Uscita n 58

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Carissimi lettori di “Campo de’ fiori”, saluto cordialmente tutti Voi, che so numerosi, e ciascuno in particolare, unitamente alle Vostre famiglie. Ai tanti auguri di “Buona Pasqua”, che certamente riceverete in questi giorni, permettete che aggiunga anche il mio, di Vescovo di Civita Castellana. Ho un motivo particolare per presentarVi i miei più vivi e cordiali auguri: desidero infatti augurarVi non solo ogni bene da Voi desiderato per Voi stessi e per le persone a Voi care, ma l’augurio più grande che Vi faccio è quello di poter “incontrare veramente” – ma non per questo è necessario che avvenga fisicamente – Colui, nel nome del quale ci diciamo “Buona Pasqua”, ricordando a noi stessi l’evento della Risurrezione, che riguarda non solo Lui, il Vivente, ma ciascuno di noi. Buona Pasqua Romano Rossi, Vescovo di Civita Castellana

SOMMARIO Editoriale: Sempre buona Pasqua..............................3 Intervista: Michele La Ginestra..................................5 Collezionismo: Una galleria di preziosi ricordi da lasciare...6 Suonare Suonare: Mamma, mi compri una chitarra?..............8 Curriculum vitae: Claudio D’Ottavio....................................10 Contributo alla comprensione del “secondo” Battisti...............................11 Roma che se n’è andata: Sant’Andrea della Valle............................12 Cinema News: Milk.......................................................14 Il piacere dell’agriturismo..................15 Ecologia e ambiente: La terra e il suo magnetismo...................16 Come eravamo: Giano Soli, tra passioni, gioie e dolori.......17 Apre un Opificio del Circo a Civita

Foto di copertina di Sisti Bruno Castellana............................................18 Thinking day 2009..............................19 Una “Fabrica” di ricordi: Sora Nina, “la mammana”..................20-21 Comunicati stampa Tarquinia............22 Ceral: Adolescenza ..........................................23 Le guide di Campo de’ fiori: Tarano ..................................................24 Le (dis)avventure del Sig. G ..............25 Via Amerina ........................................26 Comunicati stampa Fabrica di Roma 27 Ass. Artistica IVNA: Walter Togni ....................................28-29 Associazione Cobra ............................30 Il Fumetto: Chonchu ...............................................31 La storia del cimitero di Civita Castellana ...........................................32 La rubrica dei perchè..........................33 Le storie di Max: I Pooh....................................................34

Comunicati stampa.............................35 Il mondo del Jazz: Il Jazz di New York- La Harlem Nera........36 Giuseppa Toni ...................................37 Bruno Fiata..........................................38 Nel cuore - Nuomero unico ...............39 Rumori fuori scena..............................40 L’angolo dell’avvocato: Cos’è lo stalking ....................................41 L’angolo del Bon Ton: La colomba di Pasqua.............................42 La “Bastiglia dello Stato Pontificio” ..43 Chi si è riconosciuto ...........................44 I nostri amici ......................................45 Messaggi...............................46-47-48-49 Album dei ricordi.........50-51-52-53-54-55 Carnevale Civitonico.............56-57-58-59 Annunci Gratuiti ............................60-61 Oroscopo..............................................62 Selezione Offerte Immobiliari.......63-64


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di Sandro Anselmi

Buona Pasqua sempre E’ la sesta buona Pasqua che posso augurarvi con le pagine di Campo de’ fiori. Mi sento, però, di doverlo fare, quest’anno, in forma sommessa, senza enfasi, per la gravità del momento che stiamo attraversando. Tuttavia, il mio augurio non è meno sentito, anzi! Ma, toni essenziali sono, ora, più consoni! Campo de’ fiori, inoltre, festeggia il suo sesto compleanno, ma, pur mantenendo la soddisfazione di esserci arrivato, non senza sacrifici di ogni genere, vuole ricordare anche questa ricorrenza in maniera semplice, senza eccessi. Non possiamo non incassare la delusione cocente per quanto stiamo vivendo, ma il progetto del destino è a noi ignoto, e l’unica vera cosa, che dobbiamo comunque fare, è adoperarci in maniera tale da essere a posto con noi stessi e con gli altri, sempre! Non bisogna allontanare la morale e perdersi! Le ristrettezze e le rinunce dovrebbero far ritrovare dentro di noi i valori, la verità, che sono l’essenziale della vita. Impariamo a vivere con meno cose e più amore, e allora la ricchezza dei sentimenti combatterà la povertà dei beni , e questo tesoro incorruttibile passerà in eredità alle future generazioni, che lo custodiranno, in un fertile terreno, per farne un albero rigoglioso ed eterno. Come non si può parlare di speranza? E’ nella speranza di vedere presto cambiare le cose, che auguro a tutti una buona Pasqua!

Buona Pasqua a tutti, ma proprio a tutti, dalla redazione e dai collaboratori di

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ta s i v r e t n i ’ L

MICHELE LA GINESTRA

E’ sicuramente il mattatore di questa stagione teatrale. Per Michele La Ginestra quella che va a concludersi è stata senz’altro l’andi Sandro Alessi nata migliore. Per l’autore, regista ed interprete romano, un successo di pubblico e di critica. Gli ultimi due spettacoli, “Secondo me” al Teatro della Cometa e “Radice di due” al Teatro Italia, ce lo regalano in splendida forma. Il primo, insieme ad un altro grande attore quale Sergio Fiorentini (la voce di Jane Hackman), ed il secondo con Edi Angelillo conosciuta ai tempi del “Rugantino”. Qual’e’ il segreto del successo di un certo modo di fare teatro ? “ Ad esser sincero mi viene da dentro… nei miei testi si ride per ¾ di spettacolo, ma poi si comincia a riflettere e si arriva con dolcezza ad un finale inaspettato come hai visto con Secondo me. Il pubblico sta al gioco e si accorge che lo stile è sempre lo stesso , quello di far arrivare un messaggio di speranza insieme ad un sorriso.” Come abbiamo sottolineato sei stato l’ultimo ad aver interpretato nel 2005 il Rugantino di Garinei, cosa ricordi ? “Devo dire che è una soddisfazione enorme che mi porterò dentro per tutta la vita, e per un attore romano – ne siamo stati solo 4 – interpretare questo spettacolo è coronare un sogno.” Autore, attore, regista e dal 1997 Direttore Artistico del Teatro Sette : non si rischia di confonderci un po’ ? “No, perché dopotutto è sempre l’arte che comanda, e con l’arte del teatro l’artista riesce a comunicare al pubblico. Se tu scrivi, se interpreti, se fai il direttore artistico, percorri sempre la stessa strada e con i nostri laboratori lo facciamo con i molti giovani che ci seguono.” Nel 2000 con Solletico (Raiuno) e nel 2001 con I Fatti Vostri (Raidue) con Roberta Capua hai sperimentato l’esperienza di presentatore, come è andata ? “Direi abbastanza bene. La tv è una sirena che chiama ed allora quando ti viene offerta una possibilità enorme non puoi rifiutare. Però come tutte le cose facili ed essendo a contatto con un pubblico numeroso, dopo breve sei dimenticato, cosa che non accade con il teatro!” Nel 2003 hai portato sulla scena “Mi hanno rimasto solo” dove ti presentavi con un baule enorme e tante sorprese.

Se oggi dovessi aprirlo e spiegare ai giovani il mestiere d’attore, cosa diresti ? “Consiglierei innanzitutto di non prendere le scorciatoie perché non servono a nulla. Importanti sono l’applicazione, lo studio e la dedizione a questo mestiere fa si che devi imparare a viverlo dall’inizio, e che la cosiddetta gavetta è importante, come conoscere le regole del palcoscenico e rubare con gli occhi. Noi siamo attori perché sono 20 anni che facciamo questo mestiere, abbiamo preso porte in faccia e raggiunto il successo…Non ci si inventa all’improvviso !” Caporali Coraggiosi, Uno e Basta, L’altro lato del letto, Ago, Bianca e…tanti spettacoli premiati con una larga partecipazione di pubblico : quanto è importante il pubblico? “Ognuno di noi ha un suo pubblico personalissimo che lo segue. Non dico che quando scrivi o quando reciti finalizzi il tuo mestiere al pubblico, però è essenziale avere un riscontro. Se facessi degli spettacoli per una soddisfazione personale senza il riscontro del pubblico, finirei per recitarmi addosso e servirebbe a poco. Sicuramente il pubblico è la miglior benzina per l’attore, e potrei dire che l’applauso potrebbe essere paragonabile ad un piatto di rigatoni

alla amatriciana…” Ci scappa un sorriso e dobbiamo dire che Michele La Ginestra ha colpito ancora una volta nel segno. Come sempre !


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UNA GALLERIA DI PREZIOSI RIC ALLE GENERAZIONI S Il giornale ha sempre esercitato un fascino particolare sul pubblico sin da quando apparvero i primi numeri, ma quello che, ancora oggi, curiosamente colpisce, nonostante internet, è che ci sono degli appassionati che lo preferiscono a qualsiasi di Alfonso Tozzi altro mezzo di informazione. Il primo giornale a stampa “AVISO-RELATION OTHER ZEITUNG” apparve nel 1609 ad Augusta cui seguirono la pubblicazione di settimanali a Basilea nel 1610, a Francoforte nel 1615, ad Anversa nel 1616, a Londra nel 1621 e Parigi nel 1631. In quanto all’Italia, le prime gazzette furono pubblicate a Venezia cui seguirono Firenze, Roma e Genova; (il termine Gazzetta, che ebbe fortuna da noi in quanto deriva dal nome di una moneta veneziana che equivaleva al costo del foglio). Il primo giornale quotidiano, cioè stampato tutti i giorni, fu probabilmente la “Leipziger Zeitung” pubblicato a Lipsia nel 1660, mentre in Italia si è inclini a credere che il primato spetti alla “Gazzetta di Mantova” nata nel 1664. In Italia, accanto ai periodici della Restaurazione, come la “Biblioteca Italiana” (1816) e “Il Conciliatore” (1818), si sviluppò una vivace stampa clandestina che è all’origine di periodici come “Il

Risorgimento” (1847) e la “Gazzetta del Popolo” (1848). Fu nella seconda metà del secolo che vennero fondati quotidiani ancora oggi pubblicati, come l’ “Osservatore romano” (1851), “La Nazione” (1859), il “Corriere della Sera” (1876), “Il Mattino” (1891), “La Stampa” (1895) e il primo giornale sportivo, “La Gazzetta dello Sport” (1896, che divenne un quotidiano solo a partire dal 1919). L’affascinante mondo del collezionismo è sempre fonte di sorpresa, di stupore : sono così tante le cose che attraggono, seducono e diventano alle volte oggetto di culto che è quasi impossibile stilarne un elenco, tutte comunque contribuiscono, spesso inconsciamente, a tener vivo il ricordo del tempo che passa e tutte lasciano tangibili testimonianze per le generazioni che verranno. In questo ambito si colloca la raccolta dei numeri Uno di riviste e di quotidiani, raccolta che tanto affascina oggi molte persone. Affacciatasi timidamente sullo scenario del collezionismo minore italiano, solo alla fine della seconda guerra mondiale, questa tendenza si sta sviluppando in maniera stupefacente e, caso assolutamente singolare, sta incuriosendo ed interessando il mondo dei giovani, così come un recente sondaggio ha evidenziato : su dieci collezionisti emerofili, (collezionisti di giornali) almeno quattro sono di età inferiore ai venticinque anni. Lo stesso sondaggio ha allargato l’indagine conoscitiva ed ha scoperto la tendenza di questo collezionismo che spazia dalle

riviste ai giornali di cucina, di musica, di motociclismo, di automatismo, di architettura, di argomenti ferroviari, di cinema, di sport (inteso in tutte le sue manifestazioni), di erotismo, di fantascienza e via via fino ad arrivare ad un collezionismo “locale” : si cercano e si raccolgono organi di stampa con riferimento alla propria provincia, alla regione. C’è perfino qualcuno che colleziona giornali con riferimento ai maniscalchi, come il senese Giovanni Regoli o come il palermitano Francesco Spadaro che si interessa solo ai numeri Uno dell’Ottocento e Novecento, ma con illustrazioni della Sicilia e della Calabria. Si tratta di un campo incredibilmente vasto perché nel giro di pochi anni sono migliaia le testate che, nella maggior parte dei casi, hanno avuto una vita brevissima come ad esempio l’Italia dei lavoratori di Torino che è durata soltanto tre giorni; molte altre sono senz’altro finite negli archivi dei collezionisti. Le prime notizie di questo collezionismo si rilevano tra coloro che conservano tutti i numeri Uno e spesso anche i numeri Zero; poi la sfera di interesse si allarga a tutte quelle riviste che riportano avvenimenti importanti (numeri speciali) : un terremoto particolarmente disastroso, la morte di un noto personaggio, la fine o l’inizio di una guerra, una scoperta medica, scientifica, storico o archeologica di eccezionale interesse, e l’elenco può continuare secondo i gusti ed il genere preferiti. Un collezionista romano, l’ammiraglio Alberto Ghe, con l’hobby della notizia,


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ORDI DA LASCIARE IN EREDITA’ SUPERTELEMATICHE riuscì a collezionare, in un cospicuo numero di anni, oltre mezzo milione di colonne di giornali, suddivise per argomento con indici perfetti e facilmente rintracciabili. L’avvento del computer non sembra scalfire minimamente questo tipo di collezione basata essenzialmente su “memorie di carta” : carta che, ingiallendosi con il tempo, diventa più “preziosa” e quindi ricercata, e costituisce indubbiamente una patetica galleria di ricordi da lasciare in eredità. In merito alle quotazioni di questi periodici si può riferire che una copia de “Il Regno”, stampata a Firenze nel 1903, ed

una stampata a Roma nel 1947, sono state recentemente aggiudicate in un’asta intorno ai 40 euro. La prima copia dell’ “Avanti”, datata 25.12.1896 è ora quotata intorno ai 120 euro, mentre una copia del “Corriere della Sera” del 30-31 luglio 1900 che riporta a piena pagina il regicidio di Umberto I vale oltre i 100 euro; il numero uno di “Kalos” , una rivista top italiana degli anni 80, viene ceduta per 30 euro ed il primo numero di Famiglia Cristiana uscito ad Alba il 25 dicembre del 1931 è stato offerto ad un’asta a 150 euro, quasi come il primo numero di Epoca uscito il 14 ottobre

1950. Il primo numero de Il Montirozzo edito a Iesi il 22 settembre del 1946 viene ora contrattato a 40 euro. Fra i grandi collezionisti italiani, Carmelo Falsaperla di Siracusa è certamente il più rinomato con la sua poderosa collezione di giornali quotidiani “storici” italiani e stranieri e testate di quotidiani di tutto il mondo con particolare riferimento ai numeri Zero ed Uno; Cristiano Salvavai di Torre Annunziata (NA) che preferisce collezionare i numeri unici di quotidiani d’epoca e Natoli Lionello di Torre del Lago (LU) che si interessa esclusivamente a quelli del ventennio.


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di Carlo Cattani

Mamma mi compri una chitarra? Mi sono chiesto ,nel tempo, e mi chiedo ancora , quali siano stati gli elementi che hanno contribuito alla crescita della mia passione per la musica e per tutto quello che le gira intorno ; questa ricerca ,a ritroso ,mi porta,spesso, al recupero di frammenti di ricordi collocati nella seconda metà degli anni ’60 ,epoca nella quale ero una “particella elementare” dell’universo scolastico ! La televisione trasmetteva immagini in bianco e nero ,i canali erano due e lo “zapping” ,oggi attività prossima al riconoscimento come pratica sportiva Olimpica , muoveva i primi passi……nel vero senso della parola (!) ,perché la selezione dei canali si effettuava “tastando” direttamente l’apparecchio ! La musica scorreva ,impetuosa, nei solchi dei 45 giri e la televisione non mancava ,nei suoi “mitici” programmi di varietà ,di dare spazio agli artisti “sulle barricate” . Mi rivedo ,piccolo, avvolto nel chiarore bluastro della TV,estremamente incuriosito dall’apparizione di complessi (così si diceva allora) quali l’ Equipe 84 , i Camaleonti ,i Dik Dik., i Nomadi ,i Nuovi Angeli, Gli Alunni Del Sole,che con i loro abbigliamenti,le movenze ,le forme ,talvolta stravaganti, delle chitarre , la strumentazione esibita nelle loro performance ….le loro canzoni, ovviamente,mi suscitavano più di un fremito ,anzi ,in quei momenti mi sentivo tra loro, “accompagnandoli” nel corso dell’esecuzione con l’imitazione dei gesti “del suonare” e,dunque, prima ero batterista, poi chitarrista a seguire bassista ,quindi tastierista e di nuovo batterista….insomma ,facevo l’ “air musician” (parleremo, in un prossimo articolo, di “air guitar” ....e che mai sarà ? ) . Negli anni a seguire , non ho avuto la costanza di applicarmi su di uno strumento (nel caso di una seconda vita ,giuro, lo farò ! ) però ho coltivato l’interesse per le notizie dall’ambiente musicale e la dedizione all’ascolto della musica ! Sull’onda del rimpianto per gli studi mancati verso uno strumento musicale (la chitarra ? …forse il basso !) , ricerco , sempre, con curiosità , le storie d’iniziazione alla musica di altri che,diversamente da me …. ce l’hanno fatta (!) : loro , come minimo ,si divertono e forse ,poi, ci innestano pure un’attività professionale ! Dunque, per dare un

(seconda parte)

seguito a questa mia curiosità, ho girato lo sguardo a 360° , raccogliendo le testimonianze degli “inizi” di alcuni musicisti ,qualcuno di loro già presentatovi nel corso di questi anni di pubblicazione della rubrica . Gli amici che si sono prestati a questa ricognizione dei Mike ... nel suo habitat ideale loro primi passi nel ascoltare di più …. Madonna dei primi mondo della musica ,hanno dato fondo album, Duran Duran il pop anni 80. i ricordi e si sono appassionati alla narraPoi un giorno durante una gita in montazione dei loro “early days” ,delle loro gna con la famiglia arriva il primo colpo prime scorribande musicali , fornendomi d’ariete al mio “fronte del no” verso la ,con entusiasmo , documentazione fotomusica …. se ci ripenso è stato proprio una grafica ….”infantile” , che , diversamente botta dritta in mezzo al petto…. un cugi,sarebbe rimasta relegata agli album di no più grande ascoltava “The dark side of famiglia : GRAZIE ragazzi di avermi the moon” dei Pink Floyd ed io lì ad ascolfatto partecipe di un pezzettino della tare e a chiedergli ben presto una copia in vostra vita privata e di offrire ,a beneficio cassetta ….ah la mitica “compact cassetdei ragazzi che leggeranno le prossime te” che tanto ha fatto prima dell’arrivo righe , le vostre testimonianze di tenacia degli mp3 ! ed impegno in un’attività che ,anche se Quel disco mi ha “acchiappato” immediapraticata in dosi massicce……male non fa tamente , quelle sonorità, lo stile delle ! Il primo amico ad essere ascoltato come composizioni: è stato un fulmine a ciel “persona informata sui fatti” è Mr. MIKE sereno! Così ,prima di posare le dita su di 3rd , compositore,chitarrista -vocalist uno strumento son diventato ascoltatore ,leader della band Veneta “HYPNOISE” attento e mi sono innamorato della musi(per saperne di più ,recuperate anche i ca, in particolare dell’universo musicale n° 25,49 e 50 di Campo De’ Fiori) ,prossiantecedente gli anni 80. Grazie ad un promo ad inaugurare una propria sala di fessore d’Italiano che era patito dei Pink registrazione ad alto contenuto “analogiFloyd , sono arrivato in possesso di una e co” (www.prosdocimirecording.com) buona parte dei loro dischi ... “Atom Heart impegnatissimo nella scrittura delle comMother” , “Meddle” ,”Ummagumma” etc posizioni per il 3° album degli “Hypnoise” . etc . Così,nel 1989 ,in casa, pongo la clasCarlo:ciao Mike,ormai sei “di casa” sulle sica domanda : “Mamma mi compri una pagine di “SUONARE SUONARE !!!” chitarra ?“ La santa donna di mamma , la Mettiamoci comodi e raccontami qualcosa chitarra classica me la fece arrivare e del tuo incontro con la musica … dopo una settimana, per il mio compleanMike 3rd: alle scuole medie ero una frana no ,arrivò anche il biglietto per il concerto in musica e in famiglia si diceva che non dei Pink Floyd all’Arena di Verona….era il avevo niente a che spartire con le note ; periodo dell’ “Another Lapse tour” al flauto dolce ,che cercavano di farmi …….strepitoso ….. il 16 Maggio 1989 suonare a scuola , proprio non mi appas(nda:è lo stesso tour che li portò, il 15 sionavo e non dimostravo interesse per luglio ,ad esibirsi a Venezia nel Canale di la musica classica …insomma ero proprio San Marco su di una piattaforma gallegnegato !Col passare del tempo e l’arrivo del primo impianto stereo ho iniziato ad


Campo de’ fiori giante con il pubblico spettatore sulla Piazza di San Marco ) .A settembre di quello stesso , presso la biblioteca del mio paese , iniziarono dei corsi di chitarra :lì il maestro, una brava persona di stampo classico, suonava liscio e rock, …con lui ho imparato i ritmi , diverse canzoni di musica leggera Italiana e qualcosa di internazionale;ricordo che dopo un paio di mesi tentavo già di mettere assieme le prime progressioni di accordi per improbabili composizioni. E così l’estate successiva, dopo ore spese applicandomi con costanza sullo strumento, a volte a scapito dello studio a scuola , passati i dolorini ai polpastrelli per mancanza dei calli del chitarrista, arrivò la mia prima chitarra elettrica, una Fender Stratocaster rossa e bianca made in Japan con cui poter finalmente suonare ... o almeno tentare ... di suonare gli assoli dei miei chitarristi preferiti.Nel frattempo ero entato in possesso di una raccolta di un gruppo che non conoscevo, i Cream , e giù ad ascoltare i riffs e gli assoli di Mr. Eric Clapton. In quel periodo iniziai ad essere una “spugna” procedendo ad ascoltare e ad apprendere le varie tecniche per migliorare ed arrivare a suonare come i miei idoli. Ricordo che usavo registrarmi e poi ascoltare quello che facevo. I primi ascolti erano sempre deludenti ,per usare un termine delicato, ma io son testardo e riprovavo e riprovavo e riprovavo e alla sera invece di uscire suonavo ... beh i risultati ,dopo tanta tenacia ,arrivarono ben presto ... “Samba Pa ti” di Carlos Santana penso di averla suonata un centinaio di volte !Tutto questo l’ho fatto perchè volevo la mia band !.... volevo andare a suonare fuori, essere un musicista anche se non sapevo di preciso come si faceva .Così, dopo i primi due anni “fatti in casa” , mi sono iscritto alla scuola jazz frequentata da mio cugino (nda: è il massiccio e preciso Frez,”cannone” percussivo degli Il giovane MIKElino on guitar

Hypnoise! ) Carlo: quando e quale fu il tuo primo palcoscenico ? Mike 3rd:Frequentavo il primo anno di Scuola Jazz quando maturai la decisione di voler fare il primo concerto:dove ? Nel giardino di casa mia davanti a parenti ed amici , senza impianto voci .Chi eravamo ? Dunque c’ero io, un amico compagno di

classe tastierista e mio cugino (Frez) che aveva solo dei fondamenti di rullo. Mi vien da ridere se penso alle ore spese con lui ad ascoltare le canzoni e tentare di metter assieme un tempo che somigliasse all’originale.Così arrivò il primo concerto…. bagnato….visto che a metà serata iniziò a piovere. Carlo: e poi ? Mike 3rd:Passavano i mesi ,si susseguivano le prove e alla formazione di quel primo concertino “casalingo” si aggiunse, l’anno dopo ,un bassista in erba, compagno di liceo di mio cugino; (nda:si tratta di Sanse ex bassista degli Hypnoise) e con lui le prime canzoni originali si aggiunsero al repertorio composto per lo più da pezzi dei Pink Floyd, qualcosa dei Litfiba e altri gruppi .L’avventura “Essex”, questa era il nome della formazione degli esordi , continuò fino a dopo l’estate seguente quando , l’abbandono del tastierista mi spinse alla ricerca di nuovi componenti per una band migliore. Ognuno di noi prese una strada alla ricerca di un proprio percorso, anche se bisogna dire……..le strade non erano molto lontane, vivendo tutti nella stessa zona e frequentando la stessa scuola di musica !Così son arrivato a conoscere un batterista canadese ,Joe si chiamava, che era stato professionista negli anni settanta al fianco del bassista Renato Cantele e del tastierista Diego Michelon in una delle varie formazioni progressive di quegli anni. A dir la verità, se non ricordo male io avevo espresso il desiderio di suonare con Joe ad un suo amico proprietario di un negozio di dischi e Joe, che allora meditava un ritorno sulle scene, colse la palla al balzo e venne a cercarmi al campo sportivo mentre giocavo a tennis con un amico. Così, un’ora dopo in sella al mio fido “Ciao”, arrivai a casa sua e nello studio mi son giunti alle orecchie nomi come “Colosseum”, “Traffic”, “Gentle Giant” ...Quello è stato il nucleo della nuova band ... una prova più che soddisfacente e via alla ricerca di un bassista che nei primi tempi fu il padre di Sanse, anche lui ex bassista in carriera e poi bassista ufficiale per un po’ di tempo. Con gli “Harp“,questo il nome della band che mettemmo su , ho suonato per un po’ di anni ed ho appreso molto : l’esperienza ed i racconti di Joe sono stati fondamentali; il gruppo si è arricchito via via di nuovi elementi ... ricordo che siamo arrivati ad essere anche in nove musicisti ! Fiati, tastiere, chitarre, cantante, un repertorio di covers e poi anche tante discussioni perchè ognuno voleva fare le cose a modo suo, voleva i pezzi che gli piacevano di più e bla.. bla.. bla… bla. La situazione si è trascinata per un po’ di tempo, io iniziavo ad aver qualche sintomo di nausea alle cover songs e allora un pomeriggio mio cugino mi fa: “perchè non ci mettiamo a suonare io, te e Sanse e fac-

9 ciamo una band che suoni cose un po’ diverse?” Carlo:…da qui caro Mike ,la “tua” storia comincio a saperla anch’io … Mike 3rd: e già ! Fu così che dopo un paio di mesi, il 15 Giugno 1996, gli Hypnoise tennero il primo concerto al Liceo Tito Livio di Cittadella, un po’ di covers derivate dall’esperienza della scuola Jazz e due canzoni proprie, una delle quali l’abbiamo ripresa ed inclusa nel nostro 1° cd “Opium” del 1999 (nda: il 2° cd ,uscito 14 Febbraio 2006 , è “St.Valentine’s porno bar”…..molto bello e di respiro internazionale, davvero (!),non a caso pubblicato da un’etichetta Americana/Los Angeles, la ”Veneto West Records” e presentato nel corso di showcases anche a Londra e Los Angeles ). Carlo:cosa mi dici riguardo alle “tue armi” musicali ,gli strumenti e le attrezzature che utilizzi ? Mike 3rd:L’attrezzatura è sempre una cosa molto personale e nel mio caso devo dire che è cambiata e si è evoluta col mio percorso di musicista, con l’evolversi dell’orecchio e con i consigli di amici ed addetti al settore.Continua comunque ad evolversi tutt’ora dopo 11 anni di Hypnoise e dopo le esperienze che vivo da solista o collaborando con amici come gli Statunitensi Willie Oteri (chitarrista ) ed Ronan Chris Murphy (musicista – produttore-discografico) al quale devo veramente tanto ! ! !Se devo riassumere tutto in poche righe, tralasciando le chitarre che per me sono e rimarranno sempre Fender, gli amplificatori hanno variato dai transistors alle valvole.Dopo l’approdo alle “valvole” , sempre teso alla ricerca del “mio suono” , sono passati diversi modelli sotto le mie mani e, oggi ,penso, di aver raggiunto un soddisfacente “mio suono” . Carlo: come ti sei “spesato” questi diversi strumenti ? Mike 3rd: Beh come le formiche e tanti altri musicisti , mi son messo via le mance derivanti da diversi lavori occasionali e poi anche grazie alla disponibilità dell’amico Umberto, (proprietario di uno dei più bei paradisi per musicisti, l’Esse Music /www.essemusic.it), ho portato a casa di tutto; è lui che mi ha procurato i miei echi a nastro che hanno fatto sfoggio della loro bellezza a Maggio del 2007 a Phoenix durante la “Supersession di 33 ore ed 1/3”.Potrei continuare a raccontarti ancora per molto ma concludo dicendo che non si finisce mai di migliorare e di ricercare ……..... basta aver passione, il resto vien da solo ! PM@mike3rd.com (relativo all’attività solista di Mike) PM@hypnoise.net(relativo all’attività degli Hypnoise) booking@prosdocimirecording.com (relativo alla gestione dello studio di registrazione)–www.hypnoise.net (sito ufficiale degli Hypnoise) www.myspace.com/hypnoise


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CURRICULUM VITAE Claudia D’Ottavi di Sandro Alessi

Claudia D’Ottavi nasce a Roma il 23 Aprile del 1982, segno zodiacale del Toro, e ben presto eredita dal nonno, pittore di talento, e dal papà, ex batterista e musicista, la passione per la musica ed il canto. A nove anni entra a far parte del coro della

sua parrocchia e di lì a poco inizia a partecipare ai concorsi di musica leggera. Studia tecnica di respirazione e canto moderno con Antonella Tersigli, tecnica vocale e interpretativa con Donatella Pandimiglio, recitazione e dizione con Floriana Ferrer. Nel 1997 arriva in finale al Festival di Castrocaro e l’anno successivo inizia ad esibirsi con la sua band in alcuni dei teatri più importanti della Capitale, tra cui il Parioli , il Manzoni ed il Brancaccio. Altra importante tappa della carriera di Claudia arriva nel 1999 quanto partecipa all’ Accademia della Canzone di Sanremo arrivando in finalissima. Dopo aver ricevuto il primo vero riconoscimento nel 2000 quando le viene consegnato l’attestato “Il Colosseo d’ Oro” ed aver partecipato alla Vita in Diretta condotta da Michele Cocuzza (interpreta “Ancora” di De Crescenzo), nel 2002 arriva il grande incontro con Riccardo Cocciante e l’interpretazione dell’ opera musicale “Notre Dame de Paris”. Le viene affidato il difficile ruolo della cattiva Fiordaliso e, nonostante fosse la più giovane della compagnia, prese parte alle oltre 800 repliche acquisendo un’ulteriore padronanza del palcoscenico e noto-

rietà. Tra il 2004 ed il 2005 è in tour con lo spettacolo “Notte da Musical”, tra il 2005 ed il 2006 è chiamata ad aprire il concerto italiano di Dionne Warwick, nel 2007 riceve il premio internazionale “Ostia nel Mondo” per la musica leggera e nel 2008 è protagonista del musical “Bernadette” in scena al Teatro Sistina. Attualmente il suo nuovo brano “Nel Sogno Noi” firmato Longo-Laurenti è in rotation in molte radio italiane.


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Contributo alla comprensione del “secondo” Battisti

di Ettore Racioppa

... continua dal numero 57 Sin qui le cose sentite o già lette. E’ tempo, ora, d’indagare i brani artistici forse più snobbati o addirittura non riconosciuti doc, quelli, cioè, del “secondo” Battisti, prodotti col poeta-paroliere Pasquale Pannella. Voglio subito sgombrare il campo da errate interpretazioni. Anch’io,come si percepisce da queste poche righe, sono indissolubilmente attaccato al “primo” Battisti, quello, per intendersi, di Emozioni, Pensieri e parole, La canzone del sole, Acqua azzurra acqua chiara, Il nostro caro angelo, La luce dell’Est, solo per citare vette celeberrime, e mi sono chiesto, come molti, il perché Lucio, ad un certo punto del suo percorso, abbia cambiato rotta in modo talmente radicale, da rinnegare, secondo alcuni, persino la sua storia precedente. Ma un artista, per essere tale, deve restare sempre uguale a se stesso perpetuando scelte formali e sostanziali che rischiano in modo naturale di invorticarsi, d’impoverirsi e persino di compromettere la freschezza e la genuinità di un filone aureo universalmente riconosciuto? O sia più opportuno, anche rischiando e di grosso, sperimentare nuovi metodi e nuovi percorsi? Un artista è tale se ha il coraggio di mettersi in gioco, e, nel caso di Lucio, la cesura col passato è tanto più apprezzabile se si pensa che giunse in un periodo di grande fortuna commerciale e privata. Intervistato, dichiarò di “non poter mai ripetere due volte la stessa cosa” e di aver

sempre dentro “un’esigenza di ricerca e di novità”. E’ lo stesso concetto espresso, mezzo secolo prima, dal poeta Rainer Maria Rilke “Da dove dovrebbe emergere l’arte, se non da questa gioia e della tensione di un infinito ricominciare?”. D’altro canto, nel campo dell’arte visiva, sono numerosi i casi di cambiamenti ed evoluzioni di stili iconografici e temi trattati. Basti pensare, a titolo di esempio, alla profonda differenza tra la policromia vitale e squillante delle opere giovanili di Tiziano, rispetto al suo ultimo periodo, quasi monocromo e invorticato nel dramma esistenziale con esiti stilistici spezzati, nervosi, espressionistici, al punto d’apparire opere di autori diversi (si confronti Amor sacro amor profano -1515- con La punizione di Marsia -1570-). Più vicino a noi è significativa l’evoluzione artistica di Picasso, conosciuto ai più come cubista, ma passato per stagioni classiche, surrealiste, metafisiche, astratte. Dal confronto delle opere dei vari periodi risultano temi e tecniche tutt’altro che omogenei (si vedano Les demoiselles d’Avignon -1907- e Tre donne alla fontana -1922-). Tiziano e Picasso rappresentano solo due tra i tanti artisti –non solo figurativi-, che nella ricerca costante hanno percorso stagioni esistenziali con opere apparentemente distanti e contraddittorie. Solo il critico, l’epoca culturale, le mode ed i mutati atteggiamenti storici ne determinano il valore, la fortuna, l’oblio. Così accadde per i “primitivi” Cimabue e Giotto, o anche per la vasta schiera degli artisti barocchi. Tornando a Battisti, quindi, non ci si deve meravigliare se egli, alla ricerca di nuove strade da percorrere e di nuova linfa creativa, ad un certo punto della sua avventura, tagli col passato e vada a capo. Senza temere le critiche ed i confronti, ma sempre “dando ascolto a quello che si ha dentro. Io sono sempre andato dritto cercando di superarmi. Verrà il momento in cui potrei anche staccarmi dal pubblico, ma non importa: se avverrà andrà bene lo stesso, perché l’ho voluto io, badando di accontentare sempre, prima di tutto, me stesso.” La pagina bianca vuota è drammati-

ca per chiunque. Va riempita in modo nuovo, originale. Per questo l’incontro con Pannella fu deflagrante e fortunato. E’ un mondo lessicale diverso, fatto di testi nuovi e struttura musicale rivoluzionaria con l’inciso che non arriva dopo la strofa o viceversa. Ciò che più colpisce sono le parole, i collegamenti, i significati. Tutto lontano anni luce dalle storie semplici e comprensibili delle prime canzoni del suo repertorio. I tempi mutano e con essi il nostro approccio alla vita. L’interpretazione stessa dei fatti è pur sempre relativa alla diversa posizione dell’attore. Una società sempre più dinamica e sempre più caotica non aiuta a riconoscere le luci vere da quelle riflesse. Per descriverne la complessità, piuttosto che storie “lineari” bisognerà comporre sequenze di flash che bloccano l’attimo, l’emozione, perfino l’irrazionalità. Ma non è concezione barocca: falsa, ridondante, teatrale. E’, piuttosto, un sentire scarnificato, fatto di luci ed ombre, cose dette o semplicemente evocate con un fermentante immaginario linguistico, parole e suoni che non ci sono ma che fanno pensare. E’, insomma, un atto creativo che attacca la stessa semantica del linguaggio tradizionale per foggiarne uno nuovo. Forse più criptico e simbolico, ma con tanto spazio all’interpretazione personale. Nel primo Battisti-Mogol le frasi erano dirette ed inequivocabili. Nel secondo Battisti-Pannella c’è ampia libertà interpretativa. E’ proprio Pannella che traccia l’indirizzo della nuova fase battistiana: “il difetto della canzone è quello di avere un senso. Quando sarà insensata sarà vera. Sarà poesia.” Del resto il poeta romano, che ha sempre affermato di non saper niente di musica, è un personaggio da interpretare senza preconcetti e con grande elasticità mentale. La sua vorticosa ed invorticata ricerca lessicale lo fanno orbitare nella Transart, mix di ermetismo, surrealtà, parole d’aria di matrice shakespeariana. E’ proprio la strada imboccata da Lucio con “Don Giovanni”, proseguita con “L’apparenza”, “C.S.A.R.” ed “Hegel”. Nei brani musicali di queste raccolte, non c’è più un filo che raccorda le storie facendole vedere e vivere, ma si possono immaginare momenti di esperienze che ritornano, s’illuminano per un attimo, scompaiono per riapparire in momenti successivi, ma, è questa la novità, ci lasciano il sorriso sulle labbra, ci fanno sentire vivi e soddisfatti per essere riusciti a penetrare nei meandri tortuosi di una scelta apparentemente impenetrabili. continua sul prossimo numero ....


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Roma che se n’è andata: lu

Sant’Andrea della Valle, Palazzo Farnese A beneficio dei pochi lettori che non ne fossero a conoscenza, ricordo brevemente l’antefatto che ha dato origine a Tosca, melodramma legato agli avvenimenti storici di Riccardo Consoli dell’anno 1798. Dopo le vittorie di Napoleone nella prima campagna d’Italia, le truppe francesi occupano Roma, sopprimono il potere temporale dei Papi, costringono all’esilio Pio VI, Giovannangelo Braschi, 1775 - 1799 e proclamano la Repubblica Romana che ha però breve durata, infatti, Napoleone è impegnato nella spedizione in Egitto, l’esercito napoletano di Ferdinando IV di Borbone approfitta della situazione favorevole, avanza alla volta di Roma, scaccia il presidio francese, abbatte la Repubblica Romana, processa i suoi componenti e instaura un durissimo regime di polizia; questo sinteticamente, l’antefatto. Il dramma Tosca di Victorien Sardou, è rappresentato per la prima volta a Parigi nel 1887 destando l’interesse di Alberto Franchetti, musicista compositore di Viareggio che nel 1896 decide di cedere il soggetto a Giacomo Puccini il quale, su un libretto scritto da Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, porta a compimento l’opera lirica; il 14 gennaio 1800 Tosca è rappresentata per la prima volta al Teatro Costanzi di Roma. In corrispondenza di uno slargo di corso Vittorio Emanuele II si affaccia la basilica di Sant’Andrea della Valle, l’appellativo “della Valle” sembra possa derivare da quella che un tempo era una depressione del terreno dove si raccoglievano le acque provenienti dal Quirinale e dal Pincio formando un grande stagno oppure, secondo più attendibile spiegazione, la basilica sembra possa derivare il suo nome da Palazzo della Valle, edificio che sorge accanto alla chiesa sulla stessa via Vittorio Emanuele II di proprietà della omonima famiglia di origine spagnola dal trecento presente in Italia il cui progetto è stato attribuito: prima a Lorenzo Lotti detto “il Lorenzetto” quindi ad Andrea Contucci detto “il Sansovino” e, da ultimo, ad Antonio da Sangallo “il Giovane”. Correva l’anno 1591 quando iniziò la costruzione della chiesa su progetto di Giovanni Francesco Grimaldi e Giacomo

della Porta per poi essere proseguita e ultimata dal Maderno a cui si deve la realizzazione della cupola, la terza di Roma per dimensione, il lanternino è opera di Francesco Borromini, i lavori furono finanziati da Alessandro Peretti di Montalto, nipote di Papa Sisto V, Felice Peretti, 1585 - 1590. Nel 1665 Carlo Rainaldi, volendo modificare parzialmente la facciata, pensò di porre ai lati della stessa due angeli ma, ultimato il primo, ad opera dello scultore Giacomo Antonio Fancelli, non essendo piaciuto e molto criticato, anche da Papa Alessandro VII, Fabio Chigi, 1655 - 1667, lo scultore si rifiutò di scolpire il secondo, la facciata restò così con uno solo dei due angeli originariamente previsti, quasi fosse un puntello, maliziosamente commentava Pasquino: “ … vorrei volare al pari d’un uccello, ma qui fui posto a fare da puntello … “. Un pomeriggio romano, all’interno di Sant’Andrea della Valle il pittore Mario Cavaradossi è intento a ritrarre in un quadro Maria Maddalena alla quale dà il volto della marchesa Attavanti, una giovane e bella donna che egli ha visto entrare più volte in una cappella di quella chiesa; dalla medesima cappella esce Cesare Angelotti fratello della marchesa, già console di quella Repubblica Romana soppressa dalle truppe napoletane, Angelotti è da poco evaso da Castel Sant’Angelo dove il barone Vitellio Scarpia, capo della polizia, lo aveva imprigionato. Da li a poco sopraggiunge Floria Tosca, un’avvenente cantante amante del Cavaradossi la quale, alla vista del quadro che ritrae il volto della marchesa si ingelosisce, il pittore la rassicura, egli non intrattiene alcuna relazione con la marchesa Attavanti, Tosca crede alla spiegazione e si allontana, Cavaradossi e Angelotti lasciano la chiesa nella quale poco dopo entra il barone Vitellio Scarpia che ha dato immediatamente corso alle ricerche dell’evaso; ritorna Tosca per avvertire Cavaradossi che quella stessa sera si esibirà a Palazzo Farnese dove si festeggia la vittoria che l’esercito austriaco ha riportato su Napoleone a Marengo, ma Tosca non trova Cavaradossi, riaffiora impetuosa la gelosia che il barone Scarpia tenta in ogni

modo di alimentare, egli da tempo desidera Tosca e ordina al poliziotto Spoletta di pedinarla, si intrattiene quindi in chiesa per assistere al Te Deum di ringraziamento per la sconfitta subita da Napoleone. Palazzo Farnese si affaccia sulla omonima piazza e prende il suo nome da una famiglia molto antica, originaria della provincia di Viterbo, che compare per la prima volta nell’XI secolo, il suo nome sembra possa verosimilmente derivare da Farneto poi Farnese, numerosi e famosi i suoi membri tra i quali anche uomini d’arme e cardinali e, fra questi, Alessandro divenuto Papa con il nome di Paolo III, 1534 - 1549 che fu il primo abitante del palazzo; i Farnese si estinsero nel 1731 ed i loro possedimenti romani vennero assegnati ai Borbone di Napoli che trasferirono numerose opere d’arte presso il Museo di quella città e Palazzo Reale di Caserta. Il progetto originario del palazzo si deve ad Antonio da Sangallo “il Giovane” su incarico del cardinale Alessandro Farnese che aveva acquistato Palazzo Ferriz e altri edifici a questo adiacenti, i lavori iniziarono nel 1514 ma si interruppero nel 1527 a causa del “Sacco di Roma”, per essere successivamente ripresi nel 1541, sopraggiunta la morte del Sangallo, i restanti lavori furono proseguiti sotto la direzione di Michelangelo Bonarroti; per la sua mole Palazzo Farnese era chiamato il “dado dei

Victorien Sardou


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uoghi, figure, personaggi.

e, Castel Sant’Angelo, i luoghi di Tosca Farnese” ed era considerato una della quattro meraviglie di Roma unitamente al “cembalo dei Borghese”, alla “scala dei Caetani” ed al “portone dei Carboniani”. Giuseppe Vasi, in una sua stampa del XVIII secolo, indicava questo palazzo come Palazzo Regio Farnese essendo, all’epoca, di proprietà di re Carlo III della famiglia Borbone di Spagna figlio dell’ultima discendente della famiglia Elisabetta Farnese; quando Giuseppe Garibaldi conquistò il Regno delle due Sicilie, l’esule Francesco II di Borbone, la regina Maria Sofia e i figli vennero nel palazzo di Roma e incaricarono Antonio Cipolla per i lavori di restauro, dopo il 1870 il palazzo fu dato in affitto alla Francia e quindi venduto, tuttavia il Governo Italiano nel 1936 riuscì a riacquistarlo per poi cederlo in affitto alla stessa Francia. La sera del medesimo giorno il barone Scarpia cena in una sala di Palazzo Farnese, qui gli giunge la voce di Tosca impegnata in un canto celebrativo, decide di convocarla, nel frattempo apprende dal fido Spoletta che Angelotti è irreperibile ma che Cavaradossi conosce certamente il suo nascondiglio, quindi, lo ha fatto arrestare e interrogare, il pittore nega tutto ma non basta, Scarpia lo sottopone a tortura quindi ordina che venga portato via e preparato per l’esecuzione. Scarpia e Tosca rimangono da soli, il barone la invita a condividere la cena con lui e le suggerisce un modo per salvare il suo amante, deve rassegnarsi a soddisfare la passione che egli nutre per lei, Tosca resta inorridita e urla al barone tutto il suo odio, ma questi le ricorda che Cavaradossi è ormai prossimo alla morte a meno che lei non si decida ad accettare la proposta; Tosca è disperata, inginocchiata di fronte a Scarpia lo prega di essere clemente. Gli avvenimenti incalzano, sopraggiunge Spoletta per annunciare che Angelotti si è suicidato e che tutto è pronto per l’esecuzione di Cavaradossi, Tosca si convince allora che l’unico modo per salvare la vita del suo amante è quella di cedere al barone, dichiara quindi la sua disponibilità; a questo punto Scarpia ordina di preparare per Cavaradossi una finta esecuzione, Spoletta si allontana per eseguire le direttive del suo padrone mentre Tosca richiede un salvacondotto per lei e l’amante che gli permetta di lasciare il paese. Scarpia siede alla sua scrivania e comincia a scrivere una lettera, Tosca nota sulla scrivania un coltello affilato, lo afferra e lo nasconde dietro di se, ultimato la lettera

Scarpia si alza e si dirige verso Tosca, ma invece di ricevere la tanto sospirata ricompensa viene pugnalato al petto dalla donna, il barone muore all’istante e Tosca gli toglie di mano il salvacondotto. Castel Sant’Angelo nel corso della sua lunga vita ha svolto innumerevoli ruoli trasformandosi da mausoleo a fortezza, da luogo di detenzione a sontuosa residenza papale, riuscendo a vivere sempre da protagonista alcuni degli eventi più drammatici della storia di Roma. Nato come monumentale sepolcro dell’imperatore Adriano, Castel Sant’Angelo ha ospitato i resti dello stesso imperatore e di sua moglie Sabina, dell’imperatore Antonino Pio, di sua moglie Faustina e dei tre loro figli, di Lucio Elio Cesare, dell’imperatore Commodo, di Marco Aurelio e di tre dei suoi figli, dell’imperatore Settimio Severo e di sua moglie Giulia Domna e dei loro figli e, ancora, di Caracalla. A partire dal XIV secolo fu fortificato dai papi, cui si deve anche la costruzione del c.d. “Passetto”, la passerella sopraelevata che lo collega direttamente al Vaticano, allo stesso tempo venne ricavata una prigione dove fu rinchiuso fra gli altri Benvenuto Cellini e Papa Clemente VII, Roberto dei conti del Genevois, 1378 - 1394, miracolosamente scampato ai Lanzichenecchi, vi si rinchiuse durante terribile “Sacco di Roma”. Quale luogo più adatto per la conclusione di un dramma? Dalla sua cella in Castel Sant’Angelo Cavaradossi chiede al suo carceriere l’autorizzazione per scrivere poche righe alla donna amata, ottenuto il permesso il pittore inizia a scrivere ma viene subito assalito dalla disperazione, quando Tosca arriva l’uomo è in lacrime, gli mostra il salvacondotto e racconta della morte di Scarpia, quindi gli spiega con quali modalità avverrà la finta esecuzione e prima che venga portato via si raccomanda di recitare bene la sua parte. Vengono sparati alcuni colpi di arma da fuoco, sul corpo del pittore viene posato un mantello, Tosca è in apprensione per l’uomo amato, aspetta fino a quando Spoletta e gli altri si allontanano sussur-

rando a Cavaradossi di non muoversi, quando tutti sono andati via gli dice di alzarsi, ma vedendo che l’uomo non si muove toglie il mantello e con orrore scopre che Scarpia l’aveva ingannata ordinando una vera esecuzione. Alcune voci annunciano la morte del barone Scarpia, Tosca non deve fuggire! Spoletta corre verso di lei ma la donna riesce a respingerlo e si dirige verso il parapetto, sale sul muro e si getta nel vuoto dandosi così la morte. Il melodramma non poteva sfuggire al cinema e Luigi Magni, coadiuvato da con un cast di attori straordinari quali Vittorio Gassman, Gigi Proietti, Monica Vitti, Aldo Fabrizi e Fiorenzo Fiorentini, lo trasforma in una tenerissima storia d’amore; in tale contesto chi volesse conoscere cosa sia realmente il romanesco basta ascoltare la parlata di Gigi Proietti e Fiorenzo Fiorentini, circa la musica che si canta lungo il Tevere ricordo “Nun jè dà retta Roma” parole dello stesso di Luigi Magni e musiche di Armando Trovaioli un motivo che, da quel momento, diverrà la sigla di chiusura degli spettacoli Gigi Proietti.


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Milk, Usa, 2008. Genere: drammatico; regia: Gus Van Sant; sceneggiatura: Dustin Lance Black; interpreti: Sean Penn, Emile Hirsch, Josh Brolin, Diego Luna, di James Franco, Lucas Maria Cristina Grabeel, Victor Garber, Caponi Joseph Cross; fotografia: Harris Savides; montaggio: Elliot Graham; scenografia: Bill Groom, Barbara Munch; costumi: Danny Glicker; musica: Danny Elfman; distribuzione: BIM; durata: 128 minuti. Nel 1989 a New York, in Sheridan Square apparve una lista di eventi storici riguardanti i diritti degli omosessuali: su un manifesto con lo sfondo nero e le scritte bianche veniva ripercorso un iter costellato di vittorie e sconfitte dell’ultimo secolo di vita gay. Il cartellone sciorinava nomi e date, senza alcun ordine apparente. Si leggeva: “Coalizione delle persone con l’Aids 1985 Molestie della polizia 1969 Oscar Wilde 1895 Corte Suprema 1986 Harvey Milk 1977 Marcia su Washington 1987 Ribellione di Stonewall 1969”. Ma chi è quell’Harvey Milk che, a un tratto, appare in questo elenco segnato da eventi epocali (associazioni, dimostrazioni, processi, rivolte, omicidi e ordinanze)? Ci pensa il regista Gus Van Sant a rispondere a questo interrogativo, confezionando un suggestivo biopic sul primo omosessuale dichiarato a ricoprire un incarico istituzionale come consigliere nella giunta di San Francisco, in quell’America così hippie eppure ancor così profondamente bigotta di fine anni ’70. Harvey Milk (Sean Penn) aveva passato i primi quarantanni della sua vita a cullarsi beato nelle sue contraddizioni, profondamente insoddisfatto della sua laurea in matematica e della sua poltrona in una prestigiosa società d’investimenti a Wall Street. La sua vita privata era avvolta da un velo di perbenismo vittoria-

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no, per cui valeva la regola “tutto è lecito, purché lo si faccia in casa propria e al riparo da sguardi inopportuni”. Ma, la spinta a squarciare quel drappo di asfissiante ipocrisia giunge nelle inaspettate sembianze di un bel cherubino riccioluto (James Franco) rimorchiato la sera del suo compleanno nel metrò. Un’improvvisa consapevolezza si fa strada nel cuore del maturo broker di borsa (“Quaranta anni e non ho fatto niente di niente”) e la voglia di dare una virata di 360° alla sua vita (“Dovresti darti una svegliata, farti nuovi amici, serve un cambiamento!”) si rivela senza dubbio il migliore dono che poteva regalarsi per i suoi quaranta anni. E, allora basta al conformismo e al solito tamtam di tutti i giorni, un’esistenza trascorsa nella paura di finire esule nel ghetto degli invertiti; dal freddo sole di New York fa fagotto e si trasferisce alle calde temperature della California, nel quartiere cattolico di Castro, San Francisco. Qui, con il suo compagno Scott Smith, apre una piccola attività economica, dove ben presto si raccoglieranno giovani attivisti omosessuali emarginati dalla società e cacciati fuori di case dalle stesse famiglie. Tutti loro sono mossi da un unico fine: essere reintegrati a pieno diritto da quella collettività ultraconservatrice che si scaglia contro di loro non solo a parole; ma, soprattutto con i fatti. Per far sentire la sua voce, Harvey Milk scende perfino in politica e, pur avendo ricevuto tre sconfitte consecutive ai seggi elettorali, non demorde. Riuscirà finalmente a conquistarsi il suo spazio istituzionale solo nel fatidico anno di grazia 1977. Quella fu una grande giornata per la democrazia e non solo per quella statunitense. Tuttavia, i guai erano subito dietro l’angolo: lo spettro della cosiddetta “Proposition 6”- una legge secondo cui ai gay sarebbero stati tolti tutti i diritti civili e rimossi dai propri posti di lavoro, in specie gli insegnantiavanzava di giorno in giorno e il timore che sarebbe stata approvata era quasi una terribile certezza. Milk riesce insperabilmente a scongiurare lo spauracchio e diviene un eroe per tutti coloro che omosessuali, bisessuali, transgender, lesbiche (oltre a tutte le altre minoranze sociali) si riconoscono in lui. L’epilogo all’età di quarantotto anni, quando il consigliere nella giunta di San Francisco viene

MILK assassinato dal bieco Dan White (Josh Brolin), politico noto per la sua omofobia. Torniamo ai nostri giorni. Mentre Gus Van Sant era sul set di Milk, in America gli omosessuali incassavano a stento un colpo basso, un boccone amaro veramente difficile da digerire. Invero, negli Usa in quel periodo è passato un emendamento denominato Proposition 8 per cui il matrimonio è solo un’unione tra un uomo e una donna; ne consegue la cancellazione di tutte le nozze gay dai registri dello stato civile. Eppure, a quanto sembra, il messaggio di speranza di Harvey Milk non è seppellito sotto la cenere. Infatti, continua a rischiarare ancora il nostro presente, tanto da essere rispolverato da uno slogan elettorale come “Yes, we can” promosso da un membro di una minoranza etnica, un uomo di colore che oggi è riuscito a prendere le redini di una delle più grandi potenze internazionali, insediandosi alla Casa Bianca. L’autore di Da morire abbandona momentaneamente la ricerca linguistica tesa alla destrutturazione della trama che aveva caratterizzato alcune sue opere recenti come Elephant, Last Days, Paranoid Park, per ritornare – da perfetto “figliol prodigo”- verso una storia narrata in maniera decisamente più convenzionale, seppur confezionando il tutto con un livore poetico d’incommensurabile spessore. Non c’è che dire, Van Sant ha portato sul grande schermo una buona sceneggiatura, nonostante – a volte- il latente desiderio di conquistare a tutti i costi lo spettatore, sommato poi alla mancanza di un vero e proprio contraddittorio. Perfetta la ricostruzione d’epoca, merito in primo luogo del direttore della fotografia Harries Davies, veterano di lungometraggi ambientati negli anni della controcultura. L’Oscar di Sean Penn per il migliore attore protagonista è solo un’ulteriore conferma della sua indiscutibile bravura, non solo davanti alla macchina da presa, ma anche dietro. Suo, difatti, è l’apprezzato Into the wild. Perfetta anche l’interpretazione della sua nemesi ovvero l’ottimo Josh Brolin (impersona il politico Dan White), ormai perfettamente a suo agio nei panni dei grandi perdenti della storia, dopo il personaggio di George Bush in W. di Stone. La scena finale con la lunga veglia seguita alla morte di Milk, dove ben trentamila persone si riversarono sulle strade di San Francisco per porgere l’ultimo saluto al loro mentore, è da far venire la pelle d’oca.


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Il piacere dell’agriturismo Nel Settecento era d’uopo agli intellettuali agiati d’Europa percorrere l’Italia a piccole tappe, per esaminare costumi e riempirsi gli occhi di immagini paesaggistiche incantevoli. Il di Secondiano Zeroli “Belpaese” non poteva non essere visitato da chi, in quei tempi, contasse qualcosa nel piano sociale, militare o politico. Anche oggi, per chi ha un concetto alto del visitare , del capire e del voler partecipare, c’è la possibilità di farlo, e, per farlo come si deve, occorre servirsi di una delle oltre quindicimila aziende agricole che in Italia offrono ospitalità agrituristica, cioè ristorazione, soggiorno e svago. Soltanto nella nostra amata Tuscia, ben centodue sono queste aziende che mettono a disposizione dell’ospite una parte della struttura stessa della propria azienda, opportunamente attrezzata. E se pochi anni fa erano soltanto un migliaio i posti letto disponibili, ora il numero è salito del 40%. La nostra zona è, infatti, da sempre meta del turismo archeologico e artistico in generale, con la fascia costiera che funge da traino, anche per via di un turismo più precisamente balneare. I servizi offerti dai centodue agriturismi operanti nella Tuscia non sono certamente da sottovalutarsi: venticinque possiedono, infatti, una piscina; ventidue un maneggio; trentacinque

un parco giochi; mentre quasi tutti mettono a disposizione del cliente i prodotti della propria azienda o quelli di agricoltori che operano nelle stesse zone. Nell’agriturismo in cui ora ci troviamo, ci sono, ad esempio, sei-sette trattori parcheggiati in un grande capannone aperto ai due lati, una mietitrebbiatrice, certamente in funzione negli anni Sessanta, ed un numero impressionante di piccoli attrezzi agricoli che il cliente può usare a proprio piacimento. State sorridendo? Non credo dovreste, perché chi vuol conoscere la nostra terra è disposto anche a rompersi la schiena su un cassone d’un trattore traballante, che serve per raggiungere il vicino frutteto, dove il proprietario gli farà vedere come si fa un innesto su un pero o su un albicocco, o gli mostrerà come una certa varietà di pomodoro va legata al suo traliccio. Dalla sommità della collina si scorge intanto un terreno ondulato, fatto di ampie zone di pascolo erboso, stoppie, bosco alto e macchia. L’occhio indugia su questo angolo di Tuscia, mentre il proprietario, con aria quasi solenne, ci chiama ad ammirare un roseto che appare all’improvviso sottocosta, poco prima d’un dirupo, al fondo del quale scorre un limpido corso d’acqua. Pensiamo candidamente che il valore di questo e di tutti gli agriturismi risieda proprio in questo: nel farci meravigliare per cose assolutamente semplici e naturali. Se solo pensiamo, per un attimo, che il cliente è generalmente di Roma o d’una grande città straniera, possiamo solo

immaginare il suo piacere… Ed è anche un piacere colloquiare con il padrone di casa, un vero imprenditore con tanto di diploma di scuola media superiore (lo sono il 42% degli imprenditori!) e con una buona conoscenza della lingua francese (il 40% conosce e parla almeno una lingua straniera). La cascina nella quale il cliente-ospite ha la sua camera e la sua cucina, ci accoglie con un morbido odore di pittura fresca, ma, ben presto, di fronte a salsicce, mazzafegati, formaggi freschi e stagionati, il nostro olfatto trova altri e ben più catturanti interessi… La tremula brezza del buio ormai prossimo, ci consente di spaziare tutt’intorno alla ricerca delle luci di paesi e borghi vicini e lontani. Ne contiamo una decina: grappoli luccicanti di centri toscani, umbri e laziali. Partiamo con la certezza che in questo nostro crocicchio di culture, di tradizioni e di idiomi, l’ospite si troverà a proprio agio.


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Ecologia e Ambiente La terra e il suo magnetismo Questo è un tema che mi sta particolarmente a cuore, ne parlo anche nell’ultima parte del mio libro, che ho presentato a Roma lo scorso 13 gennaio, dove descrivo i possibili scenari di Giovanni Francola futuri che l’umanità dovrà affrontare nel prossimo futuro. La Terra non è altro che un grande circuito elettrico, se non ci fossero fonti di cariche, come i continui temporali, la sua carica si disperderebbe in poco più di dieci minuti. Infatti, tra la superficie terrestre e la ionosfera, a circa 55 km di altezza, ci sono onde elettromagnetiche, con cariche totali di 500.000 coulomb. Possiamo immaginare tutto questo come un enorme magnete. Come tale, l’intensità del suo campo magnetico è proporzionato anche alla velocità di rotazione del pianeta. Ma c’è anche un altro elemento che fa supporre che qualcosa sta cambiando sul nostro pianeta. Ma c’è anche un altro elemento che fa supporre che qualcosa sta cambiando sul nostro pianeta, si tratta del battito cardiaco della Terra o meglio conosciuto sotto il nome di “risonanza”. Questa risonanza chiamata anche “risonanza di cavità di Schumann” sta in questi ultimi anni aumentando notevolmente. Stando sempre a ricerche scientifiche, si è potuto rilevare che questi suoi cicli di frequenza hanno raggiunto ben 11,9 cicli al secondo, presupponendo che quando la

frequenza arriverà a 13 cicli, “previsto per il 2012”, la Terra raggiungerà il così detto “Punto Zero”. Se da una parte la risonanza aumenta, dall’altra i capi magnetici terrestri perdono intensità, causando non pochi fenomeni quali: perdita di rotta per molti uccelli migratori e il totale disorientamento di molto balene, che seguendo queste rotte magnetiche vanno ad arenarsi sulle spiagge anziché prendere largo. Ora è importante, al di là di tutte le supposizioni e le teorie scientifiche, come tutto questo possa influire sull’uomo e soprattutto sulla propria coscienza. Sono sempre più convinto che proprio la coscienza dell’uomo può cambiare e con lei il proprio corpo, lo stesso DNA potrà

modificarsi, potremmo entrare in una nuova era dove l’intuizione e tante altre funzioni potranno notevolmente migliorare, tornando di nuovo a ritmi naturali dettati dalla stessa natura e da tutto l’ambiente. Una vera rinascita di ogni espressione di vita, certo sono solo ipotesi, ma chi non vede in questo, una probabile possibilità di una totale purezza dell’umanità? Quando l’uomo troverà questa nuova dimensione alcuni inspiegabili poteri come ad esempio la “telepatia o atri sensi” potrebbero diventare strumenti a nostra disposizione, sarebbe ancora più interessante sapere con quale intenzione useremo tali poteri.

Acquistate Il profitto e la virtù di Giovanni Francola, edito dalla Ennipilibri. Parte dei diritti d’autore della vendita del libro verranno devoluti all’organizzazione Medici Senza Frontiere Onlus. Ricordiamo ai lettori che i libri possono essere richiesti alla propria libreria di fiducia oppure ordinati inviando una e-mail a ennepilibri@tin.it, o via fax allo 0183.661126 con recapito e codice fiscale. Saranno spediti in contrassegno senza addebito di spese postali anche per ordini di una sola copia.


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Come eravamo Giano Soli

tra ... passioni, gioie e dolori

di Alessandro Soli

... continua dal numero 57

Era l’ultima figlia, era rimasta una solo una “I” da assegnare, occasione unica per un nome mai dato prima agli altri dodici figli, nacque così nel 1927 Ivana Soli. Nonno Giano ormai anziano, visse questo evento come una gioia unica ed inaspettata, la sua numerosissima famiglia si completava con il frutto, forse il più bello, della sua lunga e avventurosa vita. Già, perché zia Ivana era una bella “mora”, ed io la ricordo ancora perfettamente, perché è stata la mia seconda mamma, lei ultima dei figli, io, fino ad allora, ultimo dei nipoti di Giano. Fu lei che mi fece muovere i primi passi, mamma era impegnata in trattoria, in cucina con mia nonna e le altre zie, ed io venivo affidato alle cure di questa zia ventenne che, come si dice da noi, “me spupazzava”. Purtroppo un avvenimento triste ed inaspettato, che avrebbe segnato per sempre la vita della famiglia Soli, e la mia in modo particolare, sconvolse l’esistenza del vecchio oste-cacciatore : zia Ivana si ammalò. Fu una diagnosi grave per quei tempi: cisti da echinococco ai polmoni, causata presumibilmente dall’alito dei vari cani da caccia di mio nonno, che lei accarezzava e

Alessandro Soli e il suo triciclo

abbracciava continuamente. Non sto a raccontarvi l’odissea vissuta tra ospedali e cliniche, perché, data la mia età, non riuscivo a capire il perché di tante lacrime, trambusti e cambio di abitudini, so soltanto che non stavo più con la persona che mi faceva giocare, che mi portava coi suoi giovani amici “giù a’ Madonna de’ Piagge” a rotolarmi sull’erba, che spingeva il mio piccolo triciclo sul terreno sacro di nonno Giano “il campo da bocce”. L’ultimo flash che ricordo: quando entrai correndo nella sua camera (una della locanda paterna), la vidi sul letto, col suo vestito di seta, tutti piangevano, mi avvicinai, zia Ivana, perché dormi?Aveva appena 24 anni. Il vecchio cacciatore, quello che a sette anni nel 1870, aveva visto passare Garibaldi lungo la via Flaminia, quello che aveva iniziato qui a Civita Castellana il gioco delle bocce, quello che aveva preso due mogli, ed avuto tredici figli, l’oste per eccellenza, celebrato in versi, ed osannato per la sua cucina fatta di tordi allo spiedo e di lepri in salmì stava provando il più grande dolore della sua vita. Non volle mollare, visse ancora tre anni, il destino però gli riservò un ultimo grande dolore: dopo la morte dell’ultima figlia, quella del primo figlio Italo Soli, scomparso nel 1953. Appena un anno dopo alla veneranda età di 91 anni il 26/12/1954, nonno Giano, malgrado la sua infallibile doppietta, mancò quella preda che ognuno di noi vorrebbe abbattere: “la morte”. A questo punto voglio ringraziare tutti i miei parenti, in particolar modo mio padre, per le notizie, le foto e i documenti, che mi hanno permesso di far rivivere la storia di un “vecchio personaggio civitonico”.

Ivana Soli 1927-1951

Alessandro Soli


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Apre un Opificio del Circo a Civita Castellana Una novità assoluta per la Tuscia: l’Officina Culturale Quarta Parete offre ai giovani un’opportunità di crescita e di lavoro nelle arti circensi Parte in questi giorni, per Officina Culturale Quarta Parete di Sandro Nardi,un nuovo cantiere della formazione: è “Opificio del Circo”, percorso “sul filo di vibrazioni creative” che propone acrobatica aerea, trapezio, tessuti, cerchio, corda, acrobatica da terra, giocoleria, trampoli, monociclo, ma soprattutto insegna a volare con la fantasia, a stare in equilibrio sui sogni, a misurarsi sul filo dell’esperienza. Da marzo in un bellissimo spazio sportivo di Civita Castellana questo laboratorio circense è aperto per giovani dai 14 ai 25 anni che vogliono crescere artisticamente in un’atmosfera insolita e spettacolare, diventando protagonisti di una curiosa avventura e contribuendo alla crescita di una nuova compagnia teatrale, dove si dà largo spazio all’individualità di ognuno per scoprire e scoprirsi, per trovare una dimensione collettiva dinamica, insomma… per superare le aspettative del possibile e scoprire le proprie capacità creative. Officina e Opificio sono due termini che sottolineano la voglia di promuovere un concetto di teatro da costruire insieme e non una semplice proposta preconfezionata e pronta all’uso: ecco perché professionisti di lunga esperienza si mettono in gioco in Opificio del Circo puntando ad una crescita come individui e come collettività in un contesto culturale comune. Sandro Nardi, presidente dell’Associazione culturale Il Cerchio Invisibile, ancora una volta stupisce con una proposta fuori dalle righe secondo lo stile ormai inconfondibile del grande progetto Officina Culturale Quarta Parete, di cui è l’ideatore, che dallo scorso novembre si distingue per novità degli spettacoli e bellezza dei contenuti. Il suc-

cesso di “Oooh, ingenue meraviglie fra circo e teatro” - con la Compagnia Il Cerchio Invisibile accompagnata da performers internazionali di circoteatro, in scena al PalArte di Fabrica di Roma lo scorso dicembre – e della rassegna di teatro comico Single o Pax, che si conclude sabato 21 marzo, dimostra che questa nuova idea di teatro è in grado di soddisfare la domanda culturale del territorio, ed anche di richiamare pubblico da Roma, dalla Toscana, dalla Tuscia viterbese… Fino a dicembre 2009 Officina Culturale sarà tanto altro: stage residenziale di formazione teatrale nello storico scenario di Caprarola, performance itinerante teatrale-musicale nei borghi antichi dei paesi,

festival internazionale di circoteatro, teatro di burattini…e poi magia, esperienza sensoriale e mentale, condivisione e cooperazione artistica e umana. Una grande fabbrica d’arte – patrocinata da MIBAC, ETI, Provincia di Viterbo, Comuni di Fabrica di Roma, Vallerano e Civita Castellana - che giustamente la Regione Lazio ha selezionato come vincitrice del bando Officine Culturali 2008/2209 dell’Assessore alla Cultura, Spettacolo e Sport Giulia Rodano, con il compito di promuovere le arti performative nella provincia di Viterbo. informazioni e iscrizioni 392.5378992 Beatrice Malatesta


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THINKING DAY 2009: Fermiamo la diffusione delle malattie Gli Scout AGESCI della Zona Tuscia per “Medici Senza Frontiere” Le giornate intorno a domenica 22 Febbraio u.s. sono state davvero impegnative per le Guide e gli Scout dei Reparti AGESCI della Zona Tuscia. La ricorrenza, in tutto il mondo, della “Giornata del pensiero” (“Thinking Day”) – in occasione dell’anniversario della nascita dei loro fondatori, Lord Robert Baden Powell e sua moglie Olave – li ha spinti a lanciarsi in una grande “buona azione” a favore della più grande associazione di soccorso medico privato del mondo: Medici Senza Frontiere. Nei quartieri e nelle Parrocchie di Viterbo, Civita Castellana, Sutri e Tuscania i ragazzi e ragazze, con la divisa color del cielo e fazzolettone colorato (in età tra i 12 ed i 16 anni), hanno organizzato vendite di primule, di simpatici manufatti e offerto la propria collaborazione per piccoli lavori domestici: tutto questo al fine di raccogliere fondi per M.S.F., associazione alla quale – nel 1999 – è stato assegnato il premio Nobel per la Pace. Nel primo pomeriggio di Domenica 8 marzo u.s. – presso la Parrocchia della Sacra Famiglia, sede del Gruppo “Viterbo 4” – i circa 100 ragazzi che hanno preso parte all’evento, hanno coronato la loro opera entrando in contatto diretto con un “Medico senza Frontiere” della nostra terra, precisamente di Corchiano. Il dottor Bengasi Battisti, recentemente tornato dall’ennesima missione umanitaria nel centro dell’Africa, ha dato la propria testimonianza di vita vissuta e risposto alle numerose domande dei ragazzi, che si sono dimostrati partecipi ed interessati all’argomento. Per la cronaca, il lavoro delle guide e degli scout ha fruttato la bella somma di 1.855,00 €, che è già stata direttamente versata a Medici Senza Frontiere. Sarà davvero un’utopia “… lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato…” (B.P.)? Forse, ma è quello che proviamo a fare tutti i giorni. A.G.E.S.C.I. ZONA TUSCIA Paolo Moricoli


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Una “Fabrica” di ricordi Personaggi, storie e immagini di Fabrica di Roma

di Sandro Anselmi

Sora Nina “la mammana”

Mattioli Bernardina (Sora Nina) nasce a Fabrica il 14 Agosto 1891. Si diploma, giovanissima, in ostetricia e gli viene subito offerta la condotta di Poggio Catino, dove inizia a lavorare. Nel 1924 viene assunta quale ostetrica condotta dal Comune di Fabrica, dove cesserà di operare nel 1956, lo stesso anno in cui perde il marito. Ripercorriamo assieme alla maestra Laura Bartolacci, figlia primogenita di Sora Nina, le vicende più significative della carriera professionale della madre, senza trascurare, però, gli aspetti personali ed umani che emergono, importanti, dai ricordi. Siamo davanti ad un bel fuoco acceso e si aggiunge a noi Giuliana, la nipote prediletta di nonna Nina. Le parole commosse non riescono a dare un ordine cronologico ai fatti, e le immagini di quegli anni fluiscono numerose, sovrapponendosi. E’ bello, così, scoprire che Sora Nina aveva già aiutato nel 1925 mia nonna a far nascere mia madre, e poi aveva assistito anche me a venire al mondo. Ci sono, allora, le figure del dottor D’Antoni e del dottor Zappia con i quali, in successione, aveva diligentemente collaborato, e poi le corse a casa delle partorienti accompagnata dai mariti che venivano a prenderla con la biga. Addirittura la contessa Cencelli, non contenta di come era stata assistita a Roma durante il suo primo parto, volle venire a Fabrica per mettere al mondo il suo secondogenito, in quanto aveva apprezzato il lavoro che la Sora Nina aveva svolto durante il parto di una sua contadina….. L’abitudine della santa donna di assistere

le “sue mamme” fino all’ottavo giorno era correvano dal prete per farsi dare in preregola, e quando veniva la bella stagione stito un collare miracoloso che, fatto portava con sé, per compagnia, le figlie indossare ai loro piccoli, pensavano gli Laura e Franca che, così, potevano fare avrebbe salvato la vita. anch’esse un viaggio con il calesse. Se il parto portava delle complicazioni che né lei né il medico potevano risolvere, si doveva correre all’ospedale di Civita Castellana con la macchina di Eliseo (Liseo), che era l’unica del paese. Voglio aggiungere, a questo proposito, un racconto che mio nonno mi faceva quand’ero bambino. Mi raccontava che, agli inizi del secolo scorso, quando le donne che non riuscivano a partorire in paese, venivano adagiate su una portantina, trasportata a braccia da robusti giovani, fino all’ospedale di Civita Castellana. La signora Laura ricorda che, nel mese di Agosto, molti bambini si ammalavano per il latte riscaldato delle mamme, a causa del caldo e della fatica del lavoro nei campi, ed allora queste poverine Da sx Laura Bartolocci, Bernardina Mattioli e Franca Bartolocci.


Campo de’ fiori Ma la campanella, purtroppo, suonava di continuo per annunciare i tanti funerali. A quei tempi anche le campane delle dipartite si differenziavano per le classi sociali: quella grave era per i signori, quella mezzana per il popolo, quella piccola per i neonati. Sora Nina aveva anche un altro gradito compito, e cioè quello di presenziare tutti i battesimi del paese. Questo si rendeva necessario perché solo lei sapeva seguire tutta la messa in latino, ed insegnava ai compari le poche risposte che dovevano dare, facendo spesso da suggeritrice a quelli che proprio non riuscivano a ricordare. Questo comportava una grossa responsabilità, perché se il figlio cresceva maleducato e senza rispetto, era colpa di quei compari che non avevano recitato bene il Pater Noster! Al ritorno dalla cerimonia, Sora Nina riconsegnava alla mamma, rimasta a casa, il bambino, e gli diceva: “me l’hai dato pagano e te lo riporto cristiano!” Questa donna d’altri tempi, infondeva una grande fiducia nelle partorienti, tanto che molte ragazze, che erano andate spose ad uomini di altri paesi, volevano tornare a partorire a Fabrica, alloggiando nelle case

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Sora Nina al matrimonio della figlia Laura Da sx Lucia Stefanucci, Bernardina Mattioli, Luigi Ricci, Laura Bartolocci, Egisto Bartolocci e Sante Ricci. paterne, per farsi assistere da Sora Nina. Manteneva il più profondo segreto professionale anche quando doveva portare al brefotrofio i poveri figli indesiderati. La “mammana” di tutti i bambini del paese

non ebbe, però, il coraggio di assistere i parti delle sue due figlie… Questo era il cuore e la sensibilità di una donna e di una madre!

Per completare il quandro storico delle vicende narrate, ho il piacere di pubblicare l’albero genealogico, semplificato per linea di discendenza diretta, della famiglia Bartolocci, che sembra provenire da Monteleone (MC). Egisto Sebastiano Matteo Bartolocci, è infatti il marito di Bernardina Assunta Rosa Mattioli. Dal loro matromonio sono nate Laura e Franca.

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Potete richiedere l’albero genealogico della vostra famiglia rivolgendovi presso la nostra redazione. Verrà elaborato dal nostro collaboratore Geneg. Se vorrete, potrete vederlo pubblicato sulle pagine di Campo de’ fiori.


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Associazione Umanitaria “Semi di Pace” onlus

La Cittadella dei giovani

Sono trascorsi 9 anni da quando iniziava, precisamente nel Febbraio del 2000, l’avventura della Cittadella dei giovani. In tutti questi anni, l’area demaniale ha visto molteplici trasformazioni. Quella era, un tempo, una zona abbandonata, ricoperta da rovi e da ogni tipo di immondizia, oggi è divenuto un luogo bellissimo, un parco, un’oasi naturale, richiamo per migliaia di persone. Numerosissime le iniziative ospitate presso la Cittadella dei giovani, da quelle ricreative, a quelle culturali, da quelle artistiche a quelle istituzionali. Giovani, famiglie, bambini, scuole, politici ad ogni livello, autorità religiose, come la straordinaria visita della Conferenza dei Vescovi di Cuba, guidati dal Cardinale Ortega, Ambasciatori, rappresentanti di altri governi, ecc… hanno visitato e partecipato ad iniziative organizzate da “Semi di Pace”. Tanti i benefattori che, generosamente, hanno sostenuto il progetto, con offerte e materiali, e ai quali è stato dedicato un albero come segno di gratitudine. Oggi sono oltre 150 gli alberi da frutto e ornamentali. Una particolare attenzione, poi, è stata riservata al Gruppo “Sorriso” (ragazzi diversamente abili della nostra città), che settimanalmente si incontrano per svolgere attività di musico – gioco – terapia e di socializzazione. Per loro, l’impegno di “Semi di Pace”, nella Cittadella dei giovani, è quello di realizzare la Casa Famiglia “Sorriso”, un luogo dove potranno vivere con serenità e al sicuro da qualsiasi forma di emarginazione. Altre sono le strutture previste nell’area, come una casa per le donne vittime di violenze, una per minori, una per ragazze madri, ecc… Gli spazi dei parchi gioco finanziati dalla Fondazione CARICIV e da altre istituzioni sono divenuti meta di famiglie con bambini che, anche durante la settimana, frequentano la Cittadella con forme di spontanea partecipazione. Il Progetto “Amistad”, che ricorda il giovane tarquiniese Luca Leoni, vede proprio nella Cittadella il suo quartier generale, con una costante attività di raccolta vestiario – viveri – medicinali, adeguatamente sistemati dalle volontarie del settore. I numeri del 2008 danno un quadro chiaro di quanto questa area sia stata un punto di riferimento, non solo per i tarquiniesi, ma anche per il comprensorio. Oltre 10.000 sono le presenze registrate, con una variegata partecipazione di persone, che hanno trovato accoglienza e disponibilità. La Cittadella si può ben definire come lo spazio di tutti, realizzato con tanto impegno e sacrifici da numerosi volontari. Il futuro vedrà concretizzarsi nuovi importanti progetti che offriranno servizi sempre più rispondenti alle esigenze del comprensorio. Già da questo mese di Febbraio e fino ad Aprile p.v. verranno organizzati 3 incontri a tema, con le scuole superiori del comprensorio, sulle seguenti tematiche: bambini soldato, shoah, bullismo, tutti tenuti da personale specializzato e diretti testimoni degli eventi.

PUBBLICATO IL BANDO DI PARTECIPAZIONE ALLA TERZA EDIZIONE DEL PREMIO INTERNAZIONALE ARCAISTA DI PITTURA, SCULTURA E GRAFICA. È stato pubblicato il Bando di partecipazione alla Terza edizione del Premio Internazionale Arcaista di pittura, scultura e grafica che si svolgerà a Tarquinia (VT) dal 11 luglio al 19 luglio 2009 Tutte le opere selezionate come “finaliste” saranno esposte da sabato 11 luglio a domenica 19 luglio 2009, in un percorso d’ arte nei luoghi più suggestivi del centro storico di Tarquinia (Viterbo), città di origine etrusca, oggi riconosciuta per le arti antiche patrimonio mondiale dell’Unesco, ma anche città delle chiese e delle torri di epoca medioevale. La premiazione finale. avrà luogo sabato 18 luglio 2009, alle ore 18.00 nella prestigiosa cornice della chiesa medioevale di Santa Maria in Castello, alla presenza delle autorità e della Giuria, presieduta da Sandro Serradifalco, critico d’arte ed editore della rivista “Boé”. L’elenco e le foto delle opere di tutti gli artisti finalisti, saranno pubblicati sulle maggiori riviste d’ arte, quotidiani e tv nazionali. L’emittente Carpe Diem (canale 932 di sky) presenterà le immagini di tutte le fasi della premiazione. La prima selezione delle opere è gratuita. Si invitano gli artisti interessati, a spedire entro il 30 aprile 2009, per consentire la prima selezione, una foto dell’ opera partecipante all’evento e brevi cenni critici e biografici, al seguente indirizzo: associazione arcaista arte e cultura - Via Vitelleschi n. 6 01016 Tarquinia (VT) o telefonare al numero 349.8361981, oppure inviare una mail a: arcaista@alice.it. Massimo STEFANI Presidente dell’associazione arcaista arte e cultura


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23 STUDIO DI CONSULENZA Neuropsichiatrica, Psicologica, Logopedica, Psicopedagogica Via T. Tasso 6/A - Civita Castellana (VT) Tel. 0761.517522 Cell. 335.6984281-284 www.centroceral.com info@centroceral.com

ADOLESCENZA: IDENTITA’ CONCETTO DI SE’ E COMPITI DI SVILUPPO L’adolescenza è quella fase della vita umana, normalmente compresa fra gli 11 e i 18 anni, nel corso della quale l’individuo acquisisce le competenze e i requisiti necessari per assumere le responsabilità di adulto. Nel processo di transizione verso lo stato di adulto entrano in gioco ed interagiscono fra loro fattori di natura biologica, psicologica e sociale. Anche se ha cominciato ad essere definita e studiata come fase specifica della vita soltanto nel momento in cui la rivoluzione industriale ha imposto l’esigenza di un periodo assai prolungato di preparazione alla vita adulta e anche se si presenta secondo modalità assai differenti da cultura a cultura , l’adolescenza sembra contrassegnata da alcuni fenomeni peculiari che possono essere considerati universali. L’adolescenza inizia con la pubertà ma non è il solo mutamento biologico connesso con la pubertà che provoca il momento adolescenziale. Al cambiamento fisico si associano esperienze emozionali molto intense: per la rilevanza dei cambiamenti corporei e dell’assetto pulsionale che impongono la ricerca di nuovi equilibri nei rapporti con il mondo e con il proprio sé; per la precocità del cambiamento rispetto a quello dei coetanei ( o coetanee) che lo fa giungere inaspettato, o per il suo ritardo che suscita in chi si aspetta di cambiare, ansie e incertezze in rapporto a chi è già cresciuto. I cambiamenti fisici, d’altronde, fanno sì che l’individuo sia trattato dalle persone con cui è abitualmente in contatto, e anche dagli estranei, in modo diverso da come era trattato da bambino. Le richieste che gli sono rivolte si modificano, ci si aspetta da lui (o da lei) un comportamento da adulto ma contemporaneamente lo si continua a considerare non autonomo, non in grado di prendere da solo certe decisioni rilevanti per il suo destino ( bere alcool o no, fumare o no, uscire la sera con i coetanei, scegliere l’orientamento scolastico...). Di questo mutamento di relazioni l’adolescente è particolarmente consapevole: in rapporto ad esso modifica il proprio atteggiamento verso se stesso ed il mondo circostante. Il primo indice, frequentemente conflittuale, di questo cambiamento di atteggiamenti si manifesta nel fatto che egli/ella non accetta più di essere totalmente dipendente dalla propria famiglia e dalle varie forme di sostegno sociale-

affettivo che la famiglia gli/le ha fornito sino a quel momento. In parallelo, altri cambiamenti nei confronti del mondo circostante sono attivati dall’aumentato numero di stimoli a cui l’adolescente pone attenzione, in rapporto ad un incremento del proprio interesse nei confronti dei sentimenti e stati d’animo, oltre che del mondo esterno. L’acquisizione, anche parziale, di autonomia permette di intraprendere nuove attività e di adottare stili di condotta diversi, collegati a nuove modalità di mettersi d’accordo con gli altri. I cambiamenti che si verificano mettono in discussione il sistema di rappresentazioni e di scemi che hanno regolato sino a quel momento le relazioni dell’individuo (ragazzo o ragazza) con il proprio corpo, con altri individui e gruppi , con attività, oggetti ed istituzioni sociali. Molte certezze consolidate sono così messe in discussione, anche perché immaginare il proprio futuro e prepararsi ad affrontarlo può risultare particolarmente difficile. L’adolescente, in altre parole, si trova di fronte molte incertezze a proposito di come interpretare la propria esperienza, tanto più che non vuole più applicare ad essa i metri di giudizio familiare. E’ in momenti critici di questo tipo, in cui è in atto una vera e propria organizzazione del sistema di sé, che la specificità di un sistema sociale offre alla persona la possibilità di trovare soluzioni adeguate. L’organizzazione della vita sociale di tutti i giovani in gruppi di età, tipica della società odierna, diviene decisiva. Essendo costantemente in contatto con tanti coetanei che condividono gli stessi problemi (a

scuola, sul lavoro, nel tempo libero), l’adolescente rafforza ed estende le proprie relazioni con il gruppo di pari così chetali relazioni diventano più frequenti , intense significative. La riorganizzazione del sistema di sé, dunque, si verifica grazie a questa fitta rete di relazioni e di scambi in cui il soggetto, consapevole almeno in parte del cambiamento che lo concerne, verifica il proprio valore e riflette su se stesso. l’adolescenza si conclude quando l’individuo è in grado di stabilire rapporti stabili e significativi con se stesso, con i gruppi di riferimento più prossimi e con il proprio ambiente di vita più ampio. Questa assunzione, fondata sul carattere attivo del rapporto di sé-altri-mondo, indica che nel corso dell’adolescenza accadono avvenimenti che obbligano l’individuo a comportarsi e a definirsi in rapporto sia con l’ambiente in cui è inserito, sia con i gruppi di cui è membro, sia con le proprie trasformazioni. Lo stesso soggetto che cresce è parte attiva, costruttiva, della propria evoluzione. Non ha quindi senso l’adolescenza come una fase contrassegnata esclusivamente da ribellioni e da conflitti ( sia intrapsichici, sia fra l’attore e il suo ambiente più prossimo) né vederla come un passaggio privo di scosse dalla riva indistinta e mal strutturata dell’infanzia alla riva ben costruita, funzionante, sicura dell’età adulta. (da Palmonari- Psicologia dell’adolescenza) Presso il nostro Studio si effettuano corsi di dizione.


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Le guide di Campo de’ fiori

Sono veramente deliziosi i piccoli borghi della Sabina, simili per architettura a quelli Umbri, caratteristici del centro Italia e tra i più belli di tutta la penisola. Voglio soffermarmi in questo numero sul paese di di Ermelinda Benedetti Tarano, in provincia di Rieti, per farvi scoprire la sua storia e farvelo visitare con l’immaginazione, se non avete mai avuto il piacere di vederlo di persona. Il comune di Tarano, sito a 234 metri d’altitudine, con una popolazione di circa 2000 abitanti, comprende anche la piccola e raccolta frazione di San Polo, altrettanto graziosa. STORIA Il nome Tarano indica, con molta probabilità, un luogo posto a confluenza di due corsi d’acqua. Viene menzionato per la prima volta, in un documento del 952, relativo ad una permuta di terreni nei pressi di Magliano, nel quale vengono, inafatti, citati un certo Sergio da Tarano e Lupo de Darano. Questo testimonia una già precedente esistenza del borgo. Nell’aprile del 1027, si sa, poi, che Susanna, appoggiata dal marito Attone, cedette alcune quote dei beni ereditati dal padre Landolfo e dalla madre Tassia al monastero di Farfa. Tra essi compaiono i castelli di Tarano, Mozzano, Cottanello, Vacone, Asinino, Narni e Configni. Data l’importanza dell’insediamento, il monastero benedettino provvide ben presto ad acquistare la restante parte delle quote del castello di Tarano, che già prima del 1036 vennero vedute al monastero di Farfa da Berlengario di Pietro e da sua moglie Bizzanna. Nella seconda metà dell’XI secolo, però, l’Abbazia perde il controllo di questi possedimenti, non potendo contrastare più gli usurpatori, impegnata com’era nella lotta per le investiture. Nel frattempo, Papa Niccolò II, e poi, sempre più, tutti i suoi successori, iniziò ad impadronirsi delle proprietà del monastero farfense, attraverso dei castra specialia, controllati direttamente. Addirittura agli inizi del XII secolo, Pasquale II con il nuovo Vescovo di Sabina, il Cardinale Crescenzio, della sua stessa famiglia, fece un viaggio nella zona, soffermandosi proprio a Tarano il 7 settembre 1109, e assoggettò definitivamente la Sabina allo Stato Pontificio, al quale Tarano iniziò a corrispondere un censo di sei libbre di provisini. A partire dal 1200 Tarano acquistò sempre maggior rilievo. Nel 1283, per contrastare la spinta della nobiltà romana, strinse un’alleanza quarantennale con il comune di Narni, in base alla quale il castello sabino avrebbe fatto pace e guerra su richiesta di Narni, avreb-

be inviato un esercito contro qualsiasi nemico, tranne la Chiesa romana e Roma stessa. Non potevano, inoltre, essere ospitati banditi, mentre si doveva garantire la sosta e il transito dei narnesi senza il pagamento di alcun pedaggio. I taranesi erano tenuti, per di più, ad offrire un cero di cera nuova di 40 libbre di peso, in occasione della festa di San Giovenale. Di contro il sindaco di Narni si impegnava, allo stesso modo, di difendere Tarano da qualsiasi attacco nemico, tranne da attacchi sferrati dalla Chiesa romana, da Roma, da Collevecchio, da Castiglione e da Magliano. Aveva l’obbligo di non ospitare banditi e anzi di denunciarli all’occasione e di ospitare, invece, i taranesi nel suo territorio. A dimostrazione dell’importanza di Tarano vi è anche la rocca, che venne fatta costruire dai rettori del Patrimonio a rafforzamento della struttura difensiva del castrum, nel 1341, e repentinamente ristrutturata in seguito ai danni subiti durante il terremoto del 1349. Essa era, inoltre, presidiata da una guarnigione stabile. Nel 1347 si sottomise a Cola di Rienzo. Più volte, soprattutto tra il 1351 e il 1352, si ribellò e fu ricondotta all’obbedienza con grandi difficoltà, a causa delle resistenze opposte dal forte partito ghibellino, incoraggiato da Narni. Nel 1364, come testimonia il registro camerale del Cardinale Albornoz, Tarano aveva sotto il suo dominio i vicini castelli di Cicignano, Fianello e Montebuono. Ma, a partire dal 1372, quando fu infeudato a terza generazione da un nobile perugino, Francesco degli Arcipreti, famiglia molto vicina alla Chiesa, iniziò il suo declino come comune libero. Nel 1399 Tarano fu occupato con la violenza da Paolo Savelli, che doveva recuperare un credito di 20.000 fiorini, che il padre Luca vantava con Papa Bonifacio XI. La vicenda si concluse solo nel 1401, grazie alla mediazione di Giangaleazzo Visconti, duca di Milano, quando si decise la restituzione dei castelli coinvolti nella controversia, tra cui Tarano. Ma lo stesso castello, dopo nove anni passò nuovamente sotto il controllo dei Savelli, allorché, nel maggio del 1409, Gregorio XII infeudò a terza generazione Tarano e Montebuono a Battista Savelli. La famiglia governò su

Tarano ininterrottamente, tranne una breve parentesi tra il 1501 e il 1503, quando Alessandro VI lo concesse come feudo a Giovanni Paolo Orsini, fino al 1581, anno della morte di Onorio Savelli, il quale non aveva avuto eredi legittimi e per questo il feudo fu confiscato dalla Camera Apostolica insieme a Montebuono e Rocchette. Tarano fu nuovamente feudo, anche se per un periodo molto breve, nel 1727, quando Benedetto XIII lo concesse a Luzio Savelli come vitalizio. Nel 1817 fu, invece, appodiato di Montebuono e contava appena 301 abitanti. Divenuto comune autonomo nel 1853, raggiunse 411 abitanti, di cui 53 sparsi nelle campagne. Ottantadue erano le famiglie e ottantuno le abitazioni. Nel paese era possibile trovare un macellaio, una rivendita di sali e tabacchi, un chiavaro, dei calzolai e dei vetturini, un maestro di scuola, una maestra pia e una mola a grano dei Valentini. L’assistenza sanitaria era garantita da un medico, che percepiva uno stipendio annuo di 180 scudi più una casa, e dalla farmacia Ranuzzi. Nei pressi del paese si trovavano due fonti d’acqua, i cui corsi scorrevano intorno all’abitato. La principale era chiamata “del lavatore”, poichè forniva l’acqua di un lavatoio per le donne. Nei dintorni di Tarano si trovavano, inoltre, delle fabbriche di stoviglie d’argilla e diverse fornaci di tegole e mattoni. Si svolgevano due fiere l’anno, una il 26 maggio, in occasione della festa di S. Filippo Neri, e l’altra il 2 settembre, per la festa di S. Antonino. Il santo protettore era San Giorgio, onorato il 23 di aprile. Ma Tarano vanta, nella sua storia, un santo: Agostino, il cui vero nome era Matteo, un domenicano, che assunse il nome con il quale è passato alla storia entrando, dopo varie vicissitudini della sua vita, nell’ordine agostiniano. continua sul prossimo numero ...


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Furto Il cellulare squillava, proprio mentre si stava facendo beatamente la doccia e pregustava un’abbondante colazione. Oggi non sarebbe andato al lavoro, era la vigilia di Natale. Aveva solo inutilmente speradi Gianni Bracci to che quel telefono non avesse squillato…. E invece….. Andò a prenderlo e vide l’ultima chiamata: 24/12 ore 7.30 “allarme caseificio”. In effetti quella era la sua giornata di reperibilità e, come temuto, aveva suonato il sistema antifurto del magazzino di formaggi per cui aveva accettato di fare da custode, come secondo lavoro, per arrotondare lo stipendio. Doveva rendersi disponibile ad intervenire nel caso scattasse l’antifurto, come stava succedendo: qualcuno stava cercando di intrufolarsi in’azienda, un ladro o (più probabilmente) un topo. <<La solita pantegana>> pensò G, appena appena preoccupato ma profondamente scocciato per l’accaduto. Arrivò presto all’ingresso dell’azienda guardandosi intorno con circospezione: avrebbe chiamato il titolare o i Carabinieri solo quando sarebbe stato sicuro che non si trattava di un falso allarme. “C’è nessuno!” esclamò ad alta voce per far sapere (alla eventuale pantegana di turno) che era arrivato. <<Se è un topo sarà già scappato … >> pensò. E infatti niente, non rispondeva nessuno. E sì, perchè non c’è niente di peggio che intrappolare il proprio nemico, chiunque esso sia: quando è disperato diventa capace di tutto. Bisogna sempre lasciargli una via di fuga. Quando da bambino andava in campagna, suo padre gli aveva insegnato a battere le mani per far scappare preventivamente gli animali, soprattutto in posti dove l’erba alta impediva di vedere dove si mettevano i piedi. Quella pratica gli era rimasta impressa e la utilizzava ogniqualvolta. Si era armato di bastone, aveva fatto un giretto di perlustrazione per verificare che non ci fossero segni di infrazione: tutto tranquillo. Aprì una porta secondaria del magazzino inserendovi la testa per inviare un solo ulteriore avvertimento, al che sarebbe potuto rientrare finalmente a casa. ”Chiunque tu sia, esci fuori !”, gridò perentoriamente fingendo di avere scorto un fantomatico malfattore. Dopo qualche interminabile secondo, per tutta risposta, udì inaspettatamente una timida, quanto impaurita, voce maschile provenire dal locale:”La prego non spari, non voglio fare del male, sono solo un poveraccio!”. Il signor G trasecolò: ”Cacchio, deve essere proprio un ladro, altro che topone !”. Era emozionato: incon-

trava personalmente un delinquente colto in flagrante per la prima volta nella sua vita, in diretta. Certo, era una possibilità che avrebbe dovuto prevedere, visto il secondo lavoro che si era scelto, ma in realtà non lo aveva mai fatto seriamente. La cosa aveva del surreale; certamente si era chiesto tante volte cosa avrebbe fatto se fosse capitata una situazione simile, ma non era mai riuscito a darsi una risposta, allora, figuriamoci se avrebbe potuto farlo lì per lì. Adesso: cosa doveva fare adesso ? Pensò di chiudere dentro il malvivente e limitarsi a sorvegliare lo stabile in attesa delle forze dell’ordine. Quella voce però aveva avuto lo straordinario potere di confortarlo, sembrava veramente quella di una persona terrorizzata, che aveva solo bisogno di aiuto: la voce di un povero disgraziato. Decise di fidarsi e, memore delle numerose guardie prestate quando faceva il servizio militare, esclamò in modo deciso, come se imbracciasse veramente un fucile:”Esci fuori mani in alto !!” Immediatamente dopo, sentì un botto fortissimo rimbombare tra le mura dell’edificio seguito da un lamentoso:”Porca …” . Era quel farabutto che, alzandosi, aveva dato una gran testata al mobile sotto il quale si era nascosto. Finalmente uscì allo scoperto: bassetto, baffuto, vestito alla meglio, aveva un’aria da pelandrone e l’ espressione dolorante di chi si era fatto male sul serio. “Non ti muovere e alza le mani, figlio di una buona donna che non sei altro !” lo attaccò G sempre trepidante, con quel bastone in mano imbracciato buffamente a mò di arma da fuoco, pronto a colpire. Con una mano in alto e l’altra per metà, perchè si massaggiava la testa contusa, il furfante rispose:” Stavo nascosto… sotto lo scaffale grande… lei ha urlato così forte che…insomma… ho alzato la testa e…. porca miseria che botta !! Non spari eh… non spari: sono un padre di famiglia”. G lo guardava sempre più sconcertato anche se si rendeva conto che era semplicemente incappato in un sempliciotto che giocava a guardia e ladri: “Cosa vuole che spari… con cosa dovrei spararti…. mica sono un malvivente… come te!” “Nò perché a un cugino di mia moglie… a Roma…gli hanno sparato mentre rubava un vaso in un ristorante. … è veramente scandaloso!” “Scandaloso cosa ? Scandalosi sono quelli come te che derubano chi lavora ! In galera, a vita !” Il sig. G pensò che doveva essere uscito di senno: stava discutendo di morale con uno che fino a qualche minuto prima stava per svuotare un magazzino di formaggi. ”Sei solo ?” gli urlò contro mentre con una mano aveva già inviato la chiamata al 112.

“Sì, da solo… Volevo solo prendere un po’ di formaggio per i miei bambini. Non so come sfamarli…. E’ Natale “ G forse avrebbe dovuto adirarsi, magari fare il duro e, perché nò, ingaggiare un combattimento con il balordo, come nei film, ma non gli riusciva proprio. Anzi, con quel bastone in mano che voleva velleitariamente sembrare un’arma da fuoco, si chiedeva chi fosse il più ridicolo tra i due. Si era semplicemente imbattuto in un povero disgraziato. Nel piazzale effettivamente non c’erano camion o altri mezzi per derubare refurtiva e, a giudicare dalla faccia, sembrava proprio che dicesse la verità. “Come sei entrato ?” gli chiese. “Tutti i giorni faccio un giretto qui intorno… ho notato una finestra socchiusa, un po’ nascosta, l’ho forzata e…. eccomi qua” “Bravo ! Ti dovrebbero dare una medaglia. Non ti vergogni ? Non pensi ai tuoi figli ? Quando i compagni di scuola gli chiederanno che lavoro fa il papà cosa dovrebbero rispondere: il ladro !? Bella figura … complimenti ….” Lo sconosciuto non rispose, ma G notò un’espressione straordinariamente dolente nel suo viso che gli fece una gran pena e non dimenticò mai più in vita sua. D’altronde, chi era lui per stabilire cosa veramente fosse giusto o sbagliato ? Come si poteva permettere di giudicare i comportamenti o la vita altrui ? “Prendi quello che devi prendere e vattene …. Vattene e non farti vedere mai più …” gridò G rosso dalla rabbia mentre nella sua mente sembravano scorrere le facce smunte di quei bambini sopraffatti dalla miseria e dal freddo. Il signore raccolse faticosamente quella benedetta forma di cacio e se ne andò più veloce possibile, sotto lo sguardo di G che richiuse mestamente la porta. Ai Carabinieri disse che si era sbagliato, che la solita pantegana aveva fatto suonare l’allarme. Salì in macchina ed inserì uno dei cd preferiti. Quindi se ne andò a casa sconsolato sulla voce di Fabrizio De Andrè che cantava:<<…. e adesso imparo un sacco di cose in mezzo agli altri vestiti uguali, tranne qual’è il crimine giusto per non passare da criminali. Ci hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane, ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame, ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame….>> e, inspiegabilmente, cominciò a piangere.


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AL GLOBE 09 IL PROGETTO DI VALORIZZAZIONE DELLA “VIA AMERINA” Dalla storia al fascino dei paesaggi, dalla cultura all’enogastronomia e alle tradizioni popolari, la Via Amerina, ancora oggi presenta un’ampia gamma di potenzialità, in grado di attrarre un turismo con svariati interessi

In occasione di Globe 09, Regione Lazio ed AT Lazio promuovono gli ‘Educational’ post-workshop cui partecipano tour operator stranieri. Vengono infatti presentati in fiera 12 itinerari diversi che partono da Roma e attraversano tutte le Province del Lazio, con visite alle strutture ricettive e ai luoghi d’interesse turistico, seguendo il filo rosso dell’enogastronomia. In questo contesto così itinerante e variegato trova spazio, certamente come novità di proposta, il Progetto di Valorizzazione della Via Amerina, l’antica strada faliscoromana che attraversa i Comuni di Calcata, Castel Sant’Elia, Civita Castellana, Corchiano, Fabrica di

Roma, Faleria, Gallese, Nepi, Orte, Vasanello. Il progetto nasce per volontà dell’ Assessorato alla Cultura, Spettacolo, Sport della Regione Lazio che ha riconosciuto come Area Integrata il Comprensorio della Via Amerina e delle Forre, individuando nei dieci comuni dell’area, di cui Civita Castellana è soggetto capofila, i beneficiari di un contributo di € 650.000,00, con una partecipazione finanziaria di una quota del 20%, proporzionalmente divisa, dei comuni dell’ “Area Integrata Via Amerina e delle Forre”. L’investimento è finalizzato alla realizzazione di un intervento trasversale di valoriz-

zazione e recupero dell’antico tracciato della Via Amerina e delle emergenze collegate, mentre il progetto si avvale della presenza della Soprintendenza Archeologica dell’Etruria Meridionale. La Via Amerina è, in sintesi, la storica strada romana che attraversa il territorio falisco, conservando l’eco profonda dell’età medievale e della tradizione cristiana; in tal senso, è riuscita ad assorbire le memorie storiche ed artistiche delle aree interessate proponendosi come punto di riferimento per l’identificazione di un preciso itinerario culturale ed ambientale. La Via Amerina, difatti, forse oggi poco conosciuta al grande pubblico, presenta, ed è in grado di offrire, un’ampia gamma di elementi d’interesse, in grado di attrarre un turismo largamente diversificato. I primi appuntamenti in calendario per conoscere questi splendidi itinerari sono, in vista della Pasqua, il 5 aprile trekking a Corchiano, un percorso tra archeologia fallisca e romana e salvaguardia della natura; ad Orte, la sera del Venerdì Santo, la toccante Processione del Cristo Morto, la più antica in Italia nel suo genere -risale al 1200-; ed il martedì successivo alla Pasqua, il 14 aprile, a Civita Castellana, la Festa di S. Leonardo con stand, spettacoli teatrali, musicali e pirotecnici; il 18 aprile a Fabbrica di Roma, inaugurazione della Settimana della Cultura che, iniziativa del MIBAC, apre con un concerto nel suggestivo scenario di Falerii Novi, l’antica città faliscoromana.


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III° RASSEGNA NAZIONALE DI TEATRO “PREMIO ANCHISE MARCELLI” Serata di Gala al “Palarte” di Fabrica di Roma, sabato 18 Aprile Domenica 15 febbraio ha avuto inizio al teatro Palarte di Fabrica di Roma la 3° rassegna nazionale di teatro “premio Anchise Marcelli”. Lo scrittore e giornalista Magdi Cristiano Allam ,Presidente della giuria, ha dato ufficialmente il via al concorso che quest’anno ha visto la partecipazione di 75 compagnie di tutte le regioni d’Italia. Sei sono le compagnie ammesse a rappresentare le opere proposte sul palcoscenico del bellissimo ed accogliente teatro tenda di Fabrica di Roma. Il direttore artistico Carlo Ciaffardini e l’eclettico presentatore ufficiale Claudio Ricci, hanno spiegato, al numeroso pubblico accorso alla inaugurazione, che come ogni anno la scelta delle commedie in cartellone ha ricalcato l’esigenza di proporre opere di spessore letterario , allestite con professionalità ed interpretate da attori preparati e versatili. Si è voluta proseguire la conoscenza del teatro intramontabile di Eduardo De

Filippo con le commedie “Natale in casa Cupiello” che ha aperto il festival domenica 15 febbraio e con “Ditegli sempre di sì” che verrà rappresentata domenica 15 marzo. Grande interesse susciterà sicuramente “L’opera da tre soldi” di Bertolt Brecht che andrà in scena il 1 marzo, opera non facile da vedere nei teatri e di non facile realizzazione, che sicuramente attirerà un pubblico di giovani alla riscoperta di un grande mastro del teatro del novecento. Grande curiosità anche intorno a “Rumori fuori scena” una delle commedie più comiche e più rappresentate del teatro comico inglese. Commedia fortunatissima che a Londra ed a Roma, al teatro Testaccio raggiunse e superò le migliaia di repliche con la Compagnia Attori e Tecnici di Attilio Corsini. Infine il pubblico potrà gustare, domenica 5 aprile “La pulce nell’orecchio” di George Feydeau, il grande autore francese, padre del Vaudeville, genere teatrale precursore del teatro

comico moderno e quindi in qualche modo progenitore della commedia degli equivoci “Taxi a due piazze” di Ray Cooney, che sarà rappresentata domenica 29 marzo. Tutte le rappresentazioni si terranno di domenica alle ore 17,30 con il prezzo del biglietto d’ingresso ad appena 5,00 euro, un altro buon motivo per non perdere questa bellissima rassegna teatrale, che avrà il suo culmine sabato 18 aprile ,quando con ingresso gratuito al teatro Palarte si potrà assistere alla serata degli “Oscar” dedicata alle premiazioni dei vincitori che riceveranno dalle mani del Presidente della Giuria Magdi Cristiano Allam e dal Sindaco Giuseppe Palmeggiani ,gli ambiti premi. La serata prevede intermezzi musicali e di danza moderna e sarà presentata da Claudio Ricci. Carlo Ciaffardini

I ragazzi di Fabrica di Roma vogliono il Consiglio dei Giovani Questo è quanto emerge dalla terza riunione del comitato a favore dell’ istituzione del Consiglio. Da alcune settimane il gruppo si sta adoperando per informare la cittadinanza di questa importante opportunità finanziata dalla regione Lazio. Raccogliendo firme e attuando una campagna informativa su internet ,con un gruppo apposito su facebook, sperano di smuovere la sensibilità della giunta comunale e fare si che, anche Fabrica possa avere un suo Consiglio dei Giovani, come sta succedendo anche a Viterbo e altri paesi della provincia. Sicuri che il Consiglio sia un’ ottima occasione per avvicinare i giovani alla vita politica e amministrativa sperano che questa opportunità possa diventare al più presto una realtà.

Presidente del comitato promotore Riccardo Pedica


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Associazione Artistica Ivna Artisti di Vignanello, Vallerano, Corchiano, Civita Castellana condividono l’arte POLIMATERIA E POLIESPRESSIVITA’ NELLA DIMENSIONE ARTISTICA CONTEMPORANEA DI WALTER TOGNI Poco più di mezzo secolo di esistenza intrisa e arricchita da abilità pittorico-scultorea e non soltanto, con vena artistica di talento e formazione specialistica nela cura della l’ambito dell’arte, tesa, Prof.ssa quest’ultima a sviluppaMaria Cristina re l’ingegno insito nel Bigarelli suo essere. Ecco come introdurre il pittore, scultore, sbalzatore, modellista, decoratore e soprattutto ricercatore di nuove e antiche tecniche, Walter Togni, artista vignanellese, rivoluzionario, innovativo con la mira di allineare i postulati ideologici della “Bauhaus”, di esaltare il passato che istruisce, che ispira, che ritorna…, di non dimenticare le origini, di assegnare il tributo culturale a chi ci ha preceduto, di cimentarsi nel figurativo, attratto mirabilmente da Caravaggio e dai Maestri Fiamminghi, di applicare tecniche ceramiche mature e di segnare indelebilmente il proprio destino d’artista evolvendosi verso l’introspezione attiva e del tutto personale in soluzioni stilistiche che cavalcano leggiadramente l’onda iperrealista…via via fino al surrealismo e all’informale. Nel ’73 diventa Maestro d’Arte e nel tempo la sua fantasia, che schizza e sussulta dall’iperrealismo al surrealismo, nella sua armonia dinamica, ormeggia al Panta-rei con un cavallo che sta sul Partenone, opera nella quale l’intervento dell’uomo è evidente,come la natura che fagocita l’operato umano, riappropriandosi della realtà naturale. Nell’opera, le geometrie artificiose apportate dall’uomo scompaiono, nell’atto di essere inghiottite. Tutte le espressioni umane hanno un tempo…la natura ingloba tutto…la bellezza umana è come sabbia al vento… Ricercatore dell’uso delle tecniche, del controllo della materia, qualsiasi essa sia, del terreno che in chiave artistica dà un messaggio che va al di là della materia stessa fino ad arrivare a denunciare problemi di alto valore umano, sociale, etico e morale. Il continuo screening della novità,

della primizia, senza perdere la comunicazione con la realtà che lo ispira, lo conduce a sperimentare e ad esplorare nuovi ambiti, nuove forme, utilizzando materiale e stili del tutto contrastanti fra loro. La ceramica del 500, con gli stessi smalti, gli stessi modi di cottura, gli stessi supporti, lo ha sempre affascinato fin dai tempi della prima formazione. La pittura iperrealista assoggettata ai “pezzi” appoggiati, sembra dare consistenza all’opera di Walter. I decori avviluppati in elementi della natura, lo inducono a provare l ‘eccitazione e la commozione della “creazione” non del mondo, ma dei suoi dettagli minuti e preziosi. Le tegole, riprese dalla tradi-

ti, pronto a padroneggiarli e a dominarli al fine di scatenare l’oggetto, che finalmente viene alla luce in un alternarsi di ombre e luci riflesse che donano bellezza interiore all’immagine. La sua tecnica man mano si distacca da quelle rinascimentali, con uso dei colori industriali, al di là e al di sopra della stessa, perché ciò che conta è il contenuto. L’opera surrealista permette a Walter di personificare se stesso con il protagonista, il motore : la macchina che spersonalizza in opposizione all’urgenza contingente e all’impulso naturale del pensiero, in quanto l’uomo pensa,costruisce,“crea” per crescere nel suo modo di essere. Di nuovo ritorna al concetto della

zione persa nel tempo in un contesto moderno in quanto realizzate in cemento con regole attuali, lo incoraggiano a cercare le radici senza mai lasciare il contesto della contemporaneità. I costumi, gli usi e tutto ciò che riguarda il passato sono la catapulta per il futuro, perché senza il basamento non c’è fastigio, senza la terra non c’è sommità. A tal proposito i temi freudiani del sogno sono emblematici: una bimba che sogna mondi fantastici e sembra andare alla deriva in un alveo d’acqua, viene sorretta sempre dalla mano materna in una notte lunare durante la quale il senso della luce argentea, della sensazione della morbidezza spugnosa del grembo materno, riporta all’origine propria e dello stesso corpo che accoglie la vita ospitandola nei suoi primi bagliori e alla quale tutti sono uniti da sempre e per sempre.Uscire dall’utero materno è percorrere un tunnel rappresentato dal tentativo di raffigurare un’altra dimensione nel quadro dei “Cloni”, esseri già vissuti, non embrioni, che passano inesorabilmente in uno stato di Essere esteso e di diversa entità. Profondo conoscitore della materia e della tecnica, assurge a stile e a forma eccellen-

“natura” che si riappropria dei suoi spazi e dei suoi tempi. “Le rose con i bambini” rappresentano la purezza della natura allo stadio primordiale. Purezza, che andrà persa, con tutta la sua spontaneità e freschezza, entrando in collisione con la corruttibilità del mondo. La tecnica mista e ad olio, trattato senza solventi, oggi usati come testimonianza di un’epoca ormai andata, non danno più emozioni a Togni, allora, si avvia all’uso della materia in modo innovativo e straordinariamente diversificato. Emblematico il bassorilievo in ceramica ricoperta di bronzo con fusione a freddo, “Conciliazione”, che rappresenta una vera e propria frattura sociale con una evidente ricaduta religiosa e culturale. La causa è l’adorazione dell’economy-god, il dio danaro. Togni dichiara che “le cose originariamente e intenzionalmente non stanno così”, ma che tutte le grandi verità, i principi umani convergono in un punto unico: le religioni ebraica, islamica e cristiana hanno lo stesso punto cardine, il credo nell’unico Padre. Togni con questo pannello, realizzato con una tecnica di sua realizzazione, vorrebbe lanciare l’idea della riunificazione, superando il momento di


Campo de’ fiori crisi dei valori, fa emergere dalla sabbia gli anelli che ricuciono le lacerazioni avvenute. Gli elementi iconici a forma di croce stanno a significare tutto il percorso umano su una strada fino ad un crocevia dove si è determinata la spaccatura nell’animo umano e conseguentemente sociale. Gli anelli di rame intrecciati, torti sono agganciati e chiusi e inseriti nei fori dell’opera, con l’intento di salvezza. Togni si ispira, seppur soltanto idealmente, al caposcuola dell’arte spaziale, Fontana, per andare alla ricerca della quarta dimensione proposta nelle sue opere a cerchio intuitivamente considerato l’ingranaggio centrale per far emergere tutte le verità, dove non c’è spazio per la menzogna, dove non c’è spazio per la divergenza conflittuale, ma soltanto per unità di intenti di crescita culturale e umana. Lo spirito nell’arte di Walter si libra nella defezione dell’immagine sulla superficie, incedendo gradualmente nel dominio dell’astratto dal punto di vista dello spazio, non necessariamente profondo, ma sensoriale e congetturale. Tutto si presenta con un dinamismo cromatico e con un’idea misteriosa largita dalle curve o dai segni sferici tipici del vortice più o meno fluido o consistente che sembra girare velocemente su sé stesso trascinando con sé tutto ciò che incontra, nutrendosi della sostanza. Campi con veloci movimenti rotatori, rapidi susseguirsi di

“eventi, fenomeni, problemi”. In questo impeto irrefrenabile che sconvolge, trascina e ingloba, i giochi di colore chiaro e scuro fanno sì che il percorso sia da intuire, perché non chiaramente definito. Dietro l’opera c’è l’esistenza non tanto e non solamente personale, ma globale, nella sua interezza che funge da faro di identità principalmente umana e spirituale con sfogo artistico polimaterico e poliespressivo. Sarà proprio il suo “Impatto globale” a simboleggiare l’astratto ed il surreale dove tutti i simboli presenti nell’opera rappresentano l’operato umano, le case, raffigurati in un’icona nella quale l’affetto e la famiglia sono oppresse da una bomba. Quegli affetti, quella famiglia…cercano di sbocciare, però tutto è oppresso e compresso e… allora sembra soccombere sotto il peso e la pericolosità di quella bomba, ma nulla si rompe e deflagra grazie alla duttilità

29 e alla resistenza dei sentimenti e dei valori. Nulla si spezza, la parte buona dell’umanità cerca di difendere e nel contempo la catapulta è pronta per scaraventare tutto altrove. Questa immagine scultorea e le raffigurazioni di dinamicità pittorica sono il simbolo dell’ingranaggio che travolge, ma non distrugge. Tutto è messo a dura prova, ma tutto flette, perché il buon senso della cultura emerge e si impone sull’uomo primordiale, colui che vincerà sarà l’Homo Sapiens Sapiens, che ha avuto pietà di sé con il culto dei morti e che, mirabilmente, dotato di talento artistico, rappresenta il passo determinante del progredire della civiltà umana.


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Associazione Cobra di Civita Castellana Cacciatori generosi di Ermelinda Benedetti Quella della caccia è un’arte antica quanto il mondo. Gli uomini primitivi cacciavano per sopravvivere, i nobili, nel Medioevo e nei secoli successivi, organizzavano battute per puro piacere. Oggi la caccia è diventata, per lo più, un’occasione di aggregazione, che unisce uomini di tutte le età, un modo per stare insieme e condividere esperienze uniche. Molte specie di animali, in via di estinzione, sono state dichiarate protette, per evitarne l’estinzione; altre, invece, con grande capacità di riproduzione, non rischiano la scomparsa, come, ad esempio, i cinghiali, che sono in grado di figliare due volte l’anno. Con la diffusione dei cinghiali nella nostra zona, si sono costituiti dei veri e propri gruppi di caccia, addirittura delle associazioni, che, comunque, vanno oltre il semplice gusto personale e discutibile di uccidere animali selvatici. L’affiatamento che cresce sempre più nell’affrontare insieme anche i pericoli, fa nascere in loro il desiderio di realizzare obiettivi socialmente utili. Tra questi ne è stato portato a termine uno molto importante, che fa onore all’Associazione di caccia al cinghiale “Cobra” di Civita Castellana. I componenti del gruppo, infatti, sabato 28 marzo, si sono riuniti presso il complesso Zia Cathys’cauntry, dove, in una splendida cornice rustica, immersa nel verde, con una cena, ovviamente, a base di cinghiale, hanno donato un Usb Spirometer, una macchina spirometrica in grado di effettuare uno screening dettagliato a coloro che ne usufruiranno. A beneficiare dell’apparecchio è stato il neoambulatorio civitonico di medicina dello sport, nato grazie alla collaborazione del Comune con l’Università di Perugia

Alberto Stinchelli Presidente dell’Associazione Cobra consegna all’Assessore Carlo Angeletti lo spirometro (foto di Maria Rita Parroccini) Dipartimento di Specializzazione della Scuola di Medicina dello Sport. Già dal mese di aprile sarà messo gratuitamente a disposizione degli studenti di tutte le scuole della cittadina. Hanno contribuito all’acquisto dell’apparecchiatura: il centro Tim di Caregnato, l’Azienda Agricola Cavalieri, la Macelleria da Stefania, l’Erica Ceramiche, la Coltelleria D’Agostini, la Ceramica Saturnia, la Tabaccheria Mascioli, Gianni Finesi, Mondo Fiori, il Consorzio Salmas e Civita Bevande, che il presidente dell’Associazione, Alberto Stinchelli, insieme ai suoi compagni, vuole ringraziare tramite le pagine della nostra rivista. Tra i futuri progetti del “Cobra”, una gior-

nata ecologica, con tutti i volontari che si vorranno unire al gruppo, per raccogliere i rifiuti che qualche “educato” cittadino ha sistemato tra la natura. “Girando per le campagne ci imbattiamo in delle vere discariche a cielo aperto”, dice Alberto. E’ bello vedere come la caccia, che per alcuni può sembrare uno sport violento e cruento, sia, in realtà, un mezzo per fare amicizia, un’occasione, per i più giovani, di imparare dai più anziani del gruppo, un momento dove raccontare e rivivere esperienze indimenticabili e, perché no, un modo per unirsi ed essere utili a tutti, grazie a progetti come questo.

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“Il Fumetto” LETTERATURA PER IMMAGINI CHE EMOZIONA

CHONCHU di Kim Sung-Jae e Kim Byung-Jin – edito da Flashbook Edizioni – 15 volumi, fine prima serie Entusiasmante e intrigante. Questo manhwa affascina non solo per i stupendi disegni, ma soprattutto per l’umanità dimostrata dai personaggi. Anche se siamo in un medioevo dall’ambiendi Daniele Vessella tazione fantastica, gli attori di questo fumetto colpiscono il cuore del lettore perché sono ricercati, ma veri: hanno debolezze e punti i forza, contraddizioni e fragilità. Un’opera capace di trasmettere quel valore di non arrendersi mai, nonostante la vita ti metta davanti dei problemi apparentemente insuperabili. Ed è questo che fa Chonchu, il protagonista della storia. Il fumetto è caratterizzato dall’esistenza di diversi clan. Chonchu nasce in quello degli Yemaeks, dove un oracolo predice che verrà alla luce il figlio del demonio; egli porterà morte e devastazione agli Yemaeks e, quindi, dovrà essere cacciato dalla tribù. Vengono al mondo, però, due gemelli: Chonchu e Ulpasso, e tra i due, solo quello scelto dalla pietra del demonio, simbolo di immortalità, sarà bandito dai confini territoriali... Ancora neonato, Ulpasso, figlio del demonio, sacrifica alla Pietra, il fratello Chonchu che viene quindi maledetto e allontanato dalla sua tribù. Inizia così la vita di questo uomo, condannato all’immortalità, alla violenza e all’emarginazione. Ad uno sguardo superficiale vediamo un personaggio sanguinario, preso dalla voglia di scoprire chi l’ha imprigionato in quella vita e vendicarsi. Ma da un’analisi più approfondita scopriamo un Chonchu stanco della sua immortalità, desideroso di realizzare i suoi sogni e

allontanare quell’alone di morte che lo perseguita. “Io combatto solo per vivere…Anche se mi dicono che ho meno amor proprio di un mendicante e sono peggiore del più vile bandito…Io voglio vivere” Queste parole pronunciate da Chonchu, a mio avviso, non potrebbero descrivere meglio questo protagonista. Dall’altra parte, Ulpasso, divenuto sovrano, cerca in tutti i modi di uccidere il fratello per cancellare ogni prova sulla sua azione: la verità non deve emergere. La storia, che all’inizio può avere il sapore di “già visto”, ha uno sviluppo inedito e interessante, grazie alla caratterizzazione grafica dei personaggi e alle loro relazioni che incastrandosi vanno a costruire un mosaico dalle mille sfumature. I due autori hanno fatto un ottimo lavoro sia per la trama che per il character design; la sceneggiatura ha un ritmo incalzante, ricca di colpi di scena e i numerosi flashback aiutano a capire meglio la vita del protagonista, così come portare alla luce eventi fino ad allora dominati dall’ombra. E tutti loro lottano, lottano per sé stessi, lottano contro tutti, ognuno con la propria convinzione, molti come vittime di un pas-

sato che non muore, pochi per negarlo, quel passato... Perché lottare è vivere, o forse soltanto sopravvivere ma, in ogni caso, sembra che ne valga la pena. Lascio l’indirizzo del mio blog: http://danielevessella.blogspot.com/


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LA STORIA DEL CIMITERO DI CIVITA CASTELLANA di Enea Cisbani Fino agli inizi dell’800, era usanza seppellire i morti nei sotterranei delle chiese cittadine, in particolare nella Cattedrale dei Cosmati oppure in zone non abitate ed esterne al centro abitato, ubicate in prossimità delle Chiese di San Giovanni, ora San Benedetto, in via V. Ferretti, e della Madonna del Vinciolino (nella via omonima). Non si trattava di cimiteri tradizionali, ma di fosse comuni dove indiscriminatamente venivano gettati i corpi senza alcuna distinzione religiosa e di sepoltura come avviene oggi. Nel 1823 le Reverenda Camera Apostolica, al fine di porre rimedio alla situazione di degrado civile e religioso, destina la Chiesa di San Giorgio a Cimitero cittadino. La stessa chiesa del sec. XII, viene destinata all’ufficio delle celebrazioni religiose con i locali adiacenti adibiti al ricovero del carro funebre e a camera mortuaria. La zona delle sepolture viene ricavata nell’area oggi corrispondente al giardino dell’istituto d’arte e delle scuole elementari di Via Gramsci. I frati francescani del Convento di San Lorenzo, avevano la custodia della chiesa e il compito di officiare le varie funzioni religiose e funebri. Il 6 Luglio del 1873 le autorità amministrative e religiose del tempo decidono di costruire un nuovo cimitero, date le precarie condizioni igieniche dell’area di San Giorgio al collasso e troppo vicina al centro abitato allora in forte espansione urbanistica ed edilizia. Tra il 1823 e il 1873, infatti, Civita Castellana viene funestata da due grandi epidemie di colera: la prima tra il 1840/’41 e la seconda che sconvolge la città dal 1854 al 1856 provocando numerose vittime tra la popolazione locale. Viene scelta come area del nuovo cimitero cittadino un terreno attiguo al convento di San Lorenzo in posizione collinare e facilmente raggiungibile, stipulando con la proprietà un regolare atto d’acquisto e predisponendo nel contempo le fosse per le sepolture e i servizi accessori come la camera mortuaria. Le prime spese ammontano a £.517,25. Nel Dicembre del

1874 viene predisposto un progetto generale di recupero del nuovo cimitero: realizzato il muro di recinzione in tufo, il monumentale viale d’ingresso con la messa a dimora dei cipressi, sistemazione del campo delle sepolture, realizzazione del carro funebre con l’appalto del relativo servizio di trasporto e un idoneo impianto di smaltimento delle acque meteoriche. Le spese generali sostenute dal giovane comune sono di £.5.000,00. Le vicende del nuovo cimitero sono intimamente connesse con il vicino Convento di San Lorenzo dei padri francescani. Nel 1875, la Regia Prefettura di Viterbo cede gratuitamente al comune di Civita Castellana la proprietà della libreria del Convento di San Lorenzo con annessa chiesa, che nel 1871 era stata espropriata e dichiarata bene demaniale ad uso pubblico del nuovo Stato Italiano. Le autorità rinviano l’accettazione della libreria, in attesa della perizia affidata a un esperto archivista circa la sua reale consistenza in termini di ricchezza scientifica e libraria. Il 16 Aprile 1875 la perizia viene consegnata al comune di Civita Castellana: l’elenco redatto comprende opere di assoluto valore come testi medioevali, di filosofia e dogmatica, preziosi incunaboli e il celebre “Bollario di Benedetto XIV”. La biblioteca rimane conservata nel Convento di San Lorenzo fino al 1956 e se ne perdono poi le tracce. Nel 1875 proseguono ancora

le opere di sistemazione del nuovo cimitero: nuovi campi per la sepoltura, opere varie di abbellimento e realizzazione dell’attuale viale intitolato a Mons. Tenderini che collega lo stesso cimitero con Via della Repubblica. Il consiglio comunale dell’epoca stabilisce, inoltre, di costruire un secondo cimitero cittadino in località Borghetto nel terreno attiguo alla chiesa diruta che da secoli domina il paesaggio: il terreno viene ceduto gratuitamente dal proprietario del fondo come da lettera dell’11 Aprile 1874, stanziate £.298 per le prime opere e dato inizio ai lavori, ma poi tale località viene definitivamente abbandonata senza alcuna plausibile motivazione. ... continua sul prossimo numero

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La rubrica

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dei perchè?

Perché il peperoncino e le spezie piccanti provocano una sensazione di calore? Quando si mangia un piatto piccante, si prova, inevitabilmente, una sensazione di calore, accompagnata all’aumento di sudorazione e arrossamento del viso e delle orecchie. Ma se questa è la reazione, come mai se ne fa tanto uso nei paesi caldi? Si tratta di un modo per trarre in inganno il nostro cervello. I principi attivi contenuti nei cibi piccanti, come la capsacina, eccitano le fibre nervose del dolore e stimolano i recettori per il calore. A questo punto, si scatena la sensazione di calore e una serie di reazioni tese a “spegnere l’incendio” come sudorazione, vasodilatazione e rallentamento del flusso sanguigno. Quindi la vampata di calore è una sensazione temporanea che il nostro cervello si preoccupa di placare rapidamente, tentando tutti gli espedienti per far abbassare la temperatura corporea. Anche il mentolo agisce in questo modo, ma invece di stimolare i recettori del calore, eccita quelli del freddo, dandoci un’immediata sensazione di freschezza.

Modi di dire Fare fiasco

Anticamente c’era a Firenze un artista comico che, ogni sera, si presentava tenendo fra le mani un oggetto nuovo e, su questo oggetto, immprovvisava dei versi buffi per far ridere il pubblico. Una sera si presentò con un fiasco, ma i versi non piacquero e ci fu un concerto di fischi. Da allora in poi si disse “far fiasco” quando non si riusciva in qualcosa.

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ie d r o t s Le Max

...continua dal numero 57 Dopo il successo di Nel buio, però, il gruppo decide di cambiare genere, scegliendo una strada meno pericolosa, quella del genere pop, di visto il boom che stava Sandro Anselmi riscuotendo. E’ così che nasce l’intramontabile Piccola Ketty. Si cerca, allora, di bissare immediatamente il trionfo con Buonanotte Penny, che passa, però, inosservata, come anche poco furore sono destinati a fare l’album Memorie, il brano Mary Ann, presentato al Cantagiro ‘69 e, dello stesso anno, Good bye Madame Batterfly, un goffo esempio di psichedelica. A seguito di questi insuccessi, il gruppo

I Pooh decide di lasciare momentaneamente il panorama musicale e con esso la casa discografica Vendette, che lo aveva lanciato, per riflettere sul suo futuro. La pausa dura circa due anni. I Pooh, infatti, tornano sulla scena nel 1791, grazie, soprattutto, a Giancarlo Locariello, un giovane produttore che lavorava presso la casa discografica CGD, il quale si ricorda del gruppo ascoltato in un locale romano qualche anno prima, e contatta Facchinetti per proporgli un nuovo affare. Il complesso, dunque, viene rilanciato sul mercato dall’etichetta CSB, consociata alla CDG, interpretando un genere più definito, il pop melodico, meravigliosamente espresso in Tanta voglia di lei, la cui origine piuttosto travagliata, portò in compenso ad un successo plurigenerazionale. Non si riusciva, infatti, a completare il testo, tanto che ci misero le mani diverse persone, tra cui Daniele Pace, proponendo Lei è la mia croce, che divenne Meno male con Valerio Negrini, fino ad assumere il titolo e la forma definitivi di Tanta voglia di lei, che nel ’71 entra ufficialmente nella classifica dei 45 giri, annunciata da Lelio Luttazzi, conduttore della Hit Parade. Da allora di pezzi travolgenti, appassionati ed emozionanti i Pooh ne hanno scritti e suonati tantissimi, e, pur subendo qualche variazione ancora nel tempo, come ad esempio l’abbandono del gruppo da parte di Riccardo Fogli, hanno lasciato intatto il mito di un tempo, arricchendolo di generazione in generazione, fino ad arrivare a collezionare quasi mezzo secolo di storia e successi.


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COMUNICATI STAMPA

. Arrivato alla sua XIX edizione, si riaffaccia alla ribalta dell’estate il Festival della Canzone Romana: il 20 aprile prossimo scadrĂ infatti il termine per l’ iscrizione dei brani originali da presentare al Festival. Ideato da Lino Fabrizi nel 1991, la manifestazione ha lo scopo di promuovere canzoni inedite in dialetto, ma anche in lingua italiana, purchè parlino di romanitĂ . Possono partecipare alle selezioni tutti i candidati che abbiano compiuto il diciottesimo anno di etĂ . Le domande con i brani dovranno pervenire alla Roman Millennium (via di Castel Giubileo, 62 - 00138 Roma) secondo modalitĂ che possono essere richieste al numero tel. 06 88331208 oppure tramite il sito web www.festivaldellacanzoneromana.com, dove sarĂ possibile scaricare anche il regolamento dettagliato del concorso. La Commissione esaminatrice sarĂ composta da discografici, autori, docenti di dialettologia, giornalisti, cantautori e ammetterĂ alla selezione del Festival al massimo 20 brani. Le selezioni si svolgeranno – attraverso

una kermesse musicale itinerante - nei luoghi all’aperto della città , davanti a un p u b b l i c o appassionato della canzone romana. Si canterà la Roma folkloristica, con le sue carrozzelle, i suoi tramonti, le sue fontane, ma anche quella piÚ quotidiana, con i suoi crucGabriella Ferri, il simbolo della canzone romana ci e le sue storie d’amore. In passato, tra gli altri e in ruoli diversi, sono intervenuti Stefano Masciarelli, il Maestro Stelvio al Festival artisti come Renato Zero, Nino Cipriani, Manuela Villa‌ Manfredi, Carlo Verdone, Franco Califano, La finale del Festival avrà luogo probabilEnrico Brignano, Mario Scaccia, Fiorenzo mente al Teatro Olimpico di Roma nel Fiorentini, Gigi Sabani, Rodolfo Laganà , mese di ottobre

PREMIO OPERA IMAIE 2009 E UNO SPECIALE PREMIO ALLA CARRIERA AD ARNOLDO FOA’ Documentari, Corti, Videoteatro, Videodanza, Videoarte, Animazione, Teatro-Canzone, Musica e reportage sui mestieri di attore, doppiatore, musicista e direttore d’orchestra: questi i generi presentati nella lunga maratona d’autore il 3, 4 e 5 aprile alla Casa del Cinema di Roma La terza edizione del Premio Opera Imaie, in gara ravvisano una cospicua presenze di sito www.imaie.it nella sezione dedicata anche quest’anno, riserverĂ al pubblico nomi di rilievo, in attesa di un verdetto che al Premio Opera Imaie. delle gradite sorprese: all’interno dei due verrĂ decretato la sera del 5 aprile alla settori Musica e Audiovisivo, si preannunCasa del Cinema, in una speciale serata ad ciano lavori di massima qualitĂ , a testimoinviti. nianza del prezioso contributo che attori, I Premi, realizzati sul disegno dell’artista registi, danzatori e musicisti offrono a Pablo Echaurren, verranno consegnati testimonianza della cultura italiana nel dal Presidente dell’IMAIE Edoardo mondo. E oltre all’ascolto/visione delle Vianello e consisteranno in tre riconoscicirca 350 opere in concorso, una gradita menti per ciascuna area (Musica e sorpresa per la serata finale: un premio Audiovisivo) per i progetti dei soci/aventi speciale alla carriera ad Arnoldo FoĂ , diritto, un premio per ciascuna area per i che l’Imaie, ente che tutela da oltre trenprogetti realizzati da organismi esterni, un t’anni i diritti degli artisti interpreti-esecupremio per la Danza e un premio speciale tori e promotore della manifestazione, ha del Presidente da assegnarsi tra tutti i prodeciso di consegnare per gli alti meriti congetti presentati in concorso. La visione feriti dall’attore/autore/regista italiano in delle opere è aperta al pubblico venerdĂŹ 3 quasi settant’anni di attivitĂ . Selezionati da aprile (orario 15-24), sabato 4 aprile (15una doppia giuria, presieduta dal direttore 24) e domenica 5 (15-20) La schedatura di Arnoldo FoĂ artistico Enzo Aronica, i progetti artistici tutte le opere in concorso è presente sul


di Riccardo Consoli ... continua dal numero 57 Il primo musicista al mondo ad usare il termine Swing non fu il bianco Benny Goodman o uno dei suoi solisti, come si potrebbe pensare, bensì il nero Duke Ellington che, nel febbraio 1932 e, quindi, non certamente durante la Swing Era, con la sua orchestra e la cantante Ivie Anderson, incide il brano: I Don’t Mean A Thing If It Ain’t Got That Swing non significa nulla se non ha quel certo Swing e, tutto ciò, in compagnia del trombettista Cootie Williams, dei trombonisti Tricky Sam Nanton e Lawrence Brown, del clarinettista Barney Bigard e dei saxofonisti Johnny Hodges e Harry Carney, insomma, tutta l’aristocrazia ellingtoniana. Comunque, quel fenomeno degli anni venti opportunamente definito “musical business”, che alimenta il mondo del Jazz traendone considerevoli profitti, è in ben altre mani che non in quelle dei veri creatori del Jazz e dello Swing; ad esempio chi detta legge è Paul Whiteman un grosso e grasso violinista bianco che, nell’epoca d’oro della sua presenza nel mondo musicale americano, si sarebbe auto proclamato re del Jazz. Questo personaggio, nella sua non breve carriera e con il suo particolare fiuto, capisce che cosa vuole il pubblico americano e da vita, più con spirito di manager che con vocazione di musicista, ad una particolare musica che, utilizzando alcuni evidenti stili Jazzistici, si presenta per così dire in modo pulito, scartando ogni possibile implicazione che può turbare l’ascoltatore il quale, in cambio del denaro che spende, pretende soltanto divertimento. Pur tuttavia a Paul Whiteman va riconosciuto il merito di avere ingaggiato solisti di indiscusso valore rigorosamente bianchi ai quali non consentì mai di suonare Jazz chicagoano ma, soprattutto ebbe il merito di aver commissionato ad un giovane compositore ebreo, occasionalmente conosciuto in un bar dove eseguiva al pianoforte un motivo pseudo Rag dal titolo Alexander Rag-time Band, una intera opera Jazzistica; questo giovane compositore altri non era che George Gershwin. Quest’opera, nata dall’accoppiata costituita dal giovane compositore ebreo e dal leader bianco, è la famosissima Rapsodia in Blu che, per decenni, sarebbe stata citata a testimonianza di ciò

che il Jazz sarebbe potuto essere, determinando la nascita di quello che venne definito Jazz sinfonico; un particolare tipo di musica che, aprendo una nuova grande strada maestra, permette di produrre autentici capolavori che nessun Paul Whiteman o suo simile sarebbe mai riuscito a far nascere. Harlem definita da Garcia Lorca: “ … Gran Rey prisongiero en un traje de conserje - un gran re prigioniero in una livrea da maggiordomo … ”, seppe difendere molto bene il Jazz con i suoi locali dove non si rese mai disponibile un posto per un nero, anche se elegantemente vestito e provvisto di molti dollari; quì lo spettacolo, che peraltro annovera diversi artisti neri, viene offerto ad un pubblico bianco e ciò non solo al Cotton Club dove si è stabilmente trasferito Duke Ellington dal meno lussuoso Kentucky, locale dal quale vengono regolarmente trasmessi programmi via radio, ma anche dallo Small’s Paradice, dal Connie’s Inn, dal Lenox. Nel 1929 Fats Waller scrive le musiche di Connie’s Hot Chocolate, Adelaide Hall mette in scena Shuffle Along e Blackbirds, due Show dal successo travolgente; la cantante Blues Ethel Waters è la vedette di Miss Calico, Africana e Rapsody in Black, ma nel contempo non poche orchestre bianche stanno nascendo consolidando la loro presenza; durante il proibizionismo la 52° Strada vanta decine di mescite clandestine che con la fine del c.d. “regime secco” diventano, uno dopo l’altro, locali Jazzistici. In questi locali emerge, tra gli altri, il cornettista bianco Ernest Loring nato a Odgen nello Utah il cui nome, per la sua rossa capigliatura, viene presto modificato in Red Nichols il quale è un convintissimo seguace di Bix Beiderbecke e che, per un non breve periodo, diviene leader di molte formazioni nelle quali militano musicisti che avrebbero rappresentato l’elite del c.d. Stile New York Dixieland. Qui suonano le orchestre organizzate e dirette da Jean Goldkette un francese nato alla fine del secolo a Valenciennes e proveniente da Detroit, come la Casaloma Orchestra, la McKinney’s Cotton Pickers e la Charioteers che però non posseggono lo Swing dei fratelli Jimmy e Tommy Dorsey (clarinettista e trombonista). Qui c’e, ancora, il batterista di Chicago Ben Pollack che aveva debuttato con la

New Orleans Rhythm Kings e che si era poi spostato in California con Benny Goodman, Glenn Miller e Jimmy McPartland, prima di approdare a New York al Central Park Hotel alla fine degli anni venti; con lui c’erano molti grossi nomi del Jazz bianco come Harry James, Muggsy Spanier, Yank Lawson, Ray Bauduc, e persino il futuro big della musica leggera Mel Tormè, oltre agli oriundi Joe Venturi e Salvatore Massaro noto come Eddie Lang, musicisti che negli anni quaranta sarebbero stati i protagonisti del c.d. Dixieland revival. Tra l’altro Joe Venuti e Eddie Lang avrebbero dato il la’ alla moda delle piccole formazioni di Jazz da camera precorrendo Benny Goodman che, a loro volta, molti anni prima, erano state precedute dalle “small combinations” costituite da Jelly Roll Morton il quale potè avvalersi di quel formidabile clarinettista che era Volly De Faut. Ad Harlem non era stato di certo dimenticato il Blues che però era quì diventato anch’esso musica cittadina, cosi il Country Blues blues di campagna, un po per volta si trasformava in City Blues - blues cittadino per cui, non più pochi spettatori presenti al momento dell’esecuzione, bensì un folto pubblico che del Blues conosceva soltanto quello che era interessato a conoscere, non più un chitarra e un traballante pianoforte, bensì studi di registrazione, chitarre accordate, pianoforti efficienti e, naturalmente, case discografiche pronte a ricavare utili non indifferenti da questa popolarissima musica nera. Il Blues, come il Jazz diveniva un fatto spettacolare a New York ma anche nel Midwest con la differenza che in città come Detroit e Kansas City ad impugnare le redini del Blues furono gli uomini del Jazz, nacque una generazione di Blues shouters urlatori di blues che, senza saperlo, furono i veri antenati del Blues di ogni epoca, ma trovarono spazio anche i vecchi Bluesmen che l’industria discografica si era preoccupata di andare a scovare nel sud attraverso i propri talent - scouts. In buona sostanza erano quelli gli anni in cui allo schiavismo si stava sostituendo una altrettanto tragica condizione, quella fatta di razzismo feroce e segregazione, fenomeni che per decenni avrebbe infettato al pari di un male incurabile la Società Nord Americana.


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Giuseppa Toni, un singolare modo di dipingere

di Ermelinda Benedetti

L’arte del dipingere, come per esempio anche quella del cantare, spesso è frutto di una qualità innata, di una predisposizione naturale. Ci si trova, così, a volte, di fronte a persone, che pur non avendo mai frequentato scuole di perfezionamento, ci stupiscono con le loro opere. Il caso della pittrice autodidatta Giuseppa Toni di Magliano Sabino è alquanto particolare. Qualcuno, qualche anno fa, lo definì addirittura “inquietante”. Certo è che dietro la sua pittura spontanea si cela qualcosa di più misterioso. Purtroppo non ho ancora avuto l’opportunità di conoscerla personalmente e di vederla all’opera, ma le testimonianze che ho raccolto sono sufficienti a farmi credere che sia una persona speciale e che i suoi dipinti esprimano qualcosa che va oltre, rispetto a ciò che si percepisce semplicemente con gli occhi. Peppa, diminutivo tipico, con il quale tutti la chiamano confidenzialmente e affettuosamente, nasce nel piccolo comune della Sabina il 17 maggio 1925. Cresce nelle vicinanze del Santuario della Madonna di Uliano, al quale è tuttora fortemente legata, e dove, di tanto in tanto, “va per ricaricarsi”, come dice lei stessa. Possiede una piccola bottega nel centro del paese, una di quelle caratteristiche della metà del Novecento, dove si può trovare di tutto,

dai generi alimentari, alla merceria, ai casalinghi e così via. Un evento tragico segna, però, fortemente la sua vita: la perdita del figlio Fabio di soli venti anni. Un duro colpo per una mamma. Ma il rapporto tra Peppa e il figlio sembra non essersi interrotto così repentinamente, con la sua scomparsa. Peppa, infatti, sostiene di essere rimasta in contatto con il figlio e che sia stato proprio lui, apparsole in sogno, a incitarla ad iniziare a dipingere, nonostante lei non lo avesse mai fatto prima. “Ti aiuto io”, le avrebbe detto Fabio. Peppa sente, così, il bisogno di esaudire il desiderio del figlio e trasforma la sua vecchia bottega in un laboratorio di pittura, realizzando dipinti in grande quantità e di tutte le dimensioni. La sua prima particolarità sta nel fatto che lei scrive normalmente con la mano destra, ma dipinge stranamente con la mano sinistra. Inoltre, da quando ha iniziato, ha usato sempre e solo lo stesso pennello, ormai vecchio e quasi completamente privo di peli, che, oltretutto, non pulisce mai e nonostante questo i colori

non si mescolano tra loro. Non sarebbe lei a dipingere, ma la sua mano, guidata da una forza superiore, tanto che quando dipinge sembra cadere in trans. Le sue opere non nascono da un’idea, ma si formano a mano a mano che il colore viene posto sulla tela, un colore abbondante, che rimane in rilievo rispetto alla superficie sulla quale si stende. Peppa, nella sua bottega-laboratorio, non è mai sola. Tante sono le persone che si recano a farle visita, a tenerle compagnia e a chiederle anche consiglio, perché “è come una mamma, che sa risollevarti nei momenti tristi, ti dà speranza”, mi raccontano Rita e Stefania, che hanno un rapporto speciale con lei. Peppa ha trascorso l’inverno a Soriano nel Cimino, dalla figlia, e tutti, al suo paese, ne sentono la mancanza e aspettano che, con l’arrivo della buona stagione, torni nella sua bottega a regalare dipinti e sorrisi a chi ne ha bisogno.


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“Ogni ora del giorno, tutte le stagioni del cuore...” Della Prof.ssa Maria Cristina Bigarelli

Questa è la copertina dell’ultima raccolta di poesie di Bruno Fiata, presentata nel mese di dicembre a Caprarola, negli ambienti delle exScuderie di Palazzo Farnese, agli studenti e al personale docente dell’IPSSAR. Il titolo “Ogni ora del giorno, tutte le stagioni del cuore…” racchiude il significato che l’autore, Bruno Fiata, ha voluto dare nell’atto di rendere pubblica la sua raccolta di poesie. Pezzi di luce che attraverso la feritoia della poesia passano squarciando il buio dell’esistenza contemporanea, illuminando il cuore delle emozioni e dei sentimenti che oggi più che mai vengono sviliti all’occhio del grande impulso dell’istintività, che ha sovvertito la ragionevolezza e la consapevolezza del sé in nome del cinico istinto programmato e ben organizzato da numerose emittenti televisive o alcuni giochi da play-station più o meno accattivanti che non portano ad altro che a stimolare gli impulsi primordiali dell’essere, senza far sviluppare la parte più preziosa e interessante di esso. Questi un po’ i sentimenti che hanno animato l’incontro. Presenti il Dirigente Scolastico Prof. Bernardino De Marino, la Vice-Preside Maria Giuditta Moretti, l’Assessore alla Cultura e allo Sport del Comune di Caprarola Luigi Pecorelli e Barbara Mastrogiovanni della redazione del libro. La raccolta di poesie, edita da “La Caravella editrice” , si divide in due parti. La prima è dedicata alla nascita e alla morte, intitolata “Il tempo che abitiamo”, la seconda, il cui titolo è “Terra, Aria, Fuoco, Acqua” ci rimanda alla semplice azione del guardare, dell’osservare e conseguentemente alla possibilità di descrivere tutto ciò che ci circonda. Il filo conduttore delle due parti della raccolta è il rispetto per la natura e per l’uomo, la cui ispirazione può nascere da elementi effettivamente “banali”, successivamente identificabili con principi dagli alti vertici: talvolta basta “un ciocco di legno”, “un

gufo che spiega le ali”, “il vento”, che “sta spirando”,”lo squillo di campane festose”, “la pioggia”, per far percepire al poeta “una richiesta di aiuto”. Non c’è un preciso periodo nel quale si possa provare un sentimento, un’emozione…esse ci sono sempre, dalla mattina alla sera, la notte, col vento, col freddo, col sole…basta semplicemente raccoglierle… Le cose più semplici generano situazioni difficili, le cose più difficili si confrontano con la semplicità degli elementi naturali, tutto si trova, si ritrova, si affronta e si confonde, per poi emergere con delle emozioni mutevoli, ma non inaffidabili, plasmabili, ma non definibili, perché ognuno di fronte alla fonte ispiratrice, prova peculiari emozioni soggettive che taluni, più di altri, riescono a trasmettere con un’opera d’arte, perché dotati di un talento naturale, sviluppato nel tempo, in questo tempo nel quale abbiamo in dotazione strumenti che fanno “somigliare” l’Umano al Soprannaturale e di cui l’uomo stesso non può che esserne grato. A tal scopo è ben introdotto il libro dei poemi di Bruno con la celeberrima frase “…fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza!” La prof.ssa Moretti e la Prof.ssa Gialloreti hanno invitato tutti i presenti a leggere il libro di poesie, meditandole, augurandosi di poter “uscire” dalla lettura con un’emozione diversa, tale da poter essere da sprone a vedere, con gli occhi del “poeta”, il mondo nel quale viviamo, riscoprendone la sua bellezza. Il suggerimento viene ribadito dall’Assessore Pecorelli che invita alla riflessione per scoprire quanta sensibilità c’è nel cuore di ognuno al fine di crescere e di far maturare i propri sentimenti con l’ausilio dei versi di Fiata. Momenti toccanti sono stati quelli in cui la Prof.ssa Moretti e alcuni ragazzi hanno declamato i componimenti poetici con pathos ed espressività soggettive che hanno arricchito di significato la versificazione stessa. Ognuno ha interpretato il ruolo del poeta, pur leggendo quello che il Poeta Fiata ha saputo trasmetterci con i suoi toni eccezionali, di ammirazione per la natura e per l’uomo, talvolta con veli trasparenti di rimprovero ed indignazione per gli atteggiamenti irriverenti che l’uomo stesso fa nei suoi confronti e quelli del suo habitat. Riflessioni, emozioni, sentimenti che hanno indotto molti studenti a costruire un dialogo aperto con il Vate. Fiata ha espresso gran rispetto verso i giovani, che ha definito “futuro della vita, un meraviglioso mare di erba spesso circondato da un deserto. Il vostro compito è quello di mandare segni oltre, anche nel deserto, in maniera tale che questo mare, con le sue idee ed i suoi comportamenti, pian piano avanzi, rendendo sempre più esigua l’area desertica.”

Continuando il suo dialogo con i giovani studenti, Bruno Fiata esprime con pacatezza un concetto che vuole sanare il gap generazionale di cui tanto si parla: “ Non pensiate che l’età possa essere motivo di differenza tra i vostri pensieri, i vostri sentimenti, le vostre emozioni e quelli delle persone più grandi di voi. In realtà non c’è differenza nel sentire, nel provare sentimenti e sensazioni, perché il cuore che batte dentro di voi è lo stesso che batte dentro di noi. Le emozioni che voi vivete, le viviamo anche noi. C’è soltanto una differenza sostanziale che spesso deriva dalla frenesia della giovane età e nella presunta calma degli adulti. La vita dà la possibilità di riflettere, di guardare e approfondire…”. La poesia è un mezzo che unisce chi scrive a chi legge arricchendo i sentimenti in un confronto leale e gradevole, senza alcuna vanagloriosa pretesa da parte di colui che scrive…ed “il Poeta è colui che ha la disposizione d’animo capace di recepire le emozioni e di comunicarle,” come ha esposto il Dirigente Scol. Prof. Bernardino De Marino, che efficacemente ha definito “la poesia un profumo che, a seconda della pelle su cui cade, ha un variegato e distinto effetto. La poesia è un unico seme che, sparso in campi disparati, può dare piante differenti unite dalla stessa origine”. Quel seme fa nascere la commozione lirica che fa sbocciare tanti fiori, le poesie, tanti frutti, i desideri come quelli di Bruno Fiata: “L’ultimo desiderio” scritto per sua moglie, la donna che ama da più di quarant’anni. Ancora una volta una traccia, un segno, un indizio dei sentimenti di colui che compone delicatamente il canto, plasmando verbalmente la voce del cuore.

L’ultimo desiderio Un nome Un volto Un’emozione. Profondi più del mare i tuoi occhi Lontani più del cielo. Si protende la mano Si scansa l’orizzonte. Una rosa Una spina. L’alba per vivere Il tramonto per sognare. Piena di stelle la notte. Lo sguardo cerca la luna. Il cuore Te. Svaniscono nel buio l’uomo l’ombra, i desideri. Silenzio… Restano i ricordi.


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Nel Cuore

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UN RICORDO CHE NON MUORE MAI. Il 2 Aprile di quattro anni fa, Giovanni Paolo II raggiungeva la Casa del Padre. Sentiamo di doverlo ricordare particolarmente in questo giorno, ma la sua immagine dolce e serena, resta indelebile nei nostri ricordi.

...”Ora non volo ma cammino assieme a te a fianco a te. Io sono il tuo angelo quello della tua anima, del tuo cuore quell’angelo che ogni mattina ti sveglia con un bacio e ogni notte, apre le sue ali per scaldarti il cuore”..... Arrivederci Nonna Letizia e Agnese

Civita Castellana, 1967 – Rossi Dante detto “Palommella” posteggiatore dell’A.C.V.: baffi primo Novecento, occhiali da professore, atteggiamento cortese ma fermo, ecco come si presenta il primo ed unico posteggiatore civitonico. Lo abbiamo intervistato mentre stava allineando la Jaguar di un turista inglese, e siamo rimasti sorpresi dal suo linguaggio mimico, accompagnato da frasi tronche e smozzicate di tipo internazionale: “Stop, ancor ancor, tres bien, più avan, ecc!” “La soddisfa il suo lavoro?” abbiamo chiesto. “Certamente! Anche se a volte per l’inclemenza del tempo richiede sacrificio”. “E quali sono i parcheggiatori più brontoloni ed esigenti?”. “Perugini e ternani… cioè gli stessi rompicollo che vogliono sorpassarti a tutti costi sulle strade!”. “E i parcheggiatori più gentili?”. “I civitonici… anche se a volte vorrebbero fare i “portoghesi”, ma Palombella li conosce a vista… e li pesca sempre”. “A proposito! Ci riferisca un episodio curioso tra i tanti che le saranno certamente capitati”. “ Tempo indietro un distinto signore con una macchina targata Perugia, si rifiutava di pagare il posteggio e ne indicava il motivo: “Come? Dopo che vi sfamo con i miei prodotti pretendete anche il pagamento?” Alle mie rimostranze volle mostrarmi il contenuto delle scatole: minigonne a fantasia, femminili e maschili, ultimo grido per le spiagge. Lì per lì mi venne l’idea di sradicare un alberello dalle aiuole vicine… ma poi prevalse la ragione ed il buon senso.”


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RUMORI FUORI SCENA AL TEATRO DI RONCIGLIONE Michael Frayn interpretato dall’ Associazione Culturale “il Collegio” Alina Selegi “Delizioso mulino XVI secolo; attrezzato di tutti i confort del vivere moderno; stupendamente ammobiliato; affittasi per un minimo di tre mesi. Rivolgersi all’ agenzia: Squire, Squire, Ackam e Dudley”. Se cercate casa vi consiglio di non puntare su questa: non sapreste cosa aspettarvi o… CHI aspettarvi. A partire dall’ eccentrica vecchia governante, la signora Clackett (Marta Federici), che, avendo il pomeriggio libero, si fa sorprendere dall’ agente immobiliare Trampelmain (Gabriele Morandi), venuto a far vedere “il villino” alla giovane e bella Vichy (Giorgia Verzari). Per seguire con i reali padroni di casa che rientrano, ignari di tutto: Philip e Flavia Brent (Simone Balletti ed Elisa Angeli), una brillante coppia perseguitata dal fisco. Fino all’ anziano scassinatore pasticcione (Giuseppe Mascini), che ingarbuglierà ulteriormente l’intreccio. Questi sono i personaggi della commedia sexy che il povero regista Lloyd Dallas (Diego Lombroni) cercherà di mettere in scena con la sua assistente Poppy Norton Tylor (Milly Provinciali) ed il suo direttore di scena tuttofare Tim Allgood (Alessandro Giova). Con questo esilarante e non poco difficile spettacolo i ragazzi dell’ Associazione Culturale “Il Collegio” tornano a sfidare se stessi sul palco del teatro “Ettore Petrolini” di Ronciglione. Con la regia di Simone Balletti, le immancabili e insostituibili presenze di Mario Palozzi e Maria Stella Neri (direttore e coordinatrice della compagnia) questi ragazzi tornano a cavalcare la scena nei panni di un gruppo di attori scalcinati che cercano di districarsi tra amori improbabili, liti dietro le quinte, bugie e inganni fino a giungere al disastroso estenuante ed isterico epilogo. Le accese scenografie del grande scenografo prof. Mauro Passeri, realizzate dalla “Emergency Exit” (composta da alcuni degli stessi attori) anche questa volta non passeranno inosservate. Da più di tredici anni infatti la compagnia, nata come “I ragazzi del collegio”, si diletta a trasformare adrenalina in emozioni ogni volta che si apre il sipario. Per passione e dedi-

In alto da sx: Remo Stella, Diego Lombroni, Giulio Maltempi, Simone Balletti, Federico Dezi, Fabrizio Mascini, Alessandro Giova, Simone Provinciali. Al centro da sx: Elisa Angeli, Milly Provinciali, Marta Federici, Giorgia Verzari, Alice Vigliani, Giulia Torselli, Lucia Palozzi, Cristina Urilli. In basso da sx: Andrea Pinelli, Giuseppe Mascini, Gabriele Morandi, Francesco Pinelli. zione propri di chi ama il teatro, un po’ per esibizionismo, ma soprattutto per realizzare insieme un sogno e regalare al proprio pubblico qualche ora di svago dai problemi quotidiani, la compagnia si destreggia tra i diversi grandi autori di teatro tra cui Molière ,Goldoni, Lesage, Ricciardi, Sforzano, Scarpetta, Christie e Petrolini. Dal 1996 questi ragazzi sono cresciuti e cambiati anche con il sostituirsi negli anni di alcuni elementi. Sempre affiatatissimi tra loro, collaborano con altre compagnie teatrali, partecipano ai concorsi e spesso li vincono. Il grande successo arriva nel 2006 con la messa in scena del loro primo musical “Rugantino” di Garinei e Giovannini, allestito nella splendida cornice dei borghi medievali di Ronciglione. Da quel momento è irrefrenabile l’ascesa della compagnia tra il favore del pubblico, con un’altra commedia brillante di Ray Cooney, “Taxi a due piazze”, magistralmente interpretata dalle punte di diamante della compagnia; e l’o-

maggio che i ragazzi hanno voluto fare al noto artista di origini ronciglionesi con lo spettacolo “Petrolini è ancora quella cosa”. Ed ora eccoli qui, di nuovo pronti con uno spettacolo brioso e simpatico, una commedia semplicemente fantastica che si può guardare più volte sganasciandosi ogni volta dalle risate. “Rumori fuori scena”, colma di situazioni deliranti, mostra tanti luoghi comuni della vita dietro le quinte e riesce a trasmettere l’ansia del debutto, l’eccitazione della tournee e come cambiano le relazioni tra persone quando diventano personaggi in scena. Perciò per chi ha voglia di farsi una sana e bella risata e di un livello di sensata comicità, che rimane alto dall’inizio alla fine della commedia, lo invito ad andare a vedere questi ragazzi dell’Associazione Culturale “Il Collegio” al teatro comunale “Ettore Petrolini” di Ronciglione nei giorni 24\25\26 Aprile alle ore 21,00. Info 3280129522 oppure 3381321792.

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L’ANGOLO DELL’AVVOCATO COS’E’ LO STALKING La parola stalking letteralmente significa “caccia in appostamento, pedinamento silenzioso“. In termini psicologici, lo stalking è un complesso fenomeno relazionale che viene indicato anche come “sindrodella Dott.ssa me del molestatore Ilaria Becchetti assillante” ed indica una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo che affligge un’altra persona, spesso di sesso opposto, perseguitandola ed ingenerando stati di ansia e paura, che possono arrivare a comprometterne il normale svolgimento della quotidianità. Nel Protocollo d’intesa contro lo stalking, firmato dai Ministri delle Pari Opportunità e della Giustizia, si fa riferimento ad “atti persecutori, violenti, sessualmente finalizzati o vessativi verso vittime vulnerabili, non già diversamente tutelate”. LO STALKER Il soggetto attivo del reato è detto “stalker“ o “molestatore assillante” e può essere un conoscente, un collega, un completo estraneo, oppure, nella maggior parte dei casi, un ex-partner. In genere gli stalker agiscono, in quest’ultimo contesto, per recuperare il rapporto precedente o vendicarsi per essere stati lasciati. Alcuni hanno semplicemente l’intento di stabilire una relazione sentimentale perché, presumibilmente, mostrano gravi difficoltà nell’instaurare un rapporto affettivo significativo. Altri, invece, possono soffrire di gravi disturbi mentali che li inducono a credere

con convinzione nell’esistenza di una relazione, che in realtà non c’è, o comunque nella possibilità di stabilirne una. Altri, ancora, molestano persone conosciute superficialmente o addirittura sconosciuti allo scopo di vendicarsi per qualche torto reale o presunto. La persecuzione avviene solitamente mediante reiterati tentativi di comunicazione verbale e scritta, appostamenti, telefonate assillanti ed intrusioni nella vita privata. Per il molestatore, la vittima, non è più un “soggetto” autonomo e dotato di diritti, ma diviene l’“oggetto” su cui investire i propri bisogni di riconoscimento e di attenzione. Secondo le storie personali, familiari ed affettive di ognuno, e a prescindere dalle motivazioni poste alla base della nascita dell’ossessione, lo stalker in generale manifesta un’evidente problematica nell’area affettivo-emotiva, relazionale e comunicativa. Il confine fra corteggiamento e stalking, all’inizio, può essere impercettibile, ma diventa significativo quando limita la vita della vittima ponendola in una condizione di allerta per la paura di un pericolo imminente. L’evoluzione delle condotte persecutorie risulta nel tempo ambivalente: a momenti di apparente sottomissione e disperazione si alternano atti improntati all’odio e ad un’aggressività manifesta. LA VITTIMA Lo stalking vede, nella maggior parte delle volte, donne vittime e uomini persecutori, anche se non mancano casi inversi (il rapporto è di circa 3:1), uomini e donne che in oltre l’80% dei casi si conoscevano o perché ex partner (il 50% di tutti i casi) o

perché amici, o colleghi di lavoro. L’età delle vittime varia dai 14-16 anni fino all’età adulta, mentre il fenomeno sembra diminuire dopoi 50anni. La vita di una persona perseguitata cambia radicalmente fino a impregnarsi di paura per l’imprevedibilità di quello che potrebbe accadere. La vittima si sente costantemente controllata e “guardata a vista”, è vessata da chiamate ed sms e subisce continue umiliazioni per le scritte oscene lasciatele sotto casa, sulla macchina, o per il danneggiamento delle proprie cose. Tutto questo può provocare ansia, insonnia fino a sfociare in un vero e proprio disturbo post traumatico da stress, compromettendone l’attività lavorativa e le relazioni sociali. Alcuni studi hanno stabilito che lo stalking si manifesta essenzialmente attraverso due categorie di comportamenti: 1. le comunicazioni intrusive che includono tutti i tentativi di comunicazione attraverso telefonate, lettere, sms, e-mail o perfino graffiti o murales; 2. i contatti, che si concretizzano sia tramite comportamenti di controllo diretto, come ad esempio pedinare o sorvegliare, sia mediante condotte di confronto diretto come visite sotto casa o sul posto di lavoro, minacce o aggressioni.

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L’angolo del Bon Ton La colomba di Pasqua

di Letizia Chilelli

Per l’Angolo Bon Ton di questo mese, visto l’avvicinarsi della festa di Pasqua ritengo sia molto utile regalarvi la ricetta della colomba pasquale. La quantità degli ingredienti è per una dose per circa 8 persone.

Ingredienti: 1,2 Kg di farina; 9 uova; 50 grammi di lievito di birra; 450 grammi di burro ammorbidito; 1 dl di latte; 300 grammi di zucchero; 1 limone (possibilmente non trattato); 300 grammi di frutta candita; 20 mandorle; 50 grammi di zucchero in granella; sale; burro e farina quanto basta.

Preparazione: Sciogliete in 50 grammi di acqua tiepida, i 50 grammi di lievito di birra e impastatelo poi con 120 grammi di farina. Formate una palla infarinandola poi abbondantemente e sulla superficie incidete una croce. In una casseruola, fate intiepidire 2 litri di acqua nella quale immergerete poi la palla di pasta preparata in precedenza per circa 10 minuti. Passato questo tempo noterete che la palla si staccherà dal fondo e galleggerà. Rigiratela di tanto in tanto per altri 15 minuti. Sulla tavola (o spianatora) disponete la restante farina, i tuorli un pizzico di sale, la scorza grattugiata del limone, i 250 grammi di burro ammorbidito, lo zucchero il latte e la palla di pasta lievitata. Lavorate per 20 minuti questo composto (capirete che il composto sarà pronto quando non si appiccicherà più alle mani). Infarinate quindi il composto e mettetelo in una ciotola molto capiente, copritela con un canovaccio e lasciatela lievitare possibilmente ad una temperatura di circa 25 gradi. Il composto deve aumentare il

suo volume di circa 1/3. Accendete il forno. Impastate di nuovo il composto aggiungendovi 75 grammi di burro, riponete di nuovo l’impasto nella ciotola e lasciatelo lievitare finchè non avrà raddoppiato il suo volume. A questo punto aggiungete all’impasto, amalgamando il tutto, altri 75 grammi di burro e i canditi. Imburrate ed infarinate lo stampo, modellatevi la pasta e copritela per altri 30 minuti con la carta da forno. Spennellate con il tuorlo dell’uovo la superficie e cospargetevi sopra le mandorle e la granella di zucchero. Realizzate con mezza ciliegia l’occhio della colomba ed infornate in forno caldo (a gas: 180 gradi, elettrico 200 gradi) per 10 minuti. Abbassate ora la temperatura del forno di 10 gradi e cuocete per altri 30 minuti. La vostra colomba è pronta per essere gustata da parenti e amici. Accompagnate questo dolce con un

moscato servito ad una temperatura di 11 gradi. Vedrete che con questa ricetta sarà proprio una dolcissima festa… Non mi resta quindi che augurarvi una serenissima Pasqua all’insegna di tanta gioia e tanto amore! (Ricetta tratta da “Il Pasticcere Insegna” Fabbri Editori)


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La “Bastiglia dello Stato Pontificio” Ovvero il Forte Sangallo Nel 1817, in alcune province dello Stato Pontificio, venivano eseguiti molti arresti per motivi politici. Il Governo credette, così, opportuno formare un solo reclusorio politico e sceglieva il Forte di Civita Castellana, fatto erigere da Alessandro VI, restaurato ed ampliato da altri Pontefici, in particolare da Giulio II, stabilendo che fosse l’unico a reclusione politica, anche perché negli anni precedenti era servito come bagno di pena per molti forzati. L’11 febbraio 1819 vi arrivava il primo convoglio di condannati politici. Al comando della piccola guarnigione vi era il tenente Lucarelli. Successivamente, il Governo Pontificio decise di nominare un comandante del Forte, sotto il quale dovevano sottostare tutti i detenuti, e, nel 1821, Lucarelli fu sostituito dal capitano Trulli, promosso poco dopo al grado di maggiore, il quale restò in carica fino al 10 agosto 1829, giorno della sua morte. Venne rimpiazzato dal Maggiore Ferdinando Cav. Colasanti, il quale venne, poi, richiamato altrove e cedeva il comando, il 22 novembre 1838, al capitano Luigi Cav. Labruzzi. Il reclusorio fu un carcere duro, tanto da essere chiamato “la Bastiglia dello Stato Pontificio”. Vi soggiornarono molti patrioti famosi, nomi ormai dimenticati, come i fratelli Ricciotti. Giacomo Ricciotti fu con-

dannato nel marzo del 1822 al carcere duro a vita, che fu ridotto a vent’anni di detenzione, da scontare nel reclusorio di Civita Castellana. Morì il 2 giugno 1827, per una violenta setticemia provocata dai ferri arrugginiti che gli cingevano costantemente i polsi e le caviglie. Fu seppellito sotto il pavimento della Cattedrale di Civita Castellana nella notte del 3 giugno. L’ospite più famoso fu, nel 1859, Giuseppe Rosi, soprannominato il “poeta pastore”, per la facilità con cui improvvisava rime. Grande patriota, partecipò ai moti del 1848, 1859 e 1870. Fu capitano dello Stato Maggiore di Garibaldi. Il suo busto si trova al Gianicolo, a Roma, vicino alla statua di Garibaldi. Nel febbraio del 1831 le province settentrionali dello Stato Pontificio si sollevarono, coinvolgendo anche parte delle Marche e dell’Umbria e creando un governo provvisorio. Una colonna dell’armata rivoluzionaria, al comando del generale Giuseppe Sercognani, avanzò verso Roma con un piccolo esercito di tremila uomini, male

armati e male addestrati, tra i quali si trovavano i fratelli Napoleone, il carbonaro Michele Accursi, che, il 20 febbraio, cercarono di espugnare il reclusorio del Forte. Il Cardinale Bernetti inviò a Civita Castellana un reparto di volontari e ne affidò il comando al tenente colonnello Lazzaroni. I ribelli furono sconfitti e costretti alla fuga. Alcuni condannati politici vennero liberati, non per un atto di clemenza, ma per gettare fumo negli occhi e sedare gli animi. Nel 1870, una colonna del generale Cadorna, in marcia verso Roma, puntò nuovamente su Civita. La guarnigione del Forte si arrese dopo una breve resistenza. Finiva così la Bastiglia dello Stato Pontificio. di Francesca Pelinga


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Foto pubblicata su Campo de’ fiori n. 57. Civita Castellana - Carnevale 1985. Sono stati riconosciuti: In alto da sinistra: Davide Boninsegna, Luca Antonini, Giuliano Rossi, Roberto Pistola, Andrea Massaccesi, Alessandro Longo, Andrea Purgatori. In basso da sinistra: Elsa Drusiani, Tiziana Giandomenico, Silvia Paludi, Tamara Mastrangeli, Maruska Pistola, Barbara Migliorelli, M.Luisa Matteucci, Simona Moretti, Daniele Bartocci.

Tra le tante foto del Carnevale Civitonico pervenute in redazione, abbiamo deciso di pubblicare quella di Bruno Sisti per la sua originalità, l’armonia dei colori e la speciale elaborazione.

www.campodefiori.biz info@campodefiori.biz


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“…La cosa particolarmente buffa nei cocker è la loro andatura ondeggiante quando sono di umore faceto; è come se delle piccole molle, avvitate sotto le zampe, li proiettassero verso l’alto, ma dolcemente, senza sbalzi. Questo stesso movimento agita anche le zampe e le orecchie come il rollìo con una barca e il cocker, piccola nave simpatica che solca la terraferma, porta in questi luoghi urbani un tocco marittimo di cui sono ghiotta…” Da L’eleganza del riccio, di Muriel Barbery, il romanzo che ha venduto 700.000 copie ed è stato il caso letterario del 2007 in Francia. Il cocker della foto si chiama Cindy, è di razza pura, ed è stato messo al mondo in provincia di Macerata. Appartiene ad Eleonora Zeroli di Bolsena, studentessa all’Università di Perugia. Cindy compirà 1 anno il 7 aprile.

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La Redazione di Campo de’ fiori si associa agli auguri

Nicole Selli ha ricevuto il sacramento del battesimo l’8 Febbraio. Tanti auguri da mamma, papà, il fratellino Lorenzo e tutti quelli che gli vogliono bene.

Tantissimi auguri a Francesco Latini che compie 2 anni il 6 Marzo, da mamma, papà, i fratellini Simone, Federico e Valentina, nonna e nonno.

Tanti auguri a Elisa Crescenzi che compie 6 anni l’11 Marzo dalla sorellina Elena, da mamma e papà.

Tanti auguri a Per il 7 Marzo arriva un trenino pieno di Eleonora Di coccole e auguri a Cosimo Niki per il suo comper i suoi 18 pleanno, da mamma, anni, da papà, la sorellina mamma, papà Linda, nonna Maria, e Vanessa. zio Cosimo, zio Giovanni e zia Teresa. Gianluca Petrucci di Civita Castellana già laureato nel 2005 in Scienze Ambientali, ha conseguito il 19 Febbraio il Dottorato di Ricerca discutendo una tesi sulla “Caratterizzazione dei tessuti legnosi e analisi dei gas svolti”. Al neo-dottore gli auguri da parte dei famigliari e dalla Redazione di Campo de’ fiori. Tantissimi auguri di Buon Compleanno a Gloria Mariani e Eleonora Di Cosimo che hanno compiuto 18 anni!! Con tanto affetto Agnese, Letizia, Claudia, Chiara, Benedetta, Eugenia, Sara, Gessica, Emiliano, Federico, Stefano e Daniele.

Tantissimi auguri di buon compleanno a Mattia Rocchi che il 16 Marzo compie 10 anni, dai fratellini Daniele e Gabriele, dalla mamma, papà e tutti i nonni e gli zii.


Tanti auguri a Luca e Mattia che l’ 11 e il 27 marzo compiono gli anni, da Sandro, Maria Rita, Francesco, Emanuele, Elisa e i nonni e le caprette.

Sorpresa! Tanti auguri a Dado per il suo ……settesimo compleanno dalla sua mogliettina Kiara!! Auguri dalle tre stelle Mattia, Daniele e Gabriele!!!

Tantissimi auguri di buon compleanno al piccolo Simone che il 9 Marzo ha compiuto 6 anni. Ti vogliamo tanto bene mamma, papà, babbo, nonni, zii, Andrea e Maria Grazia.

Volevo fare i complimenti al mio bravissimo Emiliano che si è laureato con 100/110! Ti voglio bene. Maria Rita.

Congratulazioni a Piera Pangallozzi che il 24 Febbraio si è laureata in Scienze della Comunicazione. Con l’augurio di una vita piena di soddisfazioni, mamma, papà, i nonni, gli zii, i cugini e gli amici.

Buon compleanno ad Alessio Francola di Fabrica di Roma, che il 5 aprile compie 10 anni. Tanti auguri ed un mondo di bene da mamma, papà, il fratello Daniele, i nonni e zia Lele.

Tantissimi auguri buon compleanno al piccolo Giulio Pistola che compie 1 anno l’8 marzo, dal fratellino Andrea, la mamma Veronica, il papà Alessandro e i nonni.

Tanti auguri a Eneide e Giuseppe Martani che festeggiano 50 anni di matrimonio il 4 Aprile, da Roberto, Piero, Marina, Serena e Alessia.


Tanti auguri a Lucrezia che il 28 Aprile compie 3 anni da mamma, papà, il fratellino Lorenzo, i nonni e gli zii.

Ben arrivata nella nostra vita, sei la gioia di mamma e papà Tantissimi auguri al neo dottore Davide Frate per Tantissimi aver conseguito la laurea auguroni ad Asia in Economia Aziendale!! Ridolfi di Oggi hai smesso di studiaCorchiano che re... adesso ti tocca lavo- il 5 aprile compie rare... ma che dici...ci vuoi 3 anni, ripensare? L’abbiamo semdai genitori, i pre saputo … sei GRANnonni e gli zii DE!!! Congratulazioni da Tanti auguri a Pasquetta tutti i tuoi amici!!!! Marconi in Evangelista di Corchiano che il 7 Aprile raggiunge il grande traguardo dei 100 anni. Auguri dai figli Carlo e Lidia, la nuora Marilena, da tutti i nipoti e pronipoti. Tanti auguri da Danilo e Noemi a papà.

Tanti auguri a Lido e Sira che il 27 Aprile festeggiano il loro 59° anniversario di matrimonio. Auguri dai figli Marco, Mauro e Marina, dalle nuore, il genero, i nipoti e i pronipoti.

Congratulazioni alla Dott.sa Ilaria Bertocci che il giorno 13 Marzo ha conseguito la laurea in Giurisprudenza. Tanti auguri dai genitori, dalla sorella, il fidanzato, i nonni e i parenti tutti.


Tanti auguri a Attilio e Marzia che il 3 marzo hanno compiuto 8 anni di matrimonio, dai figli Martina, Alberto e Giada e dai genitori.

Tantissimi auguri ad Eleonora Mascarucci che compie 5 anni l’8 aprile. Dai genitori, dal fratello, dai nonni e dagli zii

Tanti auguri a Rinaldo ed Alessandra che il 13 aprile compiono 12 anni di matrimonio, dai figli Michele e Tiziano e dai genitori.

Tanti auguri di buon compleanno a Erika Giorgetti che il 26 Marzo compie 19 anni ! …. Le amiche di Faleri

Un dolce pensiero a Giulia e Aurora Di Niccola, le mie piccole principesse. Vi voglio tanto bene, mamma Tiziana. Un augurio speciale ad Aurora per i suoi 6 anni.

Tanti auguri al piccolo Mirko Ceccani che il 23 aprile compie 10 anni, Congratulazioni da papà, vivissime a mamma, nonno, Eleonora nonna, zii e zie. Bernabei di Corchiano che il 18 marzo si è laureata in Medicina e Chirurgia con la votazione di 110 e lode! Un abbraccio da mamma Laura, papà Sergio, Luca e Anna Maria.

Tantissimi auguri di buon compleanno alla piccola Giada Crescenzi che compie 1 anno il 30 marzo, dai nonni Anna e Gianni e dalla zia Federica.

Tantissimi auguri a Luisa Spadoni per la sua laurea e per il suo compleanno… Ti voglio bene!


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Album d Campo de’ fiori

Civita Castellana 1980/81 - In piedi da sx: Barbara Migliorelli, Alessia Sansonetti, Adriano Nelli, Marco Malatesta, Vincenza Guariglia Migliore, ..., Stefano Marcellini, Stefano Marziani, Dimitri, Stefano Guariglia Migliore, Guglielmo Rossi. Seduti da sx: Simone Chilini, Federico Migliorelli, Sergio Annesi, Fabrizio Tomei, Fabio Annesi, Simona Tomei, Fabio Mozzicarelli, Simona Belloni, Giuseppe Filoscia. Maestra Francesca Annesi

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Civita Castellana - Scuola Gianni Rodari - Carnevale 1984 - In piedi da sx I°fila: Tiziana Valeri, Tiziana Profili, Graziella, Rosanna, Saverio, Sara Rillo. In piedi da sx II° fila: Daniele, Riccardo Meraglia, Francesca D’Aquanno, Rita Germini, Federica Vitali, Luca Mozzicarelli, Giorgia Mancini, Silvia Della Porta. In ginocchio da sx: Rachele Belloni, Moira Corciulo, Davide Manca, Arianna Piacentini, Stefano Guariglia Migliore.


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dei ricordi Campo de’ fiori

Civita Castellana Partenza per la colonia anno 1970-71 Foto del Sig. Ulisse Frezza 1.Katia 2.Paola Fantera 3. Quirino Quirini 4.Giovanni Frezza 5. Rosa Merlini Frezza (Assessore ai servizi sociali) 6. Ricci 7. Paolo Frezza 8. Rosaria Frezza 9. Russo 10. Martelletti Anna Maria 11. Rosina

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Civita Castellana Carnevale 1970 La Rustica Foto della Sigra. Giovanna Patrizi 1. Aurelio Morganti 2. Aldo Serraglini 3. Palmiro Lanzi 4. Baiocco 5.Mei


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Album d Campo de’ fiori

Civita Castellana 1967 - Squadra Juniores Provinciali - 3° classificata In piedi da sx: Fabio Patrizi, Danilo Brandi, Gian Paolo Pellegrini, Ivano Gabrielli, Massimo Ricci, Sandro Santori, Puddu, Fabrizio Flori. In basso da sx: Fabrizio Sansonetti, Alberto Fabiani, Tonino Armagno, Mimmo Berardi, Amedeo Spitoni, Giulio Basili.

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Civita Castellana - Via del tiratore Da sx Checca Gabrielli, Santina Coracci e Francesca Tomei

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Capranica anni ‘50 Matrimonio della famiglia Valentini


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Campo de’ fiori Civita Castellana - Fine anni 50 - Sala Cicuti - Veglione di Carnevale - Foto della Sig.ra Lucia Midossi 1.Giuseppe Rita, 2. Liana Belloni, 3. Luisa Mossi, 4. Pina Rita, 5. Ada Mossi, 6. Lucia Mossi, 7. Giovanna Belloni, 8. Lucia Midossi, 9. Alfonsa Fantera, 10. Gianna, 11. Gino Fantera, 12. Lamberto Pagani, 13. Enrico Todini, 14. Eraldo Cingolani, 15. Franco Cingolani, 16. Erminio Boccini, 17. Isolo Mossi, 18. Nando Patrizi.

Civita castellana 1932 Nati nel 1926 Foto della Sig.ra Rossi

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Album d Campo de’ fiori

Fabrica di Roma 1972 - Carnevale all’asilo delle suore

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Fabrica di Roma anni ‘70 - scuola elementare classe mista. In alto da sx: FRanco Mattioli, Emilio Alessi, Massimo Panichelli, Giuseppe Tirittera, Renzo Cencelli. In basso da sx: Danilo Baldassi, Luigi Ferri, Roberto Rapiti, Fernando Monfeli, Sabrina Alessandrini, Eleonora Puri, Rosella Massaccesi. Maestra Capparella


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dei ricordi

Campo de’ fiori I fedeli di Carbognano in pellegrinaggio a Roma per l’Anno Santo del 1950

Campo de’ fiori Carbognano - gli alleati accolti dagli abitanti del paese






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Oroscopo ARIETE Se l’amore va discretamente bene, il lavoro non è da meno. Certo è prevedibile qualche ostacolo, ma hai la capacità e l’energia per superarlo, energia e carica che non mancano di sicuro.

LEONE Mese molto positivo, con picchi di fortuna… Puoi essere più sereno e splendere della tua luce… Grazie alle tue capacità intuitive risolverai bene i problemi che ti si presentano. Tuffati nel lavoro adesso. L’amore c’è.

TORO E’ il momento di realizzare un po’ delle idee che ti frullano in testa. Dal punto di vista economico riuscirai a risolvere, almeno in parte. Il coraggio non ti mancherà per affrontare certe situazione. Ci sono cambiamenti.

VERGINE Il lavoro non va per il verso giusto, occorre una correzione di rotta. Sarai comunque in grado di fronteggiare i problemi, che si manifestano anche

GEMELLI Questo mese sarà ricco di risultati soddisfacenti. Le tue angustie saranno attenuate e l’amore splenderà. Dovrai controllare un po’ di più le tue nevrosi e la tua ansia, ma tutto sommato è ok. CANCRO Se avrai fatto tesoro dei consigli, il lavoro, adesso, ti darà parecchie soddisfazioni. Il momento è favorevole, perciò datti da fare, molte opportunità ti si offrono. L’amore ha un po’ rallentato, ma va ancora bene. Non mollare.

negli affetti. BILANCIA Devi fare in modo che l’emisfero destro del tuo cervello faccia pace con il sinistro… I contrasti con gli altri sono generati dal tuo atteggiamento spesso superficiale ed arrogante. Cerca di normalizzare i tuoi alti e bassi. SCORPIONE Occhio alle questioni economiche. Per il resto, sei riuscito a domare situazioni un po’ pericolose. L’amore ed i viaggi sono piuttosto favorevoli. L’energia arriva in gran quantità, fanne buon uso.

SAGGITTARIO Il tuo umore soffre un po’ per lo stress. Tante sono le cose da fare, perciò occorre che ti organizzi meglio dando la precedenza alle priorità. La tua intolleranza e la tua irritabilità ti danneggiano, quindi calma. Un po’ di evasione è utile. CAPRICORNO Esiste una certa tensione nel rapporto di coppia. Attenta al partner, difficilmente passerà sopra…Devi chiederti se vale la pena correre dei rischi. Abbi cura di quel che hai e vai avanti nei tuoi progetti. ACQUARIO Contrasti familiari, superabili con il buonsenso. Non sottovalutare le avvisaglie di incomprensione. Momento delicato. Cerca di essere disponibile e diplomatico. Non rovinare ciò che, a fatica, hai costruito. PESCI Ancora strasci e tensioni che danno alla tua vita un tono un po’ convulso. Rilassati, sii paziente. Il lavoro ti impegna, ma ti soddisfa. In amore non correre, il partner potrebbe non gradire, e poi, con la calma e la tranquillità, la vita si gusta meglio.

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Patrocinante in Cassazione, ha stipulato una convenzione con Campo de’fiori con la quale, tutti i lettori, avranno diritto a n. 3 consulenze gratuite. Per informazioni rivolgersi in redazione Campo de’ fiori è distribuito a Civita Castellana, Corchiano, Fabrica di Roma, Vignanello, Vallerano, Canepina, Vasanello, Soriano Nel Cimino, Vitorchiano, Bagnaia, Viterbo, Montefiascone, Carbognano, Caprarola, Ronciglione, Sutri, Capranica, Cura di Vetralla, Blera, Monte Romano, Tarquinia, Civitavecchia, Orte, Gallese, Magliano Sabina, Collevecchio, Tarano, Torri in Sabina, Calvi nell’Umbria, Stimigliano, Poggio Mirteto, Otricoli, Narni, Terni, Amelia, Nepi, Castel Sant’Elia, Monterosi, Anguillara, Trevignano, Bracciano, Canale Monterano, Mazzano, Campagnano, Sacrofano, Olgiata, Faleria, Calcata, S.Oreste, Nazzano, Civitella San Paolo, Torrita Tiberina, Rignano Flaminio, Morlupo, Castelnuovo di Porto, Riano, Ostia, Nettuno, Anzio, Fregene. A Roma nei teatri, nei migliori alberghi e locali, sui taxi e in tutte le stazioni MET.RO. Spedito a tutti gli abbonati in Italia e all’estero, inviato ad Istituzioni Culturali e sedi Universitarie italiane e straniere, a personaggi politici, della cultura, dello sport e dello spettacolo.

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Fabrica di Roma Via Roma: prestigioso appartamento di 101 mq, al P1°, composto da ingresso, salone grande, 2 camere con parquet, 2 bagni, 2 balconi/veranda. Termo autonomo. Trattative in sede Località Cencianello Terreno agricolo 3.500 mq. ca. € 18.000,00 Via San Rocco Appartamento 65 mq. ca. salone con camino in peperino, cucina, balcone, 2 camere , bagno. €100.000,00

Località Pian del Trullo Porzione di bifamiliare su 3 livelli, giardino, garage. Da ultimare. € 170.000,00 trattabili Faleri Novi Porzione di bifamiliare 240 mq su tre livelli. PT: portico, salone, cucina, bagno. P1: 4 camere, bagno. PS: sala hobby, cucina, garage. Lotto 730 mq. Divisibile in due unità.

Corchiano Villa di 100 mq ca. con portico, su due livelli composta da piano terra: ingresso, cucinino, tinello, sala, 2 camere, bagno. Piano seminterrato: taverna con bagno e camino di 40 mq ca. + cantina con grotta di 20 mq ca. Sottotetto e giardino circostante. Terreno agricolo di 1.500/3.000 mq in prossimità del centro abitato.

Gallese Scalo Capannone industriale di mq 1.750 c. trasformabile in residenziale con terreno di 10.000 mq c. Trattative riservate.

Soriano nel cimino Appartamento mq 90 su due livelli, taverna, cucina, 2 bagni, camera, 2 camerette, frazionabile, da ristrutturare.

Sutri Località Montebono a 800 mt dal paese, rifinitissima villa singola su 2 piani, di 130 mq cadauno con terreno di 7.700 mq, divisibile in 2 unità indipendenti.

Campagnano di Roma Appartamento p. rialzato di 100 mq. ca. salone con armadio a muro, cucina abitabile con terrazzo, 2 camera, balcone, bagno, ripostiglio. Autonomo.

Roma Via San Pantaleo Campano appartamento 90 mq + balconi 30 mq, posto auto, vasto giardino e piscina condominiali. Ascensore e risc. autonomo.

AFFITTO Civita Castellana Via Mazzini, locale commerciale di mq 150 circa con parcheggio di proprietà Locale commerciale ristorazione al piano terra, doppia entrata, bagno e antibagno, dotato di canna fumaria, laboratorio, magazzino, cantina. Località San Giovanni Appartamento arredato di 100 mq composto da: salone, cucina e tinello, 2 camere, 2 bagni. € 650,00 Corso Bruno Buozzi, 3 locali commerciali varie metrature Via della Repubblica. bilocale ad uso ufficio € 500,00 Centro Storico bilocale 120 mq, piano terra composto da: doppia entrata, bagno, antibagno, laboratorio, cantina con canna fumaria. Via Garibaldi, monolocale ammobiliato

Villa unifamiliare prestigiosa su tre livelli di mq 400, con giardino di mq 3000 più terreno attiguo di mq 8000. Panoramicissima

Magliano Sabina Magazzini al piano terra di mq 81/22/35 contigui con piazzale condominiale recintato, con cancello automatico. Possibilità vendita frazionata

Calvi dell’Umbria Contrada Pacifici Terreno panoramico di 10.000 mq. ca. con ulivi e progetto per edificare n. 5 bifamiliari. € 220.000,00

Appartamento 50 mq piano terra, ingresso, bagno, ripostiglio, camera, cucina, 3 balconi, indipendente, ammobiliato.

Fabrica di Roma Appartamento al primo piano di 110 mq, uso ufficio. 5 stanze e 2 bagni, box 20 mq. Appartamento ammobiliato di 55 mq ca. Come nuovo. Locale di 400 mq al piano primo, uso ufficio con parcheggio. In prossimità Ufficio Postale importante e luminoso locale commerciale di 160 mq con parcheggio privato.


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