata sul gin ma da qualche anno il bourbon è entrato prepotente ed Evan ne è ben felice. Mi propone qualche campione che promette bene, anche il gin è molto piacevole e il profilo del ginepro ben in evidenza. La distilleria ha un piccolo spazio dove serve cocktail.
Batson River ha una impostazione totalmente diversa. Locale molto alla moda, parte di una catena, ha anch’esso l’alambicco a vista anche se il sospetto è che non diventi caldo molto spesso. I tavoli sono pieni e la cucina sembra di qualità. In carta non ci sono i distillati ma solo cocktail e le loro birre, il barman mi offre comunque un piccolo assaggio dei prodotti, anch’essi ben fatti senza particolari picchi.

A poche centinaia di metri Three of Strong è invece una distilleria di rum, arrivo quasi in chiusura ma gentilmente mi fanno entrare nella still room. Oltre alla melassa riescono a distillare anche un succo di canna della Luisiana che viene spedito congelato e che risulta essere molto piacevole. Nemmeno da dire che la distilleria ha un ampio spazio bar dove i cocktail la fanno da padrone.
Ultima impegnativa tappa presso Maine Craft Distilling, anche qua vista l’ora tarda avevo poche speranze di una visita ma il distillatore, già rilassato al bar dopo svariati drink, mi porta molto gentilmente a vedere l’impianto.

La produzione è varia tra Bourbon, vodka, rum e gin, che nessuno beve in purezza ma sono fondamentali per l’attività del bar che, pur in chiusura, è affollato.
Lasciando Portland e percorrendo la strada costiera verso Arcadia National Park vi sono altre distillerie ma, visto l’orario mattutino e considerando che molte aprono al pubblico solo dal giovedì, riesco a fermarmi solo a Split Rock, presso Newcastle: un edificio agricolo con la classica forma di granaio americano. La produzione è biologica e include varie tipologie di bourbon, gin anche maturato in botte, vodka, anche aromatizzata con bluberries locali e una con rafano (horseradish) senza aggiunta di zucchero. Alla produzione di spiriti si affianca quella di sciroppo di zucchero a quanto pare molto redditizia. Il mio interlocutore ci scherza dicendo che non si capacita di questo successo dello sciroppo “che tutti possono farsi a casa”, ma ne è ben felice in quanto finanzia molto bene l’attività distillatoria.


Come avete potuto capire nessuna delle visite era stata pianificata ma quasi tutti sono stati molto disponibili.
Una così grande concentrazione di produttori potrebbe far pensare anche a una burocrazia che li abbia facilitati. Se per aprire una distilleria le cose non sono molto complicate, la vendita dell’alcol è piuttosto difficile in quanto lo stato di fatto ne controlla la commercializzazione, per cui le bottiglie che si trovano in vendita nelle distillerie vengono prima “vendute” e poi ricomprate dagli stessi produttori. Con le dovute differenze, è un processo simile a quello che accade in paesi come la Svezia.
Soprattutto a chi produce sia gin che bourbon o, in generale, whiskey, chiedo come sia il mercato, dando erroneamente per scontato che i distillati bianchi e botanici la facciano da padrone. Pur non avendo una base statistica sufficiente, tutti rispondono senza esitazione che il bourbon gode di grande interesse e anche i turisti del Tennessee e del Kentucky acquistano i prodotti e sono molto curiosi. Il settore dei bitter e della liquoristica, pur marginale, sembra comunque in fase di espansione e qualcuno si cimenta, soprattutto come supporto alle attività di miscelazione.
Il motto del Maine è in latino, Dirigo, tuttavia la sensazione di relax e di divertimento non sembra molto in linea con questo concetto quasi imperativo.