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Famiglia Nuaresa An XXX N체mar 322 - Ut첫bar 2013

Cum체n da Nuara

Pruincia da Nuara

Region Piemunt

Circul dal 53

A.I.D.O.


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D d L d N d R d

LAND ROVER

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Dò paroli in cunfidénsa di Stefano Rabozzi

CUMÜN DA NUARA

In questo numero: Dö paròli in cunfidénsa di S. Rabozzi L’oro nel novarese di R. Pezzana Sara Novara preistorica di G. Marelli Gambelli Rotaract Val Ticino di A Poggi Steffanina Il museo del giocattolo di C. Rabozzi La Rocca di Arona di M. Rognoni Divide et impera di G. Bianco L’oratorio di S. Andrea di M. Trucco Arte e beneficenza di M. Zurlo Boia per grazia ricevuta di E. Spina Il Lions Club di M. Zucca Marmo Un novarese internazionale di I. Pellizzari Alla ricerca della continuità di G. Chiorazzi

L’è rivà anca l’autün. E anca a Nuara, cume in tüti i altar cità, a droca i föij di pianti e pian pianin i diventan ascherni cume di fantasma. L’allea da Nuara, in particular, la diventa un tapét da föij ch’i gh’han un culur meraviglius ch’al va dal gialdin al maron 3 e che i cuntrastan ch’lè na meraviglia cunt i pianti sempreverdi dal rest dal post. A smea che tut al vegna cuarcià e 4 al faga silensi, cume se l’allea la duissa indurmentass par l’invernu che tra un quai més al riva, prunta a disvegias al prim 8 barlésc da sul ch’al riva in primavera. E quan a piova, pö, a smea che tut al tapét al lüsa, cume se un quai vün l’è ‘ndai li a dagh la cera e a tiral lüstar. 10 At dispiasa fina passagh inscima tantu lìè lüstar e smea che la natüra l’è un artista püssè in gamba da tüti i 12oman miss insèma. E s’a scülga eccume se a sa scülga sü cul tapét lì. Ma fina a quand al tapét al rèsta lì a và tüt bPén. 14 Quand, inveci, cul tapet lì l’è süi marciapé dua ch’a passa la gént, alura al discurs al cambia. 18 A na sa un quai-cus cul sciur che l’altar dì l’è fai un sata-cü in cità, visin la via XX Settembre, parchè i föij lüsenti in mìa stai tirà via. 20 Intant, a diseva al Ginöcc.... ...Sü alegar.... 23 26 30 34 36

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L’ oro nel novarese È indubbio, ci troviamo in una crisi economica che mette in discussione il valore della nostra moneta ed il suo potere di acquisto. Questo è uno dei motivi per cui si parla sempre più frequentemente dell’oro come bene rifugio, e tale è stato considerato in passato nei periodi di sbandamento monetario. Da parte di appassionati si è quindi tornati ad una pratica che è stata attuata con discreto successo sino alla vigilia della seconda guerra mondiale: la ricerca dell’oro sui greti dei fiumi. Non fa eccezione la provincia novarese, i cui corsi d’acqua tornano ad essere percorsi e passati al setaccio alla ricerca del prezioso metallo. I racconti degli anziani, unitamente ai documenti, testimoniano la presenza di oltre 600 cercatori d’oro nei territori tra Galliate e Varallo Pombia, sino agli anni quaranta del secolo scorso. Riferiscono di un lavoro giornaliero di almeno 15 ore, a fronte di un ri4

di R. Pezzana Sara


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trovamento di 10-15 grammi di oro, risultato assai considerevole se confrontato con il compenso di un comune operaio. Gli scritti di Plinio il Vecchio e di Strabone ci raccontano che precedentemente all’insediamento dei Romani, lo sfruttamento delle sabbie aurifere nei fiumi della pianura padana veniva regolarmente praticato. La prova viene fornita dal termine “oro” e dall’approfondimento della sua etimologia. Il pensiero comune per cui tale temine derivasse dal latino “aurum” va rivista seguendo il percorso dei Celti, primi abitanti del nostro territorio, i quali conoscevano ed apprezzavano questo metallo prima del contatto con i Romani: in Bretagna chiamavano questo metallo “aur”, in Irlanda “oir”, in Scozia ed in Catalogna “or”, nel Galles “aur”, in Portogallo “ouro”, nei Paesi Baschi “urheta”. La sua etimologia viene quindi attribuita all’origine indoeuropea delle lingue celtica e latina;

inoltre non va dimenticato che gli Assiri Babilonesi chiamavano l’oro “hurasu” e che anche nella Bibbia viene utilizzata la radice “hur” per indicare la luminosità. Secondo Plinio il Vecchio, in epoca romana, circa 30000 schiavi venivano impiegati nell’estrazione dell’oro nelle zone alluvionali e moreniche della Bassa Gallia. Lo testimoniano le Vie Aureofondine, antiche miniere a cielo aperto riconoscibili da enormi cumuli di sassi, che per circa 2 km costeggiano Varallo Pombia. La zona fu un centro di civiltà celtica assai ricca (Golasecca), per cui fu mira di conquista romana nel 196 a.C., epoca precoce rispetto ad altri territori. Nella valle del Ticino vivevano allora dei cercatori d’oro stanziali, gli Ittimoli, che non appartenevano a un popolo o ad una tribù giunti in valle Padana con i Galli o con gli Iberi, bensì gente del luogo, terrieri, così chiamati poiché la loro attività consisteva nel lavorare le miniere da cui

trarre l’oro. Per avere un documento datato riguardante il Ticino aurifero, bisogna arrivare all’anno 1184; si tratta di un editto imperiale in cui Federico Barbarossa concedeva il diritto di cavare l’oro dai greti del fiume, nei territori di Vigevano e di Abbiategrasso, ai fratelli De’ Beffignardi. Le concessioni dell’imperatore passavano poi ai feudatari e quindi agli ecclesiastici sino a quando i greti divennero proprietà del Demanio che, tramite il Genio Civile, assegnava la “pesca dell’oro” dietro un modesto corrispettivo. L’oro del Ticino si è depositato su sedimenti alluvionali durante l’arretramento dei ghiacciai nell’era quaternaria, quando le alture moreniche delimitarono i laghi alpini. Primariamente l’oro derivava dai filoni di pirite aurifera della valle Anzasca e di altre valli ossolane. A qualche decina di chilometri a sud del lago Maggiore,il Ticino, erodendo i depositi, li tra-

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ro da quelle di altri metalli, imprimendo movimenti rotatori. La successiva ripulitura, eseguita dal cercatore maggiormente esperto, si otteneva, attraverso ulteriori movimenti rotatori, sotto un forte getto d’acqua; a questo punto, con una calamita, veniva recuperato il metallo prezioso. L’oro presente in una tonnellata di sabbia setacciata, si stima in 10 grammi circa in pagliuzze, la cui dimensione di solito è inferiore al millimetro; raramente si rinvengono piccole pepite. La raccolta è forse poco remunerativa, ma certamente è emozionante la loro luccicante apparizione tra le scure sabbie sterili, considerando che la ricerca dell’oro alluvionale è ora un’attività prevalentemente amatoriale. Dagli albori della storia sino al secolo dell’Illuminismo si è costantemente andati alla ricerca dell’oro e della formula per la trasformazione dei metalli vili in esso, attratti dal fascino della sua purezza. Su di esso sono fiorite leggende e raccontate storie: basti ricordare re Mida che trasformava in oro tutto quanto toccava, o visitare la misteriosa Via dell’Oro voluta da re Rodolfo II a Praga, dove ospitava gli alchimisti, per comprendere quanscinava sino ad abbandonarli nelle cosiddette “penisole di magra”, ossia quei fondali bassi in cui te energie scientifiche e risorse economiche ful’energia della corrente era ormai compromessa. rono impegnate a questo scopo. In questi casi, oltre all’ottenimento del prezioQuando, dopo la piena, sul greto emergevaso metallo, attraverso la “Pietra filosofale”, la rino le “sabbie scure”, l’abilità dei cercatori indivicerca si volgeva verso l’immortalità e l’onniscienza, duava la presenza dei metalli. La sabbia, dopo essere stata setacciata, ve- ma il discorso ci porterebbe troppo lontano dal noniva messa in una presa di corrente a forma di im- stro Ticino… buto e definita da due file di ciottoli, alla cui base veniva posto un asse. Su di esso, l’acqua fatta scorrere abbondantemente, depositava nelle sue Foto di pag. 4: Re Mida trasforma sua figlia in scanalature le pagliuzze metalliche, mentre la oro (1893); Foto di pag. 5: Cercatori d'oro nei fiumi piecorrente trasportava con sé tutto lo scarto. Le pagliuzze, a loro volta, poste in attrezzo si- montesi; mile ad un badile quadrato con sponde, (in oleg- Foto di pag. 6: Laboratorio dell'alchimista (1570) gese detto “trula”), venivano separate, quelle d’o-

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IL POLO POSITIVO Novara - via Enrico Mattei, 58

e n o i z a m r o f p o h s k r o w i c i n c e t corsi

3 E L A B . I L F U T U R O A P O R TA T A TA TA D I M A N O

EECOLOGIA. COLOGIA. Fo Fonti nti rinnovabili rinnovabili pper er rrispettare ispet tare ll’ambiente. ’ambiente. EENERGIA. NERGIA. UUso so intelligente intelligente per per risparmiare risparmiare le risorse. risor se. ELETTRICITÀ. ELET TRICITÀ. Prodotti Prodot ti iinnovativi nnovativi pper er aanticipare nticipare ilil ffuturo. uturo. PAGINA A4 A4 indd 2

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a c i r o t s i e r P

Novara Una mattina della scorsa primavera passavo davanti alla Chiesa di S. Maria del Rosario, dove un gruppo di studenti ascoltava di G. Marelli attentamente la Gambelli guida che illustrava particolari architettonici; improvvisamente uno di loro si staccò dal gruppo e venne verso di me chiedendomi a bruciapelo: "Novara è stata fondata dai Romani?" Al momento, sorpresa e sconcertata, gli risposi: "Novara è stata conquistata dai Romani". Dopo questa sorpresa quasi inspiegabile, tra me pensai “semel prof., semper prof.". Questa constatazione mi dà il coraggio di proporre la preistoria di Novara sotto la guida di un volume prezioso, stampato solo in quattrocento copie per la Libreria Lazzarelli; un riconoscente pensiero ai due fratelli Lazzarelli, che estendendo la tradizione di Pontremoli (Lunigiana) delle bancarelle librarie, gestirono di fronte alla loro libreria, sotto i portici di via Rosselli, quasi di fronte a quella moderna del Coccia, una intensa attività di riferimento culturale usando le tradizio-

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nali bancarelle come ritrovo. Il volume in questione è fra le cento copie "ad personam"; le altre trecento in circolazione sono numerate. L'autore è lo storico Francesco Cognasso che nella sua "prefazione" designa un mondo che mi evoca emozioni personali. Nel gruppo di studiosi e di personaggi che lui definisce "modesti sapienti" che fondarono la "Società Storica Novarese" e che ne proseguirono l'attività, come Alessandro Viglio, un nome per me ancora vivo è quello del prof. Carlo Calcaterra di Bellinzago di cui seguii le lezioni all'Università di Bologna. Potrà spaventare la mia intenzione di riferire su un periodo di circa 2000 anni fa, ma una recente lezione alla mostra intitolata "Homo sapiens" mi ha abituata a vedere le cose a distanza di milioni di secoli. Questo di cui riferirò, è un "saggio" anche perchè voglio risparmiare al lettore le notizie dei secoli più vicini a noi, già trattate a proposito di personaggi ed eventi, negli articoli degli anni precedenti. Milioni di anni fa, dopo la glaciazione, nella valle Padana, giunsero uomini; vivevano nelle caverne dei monti, costruivano nelle paludi

capanne su palafitte: incominciava la "STORIA". Dell'età neolitica esistono documentazioni attraverso frammenti di vari fossili, pietre scheggiate, asce, accette, scalpelli di pietra; all'età neolitica successe quella eneolitica degli oggetti di rame puro; con le fusioni del rame con lo stagno sorse la civiltà del bronzo. Mercurago è la stazione preistorica più antica del novarese. Tra il Sesia e il Ticino gli scavi degli ultimi decenni hanno rivelato una regione popolata da tribù laboriose; sulla sinistra del Sesia si trovarono le tombe di inumati. Imponenti le testimonianze della età del ferro, soprattutto per gli oggetti tombali; la civiltà di Golasecca (Varese) riunisce le caratteristiche delle due civiltà precedenti (neolitica e eneolitica) e rappresenta anche la zona in cui si fondano due civiltà: quella orientale e quella occidentale. Plutarco parla di Liguri e di Ambroni; questi ultimi parteciparono come mercenari di Mario nella lotta contro i Cimbri; gli Ambroni si stabilirono nella Valle Padana e si fusero ai Celti (Galli per i Romani) così i Voconzi nell'Ossola (Vogogna ancora ne conserva il ricordo). I Celti, indoeuropei, si espan-


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sero nell'Europa meridionale provenendo dalla penisola balcanica; passarono il Reno procedendo in varie direzioni (fine del II millennio a.C.) meno che a Nord ostacolati dai Germanici. Armati in ferro, occuparono l'altopiano elvetico dal Danubio alle Alpi. Non è accertato come avvenne la loro espansione in Italia: violenta conquista, lenta infiltrazione o sovrapposizione? Secondo gli storici latini (Tito Livio) nel VI sec a.C., Tarquinio Prisco regnante, i Celti scesero in Italia dai passi del Maloia, del San Gottardo e Gran San Bernardo, in cinque ondate: trovarono una vita civile già colonizzata dagli Etruschi; rappresentano la seconda Età del ferro, per i defunti praticano l'inumazione anziché la incinerazione, tipica della civiltà di Golasecca. Plinio afferma che i Celti, quando vennero in Italia, dormivano ancora in terra, contrariamente agli Etruschi. Prima della conquista romana, quel che sappiamo di Novara è di una zona di antiche tradizioni liguri, di stanziamenti più recenti di tribù celtiche quali invasori; la persistenza di queste due civiltà è data, dagli studiosi di linguistica nella desinenza della nomenclatura topografica: i nomi terminanti in -asco di origine ligure sparsi in tutta la regione novarese: Garlasco (Lomellina), Grignasco, Camasco (ValSesia), Cambi asca, Ce sasco, Laura sca , Calasca, Locesco (Ossola) Monteviasco, Marasco, Ossasco, Vedasco (Ticinese); allo stanziamento celtico si riferiscono i nomi in -ate (Trecate, Galliate, Vespolate, Casalgiate, Pernate). Catone e Plinio in alcune loro discordanze, parlando della città di Novara facevano riferimento ai Liguri e ai Celti. Nel 222 a.C. le legioni romane giungono a Mediolanum dopo duri combattimenti attraverso l'Appennino dell'Italia centrale provocando l'intervento dei Celti padani; i consoli Claudio Marcello e Cornelio Scipione avanzano e in uno scontro il primo uccide il re degli Insubri, Vi-

ridomaro, a Casteggio; a questo punto le legioni romane avevano varcato il Ticino e perlustrato il paese sino al Sesia. Dall'Africa e dalla penisola Iberica avanzava Annibale facilitato dagli aiuti delle tribù celtiche. Dalla Lomellina, Cornelio Scipione fu ricacciato sulla destra del Ticino; tutta la regione divenne antiromana e Placentia divenne il limite delle colonie romane. Nonostante la guerra con la Macedonia i Romani ripresero l'avanzata con il console Claudio Marcello e si può essere sicuri che nell'anno 196 a.C. la zona novarese passa sotto la dominazione di Ro-

occupazione romana; le legioni si stanziarono in accampamenti nel centro abitato dei Celti nella seconda metà del II sec. a.C. e giunsero sino al Sesia. Tra l'Agogna e il Terdoppio, dalle bassure boscose in cui scendevano i fiumi, si offriva come naturale baluardo alzantesi a diverse decine di metri una striscia di terreno alluvionale larga non più di 4 km e lunga circa 11 km in direzione di Vespolate, favorevole all'insediamento umano. La conquista aprì questa regione ad elementi venuti al seguito delle legioni ed arrestatisi a creare nuove coltivazioni in terreni liberi creando i "NOVALIA", denominazione collettiva che indica la parcellazione, a scopo di coltivazione, del terreno indiviso; così fu trasformato l'aspetto dell'abitato, che divenne un centro latinizzato. Il nome celtico scomparve nell'aggregazione dei "NOVALIA CULTA" che nella variazione fonetica collettiva doveva diventare"NOVARIA". Questo fu il nome con cui gli agrimensori designarono la centuriazione del territorio in "cardo" e "decumano". I rapporti con i Celti, per i Romani furono difficili, tuttavia i Celti della Transpadania rimasero fedeli a Roma; Novara divenne un "municipium" romano. Cicerone parlava della Transpadania come la base di un futuro ma; i "Impero Romano". consoli stipuA Novara si distinguevano i "civilarono dei trattes urbani" che abitavano l' "urbs" tati di alleanza (foedagli "incolae" che abitavano i "subdus) con le varie "ciurbia muro adiacentia"; tutti pagavitates" (o "pagi") vano le tasse ("munera") ma gli "inceltiche ("foedera colae" non erano ammessi alle cainigna" secondo Cicerone). L'oc- riche pubbliche e religiose: gli cupazione romana portò alla co- "honores". Con l'impero si divinizstruzione di vie e di ponti che favo- zarono gli "imperatores" e le loro rirono anche i commerci. Quelle abitazioni divennero luoghi sacri. Il che interessano a noi furono le vie novarese Caio Valerio Pansa era che da Placentia e Mediolanum si "flamen" sacerdotale addetto al culirradiavano nel territorio celtico, per to di Adriano, Traiano, Vespasiano, il Lambrum si raggiungeva il Ticinum e Tito; sua moglie Albucia Candida da dove per "Novaria" e "V ercel- era sacerdotessa della "diva" Giulae" si giungeva a Eporediae (Ivrea). lia, figlia di Tito e moglie di Domiper questo riguardo "Novaria" non ziano. Chi aveva una carica pubsi Sto arrivando! esattamente dove blica doveva versare una certa somfosse il mercato e il centro dei Ver- ma alla cassa dei questori relativa tecomori, presenti all'epoca della alla importanza della carica; Caio

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Valerio Pansa ricostruì a sue spese le terme che erano state distrutte per un caso violento; una vecchia tradizione novarese che risale al Ploto e al vescovo Bescapè af ferma che nel secolo XVI erano ancora reperibili le tracce dell'acquedotto che portava l'acqua dall'Agogna, presso Caltignaga, il Novara e di tubi di piombo che servivano alle Terme. Novara dovette essere considerata assai presto un caposaldo militare: le mura correvano sul ciglione del sollevamento delineando un rettangolo assai vasto orientato da Nord a Sud (cardo maximus - decumanus maximus). Nel portico della canonica si conservano epigrafi che gettano un pò di luce sulla difesa dell'Impero e del contributo novarese. Nella corporazione di mestiere la più importante era il "collegium fabrorum"; ogni corporazione aveva il suo "magister". Un famoso avvocato novarese fu Al-

bucio Silone citato da Seneca. La città aveva un carattere rurale e l'agro era molto popolato; i cittadini erano proprietari fondiari e le popolazioni rurali vivevano negli stessi territori dei raggruppamenti celtici dell'età del bronzo e del ferro; la coltivazione dava la preferenza alle viti, alle messi e alle rape. I nomi di località con desinenza in anum a gentilizi romani, ma sono pochi e insicuri (Cerano, Cameriano, Gozzano, Cavagliano). Il "diritto romano" funzionava mediante le "leges" e gradualmente le città della Transpadania ottennero la cittadinanza, favorite dall'apprezzamento di Cesare e di Cicerone; ma non tutti a Roma erano d'accordo sia per il timore di perdere privilegi sia per ambizione culturale: la lingua "latina", elaborata in modelli linguistici dell'oratoria greca, subiva delle inflessioni celtiche così cheTito Livio fu criticato per la sua "pata-

vinitas" (Padova) e Catullo (V eronese) introdusse nel linguaggio poetico amoroso i termini popolari come "basia"(baci) al posto di "oscula" e altri solecismi. Quando Milano divenne una delle capitali dell'impero , con la tetrarchia di Diocleziano , anche Novara beneficiò dell'avvenimento divenendo partecipe della politica, dell'economia e della cultura milanese. L'invasione di eserciti di origine germanica da Est ( i cosiddetti "barbari" coloro che balbettano, che parlano male) costituì un fenomeno epocale. Ma la rivoluzione più profonda fu quella spirituale e culturale che prende il nome di "cristianesimo". Sarà il vescovo Gaudenzio, contemporaneo di Ambrogio, a segnare cristianamente la storia di Novara. L’immagine di pag. 8 e di Mirko Bosio (g.c.)

IL ROTARACT VAL TICINO DI NOVARA INAUGURA L’ANNO SOCIALE 2013-2014 Il Presidente Marco Franchignoni presente i progetti benefici per sostenere l’infanzia.

di A.Poggi Steffanina

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Domenica 7 settembre 2013 il Rotaract Club Val Ticino di Novara, guidato dal Presidente Marco Franchignoni (foto a lato), ha celebrato l’ apertura dell’anno sociale 20132014 all’insegna della tradizione con un pranzo conviviale informale presso lo storico ristorante del Mottarone. Prima di degustare i prelibati cibi tipici della montagna, il Presidente


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Franchignoni ha delineato le linee guida programmatiche: durante l’anno i giovani del sodalizio, di età compresa tra i 18 e i 30 anni, saranno impegnati a sostenere due iniziative dedicate all’infanzia: l’Attività di Pubblico Interesse Nazionale (A.P.I.N.) del Distretto Rotaract 2 031 e 2032 in favore dell'associazione Crescere Insieme Sant'Anna Onlus per ristrutturare il Reparto di Neonatologia attraverso il contributo economico per un sistema di monitoraggio integrato e il progetto benefico a livello

nomica, da non potersi permettere il pagamento di 6.000,00 euro della retta annuale della scuola materna. Crediamo fortemente -continua il Presidente del Rotaract- nell’importanza del valore sociale e solidale del progetto che ci ha proposto l’Associazione Amici Opera Pia Carlo Negroni Onlus e siamo certi che con il nostro impegno potremo regalare un sogno e un sorriso a chi è meno fortunato di noi garantendo il diritto foncittadino promosso dall’Associazione di volontariato Amici damentale dell’accesso all’istruOpera Pia Carlo Negroni Onlus zione.”. Sarà proprio un anno coinper finanziare una borsa di stuvolgente e ricco di eventi: infatdio per inserire un bambino alti sono già fase di programmal’Asilo Nido. “Il Rotaract Val Ticino di No- zione e organizzazione la “Cavara -spiega Marco Franchi- stagnata” in piazza a novembre, gnoni- parteciperà attivamente la raccolta benenfica di tappi di alla raccolta di offerte benefiche, bottiglia in plastica per conto di attraverso l’organizzazione di più un ente assistenziale, una festa iniziative, per inserire nell’Asilo di Halloween in discoteca con la Nido dell’Opera Pia Negroni di collaborazione del Rotaract Borvia Giulietti n.12 un bimbo di una gomanero/Arona e uno spettafamiglia che purtroppo si trova in colo teatrale a Trecate. una temporanea dif ficoltà eco-

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Nella sede distaccata di Casa Rognoni a Novara

Riapre il museo Pagine a cura di Chiara Rabozzi

Il Museo del Giocattolo, nelle Salette didattiche di Casa Rognoni, riapre al pubblico dopo mesi di chiusura: porte aperte alla singolare raccolta che sarà visitabile gratuitamente dal martedì al venerdì dalle 09.00 alle 12.30 ed il Sabato dalle 14.00 alle 19.00 (Lunedì chiuso). La casa museo Antico palazzo situato in una delle vie urbane più centrali della città di Novara, offre alla collettività una testimonianza del prezioso arredo di famiglia, lasciatoci nel 1985 da Alessandra Rognoni Salvaneschi. 12

del giocattolo

Gli oggetti e le collezioni d’arte applicata che vi sono conservate, frutto della passione sua e del marito Franz, furono raccolti e custoditi nelle stanze della raf finata abitazione cittadina con l’intento di raccogliere il maggior numero possibile di documenti della cultura materiale dell’ambiente novarese. Vi si trovano infatti pizzi, ricami ottocenteschi, abiti d’inizio novecento, ceramiche strumenti professionali e di mestiere, attrezzi da lavoro domestico e un importante raccolta di giocattoli d’epoca, di cui la mostra presenta una selezione.

L’esposizione Nella concezione attuale il gioco fa parte del mondo dell’infanzia. Ma non è sempre stato così. Solo con l’ascesa e il raf forzamento della borghesia, nel XVIII e nel XIX secolo, la fase dell’infanzia fu scoperta in tutte le sue caratteristiche e da allora il gioco divenne strumento educativo. Il riconoscimento dell’essenza liberatoria, fantastica e creativa del ‘giocare’ determinò la nascita di oggetti destinati ai bambini: i giocattoli. Scrive Baudelaire: “… Tutti i bambini parlano con i loro giocattoli; i giocattoli diventa-


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no gli attori nel grande dramma della vita, ridotto alla misura della camera oscura del loro piccolo cervello. I bambini dimostrano attraverso il gioco la loro grande capacità di astrazione e la loro enorme forza immaginativa. Questo mezzo con cui i bambini soddisfano la fantasia è segno della spiritualità dei loro concetti artistici. Il giocattolo rappresenta l’iniziazione del bambino all’arte, o piuttosto all’applicazione pratica dell’arte, e divenuto adulto, nessuna perfetta opera d’arte susciterà in lui lo stesso calore, lo stesso entusiasmo, la stessa sicurezza…” . Teatrini, marionette, lanterne magiche Nella seconda metà dell’Ottocento si diffonde il “gioco del teatrino” sintesi di due tradizioni contrapposte e lontane: quella popolare degli spettacoli di piazza tenuti dai burattinai ambulanti, e quella colta del teatro delle marionette in voga nei salotti aristocratici. Protagoniste dei teatrini sono le marionette, mosse con estrema perizia dai marionettisti attraverso un sistema di fili, esse ripropongono i personaggi delle favole più care all’infanzia. Altre forme di svago molto apprezzate sono le lanterne magiche. Ad esse spetta il merito di avere introdotto gradualmente il movimento delle immagini, precorrendo così le moderne forme di animazione. Giocando s’impara Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si assiste alla nascita del giocattolo industriale come ricostruzione del mondo dell’adulto. Scopo di queste ricostruzioni d’ambiente è l’acquisizione di destrezza e dimestichezza con le attività femminili per le bambine, e la conoscenza del mondo del lavoro per i maschietti. Tutto ciò rappresentava un passaggio indispensabile nell’educazione del bambino verso la vita futura. I giochi di società Nati inizialmente come occasione di svago e passatempo per gli adulti, con l’affermarsi dell’attenzione al mondo infantile essi si connotano di nuovi significati e di intenti didattici e pedagogici. Creati con semplici materiali, quali la carta e il legno, tra la fine del 19° secolo e l’inizio del 20° si dif fondono sul mercato che, rispondendo ad una pressante domanda, ne inventa di nuovi destinati esclusivamente ai fanciulli. Le bambole Fin dalle sue origini antichissime la bambola si identifica come giocattolo “sovrano” tra tutti gli altri balocchi. Le bambole non erano - e non sono ancora oggi - solo giochi: questo concetto appare ben chiaro di fronte alla loro apparenza di “duplicati umani”. Oggetto di innegabile bellezza, con il suo fascino irresistibile conquista grandi e piccini e diventa il simbolo e il veicolo di emozioni e desideri. Il mondo in miniatura Lo spirito di emulazione che spinge il bambino ad imitare il comportamento dell’adulto si esprime con la produzione di piccoli modelli in scala quali navi, soldatini, mezzi di trasporto. Veri e propri capolavori che, prodotti inizialmente dagli artigiani, a partire dal 19° secolo, vedono la nascita di industrie che utilizzano diversi materiali quali stagno, piombo, latta e, più tardi, la gomma. Informazioni: Telefono: 0321 3702758 Numero Verde: 800 500 257 Fax: 0321 3702760 13


a c c o R

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La

di Arona

Sul lago Maggiore, con una vista meravigliosa S e si h a l’occasione di fare una gita al lago Maggiore, senz’altro u n a tap p a di M. Rognoni d’obbligo è Arona. Tra i molti scorci interessanti della città e oltre alla statua di San Car-

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lo, c’è la Rocca di Arona: in una posizione invidiabile, da cui si gode uno stupendo panorama, è anche un sito ricco di storia. La costruzione delle fortificazioni medievali e di età moderna ha profondamente mutato l’aspetto di ampie porzioni dell’altura della Rocca. Si sono così distrutti i contest i archeologici che si trovavano sulla sommità,

oggi attestati dai numerosi frammenti di ceramica che si rinvengono sui pendii. La più antica testimonianza rinvenuta, risalente al Neolitico (circa 7.000 anni fa), è il frammento di un anellone in pietra verde levigata. Questi manufatti, dall’uso ancora sconosciuto, erano realizzati da pietre delle Alpi piemontesi e dif fusi in tutta


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Europa. A partire dal 1300 a.C. sulla Rocca si insedia un abitato che probabilmente dura fino all’età romana: i numerosi frammenti ceramici sono databili dall’età del Bronzo recente (XIII a.C.) al primo periodo della cultura di Golasecca (X - VII secolo a.C.), ma non mancano testimonianze dell’età della romanizzazione. Il controllo del territorio, posto tra i colli e il lago, di fronte ad Angera (dove è presente un’altra famosa Rocca), rende strategicamente importante l’altura, che viene occupata quando cessa di vivere l’abitato perilacustre dei Lagoni di Mercurago (i materiali sono conservati presso il Civico Museo Archeologico di Arona). La Rocca, in età romana, doveva porsi solo come naturale baluardo a protezione del’insediamento distribuito dalle sue pendici meridionali fino al lago.

In quest’area infatti sono i numerosi rinvenimenti tombali effettuati nell’ambito del centro cittadino a dimostrare una stabile frequentazione almeno fino dal I secolo prima di Cristo. Solo in anni recenti è stata indagata una porzione di edificio residenziale nel parco di V illa Cortese che costituisce per ora l’unica vera testimonianza dell’abitato romano a corona del quale le necropoli si distribuivano. La persistenza dell’insediamento nel corso dell’età tardo antica e altomedievale non è al momento supportata da validi riscontri archeologici se si esclude la casuale presenza di un corredo maschile longobardo in frazione Mercurago. Sempre ai piedi della Rocca si collocano, a partire dagli anni intorno al Mille, le fondazioni religiose, come il cenobio maschile dei SS. Gratiniano e Felino, come elemento di continuità insediativa più

evidente. Già nell’XI secolo la Rocca è una fortezza, arx, con scopi militari e diviene anche il rifugio dei vescovi di Milano in fuga dalla città. Le prime notizie della Rocca si trovano in un documento dell’anno 999 che regolava uno scambio di terre tra l’abate del monastero di Arona e l’arcivescovo di Milano: tra i testimoni compare il nome di tale Gisemondo, abitante sulla Rocca. Alla fine del XII secolo la fortezza entra nella sfera di influenza dei potenti milanesi e viene rinforzata per contrastare gli attacchi delle città alleate a Federico Barbarossa. La fortezza passa sotto il controllo dei signori di Milano, i Torriani, seguiti poi dai Visconti. Durante gli scontri tra le due famiglie per il potere di Milano, Ottone Visconi occupa la Rocca, che viene successivamente distrutta da un esercito dei Torriani. Do15


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po la vittoria dei Visconti nella battaglia di Desio del 1277, la Rocca viene ricostruita. Nel 1439 il duca di Milano, Filippo Maria V isconti, concede Arona e la Rocca in feudo a Vitaliano Borromeo. Dopo pochi anni lo stesso Vitaliano diventa conte di Arona. Inizia il consolidamento delle strutture difensive della città, a cominciare dalla Rocca. La fortezza viene dotata della terza cinta muraria e di una strada segreta, che collega al nuovo porto militare, costruito negli stessi anni. La maggior parte dei ruderi visibili oggi sulla Rocca appartiene a questo periodo. All’inizio del XVI secolo anche Arona viene coinvolta nel conflitto tra Francesi e Spagnoli per il predominio sull’Italia. Negli anni di governo spagnolo su Milano, la Rocca subisce frequenti presidi milita16

ri spagnoli, inviati dal governatore per contrastare gli attacchi nemici. La fortezza viene colpita da ben sette fulmini che causano altrettante esplosioni alla polveriera. Arona accoglie favorevolmente le truppe napoleoniche nel 1798, al momento del loro arrivo in Italia, ma dopo pochi mesi la Rocca viene nuovamente occupata dalle truppe austriache, che sono costrette ad arrendersi definitivamente ai francesi nel giugno del 1800, dopo un assedio durato una ventina di giorni. Poche settimane dopo, Bonaparte decide la distruzione totale della Rocca in quanto poteva costituire, in caso di occupazione da parte dei nemici, un ostacolo per il transito delle sue truppe. L’opera di demolizione mediante l’utilizzo di cariche

esplosive dura per quasi un anno e avviene a spese della città de della provincia dell’Alto Novarese. Il materiale ricavato sarà utilizzato per la massicciata della nuova strada del Sempione destinata a unire Milano a Parigi. Nel 1807 la Rocca torna a far parte dei possedimenti dei Borromeo, con la condizione “di non poter cambiare faccia del luogo”. Essi hanno però perso i diritti feudali su di essa. Venuto meno il suo ruolo difensivo, la fortezza per anni viene mantenuta priva di vegetazione, per evitare di favorire nascondigli di eventuali nemici. Si trasforma successivamente in un’area agricola basata soprattutto sulla coltivazione della vite e sull’allevamento bovino e suino. Utilizzo che dura circa fino agli anni Sessanta del XX seco-


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lo, poi l’area viene abbandonata, anche per la scarsa resa del terreno. La Famiglia Borromeo nel 1970 ne concede l’utilizzo al Comune di Arona a condizione che l’area sia adibita a parco pubblico e così avviene fino al 2002. Dopo quasi dieci anni di chiusura e di abbandono (2002 – 2011), il 10 settembre 2011 è riaperta grazie al dialogo intrapreso tra l’Amministrazione Comunale Gusmeroli e la Famiglia Borromeo conclusosi con la sottoscrizione di un contratto in comodato d’uso della durata di 16 anni. Per la riapertura del parco sono stati necessari interventi di

manutenzione e messa in sicurezza, nonché il restauro di alcuni ruderi d’ingresso per consentire l’accesso all’area eseguiti con la supervisione delle Soprintendenze per i beni architettonici e paesaggistici e per i ben i archeologici. L’opera è stata possibile grazie al contributo della Regione Piemonte, di fondazioni bancarie, aziende private e al lavoro di numerosi volontari che, gratuitamente e in sinergia con gli uffici comunali, hanno realizzato interventi di manutenzione a testimonianza dell’affetto degli aronesi per questo luogo. Ritornata fruibile agli aronesi e da numerosi turisti, la Rocca rinasce così a nuova vita, pronta

ad essere valorizzata quale patrimonio storico e luogo di cultura e aggregazione in una cornice scenografica unica in tutto il Lago Maggiore che teatro di eventi e manifestazioni. L’illuminazione delle fortificazioni, il proseguimento dell’opera di restauro e manutenzione in collaborazione con le Soprintendenze, il recupero della torre d’ingresso e il rilievo, analisi e restauro della murature del castello e delle fortificazioni tutte sono obiettivi che si intendono raggiungere nel corso della durata del comodato con l’ausilio di Fondazioni, enti pubblici, privati e volontari.

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Divide et impera C’è stato un periodo nella nostra storia che noi eravamo poveri a tal punto che potevamo richiedere in Comune il certificato di povertà e misedi L. Bianco rabilità (foto a fianco). Dopo due guerre mondiali catastrofiche non concepibili oggi, ci siamo rimboccati le maniche, i politici, gli intellettuali così come gli operai tutti insieme facevano il loro dovere e con qualche “aiutino” esterno elargito con magnanimità sia a destra che a sinistra e soprattutto al centro del nostro schieramento politico finalmente negli anni 60 ci siamo risollevati. In quegli anni avevamo un sogno chiamato Europa, insieme alla Francia, alla Germania Federale, l’ Olanda, il Belgio ed il Lussemburgo ci siamo inventati di tutto pur di arrivarci, la CEE (comunità economica europea), l’ EURATOM (comunità europea dell'energia atomica), la CECA (comunità europea del carbone e dell’ acciaio) perdendo giorno dopo giorno sovranità nazionale in cambio di poco. Confinati sull'isola di Ventotene, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi tra il 1941 e il 1944 scrivono “Il Manifesto per un'Europa libera e unita”. Si tratta del primo documento ufficiale che prefigura la necessità del18


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l'istituzione di un' Unione europea di tipo federalista, con una moneta unica europea, un esercito unico europeo, ed una politica estera unica europea. Per questi motivi è considerato il testo fondante dell'Unione europea. Di tutto quello pensato oltre 60 anni fa in quel manifesto è stata realizzata solo la parte riguardante la moneta unica senza l’istituzione di una Banca Centrale Europea con il potere di stampare moneta. In queste condizioni l’ Euro è nato già morto. Ed ora chiediamoci il perché. E’ evidente che un Europa forte farebbe paura a chiunque nel mondo, basti pensare che nel G7 ossia le sette nazioni sviluppate con la ricchezza netta piu' grande al mondo ben quattro sono europee, Italia, Francia, Germania e Regno Unito. Provate ad immaginare se veramente il processo di integrazione europea fosse concluso, noi europei c’è la giocheremmo alla pari con America, Russia e Cina, avremmo di diritto un posto permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’ Onu e lo scenario della politica mondiale cambierebbe, ed è proprio questo che America, Cina e Russia non vogliono e che da ormai oltre 60 anni stanno applicando usando tutti i mezzi possibili una regola inventata dai Romani quasi 2000 anni fa, Divide et impera. Con una moneta unica, gestita da una Banca centrale europea unica con il potere di stampare moneta, un unico esercito, un’ unica politica estera e magari un unico presidente europeo eletto da tutti i cittadini dell’ unione io sono convinto che la crisi attuale nata in America lì sarebbe rimasta e noi avremmo risparmiato lacrime e sangue. Questo non risultato non è frutto di nostri errori o cattive valutazioni durante le relative elezioni nazionali europee ma di alcune lobby mondiali potentissime che per conto nostro pensano e decidono ovviamente sempre a loro favore facendo pagare a tutti noi i costi. Leggendo i dati pubblicati dal Fondo monetario Internazionale attraverso la pubblicazione del World Economic Outlook Database, edi-

zione ottobre 2012, si evince chiaramente chi potrebbe governare il mondo. L’ Europa nel suo insieme ha un PIL di 17.610.826 milioni di dollari, gli Stati Uniti di 15.075.675 milioni di dollari, la Cina di 7.298.147 milioni di dollari, la Russia di 1.850.401 milioni di dollari. Ora capite perché hanno tutti gli interessi a tenerci divisi ed a rimandare all’infinito la vera integrazione dell’ unione europea. Noi siamo i più ricchi del mondo ma non ci permettono di essere anche potenti. Siamo il loro forziere senza fondo a cui attingere a piene mani. Vi sono molte tecniche messe in atto in dei forum strani e quasi segreti come ad esempio il Bled Strategic Forum, o nelle riunioni mondiali degli “Illuminati” ed altri ancora. Ad esempio vogliamo una banca centrale mondiale? Crisi economica mondiale orchestrata dagli illuminati che controllano il sistema finanziario, reazione, fate qualcosa, soluzione, serve una banca centrale mo ndiale per stabilizzare la situazione ovviamente gestita da chi ha creato il problema. E’ così che funziona. Sempre. Generare un problema, provocare una reazione, offrire una soluzione. Non serve un vero problema basta instillare il sospetto. Un esempio classico Saddam Hussein ha le armi di distruzione di massa, non era vero ma è bastato il dubbio per giustificare l’ invasione dell’ Iraq. Tra non molto succederà la stessa cosa con la Siria e poi toccherà all’ Iran. Un altro esempio, il cambiamento climatico non è generato dall’uomo ma dall’ attività solare, quindi non c’è un vero problema ma c’è la soluzione, aumento delle tasse per finanziare ad e sempio progetti di energia rinnovabile come ad esempio l’eolico che oltre a deturpare il territorio, servono a poco (regolarmente messe in conto sulla bolletta dell’ energia elettrica e del gas) con la scusa di salvare il pianeta che in realtà non ne ha alcun bisogno. La centralizzazione di un potere mondiale è sempre più evidente e passo dopo passo si arriverà ad una dittatura mondiale gestita da

delle persone che probabilmente non vedremo mai e di cui non conosceremo mai i lori nomi. Per quanto riguarda l’ Italia stiamo messi ancora peggio, la destra non esiste più, la sinistra poi !!! è meglio non parlarne … messi insieme come stà accadendo ora con il governo delle larghe intese danno l’idea di una polpetta avvelenata da far ingurgitare ad ogni costo agli italiani. Sembra che non ci sia via di scampo, che sia normale che chi paga le tasse, paga oltre il 50% del suo reddito in cambio di nessun servizio efficiente ed efficace. Secondo gli studi effettuati dalla CGIA di Mestre e pubblicati il 9 settembre di quest’anno, nel 2013 la pressione fiscale raggiungerà il 44,2% del Pil, ogni italiano neonati e vecchi compresi pagheranno mediamente circa 11.629 Euro di tasse e contributi. Questa è una cifra pazzesca che non si riuscirà a sopportare a lungo. È molto difficile far arrabbiare gli Italiani, ma se ciò accade, come penso stia accadendo, la storia finisce sempre a Piazzale Loreto. Forse si stava meglio cento anni fa, quando si andava in Comune a richiedere il certificato di povertà e miserabilità e con quello in tasca si viveva felici e contenti.

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L’Oratorio di S. Andrea

di M. Trucco

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Il lungo ed affascinante percorso lungo la strada dell’arte e delle bellezze culturali del Novarese prosegue sulle pagine del nostro mensile, soffermandosi ancora una volta a Gattico, piccolo comune di collina che conserva eccezionali ricchezze artistiche e monumentali che, ancora oggi, contribuiscono a far conoscere la storia nelle sue pieghe nascoste ma sempre straordinariamente affascinanti. Il periodo medievale è quello che a Gattico ha lasciato le testimonianze più interessanti, soprattutto per quanto riguarda l'architettura romanica. Nel periodo a cavallo tra alto e basso medioevo la pieve de Gatego, come molte altre in tutta la Pianura Padana, conobbe

una notevole crescita, e seppur meno ricca e potente di altre pievi del territorio (ad esempio quella vicina di Cureggio), promosse la costruzione di diversi edifici religiosi. La circoscrizione ecclesiastica dell’epoca comprendeva i piccoli insediamenti attualmente compresi nel territorio comunale gattice, e altri collocati oggigiorno nei comuni di Borgomanero, Oleggio Castello e Veruno. Una di queste testimonianze monumentali, purtroppo ancora poco nota ma di grande interesse storico, è l’oratorio di Sant’Andrea, collocato fuori dal centro abitato, inglobato in una cascina privata. Una chiesa ad una navata con abside semicircolare, la cui facciata non


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è visibile in quanto obliterata dalle murature di una casa e da un fienile. Si tratta con ogni probabilità di una delle dieci cappelle della pieve di Gattico che sono ricordate in un documento risalente al 1133, ossia la bolla di papa Innocenzo II, in cui si parla di “plebem de Gatigo cum cappellis suis”, ed è menzionata anche nel 1387 come chiesa “sita in località Quarexono”. Alla fine del XVI secolo, Sant’Andrea, che apparteneva territorialmente a Gattico, nello specifico alla pieve dei SS. Cosma e Damiano, nonostante il beneficiario fosse il prevosto della vicina pieve di Suno, non era più frequentata con continuità ma veniva aperta solo nei giorni di festa dedicati al santo patrono. Tuttavia si presentava in buone condizioni, eccetto l’altare, e per tale motivo il noto vescovo novarese Bascapè ordinò al prevosto di Suno di allestire un nuovo altare, secondo la forma prescritta dell’epoca, e nuove campane. Il campanile, eretto per l’iniziativa vescovile, rimase collocato sul fianco meridionale della chiesta per tutto il XVIII secolo, e solo recentemente è stato abbattuto. Sempre nel Settecento accadde che i benefici fino ad allora appartenuti a Sant’Andrea, divennero appannaggio della chiesa parrocchiale. Attualmente questo oratorio medievale si presenta in discrete condizioni di conservazione, soprattutto per ciò che concerne la parte esterna: si può infatti osservare perfettamente il fianco N della struttura in cui sono evidenti due fasi della costruzione dell’edificio, delle quali la più antica è caratterizzata da una serie di archi a tutto sesto di tipo paleocristia-

no retti da sottili lesene; al di sopra di questi archi rimangono bene visibili alcuni archetti pensili che dovevano costituire la cornice di coronamento del fianco. Un doppio registro superiore di archetti più piccoli, che corre lungo tutto il fianco dell’edificio, costituisce il sopraelevamento della struttura avvenuto in epoca successiva. L’abside semicircolare è senza dubbio la parte più interessante dell’intero complesso, poiché presenta il motivo architettonico, piuttosto inconsueto in un contesto del medio novarese, dei fornici suddivisi a gruppi di quattro divisi da sottili lesene. Al di sopra dell’abside, coperta da grossi tegoloni, il frontone posteriore dell’edificio presenta una finestra a croce, e anche su di esso sono ben visibile le tracce di un’ulteriore sopraelevazione che conferma sviluppi architettonici e murari della chiesa, a partire dal nucleo originario. Poche infine sono le porzioni visibili del fianco S, di cui però si riesce a riconoscere la muratura, costituita da pietre squadrate in modo irregolare disposte in corsi orizzontali legati insieme da un sottilissimo strato di malta bianca. Nel complesso si tratta di un monumento di estrema importanza, la cui costruzione è da collocarsi intorno alla metà dell’XI secolo, soprattutto alla luce delle caratteristiche architettoniche evidenti nell’abside.

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Arte e Beneficenza

L'Associazione CASA ALESSIA ONLUS nasce il 28 gennaio 2006 dalla volontà di parenti e amici di mantenere viva di M. Zurlo la memoria di Alessia Mairati e di Paola Di Gregorio, figlia e madre, entrambe decedute il 2 luglio 2004 a Panama in un incidente aereo. L’associazione è una Onlus che ha sede a Novara. Organizza iniziative di carattere umanitario dirette a fornire i mezzi materiali per l'alimentazione, l'istruzione, l'educazione, l'abitazione, la cura di bambini e di giovani poveri e bisognosi, in Italia e all'estero, con particolare attenzione verso l'Ecuador dove Alessia Mairati ha vissuto gli ultimi 10 mesi della sua vita. L’associazione, in quanto ispirata dalla vita di Alessia, si occupa di studiare, informare, sensibilizzare ed organizzare o prom u o v ere i n i zi a ti ve atte a raggiungere precisi obiettivi preposti a favore di bambini, giovani, poveri e bisognosi di ogni forma di assistenza. Casa Alessia Onlus è in particolare attiva nelle seguenti attività: • Adozioni a distanza dei bambini ospitati nella struttura di Masango (Burundi),orfanotrofio dove vengono ospitati bimbi da 0 a 3 anni orfani di mamma o di entrambi i genitori, affidati alle cure delle suore del Sacro Cuore. • Nel corso del 2007, in collaborazione con il Rotary Orta San Giulio, promotore dell’iniziativa, ha contributo alla costruzione del Centro di Sanità di Masango in Burundi: la struttura in questione, chiamata CASA ALESSIA, è gestita da Suor Celina, ap-

partenente alla Congregazione delle Sorelle della Carità di Novara, missionarie in quei territori da oltre 20 anni. Opera terminata nell’aprile del 2008. • Nel corso del 2008, sotto la guida di Padre Bepi, missionario Saveriano da oltre 40 anni in Burundi, è stato costruito un villaggio di 48 casette. Le casette sono state donate a ragazzi di strada di 15/17 anni quasi tutti orfani. Padre Bepi ha insegnato loro un lavoro e l'Associazione ha dato loro un tetto per consentire un futuro di speranza. Il villaggio terminato a maggio del 2009 è stato chiamato “VILLAGGIO ALESSIA”. Una venti-

na di basse costruzioni in mattoni, ricoperte di lamiera, si adagiano sui fianchi di una verdissima collina. Ospitano questi “ragazzi di strada”, figli della guerra, bambini- soldato e molta altra umanità da aiutare nell’inserimento non solo nel mondo del lavoro, ma soprattutto nella vita. Le case sono suddivise in piccoli appartamentini o in camere singole dotate dei servizi essenziali per consentire diverse tipologie residenziali. Attorno all’opera del villaggio sono nate delle cooperative di giovani che collaborano con padre Bepi nella costruzione e nell’allestimento di strutture a servizio dei più poveri. 23


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di dare a loro un futuro e dignità. Infatti l’obiettivo è dare una formazione e un minimo di istruzione ai bambini ,in modo che possano avere un futuro migliore e un posto sicuro dove rifugiarsi ,imparando qualcosa di utile. • Altri progetti in corso: India, nel corso del 2012 Casa Alessia Onlus contribuirà con materiale e attrezzatura scolastica alla missione gestita dalle Suore della Carità di Novara. Albania: aiuti umanitari diretti a Scutari, cittadina colpita nel recente passato da violente alluvioni. Italia: ristrutturazione di due im-

• Progetto in corso: a Buterere (Burundi) è in costruizione una casa adibita ad asilo per bambini di strada, gestita dalle suore ( le Sorelle della Carità). L'Asilo sarà chiamato “ASILO ALESSIA”. Il primo mattone è stato deposto a Natale 2010 nell’ultimo viaggio di volontariato nella zona, da Chiara Mairati , sorella di Alessia. Si tratta di un edificio a 2 piani di circa 450/500 mq: la casa sorgerà accanto alla nuova missione delle Suore Sorelle della Carità di Novara e sarà ricovero anche di bambini di strada e bambini soldato. Sarà costruita sotto la direzione di PADRE BEPI, che costruisce case, asili, ospedali e si occupa soprattutto di bambini in giovane età, ragazzi ex militari o ladruncoli, abbandonati o orfani: hanno visto uccidere i loro genitori o i loro fratelli , o nella migliore delle ipotesi hanno ancora le famiglie,che, però, non sono in grado di occuparsi di loro in modo continuo. A questi ragazzi Padre Bepi insegna un mestiere (muratore falegname, saldatore, idraulico, pittore...) cercando 24


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mobili di proprietà della parrocchia di Sant'Agabio (Novara) destinati a divenire centri di aggregazione per i ragazzi di una zona particolarmente difficile della città. Sempre a Novara, ristrutturazione del centro diurno destinato ai bambini autistici (con Associazione nazionale genitori soggetti autistici). A l'Aquila, ricostruzione del centro bambini soggetti autistici distrutto dal terremoto.

Recentemente la Società Fotografica Novarese ha organizzato un mostra fotografica a favore dell’Associazione. Un gruppo di giovani studenti ha interpretato liberamente il tema del “tempo” con una serie di stampe dinamiche e fantasiose che riflettono la soggettività del concetto, ma al tempo stesso anche la varietà di ideali che riflettono il tema sotteso. Il percorso fotografico esposto

ha voluto, ancora una volta sottolineare come cultura e solidarietà cooperino perfettamente: l’entusiasmo e l’acuta creatività delle nuove generazioni crea un’unione tra due principi che sono il fondamento di ogni società civile. L’intero ricavato è stato devoluto alla ONLUS. Per maggiori informazioni consultate il sito www.casalessia.net

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PERONE DA NOVARA

Boia per grazia ricevuta

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di E. Spina 26

"Mese di agosto 1415. V enne fatta provvisione in Consiglio generale che un tal Perone da Novara fosse liberato dalle mani del signore Podestà di Siena per nessun maleficio da lui commesso, per il quale era condannato a morte, ma dovesse rimanere nelle carceri del Comune, eseguendo esecuzioni per la giustizia in qualità di manigoldo". Va a Cesare Paoli, archivista e diplomatista fiorentino che dal 1865 al 1871 prestò servizio presso l'Archivio di Siena, il merito di aver fatto riemergere dalle ormai dimenticate pagine della storia il nome di un nostro concittadino che, agli inizi del XV secolo, fu vittima di ciò che oggi definiremmo una sorta "errore giudiziario". Perone da Novara, "uomo nobile e di nobile casata e molto noto" fu infatti accusato di aver compiuto un maleficio e dunque condannato alla pena capitale. In quei secoli tormentati bastava poco per finire nella mani del boia ed al tempo stesso la giustizia tutta operava secondo criteri, se così possiamo chiamarli, decisamente discutibili e per nulla equanimi. Prova regina era la confessione, che un buon carnefice ben sapeva

come ottenere, ma forse per le sue nobili origini o forse per l'inconsistenza delle accuse a suo carico, si può presumere che Perone da Novara non passò mai per la camera di tortura. In caso di incontro con l'aguzzino era infatti quasi impossibile riuscire a respingere le accuse non assecondando nel contempo il volere degli accusatori ed anche se a seduta conclusa era richiesta una ratifica dell'eventuale confessione estorta al fine di farla divenire spontanea, un eventuale rifiuto alla sottoscrizione della prova regina appena ottenuta portava direttamente ad un nuovo incontro col maestro di giustizia. A questo punto l'idea di ricevere ulteriori tratti di corda faceva apparire la pena capitale come una rosea prospettiva. Il caso in esame è tuttavia piuttosto particolare ed infatti, a ben vedere, pare proprio che il novarese non incontrò mai il boia per un diverso e ben più elementare motivo, il carnefice era indisponibile. L'innocenza di Perone fu riconosciuta "per nessun maleficio da lui commesso" ma al tempo stesso fu preso un provvedimento che, pur scongiurando la sua salita al patibolo in qualità di vittima, prevedeva


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la detenzione in carcere e l'obbligo di prestar servizio come boia. L'innocente fu dunque "condannato in perpetuo a fare esecuzioni per la giustizia in qualitĂ di manigoldo" ma in tempi in cui una ristretta cerchia di potenti poteva deliberatamen-

te prendere drastiche decisioni riguardanti le sorti di un individuo, di fronte a primarie necessitĂ non vi era esitazione nello sfruttare ogni occasione utile e tra le esigenze del momento delle autoritĂ senesi vi era proprio quella di trovare un nuovo car-

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nefice. Quella del boia era una figura professionale a tutti gli effetti, poteva prestare servizio in una singola e precisa giurisdizione oppure spostarsi nei territori circostanti, laddove fossero richiesti i suoi servigi e le sue competenze. Il repertorio delle pene e delle torture era estremamente vasto e per giunta variava di città in città. Provocare il massimo del dolore senza far morire il torturato richiedeva moltissima esperienza, così come molta professionalità era necessaria per far spirare efficacemente la vittima in caso di pena capitale. La paga del boia veniva corrisposta dall'istituzione richiedente il servigio e nel corso dei secoli furono inoltre stabilite precise tariffe per ogni specifica prestazione. Oltre all’onorario ricevuto dal committente, gli stessi familiari della vittima, qualora ne avessero avuto le possibilità economiche, erano poi soliti passare al carnefice qualche soldo al fine di rendere più rapido ed agevole il trapasso del proprio congiunto. Certo, non sempre le pubbliche amministrazioni pagavano con puntualità ed anzi, a volte non pagavano proprio, ma è per far fronte a simili inadempienze che quella dei maestri di giustizia fu una delle prime categorie di lavoratori che ricorse allo sciopero quale strumento di rivalsa nei confronti dei pubblici debitori. Teoricamente quello del boia era dunque un mestiere equiparabile a quello del fabbro, del mugnaio o del maniscalco, ma concretamente e nel quotidiano il carnefice era visto dalla gente comune in modo estremamente negat ivo (e non serve precisare il perché). Il maestro di giustizia professionista era costretto a vivere insieme alla famiglia nella umile casa a lui assegnata, limitando al minimo i suoi spostamenti sia di giorno che di notte. Per un boia non era neppure possibile ristorarsi presso un’osteria in quanto la sua sola presenza era sufficiente a tenere a debit a distanza la clientela ed ancora, in occasione delle feste popolari, tra le prime preoccupazioni degli

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organizzatori vi era quella di avvertire uf ficialmente il boia, invitandolo a non metter il naso fuori dall’uscio. Si trattava dunque di una professione non molto ambita e proprio per questo non di rado il mestiere veniva tramandato dal padre ad un già marchiato figlio, che solitamente aveva già ricoperto la mansione di aiutante del sanguinario genitore. Non tutte le comunità avevano comunque la fortuna di poter annoverare tra i propri membri una premiata famiglia di carnefici e proprio questi posti vacanti rappresentavano per le autorità un serio e non trascurabile problema. A costo di non bloccare l’intero sistema giudiziario, che in assenza di un aguzzino non avrebbe più potuto infliggere le debite punizioni ai vari criminali, il compromesso rappresentava a questo punto un valida ed


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allettante alternativa. In caso di carenza di "mano d'opera specializzata" si risparmiava la vita di un condannato a morte, convertendo la pena del reo in una prestazione perpetua ed obbligata in veste di boia, così da ottenere anche un certo risparmio derivante dalle prestazioni del carnefice che, in tali situazioni, risultavano ovviamente a costo zero. I manigoldi appartenenti a questa particolare categoria non erano di certo dei professionisti del tormento ma è comunque lecito ipotizzare che individui particolarmente predisposti lo sarebbero potuti diventare nel giro di poco tempo, grazie all'esperienza ottenuta sul campo. Perone da Novara tuttavia non era un assassino né tantomeno un farabutto e visto il capo d'accusa a lui contestato con molta probabilità aveva semplicemente attirato su di sé le ire di qualche rivale o di qualche altro invidioso nobiluomo. Mai rassegnatosi alla condizione cui fu costretto, due anni più tardi trovò finalmente il modo di venir fuori da questa paradossale ed inaccettabile situazione, grazie anche al suo lignaggio ed alle amicizie sulle quali poteva contare. Nell'anno 1417 due illustri dottori di legge, tali Cristoforo e Franchino di Castiglione, vennero in aiuto del novarese e da questo momento in avanti più d'una furono le suppliche inoltrate al Consiglio generale di Siena. "Perone da Novara di Lombardia, richorre a la vostra benigna et graziosa Signoria, pregandola, per l'amore di Dio, vi sia recommandato, come a la vostra et graziosa Signoria sò certo è manifesto la mia desaventura et anche lu stare in prisone et lo mestiero che ho facto; et Dio lo sa, a cui nulla persona può celare, che io non commisi mai lu decto peccato". Il nostro concittadino, probabilmente su consiglio o per tramite dei dottori di legge, fornì una deposizione spontanea appellandosi acutamente a Dio, ma nonostante l'indubbia ed indiscutibile valenza dell'onnipotente testimone vi era comunque la consapevolezza che per l'ottenimento della libertà era necessario percorre anche altre strade. "Ora, commesso o no, io mi raccomando a la vostra benigna et graziosa Signoria, pregandola, per l'amore di Dio, che li piaccia a essa Signoria cavarme di tanta miseria, in quanto so' stato et sto". Ma anche il far leva sulla sensibilità e sulla magnanimità del Consiglio non era suf ficiente in quanto bisognava fare i conti con un problema di natura ben più pratica e concreta. L'eventuale liberazione di Perone da Novara avrebbe infatti la-

sciato la città senza un carnefice e questa, come abbiamo visto, era un'eventualità da scongiurare a tutti i costi. I dottori di legge e lo stesso novarese erano tuttavia ben consapevoli del problema, attendevano solo il sopraggiungere della giusta circostanza, da cogliere repentinamente. Durante la permanenza in carcere lo stesso Perone venne a sapere che nella sua stessa prigione era stato rinchiuso tal Simone da Zagabria, uno straniero condannato a morte per furto. Ecco la tanto attesa occasione, non restava che mettersi in contatto col nuovo arrivato, che certamente avrebbe accolto di buon grado la proposta... meglio boia che cadavere. Nulla si sa circa le precise circostanze dell'incontro ma è certo che i due prigionieri ebbero modo di prendere i dovuti accordi. "Magnifici Signori miei, mo' è il tempo di farmi grazia: ché uno Symone, schiavo, è, per certi furti per lui commessi, contento di rimanere a fare lu dicto mestieri, el quale io ho facto. Et ciò ve addomando per l'amore della patria, ché so' italiano et so' de le terra del Duca di Milano; et io, per suo amore, mi raccomando a la vostra graziosa Signoria, che mi fate tanta grazia, ch'io non stia più in tanta miseria, in quanta io sto; et anche perchè innocente del peccato che mi fo apposto a torto, et senza nullo debito de ragione; et anche perchè detto Symone, schiavo, fa volentieri lo decto mistieri, lo quale io ho facto. Et ciò addemando per l'amore de Dio, per amore de lo mio Signore, lo Duca di Milano; et anche per l'amore di mia donna et di miei cinque figliuoli che ho". Ed anche dal carcere giunsero le debite note di riscontro: "Un tal Simone, schiavo, che è condannato a morte dalla curia del presente signore Podestà a causa di un furto da lui commesso, che conta di un valore di 5 fiorini, 7 lire e 7 soldi" e che "supplica di essere af francato dalla pena di morte e resta contento di fare il detto esercizio di manigoldo, essendo giovane e adatto al detto mistero". Il giorno 2 aprile dell'anno 1417 fu disposta la liberazione di Perone da Novara. Il suo calvario era finalmente finito e nel contempo il suo nome mai più apparve su cronache e documenti. Molto probabilmente tornò celermente nei territori del Ducato di Milano, ove poté riprendere la vita che aveva lasciato, cercando di dimenticare i torti subiti e gli orrori commessi. 29


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I Club di Servizio di Novara (Parte terza)

Il Lions Club

di M. Zucca Marmo

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Dopo Rotary e Kiwanis, il terzo in ordine di fondazione tra i club di servizio presenti nel novarese è il Lions Club, costituito da Melvin Jones, un giovane dirigente di Chicago (foto sopra). Jones era socio e segretario di un'associazione professionale rivolta alla crescita del benessere economico dei propri soci, ma riteneva che fosse necessario attivarsi per migliorare la propria comunità e anche il mondo nella sua globalità. Dopo avere convinto delle proprie idee i consoci, contattò altri gruppi simili e, il 7 giugno 1917, fondò a Chicago l’Associazione dei Lions Club, che prese il nome di uno dei circoli fondatori. Pochi mesi dopo, il primo congresso nazionale approvò lo statuto e il regolamento della nuova associazione, decise i suoi scopi e il suo codice etico: in particolare, secondo le idee di Jones, fu stabilito che "nessun club dovrà avere quale obiettivo il miglioramento delle condizioni finanziarie dei propri soci". L ’internazionalità dell’associazione fu cosa fatta nel 1920, quando fu costituito un club in Canada. Nel 1925 Helen Keller, scrit-


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trice e attivista sordo-cieca, invitò i propri consoci a divenire "cavalieri dei non vedenti nella crociata contro le tenebre" e da quel momento l'Associazione si impegnò a favore dei non vedenti. Durante gli anni ’50 e ‘60 si espanse in Asia, Europa e Africa. L'associazione, che ha la propria sede a Oak Brook in Illinois, è cresciuta fino ad avere oltre 1,3 milioni di soci tra uomini e donne (ammesse a partire dal 1986) in oltre 45.000 club di 207 paesi ed aree geografiche. Nel 1951 venne creato da Mr Hausman il primo Lions Club italiano a Milano, il cui primo presidente fu Mario Boneschi. Il “multidistretto” Italia comprende attualmente 17 distretti. Come già accennato, il termine "Lions" deriva dal nome di una delle associazioni benefiche che lo costituirono. Successivamente però, utilizzandone le iniziali, fu coniato lo slogan: "Liberty, Intelligence, Our Nation's Safety" ("Libertà, intelligenza, sicurezza della nostra nazione"). L'Asso-

ciazione si prefigge di servire la propria comunità, di soddisfare i bisogni umanitari, di favorire la pace e promuovere la comprensione internazionale attraverso i club. I suoi scopi, che esplicitano il motto “we serve” (che tradurrei “siamo al servizio del prossimo”), sono così identificati: • Organizzare, concedere lo status uf ficiale e controllare club di servizio, riconosciuti come Lions Club. • Coordinare le attività e standardizzare l'amministrazione dei Lions Clubs. • Creare e promuovere uno spirito di comprensione fra i popoli del mondo. • Promuovere i princ ipi di buon governo e di buona cittadinanza. • Prendere attivo interesse al bene civico, culturale, sociale e morale della Comunità. • Unire i club con i vincoli dell'amicizia, del cameratismo e della reciproca comprensione. • Stabilire una sede per la libera ed aperta discussione di

tutti gli argomenti di interesse pubblico, con la sola eccezione della politica di parte e del settarismo confessionale. • Incoraggiare le persone che si dedicano al servizio a migliorare la loro Comunità senza scopo di lucro e promuovere un costante elevamento del livello di efficienza e di serietà morale nel commercio, nell'industria, nelle professioni, negli incarichi pubblici e nel comportamento in privato. Tra i numerosi progetti di service, citiamo: Sight First: iniziato nel 1990 per la prevenzione della cecità prevenibile e curabile, attraverso la raccolta di fondi per la costruzione di ospedali oculistici, la fornitura di apparecchiature moderne e la formazione di medici e infermieri specializzati, e per effettuare operazioni di cataratta e curare la oncocercosi, meglio conosciuta come cecità fluviale. Lions Quest: i Lions Club sponsorizzano in ogni parte del mondo programmi di prevenzione del-

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zate o in dialisi, minorati fisici e psichici oltre naturalmente a ciechi ed ipovedenti. Gli audiolibri si possono ascoltare anche via web. I Leo Club (Leadership, Experience, Opportunity) sono l’Associazione giovanile del Lions Club. Sono stati costituiti nel 1957 negli Stati Uniti e introdotti in Italia nel 1969. A Novara operano ben tre club, che si riuniscono convivialmente due volte al mese: il Lions Club Novara Host, costituito nel 1958 e presieduto da Maurizio La Masa, che è subentrato in settembre a Fabio Auteri; il Lions Club Novara Ticino, fondato nel 1983, la cui presidenza è passata da Roberto Bertagna a Emilio Mello; il Lions Club Novara Broletto, attivo dal 2000, nel quale Paolo Curti ha ricevuto le consegne da Gabriele Salerno. Tra le diverse iniziative umanitarie e benefiche che i Lions Club novaresi hanno intrapreso, merita una segnalazione quella denominata “Pierino occhialino”, che vede da alcuni anni i tre club impegnati nell’alni guida per persone ipovedenti. lestire un camper opportunala droga e della violenza nelle scuole nelle proprie comunità. I Ogni anno vengono addestrati mente attrezzato per eseguire programmi Lions Quest inse- circa 50 cani, che vengono donati screening oculistici accurati sui gnano ai giovani il modo per af- gratuitamente alle persone ipo- bambini del territorio di età comfrontare le situazioni e risolvere vedenti che ne fanno richiesta. presa tra i 5 e gli 8 anni. Lo scoi conflitti con senso di responsa- Libro Parlato Lions: audiolibri gra- po è di evidenziare precocemente bilità e resistere alle tentazioni di tuiti per chi non è in grado di leg- problemi che in futuro potrebbegere autonomamente. 8000 tito- ro provocare più serie consefumo, alcol ed altre droghe. Due occhi per chi non vede - Ca- li di tutti i generi letterari, letti da guenze. Nell’occasione vengoni Guida: i Lions Club hanno crea- donatori di voce, sono disponibi- no anche raccolti occhiali usati to nel 1959 a Limbiate (MI) una li per chiunque abbia difficoltà vi- che vengono destinati ai paesi struttura permanente che si oc- sive o di apprendimento: disles- in via di sviluppo. cupa dell'addestramento dei ca- sici, anziani, persone ospedaliz-

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Daniele Rudoni

Un novarese.... internazionale! Buongiorno a tutti lettori e lettrici di Famiglia Nuaresa. Su questo nuovo numero, vi presenterò Daniele Rudoni, (foto a destra) un novarese che è riuscito a sfondare nel mondo del fumetto italiano e di I. Pelizzari internazionale. Qui di seguito trovate l’intervista che sono riuscito ad avere con lui, altre parole per presentarvelo sarebbero solo superflue. “Ciao Daniele, tu sei uno dei pochi, se non il solo Novarese che è riuscito ad entrare così in profondità nel mondo dei fumetti, approdando alla Bonelli editore in Italia e persino alla casa delle idee americana per eccellenza, la Marvel! Ma come nasce il Rudoni artista?” “La passione per questo lavoro è nata mentre frequentavo la facoltà di geologia. Proprio lì durante una pausa mi sono ritrovato a leggere Nathan Never e, benché avessi già la passione per il disegno, in quel momento capii che la mia vera aspirazione era di lavorare nel mondo dei fumetti!” “Quindi diciamo che è stato un vero e proprio colpo di fulmine! E dopo averlo capito come ti sei messo in moto?” “Da lì ho iniziato semplicemente a far pressione sui miei per poter frequentare la scuola di fumetto oltre all’università. Dopo esserci riuscito, però, mi accorsi che studiare disegno era, a tutti gli effetti, un lavoro a tempo pieno e che per continuare avrei dovuto mollare definitivamente geologia, una scelta di cui non mi pentii. Ad oggi ho infatti capito che, in questo tipo di lavoro, non c’è sicurezza e per mantenerlo l’unico modo è buttarci anima e corpo!” “Quindi dopo aver concluso la scuola di fumetto e aver ottenuto le basi necessarie hai cominciato a 34

lavorare per diverse case editrici e autori, ma qual è stato il tuo periodo d’oro?” “Be il mio periodo migliore come colorista senza dubbio lo ebbi tra il 2007 e il 2010. In quel periodo lavoravo con il disegnatore Stefano Caselli su G.I. Joe per la casa editrice IDW . Un giorno Brevoort, un grande dirigente della Marvel, contattò Stefano chiedendogli se eravamo disponibile per lavorare con loro. Noi ovviamente accettammo subito e lavorammo su serie come “Young Avengers vs Runaways” e “Secret Warriors”.” “Per un italiano è senza dubbio molto difficile lavorare per una casa editrice così importante a livello mondiale. Essendo stato dietro le quinte ed avendo vissuto a contatto di grandi autori cosa puoi rivelarci della Marvel?” “La Marvel ha un organizzazione ferrea e molto disciplinata, il che gli permette di avere il controllo


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su tutte le testate in uscita. Ognuno ha un suo compito preciso a partire dallo sceneggiatore che, dopo aver scritto la storia, deve passarla al disegnatore. Quest’ultimo raffigura su carta le tavole e le da all’inchiostratore, che ripassa i contorni con la china per poi far completare l’opera al colorista. Finita la base di preparazione viene tutto spedito al letterista, che ha il compito di inserire i dialoghi. Tutto questo sotto stretta sorveglianza dell’editor, che si occupa di tutte le correzioni, anche le più piccole. Una volta ho colorato il costume di un personaggio basandomi sulla luminosità del paesaggio, l’editor appena l’ha visto mi ha chiesto di rifarlo mantenendo i soliti colori sia al buio che alla luce per far spiccare sempre il supereroe!” “Quindi, avendo lavorato sia qui che in America, hai trovato grosse differenze?” “Non grosse ma enormi differenze! A partire dal rapporto casa editrice-cliente, la Marvel sta molto attenta alle esigenze del cliente e cerca sempre di stare al passo coi tempi. Prendendo come riferimento Iron Man, ad esempio, da cinquant’anni a questa parte è diventando sempre più ipertecnologico , basti pensare che nella prima serie del 1963 l’attrezzo più tecnologico di cui disponeva, oltre l’armatura, ero il cellulare touch! In Italia invece, case editrici come la Bonelli cercano di essere più tradizionaliste e mantengono intoccati gli stessi personaggi da sempre imponendo

paletti considerevoli agli autori, il che fa della casa italiana il suo considerevole punto di forza ma anche di debolezza nell’attrarre nuovi lettori.” “Tu hai lavorato anche per altri editori importanti se non sbaglio, puoi raccontarci qualcosa di queste esperienze?” “Si ho lavorato anche per Sergio Bonelli editore, sempre come colorista, per Tex, e qui vorrei dire che ho raggiunto uno dei miei più grandi sogni: colorare il mio eroe dei fumetti preferiti fin da quando ero piccolo. Poi ho lavorato anche per un classico novarese, cioè Capitan Novara che ora si chiama Capitan Nova di cui coloro le copertine. Infine ho disegnato e colorato una Grafic Novel per Marsilio editore, una piccola casa editrice di libri che ha voluto sperimentare quest’arte neonata. Adesso mi sto occupando della tecnica manga, senza dubbio una delle più divertenti da imparare e scoprire date le sfaccettature e tutta la strumentazione che possiede. Mi sto impegnando per seguire i grandi maestri orientali cercando di disegnare fino a cinquanta tavole mensili. Ovviamente è anche uno stile molto complesso, infatti i volti contengono pochi elementi essenziali da utilizzare con la massima attenzione per riuscire a dare espressività!” “Ora sei docente alla scuola del fumetto di Novara e quest’anno vi è la seconda edizione del corso di manga condotta da te. Vuoi parlarcene?” “Il corso di manga è fatto in collaborazione con 35


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l’Accademia di Belle Arti di Novara ed è un corso base che tocca tutti i passi fondamentali per creare un manga, dalla stesura della storia alla realizzazione delle tavole utilizzando sia le tecniche manuali ma soprattutto quelle digitali (esempio della foto nella pagina a lato). Le lezioni saranno serali di due ore dalle 20:00 alle 22:00 dal 7 ottobre per dieci lunedì di seguito. Inoltre ci saranno tre seminari gratuiti aperti a tutti che approfondiranno il discorso grazie all’aiuto di esperti. Uno si terrà a dicembre e tratterà di editing professionale, poi a febbraio con Angela Vianello che ci racconterà la sua esperienza da mangaka e infine a maggio dove si parlerà di Manga Senpai, cioè la casa editrice digitale di manga.” “Bene ti ringraziamo per il tuo tempo Daniele, prima di concludere vuoi dire qualcosa a tutti i novelli o aspiranti fumettisti?” “Assolutamente si. Io ricordo sempre a tutti coloro che vogliono intraprendere questa strada che ci sono tre fattori fondamentali da rispettare. Innanzi tutto c’è da essere arroganti, quindi cercare sempre di essere superiori e di diventare superiori a tutte le difficoltà; poi il duro lavoro, infatti questo ambito richiede un sacrificio al 100% quindi chi sceglie questo lavoro non deve trovare riserve lavorative ma impegnarsi per farsi strada; infine la fortuna di incontrare gente capace e che apprezza il vostro lavoro che si può ottenere solo con i primi due punti!” Daniele è stato molto disponibile, e penso che noi

tutti come novaresi dovremmo essere orgogliosi e felici di poter aver concittadini che con l’ambizione sono riusciti ad arrivare così lontano. Anche su questo numero ovviamente, vi do i miei consigli per la lettura. Per tutti coloro che non possono fare a meno della Marvel consiglio “Secret Warriors” una miniserie di sei numeri del 2009 disegnata dall’italianissimo Stefano Caselli e dal Novarese, sopracitato abbondantemente, Daniele Rudoni. Per quelli che senza la DC si sentirebbero senza un rene consiglio invece “Superman Terra Uno” di grandi opere DC che narra il tentativo dell’uomo d’acciaio di salvare l’umanità dalla stessa forza aliena che ha distrutto il suo mondo. Infine per le persone che mangiano solo con le bacchette, suggerisco “Nobiltà Contadina” un manga edito da Planet Manga e scritto dalla celeberrima Hiromu Arakawa che ci racconta una commedia ai limiti del comico, immersa nella realtà contadina. Anche per oggi abbiamo concluso, ricordo a tutti che se siete appassionati giocatori di Yu-Gi-Oh, Magic the Gathering o giochi da tavolo e di ruolo vi consiglio di recarvi da Jolly Jones in via Marconi 32 oppure da Japan Point Novara in corso Torino 10L tutti i venerdì per il torneo di Magic e tutti i sabati per quello di Yu-Gi-Oh. Vi ringrazio per aver letto anche questo mese la mia rubrica e se avete passioni, domande o altro che volete condividere con me e con il giornale non esitate a contattarmi alla mail Ivan.Comix@virgilio.it riceverete tutti una risposta.

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NOVARA CALCIO

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Tifosi azzurri al Piola

Testo di G. Chiorazzi Foto di F. Patrucco

Alla ricerca della continuità!

In questo inizio di campionato il Novara ha offerto segnali incoraggianti per affrontare al meglio la stagione agonistica, già entrata nel vivo della competizione. Sebbene il debutto, al “Partenio” di Avellino, sia coinciso con un’inaspettata sconfitta per gli uomini di mister Aglietti, va sottolineato come Gonzalez e compagni si siano poi prontamente riscattati cogliendo successi meritati e di rilievo. Per obiettività, ad ogni modo, va anche detto che la squadra ha dimostrato di poter “crescere” ulteriormente sotto il profilo del gioco. Il feeling tra vecchi e nuovi giocatori è ancora in fase di amalgama, un aspetto sul quale bisognerà lavorare molto per intensificare la velocità nelle manovre e rendere più imprevedibili gli attacchi azzurri. Se infatti era logico che nelle primissime giornate i carichi di lavoro per la preparazione estiva - quest’anno particolarmente curata, ma al tempo stesso anche decisamente più intensa - implicassero delle prestazioni un po’“imballate” da parte dei nostri giocatori, va anche accentuato il fatto che sia emersa un po’ di difficoltà nel concretizzare al meglio le occasioni a proprio favore, un po’per mancanza di accuratezza in fase di conclusione, un po’per i troppi errori nelle posizioni in campo. La fase conclusiva del calciomercato estivo ha portato in casa azzurra delle piacevolissime sorprese: nell’ultimo giorno a disposizione, infatti, il reparto avanzato si è “impreziosito” di un bomber di valore, l’uruguaiano Jorge Martinez giunto in prestito addirittura dalla Juventus, oltre alla giovane “promessa” Pietro Iemmello, anch’egli in prestito ma dallo Spezia, sebbene il giocatore abbia militato nello scorso campionato tra le fila della Pro Vercelli con un ottimo rendimento. Per il primo dei due nuovi ingaggi azzurri si tratta di un vero “col38


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po di mercato”, considerando che la Juventus investì su di lui la corposa cifra di 12 milioni di euro, prelevando l’uruguaiano dal Catania. A centrocampo l’arrivo dell’esperto francese Gael Genevier (in prestito dal Siena) offre nuove prospettive al tecnico Aglietti, mentre a chiudere il cerchio degli ultimi arrivi azzurri si registra l’ingaggio dello svincolato Luca Tomasig, portiere che oltre ad offrire sicurezza in caso di forfait del titolare Kosicky , costituisce un valido appoggio per i giovani portieri Montipò e Martinez (Alan, omonimo dell’attaccante uruguaiano) che devono ancora maturare professionalmente. A tutto questo va poi aggiunta la circ ostanza che nessun azzurro dato per partente, fra cui due pedine molto importanti come Marco Ri-

goni e Flavio Lazzari, ha lasciato Novarello alla volta di nuove direzioni. Aspetto fondamentale perché la squadra non si è così indebolita. I tifosi stanno pian piano dando fiducia alla società, che all’apparenza sembra aver messo a segno un buon mercato per af frontare al meglio la stagione. La rosa dà la sensazione di essere ben allestita e omogenea, con tanti giovani che in caso di risposte affermative potrebbero rappresentare il reale valore aggiunto di questa squadra. Una nota negativa, purtroppo, è data dal numero di abbonati che in questa stagione si è conclusa con 2.239 tessere sottoscritte. Nello scorso campionato, alla prima giornata in casa (la seconda di campionato contro l’Empoli, 2-2 il risul-

tato finale), la società aveva uf ficializzato alla voce “spettatori” 3.329 abbonati. Oltre 1.000 fidelizzati in meno, dunque, rispetto alla stagione 2012-2013. Va sottolineato, inoltre, che la società diede in seguito l’opportunità di sottoscrivere dei mini abbonamenti (voucher elettronici) per visualizzare le ultime 10 gare interne al “Silvio Piola”, che portarono gli abbonati complessivi a 3.439. E’ notizia molto recente, ad ogni modo, quella che uf ficializza la riapertura della campagna abbonamenti per le restanti 18 gare casalinghe del campionato 2013-2014 (regular season) degli azzurri. La campagna inizierà ufficialmente mercoledì 25 settembre 2013 e proseguirà fino al 4 ottobre 2013, naturalmente a prezzi agevolati ri-

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spetto a quelli iniziali. Cosa abbia inciso in maniera così determinante in questo calo iniziale non è possibile stabilirlo. Forse una campagna acquisti dove non è arrivato un “Top-player”, le cessioni di tanti giocatori che in precedenza avevano fatto molto bene, oppure una circostanza dettata dall’ormai triste “crisi” che attanaglia sempre più persone e tifosi di calcio… Di certo, a Novara, si conferma uno “zoccolo duro” che crede ancora nella squadra e nella società, al punto da scegliere di abbonarsi per sostenere gli azzurri dalla prima all’ultima giornata casalinga. Ora spetta a Rubino e compagni ripagare questa fiducia e, perché no, far capire di aver sbagliato a chi invece non si è orientato in questa direzione non per una problematica specifica, bensì solo per scelta personale. In quest’ultima ottica, farà felice una buona parte della tifoseria azzurra l’iniziativa che il Novara Calcio ha ufficializzato di recente, denominata “Lontani per stare più vicini” e rivolta ai supporters che sceglieranno di seguire la propria squadra del cuore anche nelle trasferte più lontane di questo

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campionato: Reggio Calabria, Lanciano, Terni, Crotone, Latina, Trapani, Pescara, Palermo, Castellamare di Stabia e Bari. In pratica, tutti i sostenitori azzurri che seguiranno la squadra nelle trasferte sopra indicate, riceveranno in omaggio 2 biglietti del settore “Curva Nord” per la successiva gara casalinga del Novara. Una dimostrazione di riguardo nei confronti dei propri tifosi da parte del Novara Calcio che, in questo modo, oltre a venire incontro alle esigenze economiche di molti appassionati, si dimostra attenta a queste circostanze in tempi di indubbia crisi finanziaria. Sempre in tema di iniziative rivolte ai propri sostenitori, la società di patron De Salvo ne ha ideata e conclusa una nel mese di settembre decisamente innovativa e destinata ad avere un seguito fra gli altri club di calcio professionistici: sotto lo slogan “Noi con voi: un solo cuore, un solo scatto”, la società azzurra ha dato modo ai propri tifosi di legarsi ulteriormente alla squadra del cuore, entrando a far parte in prima persona della foto ufficiale della squadra per la stagione agonistica 2013-2014, posizionandosi dietro ad essa sulle tri-

bune del campo di Novarello, mentre il fotografo ufficiale provvedeva ad immortalare il momento con i suoi scatti. Tornando all’inizio di questo campionato, sembra proprio che i valori di tutte le squadre maggiormente accreditate alla vittoria finale siano più o meno livellati tra loro, anche se in questo senso è presumibile che, alla lunga, le compagini dove figurano i giocatori più meritevoli emergeranno considerevolmente… fra queste ultime, il Palermo e l’Empoli sembrano quelle più attendibili. Nelle prime uscite stagionali, in casa azzurra si è verificata una circostanza che induce ad un’attenta riflessione: nelle prime quattro giornate di campionato, infatti, la formazione allenata da Aglietti è andata a segno sempre e solo nella ripresa, dopo un primo tempo al “rallentatore” e con ritmi un po’ blandi: ciò potrebbe voler significare che la condizione generale dei giocatori deve ancora raggiungere un grado accettabile, al fine di godere del miglior approccio possibile contro qualsiasi avversario. Nel frattempo, ci si può accontentare con soddisfazione della prova di orgo-


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glio di Rubino e compagni. Altra curiosità per gli amanti delle statistiche è dettata dagli autori dei gol all’attivo: i primi cinque della stagione sono stati siglati da altrettanti giocatori diversi, a testimonianza del fatto che in questa squadra non vi sia un solo leader al quale la squadra si appigli per centrare il successo, bensì tutti prendano parte attivamente al gioco. Una condizione sulla quale bisognerà lavorare per migliore nei propri risultati e alla quale, con la vit-

toria interna sul Padova per 1-0, sembra aver posto un’incoraggiante interruzione, è il numero di gol subiti ad ogni partita di campionato. Prima della recente vittoria contro la compagine veneta, infatti, la squadra azzurra aveva incassato costantemente almeno un gol al passivo da ben 12 turni di campionato consecutivi: la speranza è che possano susseguirsi ulteriori giornate senza subire reti, perché se è vero che nel calcio vince chi segna un gol in più dell’avversario, è al-

trettanto vero che una difesa solida costituisca la base per raggiungere traguardi prestigiosi. I tifosi del Novara possono ritenersi soddisfatti di questo avvio, anche se il campionato attuale resta arduo e insidioso e bisognerà prestare attenzione a tutte le avversarie, senza sottovalutare nessuno e mantenendo un basso profilo, che possa aiutare gli azzurri a conservare la necessaria concentrazione per tutto l’arco della stagione.

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Al disnà da Utùbar di P.L.D.A.

MACCHERONI ALLA SALSICCIA Prendete qualche foglie di cavolo, lavatele bene e poi tagliatele a listarelle: buttatele in abbondante acqua leggermente salata e dopo qualche minuto di cottura unite 350 gr.di maccheroni che farete cuocere insieme alla verdura. Intanto spezzettate 200 gl'. di salsiccia dupo averla spellata e fatela rosolare con tre cucchiai di olio e 50 gr.di burro. Non appena avrà preso colore irrorate la con mezzo bicchiere di vino bian~o secco lasciando che questo evapori a fuoco vivace. Quindl bagnatela con um mestolo di acqua in cui avrete sciolto mezzo dado per brodo e fatela Cllocere per 15 minuti circa. Non appena la paota sarà cotta scolatela insieme al cavolo e trasferite i due ingredienti in una terrina di servizio. Condite con la salsiccia e ilauo fondo di cottura, pepate abbondantemente e cospargete di formaggio grat~ugiato_ Mescolate e servite ben caldo. INSALATA DI POLLO Prendete un pollo intero, quindi ungetelo bene con le mani, cospargetelo di sale e pepe e inserite all~interno uno spicchio di aglio con la buccia, un rametto di rosmarino e due foglie di allorq,.. Cuoce.t'e in forno per 30 minuti a 200 gradi facendolo dorare per bene. Quando è freddo'spopatelo e riducete tutta la polpa a pezzettini. Usate anche la pelle croccante che ridurrete a parte a pezzetti e unirete alla polpa dando 1m tocco unico alla vostra insalata.Quindi unite due uova sode a pezzetti, un poco di fWlghetti sott~olio, una manciata di capperi dissalati, un cetriolo,,'sott~aceto tagliato a dischetti e 50 gr.di formaggio groviev~t'tagliato a dadini. Condite il tutto con abbondante maionese e prì$p di servirla lasciatela riposare almeno un~ora. Un vino bianco secco ben freddo andrà benissimo.

Antica Enoteca Guidi Un sommelier al Vostro servizio Corso della Vittoria, 5/B - Tel. 0321/626762 - Novara 42


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L’ u r ò s c u p d a l P i n è l a p a r U t ù b a r Cravón (Ariete): Am par che int i ültim dì ti bati la fiaca. Tor (Toro): L’è mia un prublema da salüy, ma da sciarvèla. Gemèj (Gemelli): I sold risparmià i gnaran sémpar bòn. Càncar (Cancro): Ti fè tropa scena cun cula fiola; püssè sustansa e.... León (Leone): A rivarà di dì cunt la lüna giüsta e ti sarè cuntént. Vérgin (Vergine): Ti vàri mia aspusat? e alura disagal inveci da tirala in gir. Balansa (Bilancia): Gnarà un po’ da custipassiòn, ma gnenta da seri. Scurpión (Scorpione): It disi maduma... ch’a ti sè sü la buna strà. Sagitari (Sagittario): A rivarà anca la salüt. Abbia pasiensa. Capricornu (Capricorno): Al lot giöga al 23, al 16 e al 9 sü Türin. Aquari (Acquario): Gnénta da fà. L’è mia al mumént da spend di sold. Pèss (Pesci): Dagh dénta, che la fiòla l’è prunta a dit da si.

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S.R. 211 della Lomellina - 28071 Borgolavezzaro (NO) 43


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Puesia L'UDUR DLA TÈRA Se a pé par tèra, leger leger ti vè int i sulch bagnà ’d rusà, ti senti ’ncura un udur da fen, da mapi ’d melga, d’èrba tajà Se t’it rampeghi, quaièt quaièt, sü par la schena d’un quai mürètt, ti senti ’ncùra ’n udur da must, da vigna negra, da rìbes russ Se dasi dasi, ti fè stà citu la vus dla rabia e dal dulur, ti senti ’nt l’aria ’n udur da malva, da papàvar e da sambüch E ’nt al silensi d’una scapiota piena ’d mufa e da muschin, ti senti mìa l’udur dal pan, dal föch ch’a s-ciata denta ’l camin? Càtal oh fiö! sensa fulcìn, l’è l’udur dla tèra, di to radis.

Annamaria Balossini g.c.

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RENAULT


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FORD


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EFFENOVA FIAT


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