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Bassano del Grappa prende il nome dal monte, non dal distillato!
girava il primo velocipede e Beethoven iniziava a comporre la sua prima sinfonia. Un primo bicchiere in Grapperia è il viatico obbligatorio e necessario per entrare in sintonia con una città ricca di storia e dei suoi numerosi lasciti. Per Bassano si sono aggirati Palladio e Canova, il primo fu colui che disegnò il celebre ponte, il secondo arricchì qualche villa nobile come l’ottocentesca Villa Rezzonico di stucchi, sculture e dipinti. Il risultato è un centro storico godibile a piedi, con quella sensazione di calma che si ha quando si è consapevoli che lo si può ammirare tutto. Senza quell’ansia che ti coglie quando sei al cospetto delle grandi capitali europee e hai solo uno striminzito fine settimana davanti a te. E del resto, anche Bassano è una capitale.
Della grappa, s’intende, e “mondiale” degli Alpini con tanto di titolo onorifico ricevuto nel 2008 dall’Associazione Nazionale Alpini. Restando in tema grappa vale la visita, anche perché quest’anno festeggia il trentennale della sua costituzione, il Poli Museo della Grappa, voluto dalla distilleria omonima che sta invece a Schiavon (venti kilometri di distanza e se si ha l’auto vale la pena farci un salto pure da quelle parti), centralissimo e quasi impossibile da mancare. Come impossibile, è in piazzotto Montevecchio, è mancare Palazzo delle Misture, un cocktail bar che non sfigurerebbe a Milano o a Roma dove i fratelli Camazzola trasmettono storia e cultura del bere miscelato, con una drink list che va a ripescare classici di un tempo e versioni storiche di cocktail oggi di gran moda. Provate ad esempio la versione dell’Americano come si faceva nel 1919, con il Fernet al posto del bitter.
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Pure ambasciata dell’assenzio, qui riproposto in numerose etichette e servizio in stile Parigi Belle Epoque, Palazzo delle Misture serve anche a prendere lo slancio necessario ad attraversare l’iconico ponte e a puntare decisi verso un secondo cocktail bar da non perdere: Al Querto. Aperto nel 2019 da Filippo De Martino e Alvise Zonta, che si sono fatti le ossa tra Milano e Roma, è un locale effervescente e informale, se vogliamo meno stylish rispetto al “palazzo” ma con lo stesso tasso di professionalità e di creatività. E l’elenco, incredibilmente per una cittadina che fa poco più di quarantamila abitanti, potrebbe pure continuare con il rischio tuttavia di farsi prendere la mano innalzando eccessivamente il titolo alcolometrico del proprio organismo. Bene dunque a questo punto suggerire anche qualche tappa più prettamente gastronomica anche perché Bassano ha regalato al mondo i bigoli o ‘bigoi’ se si vuole chiamarli alla veneta, lingua nella quale le elle cadono come le foglie in autunno. Si tratta di spaghetti di grosso calibro e di ben precisa ruvidità, con un grip perfetto per qualsiasi tipo di sugo. Li si incontra piuttosto facilmente nei numerosi ristoranti del centro cittadino: noi ne suggeriamo un paio: il Ristorante Trevisani, ricavato all’interno delle mura storiche, dotato di un’ottima carta di vini e una cucina solida, di tradizione e di ottime materie prime.
Valido e sempre in pieno centro anche il Ristorante Ottone che inserisce nel mezzo anche l’inusuale termine “Birraria”, forse in omaggio alle origini asburgiche del primo titolare e all’iniziale tipologia di locale. Ambiente d’atmosfera, Liberty per essere precisi, e piatti molto local come il baccalà alla vicentina. Ma se proprio proprio non si riesce a rinunciare alla propria vocazione modernista ecco, a letteralmente due passi dal Al Querto, Teochef che propone una cucina fusion e piatti che incuriosiscono come “cavallo crudo/olioalleerbe/fumo/arachidi”. E questo per dire che Bassano del Grappa è sì città delle tradizioni secolari, della cucina di una volta e via dicendo, ma sa anche proporre degli sguardi nuovi ai fornelli.


Magari non amati dagli Alpini quanto un piatto di polenta e soppressa, ma di sicura presa su palati più ambiziosi o semplicemente meno consuetudinari. Poi basta lasciarsi immergere nella folla di giovani e meno giovani che vanno a passeggio per il centro storico e seguire la corrente per non sbagliare. Aperitivo con cicchetti, così si chiamano da queste parti gli assaggini che si accompagnano al pre-cena e che spesso si trasformano in cena vera e propria, alla Corte Sconta di “Cortomaltesiana” memoria, un bicchiere di vino al Leon Bar di piazza Libertà, molto amato dalla gioventù locale, una semplice bruschetta da Al Saiso con vista sul ponte o una tappa all’Enoteca Mariga, sempre a due passi dal ponte. Il ponte già, motore immobile della vita sociale bassanese, costruito una prima volta, abbattuto da una piena del Brenta, incendiato dalle truppe francesi nel 1500, ripensato dal Palladio, abbattuto da un’altra piena e incendiato nuovamente dai francesi (che evidentemente da queste parti portavano un po’… sfortuna) ma sempre comunque ricostruito tanto da meritarsi, nel 2019, il titolo di monumento nazionale. Il ponte, la spina dorsale di Bassano del Grappa. E, intorno a lui, il corpo pulsante di vita di questa città ricca di storie e di fascino. Per cui, sì, posate il bicchiere e datevi la mano.


