Uscita N 61

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L’intervista: Alfiero Alfieri 2000-2009: X° Fescennino d’Oro Una “Fabrica” di ricordi: Il tempo delle pesche

Come eravamo: Un tuffo nel passato


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SOMMARIO Editoriale: Una preziosa testimonianza.......................3 L’intervista: Alfiero Alfieri.........................................4-5 Fescennino d’oro................................6-7 Suonare Suonare: Mamma, mi compri una chitarra?...........8-9 Lenti d’oggi..........................................11 Roma che se n’è andata: Andiamo per Piazza di Spagna............12-13 Cinema News: Dante 01................................................14 Curriculum vitae: Jessica Costa..........................................15 Ecologia e ambiente: Mobilità urbana.......................................16 Come eravamo: Un tuffo nel passato...............................17 XV Festival “Accendi un sorriso”........18 Una “Fabrica” di ricordi: Il tempo delle pesche.........................20-21 Civita Castellana 4/12/1798..............22

Ceral: La timidezza...........................................23 Le guide di Campo de’ fiori: Nazzano.................................................24 Sentinelle del mattino........................25 L’angolo dell’Avvocato: Viaggiare informati..................................26 Per non dimenticare “Museo della terra” a Latera.....................................27 Ass. Artistica IVNA: Augusto Barberini...................................28 Albero genealogico ............................29 Gran ballo delle debuttanti................30 Il Fumetto: Battle Angel Alita....................................31 La storia del cimitero di Civita Castellana ...........................................32 La rubrica dei perchè..........................33 Le storie di Max: Renato Zero...........................................34 Omaggio a De Andrè...........................35 Il mondo del Jazz:

La swing era...........................................36 Società di mutuo soccorso..................37 Tarquinia - Valentano.........................38 Nel cuore.............................................39 Girando e guardando..........................40 Per ricordare l’autiere Fiorino Marinozzi........................................42-43 Roma com’era.....................................44 L’angolo del Bon Ton: Occasioni d’incontro speciali....................45 Agenda ......................................46-47-48 Numero Unico......................................49 Messaggi....................................50-51-52 I nostri amici ......................................53 Album dei ricordi.........54-55-56-57-58-59 Annunci Gratuiti ............................60-61 Oroscopo..............................................62 Selezione Offerte Immobiliari.......63-64

Foto di copertina di Bruno Sisti “ ‘A llegata” sul fiume Treia

Silenzio... Proprio mentre stiamo chiudendo questo numero di Campo de’ fiori per mandarlo in stampa, una triste telefonata della Signora Tozzi ci avvisa che il Commendatore ci ha lasciati! Un profondo silenzio cade su tutta la redazione… Abbiamo perso il nostro decano! Qualche giorno fa, insospettiti dal fatto che il suo articolo non fosse ancora pervenuto in redazione, vista la sua infallibile puntualità, a seguito di una telefonata, la moglie ci aveva avvisati del suo stato di salute. Dispiaciuti, avevamo accettato il fatto di non poter pubblicare uno dei suoi gradevoli articoli, nella speranza, però, che fosse solo una situazione passeggera. Oltre l’indiscussa valenza professionale che è stata per tanto tempo il nostro vanto, dobbiamo ricordare ai nostri lettori ed ai suoi innumerevoli amici, l’uomo vero, profondamente educato, che aveva impreziosito, con la sua presenza, le pagine della rivista. Ci dispiace veramente tanto e ci vogliamo accomunare al dolore della famiglia e di quanti, come noi, sanno di aver perso una persona insostituibile. La sua amicizia ci fatto scoprire l’incalcolabile valore del rispetto e sommessamente diciamo: grazie Commendatore! Averla incontrata e aver condiviso la passione per il giornalismo e per le cose belle è stato per noi un grande regalo del destino.

Sandro Anselmi e la redazione


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Una preziosa testimonianza di Sandro Anselmi

Ogni volta che mi accingo a scrivere questi miei pensieri, inevitabilmente cerco di immaginare a chi essi siano rivolti, e quale interesse possa trovare in loro chi li legge. E’ facile allora ricordare le facce delle persone che mi hanno dimostrato il loro affetto ed hanno espresso le loro impressioni; mi hanno dato suggerimenti e consigli e, comunque, spronato ad andare avanti e fare sempre meglio. La mia convinzione che Campo de’ fiori piaccia a tutti è innocente e, credo, giustificata, perché oltre agli scambi personali, ci sono le vostre tante lettere che arrivano in redazione e dimostrano quanto mi siate vicini. Fra le ultime arrivate, ce n’è una che ci ha commossi tutti! Ho chiesto autorizzazione al mittente di poterla pubblicare e, avuta, sono certo che anche voi possiate vederci ciò che io ci ho visto: un grande, vero sentimento. (Per motivi di riservatezza, ne ho stralciato alcuni passi).

Carissimi di Campo de’ fiori, desidero manifestarvi la simpatia che ho per voi, vi conosco perché mio fratello mi ha regalato l’abbonamento. Lui è una persona davvero speciale: dopo lunghi anni passati pensando solo al lavoro e alla cura della mamma (lei si sentiva a casa sua solo con lui, finchè si è ammalata ed è morta) e dopo una devastante parentesi matrimoniale finita in divorzio, aveva finalmente incontrato l’Anima Gemella, la compagna sempre desiderata, ma la sorte gliela portata via nel modo più crudele. Ero al mare quel luglio del 2005, quando mi telefona che dimettevano ……………. dall’ospedale e la portavano in una clinica specializzata, ed io, pensando alla difficoltà di farle visita, mi lasciai sfuggire un accorato:” Così lontano da casa…” E dopo un lungo silenzio:… “a casa non ci tornerà MAI PIU’ “. Ah, lo strazio di quel MAI PIU’, e ho capito che ormai era questione di giorni, di ore forse. Allora corsi in acqua, abbastanza lontano per non farmi sentire da altri, per affondare la faccia nelle onde e piangere liberamente… E mio fratello vendette la casa di …. e si trasferì a ……… per stare vicino alla sua amata, e nel suo giardinetto di pochi mq coltiva rose per lei ed erbette odorose per me. Così, tramite la rivista, ho cominciato a conoscere ed amare questa città e sento una specie di invidia per non potermi ritrovare in quelle foto antiche, anche se riconosco quelle pose, quei vestiti, quelle pettinature. E quei ragazzi assomigliano tanto ai miei fratelli (anche noi siamo in tre) quella signora col taglierino sembra proprio mia madre e quella bambina mi ricorda la mia Prima Comunione! Vorrei aver fatto parte anche io di tutta quella vita passata, di riconoscere qualcuna di quelle belle persone sulle pagine degli auguri; prima o poi vi manderò la mia foto e forse troverò posto anche io fra loro. Mi congratulo per gli interessanti servizi e per la belle veste editoriale e se mio fratello si dimenticasse di rinnovarmi l’abbonamento (cosa altamente improbabile) lo farei da sola! Adesso sapete perché mio fratello ….. trova a ……… un’accoglienza veramente affettuosa e, tramite voi, anche io mi sento un po’ del vostro paese. Con i più calorosi saluti Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che ci rendono partecipi con le loro lettere della loro vista vissuta. Grazie, rimarranno, per sempre, preziose testimonianze. Grazie a tutti!!! Sempre devoto vostro, Sandro Anselmi


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ALFIERO ALFIERI Un’estate da “malato immaginario”...

Mentre sta provando lo spettacolo che quest’estate lo vedrà coinvolto con la sua rivisitazione de “Er malato Immaginario” in alcuni dei posti più belli della nostra regione tra cui Cerveteri, Tarquinia, Anzio e per finire in bellezza dal 31 agosto al 6 settembre all’Anfiteatro Quercia del Tasso di Roma, interrompiamo il maestro Alfiero Alfieri per cercare con 10 domande di scavare nella sua vita artistica e scoprire meglio il grande personaggio che abbiamo di fronte. Una vita per il palcoscenico: nel 1957 inizia la Sua carriera a fianco di grandi maestri di quel cabaret che allora veniva chiamato avanspettacolo…. Ma come nacque e da cosa differisce dal cabaret di oggi (w il termine italiano!)? Con questa domanda mette, come si suol dire, il dito nella piaga. Io credo che l’avanspettacolo sia stata una delle migliori palestre dove potevano sfidarsi, mi consenta la similitudine, i grandi talenti giudicati solo dal pubblico che, allora, non era generoso come adesso. Se l’attore non piaceva oppure non riusciva a rapire l’attenzione della platea, al posto degli

applausi “glie tiravano li pomodori o li gatti morti”. Mi chiede come nasce l’avanspettacolo……nasce dal desiderio degli attori di esibirsi, molte volte anche gratuitamente. E quello dell’avanspettacolo era il mezzo più rapido per attuarlo. Per fortuna che è nato l’avanspettacolo! E’ proprio dall’avanspettacolo, infatti, che provengono i più grandi attori del nostro secolo: Totò, Aldo Fabrizi, Alberto Sordi…… tanto per citarne alcuni. Il paragone tra avanspettacolo e cabaret, di oggi, mi sembra improprio. Il cabaret non è affatto il figlio dell’avanspettacolo così come gli interpreti di oggi non hanno nulla in comune con i grandi del passato. I fratelli De Vico, Aldo Fabrizi, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia : quanto erano grandi questi artisti e che cosa è riuscito a rubare loro? Mi ha citato dei fenomeni della comicità tra cui il mio primo grande maestro ALDO FABRIZI. In particolare da lui ho acquistato la capacità di colloquiare con il pubblico e mi ricordo sempre che mi diceva: “bravo Alfiè farai strada perché attori ci si nasce e non ci si diventa…….” Il grande sogno era entrare nella Compagnia del grande Checco Durante e Lei ci riuscì, dapprima in qualità di suggeritore e successivamente nel ruolo di “attor giovine”, cosa ricorda di quei tempi considerati duri per il teatro e soprattutto chi era Checco Durante? Chi era Checco Durante? Come descrivere un uomo dalle mille sfumature? Era comico, sornione, a

volte burbero, ma sempre profondamente romano. E’ lui che mi ha trasmesso l’Amore per il teatro dialettale romano. Nonostante le difficoltà di quel periodo, Checco e la sua bravissima Anita avevano un pubblico affezionato che li seguiva costantemente. E’ stato un periodo della mia vita molto spensierato. C’erano molti giovani, oltre me, in Compagnia, e regnava uno spirito goliardico anche con la figlia minore di Checco e Anita: Leila Ducci, bravissima anche lei. Nel 1973 nasce la Compagnia Alfiero Alfieri che rappresenta diverse commedie di prosa in dialetto romano alternando classici a testi propri, aprendo nel contempo una scuola di prosa in romanesco. Che lingua è effettivamente il romanesco? Quando nel ’73 diedi vita ad una mia compagnia, l’intento era quello di dare ai giovani desiderosi un’opportunità di avvicinarsi al teatro dialettale romano e di avere la migliore scuola: il palcoscenico. Per me, infatti, non c’è strada migliore del palcoscenico, forse proprio perché la mia gavetta è stato l’avanspettacolo. Mi chiede che lingua è il romanesco. Prima di tutto è


Campo de’ fiori necessario stabilire se si dice “romano o romanesco”. Ci sono due filosofie di pensiero. Comunque sia è un insieme di tante espressioni prese nei secoli dai vari popoli che si sono avvicendati a Roma, e che man mano si sono modificate: basta vedere le diversità tra il Belli e il Trilussa. Quello che però è rimasto immutata è l’immediatezza della battuta sagace, l’ironia. Peccato che molti oggi lo rappresentano sul palcoscenico come un dialetto volgare “coatto”, sporcando quel modo di parafrasare tipico del vero romano. Nel 1990 finalmente nasce il Suo rapporto con lo storico Teatro Rossini, esercitando il ruolo di Direttore Artistico ne recitando anche accanto

Anita Durante e Alfiero Alfieri ad Anita Durante, vedova dell’attore scomparso. Quando nel 1990, incontrai dopo tanti anni la signora Anita fu per me una gioia immensa. Lei aveva sempre avuto fiducia nelle mie capacità ed io ne ero andato sempre fiero. Certo tutto potevo immaginare, ma recitare al suo fianco ricoprendo il ruolo del mio Grande Maestro era veramente uno di quei sogni che uno tiene nel cassetto! Non le nascondo che la sera della Prima di “Caro Venanzio te scrivo questa mia” , con cui abbiamo aperto la prima stagione teatrale io e Anita, il cuore non stava più al suo posto, tanto batteva forte. Ho passato due anni meravigliosi

con Anita divertendoci insieme al pubblico, lasciandoci andare a raffiche di battute a braccio che poi sono quelle che al pubblico piacciono tanto. Peccato!!! Come tutte le cose belle è finita troppo presto e tristemente con la morte di Anita. Il MARCHESE DEL GRILLO, IL MALATO IMMAGINARIO, DON DESIDERIO, CARO VENANZIO… tutte riletture di testi famosissimi in cui Lei riesce a far Suoi i personaggi stessi… Qual’e’ il segreto per far vivere e sorridere testi scritti da altri? Il segreto? Sta nel riuscire a modellare il personaggio a tal punto di diventare un tutt’uno con il tuo io: come se le due anime si fondessero insieme. Ad un certo punto della sua grande carriera decise di lasciare L’Italia. Perché? Qual’e’ il rapporto con i nostri connazionali all’estero ? E cosa si aspettano da un grande artista italiano ma soprattutto romano come Lei? L’esperienza vissuta in Australia mi ha arricchito moltissimo. Senza esagerare sono stato accolto come un Re, anzi, visto che “so’ romano” come un Imperatore. Dopo due mesi che ero lì conoscevo più italiani io di chi ci vive da 30 anni. Si è creato subito un rapporto meraviglioso: il 5 dicembre del 2006 rappresentai la prima commedia al Town Hall di Fremental, stracolmo oltre gli strapuntini. Ho toccato con mano quanto desiderio ci sia nei nostri connazionali all’estero di conservare le tradizioni. Mi sembra ancora di sentire lo spettatore che dalla galleria mi gridò: “grazie Alfiero, ci hai portato un pezzo d’Italia”. Sono trascorsi due anni, ma è rimasto un forte rapporto che continuo a coltivare con i miei amici australiani. Sperano in un mio ritorno a breve. Chissà…po esse…..!!!! Nel 2009 sono cinquant’anni di at-

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tività, come è cambiata Roma intorno a Lei? Ed i Romani? Nun me ricordi che so’ cinquant’anni che recito, senno me ricordo pure che so’ vecchio”. In tutti questi anni ho avuto modo di palpare il cambiamento del pubblico romano, ma una cosa è rimasta uguale: l’affetto che mi ha sempre dimostrato ed il grande desiderio di sorridere. Non le nascondo che è stato il mio meraviglioso pubblico che mi ha dato la forza di continuare. Roma, la mia Roma è proprio cambiata, dicono che dobbiamo essere contenti. Mah!!!! Io non la riconosco più e la preferivo come prima. I romani, quelli veraci, nun so’ cambiati: so’ sempre scherzosi, sornioni e para….venti Si stanno perdendo tutte le nostre tradizioni popolari: cosa possiamo fare per salvarle? Roma, Caput mundi! Oggi è diventata una metropoli, ma sta perdendo di vista le proprie tradizioni. Io ho dedicato tutta la mia carriera a salvaguardare la tradizione popolare, ma da solo mi sento tanto Don Chiscotte contro i mulini a vento. Più volte ho chiesto agli amministratori di turno di creare un polo della Romanità dove tener vive tutte le espressioni popolari: il Teatro, la Canzone, la Poesia……. “Nun me s’è mai filato nessuno. Ce vo’ provà llei?” Un’estate che la vedrà di nuovo protagonista : Er Malato Immaginario in scena in alcuni tra i posti più belli di Roma e del Lazio: riuscirà a salvare il romanesco e i veri romani dall’ estinzione? E’ una bella sfida, ma non demordo. E come si dice prima di andare in scena: “chi ce vo’ male se la pija nder .... ”. Sandro Alessi


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Un grande teatro all’aperto nel cuore di Corchiano, con tanto di platea e tribune per un totale di circa 2000 posti a sedere, tutti esauriti, ed un palco, pronto ad ospitare tanti grandi artisti, tutti in una sera.

2000-2009: X° Uno straordinario Gigi

Un ospite d’eccezione, senza nulla voler togliere agli altri grandi premiati del passato, è stato scelto quest’anno dalla giuria, presieduta, come di consueto, dagli ideatori della manifestazione, il Maestro Nicola

Piovani ed il sindaco di Corchiano, Bengasi Battisti, per un anniversario importante da ricordare: la X° edizione del Premio Fescennino d’Oro. Gli spettatori, trepidanti, hanno tutti preso posto. Si accendono le luci ed a fare gli onori di casa è Norma Martelli, affiancata dal vice sindaco Livio Martini, che introducono il rimo grande momento della serata: l’esibizione al piano del Maestro Piovani. Gli occhi del pubblico sono letteralmente incollati sulle mani del grande compositore, che scivolano su e giù per i tasti bianchi e neri, martellandoli con passione e decisione, suscitando emozioni e vibrazioni tra i presenti, deliziati ed ammaliati dalle sue musiche. Seguono alcuni brani della migliore tradizione della canzone popolare romana, tratti dallo spettacolo “Semo o nun semo” curato dal Maestro Piovani ed interpretati da cinque splendide voci: Massimo Wertmuller, Donatella Pandimiglio, Carlotta Proietti, Raffaella Siniscalchi e Pino Ingrosso. Da brivido le interpretazioni delle voci femminili e particolarmente simpatici gli sketch messi in piedi dal duo Wertmuller-Ingrosso. Un mix esplosivo, ricco di patos e comicità, che ha incantato e deliziato il pubblico presente, il quale


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Fescennino d’oro Proietti per festeggiare non si è affatto risparmiato nel dimostrare il proprio gradimento, con applausi spontanei, che sono sfociati in una standing ovation nel momento forse più atteso: la premiazione, quando il grande attore romano Gigi Proietti, è stato chiamato a salire sul palco di Piazza Pina Piovani per ricevere il Premio, consegnato dal Presidente della Provincia di Viterbo, Alessandro Mazzoli. Gli spettatori numerosissimi, non aspettano che di essere divertiti da un grande mattatore quale Proietti, dalla sua comicità pulita e spontanea, difficile da trovare in un panorama comico come quello di oggi, dove per far ridere sembra si debba per forza cadere nel volgare e nel trash. Uno scambio di sonetti tra vecchi amici, Gigi e Nicola, per rompere il ghiaccio, poi l’inconfondibile voce di Proietti intona un

Albo d’oro 2000: Fiorenzo Fiorentini 2001: Anna Campori 2002: Leopoldo Trieste 2003: Massimo Wertmuller 2004: Ascanio Celestini 2005: Davide Enia 2006: Angela Pagano 2007: Tosca 2008: Lello Arena 2009: Gigi Proietti

vecchio canto popolare, Serenata da Ponte, accompagnato al piano dal maestro Piovani, che ha riarrangiato il brano. Nulla di meglio infine , prima di andare a dormire, che una favoletta raccontata da un vecchio dalle sembianze di Gigi Proietti. Una esilarante favola delle favole, che ha racchiuso in sè tanti diversi racconti, dal gatto con gli stivali, passando per Ansel e Gretel, Biancaneve, Cenerentola, Pinocchio e tante altre. Il pubblico è letteralmente in balia delle risate. Un racconto irresistibile, pronuncia-

to da un maestro d’eccezione della comicità italiana. Una serata veramente ricca di grande spettacolo, comicità e solidarietà. L’incasso delle offerte del pubblico, che negli anni passati si è dimostrato generosissimo, che ha permesso così la realizzazione di molti progetti nella Repubblica del Congo, sarà impegnato, invece, quest’anno per la ricostruzione di uno dei tanti piccoli borghi abbruzzesi devastati dal terremoto, che sembra, ancora, non voler placare la sua irrequietezza. La scelta è ricaduta sul piccolo comune di Fossa, dove c’era, tra le tante cose perdute, una sala di registrazione molto conosciuta, nella quale sono state incise colonne sonore di grandi film italiani e stranieri. Commosso ed emozionato il sindaco del paese aquilano, Luigi Calvisi, ospite del Fescennino, che è salito sul palco per ringraziare Corchiano e quanti contribuiranno alla ricostruzione, per il sostegno e l’affetto dimostrati. Un Fescennino d’oro questo del 2009 che ha lasciato il pubblico soddisfatto, ammirato e sazio. Più di due ore di intenso spettacolo, tutte gustate appieno, senza mai staccare gli occhi dal palcoscenico e sempre pronti ad applaudire di cuore. Ermelinda Benedetti

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di Carlo Cattani

Mamma mi compri una chitarra ?

alori !

Giulio Meschini famiglia & chitarra ….la giusta scala Continuando ad interessarmi dello “sbarco sul pianeta musica” di alcuni tra i tanti musicisti incontrati nel corso degli anni , vi propongo per questo mese e per il prossimo …. un CLASSICO : Giulio Meschini ,44 anni ,Romano, maestro concertista di chitarra classica che ci “strimpella” la sua storia ! Carlo:Giulio,una domanda ……”classica” :come è sbocciato il tuo interesse verso la chitarra ma la musica “in primis” ? Giulio:Si, è il proprio il caso di esclamare <…..e in principio fu la musica! > …. infatti i primi ricordi sono legati alla musica dei dischi di Baden Powell che circolavano negli anni 70 ….a quell’epoca avevo sei anni e mi divertivo a cantare sopra un preludio in re minore di J.S.Bach riarrangiato per chitarra e voce dallo stesso Powell. Carlo:e come si materializzò la chitarra tra le tue….. manine ? Giulio:La chitarra era gia’ nel mio Dna, nonostante in quegli anni mio padre Desiderio , classe 1909, valente chitarrista degli anni ‘50, fosse spesso in tourneè a Monaco di Baviera. I suoi “non frequenti ritorni” ,e qui si potrebbe aprire un capitolo a parte sull’equilibrio “famiglia-professione del musicista”, erano molto attesi poiché tornava con buste piene di giocattoli ….qualche senso di colpa ? In particolare ricordo che alcuni erano introvabili in Italia …non c’era ancora la globalizzazione ! Fra i primi ci fu una chitarrina giocattolo di cui non ricordo la marca . Presto, pero’ , maneggiai la mia prima vera chitarra, passatami da mio padre: una “Rodolfo Paralupi”,costruita nel 1954 da questo famoso liutaio Romano . Ricordo che sul piano armonico c’era un autografo di Manzu’ rilasciato nel famoso locale Romano di “Angelino a Tor Margana” e che papà ,incosciente del valore e del ricordo che rappresentava ,fece rasare via dal liutaio Orlando Raponi, dal quale, intanto, aveva acquistato uno strumento con una bellissima voce, arduo da suonare e con diapason 66 ,che ancora conservo . Attualmente,suono su una chitarra del

liutaio Renato Barone di Calolziocorte (Lecco) ,diapason 65, piano armonico inclinato realizzato con un legno che è una via di mezzo fra l’abete e il cedro….. la liuteria Italiana batte di gran lunga quasiasi strumento di fabbrica dal nome “sponsorizzato” dal divetto di turno! Carlo: sei stato sostenuto in famiglia verso questo interesse ? Giulio:In realtà delle ns. “urgenze” siamo gli unici responsabili. Durante gli anni di studio da privatista e , soprattutto, in occasione delle diverse masterclasses frequentate quali ad esempio quella presso l’ Accademia Chigiana di Siena , ho conosciuto “professionisti” di 16 anni come Lorenzo Micheli ….in questi personaggi ,oltre all’appoggio familiare spesso collegato alle “fortune” di ciascuno, ho constatato una determinazione ed una consapevolezza che spesso si raggiungono in

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fasi e momenti diversi ed unici per ognuno . Oggi, a 44 anni non mi pento di non aver messo la musica e la chitarra al “primo posto”…. il successo è , comunque, sempre anche e soprattutto un fatto intimo e nostro che viene prima di riconoscimenti esterni, che potrebbero anche non arrivare mai! Carlo:Cosa puoi raccontarmi delle tue esperienze musicali giovanili ,ai tempi delle scuole magari citando qualche particolare episodio Giulio: vediamo un po’ …. esperienze giovanili….beh ,senz’altro quelle riconducibili a mio padre , che, anche se con molta riluttanza, mi considerava degno di accompagnarlo : due chitarre e voce , anche nel repertorio di canzoni romane antiche ….una bella palestra! …..ma anche piccola “star” della parrocchia locale , con momenti di eccessivo protagonismo nell’accompagnamento della colonna Giulio Meschini live sonora della liturgia ,dove aggiungevo ,alquanto “inopportunamente”, qualche minuscolo “riff” ….le “occhiataccie” dei sacerdoti erano….di rito! In realtà ,la “febbre” musicale è ricomparsa piu’ avanti , verso i 25 anni , quando cominciai a studiare seriamente solfeggio e chitarra classica con il mio primo maestro ,dopo mio padre,naturalmente ,il mitico Pierluigi Corona . Un altro episodio che riaffiora dal passato è un esibizione nella sala Paolo VI dell’ Istituto Tommaso Ludovico da Victoria di Roma: in quell’occasione eseguivo un “choro” di Heitor Villa-Lobos e mi valse i complimenti del maestro Bruno Battisti D‘Amario ! [nda: affermava il grande Ennio Moricone :<Bruno Battisti D’Amario è uno dei pochissimi artisti per i quali farei qualsiasi sacrificio per averli !>] Carlo: quali sono stati e come si sono avvicendati i tuoi ascolti musicali nel corso degli anni ?


Campo de’ fiori Giulio: Andavo “fuori” per i Dire Straits e soprattutto per quello straordinario personaggio che è Mark Knopfler : lo (e)seguivo ad orecchio in moltissimi dei suoi riff sulla classica ! Ma anche Eagles di Hotel California e i mitici Pink Floyd.....nelle mie preferenze un gradino sotto agli affascinanti Genesis …..in realtà il filo conduttore tra questi solisti e gruppi è l’importanza della musica strumentale, non piu’ suddita della parola . Oggi ,sinceramente ,non dedico piu’ molto tempo all’ascolto

Il primo appuntamento! dei dischi, preferisco, quando posso, ascoltare la musica dal vivo. Carlo: parliamo degli studi e di qualche aneddoto a riguardo Giulio: Ho intrapreso il mio cammino formativo da autodidatta , letteralmente tirando giu’ le note dai dischi ….quando ancora non esisteva la funzione “repeat” dei cd …..quelli furono ,in effetti, i miei primi dettati musicali! Oggi,quell’esercizio empirico giovanilistico di ascolti ripetuti è riconosciuto ufficialmente come un ottimo “allenamento per il cervello” ed è convenzionalmente indicato come “ear training” …… letteralmente: ”allenamento per l’orecchio “…….mi spiego: si tratta di un semplice ,si fa per dire, allenamento dell’orecchio….. musicale. A parte rari casi di orecchio assoluto , cioè di capacità di riconoscere l’esatta altezza di qualsiasi suono udibile, l’orecchio si può e si dovrebbe allenare . In genere ,purtroppo, la preparazione della maggior parte dei musicisti (di conservatorio !! ) si limita ad un centinaio di dettati musicali preparati per l’esame in conservatorio…... al contrario, tale pratica dovrebbe aiutare a trovare qualsiasi suono sullo strumento captando ,dapprima, l’intervallo ed istantaneamente traducendolo in geometria sulla tastiera. In alcuni strumenti ,vedi la chitarra, si aggiunge una

difficoltà in più : lo stesso identico suono si puo’ trovare in due o tre punti diversi sulla tastiera e ciò contribuisce non poco a complicare il giochetto ….ma non è ancora finita…..allenando il cosiddetto orecchio armonico , si possono addirittura riconoscere gli accordi . Certo anch’io ho voluto ,comunque ,formalizzare la mia preparazione dando tutti gli esami da privatista e non legandomi ad un maestro in particolare ma cercando di “assorbire” le qualità che apprezzavo di più in ciascuno di loro . Nel 2001, ho portato a termine gli studi conseguendo il diploma con un bel 10 alla prova di esecuzione presso il conservatorio Romano di S.Cecilia con una commissione presieduta, fra gli altri, dai maestri D’Amario-Balestra-Carfagna ! Carlo: ci sono state frequentazioni di particolare rilievo che hanno,per così dire, fortificato la tua formazione ? Giulio: Fortunatamente posso affermare di non essermi mai pentito delle mie scelte in tema di maestri e quindi di “modelli” a cui ispirarmi. Mi interessava , comunque, tenere uno “scudo” per la mia personalità e non risultare un “clone”. Premetto che ho scelto sempre personaggi militanti nel concertismo, anche se non sempre questo fornisce automatica garanzia di capacità pedagogiche……. Il mio primo maestro è stato Pierluigi Corona a cui devo senz’altro la trasmissione dell‘amore per la tecnica strumentale che mi permette ,ancora oggi, di “campare” un po’ di rendita per il tanto lavoro fatto seguendo la tecnica di Abel Carlevaro . Poi l’incontro con il maestro Massimo delle Cese, ancor oggi in piena carriera concertistica internazionale ,che mi ha fatto capire l’importanza di approfondire anche la fusione fra le conoscenze musicali teoriche e l’eleganza nelle esecuzioni (non per niente egli nasce alla scuola di Mario Gangi). Grande scuola è stata, infine ,la partecipazione a varie masterclasses fra le quali spiccano quelle ” con Paolo Pegoraro, David Russell, Carlo

Giulio Meschini

9 Ambrosio e , in tempi più recenti , memorabili “lezioni” a cura del maestro Edoardo Catemario a Napoli, Siena e Salisburgo . Carlo: parlami di “SURSUM CORDA”,l’associazione culturale che hai fondato nel 2003 . Giulio: “Sursum Corda” contraddistingue il mio primo progetto di rassegna musicale con l’intento di incentivare gli scambi culturali e il mantenimento della tradizione di ascolto della musica dal vivo. La scelta della denominazione “Sursum Corda” rimanda al motto cristiano che sprona a gettare il “cuore” oltre l’ostacolo e inoltre contiene la parola corda che fa pensare istantaneamente ad uno strumento a corda . In realtà ,in latino corda si scrive” chorda” , deriva dal greco e voleva significare “budello” …… le prime corde ad uso musicale venivano realizzate appunto in budello. Dunque, nel 2003, con l’egida dell’Associazione producemmo la rassegna “Suoni e Sapori” organizzata con il contributo del Comune di Monte Porzio Catone. Ho avuto l’onore di ospitare due solisti come Angelo Colone ,già affermato nome del concertismo Italiano e Bruno Fontanella, gia ospite di “Musica Siena”, un giovane maestro formatosi alla scuola di Edoardo Catemario. In quell’occasione ho coperto personalmente una delle tre date previste esibendomi in un recital, diviso in una parte solistica ed una seconda parte in duo ,condividendo il palco con il soprano Sharon Nannini . Nel 2005, la nascita di mio figlio Davide mi ha imposto uno stop temporaneo per vivere a pieno l’esperienza della famiglia! Carlo : Giulio…..il pargolo urla…..accordiamoci al suo ritmo! Al prossimo numero ,ma, nel frattempo ,visitate il luogo “classico” di ritrovo virtuale di alcuni chitarristi tra i “PIU’ classici della Capitale…e non solo! www.circolochitarristicoromano.com



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Lenti d’oggi Qualche anno fa, rimettendo in ordine la cantina, mi è tornato tra le mani un vecchio mangiadischi color verde mela assieme ad una decina di vinili da 45 giri. Mia figlia, che stava sentendo musica dall’i-pod integrato al suo cellulare, li ha guardati incuriosita, si è staccata la cuffietta dall’orecchio, li ha fotografati, sempre col cellulare, e poi mi ha chiesto incuriosita: “Papà, cosa sono questi cosi?” Mi sono sentito un dinosauro, chissà come scampato all’estinzione, ma poi mi sono messo a pensare… Meravigliosi anni “ 60 e “70. Le vie della città erano intasate da Simca 1000, Giulie, fiat 500, 600 e 1100, e dalle recentissime 128 e 127! Al cinema spopolava 007 (quello vero, con Sean Connery, quello di “My name is Bond, James Bond”), si piangeva con “il dottor Zivago” e ci si terrorizzava con “La notte dei morti viventi”. In edicola Satanik e Diabolik erano considerati fumetti per adulti. Mina, Morandi e Battisti contendevano l’audiens a Claudio Villa dai due soli canali dei televisori, rigorosamente in bianco e nero e senza telecomando… e dopo carosello tutti a nanna. A quei tempi facevo i calcoli col meraviglioso regolo calcolatore e sbavano dietro le prime calcolatrici “tascabili” (mezzo chilo di diodi per fare le quattro operazione o poco più, al costo di uno stipendio abbondante di professore di scuola). I calcolatori occupavano una stanza intera ed avevano come potenza di calcolo solo una frazione di una banale play station di oggi. E mio padre cambiò occhiali, per concedersi l’ultima novità nel campo dell’ottica: i multifocali! A distanza di quarant’anni le televisioni hanno centinaia di canali, le macchine hanno navigatori satellitari, air bag e

parcheggiano da sole, un circuitino grande quanto un francobollo fa più calcoli contemporaneamente di un esercito di ragionieri con rumorosissime Olivetti Divisumma, e se voglio faccio entrare in un hard disk acquistato a pochi euro sotto casa, tutti i libri contenuti in una biblioteca di grandi dimensioni. Ed anche le lenti progressive si sono evolute, a partire da quegli ultimi anni ‘60, ed una lente di ultima generazione sta a quelle prime “dure e difficili”, e tuttavia valide, che consentivano di vedere da lontano, da vicino, ed a tutte le distanze intermedie, come una macchina di oggi, con navigatore, aria condizionata, computer di bordo, e tutta la sua elettronica sta ad una fiat 1100, senza servofreno, né servosterzo, né alcun comfort dì guida, inquinante, bevitrice ed insicura. Le progressive di ultima generazione danno un adattamento praticamente immediato, proteggono l’occhio dalla dannosissima radiazione ultravioletta, hanno campi di visione distinta impensabile già pochi anni fa, hanno superfici particolarmente resistenti ai graffi, che non si ba gnano e non si imbrattano, respingono la polvere, non si appannano col vapore, ma soprattutto… fanno vedere bene, da subito, con una differenza di nitidezza pari a quella degli schermi ad alta definizione, confrontata ai primi teleschermi. “Sì, però - sento ancora dire talvolta – la zia della cognata della mia portinaia ci si è trovata male”, oppure “Ho sentito che qualcuno non ci si è abituato ed ha buttato via un mucchio di soldi…” Potrebbe essere; d’altronde sul mercato, per chi vuol spendere poco ci sono ancora in commercio vecchi cassoni di auto che consumano, inquinano e non danno un minimo di comfort alla guida. Davvero è un affare comprarle? Un occhiale ad alto con-

tenuto tecnologico, come è l’occhiale progressivo, prevede una grande professionalità da parte dell’operatore, e l’ausilio di macchinari anch’essi di alto contenuto tecnologico. Se si rispettano queste condizioni, e ci si rivolge a veri professionisti, l’adattamento è assicurato. Ed assicurato davvero: Nei centri ottici Lisi & Bartolomei, siamo così sicuri della qualità del nostro intervento e dei prodotti che consigliamo, che siamo disposti, nei primi due mesi, a sostituire lenti e montatura anche più volte, fino a completa soddisfazione del cliente, e lo mettiamo per iscritto ad ogni acquisto! Rischio di non adeguarsi a queste ultime, meravigliose, lenti progressive? Proprio non c’è! Scommettiamo?

di Paolo Balzamo Responsabile divisione “Formazione ed Informazione” Centri ottici Lisi e Bartolomei

Più valore ai suoi studi per aiutarlo a costruire il suo mondo Un gesto di attenzione ed amore verso i giovani, una dimostrazione concreta di quanto tieni a loro, un aiuto per rendere più interessante l’obiettivo della maturità.. La tranquillità di sapere che la conclusione del percorso scolastico del ragazzo sarà sempre e comunque possibile, anche nel caso di imprevisti che ti privino della possibilità di sotenerlo economicamente. Rivolgiti per un preventivo gratuito al tuo Agente Groupama di fiducia Sandro Anselmi Piazza della Liberazione 2 - 01033 Civita Castellana - Tel. 0761.513117


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Roma che se n’è andata:

Andiamo per Pi Caro lettore, se dovessi avere l’opportunità di esaminare la pianta del cinquecento realizzata da tale Ligorio Pirro ti sarà di certo facile constatare come la Piazza di Spagna di queldi Riccardo Consoli l’epoca non aveva nulla in comune con quella che puoi ammirare oggi, questa zona, infatti, era considerata Suburbana e la pianta di cui sopra riproduce un esteso appezzamento di terreno coltivato a vigne, con resti di alcuni edifici di epoca romana e soltanto due palazzi, quello “verso le fratte”, appartenente alla famiglia Ferratini, che sarebbe diventato in seguito il Palazzo del Collegio di Propaganda Fide e quello di proprietà dei baroni Monaldeschi e da questi venduto agli Ambasciatori di Spagna. Era questo il luogo di arrivo e sosta delle vetture trainate da cavalli che, entrando da Porta del Popolo portavano a Roma gli stranieri provenienti dal nord; il nome della piazza deriva dal palazzo del 1647 sede dell’Ambasciata di Spagna presso lo Stato Pontificio, mentre la parte nord verso il Babuino e il terreno interessato da Trinità dei Monti era detto Piazza di Francia con riferimento alle proprietà francesi nella zona. Tra il 1685 e il 1693 i diplomatici spagnoli decisero di rinnovare il palazzo con importanti modifiche alla facciata e notevoli decorazioni all’interno, fu allestito anche un teatro privato dove il 14 dicembre 1782 Vittorio Alfieri rappresentò la sua Antigone. Successivamente, a valle della breve dominazione francese, che comportò anche l’occupazione temporanea dell’edificio da parte delle milizie napoleoniche, fu apportato un radicale rinnovamento alla facciata. Dinanzi al palazzo, che ancora oggi conserva la sua funzione di residenza ed uffici dell’Ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede, si erge la colonna dell’Immacolata che Pio IX, Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846 - 1878 volle erigere a memoria del Dogma dell’Immacolata Concezione. Quest’opera, progetto dell’architetto Luigi Poletti, comprende un grande basamento in marmi policromi, movimentato da scalini, sedili e quattro statue dedicate a Mosè,

David, Isaia ed Ezechiele oltre a quattro bassorilievi opera degli artisti Giovanni Maria Benzoni, Nicola Cantalamessa Papotti e Pietro Galli raffiguranti la Definizione del Dogma, Il sogno di San Giuseppe, L‘incoronazione di Maria in Cielo e L‘Annunciazione. La Colonna di cipollino rosso è alta più di 11 metri, in sommità è posata la Statua della Vergine Immacolata in lega di ottone, il tutto per circa 29 metri di altezza; questo complesso monumento fu realizzato in due anni e inaugurato l’8 dicembre 1857 alla presenza del popolo riverente anche se, in quella occasione, come riportato dalle cronache, molte donne romane ebbero da ridire perchè a conoscenza del fatto che Giuseppe Obici, lo scultore della Statua della Madonna, in quella occasione si era avvalso della collaborazione di una bellissima modella, sua suocera. Il palazzo che ospita il Collegio di Propaganda Fide, fu istituito nel 1626 da Urbano VIII, Maffeo Berberini, 1623 1644, da cui anche il nome di Collegio Urbano, ma il primo nucleo risale alla fine del ‘500, allorquando il cardinale Bartolomeo Ferratini incorporò varie caseggiati in un unico fabbricato, dopo la sua morte l’immobile fu acquistato da un monsignore spagnolo, tale Giovan Battista Vives, che nel 1626 lo donò a papa Urbano VIII. Questo edificio, di proprietà della Santa Sede, ospita il Collegio Gesuita fondato nel 1622 da Gregorio XV, Alessandro Ludovisi, 1621 - 1623, con lo scopo di diffondere il cristianesimo nei luoghi dove l’annuncio cristiano non era ancora giunto e per difendere il patrimonio della fede nelle terre dove l’eresia aveva messo in discussione la genuinità della stessa. Il primo architetto incaricato dei lavori fu Gianlorenzo Bernini che però riuscì a completare soltanto la facciata che guarda verso la piazza, poiché, Innocenzo X, Giovan Battista Pamphilj, 1644 - 1655, lo sollevò dall’incarico sostituendolo con Francesco Borromini considerato da questo pontefice più in linea con i suoi gusti, tuttavia il movimento della facciata del Bernini è considerato uno delle più interessanti esempi dell’arte barocca di Roma. Piazza di Spagna, la più famosa fra le piazze di Roma, una delle più visitate al mondo, deve la sua notorietà anche al cinema grazie al film Vacanze romane del 1953 diretto da William Wyler con Gregory Peck e Audrey Hepburn che, in forza di

quella interpretazione e delle immagini del fotografo di scena Augusto Di Giovanni, divenne famosa. La piazza è posta a valle della Collina del Pincio ai piedi di una scenografica Scalinata, nota in passato con il nome di “Platea Trinitatis” per la presenza della chiesa francescana di Trinità dei Monti, fatta costruire nel 1502 da Luigi XII e consacrata nel 1587 da Sisto V, Felice Peretti, 1585 - 1590; la piazza ha forma irregolare simile ad una farfalla e, da sempre, rappresenta il centro della vita culturale e mondana della città, luogo d’incontro di giovani e turisti. La monumentale Scalinata di 135 gradini, che deve la sua realizzazione a Innocenzo XIII, Michelangelo dei Conti, 1721 – 1724, fu inaugurata da Benedetto XIII, Pietro Francesco Orsini, 1724 - 1730, in occasione del Giubileo del 1725 e venne costruita grazie ai finanziamenti francesi del 1721 1725 per collegare l’Ambasciata Borbonica Spagnola alla chiesa di Trinità dei Monti. Progettata da Alessandro Specchi e da Francesco De Sanctis dopo lunghe ed accese discussioni su come il ripido pendio del Pincio dovesse essere urbanizzato per collegarlo alla chiesa, la scelta cadde sul progetto di Francesco De Sanctis, che prevedeva una monumentale scala arricchita da terrazze - giardino; è in primavera, in occasione della c.d. Infiorata, che la Scalinata raggiunge il suo massimo splendore. Ai suoi piedi la famosa Fontana della Barcaccia scolpita da Pietro Bernini padre di Gianlorenzo, per ricordare la storica alluvione del 1598, che consentì alle Barcacce, ossia le tipiche imbarcazioni fluviali impiegate per il trasporto di merci, di raggiungere dal vicino Porto di Ripetta il punto in cui si trova oggi la fontana. Secondo una tradizione popolare, papa Urbano VIII sarebbe rimasto talmente impressionato da quella alluvione da volerne conservare perpetua memoria; sulla Barcaccia gli Stemmi del pontefice e alcuni Emblemi Araldici come il sole e le api della famiglia Barberini. La Barcaccia è frutto della genialità del Bernini, l’artista infatti progettò una piscina di forma ovale appena sotto il livello del suolo, un espediente questo adoperato per risolvere il problema dell’insufficiente pressione dell’Acquedotto dell’Acqua Vergine che non avrebbe permesso la fuoriuscire dell’acqua dalla fontana. Si tratta di barca simmetrica, con poppa e prua identiche, dalla poppa e dalla prua


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luoghi, figure, personaggi

azza di Spagna della Barcaccia due bocche di cannoni versano acqua a ventaglio, nella parte centrale sgorga uno zampillo da una vaschetta che, dopo averla riempita, ricade nella sottostante piscina. La Barcaccia ha ancora un significato allegorico legato alla chiesa cristiana, l’acqua purificatrice, che fluisce dagli emblemi del pontefice, identifica il ruolo del papa come conciliatore cielo - terra e l’acqua, capace di spegnere il fuoco dei cannoni, sta a simboleggiare l’intenzione della chiesa di Roma di portare la pace nell’Europa sconvolta dalle guerre di religione. Ma restiamo alla Scalinata per ricordare che i due palazzetti gemelli posti ai suoi lati appaiono già conclusi in un’incisione del 1726, quello sul lato destro noto come Casina Rossa, apparteneva a tale signora Anna Angeletti, la quale affittava camere ai turisti in visita a Roma, e fu qui che il poeta John Keats, accompagnato dal un suo amico pittore, prese una camera d’angolo al secondo piano. In questo luogo il poeta trascorse gli ultimi giorni della sua vita, egli morì il 23 febbraio 1821 quando aveva appena ventisei anni, la finestra della sua camera si apriva su Piazza di Spagna e lo scorrere limpido e musicale delle acque della Barcaccia lo accompagnò tenendogli compagnia in quei lunghi mesi di solitudine e sofferenza; probabilmente per questo motivo volle che sulla sua lapide funeraria, situata nel cimitero protestante di Roma, dove l’artista è sepolto insieme ai suoi amici Joseph Severn e Percy Bysshe Shelley, fosse incisa la frase: “Qui giace un uomo il cui nome fu scritto nell’acqua”. La c.d. Casina Rossa fu acquistata nel 1906 dalla KeatsShelley Memorial House con l’intenzione di creare un piccolo Tempio letterario in onore dei poeti romantici inglesi, ma poco dopo l’edificio fu restaurato per essere adibito a Biblioteca e Museo la cui apertura al pubblico avvenne il 3 aprile 1909 alla presenza di re Vittorio Emanuele III. Sull’altro lato della Scalinata, sorge il Palazzetto gemello che ripete fedelmente gli elementi strut-

turali e decorativi della Casina Rossa e che, al piano terra, ospita la famosa Sala da the Babington’s, fondata nel 1893 da Miss Babington e Miss Cargill, due intraprendenti signore inglesi che, con una somma iniziale di cento sterline, seppero dare vita a quel locale che più di ogni altro riuscì a diffondere l’uso del the a Roma. La Scalinata di Trinità dei Monti ospita tutti gli anni una delle manifestazioni di moda più importanti con il titolo di Donna sotto le stelle, un’apoteosi dell’alta moda romana, uno spettacolo unico che contribuisce a celebrare uno degli angoli più suggestivi del mondo. In quella l’occasione la Scalinata è illuminata e arredata con giganteschi schermi che consentono allo spettatore di seguire l’incedere delle tante indossatrici in rappresentanza delle Maison e delle Griffe più importanti. Donna sotto le stelle è una passerella che si allunga dalla Chiesa di Trinità dei Monti fino a raggiungere la Fontana della Barcaccia. Piazza di Spagna, un luogo conosciuto in

tutto il mondo, non poteva di certo sfuggire all’attenzione di Giuseppe Gioachino Belli il quale, oltre al sonetto dal titolo: “Er Miserere de la Sittimana Santa”, - “ … tutti l’ingresi de Piazza de Spaggna … “ riproposto in altra occasione, il Poeta di Roma si riferiva a uno dei luoghi preferiti dai forestieri, soprattutto gli inglesi, sulla piazza c’era l’Albergo di Londra posto all’angolo con la Salita di San Sebastiano dove, l’11 maggio 1834, si tenne l’esposizione del Microscopio. Il successivo 9 giugno scriveva il sonetto dal titolo: “Er negroscopio solaro andromatico”, nel quale il Poeta, avendo potuto constatare come nell’acqua “ … adascioadascio … ” - man mano che l’immagine si ingrandisce e viene messa a fuoco - compaiono alcuni “mostri” così riflette: “ … questo è cc’ho ggusto assai d’aver scuperto, / perché ggià ll’acqua me piaceva poco, / ma dd’or impoi nun me la fa ppiù ccerto … “, che tradotto sta a significare: “da oggi con maggior gusto berrò soltanto il vino”.


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DANTE 01 Dante 01, Francia. Genere: fantascienza; regia: Marc Caro; interpreti: Lambert Wilson, Linh Dan Pham, Simona M a i c a n e s c u , Dominique Pinon, di Bruno Lochet, Maria Cristina François Levantal; Caponi fotografia: Jean Poisson; sceneggiatura: Marc Caro, Pierre Bordage; distribuzione: Videa- CDE; durata: 1h e 28 minuti. I sei peggiori criminali intergalattici sono rinchiusi dietro le sbarre, in una stazione cosmica adibita a gattabuia. Notte e giorno le loro reazioni vengono filmate da telecamere nascoste, divenendo oggetto di studio per strizzacervelli così disumani da considerare i detenuti alla stregua di cavie da laboratorio per qualsiasi genere di intervento

invasivo. Tutto cambia nel momento in cui il silenzioso prigioniero St. George (Lambert Wilson) sale a bordo. All’interno della stazione, qualcuno saluta con gioia l’epifania del nuovo messia dotato di straordinari poteri taumaturgici, mentre qualche altro cerca di contrastare in ogni modo il nuovo arrivato, come il folle Cèsar che proverà a guidare un’insurrezione. Il povero spettatore non avvezzo al genere non saprà guardare al di là del proprio naso, riuscendo a trovare sì e no qualche archetipo stilistico in serial televisivi come Star Trek o Spazio 1999. Dopo di che, fini-

rà con l’annoiarsi terribilmente alla vista di spazi claustrofobici e ad un Lambert Wilson che si contorce e attorciglia come un ossesso. Pertanto, almeno a questo target, ne è fortemente sconsigliata la visione. Al contrario, il film risulterà sicuramente meno indigesto a quel

pubblico di nicchia che in passato ha apprezzato il Solaris originale, The cube o il più recente Sunshine. Il francese Marc Caro e il suo Dante 01 interessano solo per via di una fantascienza filosofica mescolata con effetti CGI. Infatti, si può definire interessante l’idea di infarcire la pellicola di rime e ritorni legate ad una certa religiosità messianica. Per iniziare, l’eroe stellare si presenta sacro (dal latino sacer) in quanto augusto, venerando e pronto finanche a divenire un capro espiatorio; ma, al contempo, è anche esecrabile e maledetto. Tuttavia, il regista d’oltralpe non si accontenta di allegorizzare solo il protagonista. Infatti, metonimici e metaforici risultano essere quasi tutti i personaggi di Dante 01, vedasi le maschere verbali piuttosto esplicite dei nomi di tutti i carcerati, che non a caso si chiamano come divinità o personaggi prestigiosi della storia (Cèsar, Buddha, Rasputin, Lazzaro, Attila, Moloch, Saint George). A conti fatti, però, le poche virtù vantate da Dante 01 soccombono di fronte ai molti (troppi!) lati negativi di questa pellicola fantascientifica di serie b.


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CURRICULUM VITAE Simpatica, cordiale, con un fisico piccolo ma armonioso, basta che salga su di un palco con un microfono di fronte, perché si trasformi e diventi una vera tigre. Jessica Costa, diciannovenne cantante romana è una grande e piacevolissima sorpresa. La incontriamo al Gilda di Roma dove presenta il nuovo singolo per l’estate “Prendimi” firmato dalla coppia Longo-Russo ed è accompagnata per l’occasione dalle ballerine Erika Cammarasana e Alessandra Leo coreografate da Elisabetta Ascani. Formatasi alla corte di Gianni Davoli, accompagna lo stesso cantante nella tournee estiva 2008. Nel 2009 l’incontro con Silvestro Longo, già collaboratore di grandi artisti quali Gabriella Ferri, Schola Cantorum, Lando Fiorini che scrive per lei altri brani che esaltano la sua potente voce. A Settembre parteciperà al Festival della Nuova Canzone Romana organizzato come ogni anno dal patron Lino Fabrizi. Partita in sordina, la piccola-grande Jessica ci riserverà sicuramente enormi successi.

di Sandro Alessi


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Ecologia e Ambiente Mobilità urbana, occorre una “nuova cultura” del vivere nella città

di Giovanni Francola

Si parla spesso di mobilità e trasporti sostenibili per le nostre città, ma quanto si fa di concreto? Per anni le nostre città si sono riempite di veicoli inquinanti e rumorosi, al punto di creare una strana convivenza tra noi e i nostri

inseparabili veicoli. Muoversi con tempi e costi ragionevoli, evitare danni alla salute, avere impatti ambientali limitati sull’ambiente urbano e sulla qualità dell’aria, dovrebbero essere i pilastri fondamentali per una mobilità sostenibile, al contrario si assiste ogni giorno a scenari ben diversi. In sostanza il male viene da lontano, ed oggi si verificano, o meglio si scontano, gravi errori accumulati per anni. Mi domando quanto c’è di superfluo intorno ad una autovettura, è davvero irrinunciabile percorrere quotidianamente pochi chilometri, utilizzando veicoli con potenze assurde e inutilizzabili e con altrettanti involucri pesanti e ingom-

Stabat Mater di Tiziano Scarpa

branti? Non va certo meglio il numero di veicoli per abitanti, ma forse non è neanche questo il punto, bensì occorre una nuova cultura affiancata da una politica incisiva a favore di veicoli molto più razionali ed ecologici. E’ indispensabile investire su infrastrutture di trasporto pubblico, ampliare l’intermodalità pubblico-privato, con parcheggi di scambio, “che in Italia sono quasi inesistenti”, occorre creare delle “strade verdi” dove ci sia la possibilità di farlo, ma la cosa più importante è cambiare i nostri stili di vita, spesso e volentieri dettati dai continui e assillanti spot. Iniziando a ragionare con la propria testa, si potrebbe andare più a piedi o usare veicoli più rispettosi dell’ambiente lasciando alle prossime generazioni situazioni migliori. Si va anche tre volte la settimana in palestra, ma difficilmente si va a piedi a fare

piccole spese o comprare il giornale. E’ una questione di stile, di buon senso, occorre muoversi più intelligentemente uscendo, a volte, dal coro. E’ bene che ognuno di noi dia il suo contributo, piccolo o grande che sia, a favore di una mobilità più sostenibile. E’ pur vero che la mobilità è sancita da un articolo della nostra Costituzione, ma è altrettanto vero che può essere garantita anche ridisegnando e ridimensionando i veicoli utilizzati per i nostri spostamenti quotidiani.

PREMIO STREGA 60° EDIZIONE Vincitore Tiziano Scarpa con 119 voti. Secondo, con un solo voto di differenza, Antonio Scurati. Terzo Massimo Lugli, con 58 voti. Ultimi Cesarina Vighy e Andrea Vitali, rispettivamente con 36 e 28 voti. Il Premio Strega è il più prestigioso premio letterario italiano, e molte sono le polemiche sul peso ed il condizionamento che su tutto ha l’editoria forte. Infatti da qualche anno a questa parte, anche se le pubblicazioni librarie sono tantissime, risulta sempre meno diversificata la vendita, che viene sempre un po’ monopolizzata dalle grandi case editrici a discapito delle opere edite dai piccoli gruppi. Per questo riteniamo importantissima l’esistenza delle piccole librerie dove la scelta non segue schemi fissi di mercato, come avviene, invece, nei centri commerciali, dove si acquista quasi esclusivamente il libro che fa cassetta. Proprio per evitare tutto questo, la nostra libreria vi propone per l’estate tanti titoli delle case editrici TEA, GUANDA, GARZANTI, per darvi più possibilità di scegliere. Partite per le vacanze con un libro in valigia e…non vi annoierete mai!

Il bambino che sognava la fine del mondo di Antonio Scurati

L’istinto del lupo di Massimo Luglio

L’ultima estate di Cesarina Vighy

Almeno il cappello di Andrea Vitali

RICORDATE Se ordinerete i vostri libri di scuola entro il 20 agosto, avrete uno sconto del 10% sul prezzo di copertina! Non perdete l’occasione per unirvi alla schiera dei nostri affezionati clienti. Vi aspettiamo!


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Come eravamo

Un tuffo nel passato La scuola era appena terminata, e noi giovani avevamo poche alternative riguardo la programmazione delle vacanze estive. La realtà, qui a Civita Castellana, era quella che era, pochi coloro che sarebbero potuti di Alessandro Soli andare al mare o ai monti, fatta eccezione per la scampagnata domenicale a bordo della seicento di papà. Allora eccoci tutti inquadrati come “soldatini” la mattina alle otto, davanti all’edificio delle elementari, per andare in colonia, su al Campo primo Maggio (già Boschetto dell’Impero), il tragitto non era poi così lungo, e si faceva seguendo il ritmo scandito dal “tamburino”, che apriva la sfilata. Ti sentivi importante mentre marciavi, e non vedevi l’ora di immergerti nella frescura del Boschetto. Lì avresti giocato a “rubba bandiera”, lì avresti fatto, intagliandole col coltellino, le barchette ricavate dalla corteccia dei pini, lì avresti trascorso l’intera giornata giocando e correndo, accompagnato dal frinire delle cicale, che sfuggivano sempre alla tua cattura, malgrado la rischiosa arrampicata sui tronchi. Avevamo però un’altra alternativa : “ ‘o bagno giù ‘o fosso”. In genere si andava nel primo pomeriggio : chi a piedi, chi in bicicletta (motorini e macchine erano allora un sogno immaginario) tutti “giù a Treia. “ ‘A llegata”, “Cavò”, “L’arbero viola”, “A brecciara”, questi i nomi mitici delle spiagge civitoniche, così nostrane, così ruspanti, che avresti frequentato per tutta l’estate, quando l’estate era vera estate col caldo afoso e umido tipico delle nostre parti.

I primi tuffi, fatti dal grande masso, verso il punto più profondo del fiume, i primi rudimenti degli stili natatori, appresi a dispetto della corrente, che ti faceva sì faticare, ma era lì che imparavi veramente a nuotare. Allora non vedevi l’ora di andare almeno una volta al mare, dove avresti messo in pratica ciò che Treia ti aveva insegnato, e dove la leggera acqua salata ti avrebbe fatto scivolare sicuro e veloce. Forse allora non ce ne rendevamo conto: sarà stata l’incoscienza dell’età o l’ignoranza per i pericoli che correvamo, ma oggi, a distanza di cinquant’anni, posso senza alcun dubbio affermare, che quelle sensazioni di gioia, di puro e sano divertimento, immersi in una natura (vedi il fiume Treia) ancora incontaminata, sono ormai irripetibili. Certamente chi è in là con gli anni riesce a capirmi bene, è a loro che mi rivolgo, perché anche loro, come sto facendo io da anni, siano testimoni verso le nuove generazioni di questo “Tuffo nel passato”.

1960 Franco Evangelisti in Località Brecciata sotto alla S.S. Flaminia, sullo sfondo il ponte della ferrovia


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XIV° FESTIVAL “ACCENDI UN SORRISO” L’ospite d’onore Alessandra Amoroso fa il pienone a Tarquinia

Il XIV° “Festival “Accendi un sorriso” ha fatto l’an plain!!! Ha registrato un enorme afflusso di pubblico, c’erano circa 1300 persone provenienti da tutta Italia, perfino dal Trentino, per assistere allo spettaccolo , tantissimi anche gli applausi, la maggior parte dei quali, ovviamente, per Alessandra Amoroso, vincitrice del programma televisivo “Amici” di Canale 5. E’ stato un vero successo! Ad Alessandra Amoroso va il ringraziamento dell’Associazione Umanitaria “Semi di Pace

International” per la sua disponibilità, per la sua collaborazione, per la sua sensibilità. La sua presenza ha voluto dare un segno concreto alla solidarietà e alle finalità del progetto “Perla”, che prevede la continuazione di un progetto già portato avanti dall’associazione nell’anno scolastico 2008/09, per il sostegno scolastico e apprendimento della lingua italiana dei bambini stranieri nella scuola elementare di Tarquinia. La giovane cantante non si è risparmiata, ha regalato a tutti i presenti,composti soprattutto da giovani, momenti di incanto, di emozioni forti con la sua voce calda e grintosa, con la sua irrompente simpatia, con la sua semplicità. Non è mancata nemmeno la sorpresa: ha voluto regalarci altre bellissime sensazioni cantando con F r a n c o Stefani, artista molto noto a Tarquinia e sul terrotorio locale per la sua voce possente e nello stesso tempo melodiosa. Durante la manifestazione, alla quale era presente il sindaco di Tarquinia sig. Mauro Mazzola, tutta la Giunta

Comunale, il vescovo Mons. Carlo Chenis, sono stati assegnati dei riconoscimenti al professor Alessandro Parrella, già Dirigente dell’ISIS di Tarquinia, alla Dirigente dell’Istituto Comprensivo Manzi di Civitavecchia- Aurelia e al piccolo Alessio protagonista di un grande gesto di solidarietà verso i bambini cubani colpiti dagli uragani. Un sentito grazie va rivolto al Comune di Tarquinia, alla Protezione Civile del comune di Tarquinia, allla Protezione Civile Europea, alla Croce Rossa e ai gruppi di scuole locali: Arteritmica, Balletto Città di Tarquinia, Scuola di danza Girasole, Scuola di danza Energym, Star Dance scuola di danza di Leoni e il Gruppo Sorriso di “Semi di Pace”.



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Una “Fabrica” di ricordi Personaggi, storie ed immagini di Fabrica di Roma

Il tempo delle pesche Negli anni ’50 a Fabrica c’erano tanti di quei pescheti che, quando i frutti erano maturi, il loro profumo si spingeva fin dentro le case, su nel paese. Gli alberi, tantissimi, coprivano di enormi estensioni di Sandro Anselmi terreno, ed ogni proprietario curava con impegno e passione il suo fondo. Erano dappertutto, ma la concentrazione maggiore era nelle pianure che sono sulla strada per Corchiano. Lì c’erano, e ci sono ancora, i canali (le forme) provenienti dall’invaso della Rifolta, che, alimentata dal fosso della Variana, defluiva in questi emissari; prima, però, avevano fatto girare la macina della Mola e riempito le vasche del lavatoio dove le donne lavavano i panni ed i contadini abbeveravano le bestie. Questo luogo rubava, allora, i primi piani alle cartoline con il panorama di Fabrica, tant’era caratteristico (oggi quell’enorme piscina è in completo stato d’abbandono!). La geometria regolare con cui furono divisi i terreni, permette loro, ancor oggi, di essere serviti dai canali che lambiscono i confini dei fondi contrapposti. Cosicché, a turno, i rispettivi proprietari possono impantanare il loro terreno ostruendo con un “tavolaccio” il flusso della corrente, e, così, dirottarlo sotto gli alberi. A quei tempi ne beneficiavano anche le piante di patate, di fagioli, di cipolle e quant’altro abbondava nei terreni fabrichesi. Questa importante opera di ingegneria idraulica, degna rivale delle più famose opere del Cavour e che perde la sua origine nei secoli passati, conserva tuttora il

suo faraonico impianto e la sua efficienza della loro varietà e della loro grandezza, e e c’è ancora il guardiano della acque. le sistemavano dentro alle cassette e nei Questi, nei tempi passati, era un perso“platò” (cassette più fonde in cui le pesche naggio molto rispettato e temuto dai convenivano sistemate a strati sovrapposti, tadini, perché non transigeva sugli orari intervallati da foglie fresche per evitare dello sfruttamento del prezioso liquido e controllava giorno e notte che nessuno potesse rubarlo, approfittando, se mai, del buio. Fiorello prima, e Sergio poi, i guardiani che io ricordo, si applicarono molto nel loro lavoro, e per la paura che coloro ai quali era toccato il turno di notte si addormentassero, li andavano ad avvisare personalmente a casa! Oggi hanno lasciato il testimone a Giacomino. Le pesche erano una coltura nobile e non certo dozzinale come, ad esempio, le patate, ed era un vanto ed una ricchezza allora possedere dei pescheti. Quasi tutto il prodotto veniva portato dai contadini nei punti di raccolta, dove le operaie della cooperativa sceglievano le Giovanni Costantini arrampicato su una piramide pesche a seconda di confezioni di pesche


Campo de’ fiori che si ammaccassero). Venivano allora caricate sui camion dai commercianti ortofrutticoli, che le avviavano a destinazione. Tra questi c’era un operaio d’eccezione, l’allora sconosciuto Lando Fiorini, che oggi amico mio, mi racconta di quante pesche di Fabrica abbia caricato per portarle ai Mercati Generali di Roma, dove lavorava. Molti preferivano venderle direttamente, portando il loro carico a dorso di somaro o in bicicletta, nel mercato e per le strade di Civita Castellana, allora florida cittadina industriale. Altri le vendevano fuori la porta di casa. I ricordi più vicini e nostalgici sono quelli di mio nonno che affogava le pesche fatte a spicchi nel bicchiere colmo di vino, ed io che lo imitavo usando però l’acqua e lo zucchero, e gli spaventi di mia madre quando dall’osso aperto uscivano le “forcole” forbicette. Venne poi la Sacra delle Pesche, per far meglio conoscere e propagandare il prodotto, e la festa ebbe una rinomanza che valicò i confini regionali con l’elezione della “Reginetta”, la ragazza più bella del paese. Perfino a Milano, nei migliori negozi di frutta, non mancavano le pesche di Fabrica di Roma. Fra le diverse varietà: Alatonda, Trionfo, Fior di Maggio... eccelleva la Reginella che era, senz’altro, la più buona e la più bella. La fertile terra e l’acqua buona di Fabrica regalavano questo frutto polposo e sensuale, che nulla aveva da invidiare ai futuri kiwi, papaia, mango…, e, mentre era la fortuna di molti,

riempiva la pancia di tanti altri, che ne apprezzavano perfino la mandorla amara all’interno dell’osso. Fino a qualche anno fa si sentiva nelle vie di Civita Castellana la voce stentorea di un vecchio contadino fabrichese che esortava “Donne, le pesche! Le pesche di Fabrica!!!!” E venne però la fine anche di questo magico frutto, le piante si ammalarono irreparabilmente e si concluse con amarezza questo ciclo produttivo. Al loro posto comparvero, prima ancora degli odierni noccioleti, le piantagioni di fragole che riscontrarono un discreto successo sul mercato nazionale. Ma questo frutto effimero non fece dimenticare ai fabrichesi il miglior periodo: il tempo delle pesche! Elezione della “Reginetta, nel classico costume fabrichese

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dipinto di Angela Consoli

Civita Castellana 4 Dicembre 1798 ... continua dal numero 60

A Napoli sono tutti entusiasti di questo piano di guerra valido in teoria, ma poco realistico, non tiene infatti in alcun conto delle difficoltà correlate al terreno montuoso, ne della presenza dei fiumi, ne delle pessime condizioni delle strade e non tiene altresì conto delle condizioni di persistente maltempo ne, tanto meno, delle capacità dell’esercito napoletano in combattimento, specie se raffrontate a quelle dell’esercito repubblicano, ben diversamente addestrato. Il 23 novembre 1798 ha inizio l’offensiva napoletana, il tempo è pessimo, il superamento della frontiera avviene sotto una fitta pioggia, le strade fangose e i fiumi ingrossati rendono estremamente difficile l’avanzata. Già il primo giorno l’artiglieria napoletana si è scompaginata, molti cavalli cadono per sfinimento, molti cannoni sprofondano, le colonne delle munizioni e del vettovagliamento non reggono alla prova, l’intasamento delle strade determinano l’impossibilità di un regolare approvvigionamento delle truppe, tuttavia le preponderanti truppe avanzano, i francesi si ritirano senza opporre resistenza, Roma viene evacuata ad eccezione di una guarnigione di 400 uomini dislocata a Castel Sant’Angelo, il 27 novembre l’avanguardia napoletana entra in città. Il 29 novembre anche Ferdinando IV entra a Roma a cavallo al fianco del principe Colonna acclamato dalla folla, egli si stabilisce nello splendido Palazzo Farnese, sua residenza romana, ereditato dalla nonna Elisabetta, qui dà un ricevimento in onore dei prelati e della nobiltà romana. Viene nominata una reggenza provvisoria affidata a quattro persone, i principi Borghese e Gabrielli e i marchesi Masini e Ricci, capo della truppa urbana è nominato tale Gennaro Valentino, il generale Mack emana una serie di norme piuttosto severe per fermare la violenza e affida alla Guardia Nazionale il compito di catturare tutti coloro che hanno parteggiato per la Repubblica Romana. Il generale Macdonald evacua la città, mentre il generale Championnet fissa il suo quartiere generale a Terni, egli si stabilisce a Civita Castellana da dove, per evitare sorprese, invia due avanguardia nelle retrovie, una a Rignano agli ordini del comandante di brigata Lahure e l’altra a Nepi agli ordini del generale Kellermann; la posizione scelta è assolutamente strategica poiché difesa da due strette gole dove scorrono i torrenti Treja e Rio Maggiore, il forte domina i dintorni e alle sue spalle si distende una vasta pianura che consente la migliore disposizione dell’esercito. Un terzo delle forze del generale Macdonald sono costituite da polacchi facenti parte di quelle truppe di rinforzo alla Repubblica Cisalpina già insorte contro il tentativi di cancellazione della Polonia dalla carta d’Europa; il corpo polacco può contare su 7.900 uomini tra soldati e ufficiali, ma in quel momento se ne contano soltanto 6.200, questi soldati combattono nella convinzione profonda che la vittoria della democrazia in Europa, per la quale parteggia la Francia rivoluzionaria, assicurerà il trionfo della liber-

tà e della giustizia quindi il ritorno della libertà in Polonia. La presa di Roma da parte dell’esercito napoletano è durata appena quattro giorni dal momento in cui ha superato la frontiera, tuttavia l’immediato successo dell’armata napoletana viene in larga misura offuscato dalla prolungata e inoperosa sosta grazie alla quale il generale Macdonald ha il tempo di occupare nuove posizioni in prossimità di Civita Castellana e riorganizzare il suo esercito. Il 2 dicembre il generale Mack definisce il piano d’attacco contro i francesi, peraltro basato su previsioni totalmente errate circa la disposizione delle forze repubblicane in prossimità di Roma, il 3 dicembre tutte le forze da impiegare nell’attacco occupano le posizioni loro assegnate, a Roma rimangono soltanto 2000 uomini per tentare di espugnare Castel Sant’Angelo ancora in mano ai francesi. Questi i luoghi e le fasi della battaglia nel giorno decisivo: Fronte orientale (Rignano - Civita Castellana) - La Colonna principale dell’esercito napoletano porta il primo attacco contro Rignano, il comandante di brigata Lahure non si lascia sorprendere e oppone una tenace resistenza, i profondi valloni e le ripide colline dei dintorni non sono facilmente superabili per cui egli riesce a fermare ripetutamente la più forte colonna partenopea; tuttavia, sotto la pressione delle forze preponderanti del nemico, dopo due ore di battaglia, i francesi perdono Rignano, continuano però a difendersi sulle colline circostanti riuscendo, ancora una volta, a fermare il nemico, quindi si ritirano verso Civita Castellana dove costituiscono un solido caposaldo in corrispondenza del ponte sul fiume Treia. Fronte meridionale (Nepi Monterosi) - Il Cavaliere Sassone entra in azione sul versante sinistro con una colonna al comando del generale Colli - Marchi che attacca Nepi all’apparenza scarsamente presidiata dalla forze repubblicane e, con una seconda colonna che egli stesso comanda, attraversati gli abitati di Ronciglione, Fabrica, Santa Maria di Faleri, in direzione Borghetto, tenta di sorprendere alle spalle la divisione del generale Macdonald. Da parte francese il generale Kellermann, avuta notizia dell’avvicinarsi del nemico, guida verso Nepi la sua brigata costituita da circa 1300 uomini, su questo fronte la battaglia dura l’intera mattina, gli abitanti della cittadina insorgono schierandosi con l’esercito napoletano, da entrambe le parti si lotta accanitamente, ma in questo caso le forze francesi non sono sufficienti per sbaragliare i napoletani continuamente proiettati all’offensiva. Da questo versante all’inizio arrivano notizie sfavorevoli, il nemico avanza e il generale Kellermann non riesce a venire a capo della situazione per cui il generale Macdonald, temendo che possa essere costretto alla ritirata, decide di inviare in suo soccorso un battaglione polacco forte di circa 1.000 uomini tra fanti e legionari al comando dagli ufficiali Forestier e Chopicki. I polacchi riescono quasi immediatamente a rompere il fronte napoletano costringendo il generale Colli - Marchi ad una ritirata caotica; nel corso dell’inseguimento i tiratori a cavallo francesi occupano il campo

nemico a Monterosi e ricacciano il nemico a oltre 15 chilometri. Il generale Kellermann ottiene un successo piuttosto importante, una vittoria tanto più prestigiosa in quanto i napoletani erano numericamente più forti; il generale Macdonald, ha notizia del successo ottenuto dal battaglione polacco, tuttavia resta indeciso sul da farsi, non sa se attaccare con le riserve del generale Kniaziewicz per schiacciare i napoletani del generale Colli Marchi in ritirata, o piuttosto tenere in serbo quella brigata nella ipotesi d’imprevisti, indecisione presto superata. Fronte occidentale (Fabrica - Santa Maria di Faleri) - Sul versante sinistro dello schieramento napoletano il Cavaliere Sassone, con una forza di circa 6.500 uomini tra soldati e ufficiali, avanza verso Ronciglione senza essere notato, egli ha il compito di piombare sulle retrovie francesi e portare scompiglio nella divisione del generale Macdonald. Il generale Kniaziewicz, a cui è stata affidata la sorveglianza delle retrovie in sponda destra del Tevere, si trova a Fabrica, la sera è richiamato a Civita Castellana dal generale Macdonald dove riceve ulteriori istruzioni, il mattino seguente si unisce alla propria Brigata che al momento costituisce il centro dello schieramento e riserva della divisione. Il suo accampamento è ubicato a nord ovest di Civita Castellana in direzione di Santa Maria di Faleri, fuori da questa cittadina si trovano alcune compagnie al comando del capitano Tomaszewski, mentre altre compagnie dello stesso battaglione sono acquartierate a Fabrica a protezione dell’accampamento nel caso di un eventuale attacco napoletano oppure da possibili incursioni da parte dei contadini insorti che il generale Macdonald definisce: “ … assai più bravi, mobili e temibili dei soldati napoletani … “. Alle ore 13,00 viene segnalato il movimento di una consistente colonna napoletana che con la propria cavalleria si appresta ad attaccare da questo versante, si tratta della colonna al comando del Cavaliere Sassone che, inaspettatamente, avanza da un bosco in prossimità della cittadina. Per il generale Kniaziewicz si apre un nuovo campo d’azione, egli raggiunge la sua brigata che è in stato d’allerta, ordina di muoversi immediatamente in direzione Santa Maria di Faleri poiché, malgrado la sorpresa, inquadra all’istante la situazione che si è venuta a creare; per la lucidità dimostrata in questa occasione e per la rapidità di azione conquista il riconoscimento di Comandante. Alle ore 15,00, tra Fabrica e Santa Maria di Faleri, il generale Kniaziewicz incrocia il nemico che schiera la sue colonne mano a mano che queste escono dal bosco, ma le strade sono molto disagiate con la conseguenza che i primi battaglioni impediscono il rapido schieramento degli altri, pertanto, il Cavaliere Sassone non riesce a sfruttare la sua supremazia numericontinua sul prossimo numero ... ca.


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23 STUDIO DI CONSULENZA Neuropsichiatrica, Psicologica, Logopedica, Psicopedagogica Via T. Tasso 6/A - Civita Castellana (VT) Tel. 0761.517522 Cell. 335.6984281-284 www.centroceral.com info@centroceral.com

LA TIMIDEZZA La timidezza è un’esperienza universale, che interessa tutti, chi più, chi meno. Non è dunque una patologia, ma una caratteristica della personalità, che può raggiungere diverse intensità. Dott.ssa Francesca Ci sono bambini vivaci e bambini timidi, ma tutti Celeste i bambini sono un po’ Psicologa timidi. Molto dipende dall’età del bambino: -una settimana di vita: il neonato non è in grado di riconoscere una persona dall’altra e dunque non mostra nessun segno di timidezza, mentre è vero che alcuni lattanti accettano di essere nutriti solo da una persona. La maggior parte interagisce felicemente con chiunque si dimostri dolce ed interessato. -sei mesi: è l’età in cui il bambino inizia a differenziare i volti familiari da quelli estranei, nei confronti dei quali dimostrerà la propria timidezza piangendo ogni volta che questi gli daranno attenzione. -un anno: il bambino a questa età ha acquisito la consapevolezza di ciò che è familiare e ciò che non lo è. La sua timidezza emergerà di fronte ad una situazione nuova. Il bambino può reagire anche mettendosi le mani sugli occhi coprendosi o nascondendosi proteggendosi con braccia e gambe conserte. Di fronte ad un gruppo di coetanei che giocano, il bambino di un anno sarà combattuto tra la voglia di giocare ed il desiderio di stare attaccato alla mamma. -due anni: il bambino ha raggiunto un buon grado di sicurezza, ma esita nel parlare con persone estranee che non conosce, allontanandosi da solo da una situazione che non gradisce, considerato che a questa età il bambino cammina. -tre anni: i bambini a questa età sono sicuri di se stessi ed accettano attenzioni anche da sconosciuti. I gruppi di gioco rappresentano la situazione preferita dai bambini di tre anni che non hanno bisogno della costante presenza della madre. -cinque anni: per quanto il bambino abbia acquisito sicurezza, e per via dell’età, e per via dello sviluppo sociale, può ancora mostrare la timidezza di fronte ad una situazione totalmente nuova. -cinque anni in su: il bambino è in grado di parlare della propria timidezza e di cosa lo può imbarazzare. Anche se le sue spiegazioni possono essere imprecise, la sua capacità espressiva aiuterà genitori ed educatori a capirlo meglio. La timidezza in alcune situazioni è una difesa, ovvero una risposta salutare perché protegge il bambino da un pericolo ma è preoccupante qualora produca un disagio significativo nel bambino tale da compromettere la qualità della sua vita

anche quando si manifesta improvvisamente in un bambino che è sempre stato estroverso: ciò indica un trauma, un problema o che ci sono delle situazioni che lo preoccupano. In questi casi occorre il supporto di una consulenza psicologica. Come capire se è davvero un problema Il bambino timido è generalmente ansioso e particolarmente inibito quando si trova ad interagire con altre persone, specialmente se queste sono autorevoli (come ad esempio l’insegnante), sconosciute o se la situazione richiede che ci si esprima di fronte ad altre persone. Nella timidezza, possiamo distinguere la condizione di ‘timidezza cronica’, quella che riguarda ‘particolari circostanze’ e la ‘timidezza estroversa’, che riguarda coloro che apparentemente sembrano aperti e socievoli, ma che nel profondo nascondono delle insicurezze. Caratteristiche e sintomatologia del bambino che soffre di timidezza cronica (non occasionale): - Pochi amici (o nessuno) - Rifiuto di partecipare alle attività sociali (giochi, sport, recite scolastiche ecc.) - Alti livelli di ansia, che si manifesta attraverso somatizzazioni (tremori, sudori, rossori ecc.) - Scarsa autostima - Terrore del giudizio altrui e delle ‘brutte figure’. Le cause Le cause della timidezza sono molteplici e spesso sono abbinate tra loro. Anzitutto si parla di cause genetiche, cioè derivanti da fattori ereditari (in genere anche i genitori del bambino timido lo sono); poi vi sono aspetti di personalità che possono influire, come una sensibilità particolare e/o una timorosità che spingono a ritrarsi dall’azione. Particolarmente importante, per lo stabilirsi nel bambino di una timidezza cronica (o di un disturbo di ansia sociale) è la relazione familiare, quella che si stabilisce con le principali figure di riferimento: i genitori. Alcuni comportamenti producono delle conseguenze ‘tipiche’, come ad esempio: Giudizi severi → Insicurezza Alcuni genitori, pur occupandosi regolarmente dei propri figli, non sentono, fra i loro doveri parentali, quello di manifestare accoglienza, affetto, sostegno, nei confronti dei figli. La loro severità e distanza affettiva genera insicurezza nel bambino e lo predispone alla timidezza. Critiche eccessive → Perdita dell’autostima I bambini che sperimentano continue critiche al loro operato sviluppano un’ansia da prestazione che genera un circolo vizioso: paura della prestazione-brutta figura-perdita dell’autostima-evitamento sociale. La situazione è pericolosa perché la mancanza di autosti-

ma ostacola un armonico sviluppo psicofisico della personalità e crea le fondamenta di una futura patologia. Aspettative eccessive → Paura di fallire I genitori che non sono riusciti a realizzare i loro obiettivi di vita, spesso cercano delle compensazioni nei figli, spingendoli verso traguardi che vanno al di là delle loro possibilità o motivazioni. Da qui nasce la paura di fallire, di tradire le aspettative delle persone care e lo sviluppo di sensi di colpa nei loro confronti. La paura del fallimento è un’altra causa della cronicizzazione della timidezza. D’altra parte, anche dei genitori ultra-protettivi possono contribuire a rendere inibito e timoroso il comportamento del bambino, che non conquista mai l’autonomia personale e soffre moltissimo per i suoi sensi di inadeguatezza. Le strategie per affrontare il problema Un comportamento più funzionale del genitore, in questo caso, potrebbe essere descritto come cose da evitare e cose da fare: Cosa evitare: - Non parlare del figlio in sua presenza (specie se si vuole esprimere delle critiche o dei giudizi negativi sul suo conto). - Non etichettare mai il proprio figlio, specie in sua presenza, come ‘svogliato’, ‘timido’, ‘imbranato ‘ ecc., perché il bambino tende a credere e fare sue queste valutazioni sul suo conto, che provengono da una figura significativa come un genitore. - Non criticare o prendere in giro il figlio per le proprie insicurezze e fare attenzione che neanche gli altri lo facciano (dai nonni ai bulletti della scuola). Cosa fare: I genitori dovrebbero cercare di aprirsi, di rendersi disponibili verso i propri figli, ad esempio: - Dare sempre utili suggerimenti al posto delle critiche. - Raccontare le proprie esperienze, le proprie insicurezze durante l’infanzia e l’adolescenza, le strategie utilizzate per superarle e gli obiettivi raggiunti. - Accompagnare il proprio figlio verso persone e situazioni nuove proponendosi come modello positivo. (Non si può pretendere infatti che il proprio figlio non sia timido e insicuro se sono i genitori i primi ad evitare tutte le situazioni sociali e le interazioni con gli altri). - Aprire le porte della propria casa, invitando per primi altre persone, anche poco conosciute, per intrecciare relazioni con gli altri e far uscire la propria famiglia dall’isolamento. - Dare al proprio figlio degli obiettivi da raggiungere, che siano a breve termine ed alla sua portata. Ogni successo va poi ‘celebrato’ degnamente. - Attuare un sistema di ricompense, per cui tutto ciò che fa il bambino e che viene considerato positivo va lodato e premiato.


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Le guide di Campo de’ fiori

Rimaniamo ancora in quel dell’Area Sabina, immaginando di passegiare per le vie del borgo di Nazzano, lasciando che le mura di tanti antichi palazzi e le chiese ci raccontino brevemente la storia del paese.Il centro di storico, infatti, ben Ermelinda Benedetti conservato, porta i Foto Mauro Topini segni dell’epoca medievale e della successiva età rinascimentale, caratterizzato da un particolare andamento a spirale, posto su di un colle che domina la sottostante valle del Tevere, mostrando un panorama spettacolare. STORIA Reperti archeologici rinvenuti nel territorio, dimostrano che il luogo era abitato già nell’età del bronzo fino all’età tardo-imperiale. il cuore di Nazzano è infatti circondato da numerose necropoli, risalenti al VII secolo a.C..Nelle vicinanza di Casale Riotti sono stati riportati alla luce resti di ville romane e di un tempio dedicato al dio Silvano, che sono stati utilizzati per la costruzione della chiesa e del convento di S. Francesco. Proprio in epoca romana Nazzano sorse in prossimità di un antico oppidum capenate, probabilmente da identificarsi con la tanto ricercata Serpenas, che segnava il confine con l’agro falisco e aveva il compito di difendere il territori a nord di Capena e soprattutto di controllare la Valle del Tevere. La sua ottimale posizione sulla riva del fiume la rese indispensabile per i commerci tra la Sabina e Roma. A partire dall’XI secolo, poi, il castrum ed altri possedimenti del territorio, come attestano documenti dell’epoca, appartengono all’Abbazia di San Paolo,

schierata a difesa dello Stato Pontificio, contro possibili prese di potere da parte della potente Abbazia di Farfa, legata all’impero germanico. All’Abbazia di San Paolo si avvicendarono però diverse potenti famiglie appoggiate dai vari Papi in carica, fino a che nel 1516, Papa Leone X non riconobbe il possesso esclusivo di Nazzano ai monaci di San Paolo, che fortificarono ed ampliarono il castello. ITINERARIO TURISTICO L’antico castello a pianta quadrangolare risale al XIII secolo. Al centro si trova un piccolo cortile con un pozzo ed è chiuso ai due angoli opposto da un mastio che controlla la porta d’ingresso, ed un’altra torre che controlla ilTevere e la pianura circostante. I monaci dell’ Abbazia di San Paolo, una volta diventati i legittimi proprietari, provvidero ad ammodernarlo, dotandolo di feritoie per le armi da fuoco e di coperture per il cammino di ronda. Il castello purtoppo però non è attualmente visitabile. Tra gli edifici sacri, invece, particolarmente rilevante il Convento e la chiesa di San Francesco, con molta probabilità risalente al 1299 e scelto come primo insediamento francescano da Sant’Antonio da Padova, nel bel mezzo di un bosco di secolari lecci e querce. Il convento fu distrutto da un terremoto e ricostruito grazie alle generosità dei fedeli e, insieme alla chiesa, subì numerose modifiche nel corso degli anni. A fianco ad essi sono visibili ruderi di una cappellina e di un altro edificio dell’epoca. Il Convento è oggi proprietà privata, mentre la chiesa appartiene al Fondo Edifici di Culto e conserva al suo interno dipinti ed affreschi attribuiti a Giovanni e Sebastiano Conca, un altare in marmo realizzato da Frate Antonio da Roma e confessionali e coro lignei di pregevole fattura. La chiesa di Sant’Antimo risale addirittura al X secolo, ma subì profonde modifiche tra il XII e il XIII secolo. L’nterno, con pianta a croce latina, è diviso in tre navate e parte del marmo impiegato per la realizzazione degli

interni, proviene, probabilmente, da un antico tempio pagano dedicato ad una divinità femminile, come fanno pensare alcune iscrizioni latine rinvenute sulla collina di Sant’Antimo. Nell’abside si possono ammirare tre affreschi del XV secolo di paternità del pittore Antoniazzo Romano. E’ possibile visitare la chiesa tutte le domeniche dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 17.30. La chiesa di Santa Maria Consolatrice, ma dedicata anche a San Lorenzo e San Biagio, venne consacrata nel 1488. Originariamente di forma rettangolare, nel 1600 fu ampliata su ordine dell’abate e fu realizzato il dipinto posto sopra l’altare maggiore, ancor oggi in buone condizioni di conservazione, insieme ad altri dipinti ed arazzi di varie epoche successive. Da non perdere il neo Museo del Fiume, inaugurato nel 2000. Si trova nel centro storico di Nazzano, alla base della Rocca dei Savelli ed anticamente era l’ala del castello adibita a scuderia e magazzino. Si compone di tre diversi ambienti: una sala convegni che può ospitare fino a cento persone, una sala per le esposizioni temporanee e le sale per le esposizioni permanenti, quest’ultime divise in Naturalistica, legata alla Riserva Naturale Tevere-Farfa, e Archeologica, particolarmente attenta all’area del Lucus Feroniae. Particolarmente suggestivo, per tutti coloro che amano la natura e le passeggiate all’aria aperta, il Parco Didattico che si stende per 24 ettari e offre diversi percorsi naturalistici e strutture didattiche e di accoglienza. continua sul prossimo numero ...


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Sentinelle del mattino: testimoni della verità E’ possibile dare una valenza filosofica alla felice espressione di Giovanni Paolo II “voi siete le sentinelle del mattino” pronunciata nel discorso di Tor Vergata? Si, è possibile. del Prof. “Voi” che ascoltaMassimo Marsicola te, “siete testimoni” di un “evento di fede” che chiede di essere rinnovato ad ogni generazione: la morte e la resurrezione di Cristo. E poiché il buio della notte è un’esperienza di stringente attualità, dobbiamo pensare di essere vicini ad un vero rinnovamento. Vicini all’alba. “Chi ascolta” si fa “testimone”. E il testimone è colui che attesta ciò che ha visto e conosce. Nella resurrezione del Cristo in Maria Valtorta, si legge che Gesù è risorto prima dell’alba, dopo che una gran luce, partita dalle profondità dei cieli, è giunta, come una meteora, fino al sepolcro. La luce vera, quella che illumina ogni cosa perché dà la vita ad ogni cosa, è già prima della luce del mattino, della luce fioca dell’alba. E le sentinelle romane, messe in guardia, dormivano come tramortite, mentre quelle di oggi sono sveglie e vigilano in attesa di un segno del Risorto. La figura degli apostoli incapaci di vegliare presso Gesù orante nell’Orto degli ulivi, è ora passata in quella delle guardie romane messe lì apposta per vegliare. I credenti di

oggi sono desti, vigili, pronti a cogliere i segni dei tempi. “Sentinelle del mattino”, appunto. L’attesa è per un mondo nuovo, costruito dall’uomo nuovo che ha Cristo per riferimento da tutti coloro che in lui vedono il Salvatore. Ma che cosa dovrà accadere affinché l’umanità conosca un sussulto di umanità e decida di cambiare strada? Si dovranno moltiplicare i testimoni della verità. Le sentinelle che attendono il tempo nuovo, sono le stesse che conoscono l’uomo nuovo. E questi è colui che deve venire. L’era dello spirito è stata preannunciata. Si guardino i segni, si scruti l’orizzonte. Si preghi, si ascolti. Si viva nel costante sforzo di piacere a Dio e non agli uomini. Ci si affranchi da ogni situazione di ambiguità. Ci si sottragga dalla zona grigia e si scelga da che parte stare. L’ipocrisia e la doppiezza fanno molti più danni di quanti può farne un nemico che ti affronta a viso aperto. Non si tratta di essere dei “fondamentalisti”, si tratta di essere semplicemente coerenti. Dio ha fatto tutto per noi: dalla creazione alla redenzione. Noi, non vogliamo fare nulla per Lui? Non sia mai, il cristiano, un deserto arido o un sepolcro imbiancato. Sarebbe da un lato irriconoscibile e dell’al-

tro malamente giudicato. Non siamo chiamati nemmeno ad essere profeti di sventura per coloro che non si convertono, ma segno di speranza. E per poterlo essere, noi per primi, dobbiamo vivere una vita piena e irreprensibile. La notte del relativismo, del nichilismo, del razionalismo, e di tanti altri “ismi” non finirà mai per quelli che ci cadono dentro. Noi siamo un resto, rispetto a questi. Siamo testimoni della verità e risplendiamo della stessa luce della verità. Luce che non può e non deve venire messa sotto il moggio, ma in luogo alto, affinché illumini e possa essere vista anche da lontano dai viandanti che si disperdono. Il primo dei diritti umani, diceva Giovanni Paolo II, è il diritto della verità. Tutti hanno diritto alla verità. Di essa sono testimoni le sentinelle del mattino; di essa parlano.


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L’angolo dell’Avvocato VIAGGIARE INFORMATI. I DIRITTI DEL PASSEGGERO Estate, tempo di vacanze e di viaggi. L’aereo rappresenta uno dei più comodi e usati mezzi per raggiungere le mete vacanziere. Spesso e volentieri, però, l’amadi Ilaria Becchetti to e comodo mezzo di trasporto riserva agli utenti disservizi di non poco conto. Quali sono i diritti in caso di ritardo prolungato del volo? A chi inviare il reclamo in ipotesi di negato imbarco o di cancellazione? Smarrimento o danneggiamento del bagaglio, che fare? Sono solo alcuni degli inconvenienti che possono capitare in aeroporto. È bene allora sapere come tutelarsi in questi casi. Anzitutto è necessario presentare un reclamo alla compagnia area. Se questa non risponde entro sei settimane oppure risponde fornendo motivazioni non esaustive rispetto a quanto indicato nel reclamo presentato, allora sarà possibile presentare reclamo all’ENAC, Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, ovvero direttamente agli uffici ENAC dell’aeroporto presso il quale si è verificato il disservizio. In tale contesto il reclamo del passeggero attiva le verifiche dell’Ente volte all’accertamento, ai fini sanzionatori, di possibili violazioni commesse negli aeroporti nazionali. Le risultanze di tali accertamenti vengono poi comunicate al passeggero. Va specificato, però, che tale reclamo non sostituisce il reclamo per negato imbarco (overbooking), cancellazione o ritardo prolungato del volo, ritar-

data consegna, perdita o danneggiamento del bagaglio, che dovrà sempre essere inviato alla compagnia aerea. Vediamo allora, sommariamente, i diritti del passeggero nelle ipotesi più comuni di disservizi aerei. In caso di cancellazione del volo, il passeggero ha diritto al rimborso del prezzo del biglietto per la parte non effettuata oppure all’imbarco su un volo alternativo il prima possibile o in una data successiva più conveniente allo stesso. Ha altresì diritto ad una adeguata assistenza ed in particolare a pasti e bevande in relazione alla durata dell’attesa, ad una sistemazione in albergo, nel caso in cui siano necessari uno o più pernottamenti, al trasferimento dall’aeroporto al luogo di sistemazione e viceversa. In ipotesi di negato imbarco, e cioè quando il passeggero non viene imbarcato nonostante la regolare prenotazione confermata, il passeggero ha diritto alla compensazione pecuniaria, dipendente dalla tratta aerea (intracomunitaria o extracomunitaria) e dalla distanza in km percorsa, oppure al rimborso del prezzo del biglietto per la parte di viaggio non effettuata oppure ancora all’imbarco su un volo alternativo il prima possibile o in una data successiva più conveniente al passeggero. Anche in ipotesi di negato imbarco, il passeggero ha diritto alla medesima assistenza prevista per la cancellazione del volo. Lo stesso avviene in caso di ritardo

prolungato del volo. In quest’ultimo caso, però, se il ritardo è di più di cinque ore, il passeggero può rinunciare al volo senza dover pagare penali ed ha diritto al rimborso del prezzo del biglietto per la parte di viaggio che non viene effettuata. Può accadere, infine, che al termine del volo il bagaglio risulti danneggiato o smarrito. In questi casi è necessario aprire un rapporto di smarrimento o di danneggiamento bagaglio prima di lasciare l’area della riconsegna, facendo constare l’evento presso gli uffici Lost and Found all’aeroporto di arrivo, e compilare gli appositi moduli comunemente denominati P.I.R. – Property Irregularity Report. Tali moduli, assieme al codice prenotazione volo e all’originale del talloncino di identificazione del bagaglio, dovranno essere conservati ed inviati all’Ufficio Relazioni Clientela e/o Assistenza Bagagli della compagnia aerea con la quale si è viaggiato, per l’avvio della pratica di risarcimento. Per saperne di più e comunque prima di affrontare un viaggio in aereo è opportuno consultare la Carta dei Diritti del Passeggero, una guida pratica in cui sono riassunte le informazioni utili per chi viaggia in aereo.

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Per non dimenticare: “Museo della Terra” a Latera Se andate a Latera e scendete in fondo al paese, avrete la gradita sorpresa di scoprire un antico monastero completamente recuperato ed ora sede d’un Museo. La sorpresa diverrà di Secondiano Zeroli ancora maggiore quando, al termine d’una sobria scalinata, vedrete scritto: “MUSEO DELLA TERRA”. Entrando avrete la percezione di muovervi in un ambiente ospitale ma al tempo stesso geloso e severo. Vedrete una casa grande e ricolma di utensili da lavoro ormai desueti ma belli, preziosi, scintillanti nella loro nuda povertà. Ammirerete un focolare domestico che, se lo lascerete fare, vi racconterà storie incantate e talora dolorose, storie di secoli passati, storie tenere di avvenimenti quotidiani nelle quali ritroverete infanzie incontaminate e catturanti. La bottega del fabbro vi costringerà ad udire rumori ormai sepolti nel passato e così l’arte felice del bottaio, nel costruire e nel cerchiare, vi farà rivivere nuovi spezzoni di vita in cui altre sensazioni riempivano le vostre giornate. Lo stridulo andare e venire di una pialla vi farà venire alla mente un altro mestiere importante ed onorato ma ormai quasi del tutto scomparso, come quello del falegname. Certamente l’incantesimo non potrà durare a lungo, perché accanto alle cose belle

di un tempo che fu, ci sono anche le cose di un tempo che è e che sarà. E così oltre a questa prima parte, che un solerte e puntuale “dépliant”, spiega essere una sezione espositiva, troverete una seconda sezione documentaria ed una terza didattica. Fine dell’incantesimo, come già detto, ma anche momento importante per rendersi conto, come ci spiega il prof. DARIO TRAMONTANA che “l’obiettivo principale del Museo della Terra, è quello di avvicinare il pubblico più vasto ai modi di vita, agli usi e costumi di genti e comunità, come quelli di Latera, che con la terra hanno da sempre stabilito e conservato uno strettissimo legame”. Un Museo, quindi, per non dimenticare, per dare dignità e spessore al patrimonio di fatiche, sudore, gioie e dolori che costituisce parte importante della nostra comune identità culturale ma anche momento di conoscenza, di rielaborazione, di cultura. Spazio, dunque, agli audiovisivi, alle postazioni multimediali, ai laboratori didattici, alle sale per conferenze e dibattiti. “Il Museo – ci spiega ancora il prof. Tramontana – è destinato a crescere e ad acquisire ulteriori sezioni espositive dedicate alle feste e alle tradizioni popolari, al tema del-

l’emigrazione, a quello d’una organica strategia di sviluppo del territorio attraverso la qualificazione e l’utilizzo delle sue risorse endogene”. Il Museo è comunque potuto nascere soprattutto a seguito della donazione del N. H. LUIGI POSCIA, il quale ha messo a disposizione la propria collezione composta da oltre quattrocento utensili da lavoro, non soltanto per produrre una rassegna di oggetti ormai non più utilizzabili, quanto piuttosto per ricomporre assieme i frammenti di memorie troppo velocemente cancellate, per conoscere il passato onde capire il presente in funzione di un futuro più vicino alla propria storia e alle proprie radici. Prendetevi dunque cura di annotare sulla vostra agenda: visitare prossimamente il Museo della Terra di Latera. Ne varrà certamente la pena!


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Associazione Artistica Ivna Artisti di Vignanello, Vallerano, Corchiano, Civita Castellana condividono l’arte IL PARTICOLARE CONOSCITIVO NELL’AUREOLA COSMICA DI AUGUSTO BARBERINI Nato a Roma nel ’54, autodidatta, risiede a Corchiano e dipinge da 40 anni. Dopo un periodo di interiorizzazione di Dalì e di Caravaggio, passa ata cura della traverso lavori dal vero Prof.ssa di paesaggi, in cui il tratMaria Cristina to morbido del pastello Bigarelli nasconde il ritrattista vicino alle esperienze del realismo esistenziale di Sartre del ’50 e del più recente Lucian Freud, in cui la tecnica di ricerca del valore dei toni si fa più intensa, nel tentativo di scrutare l’interiorità “più intima” dell’essere umano. La scelta dei soggetti nasce dalla voglia di conoscere le persone in modo introspettivo, cercare di entrare dentro il personaggio, usando una tecnica ricercata di ultima generazione, usando crete, pastelli cretosi, cercando di far risaltare i particolari del personaggio nella sua interezza. I personaggi sono noti all’artista, tratti di volti conosciuti, amati, piacevolmente accolti nell’intimo del pittore. Fisionomie scelte perché in sintonia interiore con il parlare, il vivere, il comune esistere di Augusto Barberini. Nel suo caso, parlare di ritratti sarebbe improprio e avulso dal significato che l’artista intende attribuire all’opera. Dalla visualizzazione del volto scaturisce “qualcosa” che da dentro si identifica con l’ascolto, la materializzazione dell’immate-

rialità e la spiritualità in un particolare tangibile-corporeo, che rende riconoscibile la personalità dell’amico, del parente, dell’essere umano in senso ampio. Augusto è l’artista latore di minuzie, dettagli analitici, non succinti, circostanziati sebbene non sommari e compendiosi: tutto sta nel sentire il personaggio accogliendolo nell’animo, nella mente e nel cuore, tirandone fuori il “succo”, l’essenza arricchita da una determinata caratteristica riconducibile proprio a quella persona secondo l’occhio di Augusto. Il fregio sfumato o fumoso appare digradante nelle sue tinte, dal tocco leggero e dalle forme annebbiate, oscure e fuggevoli, perché non essenziali, ininfluenti all’azione del creare. I suoi supporti suggeriscono la somiglianza, in essi cerca la morbidezza anche attraverso un tratto duro come può essere quello di una penna: negli anni l’autodidatta è alla scoperta di tecniche e alla ricerca di conoscenze. La matita, l’olio, il pastello o i cretosi rappresentano una sfida tecnica ed anche percettiva poiché con essi Augusto desidera far affiorare segnali “sonar” per far sì che quel volto venga riconosciuto. Nelle sue opere appaiono spesso aspetti diversi della stessa personalità. Per vedere, Augusto Barberini non ha bisogno di guardare, poiché non si considera un semplice osservatore dell’immanente. Per vedere, Augusto Barberini ha bisogno di chiudere gli occhi, poiché ciò che scorge risiede nel profondo in modo da vedere ciò che sente, ciò che ascolta. La scelta del colore non è casuale perché per Augusto il mondo è grigio. Ogni sentimento ha il suo colore e se si mescolano i colori di tutti i sentimenti, tutto il mondo diventa grigio, anche se non tutto è perduto: gli occhi di un bambino sono trasparenti, brillanti, preludio di intima serenità e speranza nonostante il grigiore del mondo! Il silenzio, il riserbo dell’esistenza di Barberini si abbinano al suo isolamento dal mondo non privo, però, di musica e di melodie di Burt Bacharach che accompagnano il dipingere di un artista, che vede i suoi primi bagliori nell’acquisizione

di nuove tecniche percorrendo il citazionismo delle vecchie conoscenze per attribuire nuovi significati a Dalì e a Manzù e, proiettandosi attraverso il tunnel delle novità, approda all’attuale fase riconducibile a Renzo Vespignani come arte di un Augusto Barberini che ritrae personaggi emergenti da aloni sbiaditi, evanescenti, dai tratti dell’”inezia” che incarnano non la rappresentazione globale, ma l’elemento nuovo di conoscenza di un tipo di arte particolare, realista e reale…


Nota per la lettura: il numero prima del nome indica la generazione,dai giorni nostri andando a ritroso.

Albero Genealogico

Potete richiedere l’albero genealogico della vostra famiglia di Fabrica di Roma, rivolgendovi presso la nostra redazione. Verrà elaborato dal nostro collaboratore Geneg e potrete vederlo pubblicato sulle pagine di Campo de’ fiori.


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Una notte da favola per venti giovani ragazze al fianco di altrettanti neo Marescialli dell’Esercito

l ballo delle debuttanti è un’occasione unica e speciale per tutte quelle ragazze che, da bambine, sognavano di essere principesse, almeno per un giorno. Abbandonare per qualche ora la routine della vita quotidiana, per immergersi in una serata da favola, indimenticabile e dal sapore perduto d’altri tempi! Tutte bellissime, avvolte in splendidi abiti rigorosamente bianchi, da far roteare nei giri di Valzer che aprono le danze, giunte su ormai dimenticate auto d’epoca, accompagnate da giovani cadetti, in alta uniforme, ugualmente emozionati, un po’ meno disinvolti e più impacciati. Sembra di essere tornati indietro di qualche centinaia d’anni, alla corte del re di Francia, e vorremmo che la magia di quell’atmosfera incantata non svanisse più. Venti giovani fortunate, al fianco di altrettanti neo marescialli dell’Esercito Italiano, hanno dato vita a questo meraviglioso spettacolo nella splendida cornice della caserma viterbese, sotto gli occhi emozionati ed increduli dei loro genitori e degli ospiti presenti, seduti ai tanti tavoli rotondi apparecchiati con cura ed eleganza all’altezza dell’occasione, il 28 maggio scorso. A presiedere il grande evento, giunto al suo quarto anno, il generale Vladimiro Alexitich, comandante della Scuola Sottoufficiali dell’Esercito. Nel corso della serata, oltre alla cerimonia di consegna delle lauree agli allievi, è stata organizzata una lotteria, con numerosi gioielli in palio, volta a raccogliere fondi destinati all’Associazione “Beatrice”, impegnata nella lotta contro il tumore al seno. Un gesto ammirevole in un contesto sì particolare! Tra le fanciulle scelte, anche una giovane di Civita Castellana, Arianna Agostinelli, che, a soli 20 anni, ha avuto il privilegio di sentirsi una vera dama dei tempi moderni. Arianna ha tentato la carta un po’ per gioco, e tra una nutrita schiera di ben settanta aspiranti debuttanti, ha vinto l’ambita partecipazione al gran ballo. L’emozione è stata tanta, ma ne è valsa senz’altro la pena, ed Arianna porterà per sempre con sè, tra i ricordi più belli della sua vita, quei giri di Valzer, quegli sguardi un po’ impauriti, ma allo stesso tempo rassicuranti dell’accompagnatore che la sorte ha voluto assegnarle, quel trepidare e quelle sensazioni indescrivibili che solo lei ha potuto provare, diverse da quelle che si vivono nella vita di ogni giorno. Ermelinda Benedetti

Arianna Agostinelli e il Maresciallo Giuliano Toni

Da sx: la Presidentessa dell’Associazione “Beatrice” Dott.ssa Frittelli, il Generale Vladimiro Alexitich e la sua signora

Da sx: Desiree Collagè, Giorgia Maurizi e Arianna Agostinelli, tre delle venti giovani fortunate debuttanti


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“Il Fumetto” LETTERATURA PER IMMAGINI CHE EMOZIONA

BATTLE ANGEL ALITA di Yukito Kishiro edito da Panini Comics – 18 volumi, conclusa Magnifico, semplicemente magnifico. Questo manga ci catapulta in un futuro apocalittico, dove vengono narrate le avventure di Alita, un cyborg con il cervello umano. La storia è ambientata di Daniele Vessella nella Città Discarica, una megalopoli, dove Salem, la favolosa città sospesa tra le nuvole, getta chi è ritenuto un rifiuto umano e non. E proprio in una delle discariche, il cyberdottore Daisuke Ido trova il corpo semi distrutto di Alita e decide di rimetterlo in sesto, notando che il cervello è ancora funzionante. Da questo episodio, parte la storia e, tra flashback, spunti filosofici sul valore dell’umanità e lotte all’ultimo sangue, viaggia su binari sicuri che non permettono al treno, sul quale siamo seduti, di deragliare. Altro punto di forza di questo fumetto è che Alita non rimane un personaggio statico, ma affronterà un percorso che la porterà ad una maturazione psicologica, e questo le permetterà di darsi importanti risposte sulla propria vita. Per capire la vera essenza di quest’opera, bisogna saper leggere tra le righe per scoprire che anche in un mondo dove tutto sembra perduto, c’è lo spazio per attimi di speranza. E proprio su questi attimi, Alita sogna… sogna tra le crudeltà del suo universo. Sogna e combatte per proteggere il suo amore. È palese la poesia e la tenerezza di quest’opera, celati sotto uno strato di malsano degrado di un futuro visto con occhi pessimistici. Nonostante l’atmosfera sia pervasa da una sensazione di cupezza e imbruttimento, si respirano barlumi di umanità e brevissimi

momenti di gioia, destinati spesso a trasformarsi in tragedie. Ancor meglio… ci fa vivere dentro la Città Discarica, dove troviamo un’umanità ormai sempre più artificiale. Solo i sentimenti sono rimasti umani e che siano positivi o negativi, sono quelli che ti legano a ogni singolo personaggio, anche se fosse il più grande cattivo. Battle Angel Alita è un fumetto che ti trascina nelle avventure dei suoi attori, facendoti vivere le loro emozioni… facendoti commuovere per loro… facendoti sognare insieme a loro. Dinamismo, combattimenti, azione sfrenata, non fanno spingere sull’acceleratore l’autore solo su questi argomenti, ma trova lo spazio anche per riflessioni profonde. E grazie a queste alchimie, gli ingredienti del capolavoro ci sono tutti. Pur avendo una struttura semplice, il colpo di scena è costantemente dietro ogni tavola. Lo stile caratterizza Alita in modo sensuale, ma al tempo stesso battagliero. Ma Kishiro presta la stessa attenzione per tutti i personaggi della serie. Anche caratterialmente sono tutti ben definiti, tutti si comportano in linea con la propria psicologia. Insomma, se manca nella vostra libreria, recuperatelo… passe-

rete dei momenti che vi toccheranno il cuore. Ma visto l’enorme successo dell’opera, Kishiro ha voluto creare un sequel (ALITA LAST ORDER) che però, come spesso accade, non regge il confronto con la prima serie… Lascio l’indirizzo del mio blog: http://danielevessella.blogspot.com/


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LA STORIA DEL CIMITERO DI CIVITA CASTELLANA

di Enea Cisbani

Progetto di ristrutturazione del 1950 ...continua dal numero 60 Il 10 Giugno 1940 è una data fatidica per la storia nazionale, in quanto segna l’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, ma per capire la relazione e il nesso esistente tra il Cimitero di San Lorenzo e il tragico conflitto, occorre andare indietro nel tempo, esattamente al 10 Agosto 1887. In quell’anno, infatti, una società di illustri imprenditori locali percepita la grande utilità e funzionalità degli spazi dismessi, altamente ricettivi e funzionali per l’installazione e l’impianto di una manifattura, chiede alle autorità comunali del tempo, di poter installare negli ex magazzini del Convento, una fabbrica di ceramica artistica e di stoviglierie per la produzione di manufatti e oggetti di uso quotidiano. La richiesta viene prontamente accolta e concessi a titolo di affitto i locali per la somma annua di £.32,00. Terminati i necessari lavori di ristrutturazione e di installazione delle fornaci “Toscane” per la cottura dei prodotti, la ceramica inizia la sua produzione nel 1888. Dal 1888 al 1940, i magazzini originariamente destinati al ricovero delle granaglie e delle derrate agricole ospitano una delle più antiche manifatture ceramiche di Civita Castellana, in una sorta di forzata coabitazione con il “Lazzaretto”, il Cimitero e la Chiesa di San Lorenzo, che nel frattempo veniva utilizzata per le funzioni religiose. Nel Gennaio del 1940, lo Stato Maggiore del Regio Esercito nel qua-

dro del decentramento in zone periferiche e poco conosciute, dei depositi militari di armi e munizioni e in vista, ormai, dell’imminente conflitto, requisisce l’intero complesso, Chiesa – Convento e Magazzini, per adibirlo a deposito militare. Dopo l’otto Settembre 1943, il deposito viene requisito dai Tedeschi che vi installano un comando di divisione, data la natura privilegiata del sito a diretto controllo di una importante via di comunicazione. Dal Gennaio al Marzo 1944, l’intera struttura conventuale come pure una parte consistente del Cimitero Monumentale, sono oggetto di continui e intensi bombardamenti degli aerei alleati, in particolare Inglesi, che in più attacchi, diretti anche alla vicina linea ferroviaria, distruggono l’intero complesso, deturpando irrimediabilmente l’insigne opera Berniniana. L’ultimo e feroce bombardamento è del 24 Febbraio 1944, quando uno stormo di sei “Liberator” Americani bombarda intensamente la ferrovia, i campi delle sepolture e distrugge la Chiesa. Nel Giugno 1944, Civita Castellana viene liberata e il quadro che si pone agli amministratori comunali è davvero sconfortante: dalle perizie e relazioni tecniche redatte dagli ispettori ministeriali inviati da Roma, si evince che i magazzini sono totalmente distrutti nelle coperture lignee ad eccezione delle murature perimetrali in tufo; l’Ex Convento è anch’esso distrutto e profondamente lesionato, ma la parte che ha riportato i danni più consistenti è la Chiesa, con il tetto parzialmente diruto, la volta a botte della navata centrale crollata e la zona del transetto con il coro ligneo e l’altare maggiore pressoché cancellata e rasa al suolo. Danni strutturali di grande e notevole entità. I primi interventi condotti dall’Amministrazione Comunale si attuano nel Giugno del 1945, quando viene messa in sicurezza in alcuni locali rimasti integri e sicuri del Convento risparmiati dai bombardamenti, la ricca e antica Biblioteca, l’arredo ligneo e i preziosi dipinti del periodo Barocco. Il Comune incarica, inoltre, un noto ingegnere romano di redarre un primo progetto generale di ristrutturazione dell’intero complesso con una spesa preventivata di otto milioni di Lire, una cifra considerevole per i tempi, ma da finanziarsi con la Legge Nazionale sui Danni di Guerra, considerato che la struttura era di proprietà pubblica e demaniale in particolar modo. Il progetto redatto si basa sulle seguenti linee generali: recupero della

forma originaria del complesso religioso e in particolare della Chiesa del Bernini, ripristinando il coro, il transetto e tutte le parti distrutte e realizzazione di uffici cimiteriali con spazi tecnici annessi, conformi alle normative del tempo. Una forte azione di recupero viene anche intrapresa nelle zone del Cimitero annesso, ripristinando parte delle strutture murarie della zona monumentale e i campi delle sepolture lesionati. Gli Amministratori del tempo, nel contempo, vista la pressante richiesta di lavoro proveniente dalla società cittadina, nel Giugno del 1947 concedono nuovamente in affitto ad una nota società gli ex magazzini per destinarli a sede di una ceramica di apparecchi igienico-sanitari, prendendo tempo per il recupero delle strutture rimanenti nell’attesa dei necessari finanziamenti ministeriali. Le vicende del Cimitero di San Lorenzo sono intimamente connesse con quelle del vecchio Cimitero di San Giorgio, al centro e oggetto di intenso dibattito cittadino per la sua immediata utilizzazione. Agli inizi del ‘900 viene incaricato un Ingegnere, prediletto collaboratore del celebre Architetto Marcello Piacentini, di compilare un progetto per la costruzione di case popolari nell’area oggi occupata dal giardino pubblico e dal Monumento al Canevari, prospiciente l’edificio scolastico allora in fase realizzativa. Si può ben affermare che le vicende dei Cimiteri cittadini, l’utilizzo delle loro aree e strutture, vivacizzano, infiammano come non mai la vita amministrativa e pubblica della Civita del tempo. Sulla base dei resoconti giornalistici, un dibattito a volte aspro e incentrato in particolare sull’utilizzo dell’intero complesso conventuale di San Lorenzo e sulla conservazione dei suoi tesori, tra cui un inedito Crocifisso Ligneo del Bernini. Nel 1914, bonificata integralmente l’area di via Gramsci, iniziano i lavori di costruzione dell’istituto d’Arte nella vecchia Chiesa di San Giorgio. Il progetto delle case popolari viene definitivamente abbandonato e realizzato il Monumento ai Caduti della I Guerra Mondiale. Nel 1950 il Comune fa compilare un secondo progetto di ristrutturazione di San Lorenzo, questa volta ridimensionando notevolmente i contenuti del primitivo progetto, basandosi soltanto sul recupero conservativo delle strutture architettoniche superstiti e rivolgendo l’attenzione verso l’ala del Convento da recuperare integralmente per adibirla a uffici e alloggi. La svolta per le sorti dell’intero complesso avviene il 14 Novembre 1956, quando presso un importante Notaio viene sottoscritto…. continua sul prossimo numero...


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La rubrica

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dei perchè?

Perché i salvadanai sono a forma di maiale? Recita un detto tradizionale: “del maiale non si butta via niente”. Certo, perché del maiale si mangia tutto, sangue compreso. E il meglio del maiale è proprio dentro, come nei salvadanai! Il maiale è da sempre simbolo di abbondanza. Ed è un portafortuna. Prima della rivoluzione industriale i contadini usavano allevare un maialino senza venderlo o mangiarlo come gli altri: lo tenevano di riserva, per poterlo vendere solo in caso di bisogno. Bene, questo maialino era il precursore dei salvadanai dei tempi nostri.

Modi di dire Perchè si dice "chi ha tempo non aspetti tempo"? Quante volte abbiamo sentito dire "chi ha tempo non aspetti tempo"? Sicuramente in tante occasioni: quando non ci andava di studiare, quando semplicemente aspettavamo l'ultimo giorno per preparare un esame o svolgere un compito. Questo modo di dire viene usato quindi per esortare una persona che, benché sia nella possibilità di compiere un'azione subito, attende sempre l'ultimo minuto.

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ie d r o t s Le Max

Renato Zero Dal Piper Club ai grandi successi

Il primo quarantacinque giri di Zero, stampato in tiratura limitata e affatto pubblicizzato, non darà all’artista la fama sperata. Ma Renato, giovane e pieno di voglia di di Sandro Anselmi arrivare, non si arrende, e tenta di rimanere in tutti i modi nel campo dello spettacolo. Passa, infatti, da ballerino tra i “Collettoni” del programma televisivo di Rita Pavone, alle “comparsate” nei vari film di Cinecittà, tra cui Roma di Federico Fellini. Entra a far parte del cast di commedie musicali dell’epoca, quali la versione italiana di Hair, diretta da Peppino Patroni Griffi e Orfeo 9, un’opera rock di Schipa Jr, dove Zero interpreta la parte di un “venditore di felicità”, insieme all’amica Loredana Bertè, con la quale mette in piedi anche uno strano happening “musical-teatrale”, in cui lei canta e lui dipinge. Viaggia spesso in giro per l’Italia, soprattutto al sud, per portare in scena spettacoli teatrali in qualità di attore-cantante, e tra un palcoscenico e l’altro, raggiunto a bordo di un vecchio pulmino, trova il tempo di scrivere canzoni, che proporrà in uno spettacolo tutto suo No!Mamma no!, dove può mostrare tutta la sua stravaganza e l’anticonformismo che caratterizzeranno tutta la sua carriera. Introdotto da Eddie Ponti, l’artista, una volta sul palco, alterna monologhi a brani che ruotano attorno a temi profondi: l’e-

marginazione, la diversità, la solitudine, l’aborto, il sesso. Uno spettacolo all’avanguardia, di grande impegno sociale, che vuole smascherare le ipocrisie del tempo, mettere a nudo la realtà. Uno spettacolo coraggioso, che attira l’attenzione ma anche molte critiche, soprattutto in un momento in cui i cantautori impegnati e politicizzati, ancora lontani dalla liberalizzazione sessuale, considerata un vero tabù, sono sulla cresta dell’onda. Ma Renato continua per la sua strada, consapevole che sarà quella per il successo e, a distanza di sei anni dal suo primo quarantacinque giri, la RCA edita No! Mamma no!, realizzato proprio con materiale live dell’omonimo spettacolo, che sarà, però, apprezzato da pochi. L’anno successivo, nel ’74, la stessa casa discografica tenta la fortuna per Renato con un 33 giri, Invenzioni, anch’esso lasciato nell’angolo. Quasi per ironia della sorte, invece, molti brani che il cantautore aveva dato ad altri suoi colleghi, avevano raggiunto un successo non indifferente: Carosello, interpretata nel ’69 dalla Goich, Dipende, per Ornella Vanoni nel ’74 e Motel,che prenderà il titolo di Grand Hotel, per Patty Pravo, nel ’76. In questo anno Renato incide il suo terzo disco, prodotto da Franco Migliacci e Piero Pintucci: Trapezio, con Un uomo da bruciare e Madame, i due brani di spicco, che però, ancora una volta, sarà un flop. Finalmente

il ’77 è l’anno della svolta. Le radio libere trasmettono a ruota la sua nuova Mi vendo, tratta dall’album Zerofobia. L’anno seguente esce Zerolandia, con Triangolo, La favola mia, Sbattiamoci e poi Erozero, che contiene, tra le altre, Il carrozzone, La tua idea, Baratto, che consacreranno finalmente l’artista. Basta con le porte chiuse in faccia, dopo tanta gavetta è il momento di godersi il successo. Spettacoli televisivi, affollatissimi e coloratissimi concerti, un film autobiografico (Ciao nì) sono l’inizio di una strada che porterà Renato Zero ad essere seguito ed amato da migliaia di “Sorcini”, ancor oggi.


Campo de’ fiori OMAGGIO A DE ANDRE’, A SORIANO DORI GHEZZI E CRISTIANO DE ANDRE’ Serata di grandi emozioni quella di venerdì 10 Luglio, a Soriano nel Cimino, nell’ambito de “La Buona Novella e altre storie”, la manifestazione con cui la Tuscia rende omaggio al grande cantautore a dieci anni dalla scomparsa. Sul palco allestito in piazza Vittorio Emanuele a ricordare “Faber” è salita anche Dori Ghezzi, con i membri della famiglia Santini Alberto, Maria e Sabrina, la famiglia con la quale De André aveva una profonda amicizia e che spesso veniva a trovare a Soriano. Ne è venuto fuori il ritratto di un De André intimo e privato, curioso della vita, innamorato della Tuscia: un De André poco personaggio pubblico, insomma, ma sempre attento agli altri. “Andiamo a trovare Porsenna, così Fabrizio chiamava Alberto Santini – ha ricordato Dori Ghezzi -: certo, per ricreare la bella atmosfera di casa Santini servirebbe una tavola imbandita”. Tra i tanti aneddoti snocciolati anche una partita a scopone in cui Santini aveva truccato il risultato: l’episodio fu anche oggetto di un articolo apparso sul Corriere della Sera scritto da Fernanda Pivano, presente all’incontro. “Mi ha insegnato il profondo

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amore per l’umanità”, ha ricordato Cristiano De André, Dori Ghezzi e la famiglia Santini Sabrina, mentre la madre Maria si è soffermata sui continui complimenti che De Andrè faceva alla sua cucina (“alla corte di Porsenna si mangia bene”). A Dori Ghezzi è stato consegnato anche un premio dall’artista Francesca Santini. L’incontro con Dori Ghezzi e i Santini è stato forse il momento clou della serata organizzata da Associazione Juppiter e Comune di Soriano nel Cimino: sotto la sapiente conduzione di Salvatore vento più emozionante della manifestazioRegoli, sul palco si sono alternate band ne: “De André canta De André”, concerto locali, filmati ed immagini di Fabrizio De di Cristiano De Andrè che interpreta alcuni André. La stessa Dori Ghezzi e Cristiano dei brani più belli di Fabrizio. De André – presente anche lui in platea – hanno espresso apprezzamento per lo spettacolo. Aperta la mostra “...ma tu che vai ma tu rimani...” all’interno del vecchio Comune, che sarà ribattezzato “Casa delle arti e della cultura Fabrizio De André” (il progetto è stato curato da Associazione Juppiter e Pro loco di Soriano nel Cimino). Sabato 11 Luglio concerto della band di Pier Da sx: Benaimino Mechelli (presidente Associazione De Michelatti, storico bassista di André), Alessandro Mazzoli (presidente della Provincia di De André, mentre domenica Viterbo), Domenico Tarantino (sindaco di Soriano nel sera quello che è di sicuro l’eCimino) e Salvatore Regoli (associazione Juppiter)

IN PIU’ DI QUATTROMILA PER CRISTIANO DE ANDRE’ A Soriano nel Cimino il cantautore ha riproposto le canzoni del padre C’erano oltre quattromila persone, domenica 12 luglio, a Soriano nel Cimino, ad applaudire Cristiano De André, per la terza tappa del concerto “De André canta De André”, il tour che il cantautore sta portando in giro per l’Italia proponendo le canzoni del padre, scomparso dieci anni fa. Il concerto, inserito nell’ambito de “La Buona Novella ed altre storie”, rappresenta uno dei due eventi speciali della manifestazione voluta da Regione Lazio, Provincia di Viterbo, Comuni di Soriano nel Cimino, Canepina ed Acquapendente che dallo scorso maggio si sta tenendo nella Tuscia (www.associazionedeandrecanepina.com). Cristiano De Andrè ha saputo dare alle canzoni di “Faber” un ‘impronta tutta sua, con sonorità rock che rimandano agli U2 e ai Coldplay e il pubblico ha dimostrato di apprezzare parecchio, tributando al cantante e al suo gruppo lunghi applausi e dimostrazioni di affetto. In scaletta alcuni dei brani più noti di Fabrizio De André, da “La canzone di

Marinella” a “Il pescatore”, passando attraverso “Fiume Sand Creek”, “Andrea”, “Creuza de ma”, senza trascurare però canzoni meno note, come “Oceano”, scritta da De André nel 1975 insieme a De Gregori e dedicata proprio a Cristiano. Durante l’esibizione Cristiano De André ha dato sfoggio non solo delle sue qualità canore, ma anche di quelle tecniche: musicista versatile, suona magistralmente violino, chitarra, pianoforte, bozouki. Tanti gli aneddoti raccontati: da quando, bambino, fece arrabbiare il padre per aver morso un peperone che Fabrizio era riuscito a far nascere in un posto inospitale dopo anni di esperimenti a quando, alle cinque del mattino, lo svegliò per sottoporgli il testo di “Cose che dimentico”, l’unica canzone che hanno scritto insieme (Cristiano l’ha proposta a Soriano e, dei suoi pezzi, ha cantato anche “Dietro la porta”). Sotto al palco c’era anche Dori Ghezzi, insieme alla famiglia Santini, legata a De André da una forte amicizia. “Mio padre – ha r i c o r d a t o Cristiano – era molto legato a questa cittadina, ci veniva spesso. E anche io in un

certo senso mi sento a casa, il rapporto con Alberto Santini e la sua famiglia era davvero molto profondo”. La sera prima lo stesso Cristiano De André e Dori Ghezzi, peraltro, hanno assistito al concerto di Pier Michelatti, storico bassista di De André, sempre in piazza Vittorio Emanuele. L’omaggio a De André prosegue mercoledì 15 luglio con la trasposizione sinfonica, a cura del Tuscia Operafestival, de “La Buona Novella”: appuntamento in piazza Garibaldi a Canepina per le prove generali, in attesa della prima nazionale che si terrà sabato 18 luglio in piazza San Lorenzo a Viterbo.


di Riccardo Consoli ... continua dal numero 60

Il 21 agosto 1935, in California, al Palomar Ballroom di Los Angeles nasceva con Benny Goodman la Sweet Era che, ad un certo punto, sarebbe stata definita la Swing Craze - follia per lo swing. Ad avvalorare tutto ciò ricordiamo come, nel corso della serata il clarinettista faceva smettere di far suonare l’orchestra scendeva in pista con i soli Gene Krupa alla batteria e Teddy Wilson al pianoforte e raccoglieva intorno all’improvvisato trio i ballerini che, smettendo di ballare, ascoltavano i musicisti; era questo il primo concreto esempio di concerto Jazz. Più avanti Benny Goodman avrà la fortuna di incontrare un autentico appassionato di Jazz nella persona di John Hammond, figlio di un magnate delle ferrovie del quale nel 1941 sposa la sorella Alice; tutto ciò naturalmente giovò non poco al lancio commerciale della sua orchestra. La Swing Era si inserì in un momento storico assolutamente particolare degli Stati Uniti poiché, la chiusura degli spacci clandestini di bevande alcoliche, consentì al Jazz di uscire dalle fumose atmosfere di quei locali per entrare trionfalmente in quelli aperti a tutti, anche ai giovani, quegli stessi giovani che al Palomar

Ballroom e in tutto il paese avrebbero contribuito a decretare l’apoteosi di Benny Goodman. Dobbiamo ora ricordare come le orchestre da lui dirette si caratterizzarono per la presenza di una sezione ritmica costituita da pianoforte o chitarra, basso e batteria che rappresentava la c.d. base per le tre grandi sezioni di trombe, tromboni e saxofoni quest’ultima, in particolare, poteva contare sulle prestazioni di ottimi professionisti come Arthur Rollini, Vido Teddy Wilson Musso, Bud Freeman, T o o d s Mondello, Giorgine Auld e Jerry Germe; in poche parole, era cominciata l’era delle Big Band e il re dello Swing come ormai veniva definito B e n n y Goodman, aveva letteralmente rivoluzionato il panorama della musica leggera negli Stati Uniti e, conseguentemente, nel resto del mondo. I fratelli Dorsey, Bob Crosby, fratello del più celebre Bing, con i Gene Krupa suoi Bob’s Cats Artie Shaw, altro clarinettista come Bennj, C h a r l i e Carnet, Gene Krupa con la sua pirotecnica formazione oltre, naturalmente, allo stesso Benny Goodman, furono l’esempio vivente del connubio fra il Jazz e le esigenze dello “show business” che, nel-

l’immediato dopo guerra, sarà imitato da mille formazioni pseudo Jazzistiche e tutti i grandi del Jazz nero, da Armstrong a Ellington, da Carter a Hawkins a Wilson, per sopravvivere, furono costretti ad entrare, come attrazioni, nelle orchestre bianche. In passato il solo Jelly Roll Morton aveva inciso con i New Orleans Rhythm Kings ma non aveva mai suonato in pubblico, quindi, Benny Goodman, mostran-

do un notevole coraggio, inserì nelle “small combinations” - trii o quartetti, alcuni grandi del Jazz nero che proponeva come attrazioni negli intervalli delle esibizioni delle sue orchestre e, tra questi, Teddy Wilson al piano e Lionel Hampton al vibrafono. L’esempio fu seguito da altri come Artie Shaw che ingaggiò la grande Billie Holiday; Tommy Dorsey che fece entrare nel suo organico il trombettista Charlie Shavens; Charlie Barnet ebbe con se Howard McGhee; Jimmy Dorsey scritturò la cantante June Richmond e Gene Krupa convinse Roy Eldridge a far parte del suo complesso. Succedeva che in piena epoca della Swing Era si verificò una sorta di marcia a ritroso verso la città sulle rive del Lago Michigan che negli anni venti aveva visto partire i suoi migliori esponenti verso New York, questo ritorno avvenne anche e sopratutto ad opera dei musicisti neri che riemersero dal ghetto nel quale, in qualche modo, erano riusciti a sopravvivere.


, Campo de’ fiori

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Societa’ di Mutuo Soccorso fra gli operai Nei primi decenni dell’800 erano diffuse a sostegno dei lavoratori le collette, cassedeposito alimentate dagli stessi operai e gestite dal padrone che doveva sostenerli in caso di malattia. di Altre forme di assiFrancesca Pelinga stenza erano affidate alle corporazione dei mestieri, alle confraternite in quanto mancava una legislazione sociale e le imprese potevano disporre della manodopera liberamente senza alcun vincolo. Previdenza,assistenza,prevenzione degli infortuni e la tutela dei diritti dei lavoratori erano concetti che non esistevano. Nel 1848 presero a fiorire nel regno Sabaudo le società di Mutuo Soccorso,queste società rappresentarono la prima forma associativa di artigiani e di operai che aiutavano i loro soci nei momenti sfavorevoli come disoccupazione,malattia, infortunio o vecchiaia. Nello Stato Pontificio Pio VII aveva sciolto le corporazioni che erano state parzialmente ricostruite da Pio IX nel 1852, ma gli operai ormai non le consideravano più idonee a promuovere le loro condizioni economiche sociali. Soltanto dopo il 1870 con la nostra aggregazione al Regno d’Italia e con il nuovo clima politico,sociale e culturale nacque anche nella nostra città nel dicembre 1871 una Società di Mutuo soccorso fra gli operai, questa era aliena da ogni parte politica e il suo scopo era di migliorare la classe operaia promovendo l’istruzione, la moralità,il benessere materiale. Vi facevano parte gli artisti,gli operai, i giornalieri e i bottegai mediante il pagamento di una quota mensile. Si doveva fare una domanda di ammissione, l’aspirante Socio doveva essere domiciliato nel comune di Civita Castellana, avere il certificato di buona condotta firmato dal datore di lavoro, il certificato medico che provava che era in buona salute e aver raggiunto l’età di sedici anni e non oltrepassare i cinquanta. La tassa di ammissione era per gli uomini dai 16 anni ai 25 L.1,00, dai 26 anni ai 35 L.1,50, dai 36 anni ai 40 L.2,60, dai 41 anni ai 45 L.5,20, dai 46 anni ai 50 L.10,40. Per le donne invece era dai 16 anni ai 25 L.0,50, dai 26 anni ai 35 L.0,75, dai 36 anni ai 40 L.1,30, dai 41 anni ai 45 L.2,60, dai 46 anni ai 50 L.5,20. L’ammissione dei Soci veniva poi decisa da scrutinio segreto dal Consiglio Direttivo. I soci potevano aspirare alle cariche della società se avevano compiuto 25 anni e nella prima domenica di gennaio veniva eletto il Consiglio dei Rappresentanti che erano venti e dovevano sapere leggere e

scrivere,costoro si riunivano due volte l’anno in Marzo e in Novembre ed eleggevano il Presidente che rimaneva in carica tre anni,il quale aveva diritto di voto deliberativo nelle adunanze, doveva mantenere l’ordine nelle discussioni,doveva visitare quando era necessario i soci infermi. C’era poi il Vice-Presidente, durava in carica due anni, faceva le veci in caso di bisogno del Presidente, il Segretario in carica due anni redigeva i verbali e tutti gli atti della Società, il Bidello doveva diramare gli inviti e essere a disposizione della segreteria, i Sindacatori o Sindaci che esaminavano anno per anno l’amministrazione,il Cassiere che era responsabile del denaro e pagava i mandati firmati dal Presidente, due Consiglieri Direttivi e dal Segretario, i Collettori erano incaricati di riscuotere le quote settimanali, il Consiglio d’amministrazione rimaneva in carica un anno, composto dal Presidente Vice-Presidente e da cinque consiglieri scelti dal Comitato di Rappresentanza che si riunivano ogni quindici giorni. Il Comitato di sussidio e assistenza restava in carica due anni ed era composto da un Provveditore e quattro Visitatori essi dovevano verificare se la domanda di sussidio dei Soci malati fosse vera recandosi a casa del malato e ritirare il certificato medico, nel quale doveva risultare il tipo di malattia e la durata. Il Socio malato avevano diritto ad un sussidio di L.1 giornalieri gli uomini e di cinquanta centesimi le donne per un periodo non maggiore di sei mesi,per altri sei mesi di cinquanta centesimi gli uomini e 25 centesimi le donne a meno che non ci fosse invalidità. Non venivano pagati i primi tre giorni di malattia,il certificato doveva essere presentato entro tre gior-

ni,la Società non pagava malattie provenienti dall’abuso di liquori o vino,risse o da malattie acquisite. Non potevano essere ammessi coloro che avessero delle malattie incurabili, chi aveva subito condanne per indisciplina nel proprio mestiere,una vita scostumata, era escluso chi ritardava il pagamento di due mesi della propria quota settimanale che era di quindici centesimi. Non pagavano la quota settimanale i Soci che erano in servizio presso l’esercito, le Guardie Nazionali, il Socio che dopo dieci anni di iscrizione ed in regola con le quote, qualora fosse diventato inabile al lavoro, aveva diritto alla pensione. Ogni anno a Maggio, veniva celebrata nella seconda domenica una festa per tutti i Soci. Il Presidente di questa Società di Mutuo Soccorso fu nel 1871 Enrico Cantini, i Consiglieri Firmatari: Foschi Fortunato, Coramusi Loreto, Favalli Luigi, Laurenti Stanislao, Laurenti Giuseppe, il Segretario Camillo Montanari. Vorrei con questo articolo sottolineare il valore sociale e storico svolto dalle Società Operaie di Mutuo Soccorso che attraverso le loro iniziative sostennero i lavoratori in caso di malattia ,invalidità, pensione per la vecchiaia in un secolo come l’ottocento segnato da forti stravolgimenti sociali. Solo nel 1898, trentasette anni dopo l’Unità d’Italia, venne istituita, per legge, dallo Stato Italiano la Cassa Nazionale per l’invalidità e la vecchiaia degli operai.

Porta Campo de’ fiori con te sotto l’ombrellone....


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TARQUINIA: INAUGURATA LA TERZA EDIZIONE DEL PREMIO INTERNAZIONALE ARCAISTA Si è svolta sabato 11 luglio 2009, nella Chiesa di Santa Maria in Castello, a Tarquinia (VT), la cerimonia di inaugurazione della Terza Edizione del “Premio Internazionale Arcaista” di Pittura, Grafica e Scultura. Alla cerimonia hanno partecipato circa 400 persone e numerose personalità del mondo della cultura: Paolo Levi, Direttore artistico del Catalogo Arte Moderna della casa editrice Mondadori; Carlo Motta, responsabile del settore libri illustrati della

Da sx: il presidente della giuria Serradifalco, il presentatore Dipré e Massimo Stefani

Mondadori; Carlo Roberto Sciascia, noto critico d’arte, l’artista Vincenzo Zoccola Zambrano, Katia Princi Menniti, regista televisiva e curatrice del premio; il vice sindaco di Tarquinia Giovanni Serafini. La Giuria del Premio è stata presieduta da Sandro Serradifalco, Direttore del “Centro Diffusione Arte” e editore della rivista “Boé”. Il Premio Internazionale Arcaista, ha ricevuto per questa edizione il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri; della Presidenza della Regione Lazio; dell’Assessorato Regionale alla Cultura; della Presidenza della Provincia di Viterbo e dell’Università Agraria di Tarquinia. “Un grande successo di critica e di pubblico, dichiara Massimo Stefani, presidente dell’associazione promotrice dell’iniziativa. Le opere dei 120 artisti finalisti sono esposte in varie parti del centro storico di Tarquinia, creando, in questo modo, un percorso d’arte unico al mondo”. Le opere sono visibili tutti i giorni fino a domenica 19 luglio, dalle 17.30 alle 23.00, nei seguenti siti: chiesa di Santa Maria in Castello, Auditorium San Pancrazio, Palazzo dell’Università Agraria, Ristorante Cantina dell’Etrusco, Hotel Ristorante San Marco. All’interno di Palazzo Bruschi è visibile l’o-

pera fuori concorso del maestro Stefano Solimani dal titolo “La Resurrezione”. Per maggiori informazioni: 349.8361981, 349.8361984.

Da sx: il vice sindaco Serafini,Dipré e Stefani

Valentano stringe il patto di Gemellaggio con Haltwhistle e St. Mèen - Le Grand Martedì 16 giugno si è svolta a Valentano la cerimonia della firma del Patto di Gemellaggio con i paesi di Haltwhistle (Gran Bretagna) e St. Méen – Le Grand (Francia). La manifestazione ha avuto inizio con l’inaugurazione dell’area della ex pesa, riconsegnata ai cittadini dopo i lavori, diventata spazio pedonale ed intitolata ai due paesi gemellati. Successivamente il corteo si è spostato a Porta Magenta, una delle due antiche vie di accesso al paese, dove è stata consegnata una targa ai due rappresentanti di Haltwhistle e di St. Méen – Le Grand, come simbolo delle chiavi della città. La firma del Patto di Gemellaggio si è svolta nel Cortile d’Amore della Rocca Farnese, e ha avuto inizio con gli inni nazionali, quindi sono seguiti i discorsi dei rappresentanti dei paesi gemellati e del Sindaco di Valentano che, confermando qual è lo spirito del patto ha affermato: ”Vogliamo approfondire l’interesse l’uno per l’altro, scoprire ciò che ci accomuna: i comportamenti, le culture, senza considerare un

ostacolo le nostre “diversità”, ma un arricchimento… opereremo insieme nell’ambito delle attività culturali, favoriremo l’incontro tra le associazioni sociali e professionali, divulgheremo i nostri prodotti tipici, promuovendo l’avvicinamento delle realtà sportive e le iniziative turistiche”. Tra gli ospiti intervenuti hanno portato il loro saluto ed incoraggiamento all’iniziativa il Prefetto Alessandro Giacchetti, l’eurodeputato On. Alfredo Antoniozzi, la Senatrice Laura Allegrini, il Presidente della Provincia Alessandro Mazzoli, molti Sindaci dei paesi limitrofi, il Colonnello Comandante dell’Arma dei Carabinieri Giorgio Dino Guida di Viterbo e il Tenente De Cristofaro del Comando di Tuscania.

Il momento più toccante della cerimonia è stato senz’altro la lettura solenne del giuramento da parte dei rappresentanti dei tre paesi cui sono seguiti l’inno europeo e la firma. L’emozione si è sciolta poi con lo scambio dei doni e con la conclusione affidata alla Corale Verentum e al gruppo Creatività in Movimento.


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Nel cuore A Paride Mizzelli Ci hai lasciati il 14 maggio 2009 e noi tutti siamo rimasti distrutti dal dolore. Sei sempre stato una persona meravigliosa, un grande benefattore, sempre rispettato e ammirato da tutti. Porteremo con noi un ricordo bellissimo. Eri un uomo, un marito, un padre e un nonno magnifico. Per le tue quattro nipotine hai fatto sempre di tutto, pur di vedere sui loro visi un grande sorriso. Ti vogliamo e ti vorremo sempre bene e rimarrai sempre nei nostri cuori.

I tuoi cari

DEDICATA A TE Il 14 maggio 2009 te ne sei andato lassù, da quel momento sento strani brividi che restano soffocati e crescono ogni volta che l’immagine di te mi si presenta e non ci sei. cerco sempre ogni tuo ricordo che allevia il mio dolore circondato d’amore, a volte cerco di tenere accesa la luce della speranza accerchiata dal buio più fitto della tua mancanza. Tutto è più difficile non bastano parole per dirti per me quanto sia impossibile non stringerti, ogni istante, ma ormai sei irraggiungibile. Affogo in un abisso di una fine inverosimile,

incapace di reagire e troncare perché schiava di questo sentimento. Mi manca tutto ogni singolo particolare del tuo essere così speciale, sei stato tutto, sei stato presente mai indifferente Padre Nonno e anche cavaliere, sei stato onesto, sincero e dal cuore fiero. Niente mi hai fatto mancare meglio di una regina mi trattavi e sempre mi consolavi, ero la tua piccola, la tua piccina, la tua unica principessa. Qui sul letto ora me ne sto e mai di ringraziarti finirò

di tutto quello che sei stato di tutti quei momenti passati insieme che nel cuore porto e porterò per sempre. Ma ormai non mi dai più niente, di te sempre il ricordo rimarrà anche se più a lungo potevi restar….. Questa è a te dedicata e scusa se ci ho messo tanto, ma ad ogni parola era facile il pianto.

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Selene Mizzelli

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Piazza della Liberazione, 2 Civita Castellana


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u g e o d Giran

Questo Posto H, in Via Giovanni XXIII, come tanti altri a Civita Castellana, è quasi invisibile, sia per le strisce gialle ormai completamente cancellate, sia perchè nascosto da un cassone dell’immondizia. E’, inoltre, privo dello spazio laterale necessario per consentire al disabile alla guida di poter scendere dall’auto, qualora abbia potuto parcheggiarla, senza correre il rischio di essere stato investito dalle tante auto che circolano per quella via!

In via Giovanni XXIII° il segnale di dare la precedenza in caso di semaforo spento è stato occultato dall’euforia di giovani sposi che annunciano il loro matrimonio! Oltretutto è l’unico segnale che preannuncia questo incrocio ed è posto sul semaforo stesso.

Civita Castellana Ecco come si presenta Largo del Bersagliere per chi proviene da Via San Giovanni. La segnaletica insufficiente, induce gli automobilisti a tirare dritti ignorando la rotatoria, con il rischio di scontrarsi con chi proviene dal lato opposto.

Anche le strade sono cadute in depressione! Una panoromica di giorno e di notte dell’enorme voragine nella zona industriale di Civita Castellana, sulla Via Flaminia.

Cari lettori, continuate ad inviarci le vostre segnalazioni, in modo da far presente a chi di dovere le sistuazioni di disagio, e poter vivere meglio le nostre città! Tel. 0761.513117 info@campodefiori.biz Piazza della Liberazione, 2 Civita Castellana

Protegge i tuoi valori Silvia Malatesta - Via S. Felicissima, 25 01033 Civita Castellana (VT) Tel.0761.599444 Fax 0761.599369 silviamalatesta@libero.it



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Per ricordare l’autiere Fiorino Marinozzi …….uno dei seicentomila…….. Premessa: G l i episodi di guerra descritti in questo articolo, sono realmente accaduti durante la campagna di Grecia, nella Seconda Guerra Mondiale. di Arnaldo Ricci Ne è stato protaarnaldo_ric@yahoo.it gonista mio zio materno Fiorino Marinozzi ( Corridonia 1909 – Poggio Mirteto 1980) da noi nipoti chiamato zi’ Fiorino. Mentre mi accingo a scrivere questo articolo, derivato dai racconti precisi e perfettamente documentati, con foto che il tempo non ha ancora sbiadito, il mio pensiero va a tutti quei seicentomila ragazzi delle nostre forze armate che l’8 settembre del 1943 si trovavano a fare il proprio dovere con dignità ed onore, fuori dai confini nazionali non per propria scelta. In questo articolo parlo delle vicende di Fiorino Marinozzi perché sono le uniche che conosco nei minimi particolari, ma lui, è stato solo uno di quei seicentomila soldati italiani, accumunati dai tragici fatti, del settembre 1943, catturati e tradotti prigionieri in Germania, dove patirono fame, privazioni, fatiche , malattie ed umiliazioni, nei campi di internamento tedeschi e che, nonostante tutto, si comportarono dignitosamente per più di due anni, con onore e non collaborarono con chi li aveva catturati. Decine di migliaia non ritornarono mai più a casa! Sono stati scritti molti libri sugli avvenimenti di cui sopra ma a mio avviso, la nostra storia recente ha dato rilievo solo agli avvenimenti interni all’Italia di quei tempi, trascurando invece l’immane tragedia di quei sfortunati ragazzi deportati in Germania, che io definisco “ I dignitosi eroi del silenzio”. Fiorino Marinozzi, nacque a Corridonia ( Mc ) il 05 luglio 1909 da Vincenzo e Giuseppa Miliozzi, quarto di sei figli, due femmine e quattro maschi. Venne chiamato alla visita militare il 21 novembre 1928 ed arruolato di leva, il 24 aprile 1930 nel 4° Reggimento Artiglieria da Campagna, di stanza a quei tempi a Fiume. Dopo pochi mesi dal suo arruolamento, il papà Vincenzo (Corridonia 1873 – Civita C. 1961), si trasferì , per motivi di lavoro, con tutta la famiglia, a Civita Castellana. Già un’altra famiglia Marinozzi, proveniente sempre dallo stesso casato di Corridonia, emigrò a Civita verso la fine del XIX secolo; per cui mio

nonno materno Vincenzo, fu protagonista della seconda migrazione dei Marinozzi a Civita. Fiorino si congedò dal servizio di leva il 03 settembre 1931, raggiungendo poi Civita, dove i suoi vivevano già da un anno circa. Quando arrivò, ebbe difficoltà a trovare

questi nuovi autocarri per un mese. Il 7 maggio dello stesso anno fu iscritto nella forza in congedo di automobilismo militare di Orvieto. Il 10 dicembre del 1940 venne richiamato di nuovo ed assegnato al 7° autocentro di Firenze e subito inserito nei ranghi del 17°

Foto scattata il 20/05/1941 in Grecia durante la campagna di occupazione italiana e documenta l’occupazione da parte degli alpini di un paesello presso Gionina. Il militare autiere, che si vede accanto al suo camion, Lancia 3RO, vicino all’alpino è Fiorino Marinozzi ( 1909 - 1980 ) mio zio materno.

l’indirizzo di residenza della propria famiglia, la quale da qualche giorno aveva cambiato casa e quando chiese della famiglia Marinozzi, lo indirizzarono dai parenti della prima migrazione; è ovvio che i nuovi Marinozzi non erano ancora conosciuti! La sua famiglia era composta dal papà Vincenzo, dalla moglie Giuseppa Miliozzi (di Macerata) dai figli, in ordine di nascita, Ida , Lauro, Federico, Fiorino, Elena, Mario. Attualmente è in vita solo mia madre Elena che è nata a Corridonia il 22 marzo 1912 e vive a Civita con mia sorella. Durante il servizio militare, mio zio Fiorino, che era già in possesso della patente di guida per autovetture, conseguì anche la patente di massimo grado che gli permetteva la guida di qualsiasi autoveicolo, compresi autocarri pesanti ed autobus. A quei tempi, forse egli, ignaro, non pensava che avendo quella patente, poteva essere richiamato alle armi con più facilità rispetto ad altri. Nel 1938, l’Esercito Italiano venne dotato dei nuovi e robusti autocarri Lancia 3R0 che ebbero poi il battesimo del fuoco durante la campagna di Grecia. Immediatamente mio zio venne richiamato alle armi per addestramento su

autotrasporti pesanti già dislocato in Albania. Il 13 gennaio 1941 venne destinato in Albania ed il giorno seguente si imbarcò a Bari raggiungendo Durazzo il 15 gennaio. Immediatamente si trovò proiettato in territorio di guerra. Una guerra che i soldati italiani combattevano con grandi fatiche, dovute principalmente ad un territorio montagnoso ed aspro. I Greci avevano già reagito al nostro attacco ed avevano fermato l’esercito italiano in Albania. Fiorino Marinozzi, che a quei tempi aveva già 32 anni, era uno dei soldati più anziani in zona di guerra, di conseguenza anche il più esperto nella guida. Quando si costituivano colonne di camion per trasportare rifornimenti in prima linea, lui era sempre l’autiere del primo autocarro. Mi raccontava che un errore nella guida del primo autocarro, avrebbe avuto conseguenze su tutta la colonna. Gli autieri che lo seguivano erano tutti pressoché ventenni ed avevano poca esperienza e tanta paura. Si era costretti a transitare su strade sconnesse di montagna, strette e pericolosissime, senza parapetto e sul ciglio di profondi burroni alti anche 500 metri. Il


Campo de’ fiori suo Lancia 3RO transitava costantemente con la ruota esterna destra sul ciglio della strada, a pochi centimetri dal precipizio. Fiorino non aveva paura e se il suo camion avanzava, tutti gli altri potevano avanzare tranquilli; la paura però, spesso faceva brutti scherzi e quasi tutti i giorni, si vedevano camion precipitare nel vuoto senza più speranza per il giovane autiere che guidava. Quando mi narrava questi episodi, diceva: Quanti ragazzini ho visto morire nei precipizi delle montagne Greco Albanesi! Essendo nato nel 1909, tutti quelli che appartenevano alle classi dal 1920 in poi, venivano da Lui chiamati ragazzini. Mi raccontava poi: “spesso, quando si riusciva a scendere dalle montagne tirando un sospiro di sollievo, si veniva presi di mira dagli aerei inglesi che ci martellavano continuamente e contro un caccia, che vola a bassa quota con la mitraglia in azione non esiste bravura di autista che tenga!” Poi continuava:”Su una autocolonna di 20 camion ne arrivavano a destinazione mediamente 12 o 13! Le perdite di uomini, mezzi, e materiale trasportato, erano enormi, ma nonostante tutto, si continuava a fare il proprio dovere, sperando di portare a casa la pelle!” Un altro ostacolo che incontravano i nostri autieri era rappresentato, in alcune zone, dal fango, che impantanava gli autocarri, fermando inesorabilmente tutti quelli che

seguivano. Per far uscire un camion dal fango si impiegavano anche ore; diceva mio zio: “Quando la strada lo permetteva, il camion impantanato si abbandonava sul posto e si aggirava, continuando la marcia vero la destinazione; vi erano speciali squadre con muli che arrivavano successivamente per tirate fuori i mezzi dal fango; per disincagliare un Lancia 3RO erano necessarie delle ore! ”Quando mi raccontava dei camion affondati nel fango, quasi si alterava dicendo: “ se quei ragazzi avessero transitato esattamente sulle mie tracce non sarebbero affondati! “ Un giorno, mentre Fiorino ed altri soldati, erano al lavoro per cercare di tirare fuori dal fango un Lancia 3RO, si avvicinò il suo Capitano che era di Roma e gli sussurrò: “forza Marinò che fra qualche giorno arrivano i muli tedeschi a darci una mano”. Fiorino lo salutò e replicò: “cusi…signor Capitano…ma i nostri muli non sono uguali a quelli tedeschi? “…….no…..replicò il capitano…….” Fra qualche giorno lo vedrai! “. Mio zio non rispose e continuò a lavorare per disincagliare il camion guidato da un suo collega. Quando dopo qualche giorno arrivarono i soldati tedeschi ( chi conosce la storia sa che i tedeschi intervennero successivamente a dare man forte al nostro esercito ) Fiorino si rese conto cosa voleva dire il suo capitano!

43 Dopo l’intervento germanico, ogni autocolonna italiana con più di 10 automezzi, veniva scortata sul retro da un camion tedesco che aveva dei cingoli sulla parte posteriore e normali ruote di camion sulla parte anteriore; questi mezzi venivano chiamati in lingua tedesca Maultier che tradotto in italiano significa mulo. La situazione cambiò radicalmente! Ogni volta che un nostro lancia 3RO si infangava, partiva a tutta velocità il Maultier in coda, raggiungeva il mezzo in difficoltà, scendeva un tedesco e velocemente agganciava il nostro mezzo tirandolo fuori dal fango in soli 3 minuti! Raramente, alcune volte, in presenza di fango molto scivoloso, anche i poderosi cingoli del Maultier giravano a vuoto; in questo caso, veniva utilizzato un verricello, posto sul muso del cingolato ed agganciato ad un albero o ad una roccia; nella peggiore situazione, i nostri camion venivano liberati al massimo in 5 minuti. Quando zi’ Fiorino mi raccontava questi episodi, nei suoi occhi, notavo una espressione di ammirazione per la notevole efficienza degli autieri tedeschi. Nota: nella foto si vede Fiorino Marinozzi accanto al suo camion lancia 3RO il quale, aveva da pochi minuti trasportato degli alpini per occupare il paesino che si vede sullo sfondo, nei pressi della città di Giannina in Grecia. continua sul prossimo numero...


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Roma com’era Ricordi in immagini

Piazza Madama Ecco come si presentava prima della demolizione dei palazzi sulla destra. In fondo si intravede Sant’Andrea della Valle.

Piazza Navona

Inizio dei lavori di apertura per una strada di grande traffico, che dalla piazza avrebbe portato in via Zanardelli. L’opera, per fortuna, non venne portata a termine.


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L’angolo del Bon Ton Occasioni d’incontro speciali Credo di essere in controtendenza con questo mio nuovo articolo visto che ormai le occasioni di incontro con amici sono sempre più nei pub, bar e nelle discoteche, ma credo che non ci sia nulla di di Letizia Chilelli più divertente e rilassante che organizzare una bella serata tra amici, in casa propria, magari proprio nel fine settimana dopo lunghe ed estenuanti giornate lavorative, soprattutto d’estate quando il clima permette di concedersi delle belle serate in terrazza o sul balcone o se si ha la possibilità in giardino. Vediamo quindi quali sono le occasioni di incontro speciali da passare con gli amici, in casa. L’APERITIVO Per organizzare un bel aperitivo, in casa non deve mancare il carrello che posizioneremo accanto al tavolo, su cui predisporre tutto ciò che ci servirà. Sul piano superiore metteremo i bicchieri di varie forme a seconda delle bevande che serviremo, il secchiello per il ghiaccio e le pinze, i tovaglioli, l’apribottiglie, un piattino con fettine di arancia, limone e altra frutta da servire all’occorrenza nelle bevande, lo shaker o il bicchiere miscelatore. Se lo spazio sarà sufficiente vi posizioneremo anche dei vassoi con pizzette, sfogliatine, vol-au-vent piccolini o torte salate intere che poi taglieremo in quadratini. Nel piano inferiore del carrello, posizioneremo le bottiglie degli aperitivi: Vermut bianco, dry, rosso, gin, bitter, acqua tonica, succhi di arancia e frutta, whisky… anche se queste bottiglie potranno essere accompagnate o anche sostituite con vini liquorosi o secchi. Ben accetta, anzi consigliata, sarà la mescita di un vino particolare che il padrone di casa vorrà servire agli ospiti, sia esso uno spumante brut o vino fermo. Sul tavolo non potranno, poi, mancare le piccole insalatierine monoporzione con

noccioline, patatine, mais salato, salatini e olive. Il tutto sarà accompagnato da una musica in sottofondo non troppo alta per non rovinare il clima cordiale dell’occasione. Un consiglio: le bottiglie di vino o di spumante verranno stappate al momento, al contrario delle bottiglie di liquori che potranno essere servite già iniziate. Vi segnalo anche due ricette “da servire” nei vostri aperitivi. VOL-AU-VENT CON RIPIENO AL CONGNAC Ingredienti 500 grammi di pasta sfoglia pronta 1 bicchiere di panna 200 grammi di salsiccia 2 cucchiai di cognac 200 grammi di prosciutto 3 cucchiai di Parmigiano grattugiato 4 cucchiai di latte sale Procedimento: stendete la pasta sfoglia e ritagliatevi 2 dischi con un diametro di circa 20 cm, ponetela poi in forno, sulla piastra ricoperta di carta forno. Con i ritagli di pasta rimasti, formate un lungo cordoncino con il quale contornerete per 2 o 3 giri il bordo di uno dei dischi di precedentemente preparati, dovete in poche parole formare una “scatola rotonda”. Cuocete il tutto per circa 15 minuti nel forno a 240°. A questo punto la “scatola” è pronta. Preparate ora il ripieno. Soffriggete il prosciutto e le salsicce, aggiungete poi la panna, il latte, il cognac, il parmigiano, il sale ed un pochino di pepe. Quando il tutto sarà ben amalgamato ma non del tutto cotto, riempite la “scatola” che ricoprirete poi con il secondo disco di pasta sfoglia in modo da chiuderla. Mettete di nuovo il tutto in forno caldo a 180° e cuocete ancora per circa 10 minu-

ti. Fate raffreddare e tagliate il tutto a quadratini, li servirete come aperitivo. CARRIBEAN CHAMPAGNE 1 cucchiaio di crema di banana 1 cucchiaio di Rum bianco 1 coccia di Angostura Champagne o Spumante a 8° Per la decorazione: 1 fettina di banana 1 fetta di ananas 2 ciliegine da cocktail Versate la crema di banana, l’Angostura e il Rum in un flute. Aggiungete ora lo spumante o lo champagne, mescolate il tutto con delicatezza. Infilate in un bastoncino da cocktail la fetta di ananas, quella di banana e le ciliegine una da una parte e una dall’altra, in modo da chiudere lo spiedino. Disponete la decorazione sull’orlo del bicchiere e sevite. La ricetta è per un bicchiere. Bevete responsabilmente, mi raccomando! continua sul prossimo numero...


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AGENDA Tutti gli appuntamenti più importanti 50° anniversario della fondazione dell’avviamento industriale

Il giorno 19 settembre 2009 in mattinata, si svolgerà una cerimonia presso la palestra comunale di Fabrica di Roma, per celebrare il cinquantesimo anniversario della fondazione dell’avviamento industriale, trasformato poi in scuola media inferiore. Tutti coloro che fossero interessati alla partecipazione o per aver frequentato la suddetta scuola, o per aver conseguito da essa la licenza, sono pregati di mettersi in contattto con il prof. Vittorio Patera tel.0761 569160. I particolari della cerimonia, sono in via di definizione.

Mercatino di antiquariato, artigianato e prodotti tipici A Viterbo in Piazza dei Caduti ogni giovedì pomeriggio Il Comune di Viterbo organizza tutti i giovedì dei mesi di luglio e di agosto un Mercatino di antiquariato, artigianato e prodotti tipici in Piazza dei Caduti, con inizio dalle ore 17 fino alle 24, per far godere le fresche serate estive a coloro che vorranno far visita alla manifestazione. Entusiasta dell’iniziativa è l’assessore allo Sviluppo economico del Comune di Viterbo, Paolo Muroni, che già alla prima edizione di giovedì scorso ha riscosso notevoli consensi dal pubblico. Organizzatrice dell’evento è l’Associazione Take Off, l’avvenimento che vede interessati numerosi espositori provenienti da varie regioni italiane per proporre quei prodotti tipici che sono la risorsa gastronomica di operatori nei vari settori alimentari, vanto della cucina italiana, famosa in tutto il mondo. Oggetti di antiquariato, saranno in vendita, per consentire ai visitatori di poter arricchire la propria cultura e di poter portare a casa un oggetto che da tempo cercavano. Inoltre, interessante il mondo dell’artigianato, che vede esprimere la manualità, molto spesso, di giovani che riescono, con la loro creatività e fantasia, a creare dal nulla amuleti, collane, bracciali e anelli del tutto particolari, unici e gradevoli, oltre che di un certo valore quando sono realizzati con metalli nobili e pietre preziose. Non mancano i libri nuovi e vecchi e tutto il mondo del collezionismo, con monete, cartoline, manifesti, fotografie, figurine, insomma fare un salto in Piazza dei Caduti, Piazza del Sacrario per i Viterbesi, è proprio un’occasione da non perdere, specialmente se accompagnati dai ragazzi, dai figli, da coloro che possono scoprire e sapere la funzione di vecchi attrezzi o di oggetti ormai non più in uso, ma che hanno fatto la storia della civiltà e la storia dell’uomo.

LUGLIO - AGOSTO - SETTEMBRE 2009

ALFIERO ALFIERI in ER MALATO IMMAGGINARIO due atti comici in dialetto romanesco riduzione di Alfiero Alfieri dal testo di Molière con Elena Pelazza, Gabriele Villa, Paolo Orlandelli, Patrizia Fanelli, Enzo Masci, Davide Alfieri, Raffaella Zappalà regia Alfiero Alfieri Musiche Mauro Tiberi Costumi Bice Minori Alfiero Alfieri, esponente del teatro dialettale romano da oltre 50 anni, spalla di tanti noti artisti dell’avanspettacolo ed erede e attore in compagnia col grande Checco Durante, torna al suo affezionato pubblico con uno spettacolo esilarante che rinfrescherà le afose sere dell’estate laziale. Questa volta Alfieri rivestirà i panni dell’ipocondriaco Argante, ripercorrendo in chiave romanesca uno tra i più celebri testi di Molière. ER MALATO IMMAGINARIO, riduzione in due atti comici con la regia dello stesso protagonista, propone un cast di nove attori impegnati in una serie di situazioni altamente comiche nelle quali troneggia il tipico spirito quirite del protagonista romano sornione – ed in cui il dipanarsi di doppi sensi, equivoci e battute dialettali sprigiona un ritmo ferreo che tiene lo spettatore in uno stato di costante esaltazione. In questo contesto, la riscrittura molieriana viene “umanizzata” e il “malato”, da ipocondriaco che era, si riconcilia con la vita trovando nella domestica l’unica donna sinceramente innamorata di lui. Una libera versione che presenta situazioni e personaggi dai risvolti altamente comici e più ispirati ad una efficacia popolaresca che borghese. Queste le date in calendario: Domenica 26 luglio - ore 21.00 - Villa Torlonia, piazza Gugliemo Marconi - Frascati (Rm) Mercoledì 5 agosto - ore 21.00 - Chiostro San Marco, via Umberto Primo, 7 - Tarquinia (Vt) Giovedì 6 agosto - ore 21,00 – Parco della Legnara, piazza Santa Maria – Cerveteri (Rm) Venerdì 7 agosto - ore 21,00 - Villa di Traiano, Altipiani di Arcinazzo - Arcinazzo Romano (Rm) Domenica 9 agosto - ore 21,00 - Giardini Pubblici Trevignano Romano (Rm) Mercoledì 12 agosto - ore 21,00 – Palestrina (Rm) Giovedì 13 agosto - ore 21,00 - Cisterna di Latina (Lt) Domenica 16 agosto - ore 21,00 - Villa Adele, Via di Villa Adele – Anzio (Rm) Venerdì 28 agosto - ore 22,00 - Anfiteatro - Trevi nel Lazio (Fr) Dall’ 1 al 6 settembre - ore 21,00 - Quercia del Tasso, Passeggiata del Granicolo – Roma Infoline: 389 0519430 – alfieroalfieri@iol.it


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AGENDA Tutti gli appuntamenti più importanti FANTASTICHE VISIONI Estate Teatrale Ariccina Dal 26 giugno al 7 agosto 2009 Ariccia, Piazza Mazzini (Belvedere) Direzione artistica: Giacomo Zito Organizzazione: Luigi Criscuolo Orario spettacoli: 21:15 - Ingresso libero Infoline: 06 9399835 – 3331329480

IL CALENDARIO Venerdì 26 giugno - ore 21.15 - TRA LE NUVOLE di Marco Renzi regia di Giacomo Zito con Marco Renzi e Andrea Calabretta Teatro Verde n.o.b. – Eventi Culturali - Teatri Comunicanti Venerdì 3 luglio - ore 21.15 - L’IMPORTANZA DI FAR LA FRANCA ispirato ai monologhi di Franca Valeri regia di Norma Martelli – musica a cura di Nicola Piovanicon Paila Pavese Compagnia dell’Ambra Venerdì 10 luglio - ore 21.15 - ME VOJO SARVA’- NESSUNO CI GUARDA Due atti unici di e con Eleonora Danco Compagnia Eleonora Danco Venerdì 17 luglio h. 21.15 - BRUSCOLINI, MOSTACCIOLI CARAMELLE Scritto e diretto da Tonino Tosto con Lucia Matassa, M. Grazia Corruccino, Piero Ferruzzi, Susy Sergiacomo, Eleonora Tosto, Giorgia Pace Gruppo Teatro Essere

COMUNE DI FABRICA DI ROMA

Venerdì 31 luglio - ore 21.15 - LA BANDA DEGLI ONESTI di Age – Scarpelli – Avallone regia di Antonello Avallone con Antonello Avallone, Francesco Tuppo, Walter Caputi, Sandra Paternostro, Emiliano de Martino, Alessandro Pezza, Stefano Meglio Compagnia di prosa IL PUNTO

propone

Venerdì 7 agosto - ore 21.15 - PAGLIACCIO SARÀ LEI di e con Vanni de Lucia e Andrea Mugnai Associazione Culturale K.O.B. Domenica 2 agosto 2009 - ore 21.00 - CANZONI IMPOPOLARI Concerto di ASCANIO CELESTINI con Roberto Boarini violoncello, Gianluca Casadei fisarmonica, Matteo D’Agostino chitarra Luca Caponi batteria, Andrea Pesce suono, Danilo Facco luci

Assessorato alle Attività Produttive

TUTTE LE PRIME DOMENICHE DEL MESE UN MERCATINO DI ANTIQUARIATO ARTIGIANATO OGGETTISTICA info 0761.569001


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AGENDA

Tutti gli appuntamenti più importanti Un antidoto contro la crisi! Andate a funghi e cercate di avere la fortuna dell’amico Enzo Tizi

Fabrica di Roma - prossima apertura di un centro diurno per ragazzi disabili, con attività ludico ricreative e personale specializzato. Le famiglie interessate possono contattare Chiara al numero 329.6164051. Madonna di Uliano - Magliano Sabina (RI) Orario di apertura per le visite del santuario. Estivo: 17.00/19.00 (fino al 29 Settembre) Invernale: 16.00/18.00 (fino al 30 Aprile) Per informazioni: Parrocchia San Liberatore Marciani Pierino 339.4428780 Taizzani Natalina 0744.91891 Ernoni Alfio 320.8408350


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La banda del Bandito Gasperone nel Forte di Civita Castellana Nella prima metà dell ‘800, le zone dell’alto Lazio non erano abbastanza sicure per i viaggiatori. Specialmente nelle località boscose ed impervie, c’era la facile eventualità di imbattersi nella sagoma caratteristica e paurosa del brigante. I nostri nonni narrano ancora le vicende dei più recenti, Ansuini, Menichetti ed altri; ma la fama di Gasperone supera anche quella del famigerato Tibursi che operò fra i boschi del Cimino. Gasperone veniva dipinto a quei tempi come un brigante buono, che punisce i signorotti che maltrattano i propri dipendenti, che non perdona tradimenti e squarta senza pietà le spie. E’ famoso l’episodio di quel contadino che si era accordato con gli sbirri per la cattura del bandito. Il poveretto, che già da tempo portava i riforminenti a Gasperone, nascosto fra i boschi, si era accordato con le forze dell’ordine per indicare il nascondiglio, ma gli andò molto male, perchè, come raccontano i vecchi il somarello tornò a casa solo, portando nelle ceste il contadino fatto a pezzi. Gasperone non era naturalmente solo; aveva un contorno di dipendenti, e di favoreggiatori, che eseguivano i suoi ordini e lo avvertivano di imminenti pericoli. La sua stella però declinò per la mancanza di accordo nella banda, e la sua cattura avvenuta fra i boschi di Capranica fu potuta effettuare con il tradimento di alcuni dei suoi, che peraltro furono anch’essi arrestati, e andarono a fargli compagnia per svariati anni nel Forte di Civita Castellana. Sembra che la permanenza di Gasperone e di alcuni elementi della sua banda nel Forte di Civita Castellana dati dal 1840 al 1870. Le mamme civitoniche di quei tempi non avevano bisogno di ricorrere al lupo a babau per farsi ubbidire dai propri figliuoli; bastava che dicessero ”Ora vado a chiamare Gasperone!”.


La Redazione di Campo de’ fiori si associa agli auguri Tanti auguri a Barbara e Roberto per essere diventati genitori e benvenuto a Riccardo Di Benedetto, dai nonni materni e paterni, dagli zii Romina, Ovidio, M. Adele, Alessandro, Emiliano, Enrico, Chiara, Luca, Silvia e Sara. Un bacio dai cuginetti Desirè, Christian ed Emma.

Tanti auguri a Emma Lucrezia Tanti auguri a Lorenzo Romito che il 29 Giugno compie che compie 2 anni il 5 2 anni! Dalla mamma, il papà, i Luglio, auguri da nonni materni e paterni, gli zii: mamma Chiara, papà Ovidio, Roberto, Romina, Fabrizio, la sorella Gianluca, Enrico, Barbara e Lucrezia, i nonni e gli Un sincero augurio di feliciChiara. Un augurio in particolazii. tà ad Orlando Tosti e re dalla sorellina Destre e dai Cristina Prosperi che il cuginetti Christian e Riccardo. 13 giugno si sono uniti in Congratulazioni matrimonio, dai genitori “ Tanti e felicitazioni Pierino ed Angela auguri a a Valentina e Rodolfo e Giulia. Federico Tizi che il 16 Roscioli Luglio si è lauche il 30 reata in scienGiugno ze dell’educacompie zione dai geni10 anni ... tori, dal fraLella” tello e dal fidanzato. Tanti auguri di buon compleanno a Edoardo Migliorelli che compie gli anni il 21 Luglio e a Emanuele Beccaccioli che compie gli anni il 26 Luglio !!! Tanti Auguri a Martina Topini x i suoi 11 anni, compiuti il 26 Giugno, dalla sorella Lavinia

Tantissimi auguri a Marta Roscioli, Eleonora e Michela Cola che festeggiano il loro compleanno rispettivamente il 4 Giugno, il 18 e il 22 Luglio.. Un augurio enorme da tutti gli amici del bar...


La piccola Sara di Corchiano augura buon compleanno alla sorellina Chiara che compie 8 anni il 24 agosto e alla cuginetta Sofia che compie 1 anno il 25 agosto. Tantissimi auguri ed un bacione anche da parte dei genitori, dei nonni e degli zii.

Auguri ad Angela Massaccesi che il giorno 27 agosto 2009 compirà 2 anni. Dalla mamma Valeria, il papà Emanuele, i nonni, gli zii e tutti i cuginetti....... AUGURI!!!

Tanti auguri a Federico Salza che il 4 Luglio ha compiuto 18 anni, da mamma, papà, tua sorella Sara, Ivan e tutti gli zii e cugini.

… 40 anni sono arrivati!! ... di tempo né è passato … e tante cose sono cambiate ... ma una cosa non cambierà mai … che sarai sempre nostra sorella!!! Una sorella meravigliosa! “Grazie” e buon compleanno Azzurra e Roberta.

Vorrei fare gli auguri di buon compleanno ai miei tesori di nipotini Manuel, che compie 8 anni il 24 Luglio e Davide, 7 anni il 17 Agosto. Tanti auguri da nonna Paola, da nonno Gianni, zio Andrea, i bisnonni Arduino e Liliana, i cuginetti Leonardo e Emma, zia Graziella, zia Gianna. Tanti bacioni da tutti noi. Tanti auguri a Melissa Pirri di Corchiano, che il 19 luglio compie 9 anni, dal papà Massimo, la mamma Viviana e dal “fratellone” Ivan

Tanti auguri a Giovanni Pingitore che l’8 Agosto compie 6 anni, da papà, mamma, nonno Domenico, nonna Sandra e zio Stefano.

Tantissimi auguri di buon compleanno a Eliana che il 18 Luglio compie 19 anni, da Valerio e famiglia, Roberta, Claudio e Bruna … bacioni!!

Tanti auguri a nonna Maria che ad Agosto compie 83 anni.

Tanti auguri di buon compleanno a Vanessa Fusco che il 17 Giugno ha compiuto 10 anni. Dai genitori, i nonni e gli zii. Tantissimi auguri a Riccardo Riccini per il suoi 10 anni che compie il 26 Luglio, con tanto amore da mamma, nonni, zii e cugini.


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Tanti auguri a Gianluca e Tamara di Corchiano che si sono sposati il 7 giugno. Un abbraccio dai testimoni Eleonora, Valentina, Ilaria, Claudio e Gianluca.

Tanti auguri a Maria De Santis che compie 80 anni il 17 Luglio, dai figli Franco, Tarcisio e Massimo, dalle nuore e dai nipoti.

Ciao sono Alessio e vi annuncio che i miei genitori si sposano il 22 Agosto. Auguri da tutta la truppa Lopez. Congratulazioni a Sara Pandolfi che il 10 luglio ha conseguito la laurea in lettere da tutti i parenti e gli amici.

Il 13 Luglio, Gianpaolo Lopez è diventato dottore in ingegneria con 108! Da tutti i Lopez un grande in bocca al lupo! PS: Crepi il lupo.


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CIAO! Sono TURLU e ho 4 mesi circa Sono molto vivace, maschio, di taglia piccola e …. CERCO CASA!!! AIUTATEMI!!! Saprò darvi tanto affetto e vi farò una grande compagnia... Facciamo presto. Tel. 3389383581

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TURBO canetto di piccola taglia, pelo raso, giovane, castrato (1 anno ½ circa) ESUBERANTE, SIMPATICISSIMO cerca casa dove ci sia già presente un altro cane (almeno una femmina sterilizzata) No appartamento ma giardino Vi farà un sacco di compagnia! Tel. 3389383581 LUNA: 15 mesi, meticcia incrocio boxer e/o lupo e/o rhodesian e/o rottweiller, taglia medio piccola, sterilizzata, vaccinata, 23 kg circa, positiva alla Leishmania, curata e guarita, deve solo prendere 1 compressa la giorno. Ha bisogno di spazio aperto!!

REGALO cuccioli,di taglia medio piccola (nati 07-06-09) 2 femmine e un maschio Tel. 3333433609

Ciao, sono KELLY, ho circa 4 anni...sono femmina quasi di razza e buonissima, taglia medio grande ma discreta. I miei padroni si trasferiscono e cercano per me una nuova casa. Non fatemi finire in canile vi prego! Vi darò tutto il mio affetto... Sono già in stallo presso l’abitazione di una volontaria, ti aspetto. Tel. 3389383581

Ci sono giunte segnalazioni di gruppi di cani randagi nelle campagna dell’area Faleritana. Chiediamo l’intervento delle Autorità prima che succeda qualcosa di irreparabile.

Non abbandomarmi per strada, portami con te in vacanza


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Album d Campo de’ fiori

1963 - Clorinda Tenti e la madre

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1921 - Famiglia Paolini. Foto del Sig. Vittorio Paolini

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Civita Castellana - Anno 1928 -Classe II elementare.


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dei ricordi Campo de’ fiori

Civita Castellana - Scuola Don Bosco - Anno scolastico 1976-77 - Classe I° A. In alto da sx: Carla Dosa, Sabrina Lucentini, Mauro Gallinella, Gianluca Mancini, Claudio Cecchini, Adio Nucci, Roberto Cimarra, Alberto Calamanti, Mario Matteucci, Giuliano Menichelli. In basso da sx: Monica Magnifica, Maria Luisa Munzi, Piera Melone, Antonella Gentileschi, Mariella Vecchi, Sabrina Petroni, Elisabetta Paolini, Pamela Nesta, Letizia Catinari, Cinzia Perniconi, il Maestro Fausto Silei. Manca all’appello Romina Morbidelli. Foto della Sig.ra Sabrina Lucentini.

Campo de’ fiori Civita Castellana - 8 Giugno 1970 - Classe III elementare sez. A. In alto da sx: Carlo Nelli, Roberto Verardi, Gianni Di Giovenale, Giorgio Testalepre, Ulisse Frezza, Roberto Fantera, Gianni Ricci, Corrado Gemma, Fulvio Massi, Maurizio Tombolini. In basso da sx: Carlo Turetta, Antonio Fallini, Mauro Cingolani, Carlo Rovinetti, Francesco Palmarini, Ercole Groppioni, Nello Monaco, Pasquale Scarcia, Fernando Colazzo, Marco Valeriani, Paolo Giuliani, Valentino Grifoni. Maestra Bonina Ercolini. Foto del Sig. Ulisse Frezza.


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Album de Campo de’ fiori

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Parigi 1973 - Da sx: Alberto Sacchi, Dante Allegretti e Carlo Angeletti.

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Civita Castellana 1926 - Da sx: Minerva, Erina Nelli..

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Civita Castellana 1960/61 III° D - Da sx: Prof. Pandimiglio e la prof. Auguglini - In piedi da sx: Luca Carosi, Alberto Sacchi, Castiglia, Massimo Mancini, Sergio Pescitelli, Giuseppe Brunetti,Sciamanna, Santori, Mariani, Giorgio Flori, Marini. In basso da sx: Chiudami, Alfredo Gasperini, Aldo Ricci, Di Lorenzi, Gezzi, Massaro, Renzo Lemme.


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ei ricordi Campo de’ fiori

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Civita Castellana anni ‘60 - Bar Conti Da sx: Fabrizio Pellacci,Sandro Serafini (Bazzichetta) con ferita da taglio di racchetta provocata da Alfredo Anzellini (ultimo a dx)

Ronciglione - Carnevale 1952 - Sulla carrozza Marisina Cassarà, il cocchiere Vincenzo De Santi Gentili.

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Ronciglione 1898 - Società dei Ragni e Nottoloni


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Album d Campo de’ fiori

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Anni ‘70 - 1. Patrizio Angeletti, 2. Roberto Brandetti, 3. Antonella Sciosci, 4. Carlo Pacelli.

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Fabrica di Roma anni ‘70 - 1. Patrizio Angeletti, 2.e 3. fratelli Ricci, 4. Paola Carofei, 5. Antonio Bianchini, 6. Carlo Pacelli, 7. Alberto Angeletti, 8. Roberto Brandetti.


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dei ricordi Campo de’ fiori

Lago di Vico - 1965. Da sx: Sandro Anselmi, Ivo Carosi, Paolo Proietti.

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Fabrica di Roma - Anni ‘40. Un meritato brindisi di fine mietitura.


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LAVORO

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di Gaetano Grasso

Oroscopo di Agosto Ariete il mese si presenta coinvolgente, ma l’amore dubbioso ed irrequieto continua. Attento alle passioni improvvise, alle cotte estive ed ai menage a trois, te ne potresti pentire e creare danni difficilmente sanabili. Toro il mese si preannuncia tranquillo l’amore e le coccolo la fanno da padrone e per le coppie consolidate potrebbero esserci sorprese molto piacevoli. Quindi goditi con serenità vacanze, amori, parenti, amici… era ora. Gemelli che fatica … dovrai rimettere in sesto settori della tua vita che da tempo ti creano inquietudine ed insoddisfazione, sia in campo affettivo che lavorativo. Rimboccati le maniche e datti da fare. Fine mese sarà più definita la meta. Cancro i rapporti in corso si stingeranno, ma per i singles non ci sarà che l’imbarazzo della scelta e questa scelta potrebbe portare alle nozze. Il tuo “charme” è irre-

sistibile. Leone mese impregnato di tranquillità e giovialità, da dedicare tutto a te stesso. Godi la vita, gli amici… l’amore. Cerca di ritrovarti interamente e veramente, ti attendono situazioni molto coinvolgenti. Vergine i problemi si susseguono senza sosta, ma l’amore ti riempie di coccole e tenerezza. Gli amici ti sono vicini e tutto questo è balsamo per la tua anima. Il mese si conclude dandoti tregua e finalmente godrai le tue vacanze. Bilancia qualcosa non và, il tuo universo si oscura e tu ti trovi a disagio; hai dei sospetti, sei ansioso e dubbioso; non piangerti addosso, reagisci, cerca ed afferma la verità. Ritroverai te stesso e l’armonia. Scorpione finalmente… vacanza. Sarà abbastanza tranquilla e rilassante. L’amore c’è, ci saranno pure nuove conoscenze, che si riveleranno molto utili in futuro.

Sagittario certo complicazioni e malintesi viaggiano con grande intensità in questo mese. Occorre armarsi di pazienza e sciogliere uno alla volta i nodi che si presentano. Dai fondo al tuo ottimismo, ne hai bisogno. Tuttavia la vacanza scorrerà egregiamente. Capricorno il mese scorso ha lasciato un po’ di freddo nei rapporti con gli altri, ed in questo mese il “freddo” aumenta. Metti un punto, ferma tutto, goditi la vacanza, rilassati e ritrova il tuo abituale equilibrio. Forse ti sentirai un po’ solo ma guardati dentro. Acquario il tuo dinamismo, la tua carica ti portano ad accettare e cercare di portare a termine tutti gli impegni. Dosa meglio le tue forze, ma soprattutto rifletti bene sui sentimenti, potresti essere tentato di prendere decisioni di cui potresti pentirti. Pesci come ti dicevo, non malignare su tutto, ma se hai dei dubbi affronta a viso aperto e chiedi spiegazioni. Non fare la vittima, piuttosto spesso sei carnefice. Comunque non fidarti dei pettegolezzi e delle malelingue, è un mese un po’ complicato ma pieno di vita.

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