Novembre 2013

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Famiglia Nuaresa An XXX Nümar 323 - Nuvémbar 2013

Cumün da Nuara

Pruincia da Nuara

Region Piemunt

Circul dal 53

A.I.D.O.


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D d T d U d L d

LAND ROVER

L d T d I d L d N d P d I d D d N d S 9 x


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Dò paroli in cunfidénsa di Stefano Rabozzi

CUMÜN DA NUARA

In questo numero:

Forsi int i més indréra him ho mia fai capì bén. Al prublema l’è sémpar lustèss. Se na parsuna d’una certa età opüramént vün ch’al vöra maduma ripusass i oss un atim e sitass giò in cità, l’è un Dö paròli in cunfidénsa prublema. Parchè? Parchè se vialtar i provi a fa tüt al curs Italia di S. Rabozzi 3 andanda dla Bariera Albertina vers al centar cità o l’inversa, a deva mia capità ch’a va scapa ‘na pisada o che i vegni un po’ strach Tracce dei Celti di R. Pezzana Sara 4 cercand una banchina par sitav giò. Gnénta; cèss pübblich gnanca l’umbrìa int al ragg da dés chilometri e na panchina par ripusass, Un tesoro bibliografico men che menu. di G. Marelli Gambelli 8 Se pò a capita da ciücià na caramèla o bütà via al fasulètt da nas, alura a diventa un cinema par dabon. La sinfonia delle pietre di C. Rabozzi 12 In tüt al curs Italia a gh’è mia un cistin indua bütà via la roba. E pö un quaidün as lumenta parchè la cità l’è spurca! L’irragionevolezza dell’oblio I la credi ch’lè spurca, ma mia madumà par culpa dla gént, ma di S. Rabozzi 14 anca parchè sta povra gént igh dan mia la pussibilità da fa diversamént. Alura, as poda ‘ndà vanti insì? Trofeo Amedeo Guillet dalla Redazione 16 L’è logic che par pisà i duuma ‘ndà in un bar e bev al cafè ch’al custa quasi domila liri d’una volta? o duuma pisas adoss? Il volo del cigno E ancura i duuma purtas al cadreghin da ca par ripusass un di G. Bianco 18 atim o anca lì, par ciapà fià i duuma bev al solit cafè, sempar a quasi domila di vègi liri? La chiesa Battista di Oleggio C. Forsi a gnarà al temp, a Nuara, che ognün a starà a cà sua, aldi M. Trucco 20 menu li al cès, i cistin e ‘n quai divan i la truuma da sicür. Nuovi Presidenti novaresi di A Poggi Steffanina 22

FAMIGLIA NUARESA ©

Parentalia, Lemuria, Samain di E. Spina

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Il Soroptimist Club di M. Zucca Marmo

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Dadi e vignette di I. Pellizzari

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Novara: Reazione e orgoglio di G. Chiorazzi 36 Sped. Ab. Pustal Art. 2 C. 20/b - Legg 992/96 Filial da Nuara - T assa pagà Taxe perçue. I.P.

Associazione di Promozione Sociale Pressidént Unurari: Giulio Mainini Pressidént e Diretur Respunsàbil: Stefano Rabozzi Vice Pressidént: Lorella Perugini Sede Sucial: Via Sottile, 6 - 28100 Nuara - Tel. 338 8919005 E mail: srabozzi@alice.it - stefanorabozzi@gmail.com - Sit web: www.famiglianuaresa.it© Aut. Trib. Nuara n. 13 dal 23.08.83 - Stampa: Italgrafica, Via Verbano, 146 - Nuara - Vevar Iscrissión int l’Albo di Lìberi Assuciassión dal Cumün da Nuara n. 182 - prut. 5136 dal 20.02.96 e iscrissión int al Regìstar dla Pruvincia da Nuara di Assuciassión da Prumussión Sucial n. 1/NO cun determinassión n. 800 dal 19.02.2007 Iscrission al R.O.C. (Registro Operatori Comunicazione) n.23796 del 6.9.2013

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Realisà cun l’ajüt finansiari dla Region Piemunt, L. R. n. 26/90 Iscrissión al Regìstar Nassiunal dla Stampa n. 7381 prot. 6728/00/rm2 dal 20.6.2000. Foto da cupertina: XX edizione Gara di Pattuglia a cavallo,Trofeo M.A.V.M. Ten. A. Guillet (Foto di F. Ragni g.c.) As poda mia ricupià, anca sultant un toch di futugrafii e di articul da cul giurnal chì, sensa l’auturisassion scrita dl’Editur. I culaburassion hin vuluntarii e mia pagà.


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Tracce dei Celti

nella lingua del territorio La più grande delle steli che documentano la lingua celtica in Italia venne rinvenuta nel 1859 a San Bernardino di Briona, ad una manciata di chilometri a nord di Novara. Le sue di R. iscrizioni, in alfabeto nord Pezzana Sara etrusco, sono attribuite ai galli Vertacomori della tribù dei Voconzi, provenienti dalla Gallia Narbonese. La conferma dell’origine di questa popolazione ci è data da Plinio il V ecchio, che, nella “Naturalis Historia”, III. 124, scrive “Novaria ex Vertacomoris, Vocontiorum, hodieque pago, non, ut Cato extimat, Ligurum” (Novara fu fondata dai V ertacomori, di stirpe Voconzia e non di stirpe Ligure, come ritiene Catone). Con il nome di Celti si indica l’insieme di popoli che durante il primo millennio a.C. occuparono il centro Europa, spingendosi tra il V e il IV sec. a.C. nelle isole britanniche, nelle regioni centro settentrionali dell’Italia e nei Balcani, raggiungendo l’Asia Minore. Gli antenati dei Celti, a loro volta, giunsero nel nostro continente a ondate successive tra il 3500 e il 1500 a.C. provenienti dalle regioni centrali dell’Asia. Accomunati da affinità linguistiche, culturali e religiose, erano noti presso i greci come Keltoi e Galati, mentre presso i latini come Galli e Celti; Cesare nel “De Bello Gallico I,1” fa del termine “Galli” il sinonimo di “Celti”: “qui ipsorum lingua Celtae, nostra Galli appellantur” (ossia “nella loro lingua si chia4


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mano Celti, nella nostra Galli”). Tornando alla stele rettangolare di Briona, le cui misure sono 140 x 95 cm, si osserva un’epigrafe che presenta iscrizioni onomastiche su 9 registri orizzontali ed uno verticale al margine sinistro della stessa. Sullo stesso margine è incisa una serie di quattro ruote ad otto raggi a rappresentare un motivo ornamentale, rifacentesi all’uso della cultura di Golasecca, di utilizzare un carro a quattro ruote per la sepoltura dei personaggi di rango. La stele viene considerata da molti studiosi risalente al II secolo a.C. La sequenza dei nomi è “TANOTALKNOI KVITOS LEKATOS ANOKOGIOS SETVBOGIOS ESANNAKOTTIOS ANNAREVIΣEOS DANOTALOS KARNITUS”, corrispondente alla seguente traduzione: “I figli di Dannotal o s , Q u i n t o , l e g a t o , Anocombogios (e) Setubogios (e i figli di) Essannecotos, Andareuiseos (e) Dannotalos, hanno elevato il tumulo”. Questa iscrizione segna un avvio importante dal punto di vista linguistico del nostro territorio, ovvero l’inizio della romaniz zazione in Gallia Cisalpina. La latinizzazione, nel corso del II secolo a.C., con le accertate integrazioni di gruppi celtici, si ritiene venga confermata, nel caso della stele di Briona, attraverso l’appellativo “Kuito Lekatos”: è questo l’esempio di abbandono del nome gallico a favore di quello latino. Si deve infatti leggere “Quinto legato”. Un altro testo, per il momento indecifrabile, è inciso sulla parte superiore della stele. Lo stesso nome della località da cui proviene il reperto, Briona, anticamente chiamata Brigodunum, è di derivazione celtica, con il significato, in tale lingua, di “luogo fortificato su un’altura”. Recenti scavi nel territorio go-

lasecchiano attestano che, dal VI secolo a.C. iniziarono ad apparire brevi iscrizioni in un alfabeto derivante da un modello etrusco, con qualche variazione. Inol tre, le scarse tracce della lingua leponzia conservate, si riferiscono quasi esclusivamente a nomi di persone, come appunto nel caso della stele di Briona. Sempre dalla nostra provincia, esattamente da Castelletto Ticino, proviene la più antica delle iscrizioni leponzie al momento conosciute, datata VI secolo a.C. In questa località, dopo il 650 a.C., la presenza di commercianti etruschi o italici ed un conseguente bilinguismo, spinse i golasecchiani a dotarsi di una scrittura per la regolarizzazione dei rapporti; del resto, un simile passaggio era già avvenuto precedentemente tra gli etruschi ed i latini con i mercanti greci. Una breve citazione merita la cosiddetta “Stele di Komevios” di Castelletto Ticino; in essa vi sono rappresentate una testa maschile allungata su un collo tozzo con a lato due cerchi concentrici; sotto la figura, in una specie di cartiglio, appare una scritta assai indicativa: “KOMEVIOS/KALATIKON/OS”, tradotto in “Komenion figlio del Galata”. La stele misura 105 x 45 x 25 cm. La ricerca delle origini della nostra lingua in quella dei popoli che ci hanno preceduto è certamente interessante, ma è doveroso premettere, che l’etimologia

non appartiene ad una scienza esatta, soprattutto se la lingua presa in considerazione è poco conosciuta, come è il caso di quella celtica. Molto scarse sono le documentazioni in nostro possesso; è noto infatti che la loro cultura venisse trasmessa soprattutto oralmente. Le informazioni di cui oggi disponiamo le possiamo attingere dagli autori classici, greci o latini; tra questi ricordiamo Cesare, Varrone, Plinio, Marziale, ma in particolare Virgilio, Catullo, Publio Valerio Catone e Livio, poiché originari della Gallia Cisalpina, Con queste premesse si cerca di ricostruire la storia di ogni vocabolo sino a giungere ad una voce originale celtica, a volte ipotetica; in tale percorso può essere d’aiuto anche il confronto con il gallese, il bretone e l’irlandese, oppure con lingue indoeuropee. La lingua celtica aveva comunque parecchie similitudini con quella utilizzata dai popoli italici; lo abbiamo appreso dai messaggi di guerra inviati da Giulio Cesare ai suoi legati. Questo è il motivo per cui egli utilizzava il greco, al fine di non essere compreso dai nemici Galli: il latino, infatti, provenendo dallo stesso ceppo linguistico protoceltico-italico era intuibile nel suo significato generale, anche dai Galli. La sconfitta di questi popoli da parte dei Romani fece sì che il latino sostituisse la loro lingua quasi completamente a partire dal V 5


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secolo d.C., anche se molte parole erano già state assorbite dal latino stesso. La lingua celta, come il latino ed il greco, aveva le declinazioni, ma utilizzava l’articolo come il greco. Dalle scarse documentazioni scritte si è giunti, da parte di studiosi, alla determinazioni che molti termini dialettali provengano dalla lingua dei Celti. Ne abbiamo estrapolati alcuni, ad esempio: Basà: baciare, da basiare - basium (in Catullo) Berett: copricapo, dal celtico “birru” (mantello corto con cappuccio), (in bretone “berr” = corto) Braga: pantalone, passato al latino “braca” (provenzale e bretone = braga) Brenta: recipiente per il vino e antica misura Brich: dirupo, montagna, luogo fortificato in altura Brulett: broletto Brüs-cia: spazzola di saggina rustica Bügnon: rigonfiamento Bulgia: sacca, addome abbondante Camisa: camicia Car: carro, dal celtico “carrus” Cavagna: cesta, dal celtico “kavagna” Ciapà: prendere, dal celtico “hapà” Dona: moglie Furest: straniero, dal celtico “fforest” (selvatico) Mascherpa: ricotta Magiustra: fragola Mama: mamma Mèvla: falce Pèssa: pezzo di tessuto, dal celtico“petsi” (i n bretone “petzh”) Renta: vicino, dal celtico “arenta” (prossimo)

Savon: sapone, dal celtico attraverso il latino sapo - saponis (in Marziale e Plinio) Scran: sedia (dal celtico “scraana”) Tenca: pesce tinca Tribülà: affannarsi Si ritiene che i suoni ü ed eu non utilizzati nel latino classico passarono però al latino dialettizzato. Nel frattempo gli studi e le ricerche proseguono in modo assai interessante da parte di studiosi volenterosi. Ci è sempre utile ricordare che essere consapevoli di non perdere la memoria del passato aiuta a disegnare il futuro. E soprattutto non dimentichiamo quanto scrisse un nostro illustre concittadino, Carlo Morbio: “La storia è la chiave e la conservatrice di tutte le cognizioni umane”. Foto di pag. 4: Disegno della stele di Dormelletto; Foto di pag. 5: Dramma celtica locale; Foto di pag. 6: Disegno delle iscrizioni della stele di Briona.

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Un tesoro bibliografico nella città di Novara Il giorno 22 marzo 2013, all'Archivio di Stato di Novara la prof. Emiliana Mongiat, per la 21esima Giornata FAI di Pridi G. Marelli mavera alle ore Gambelli 17, ha tenuto una dettagliata, profonda, interessantissima relazione su Carlo Negroni. Questo cognome è noto ai Novaresi per la V ia che da Corso Cavour porta alla Sede della Banca Popolare di Novara, per il nobile palazzo di V ia Cavallotti e per l'omonima Biblioteca Comunale ospitata nel palazzo stes-

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so; va ricordato inoltre l'Asilo Negroni di V ia Giulietti.Ricordo di aver confessato in un mio precedente articolo sui palazzi di Via Cavallotti che, nel 1950, come prima esperienza di nuova cittadina, la Biblioteca Negroni fu il mio "primo amore" novarese: ora parlo venerazione perchè, sempre in occasione delle celebrazioni FAI, fu allestita una mostra bibliografica per la quale mi mancano gli aggettivi. La signora addetta alla guida bibliografica ci mostrò per prima cosa un testo manoscritto del 1400 della "Divina Commedia" di Dante Alighieri, da far "tremare le vene e i polsi".


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Rimasi in contemplazione per alcuni minuti: ne osservai, commossa, la miniatura della prima lettera, "N" (enne) le terzine allineate con precisione geometrica, gli endecasillabi scritti sulla pergamena a caratteri illuminanti, lo spessore del volume e la sua custodia; ho avvertito la presenza dell'amanuense e, se posso dirlo, anche quella dell'autore in un momento di grazia; mi sono sentita vicino nella memoria al Senatore Negroni, che dopo una brillantissima e lunga carriera professionale giuridica e politica ha dedicato una cifra astronomica del suo capitale per l'acquisto di tale tesoro con un gesto significativo di alta cultura e di sensibilità letteraria. La Divina Commedia è la più alta espressione poetica che un italiano ha donato al mondo, sempre attuale e profetica. Chiedo la pazienza del lettore di accettare un mio percorso sul tema; nell'esperienza personale di lettrice ho partecipato al cammino di Dante e Virgilio nei due regni dell'oltre tomba terrestre, Inferno e

Purgatorio e ho cercato di seguirlo nel linguaggio filosofico e liturgico del Paradiso; pur nei limiti culturali miei l'ho trasferito in me e amato nei passaggi più lirici ed umani: una schematizzazione non si addice all'opera ma una essenziale traccia può essere utile per trasmettere alcuni valori di indicibile profondità. Caronte introduce i due pellegrini nel regno sotterraneo: le anime di coloro nati prima di Cristo si trovano nel Limbo dove un castello ospita gli "spiriti magni" dell'antichità. Successivamente il percorso diventa arduo per le irregolarità del terreno e per la gravità delle pene: è il mondo del peccato che ha macchiato per l'eternità la purezza delle coscienze: ciò non impedisce alla poesia dantesca momenti di commozione e di ricordi come quando nel terzo girone del settimo cerchio riconoscendo Brunetto Latini, suo maestro, tra i sodomiti dal volto sfigurato dalle fiamme, dice " 'n la mente m'è fitta, e or m'accora, la cara e buona imagine paternadi voi quando nel mondo ad ora ad

oram'insegnavate come l'uom s'etterna" (Inferno XV 82-85). Parole di una intensità tale che ogni commento sarebbe inadeguato tuttavia in altre occasioni infernali Dante non teme parole di un realismo sconcertante che ha il suo culmine nella pattuglia dei diavoli fra i barattieri (XXI). Il Purgatorio è il segno dell'attesa del divino ed un altro incontro commovente è quello con Nino Visconti, nella Valletta dei Principi; discendente di una nobile famiglia pisana, di parte guelfa, morto in esilio in Sardegna nel 1296. " Ver me si fece, e io ver lui mi fei:Giudice Nin gentil,quanto mi piacque quando ti vidi non esser tra' rei" Straziante la risposta: "quando sarai di là dalle larghe onde, di' a Giovanna mia che per me chiami là dove alli 'nnocenti si risponde. Non credo che la sua madre piú m'ami poscia che trasmutò le bianche bende,le quai convien che, misera!, ancor brami. Per lei assai di lieve si comprende quanto in femmina poco

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d'amor duri,se l'occhio e 'l tatto

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spesso non l'accende" Amore struggente per la figlia e severo rimpianto per la moglie, Beatrice d'Este, andata poi sposa a Galeazzo Visconti, signore di Milano, nel 1300. I momenti più drammatici sono quelli del distac co tra Virgilio e Dante, nell'Eden, alla sommità dell'isola del Purgatorio; è un complesso rito religioso in cui entrano esempi biblici, visioni di serenità e di pace, i fiumi Letè e Eunoè, il ricordo dell'età dell'oro, una lunga e solenne processione simbolica in attesa dell'apparizione di Beatrice. Nel canto XVII (136-142) le solenni parole di V irgilio anticipano la sua sparizione; " Mentre che vegnan lieti li occhi belli che, lacrimando, a te venir mi fenno, seder ti puoi e puoi andar tra elli. Non aspettar mio dir piú né mio cenno: libero, dritto e sano è tuo arbitrio,e fallo fora non fare a suo senno:per ch'io te sovra te corono e mitrio". Virgilio consacra il "libero arbitrio" del suo discepolo; la meraviglia della processione e l'apparizione di Beatrice hanno distratto Dante che ad un

tratto, volgendosi, si accorge che il maestro non è più accanto a lui; l'anafora del nome ripetuto tre volte scandisce l'emozione: "ma Virgilio n'avea lasciati scemi di sé, Virgilio dolcissimo patre, Virgilio a cui per mia salute die'mi;né quantunque perdeo l'antico patre, valse alle guance nette di rugiada,che, lacrimando, non tornaron atre”. Le guance già purificate nell'Eden, sono di nuovo offuscate dalle lacrime e dal dolore del distacco. Il percorso può aver annoiato, ma la rilettura di certi passaggi ci rende più attuale la figura del poeta cui è stato donato dal maestro il "libero arbitrio" ed è pronto ad affrontare le difficoltà del "suo" Paradiso.

Foto di pag. 8: Dante nel girone infernale e sotto immagine su pietra di Caronte Demonio; Foto di pag. 9: Caronte traghetta le anime dannate verso l’Inferno. Foto di pag. 10: Divina Commedia, XV Sec. - Cartaceo - c. 5r (Novara, Biblioteca Civica Negroni)


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Le sculture sonore di Pinuccio Sciola

Pagine a cura di C. Rabozzi

La sinfonia delle pietre

S

culture o strumenti? Oggetti da vedere o manufatti da ascoltare? Le Pietre son o re di P in u ccio Sciala (foto a pag.13) condensano in realtà, fin dal titolo, la duplice natura di elementi spaziali votati al suono e, al tempo stesso, di materia acustica che dichiara esplicitamente la propria fonte, la propria origine spaziale, materica, rocciosa. Dunque pietre che suonano, ma anche, specularmente, suoni pietrosi, suoni fatti di pietra, dalla pietra. La risposta al quesito è già perciò bell'e pronta nella titolazione stessa di queste meravigliose invenzioni di Sciola, risposta of ferta alla deliberazione del fruitore comune, del musicista o dello studioso che in modo del tutto autonomo scelgono a quale dei due tennini affidare la propria esperienza artistica e recettiva. Resta il fatto che le Pietre sonore sono sculture che suonano, che producono concretamente e secondo diverse modalità esecutive una viva e ben udibile materia sonora; e al tempo stesso non c'è dubbio che sono "machine da sonàr", come le chiamerebbe Luigi Nono, veri e propri strumenti musicali dotati di una meravigliosa qualità estetica, architettonica e plastico-scultorea. Adottando le parole di John Cage, con queste Pietre 12

Sculture di Sciala davanti al Duomo di Novara

l'artista scopre "mezzi con cui i suoni possano essere se stessi invece che veicoli per le teorie create dall'uomo oppure espressioni di sentimenti umani”. Scopre mezzi, in-

somma, che consentano "di lasciar andare i suoni là dove essi vanno e di lasciarli essere ciò che essi sono”. Perché, al fondo di tutto il pro-


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getto (scultoreo e musicale) di Sciala, c'è la poetica della liberazione: del suono, innanzitutto, imprigionato da milioni di anni in questa materia dura, maldisposta a farsi ascoltare, gelosa della propria voce pietrificata al tempo della fonnazione stessa della roccia basaltica o calcarea; e liberazione dell' ascolto, portato a riconoscere e tutelare nella realtà l'esistere libero e incondizionato di quegli stessi suoni finalmente emancipati. Ma liberazione anche dell'opera, della massa rocciosa che dopo l'intervento transitorio di Sciala, dopo il suo contributo dato al lavoro inesausto della natura e del tempo, ritorna nella disponibilità piena del mondo e di chi lo abita. Il tempo, dunque, insieme alla liberazione, è l'ulteriore grande tema proposto dall'opera sonante di Sciala: il perdurare delle cose mutevoli, cosi come delle pietre milionarie, intercetta il gesto creativo dello sculture che con pazienza, dopo aver lungamente ascoltato le pietre nel loro habitat naturale e dopo aver selezionato le più canore e risonanti, partecipa con discrezione al lavoro illimitato della natura imprimendo una direzione a quella stessa, inesauribile mutevolezza. Come scrive Frank Lloyd Wright, "nell'essenziale opera in pietra della T erra, i principi che diedero forma alla pietra cosi come è, o come si innalza e resta a farsi scolpire dai venti e dalla marea, li giacciono fanne e stili bastanti per tutte le epo-

Pinuccio Sciala al lavoro

che di tutta l'umanità". Verrebbe già da dire che queste opere sono dunque insieme sculture e strumenti, anzi, che sono sculture cosi costruite (visivamente e plasticamente) proprio per concedere al mondo il dono di quella voce cosi speciale, e che quella voce è cosi speciale perché l'opera scultorea, specialissima anch'essa, ne condiziona e costituisce l'esclusiva identità vocale. Quelle forme detenninano il suono, anzi, quel suono. E quei suoni inducono la materia pietrosa ad assumere quella particolare forma, quel rapporto tra pieno e vuoto, tra presenza dell'opera e assenza definita dall'intorno vuoto del fuori di sé, dell'oltre da sé. Più precisamente, la forma del solido incide sulla fisica del suono. Quest'ultima restituisce la cortesia, indirizzando la scienza della costm-

zione a dirimere le proprie strategie architettoniche. Forse poche volte come nell'opera di Sciala vale l'assunto di Goethe secondo il quale l'architettura è "musica pietrificata". La musica della pietra è dunque il risultato di un processo in cui la progressione delle fasi di lavorazione mostra differenti gradi di significanza sonora. La musica dell'azione scultorea, nella sua irreparabile caducità, è il filo da cui poter ricostruire a ritroso il percorso gestuale dell'artista, è la testimonianza acustica della trasformazione della materia rocciosa vers o la f o r m a f i n a l e d e l l a scultura-strumento. La musica dell' action sculpting parla della metamorfosi, racconta lo scavo verso il centro del suono, riporta allo scultore tutte le vibrazioni e le riverberazioni del suo faticoso lavoro. È il soundtrack del fare scultoreo. È la prima, vera sinfonia della pietra. O forse la prima esecuzione concretamente udibile di quella sinfonia imprigionata nella materia. V iene da pensare alle osservazioni di Frank Lloyd Wright a proposito dell'organicismo delle costruzioni, al legame inscindibile con la natura geologica del mondo: "Ogni materiale ha il proprio messaggio e, per l'artista creativo, la propria canzone. Ascoltando egli potrebbe imparare a farli cantare insieme".

Pinuccio Sciala: “Pietre” 13


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L

e n o i g a r r ’i

a z z e l o v

dell’oblio

Sono passati 57 anni dal dramma dell’esodo degli istriani, dei dalmati e dei giuliani. Finalmente il Parlamento italiano ha votato a larghissima maggioranza l’istituzione del Giorno del Ricordo. Licia Cossetto, sorella di Norma, studentessa italiana, conosciuta anche erroneamente come Norma Corsetto, istriana di un paese vicino a Visignano, che nel 1943 fu uccisa da partigiani titini nei pressi della foiba diilla V Surani, si è spenta a Latisana lo scorso 5 Ottobre, esattamente 70 anni dopo la sorella, trucidata il 5 Ottobre 1943. Ma risiedeva da sempre a Ghemme, nel novarese, paese che di S. Rabozzi gli ha tributato i massimi onori con un funerale partecipatissimo e il lutto cittadino. Licia era una donna straordinaria, orgogliosa delle sue origini ma innamorata di Ghemme e del novarese.

H

o avuto il grande onore di conoscere Licia Cossetto qualche anno fa, in occasione della Giornata del Ricordo, celebrata prima a Ghemme e poi a Novara. Lei, Licia, non mancava mai, anche se la salute cominciava a darle qualche problema, soprattutto a livello respiratorio e negli ultimi tempi, alla soglia dei novant’anni, era costretta a dosi massicce di cortisone e bombola di ossigeno al seguito. Malgrado ciò, con il dolore immenso nel cuore per la perdita contemporanea di sorella e padre infoibati dai partigiani di Tito nel 1943 nei pressi della foiba di Villa Surani nell’Istria allora italiana, Licia Cossetto (Foto a fianco di S. De Luca) ha conservato sino alla morte un sorriso dolcissimo e una dignità straordinaria. Non era donna da chiacchiericcio e polemica, ma piuttosto rigorosa e attenta testimone della storia del secolo appena terminato. Fu rigorosa, attenta e sempre dolcissima anche quando, ritirando al Quirinale dalle mani dell’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi 2 medaglie d’oro al valor civile alla memoria, assegnata alla sorella Norma ed al padre, ricordò allo stesso Ciampi che erano passati ben cinquattasette anni di irragionevole e incomprensibile oblio 14


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circa il martirio delle Foibe. Lei, aveva perso in quelle maledette ferite della terra d’Istria, profonde anche mille metri, sia la sorella che il padre. Norma, questo il nome della sorella scomparsa nel 1943, era una sana e florida ragazza impegnata a diventare medico. La vita, però, le fu spezzata una notte buia del ‘43, quando partigiani titini presero lei e il padre, entrambi colpevoli solo di essere italiani, per trucidarli. Norma fu brutalmente violentata più volte a turno dai titini, che obbligarono il padre, legato alla sedia, ad assistere all’orrore perpetrato ai danni della figlia. Dopo quasi venti ore di questo assurdo scempio, ancora viva ma devastata nel corpo e nell’anima, Norma Cossetto fu gettata ancora viva legata mani e piedi insieme al padre nella foiba di Villa Surani. Quando, in parecchie occasioni, Licia Cossetto, spesso nella sua casa di Ghemme dove

era solita offrire il thè a me e ad altri amici e amiche parlava di questo argomento, ovviamente rattristata, emanava allo stesso tempo un’aura di serenità e di pace, rifiutando sempre il sentimento dell’odio, ed esortando tutti noi ad essere padroni assoluti della storia, che diceva non essere ne di destra ne di sinistra, ma di non farci sopraffare dall’odio. Avremmo dovuto difendere sempre le nostre idee, certamente ed in maniera inequivocabile, ma sempre attraverso il dibattito, il dialogo e la tolleranza. Licia Cossetto se ne è andata in silenzio, a riposare accanto al marito che l’aveva lasciata qualche anno fa, e anche di questo aveva sofferto molto. L’insegnamento morale (non politico) di questa grandissima donna mi ha portato, nel tempo, ad essere più riflessivo e pacato sugli accadimenti, cercando la verità dei fatti e non l’immedia-

tezza della superficialità. Ho imparato, grazie a Licia e, al suo esempio di vita, ad essere un uomo migliore.

Foto di pag. 14: Licia Cossetto; Foto di pag. 5: Carlo Azeglio Ciampi consegna alla Cossetto la medaglia d’oro al valor civile; Foto di pag. 5: Norma Cossetto 15


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XX edizione Gara di Pattuglia a cavalloTrofeo M.A.V.M. Ten. Amedeo Guillet Si è svolta regolarmente domenica 6 ottobre u.s. a Morghengo (Novara) la XX edizione della Gara di Pattuglia a cavallo, intitolata alla M.A.V.M. Amedeo Guillet. Non poteva essere altrimenti vista l’ottima tenuta sia dei campi cross che in sabbia dello Sporting Club Monterosa praticamente asciutti. Anche il tempo ha contribuito alla perfetta riuscita della manifestazione, tempo che retto sino alle premiazioni della ultima gara del concorso ippico di salto ostacoli, I Trofeo Duca di Calabria. La novità di quest’anno infatti è stato il concorso ippico molto apprezzato dal numeroso pubblico intervenuto. 16

La giornata di gare è stata preceduta dall’inaugurazione del club ippico alla presenza del Governatore del Piemonte, Roberto Cota, e di numerose autorità civili e militari intervenute per l’occasione. Dopo l’inaugurazione sono iniziate le gare cui hanno partecipato binomi provenienti da tutta Italia: Coppa Sovrano Militare Ordine di Malta, gara “classica” di cross country, lungo un percorso di 4 km, con 10 ostacoli fissi, due guadi del torrente Agogna. Prima classificata la pattuglia composta da Ferruccio Capra Quarelli, Paolo Palazzo, Antonello Contino di Torino. Trofeo Gen. Delio Costanzo,

gara “challenge” con le modalità della precedente ove si è imposta la pattuglia composta da Claudio Limontini, Domenico De Angelis e Giuseppe Palio dello Sporting Club Monterosa. La medesima pattuglia ha vinto il Trofeo MAVM Amedeo Guillet, assegnato alla pattuglia più veloce in assoluto. Nella gara di regolarità Coppa Sacro Mililtare Ordine Costantiniano di San Giorgio si è imposta la pattuglia composta da Fabio Benvenuti e Giancarlo Groppi della società Ippica Vogherese. Infine il concorso ippico Trofeo Duca di Calabria, suddiviso in 3 categorie: 80 – 100 e 115. Nella prima categoria è risul-


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tata vincitrice Lucrezia Nicola di Con questa giornata inizia l’atBuscate, nella seconda Paolo tività ufficiale dello Sporting Club Palazzo di Torino e nella terza Monterosa Novara. Per maggiori Baschirotto Silvia di Alessandria. info www.sportingclubmontero-

sa.it o www.facebook.com/SportingClubMonterosaNovara e mail info@sportingclubmonterosa.it

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il Volo del Cigno

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C’era una volta … (così cominciavano una volta le belle favole che i nonni raccontavano ai nipotini mentre tentavano di addormentarli) … in un di L. Bianco piccolo paesino alle porte di Novara un “vecchio” pensionato di 64 anni che passava le sue giornate tra gli amatissimi bonsai, la passeggiata quotidiana, l’ acquisto dei tre panini giornalieri, l’impegno come volontario della Croce Rossa e la chiacchierata quotidiana con gli altri anziani del paese. Un bel giorno decise di dare un senso alle sue giornate. Decise di imparare a volare, forse riflettendo su quanto affermava Oscar Wilde che, per riacquistare la giovinezza, basta solo ripeterne le follie. Tutti gli anni passati negli hangar ed in linea volo in aeroporto a Cameri avevano lasciato il segno. Gli mancavano gli aerei ed il mondo del volo. Consapevole che il segreto per rimanere giovani sta nell'avere una sregolata passione per il piacere, si mise d’impegno con tanto coraggio e forza di volontà e fu così che il nostro “Cigno Volante” a 64 anni consegue il brevetto di pilota di aeroplano in una scuola di volo di Novara che non ha una sede, ha gli aeroplani sparpagliati in giro per gli ae18

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club del Piemonte, alcune riunioni ed altrettante lezioni di aeronavigazione vengono svolte nella sede di un’ associazione di Cameri … ecc, ecc, se i responsabili della scuola di volo riescono ancora a fare il loro lavoro in maniera egregia ed in queste condizioni, il tutto ha quasi del miracoloso. Pochi lo sanno, ma a Novara esiste una scuola di volo privata che ha radici molto lontane nel tempo che tra mille difficoltà logistiche ed organizzative brevetta regolarmente piloti civili pur non avendo una sede propria e nel disinteresse generale di molti, pur essendoci alcune possibilità di avere finalmente una sede definitiva, ma di questo e di altro ve né parlerò dettagliatamente nel prossimo numero. Per ottenere la licenza di pilota privato (PPL, Private Pilot License) che è la prima licenza di volo ottenibile e abilita a pilotare un aereo per scopi privati, ovvero senza alcuna forma di remunerazione, occorre frequentare il corso teorico di circa 100/150 ore studiando aerotecnica, motori aeronautici, meteo-

rologia, navigazione aerea, medicina aeronautica, tecniche e sistemi di pilotaggio, cartografia, regolamentazione di volo ed altro ancora, avere al proprio attivo come minimo 45 ore di volo di cui almeno 25 a doppio comando con istruttore e almeno 10 da solo pilota, avere l’idoneità fisica e superare l'esame ministeriale. Questa prima

parte dell’addestramento al volo non è proprio gratis, infatti il costo si aggira circa su 8.000/10.000 euro di media e varia in funzione della scuola di volo scelta, dal consumo di carburante dell’ aereo, dalle ore di lezioni teoriche e dalle ore di volo necessarie all’ allievo per conseguire l’ abilitazione e da altri co-

sti connessi. Poi bisogna mantenerlo il brevetto conseguito, con l’obbligo di effettuare minimo 12 ore di volo all’ anno e qui i costi sono molto contenuti (circa 120/150 Euro per ogni ora di volo) ed il tutto ovviamente dipende dal consumo dell’aereo, se si è soci dell’ Aeroclub ecc. Quindi tanto facile non è ma, come ha dimostrato questo “vecchietto dell’ aria”, non è impossibile. Se camminando per strada sentite il rumore di un aereo sulla vostra testa, mettevi al riparo. Potrebbe essere lui. E’ un mio buon amico e per questo lo prendo bonariamente in giro, ma in segreto sono invidioso e contento per lui di quello che è riuscito a fare. Congratulazioni Comandante. Chiunque smetta di imparare è vecchio, che abbia 20 o 80 anni. Chiunque continua ad imparare resta giovane. La più grande cosa nella vita è mantenere la propria mente giovane. (Henry Ford) 19


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La Chiesa Battista di Oleggio Castello

di M. Trucco

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Oltre alla tradizionale messa, la domenica ad Oleggio Castello è caratterizzata anche da musica, voci, colori e dalla diffusione di un messaggio di pace semplice ed efficace: la salvezza è rappresentata unicamente da Gesù. Sono i fedeli della chiesa Battista, la “Trinity Baptist temple”, già presenti sulle pagine del “Giornale di Arona” dello scorso dicembre, che si ritrovano ogni domenica presso l’hotel Luna: ganesi, ucraini, georgiani ma anche tanti italiani, guidati dal pastore Elisabeth Owusu. “Abbiamo iniziato i nostri incontri a Borgomanero, ma per gli eventi più grandi avevamo già optato per Oleggio Castello, in quanto tutti noi siamo residenti nella zona”. La cerimonia segue un rituale ben pre-

ciso. Si inizia con una preghiera, poi si procede con la lettura di un passo della Bibbia, l’elaborazione, un momento dedicato ai balli e ai canti, l’offerta, la predicazione ed infine con l’invocazione per la pace. “Se una persona ha un problema può dirlo e condividerlo -dice Elisabeth- e tutti pregano per lei. In alcune occasioni ci sono poi momenti speciali: nei mesi dedicati al digiuno, ad esempio, preghiamo per il Paese. In più ogni venerdì sera ci incontriamo per la preghiera”. Il messaggio diffuso dalla chiesa Battista, in tutte le forme e in tutti i modi, è sempre uno solo: “Cristo è venuto a morire per salvare tutti e tutto quello che facciamo deve essere riferito a lui e fatto nel suo nome e sul suo esempio. Il nostro in-


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tento è quello di far capire a tutti che la venuta di Gesù è vicina”. All’apparenza inedito è il fatto che una donna come Elisabeth possa diventare pastore di una comunità come quella Battista. Come si può ricoprire tale ruolo? È lei stessa a confidarlo: “Ovviamente bisogna essere cristiani e credenti. Solo così è possibile sentire la voce di Dio e la sua chiamata. Ed è lo Spirito Santo a dirti che è il momento di rispondere alla vocazione, la decisione di divenire pastore non può giungere da nessun altro. Questa vocazione arriva con una forza tale che non si può rispettarla. Di solito chi è pastore si dedica sono a questo, ma non ho voluto gravare sulla comunità, perciò ho anche un lavoro che mi consenta di mantenere me e la mia famiglia ”. Non c’è però solo il lato festoso delle celebrazioni domenicali e degli incontri gioiosi. La chiesa ha due principali problemi, molto diversi tra loro. Oltre al dif-

fuso relativismo religioso che sta portando sempre più persone a diffidare o a non credere per nulla al messaggio salvifico di Gesù, c’è n’è un altro molto più concreto, l’assenza di una sede vera e propria per la comunità Battista. Un problema che sta molto a cuore a pastore Elisabeth: “Il luogo dei nostri incontri domenicali è comunque un albergo, e dobbiamo cercare di non disturbare gli ospiti. Purtroppo non disponiamo di uno spazio nostro in cui una persona possa ritirarsi in preghiera. Ci piacerebbe avere un luogo di preghiera tutto per noi, ma è molto difficile ricevere aiuti, anche da parte degli enti locali, piuttosto restii ad affittare spazi per celebrazioni non cattoliche ”. Foto di pag. 20: Una Chiesa Battista negli Stati Uniti d’America ove è molto diffuso questo culto; Foto di pag. 21: Preghiere, canti e balli nella tradizione della messa domenicale.

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Nuovi Presidenti Novaresi L u n e d ì 24 g i ug n o 20 1 3 presso le storich e sa l e d e l Club Unione di N ova ra si è svolta la tradiPagine a cuzionale cena ra di A.Poggi del passaggio Steffanina delle consegne del Rotary Club Valticino di Novara, fondato nel 1976, con la chiusura dell'anno sociale 2012-2013 presieduto dal Dr. Nicola Paronzini e il contestuale inizio dell'anno 20132014 con la Presidenza del Dr . Mauro Bressa (primo a sinistra nella foto a fianco) supportata dai membri del Consiglio Direttivo: Segretaria Susanna Borlandelli, Prefetto Massimo Zugnino, Tesoriere Carla Occhetta, Consiglieri Gianni Bernardelli e Pierbaldi Airoldi e Past Presidente Nicola Paronzini. L' anno sociale appena incominciato sarà caratterizzato da una intensa attività di servizio e vedrà il service club novarese impegnato nella realizzazione e nel sostegno di molteplici progetti di rilevanza sociale e solidale sia in ambito locale che internazionale. "Dedicheremo i nostri sforzi per continuare alcune attività iniziate negli anni scorsi - spiega il Presidente del Rotary Valticino di Novara Dr. Mauro Bressa- : una di queste è l'importantissimo "Progetto Tommaso" che è rivolto agli alunni delle scuole superiori del nostro territorio e ri22

guarda la navigazione internet sicura. In considerazione della delicata e tragica attualità della tematica proposta riteniamo fondamentale sensibilizzare i nostri giovani a queste problematiche. All'interno delle scuole partirà la fase informativa ed educativa del gruppo dei "peer educators" che trasferiranno la strategia educativa ed informativa vera e propria agli altri studenti dei loro rispettivi istituti, sotto la supervisione del nostro socio Car-

lo Alberto Zambrino, Direttore dei Servizi di Neuropsichiatria Infantile e del Età evolutiva ASL Novara. Il "Progetto Tommaso", iniz i ato nel corso dell’anno rotar i a n o 2009-2010 è ormai in piena attuazione nel Liceo Scientifico Antonelli di Novara e nell’Istituto Istruzione Superiore Pascal di Romentino; nell’anno scolastico 2013-2014 partirà anche presso il Liceo Classico e Linguistico Carlo Alberto di Novara. Un altro Service che avrà una ricaduta territoriale - continua il Presidente Bressa- è il "Progetto Natale 2013", iniziato nell'anno rotariano 2009, che vedrà il nostro club impegnato a devolvere, in occasione delle festività natalizie, molti beni di consumo alle famiglie bisognose che si trovano in difficoltà economi-


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ca. Le famiglie destinatarie del contributo saranno selezionate da Don Gianni Colombo, Provicario Generale Diocesi di Novara e nostro Socio Onorario, che si impegnerà personalmente affinché gli aiuti deliberati siano consegnati scrupolosamente ai nuclei familiari individuati. Continueremo anche la campagna di sensibilizzazione "Facciamo Muro ai Tumori Femminili" già organizzata nell'anno rotariano 2009-2010 che ha lo scopo di informare le ragazze

della fascia di età delle scuole superiori sulla prevenzione dei tumori femminili, in collaborazione con la squadra del Volley Novara che sarà testimonial dell’iniziativa. Inoltre abbiamo in programma l'organizzazione di una serata musicale con il contributo speciale del cantautore Fabio Concato- conclude il Dr. Mauro Bressa- per sostenere i progetti benefici di "For Life onlus" che opera a livello internazionale e in particolare nel continente afri-

cano; infine contribuiremo all'iniziativa culturale proposta dal "Club dei club novaresi" sponsorizzando la pubblicazione di un volume dedicato a Marco Rosci, professore associato di Storia della Critica d'Arte e Professore ordinario di Storia dell'Arte Moderna all'Università di Torino, attualmente Professore a contratto di Storia dell'Arte Contemporanea all'Università del Piemonte Orientale, Lettere sede di Vercelli".

ROTARACT CLUB NOVARA: ELENA POLLASTRO È LA 44ESIMA PRESIDENTESSA le 2013-2014: è ufficialmente iniziato il 44esimo anno di attività, presieduto dalla studentessa universitaria galliatese Elena Pollastr o che ha preso il posto di Gianluca Pareschi e che è la quarta ragazza a guidare il club da quando è stato fondato il 14 novembre 1969. Alla ser ata hanno partecipato non solo i numerosi soci del sodalizio di Venerdì 13 settembre 2013 il giovani novaresi ma anche altri Rotaract Club Novara ha orga- ragazzi provenienti dal Distretto nizzato una cena conviviale pres- e la Presidentessa con il suo primo discorso ha descritto i progetti so il ristorante "Ca' " per celebrare l'apertura dell'anno socia- che verranno realizzati durante

l'anno: " ci impegneremo ad aiutare coloro che sono meno fortunati di noi sostenendo a livello nazionale il progetto OSA Operazione Sant'Anna promosso dalla Commissione A.P.I.N. (attività di pubblico interesse nazionale) del Distretto Rotaract mentre a livello locale realizzeremo alcune iniziative per raccogliere fondi da devolvere all'Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica - AISLA Onlus di Novara e proprio a metà novembre saremo in piazza con un banchetto di libri usati che doneremo a coloro che devolveranno una offerta benefica in favore di questa importante realtà"

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LAURA PARONZINI PRESI DE L'ANNO SOCIALE 20132014 DELL’INTERACT CLUB NOVARA E VALTICINO

dentessa Laura Paronzini che ha ricevuto il testimone da Chiara Comoli, ha presentato le due principali attività di servizio sociale alle numerose autorità rotariane, rotaractiane e ai soci presenti: "la prima consisterà nel fornite un aiuto concreto e un contributo attivo servendo i pasti alla "menLo scorso 28 settembre 2013 l'Interact Club No- sa dei poveri" presso i frati francescani dell'Abbazia vara e Valticino, organizzazione di ragazzi di età di San Nazzaro della Costa a Novara mentre la compresa tra i 14 e i 18 anni, presieduto dalla gio- seconda vedrà ci vedrà impegnati a raccogliere vanissima studentessa Laura Paronzini, ha iniziato offerte benefiche per sostenere i progetti di un'asl'anno sociale 2013-2014 con una cena convisociazione del territorio". viale presso il ristorante "20 regioni". La presi-

FOTO NOTIZIE DI NOVARA rubrica a cura di Antonio Poggi Steffanina foto di Virginio Sarti

SANTA MESSA IN MEMORIA DI RE UMBERTO II NEL 30° ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA. Lo scorso 28 maggio 2013 alle ore 18.00 si è svolta presso il Duomo di Novara, la Santa Messa in suffragio di Re Umberto II in occasione del 30° anniversario della sua scomparsa, celebrata 24


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da Sua Eccellenza Mons. Franco Giulio Brambilla Vescovo di Novara, il quale ha tenuto un’omelia molto significativa. Era da 113 anni che non veniva officiata una Messa per un Sovrano da parte di un Vescovo, esattamente dalla scomparsa di Umberto I, assassinato a Monza, e quindi a maggior ragione le Guardie d'Onore si sono strette con cuore sereno al loro Vescovo. Al termine della celebrazione eucaristica, sentitamente voluta dal Cav. Uff. Marco Lovison, Delegato provinciale dell’Istituto delle Guardie d’Onore al Pantheon di Novara e Vercelli, c’è stato un interessante e pertinente intervento della giornalista Carla Pirovano che ha delineato il brevissimo regno di Umberto II. La Delegazione di Novara ha omaggiato al Vescovo una pergamena, a ricordo di questo evento straordinario; era presente anche il nipote di S.A.R. Jolanda di Savoia, S.E. il conte Nicolò Calvi di Bergolo; poi i partecipanti in corteo con le Guardie d’Onore hanno deposto le corone d’alloro in onore a S. M. Vittorio Emanuele II, Padre della Patria presso il monumento di Piazza Martiri e ai caduti di tutte le guerre presso la stele del piazzale del Viale IV Novembre. La Banda Verde Azzurra di Galliate ha accompagnato il corteo .

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Alle origini della Commemorazione del Due Novembre

Parentalia

Lemuria, Samain

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di E. Spina

all’ora sesta delle idi di febbraio nella Roma antica avevano inizio i Parentalia, giorni dedicati alla commemorazione dei defunti che dal 13 si protraevano fino al 21, ossia a quella giornata festiva che gli antichi indicavano col nome di Feralia. Questo particolare periodo di nove giorni, che rientrava principalmente nella sfera dei culti privati, non rappresentava una generica “festa dei morti” ma interessava invece una ben precisa categoria di defunti, quella degli antenati. Nel contempo il calendario romano annoverava anche un’altra ricorrenza dei morti, quella dei Lemuria, celebrata nei tre giorni dispari compresi tra le none e le idi di maggio, ovvero nei giorni 9, 11 e 13. A differenza delle commemorazioni di febbraio, in quest’ultimo caso i rituali praticati non avevano quali destinatari i propri cari defunti ma i Lemures, nome usato dai romani per identificare gli spettri inquieti di tutti quegli uomini morti prematuramente,

defunti prima di aver creato una famiglia, prima di aver generato figli e che dunque non erano riusciti ad acquisire in vita quelle necessarie qualità che nell’aldilà avrebbero loro permesso di divenire antenati. Due categorie di defunti ben distinte quindi, alle quali i romani riservavano molto pragmaticamente trattamenti altrettanto diversi. Durante i Parentalia avevano luogo le parentatio tumulorum, ovvero dei servizi funebri prestati alle tombe degli antenati (parentes) ove i familiari offrivano al defunto corone di fiori, viole, farina di farro unita ad un grano di sale e pane inzuppato nel vino. "Poco chiedono i Mani: essi gradiscono la pietà al posto di una ricca offerta", con queste parole Ovidio tende a sottolineare un aspetto piuttosto importante, rappresentato dal fatto che il culto parentale altro non era che una pura e semplice espressione della pietas, quel pio e reciproco sentimento tipicamente romano e proprio del rapporto esistente tra padri e figli. Tale prassi ritualistica non va tuttavia a toccare


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la sola sfera del sentimento personale ma nasconde anche una fondamentale valenza politica e sociale, in quanto parte integrante di quei diritti noti come iura sanguinis o iura gentium. In una società di tipo gentilizio il possedimento di beni, di titoli e conseguentemente il potere ed il prestigio stesso dell'individuo derivavano principalmente dai legami di sangue e venivano pertanto trasmessi di padre in figlio o, più raramente, da parte di madre. Ricordare ed onorare gli antenati equivaleva dunque a ravvivare la linea di sangue della famiglia e conseguentemente a rimarcare e raf forzare l'onore ed il prestigio dei viventi, attraverso un culto privato che aveva, soprattutto per le gentes più potenti, notevoli influssi anche in ambito pubblico e sociale. Ben diverse erano invece le finalità dei rituali praticati durante i Lemuria. In questo caso il capofamiglia, durante il triduo lemurale, si alzava scalzo dal proprio giaciglio al giungere della mezzanotte e facendo schioccare le dita al fine di far allontanare gli spettri, si recava nei pressi di un recipiente di bronzo ove provvedeva a lavarsi le mani con pura acqua di fonte. Fatto questo prendeva delle fave nere e gettandole per nove volte dietro di sé senza voltarsi recitava un formula prestabilita: "butto queste fave e con queste redimo me e i miei". Al termine avveniva una nuova abluzione delle mani fatta seguire dal tintinnio dei recipienti di bron-

zo e dalla preghiera, pronunciata anch'essa nove volte, con la quale si invitavano i Mani ad uscire dalla dimora della famiglia. Ben chiara è dunque la differenza tra Parentalia e Lemuria, nel primo caso erano i vivi a recarsi presso i morti, offrendo fiori e banchettando presso il sepolcro, mentre nel secondo caso erano i morti a recarsi presso i vivi. Durante i Parentalia si aveva a che fare con gli spiriti benevoli dei propri antenati mentre durante i Lemuria era necessario affrontare le temibili ombre vaganti degli uomini morti anzitempo, che andavano scacciati dalle proprie case. A livello archeologico tracce di questi rituali sono individuabili solamente nell'ambito del culto degli antenati, ove a livello tombale non rari sono i rinvenimenti sia di rudimentali che di più raffinati condotti libatori, sistemi creati allo scopo far giungere le of ferte ai resti del defunto. In area novarese tali evidenze archeologiche risultano tuttavia piuttosto scarse e cronologicamente tarde. Solo dal I secolo d.C. è possibile trovare qualche indizio di questi culti dei morti propri della tradizione romana, come suggerito dal ritrovamento presso le necropoli di Pombia e Galliate di urne prive di resti che, af fiorando dal terreno, potrebbero essere inquadrate come segnacoli o come simbolici e rudimentali apparati destinati ad accoglie27


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re le offerte di cibo durante i banchetti cerimoniali effettuati nel periodo di commemorazione dei defunti. Il ritardo col quale il territorio novarese pare aver accolto tali pratiche può tuttavia essere giustificato dalle consistenti differenze esistenti tra il culto dei morti romano ed italico rispetto a quello proprio delle culture galliche, a loro volta sovrappostesi alle preesistenti comunità golasecchiane. Presso le popolazioni celtiche la commemorazione dei defunti corrispondeva infatti alla più importante festività dell'anno, il Samain, attestata dal ritrovamento effettuato nel 1897 nei pressi di Lione del famoso calendario di Coligny, un'epigrafe in bronzo in lingua gallica scritta in caratteri latini. L'unica festa chiaramente indicata sul calendario rinvenuto è infatti quella del Trinuxtion Samoni, segnalata in corrisp ondenza della giornata che divideva il periodo estivo da quello invernale. Nella notte interessata, compresa tra il 31 ottobre ed il primo di novembre, le tribù celtiche erano solite commemorare i propri defunti tramite gioiose celebrazioni collettive, in un momento in cui, secondo la tradizione, venivano meno le barriere che separavano il mondo dei vivi da quello dei morti. Durante la festività del Samain il passato si fondeva col presente ed i morti che temporaneamente tornavano nel mondo dei vivi donavano all’intera comunità benevole energie, utili a rinvigorire l’identità stessa della tribù. Al di fuori dei centri maggiormente urbanizzati alcuni aspetti tipici di questa festività celtica resistettero tenacemente non solo alla romanizzazione ma anche alla cristianizzazione. Dalla stessa Roma fino alla aree rurali italiche e provinciali i diversi culti dei morti iniziarono a fondersi ed a confondersi. All’interno delle necropoli celtiche iniziarono ad apparire sepolture dotate di apparati libatori ed i culti dei morti comunitari lasciarono spazio anche a pratiche rientranti nell’ambito privato e famigliare. Nel corso del IV secolo la diffusione al di fuori del paganesimo di tali rituali fu tale da costringere la Chiesa a vietare ai cristiani, in occasione della ricorrenza del giorno della morte di un proprio caro, di effettuare banchetti funebri. Queste pratiche “pericolosamente” pagane resistettero tuttavia a lungo, così come non si riuscì totalmente a sradicare l’essenza stessa della celebrazione collettiva del Samain.

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I primi ad introdurre uf ficialmente una Commemorazione cristiana di tutti i defunti furono i bizantini, che stabilirono di celebrare un ufficio in suffragio di tutti i morti al sabato antecedente l’ottava domenica prima di Pasqua (domenica di Sessagesima), dunque in un periodo compreso tra la fine di gennaio e quella di febbraio. Sovrapponibile a livello calendariale agli ormai sacrileghi Parentalia, la Commemorazione di rito bizantino venne introdotta nella Chiesa latina dai monaci benedettini nel corso del X secolo ma fu nel 998 che tale ricorrenza iniziò gradualmente ad assumere le attuali connotazioni. In quell’anno sant’Odilone, quinto abate di Cluny, impose ai cenobi che dipendevano dall’abbazia francese di far suonare le campane con rintocchi funebri al termine dei vespri del primo novembre, facendo poi celebrare ai monaci l’ufficio dei defunti. Il giorno successivo sarebbe stata poi offerta l’eucaristia “per il riposo di tutti i morti”. Con molta probabilità l’abate di Cluny, celebrando tale ufficio


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in quel preciso periodo dell’anno, decise di promuovere un’incisiva azione di cristianizzazione, atta a sradicare quelle reminiscenze propriamente celtiche ancora ben vive nelle aree rurali e sulle quali il processo di evangelizzazione non era ancora riuscito a prendere il pieno e totale sopravvento.All’interno delle diocesi tale rito si diffuse lentamente ma comunque costantemente, fintanto che la Chiesa di Roma lo accolse ufficialmente con l’originario nome di Anniversarium Omnium Animarum. La giornata del 2 novembre fu poi riconosciuta quale data solenne della ricorrenza dall’Ordo romanus del XIV secolo. Nell’Occidente moderno tale Commemorazione, similmente presente in ogni cultura di ogni tempo, viene vissuta, a dif ferenza dei nostri avi, in un clima di tristezza e malinconia. Citando però le parole di Alfredo Cattabiani sarebbe forse utile riscoprire l’effettiva essenza della Commemorazione dei defunti: “Oggi, dopo la messa, ci si reca nei cimiteri per adornare le tombe di fiori, soprattutto crisantemi (simboli in Oriente, da dove sono giunti, di solarità e dunque di immorta-

lità), e per ricordare con tutta la famiglia i parenti scomparsi. Ma diversamente dagli antichi, viviamo questa giornata all’insegna della mestizia e considerando i cimiteri come luoghi lugubri, da non frequentarsi se non nelle occasioni tristemente necessarie. E invece i camposanti dovrebbero tornare a essere luoghi familiari e ridenti perché contengono le nostre radici, tutti coloro che ci hanno preceduto trasmettendoci non solo la vita, ma anche il patrimonio di tradizioni, di cultura e di regole morali su cui è fondata la nostra comunità”. Foto di pag. 27: Scena di banchetto funebre dalla necropoli etrusca di Tarquinia, Tomba dei Leopardi. Foto di pag. 28: Pompei, conceria di M. Vesonius Primus. Mosaico con raffigurazione simbolica del "memento mori" Foto di pag. 29: Raffigurazione di cerimonia funebre romana (copia del XVI secolo)

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Il Soroptimist Club I Club di Servizio di Novara (Parte quarta)

di M. Zucca Marmo

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Con questo articolo, dedicato al Soroptimist Club, si conclude questa rassegna dei service club attivi nella nostra città. Gli articoli precedenti, presentati in ordine di costituzione della loro organizzazione internazionale, hanno avuto come oggetto rispettivamente Rotary, Kiwanis e Lions, e sono stati pubblicati sugli ultimi tre numeri di Famiglia Nuaresa. Si precisa che a Novara vi sono altre associazioni (solo per esemplificare: Stampa Club, Ucid, Panathlon, la stessa Famiglia Nuaresa) che hanno finalità in parte assimilabili a quelle dei club di servizio, ma che non possiedono tutti i requisiti per essere annoverate in questa categoria associativa. Il Soroptimist Club è un’organizzazione senza fini di lucro, che raccoglie donne di elevata professionalità e attua progetti finalizzati all’avanzamento della condizione femminile, alla promozione dei diritti umani, all’accettazione delle diversità, allo sviluppo e alla pace. Mentre gli altri club, dopo lunghi anni di preclusione alle donne, accolgono oggi soci di ambo i sessi, il Soroptimist, sorto proprio per consentire il service femminile, rimane ovviamente precluso ai maschi. E’ invece consentita – dopo un periodo di incertezza – l’adesione a un secondo service club da parte di una soroptimista. Attualmente le socie sono circa 90.000, distribuite tra oltre 3000 club presenti in 125 paesi. Le Soroptimiste promuovono azioni per trasformare la vita delle don-


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ne attraverso la rete globale delle socie e la cooperazione internazionale. Il nome Soroptimist deriva dalle parole latine soror e optima, da intendersi come “il meglio per le donne”. La costituzione del primo Club risale al 1921 a Oakland, in California, da parte di 80 socie fondatrici, e la prima presidente è stata Violet Richardson Ward. Nel primo statuto gli scopi dell’associazione sono così indicat i: “promuovere lo spirito di servizio come base di tutte le azioni meritevoli e incrementare l’efficienza dei membri nel perseguire i propri obiettivi professionali, ampliando il loro interesse per il sociale, le imprese e gli affari civili della comunità, attraverso un’associazione di donne impegnate in diverse professioni”. Il primo progetto, “Salviamo i Redwoods”, si prefiggeva di salvare una foresta di sequoie secolari, che rischiava di essere abbattuta. Le soroptimiste si impegnarono per ottenere sostegno dall’opinione pubblica e gran parte di quella foresta fu salvata e tuttora esiste. Negli anni successivi sorsero altri club in diverse città degli Stati Uniti, tra cui San Francisco, Washington, Los Angeles e New York. Nel 1924 a Londra fu fon-

dato il Club denominato “Central London” e in Francia il primo Club Soroptimist dell’Europa continentale. La fondatrice di quest’ultimo, Suzanne Noël, si dedicò poi a costituire numerosi club in Europa e persino in Cina e Giappone. Nel 1928, nel corso della Convention che raccol-

timist; alle sue spalle raggi di sole, a sinistra fronde di quercia, simbolo della forza dell’organizzazione, a destra serti di alloro a significare il successo delle realizzazioni. Nel 1934, Europa da un lato e Gran Bretagna e Irlanda dall’altro, formarono due distinte Federazioni. Nel 1978 fu costituita la Federazione del Sud Ovest Pacifico. È in co rso un processo per la formazione di una Federazione Africana, i cui club sono attualmente distribuiti tra le due Federazioni del continente europeo. Fin dall’immediato dopoguerra il Soroptimist International si è posto in stretta relazione con l’Onu, inserendo proprie rappresentanze pres s o num er os e agenzie delle Nazioni Unite. L’organizzazione internazionale, il S oroptimist International, è guidato da un Consiglio Dise tutti i rettivo (Board) di cui fanno parclub, furono istituite due diverse te tre rappresentanti di ciascuna Federazioni: quella dell’Ameri- delle quattro federazioni. Il suo ca e quella dell’Europa, che si sa- compito è di fornire le indicaziorebbero dovute incontrare ogni ni strategiche per le attività pluquattro anni. Fu anche adottato riennali. La Presidente del Sol’emblema dei Club Soroptimist: roptimist International è scelta a l’immagine di una donna con le rotazione tra le rappresentanti braccia alzate, in un gesto di li- delle quattro Federazioni e ogni bertà e di dedizione verso gli al- anno, in occasione del Soroptitri, che mostra la scritta Sorop- mist Day che si celebra il 10 di-

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cembre – anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti umani –, rivolge un appello per sollecitare le soroptimiste su un tema particolare. Quello attuale è “Birthing in the Pacific”, destinato a migliorare le condizioni per la nascita dei bambini in Papua Nuova Guinea. Ciascuna Federazione coordina le Unioni Nazionali o Regioni o, in loro mancanza, i Single Club. Le Unioni o Regioni raccolgono a loro volta i Club. Nel corso dell’ultima Convention quadriennale internazionale tenutasi a Montreal nel luglio 2011 è stato individuato il tema decennale “Educate to lead” e sono state approvate le linee programmatiche del quadriennio. La Federazione Europea conta oltre 35.000 socie, distribuite in 1230 club suddivisi in 25 Unioni, costituite almeno da sette Club, e 95 Single Club, presenti in 58 Paesi. Per il biennio 2011-2013 la Federazione Europea ha individuato il tema delle proprie attività nella sicurezza alimentare, sia sul fronte delle disfunzioni alimentari proprie dei paesi ricchi, sia su quello della povertà di risorse alimentari dei paesi africani. Il primo Soroptimist Club italiano è nato a Milano nel 1928, fondato da Suzanne Noël e ha come prima Presidente Alda Da Rios. Dopo la sospensione del-

l’attività dovuta al fascismo e alla seconda guerra mondiale, la Da Rios, insieme a Madame Noël, ha ricostituito il Club milanese nel 1948, cui nel 1949 hanno fatto seguito le fondazioni dei club di Bologna, Roma, Firenze. Nel 1950 si è costituita l’Unione Italiana, che attualmente conta 139 club e circa 5700 socie. L’Unione Italiana è rappresentata dalla Presidente Nazionale, in carica per due anni e affiancata da due Governor , responsabili dei rapporti con la Federazione Europea. Il Soroptimist International d’Italia promuove e finanzia corsi di formazione, assegna premi e borse di studio, finanzia progetti di restauro e interviene con progetti di recupero in caso di calamità naturali. Il Soroptimist Club di Novara, fondato il 14 giugno 1958, è stato il 18° club dell’Unione Italiana e conta attualmente più di 50 socie. La sua prima Presidente è stata Angela Maria Ferutta Franchini, mentre quella attuale è Giovanna Nava, cui subentrerà, nell’ottobre 2014, Paola Sguazzini Gatti. Tra le sue socie, Carla Casalis Graziosi ricopre l’incarico di membro del “Comitato Statuti” nazionale. Nei suoi 55 anni di vita, il Club ha sponsorizzato la nascita dei Soroptimist Club di Biella, Vercelli e dell’Al-

to Novarese. E’ gemellato con Soroptimist Club irlandesi, francesi, norvegesi e svizzeri. Tra i progetti in atto, riporto quelli che a mio parere meritano una citazione. Un’indagine, condotta in collaborazione con l’ASL della nostra città, sulle abitudini alimentari dei bambini delle scuole primarie. Dal 2012 è in corso una ricerca storico-archivistica sulle composizioni delle musiciste novaresi. E’ in atto da diversi anni il sostegno economico ad una scuola missionaria di formazione professionale nel Wajir, un distretto del Kenya. Infine, aderendo ad un’iniziativa di Flavia Pozzolini Novelli, che nel 2012 presiedeva l’Unione Italiana, il Soroptimist Novara si è significativamente attivato per inserire presso il tribunale della nostra città un’aula di ascolto protetto, che si prefigge di mettere a proprio agio i minori e rendere il meno traumatica possibile la loro esperienza in tribunale.

Foto di pag. 30: Un'immagine di Oakland, dove è nato il Club Soroptimist Foto di pag. 31: Anna Maria Isastia, Presidente naz ionale 2013

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Novara

Tra lanci di dado e pagine a vignette Buongiorno a tutti lettori e lettrici di “Famiglia Nuaresa”. Nell’articolo di oggi vi parlo di Novara Comics&Games, così si chiama l’evento che il 22 settembre di quest’anno si è tenuto presso L'odi I. Pelizzari ratorio San Francesco della nostra città. Questo ritrovo, alla sua seconda edizione, la prima tenutasi invece a luglio, è riuscito ad attirare molti appassionati accorsi anche da paesi e città al di fuori di Novara. Non si può parlare di una vera e propria fiera, ma della seconda di una serie di tappe che si terranno in diversi luoghi del novarese periodicamente, e che serviranno ad avvicinarsi alla fiera del fumetto che si terrà nel 2014. Questo evento era incentrato sui giochi da tavolo, anche detti Board Games, su quelli di carte collezionabili e sui cosplay. La rassegna è stata organizzata da Japan Point Novara e da Jolly Jones, io ho avuto l'occasione di parlare con i titolari Alessio Lotito e PierPaolo Michelone per farmi dare qualche informazione in più sull'e34

vento: “Ciao Alessio, è ormai da tempo che tutti gli appassionati Novaresi richiedono eventi simili, come nasce Novara Comics&Games e su cosa sarà incentrata?” “Nasce appunto dalla necessità di tutti quegli appassionati che da tempo immemore non hanno una bella fiera del fumetto e del cosplay a Novara, la quale è, senza dubbio, un centro nevralgico in questo settore! L'evento a questa seconda edizione ha puntato ai giochi di carte più comuni: Magic The Gathering e Yu-Gi-Oh, in parte ai Board Games e hai cosplay con l'allestimento del palco e la gara per il miglior costume!” “Pier Paolo tu invece ti sei occupato dei Board Games spiegaci un po' cosa sono” “Allora i Board Games sono giochi da tavolo come possono esserlo Monopoli o Risiko, sempli-


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cemente con trame e regole più sostanziose e di livello, se vogliamo, più avanzato. Io oggi ho portato molti giochi da poter provare gratuitamente senza indire tornei, dalla prossima volta probabilmente si farà qualcosa di più!” La giornata nel complesso è andata molto bene, il tempo soleggiato ha permesso di sistemare all'esterno il grande palco per la gara cosplay

che ha avuto così numerosi iscritti, inoltre sono state organizzate lunghe tavolate per i Board Game interamente occupate da appassionati, dilettanti e intere famiglie, tutti intenti a sperimentare nuovi giochi sempre più difficili e avvincenti. Per quanto riguarda, invece, i due tornei di Yu-Gi-Oh e Magic the Gathering i giocatori sono stati sistemati nel seminterrato, una locazione certa-

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mente meno suggestiva ma comoda e spaziosa. Infine punto nettamente a favore è stata la possibilità di usufruire del bar della parrocchia che ha spronato tutti a godersi la giornata fino a sera inoltrata. Nelle prossime edizioni, incrementerà sicuramente il numero di partecipanti, che già raggiungeva tranquillamente il centinaio, e il numero di espositori riuscendo finalmente a dare col tempo anche a Novara una fiera alla pari diTorino o Milano. Quindi consiglio a tutti di aggiungere su facebook “Japan Point Novara” in modo da essere sempre aggiornati sull'evento! Come sempre adesso c’è l’angolo del collezionista in cui vi do qualche piccolo consiglio di lettura. Per gli appassionati di Marvel consiglio “W olverine - La morte di Mariko” una storia di Wolverine con ambientazioni nipponiche. Il protagonista, come sempre, è molto agguerrito e combattivo, non mancheranno infatti lotte e nemici agguerriti come ninja e Cyborg! Per tutti i lettori di DC comics invece propongo “Il matrimonio di Superman” Una ristampa del capolavoro di Dan Jurgens, David Michelinie, Karl Kesel e Louise Simonsone. La storia narra, ovviamente del matrimonio tra Clark Kent e Lois Lane e finalmente del coronamento del loro amo-

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re. Per quanto riguarda invece i manga vi suggerisco “Alita Last Order” una riedizione deluxe del capolavoro fantascientifico di Yukito Kishiro, che parla di Alita una ragazza riportata in vita con uno scopo, scoprire chi e per quale motivo è stata costruita Salem la città sospesa. Per quanto riguarda gli appuntamenti Novaresi vi ricordo che tutti i venerdì al Japan Point di Novara in Corso Torino 10l si tiene il torneo di Magic the Gathering mentre nella stessa location il sabato si gioca a Yu-gi-oh! Da martedì a domenica potrete cimentarvi con i Board Games al Jolly Jones in via Marconi 2a. Inoltre ricordo a tutti che il 24 novembre a Novara si terrà la terza tappa di Novara comics and games. Per concludere vi ricordo la mia Mail Ivan.Comix@virgilio.it, se avete una passione, siete organizzatori di eventi o scrivete fumetti o manga non esitate a contattarmi, tutte le mail avranno una risposta e saranno tenute da conto! Ci vediamo il prossimo mese Ciao.

Foto di pag. 34: Giocatori di carte Fumetto di pag. 35: yonkoma terza storia scritta Foto di pag. 35: Palco della gara Cosplay e partecipanti.


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Primo torneo di Squash della stagione 2013/2014 presso L'Incontro di Romagnano Sesia. Lo scorso fine settimana hanno risposto all’invito del circolo novarese alcune delle migliori atlete del panorama nazionale della categoria Elite. Sui tre campi dell’Incontro hanno incrociato le racchette Fedeli (n° 4 d'Italia) , Marchetti (n° 7) e Paisley (n°11) per un totale di 10 giocatrici a darsi "battaglia" per l'intera giornata. I quarti di finali e le semifinali, come da pronostico, hanno registrato la supremazia delle teste di serie.Simona Fedeli (Bs/Lions) si è aggiudicata il torneo superando in finale la compagna di squadra Eleonora Marchetti per 3/0. Terzo posto per Lorna Paisley (Mi/1989) che si è imposta per 3/1 su Annalisa Catalfamo (Ge/360° Sport). Settima l'atleta di casa Irene Monti. Ha così preso il via la stagione agonistica. Il prossimo appuntamento è già in calendario per sabato 2 novembre quando il club di Romagnano Sesia ospiterà due appuntamenti nazionali rivolti rispettivamente alla categoria Elite Femminile e alla Categoria Eccellenza Maschile.

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NOVARA CALCIO

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Lo sconforto di Kosicky dopo l'ennesimo gol subito

I tifosi del Novara chiedono reazione ed orgoglio Tifosi azzurri al Piola

Testo di G. Chiorazzi L’inizio di campionato del Novara è risultato assai diverso da quello che i tifosi azzurri si attendevano alla vigilia della stagione e da quello che gli addetti ai lavori avevano dato per scontato. Anche se sulla carta gli ingaggi giunti nel mercato estivo sembravano essere all’altezza delle cessioni (in alcuni casi anche illustri), all’atto pratico la squadra azzurra si è dimostrata indebolita in tutti i reparti: la difesa ha evidenziato lacune impressionanti, che hanno toccato il fondo nell’insidiosa trasferta allo stadio “Liberati” di Terni, dove il Novara è uscito sconfitto addirittura per 5-0. Avversaria ostica quella umbra, lo ammettiamo, ma non tale da motivare un passivo così pesante. Proseguendo nell’analisi per settori, il centrocampo avrebbe dovuto fornire maggiori garanzie in tal senso, visto che alla fine è risultato il reparto meno invariato rispetto al precedente campionato. Ma anche in questo caso, ahinoi, ci si è dovuti ricredere di fonte ad una serie infinta di passaggi sbagliati, in alcuni casi anche i più elementari, con poca copertura per la retroguardia e ancor meno sostegno al reparto avanzato. Per finire, in attacco, si evidenzia in modo allarmante la poca incisività sotto rete. Tanti errori in fase di finalizzazione; un gioco non adatto al centravanti su cui più di tutti si è scommesso (Gianmario Comi), la cui specialità resta il gioco aereo in uno schema, però, che fino ad oggi si è dimostrato povero di cross in avanti; per ultimo il rendimento sotto tono di Pablo Gonzalez, similare a quello in cui era piombato l’argentino sul finire della scorsa stagione. Al momento in cui scriviamo questo articolo, mister Aglietti è inevitabilmente al centro di numerose polemiche: tre pareggi consecutivi ed altrettante sconfitte seguenti, dalla 5ª alla 10ª giornata di campionato, han38


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no minato il rapporto di tutto l’ambiente. Il tecnico azzurro è così entrato nell’occhio del ciclone, per la confusione che regna sovrana all’interno della squadra azzurra. Si sa bene che, in questi casi, pur avendo le sue colpe (un cambio di modulo risultato poco azzeccato, la scelta continua nell’af fidarsi ai soliti giocatori e, in ultimo, il poco coraggio a provare altre soluzioni), l’allenatore nato a San Giovanni Valdarno, protagonista nella seconda parte della scorsa stagione per aver ridato una precisa identità al Novara e averlo portato dalla zona play-out a quella play-off, rischia seriamente l’esonero anticipato. Una circostanza sulla quale la dirigenza azzurra effettuerà (eventualmente) tutte le valutazioni del caso, in virtù del contratto in essere

che lega Aglietti al Novara fino a giugno 2016 e del fatto che, allo stato attuale delle cose, il problema principale non sembra proprio essere il tecnico toscano. I tifosi che alla fine della gara contro la Ternana si sono intrattenuti con i giocatori azzurri e quelli che hanno atteso il rientro degli stessi a Novarello, nella tarda notte fra sabato 19 e domenica 20 ottobre, si sono sentiti ripetere da tutti i protagonisti la medesima risposta: “E’ un problema psicologico dal quale non riusciamo a venirne fuori, ma lo spogliatoio è compatto e tutti remano dalla stessa parte”. Una precisazione che diventa obbligatoria, perché in molti hanno cominciato ad immaginare una serie di errori volontari più che casuali, forse dettati dalla formazione di gruppi separati all’interno

della squadra, oppure dal poco feeling con l’allenatore Aglietti. Da parte nostra, tuttavia, considerando la professionalità dei giocatori e l’orgoglio di tutti loro, non vogliamo neppure ipotizzare un simile scenario. Probabilmente la causa di questa circostanza negativa è il concatenarsi di molteplici fattori: il fatto di non riuscire più ad ottenere un risultato positivo da oltre un mese, ha probabilmente fatto venire meno la credibilità nei propri mezzi. Il Novara era partito ad inizio stagione per disputare un campionato di livello medio alto e, trovarsi dopo dieci giornate ad un distacco minimo dalla zona play-out, con numerose “lezioni di calcio” impartite da compagini sulla carta meno attrezzate, ha reso difficile anche le cose più comuni. Gli azzurri de-

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vono ritrovare pertanto una tranquillità al proprio interno, che permetta loro di scendere in campo con la giusta concentrazione e senza timori reverenziali nei confronti di nessuno. La passata stagione insegna che, nel calcio, tutto è possibile. Allora si raggiunge la serie negativa di ben sei sconfitte consecutive, oggi tutti coloro che sostengono il Novara si augurano che la ripresa avvenga decisamente prima, a cominciare dalla cruciale sfida valida per l’undicesima giornata contro il “quotato” Cesena, nel posticipo serale che inevitabilmente segnerà un primo crocevia della squadra azzurra in questo campionato. Non solo per giocatori e tifosi, ovviamente, ma in particolare anche per mister Aglietti, che di fronte ad una nuova debacle non avrebbe (verosimilmente) più attenuanti, neppure a seguito delle parole di stima rilasciate nei suoi confronti dal patron massimo De Salvo - in prima b a ttu ta - e successivamente dal DS Luca Cattani, nell’immediato post gara del “Liberati” di Terni. Nel frattempo la società è corsa ai ripari optando per un ritiro punitivo della squadra a Novarello ed un

silenzio stampa che forse non sarà corretto nei confronti degli Organi di Stampa ma che, obiettivamente, potrebbe rappresentare una condizione ottimale per non distrarsi in vista della sfida contro il Cesena. Nella settimana che precederà questo importante avvenimento, mister Aglietti dovrà trovare il bandolo della matassa per ritrovare fiducia, compattezza e orgoglio smarriti da tempo. La sfida è assai ardua, perché ai problemi attuali della squadra si sommano i malumori (inevitabili e più che condivisibili) della tifoseria azzurra, spaventata ed attonita di fronte ad una circostanza ben diversa dalle aspettative iniziali. Di recente si è anche svolta una riunione per tutti i sostenitori del Novara, aperta a tutti i tifosi di ogni settore dello stadio e appartenenti a qualsiasi gruppo organizzato, senza limitazioni d’età, per trovare una soluzione anche all’aspetto legato al tifo che, inevitabilmente, di pari passo ai risultati della squadra, è sceso di quantità e di livello. Un incontro molto propositivo, per ironia del destino svoltosi proprio a Novarello… in quanto la disponibilità ad utilizzare l’Auditorium presente nel centro sportivo del Novara, for-

nita dal DG Luca Faccioli ad una rappresentativa di tifosi della Curva Nord, era giunta prima dell’imposizione societaria relativa al ritiro punitivo della squadra. Insomma, sbloccarsi quanto prima per… non vivere solo di ricordi, che ad oggi sembrano molto lontani ripensando alla storica promozione nella massima serie al termine della stagione 2010-11 e a tutti i record raggiunti, con sacrificio, negli ultimi anni. Reagire a questa condizione negativa è poss ibile, ma occorre davvero l’impegno di tutti (nessuno escluso, neppure da parte degli infortunati) all’interno della rosa azzurra. Inoltre, fra società e tifoseria, è assolutamente indispensabile ritrovare quell’armonia che i mancati risultati hanno offuscato. La dirigenza deve comprendere che le critiche piovute inevitabili sull’ambiente, sono rivolte ad uno sprono nel migliorarsi (dettato da timori che riportano ad anni bui nella storia societaria), piuttosto che a “critiche gratuite” nei confronti di Tizio o Caio… Ciò non toglie che, al di là come si evolverà la situazione (tutti noi speriamo al meglio e nel più breve

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tempo possibile), resta l’onta subita (più volte) in questo primo scorcio di stagione, al quale i tifosi del Novara hanno dovuto sottostare. Ecco perché riteniamo corretto dai giocatori, in qualità di seri professionisti, il dovere morale di riscattarsi e dimostrare in campo il massimo impegno, circostanza che in alcuni casi è parsa mancare quasi integralmente. E’ probabile che i problemi principali di questa squadra non siano legati esclusivamente ad un “fattore psicologico”, come più volte ribadito dai protagonisti: ma partendo da questo principio (al quale, giunti a questo punto, serve soltanto trovare una soluzione interna), si deve far leva sull’orgoglio personale di ogni giocatore; non è più tollerabile, infatti, osservare così poca reattività da parte di tutti gli azzurri di fronte a qualsiasi avversario e neppure trovare sempre un alibi a prestazioni incolori. Tuttavia, nonostante tutto quanto sopra evidenziato, ai tifosi delusi e rassegnati (come la squadra nelle ultime uscite stagionali) viene chiesto ancora un supporto… Una circostanza che può starci perché facili contestazioni risulterebbero (forse) ancor più deleterie nei confronti di Ludi e compagni, a patto però - lo sottolineiamo - che allo stesso segua-

Mister Aglietti no risultati concreti e, soprattutto, prestazioni da professionisti che

onorino la gloriosa maglia azzurra.

Mentre andiamo in stampa, la posizione dell’allenatore del Novara Alfredo Aglietti è appesa ad un filo. Un’ennesima sconfitta potrebbe indurre la Società al cambio del timoniere e questo, ad oggi, non è dato di sapere. Il lettore ne tenga conto. Grazie.

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Al disnà da Nuvémbar di P.L.D.A. COTOLETTE IN AGTRODOLCE Impanate 4 cotolette di fesa di vitello, passandole prima nell’uovo e poi nel pangrattato e friggetele in 50 grammi di burro. Pulite due peperoni, uno rosso e uno giallo eliminando i resti e le parti bianche interne e tagliateli a pezzi. In un largo tegame con due cucchiai di olio di oliva mettete i peperoni e fate cuocere coperto finchè saranno un po' appassiti, salate, pepate, unite qualche foglia di basilico e continuate la cottura semprecon tegame coperto. Dopo 15 minuti agglungete due cucchiai di zucchero, cuoceie altri 5 minuti, unite mezzo bicchiere di aceto bianco e fate evaporare a fuoco vivace. Unite quindi le cotolette ai peperoni lasciandole nel tegame per qualche minuto in modo che si insaporiscano bene, quIndi servite. . RISOTTO ALLA BIRRA CON VERDURE Spuntate due carote e due zucchine, raschiate le e tagliatele a fettine, sbucclate una cipolla e tagliatela a rondelle. Portate a bollore un litro di acqua in una pentola e scioglitevi un dado per brodo Portate il tutto a bollore e lasciatevi cuocere le verdure un poco al dente. In un tegame con 50 gr.di burro e due cucchiai d’olio fate tostare a fuoco basso 350 gr.di riso adatto per risotto, Carnaroli oArborio, per due minuti mescolando ron un cucchiaio di legno poi aggiungete un bicchiere di birra chiara e fate evaporare, sempre mescolando. A questo punto, un mestolo alla volta aggiungete il brodo con le verdure ehe avrete sempre tenuto al caldo. Portate a cottura, sempre mescolando con il cucchiaio di legno per circa 18 - 20 minuti. Spegnete il fuoco, aggiungete anrora un pezzetto di burro, un pizzico di pepe e abbondante parmigiano grattugiato. Coprite il tegame con un coperchio, lasciate riposare il risotto per tre minuti, poi mescolate e trasferite la preparazione su un piatto da portata Se volete aggiungere un tocco di raf finatezza disponete sulla supet'ficie delle fettine sottili di. provola affumicata.

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L’ u r ò s c u p d a l P i n è l a p a r N u v é m b a r Cravón (Ariete): Na quài nivla nera a l’urisunt..... Tor (Toro): Calma e sapiensa i van sémpar insèma. Gemèj (Gemelli): Ricordat che un po’ da diéta tüti i mal a ja quaièta. Càncar (Cancro): Cerca mia sémpar una quài scüsa. L’erur ti l’è fai ti. León (Leone): Absogna pensà a una bèla vacansa al mar... Vérgin (Vergine): Par ti a sarà tüt un cicinin in salida. Balansa (Bilancia): Parla cunt al cör e ti vedarè ch’it capissan. Scurpión (Scorpione): Ancura un po’ da fadiga, ma dopu la salida a riva la discesa. Sagitari (Sagittario): Dat da movat. al pegg l’è passà. Capricornu (Capricorno): Tropi büsii igh han al nas luuuuung... Aquari (Acquario): Ti devi fa l’acrobata in banca ancura un quài més. Pèss (Pesci): Sta sü da doss, ti vedi mia che a cula fiöla tigh cavi al fià?

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S.R. 211 della Lomellina - 28071 Borgolavezzaro (NO) 43


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Puesia di Alberto Gavinelli

D’in tra mèss dla nèbia ch’la bràscia-sü al mè cör mi i tasi. La Cusciénssa l’è dré ch’am parla. Dialetto di Novara

In mezzo alla nebbia che abbraccia il mio cuore io taccio La Coscienza mi sta parlando.

Solitamente (salvo improvvise variazioni delle condizioni meteo, da un mese all’altro…), a Novembre, sopraggiunge una "grigia signora" e la sua venuta ci disorienta. Ma nello smarrimento, in cui ci troviamo…La Voce della Coscienza, dialogando quotidianamente con noi, non ci abbandona mai e, guidandoci sapientemente, ci aiuta anche a non perdere l’orientamento.AscoltiamoLa, allora, con la massima attenzione, cercando di fare tesoro dei Suoi preziosi Insegnamenti.


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RENAULT


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FORD


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EFFENOVA FIAT


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