Gennaio 2013

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Famiglia Nuaresa An XXX Nümar 314 - Génar 2013

Cumün Pruincia Region da Nuara da Nuara Piemunt

Circul dal 53

A.I.D.O.


LAND ROVER


Dò paroli in cunfidénsa di Stefano Rabozzi

CUMÜN DA NUARA

In questo numero: Dö paròli in cunfidénsa di S. Rabozzi

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I Dittici di Novara. di R. Pezzana Sara

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La Famiglia Faraggiana di G. Marelli Gambelli

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Versi il nuovo mercato coperto di C. Rabozzi 12 Fieri di essere Italiani di G. Torrisi Bertelli

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Sulle tracce del romantico di M. Trucco

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Il Sacrario degli aviatori novaresi di A. Poggi Steffanina

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L ’ ar t e c o m e i m p ro n ta d i v ita di M. Trucco 28 Once a Tiger di L. Bianco

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Dieta mediterranea di C. Zandotti

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Questo Novara non finirà di...... di G. Chiorazzi 36 Tradizione e tecnologia nel riso di M. Zucca Marmo 42

L’è rivà anca al 2013. Cüi ciulon di Maya, sta volta i s’han asbaglia, disenda che al mund al finiva int al 2012. Ma i suma sicür ch’i s’han asbaglià par dabòn? Na roba l’è certa; i suma ‘ncura chi a cüntasla sü e quindi al mund, bèl o brüt ch’al sia, al va vanti cume al fà da dümila ani. I Maya, però, hin mia sbaglià dal tüt; i duuma vedla, sta ròba, da una angulassion un pò diversa, e alura l’interpretassion la diventa püssè facila. Forsi, lur, i Maya, i vürevan dì che a finissa un’epuca o almenu la duaria finì. Un’epuca da guèri, da fam, da sét, da omicidi e da tüti culi ròbi brüti ch’in fai gnì i oman pegg che i bestii. Almenu lur, i bestii, i rispètan la legg dla selession natüral; i oman, inveci, i rispètan gnénta, gnanca i fiulin quand i a mètan int i cassunèt dl’imundissia o quan i a viuléntan e via discorrendo. Ecco, secund mi, cume as pòda interpretà la prevission di Maya. Cume una speransa che al duman al sia migliur, che i oman i la smètan da véss di cravòn gnurant e che i turnan a vif secunda l’educassion e al rispèt, la tuleransa e la cumprension, fasenda in manera che agh sia pü un tuchèt da mund che al mangia e al beva a son da campanin e tüt al rèst, chl’è la part püssè grossa, ch’al mora da fam e da sét. Cun tanti augüri par tüti ......

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I dittici di Novara dal Paganesimo alla Cristianità di R. Pezzana Sara

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dal Paganesimo alla Cristianità

a diocesi di Novara è lʼunica della nostra regione ad avere una duplice cronotassi dei suoi vescovi, iscritta nelle valve di due dittici eburnei, appartenenti rispettivamente alla Cattedrale ed alla Basilica di S. Gaudenzio. Con il termine “dittico” si intende un oggetto composto da due valve tenute insieme da legacci o cerniere, usato per la stesura di un testo breve, corrispondente a due pagine scritte su cera o direttamente sul supporto. Già dal VI secolo a.C. veniva utilizzato presso i Greci, sia per lʼesercizio calligrafico che per la corrispondenza, ma ebbe rilevanza soprattutto nel mondo romano che, per la sua realizzazione, usava, oltre allʼavorio, materiali quale il legno, il metallo e la terracotta. Il più antico dittico sino ad ora conosciuto, si ritiene sia quello di Ercolano, databile allʼ8 a.C., rinvenuto mutilato tra le tavolette cerate di questo sito, ma la produzione di tali manufatti continuò sino al XIII secolo circa, con finalità diverse. Il termine grecizzante di diptycha comparve però nel Codice Teodosiano del 384 d.C.; in quel periodo, tra i ceti più elevati della società, si diffuse la moda di donare oggetti artistici eseguiti con materiale di pregio; tra di essi furono particolarmente apprezzati i dittici al fine di riutilizzarli sia come 4

copertura di pregiati codici che per esposizione. Era indubbiamente un modo di rappresentare lʼaspetto maestoso del cerimoniale di età tardo romana. I dittici mantennero quindi per secoli il ruolo di simbolo di elevato rango sociale, dapprima nei ceti elevati della romanità pagana e poi tra alti prelati della cristianità. È noto il suo uso come “partecipazione di nozze” alla ristretta cerchia dei parenti ed amici, dai quali veniva poi utilizzato come notes; più frequentemente la sua provenienza era consolare o patrizia, per cui esso aveva soprattutto una funzione di propaganda politica dellʼuomo che voleva essere ricordato per la posizione raggiunta. Verosimilmente i dittici novaresi, entrambi in pregiato avorio, arrivarono in possesso dei presuli Vittore e Onorato nei secoli V e VI, attraverso donazione da parte di illustri personaggi romani. Il dittico di S. Gaudenzio, di 34,5 x 11,5 cm, rappresenta un console costantinopolitano nella parte esterna della valve. La sua importanza è tale che nel testo del 1753 di Sebastiani Donati “Deʼ Dittici degli Antichi - Profani e sacri” dedicato a quel gran cultore dellʼarte e collezionista che fu il Principe Querini, vescovo di Brescia, gli sono riservate alcune pagine descrittive ed un accurato disegno. Scrive il Donati: “Ritrovai tuttavia nella insigne Collegiata di S.Gaudenzio due tavolucce dʼavorio, nella cui esterior parte vedasi scolpito in un tondo… lʼimmagine in busto dʼun consol col capo scoperto …


Dittico della Cattedrale

vestito deʼ consueti abiti Consolari e solenni, avendo la destra alzata, colla quale tiene la mappa Circense ripiegata, e ravvolta in segno di presidenza aʼ pubblici spettacoli, e colla sinistra lo scettro Consolare …”. Si tratta quindi di un console che indossa la “toga picta”, lʼindumento color porpora arricchito da preziosi ricami in oro, riservato ai generali valorosi durante le processioni trionfali ed agli imperatori nel giorno del loro rientro a Roma, dopo una vittoria in battaglia. Era dʼobbligo portarla nei circhi in occasione dei giochi; infatti il console del dittico di S. Gaudenzio la indossa in tale circostanza, considerati gli oggetti che tiene in mano, ossia la “mappa circensis”, rappresentata da un rotolo di tela bianca da sventolare come segnale per dare inizio ai giochi del circo, e lo “scettro Consolare” ad indicarne il rango. Ad arricchire lʼeffigie, a contorno del tondo con il busto del console, sono presenti delicate rappresentazioni fitomorfe. Il tipo di pettinatura e la formula compositiva molto simile al dittico di Aerobindo, indicano una cronologia intorno al 520 d.C.

Il dittico eburneo della Cattedrale, di 33 x 14,1 cm, invece, risalente agli anni intorno al 425 d.C., viene detto “del patrizio” poiché tale si presume sia il personaggio raffigurato in posizione eretta tra due snelle colonne reggenti un padiglione corinzio. Egli si presenta in atteggiamento diverso in ognuna delle valve: nella prima stringe tra le mani un libro, nella seconda ha un gesto di benedizione con la mano destra. Questa valva è meno rifinita della prima, ma in entrambe si apprezzano la morbidezza dei “campagi” (bassi calzari di cuoio chiusi sopra il collo del piede) e la leggerezza delle pieghe dellʼabito. Egli infatti, anziché la “toga picta” del Console, indossa una “Clamide”. Questo capo di abbigliamento consiste in un ampio mantello lungo quasi fino ai piedi, che lascia liberi il fianco e il braccio destro; i suoi lembi, raccolti sulla spalla destra, sono trattenuti da una “fibula a croce latina”. Una piccola divagazione merita questo tipo di fibula, considerando che pochi decenni fa, in una località distante circa 35 km da Novara, precisamente a Desana, in provincia di Vercelli, fu rinvenuto un interessante tesoro (appunto, il “Tesoro di Desana” ora esposto a Palazzo Madama di Torino), che tra i vari e rari oggetti in oro ed argento, comprendeva una “fibula a croce latina”, datata intorno al 400-450 d.C. assai simile a quella rappresentata sulla clamide del patrizio del dittico della Cattedrale. Attualmente se ne conoscono pochissimi esemplari in oro, due dei quali meritano una citazione, data la loro uguaglianza quasi perfetta: uno è quello di Desana e lʼaltro è stato ritrovato a Ténès, in Algeria. Difficile è ritrovare la strada percorsa da tali gioielli; si sa però che la loro produzione era regolata da una precisa legislazione ed il loro utilizzo indicava lʼincarico ed il rango sociale di coloro che potevano fregiarsi di essi. Sappiamo dal Codice Teodosiano che, presso la Corte di Costantinopoli, vivevano artigiani addetti esclusivamente alla realizzazione di questi gioielli che, o venivano utilizzati dallʼImperatore 5


oppure dallo stesso regalati a personaggi ai vertici dellʼamministrazione e dellʼesercito; per cui è verosimile ritenere che il “patrizio” del dittico ricoprisse alti incarichi. La suggestiva particolarità dei dittici di Novara, sta nel fatto che entrambi, nelle valve interne, abbiano la cronotassi episcopale della Diocesi, a partire da S. Gaudenzio sino al 1343, scritta con inchiostro sin dallʼXI secolo. Sono quindi elenchi medievali che mantengono la memoria della comunità e seppur con piccole differenze, permettono la ricostruzione della lista dei Vescovi con datazioni e descrizioni delle loro opere. Le divergenze riscontrate nei due dittici potrebbero essere state causate sia da motivi di carattere locale, quali le diatribe tra i capitoli della Cattedrale e di S. Gaudenzio, sia a fatti di adesioni o meno a scismi verificatisi nei vari secoli. Lʼannotazione più dettagliata che vi si ritrova è quella dedicata a Litifredo, il cui nome è scritto in rosso ad indicarne lʼimportanza; questo prelato procurò alla Chiesa e allʼEpiscopato onori e vantaggi (UtiDittico di San Gaudenzio litates ed honestates). È scritto che “vive in Cristo gemma dei sacerdoti”, che gli si riconoscono la riunione dei canonici di S. Maria in dittico divenuto proprietà del già citato Cardinale un chiostro e la ricostruzione della Cattedrale, la Querini nel 1750, fu poi donato alla Biblioteca Quecui consacrazione avvenne nel 1132 ad opera di riniana e quindi passato al Museo di Brescia. È ripapa Innocenzo II che reduce dalla Francia, fu tenuta opera di grande qualità, databile intorno al ospitato a Novara. La costruzione della Chiesa di 411-425 d.C., in cui è rappresentata una scena colS. Gaudenzio viene citata durante il suo episco- ta dal vero, dove il console della famiglia dei Lampato (1123-1151) solo nel dittico di S. Gaudenzio. padi, affacciato alla tribuna sopra la quale spicca A sottolineare lʼimportanza dei dittici novaresi, lʼiscrizione “…ampiadorum”, indossa una ricca tova ricordato che quello del “patrizio” venne scelto ga ricamata, tiene nella sinistra lo scettro e nella dalla Direzione del Metropolitan Museum of Art di destra la mappa circense. Alla calma del persoNew York, quale unica testimonianza storica ed ar- naggio, contrasta il movimento rotatorio, ricco di tistica del Piemonte, per lʼesposizione “Age of Spi- ritmo, delle quadrighe trainate da cavalli che gareggiano nellʼarena intorno ad un obelisco egiziarituality” ivi tenutasi negli anni 1975-1976. Prima di concludere questo interessante argo- no. Viene inoltre confermato che si tratta di un ditmento ricordiamo che Novara possedeva altri due tico nuziale identificato con quello menzionato nel dittici; essi sono menzionati nellʼinventario redat- documento di Gaidone del 1175. È quindi un altro gioiello dʼarte che per gli strato nel 1175 dal canonico Gaidone. Uno è definito “Tabulae eburnee in quibus est scriptum Lampa- ni avvenimenti della storia si trova lontano dalla terdiorum Rufiorum”, dellʼaltro si sono perse le trac- ra dʼorigine, ma documenta lʼimportanza e la quace. Pochi decenni fa la dott.ssa Chiara Formis ri- lità che in passato ebbe la cultura nel nostro territenne di individuare al Museo di S. Giulia a Bre- torio. ● scia, la valva del “dittico dei Lampadii”. Infatti, il

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Una famiglia storica di G. Marelli Gambelli

i “Faraggiana” Parte prima

Nell'osservare l'albero genealogico della famiglia Faraggiana, riportato nel bellissimo volume della Fondazione: "Una famiglia per Novara: i Faraggiana", curato dalla prof. Silvana Bartoli, ricercatrice storica ed edito da Interlinea, ho avuto l'impressione di trovarmi di fronte ad una "gens" romana; si tratta invece di una "fara" longobarda le cui origini risalgono al 1300. Nel comune di Levanto vissero personaggi che espletarono cariche pubbliche nei secoli successivi, documentati da ricerche d'archivio; una più nota genealogica risale alla prima metà del 1700 con Giacomo Faraggiana che ottiene la concessione del servizio postale. Le "farae", erano famiglie importanti fra i Longobardi, i lontani antenati Faraggiana appartenevano alla "trustis regia" del re Liutprando: secondo il massimo storico dei Longobardi, Paolo Diacono, erano i gruppi gentilizi o parentali familiari in cui era diviso il popolo; il termine "fara" è vivo ancora oggi in molti comuni e attesta la loro sicura derivazione da stanziamenti di antiche genti longobarde. Rotari e i suoi uomini invasero la penisola dalla Liguria verso il 640 d.C.; erano ordinati sulla base di questi gruppi gentilizi che rappresentavano analogie e differenze rispetto alle "gentes" romane. L'origine del cognome è spiega-

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bile nel senso di "fara" la famiglia stanziata alle porte di Genova (ianua = lat. porta) cioè nella cittadina di Levanto, oggi provincia di La Spezia. (Fara ianua Faraggiana). Le prime notizie attendibili sulla famiglia si hanno nel 1389: un Domenico Faraggiana è fra i firmatari degli Statuti di Levanto nella qualità di Magnifico consigliario; nel 1753 l'accertamento della nobiltà e della continuità della successione furono autenticate ai discendenti Antonio e Simone Faraggiana con l'iscrizione alla nobiltà di Sarzana, con diploma. In quel tempo si trovano residenze dei Faraggiana a Levanto, Pegli, Albissola, Novara. La Famiglia Faraggiana è inserita nel libro d'oro della nobiltà italiana e nell'elenco ufficiale nobiliare italiano col titolo di "nobili di Sarzana". L'albero genealogico della Famiglia Faraggiana parte dalla famiglia genovese De Albertis tramite Antonietta che sposa Raffaele Faraggiana (1775-1841); essi hanno quattro figli: Annetta, Giuseppe, Giulia e Alessandro Antonio. E' interessante conoscere le vicende della famiglia De Albertis. Alessandro Faraggiana sposa la vedova di Carlo De Albertis, Amalia De Bayer: il primo matrimonio di Amalia era avvenuto nel 1824 a Galliate, dove si era stabilito suo padre Ferdinando De Bayer nato a Rorschach (cantone di San Gallo; diocesi di Coira); appartenente ad una vecchia famiglia

Amalia De Bayer elvetica capitano della Legion Elvetique al servizio di Napoleone; nel 1800 sposò Angela Marchesi vedova di Giulio Ferrari dal quale aveva ereditato la casa di Galliate. I De Bayer erano ben inseriti a Galliate; Amalia De Bayer e il suo primo marito Carlo De Albertis erano cugini, in quanto nipoti della coppia che aveva dato origine al ramo di Rorschach, Carlo Antonio De Albertis e Magdalena De Bayer, ma erano anche entrambi di Giovanni Maria il cui nonno, capo del ramo di Genova, aveva sposato Helena De Bayer. Rorschach, importante scalo commerciale sul lago di Costanza e Genova, sono i luoghi in cui i De Albertis originari di Vanzone decidono di stabilirsi dopo aver accumulato una fortuma. Il matrimonio fra Carlo De Albertis e Amalia De Bayer era la terza unione fra le due


famiglie. La complessità delle parentele, oltre ad essere un rompicapo, fa capire l'importanza di quelle unioni e l'enormità patrimoniale che giunge ai ragazzi Faraggiana. Le polemiche parentali furono numerose ma destino era che quel patrimonio arrivasse tutto ai Faraggiana, nel giro di una complessa "endogamia" per la quale oltre agli affetti famigliari giocavano capitali enormi. Amalia De Bayer rimane vedova di Carlo De Albertis nel 1825 e sposa Alessandro Antonio Faraggiana: dal matrimonio nascono quattro figli, tre femmine (Antonietta, Giuseppina e Angiolina) La famiglia Faraggiana a Meina con amici: Da sinistra, Giuseppe e un maschio Raffaello (1847-1911) (in piedi), Alessandro (con il cappello), Caterina, Raffaello (ultimo egli sposerà Catherina Ferrandi, fi- a destra) glia di Domenico Ferrandi e Fanny (1876-1961) e Giuseppe Domeni- Meina (foto in basso di Mario Finotti Wuille. L'eredità De Albertis permette co (1880-1965) con tale atto si com- g.c.) e le grandi proprietà familiari. l'acquisto della villa dei marchesi pendiava una storia secolare e il Alessandro Domenico e Giuseppe Domenico ereditano dal padre RafDurazzo ad Albissola, la cui tenuta futuro del nome. Catherina Ferrandi era figlia di faello, nel 1911 un patrimonio "si dicomprendente vigneti, frutteti, uliveti e viene condotta con criteri im- Domenico Ferrandi, avvocato, pro- ce" di 65 milioni. La fiducia del paprenditoriali per realizzare un ciclo prietario di una villa a Meina; il suo dre verso Alessandro Domenico completo di lavorazione e trasfor- nome francesizzato aveva effetti- non era solo dovuta alla primogemazione dei prodotti. Una prima di- vamente origine francese, quello nitura, in quanto il primo figlio, un visione del patrimonio si ebbe nel della madre Fanny Wuille che era anno prima era morto dopo un gior1841 fra Giuseppe ed Alessandro, stata governante presso la famiglia no di vita: a questo secondo furofigli di Raffaello e Antonella De Al- Ferrandi aveva avuto la figlia Ca- no dedicate tutte le cure e l'affetto bertis. A Giuseppe andavano il pa- therina prima del suo matrimonio possibili ed anche ben meritati; i lazzo dell' Acquaverde in Genova e con Domenico Ferrandi, avvenuto beni mobili e immobili vennero riad Alessandro le proprietà di Novara due anni dopo la nascita della loro gorosamente divisi in parti uguali, bambina. ma ad Alessandro viene lasciato con la ex Casa Brentani. Catherina era la più bella e più ricun "prelegato" per evitare conteUna successiva divisione, più vicina al nostro tempo, avvenne nel- ca ragazza di Novara; da parte di stazioni, di un milione in più con la l'ambito della famiglia formata da Raffaello fu certo un matrimonio raccomandazione alla moglie, deRaffaello Faraggiana e Catherina d'amore; Catherina fu una moglie stinataria del palazzo e della villa di Ferrandi (1856-1940) che ebbero degna del suo ruolo e con il marito Albissola e di Meina, dei mobili, vetdue figli Alessandro Domenico contribuì a valorizzare la villa di ture, cavalli, palchi nei teatri, gioielli; nel testamento Raffaello rivolge a lei la preghiera di funerali senza fiori, senza discorsi, senza l'apparato spettante ad un Senatore, alle 7 del mattino, con pochissimi preti e con la raccomandazione che il suo corpo venga tumulato il maggior tempo possibile dopo il decesso. Il palazzo e le ville di Albissola e di Meina dovevano essere lasciate, alla morte della moglie, al figlio Alessandro. Di questo personaggio legato alle vicende di Ugo Ferrandi e del museo di storia naturale di Novara, mi occuperò nella seconda parte della relazione;

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per ora interessano le vicende del fratello minore Giuseppe Domenico nato nel 1880. I due fratelli riuscirono a gestire il ruolo di coeredi universali per poco tempo; un anno dopo la morte del padre decisero una divisione amichevole: il 15 luglio 1912 l'estrazione a sorte davanti al notaio, assegna ad Alessandro le case e il palazzo di Genova, la villa e l'azienda di Albissola, una casa a Novara in Corso Sempione; a Giuseppe tutti i terreni, fabbricati, fontanili, regioni d'acqua di Castellazzo, Casaleggio, Mandello Vitta, Briona, Proh, Sizzano, Fara, Caltignaga. Giuseppe aveva scelto di vivere a Genova ma non frequentava la grandiosa villa di Albissola; ogni anno da settembre sino a novembre stava a Castellazzo per riscuotere le entrate agrarie; in questi mesi raramente incontrava la madre a Novara o a Meina. Aveva sposato nel 1907 Michelina figlia dell'Ing. Mignacco e i rapporti con la famiglia si erano estraniati: non si ricucirono dopo la morte della moglie nel 1908; neanche il secondo matrimonio con la principessa Maria Gonzaga nel 1912 riuscì ad avvicinarlo alla famiglia. Maria era nata ad Alba dove il padre allora generale prestava servizio; la madre Catherina invece si affezzionò molto alla nuora in un rapporto destinato a durare anche dopo il divorzio dal figlio; sposata con rito civile a Genova alla presenza dei marchesi Doria e Pallavicino e tanti altri nobili eminenti, dopo 9 anni di convivenza non allietata dalla nascita di un figlio, la moglie abbandonò il domicilio coniugale e tornò a vivere presso i genitori. Nel 1923 in pieno accordo, presero la cittadinanza nello Stato indipendente di Fiume, dove vigeva ancora la legislazione austriaca che ammetteva il divorzio per il coniuge "volontariamente abbandonato senza una plausibile conosciuta motivazione". Davanti al giudice la principessa rifiutò di esporre le regioni "particolari" che l'avevano indotta a lasciare il marito e accettò 10

di dichiararsi colpevole. Il divorzio fu definito senza pretese patrimoniali ed "opposizione fra le parti". Maria Gonzaga non incontrerà più Giuseppe, si dedicherà ai figli dell'amatissimo fratello Ferrante, che combatte durante la seconda guerra mondiale in Albania e, come generale della 222ª divisione costiera di stanza vicino a Salerno, alla notizia dell'armistizio concluso dal governo Badoglio l'8 settembre 1943 con gli anglo-americani, rifiutò con i suoi uomini la resa ai tedeschi e fu il primo ufficiale di servizio caduto per mano tedesca; gli fu conferita la medaglia d'oro alla memoria. Maria Gonzaga (foto sotto) ave-

va deciso di andarsene dopo che il marito Giuseppe si era giocato una fortuna al Casinò di Montecarlo; il patrimonoo era anche evaporato a causa di una maldestra amministrazione in anni difficili. Dal 1917 Giuseppe Faraggiana era diventato un gentiluomo dalle cui mani il denaro fuggiva. Sin da giovane durante i suoi studi e le sue opere aveva sostenuto principi e ideali socialisti e aveva mostrato interesse e convinzioni per una società più giusta e condizioni più libere rispetto ai vincoli posti dal suo ceto sociale. Purtroppo era stato esaudito: stava diventando economicamente uno degli "ultimi" cui aveva dedicato tanti studi ed interesse in gioventù. La vendita dei beni di Castellazzo tra il 1917-1919 vengono effet-

tuate con il consenso della madre, usufruttuaria; la vendita è piuttosto una "svendita" ai contadini affittuari e a società non dedite alla beneficenza. Il gran signore che ha perso il patrimonio si trova ad affrontare la realtà di quei principi ideologici per i quali si era battuto in gioventù, una polemica con il ceto di appartenenza. Le ristrettezze economiche lo costrinsero a vivere nella parte patronale del mal ridotto castello "Castellazzo" e tra gli abitanti del paese rimase la memoria di un uomo diffidente e avido, tanto che, accusato di aver fatto "mercemonio" anche degli arredi sacri dell'Oratorio di San Bernardo, dovette andarsene, minacciato da un suo ex dipendente al quale voleva sottrarre i mobili che gli aveva venduto. Gli fu concesso dalla società acquirente di abitare altri due anni in un'ala del castello con un contributo annuo di 2 quintali di riso. La moglie Maria Gonzaga si rivelerò invece una accorta imprenditrice agricola mostrando qualità che Giuseppe non aveva saputo apprezzare e valutare. Le cose andarono fortunatamente bene per Catherina ed il figlio Alessandro, personaggio eclettico, dedito a ricostruire la memoria familiare ordinando la ricchissima biblioteca di Albissola dalla quale si ordinavano i libri a Londra. La nuova tecnica fotografica diventerà la sua grande passione, preceduta da quella del padre Raffaello che nel giardino della villa di Meina aveva fatto costruire uno "chalet" adibito a studio fotografico. Le vicende di Catherina e del figlio Alessandro riguarderanno la seconda parte della relazione. (Continua sul prossimo numero) Un ringraziamento particolare viene rivolto alla Fondazione Faraggiana, alla Casa Editrice Interlinea di Novara e al fotografo Mario Finotti, per la consueta, preziosa fattiva collaborazione.


Consegna di sette Borse di Studio per particolari meriti scolasticia studenti dell’Istituto Tecnico Industriale Omar di Novara “Cavaliere di Gran Croce Paolo Ferrari” fondatore di Comoli Ferrari. Lo scorso 17 dicembre Comoli Ferrari & C. S.p.A., per il quattordicesimo anno consecutivo, ha consegnato a sette studenti dell’I.T.I. Omar di Novara altrettante borse di studio per particolari meriti scolastici. Le borse di studio portano il nome del fondatore dell’azienda Paolo Ferrari, per ricordarne la figura di uomo e imprenditore, e sono un segno dello stretto legame che intercorre ormai da tempo tra l’azienda e l’istituto. Nato nel 1904, Paolo Ferrari si diplomò all’Omar

nel 1922 e, dopo una breve permanenza alla Ercole Marelli di Torino, nel 1929 fondò insieme al socio Stefano Comoli la Comoli Ferrari. Per quasi 70 anni è stato alla guida dell’Azienda dimostrando doti non comuni di imprenditore lungimirante, ricco di iniziative e attento alle istanze del progresso. Il suo attivismo, oltre che nelle tante Società che lo hanno visto protagonista, si è espresso anche in diversi ambiti sociali e culturali. Si può certamente affermare che fa parte di quegli uomini che hanno fortemente contribuito alla crescita dell’Italia del dopoguerra. Oggi l’azienda novarese conta 82 filiali ed oltre 700 collaboratori divisi fra Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Sardegna, Marche, Toscana ed Emilia Romagna ed è leader sul mercato del materiale elettrico, automazione, illuminazione e cavi. La consegna delle borse di studio ha avuto luogo all’interno del 3E Lab, il nuovo spazio dedicato alla tecnologia e all’innovazione del mondo elettrico, realizzato accanto alla sede Comoli Ferrari di Novara, all’interno del quale si possono conoscere e apprezzare tutte le soluzioni più moderne e avanzate per domotica, illuminazione, sicurezza, energie rinnovabili e automazione. A premiare gli studenti i vertici dell’azienda, la Presidente Laura Ferrari, la Vice Presidente Federica Cristina e l’A.D. Giampaolo Ferrari, con il professor Francesco Ticozzi, dirigente scolastico dell’istituto. Gli studenti premiati hanno ottenuto nello scorso anno scolastico i migliori risultati nelle classi 3a, 4 a e 5 a delle sezioni di Elettrotecnica e Automazione ed Elettronica e Telecomunicazioni. Tra loro, per la prima volta, anche una studentessa. Premiati: Luca Fanottoli, Classe 3TB - Voto 7,83 - Marco Saia, Classe 3EA Voto 8,58 - Lorenzo Diomede. Classe 4EA - Voto 7,45 - Davide Dongiovanni, Classe 4TB - Voto 8,08 Plga Gavrilova, Classe 4TB - Voto 8,08 - Manuel Di Maggio, Classe 5EA - Voto 7,67 - Luca Fortina, Classe 5TB - Voto 7,62.

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Interventi non più procrastinabili

Verso il nuovo Pagine a cura di Chiara Rabozzi Materiale fornito dal Comune di Novara

Attualmente il complesso mercatale versa in cattive condizioni manutentive generalizzate: la copertura in eternit presenta numerose lastre danneggiate con conseguente infiltrazione dell’acqua piovana all'interno degli spazi di vendita, la pavimentazione è in piastrelle di cemento (buona parte di queste sono danneggiate), i serramenti esterni in profilati metallici, non più originali, necessitano di una completa sostituzione, inoltre sono da completare le dotazioni di servizi igienici e mancano altri accorgimenti specifici per rendere la struttura adeguata alle normative vigenti. Pertanto, il progetto, che congiuntamente al consolidamento statico della struttura vuole procedere con il recupero dell'immobile sotto il profilo architettonico e impiantistico, deve necessariamente affrontare il problema progettuale nella sua complessità e articolazione, in quanto solo in questo modo si riuscirà ad avere un’architettura organica, funzionale e razionale anche e soprattutto dal punto di vista distributivo e gestionale. Sulla base di specifiche considerazioni elaborate dal Servizio Commercio, si è reso ne12

mercato coperto

interventi di consolidamento strutturale e di sostituzione delle coperture cessario procedere ad un ag- fettuati gli interventi di consoligiornamento di alcuni aspetti pro- damento strutturale e di sostitugettuali già previsti in sede di zione delle coperture, mentre gli

Il Mercato Coperto in costruzione

progetto preliminare, che hanno comportato l’inserimento delle seguenti modifiche: I padiglioni da destinarsi ad attività mercatali sono stati ridotti a cinque (quelli corrispondenti alla parte di immobile compresa tra via Nazari e via Morera), mentre i primi tre padiglioni saranno destinati ad altra attività ancora in corso di valutazione da parte dell’Amministrazione Comunale. In tutti i padiglioni saranno ef-

interventi di finiture interne, pavimentazioni, serramenti, saranno realizzati esclusivamente sui 5 padiglioni destinati ad attività mercatale. Per rispettare le normative igienico sanitarie dell’ASL e le normative di sicurezza dei Vigili del Fuoco, i cinque padiglioni saranno divisi in tre compartimenti, con la realizzazione di murature REI (tagliafuoco) tra il 2° e il 3° padiglione e tra il 4° e il 5° padiglione.


Veduta aerea del Mercato Coperto che si estende tra la via Marconi e il Viale Dante a Novara Al fine di rispettare le normative di sicurezza richieste dai VV.F. ed evitare che vi siano comunicazioni tra attività non pertinenti attraverso passaggi coperti, sono state modificate le vie di accesso su via Morera, prevedendo compartimentazioni REI 120 a separazione dei primi tre padiglioni dai rimanenti cinque destinati a sede delle attività mercatali, con la variazione degli attuali accessi; si precisa che le modifiche relative a questo punto sono realizzate su una parte di edificio costruita negli anni 1985/1986. Per liberare spazio nelle corti, consentire una miglior leggibilità degli elementi architettonici e facilitare le operazioni di carico/scarico delle merci, tutti i servizi igienici ora presenti nei box prefabbricati e quelli previsti nei precedenti elaborati progettuali saranno spostati al piano seminterrato, consentendo una migliore gestione delle condizioni igienico sanitarie con l’accorpamento degli impianti. Gli interventi di consolidamento strutturale saranno eseguiti sull’intero immobile, così come la sostituzione della copertura, intervento strettamente correlato a quello di carattere statico; invece, le altre lavorazioni previste saranno esclusivamente eseguite sulle superfici di vendita che avranno destinazione mercato, quindi al piano terra dei padiglioni nn. 4, 5, 6, 7 e 8 ed a limitati interventi nel piano seminterrato (locali tecnici e servizi igienici). Nella definizione della strategia di programmazione degli interventi ormai non più procrastinabili, considerato l’importante ruolo di servizio a carattere sociale che riveste la struttura mercatale e il rilevante numero di operatori commerciali che qui esercitano, l’Amministrazione Comunale ha ritenuto opportuno procedere con un intervento strutturato in modo tale da poter garantire la continuità del servizio commerciale ed al contempo lo spostamento di operatori, per il minor tempo possibile. Per quanto riguarda la parte strutturale, come già descritto, si è proceduto con specifico incarico a professionisti esterni nell’anno 1997; successivamente è stato redatto e consegnato il progetto ese13


cutivo delle sole opere strutturali nell’anno 2009, motivo per cui, nella presente redazione progettuale, si è reso necessario procedere ad un aggiornamento delle voci di elenco prezzi e di computo metrico della parte strutturale per renderlo coevo agli altri documenti progettuali. Le conseguenti modifiche hanno comportato un aggiornamento del quadro economico precedentemente approvato, come risulta nel relativo capitolo della presente relazione. Pertanto, per quanto riguarda la parte strutturale, trattandosi di appalto integrato che prevede la redazione del progetto esecutivo architettonico e impiantistico a carico della ditta appaltatrice, si precisa che saranno pure a carico della ditta appaltatrice l’eventuale l’aggiornamento dei calcoli strutturali che si rendesse necessario a seguito dei sopravvenuti provvedimenti legislativi relativi alle norme tecniche sulle costruzioni. Per quanto riguarda le indicazioni strutturali, trattandosi di un complesso architettonico di notevole interesse dal punto di vista storico per la particolarità costruttiva, con ampi arconi realizzati con tavelle che conferiscono al complesso una estrema “leggerezza” costruttiva, si è cercato, congiuntamente agli strutturisti incaricati, di effettuare un intervento di consolidamento che fosse il più possibile rispettoso dell’esistente. Pertanto, di comune accordo con la Soprintendenza, sono stati progettati grandi arconi metallici in affiancamento all’attuale struttura in laterizio che “aiutano” la struttura esistente, consentendole di rispettare i parametri legislativi relativi ai sovraccarichi accidentali. Dal punto di vista strutturale sono stati previsti i seguenti lavori: il consolidamento degli arconi, dei pilastri di sostegno degli arconi fino alle relative fondazioni, delle travi di compluvio, del solaio di calpestio e delle fondazioni, l'idonea protezione alla carbonatazione di tutte le strutture in cemento armato, il controllo puntuale di tutti gli elementi in laterizio per ovviare a possibili distacchi, ed il controllo della geometria dei nodi, con la precisazione che gli elaborati dovranno essere verificati ed eventualmente aggiornati in funzione delle nuove norme tecniche sulle costruzioni. L’intervento strutturale comporta un conse14

guente adeguamento di tutti i serramenti perimetrali, in quanto gli elementi alla base degli arconi di consolidamento vanno ad interferire, al piano di vendita, con gli stessi serramenti. Ne consegue la necessità di modificare il disegno del serramento, ora rettilineo e ubicato sul filo interno, spostando le due ante alle estremità di ogni campata sul filo esterno, mantenendo comunque una campitura e un disegno architettonico che restituisce una leggibilità degli elementi così come in origine. Questa soluzione è stata studiata di comune accordo con la Soprintendenza, che in merito ha espresso parere favorevole. Inoltre vengono richieste opere di notevole importanza da realizzarsi sulle strutture mercatali esistenti per l’adeguamento normativo degli spazi destinati agli operatori alimentari presenti; il progetto di messa a norma prevede in sintesi i seguenti interventi: pavimentazione compatta e lavabile, scarichi fognari e raccordo acque piovane, allacciamenti idrici di erogazione e scarico acqua, realizzazione impianto antincendio, realizzazioni impianti di sicurezza e di illuminazione, servizi igienici distinti per sesso con possibilità di accesso ai portatori di handicap, realizzazione di apposita area di stoccaggio rifiuti, altri interventi (predisposizioni impiantistiche, piattaforma elevatrice) In sintesi, nel progetto di risistemazione com-


plessiva dell'immobile, sono stati previsti, oltre agli interventi di consolidamento strutturale elaborati dai professionisti esterni incaricati, anche le seguenti lavorazioni: allestimento area di cantiere e formazione di ponteggi esterni compreso piani di lavoro, protezioni e ogni altro onere occorrente ed allestimento di cantiere comprendente la collocazione di una unità di decontaminazione oltre a tutto quanto richiesto dalla legislazione vigente in materia (intervento sugli otto padiglioni), interventi di consolidamento strutturale, che sinteticamente prevedono la realizzazione di micropali a consolidamento delle fondazioni, irrigidimenti dei pilastri del piano seminterrato e del solaio di vendita al piano terra, e la realizzazione di nuovi arconi metallici nei padiglioni in “affiancamento” a quelli esistenti. Si precisa che gli interventi di consolidamento saranno effettuati su tutti gli otto padiglioni. Completa rimozione e smaltimento in discarica autorizzata del vecchio manto di copertura in eternit, attualmente in pessime condizioni manutentive, compreso il trasporto e lo smaltimento dei materiali alle discariche autorizzate e ogni onere relativo (intervento sugli otto padiglioni). Realizzazione di nuovo manto di copertura previa posa di idoneo strato isolante, sostituzione dei listelli e nuovo manto di copertura in lastre di alluminio centinate. (intervento sugli otto padiglioni). Completa verifica delle guaine di copertura presenti sulle parti piane ed eventuale rimozione con smaltimento in discarica autorizzata e successivo completo rifacimento delle guaine. (intervento sugli otto padiglioni). Verifica ed eventuale rimozione delle lattonerie esistenti compresa pulizia canali, converse ecc. ed eventuale rettifica e/o sistemazione e fornitura e posa in opera di lattoneria e realizzazione allacciamento fognario acque bianche. (intervento sugli otto padiglioni). Realizzazione di nuo-

va pavimentazione del piano di vendita in materiale lavabile ad alta resistenza al calpestio. Nei reparti alimentari ed ortofrutta saranno rivestite anche le pareti perimetrali dei singoli punti vendita. (intervento su cinque padiglioni). Realizzazione di nuovi paramenti murari a chiusura degli spazi di vendita e specifici adattamenti in corrispondenza dei nuovi arconi di consolidamento (intervento su cinque padiglioni). Sostituzione dei serramenti esistenti, in profili metallici e non più originali, con nuovi serramenti a profilo arrotondato antinfortunistico e vetrate laminate anch’esse antinfortunistiche nuovi serramenti a completamento superfici finestrate mancanti, lato piazzali. (intervento su cinque padiglioni). Realizzazione di nuova scala di sicurezza su via Marconi. Smantellamento dell'impianto elettrico esistente e realizzazione del nuovo impianto elettrico generale e dei vari punti vendita, comprensivo di relativo impianto di messa a terra e con completa sostituzione dei corpi illuminanti dei padiglioni. (intervento su cinque padiglioni). Realizzazione nuovo impianto antincendio. (intervento su cinque padiglioni). Realizzazione di linee di erogazione acqua potabile e dei relativi scarichi per i punti di vendita alimentari e ulteriori punti di erogazione per ortofrutta, comprensive delle relative opere edili, con verifica e revisione complessiva degli allacciamenti fognari acque nere. Realizzazione di servizi igienici a norma, distinti per sesso ed utilizzabili anche da persone portatrici di handicap (localizzati nel piano seminterrato). Per permettere l’accesso ai disabili è prevista l’installazione di piattaforma elevatrice. Verifica e ripristino dell'intonaco all'interno della struttura ed all'intradosso degli arconi e delle volte. (intervento su cinque padiglioni). Tinteggiatura all'interno della struttura ed all'intradosso degli arconi e delle volte. (intervento su cinque padiglioni) ●

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Fieri di essere

ITA LI ANI

Pagine a cura di G. Torrisi Bertelli Settanta anni fa, l’eroica resistenza delle forze armate italiane. Sono passati cosi tanti anni ormai, e i superstiti si contano forse al massimo sulle dita di due mani. L’importanza di quello scontro, tanto più epico perché avvenuto per giorni e giorni, nel deserto, non basta a spiegare tanta emozione. Chi vi scrive, ha avuto la fortuna di poter partecipare proprio nell’ottobre di quest’anno, in cui ricorreva il settantesimo anniversario della battaglia di El Alamein, alla commemorazione dei nostri caduti presso il sacrario militare italiano, progettato e costruito da un reduce alpino proprio di quella battaglia, Paolo Caccia Dominioni. La celebrazione, organizzata per prima dall’ ANPdI (Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia) di Novara, capitana dal Cav. Pietro Cristini, (Presidente della sezione novarese), e formata da un 16

gruppo davvero eccezionale, composto da ex Paracadutisti della Folgore, e non solo , ma anche da appassionati come me della storia, che condividono gli stessi valori e che ho avuto il grande privilegio di conoscere, condividendo momenti davvero emozionanti e in molti casi anche commoventi. La sezione di Novara, ha saputo coinvolgere con un’organizzazione impeccabile, diverse sezioni appartenenti sempre all’ANPdI, provenienti da tutta Italia. Non solo, ma vi hanno partecipato anche sezioni appartenenti ad altri reparti,come i bersaglieri e gli alpini, reparti anch’essi coinvolti nella battaglia nel deserto. Prima però di parlare della cerimonia, e di come si è svolta l’organizzazione, è giusto ritornare con la memoria a quei mesi di guerra cruenti. Cenni Storici: Fin dall’autunno del ’42 , le forze dell’Asse sembravano avere ancora il predominio militare. Tra settembre e novembre, però, inizia la battaglia di Stalingra-

do, che segna la fine dell’avanzata italo – tedesca in Russia; in ottobre la battaglia di El Alamein nel deserto egiziano, ferma l’avanzata dell’Asse verso il Canale di Suez. In novembre, con l’accerchiamento di Von Paulus a Stalingrado e la ritirata di Rommel ad El Alamein, quella che doveva essere una mossa a tenaglia per conquistare il medio oriente, e i suoi pozzi di petrolio diventa lo spasimo di due moncherini. Ed è inutile chiedersi cosa sarebbe accaduto “se” Rommel avesse vinto: sarebbe stata una guerra sicuramente diversa, ma avrebbe portato lo stesso alla vittoria degli Alleati, perché fu una vittoria soprattutto di mezzi. Tuttavia gli italiani non lo potevano sapere. Il Nord Africa, era lo scenario di guerra che li appassionava di più, per ragioni geografiche, storiche, sentimentali. Ma quello libico- egiziano, era il fronte che procurava più dolori, oltre ai più gioiosi entusiasmi. Appena iniziata la guerra, il 28 giugno 1940, il maresciallo Italo Balbo era


stato abbattuto per errore dalla contraerea italiana. Il suo successore, maresciallo Rodolfo Graziani, non si era distinto per intraprendenza e il 19 gennaio 1941, Mussolini dovette chiedere aiuto a Hitler. Nei mesi successivi, sbarcò sulla costa libica, l’Afrika Korps del generale Erwin Rommel. L’offensiva continuò fino al gennaio 1942 finchè, in maggio, le truppe italo – tedesche, arrivarono a El Alamein, a circa 100 chilometri da Alessandria d’Egitto. La campagna sembrava vinta, e il successo rese più sopportabile agli italiani le loro pesanti condizioni di vita. Figurarsi con quale passione e sgomento seguirono le sorti dello scontro finale quando dopo mesi di inattività italo – tedesca furono gli inglesi a prendere l’iniziativa. Il generale Harrold Alexander, comandante delle truppe inglesi in Egitto e Medio Oriente, affidò l’attacco al generale Bernard Montgomery, che aveva a disposizione tre divisioni corazzate e l’equivalente di sette divisioni di fanteria. Benché per numero le truppe dell’Asse potessero contrastarle, gli inglesi disponevano di una netta superiorità aerea, di nuovi cannoni anticarro e dei nuovi carri armati Sherman. La sera del 23 ottobre 1942, nel silenzio della luna piena, quasi mille pezzi di artiglieria inglese spararono contemporaneamente per circa venti minuti. Alla fine del 24 , l’offensiva aveva aperto profonde sacche nello schieramento italo- tedesco, ma non era riuscita ad aprire una vera breccia.

Nelle prime ore del 25, Montgomery ordinò un nuovo attacca prima dell’alba, ma dovette affrontare violenti contrattacchi, in particolare della 15° divione corazzata tedesca e dell’Ariete, oltre che dell’eroica resistenza nella zona più a sud del fronte di battaglia, ai margine della depressione di Al Quattara, quella della divisione “Folgore”, il cui nome echeggia ancora nelle sabbie tutt’ora deserte di El Alamein e che è entrato nella leggenda, anche grazie all’ espresso e pubblico riconosci-

deschi “. Churchill annotò anche un comportamento tedesco che dopo El Alamein sarebbe diventato una prassi: “ Rommel si trovava ormai in piena ritirata, ma vi erano mezzi di trasporto e carburante sufficienti soltanto per una parte delle sue truppe, e i tedeschi….si arrogarono la precedenza nell’uso dei mezzi. Parecchie migliaia di uomini appartenenti alle sei divisioni italiane, furono cosi abbandonate nel deserto…senz’altra prospettiva di essere circondati”.

mento dell’avversario , che ne riconobbe il valore sul campo. Il 27 e il 28 ottobre, la 15° e la 21° divisione corazzate tedesche scatenarono una violenta controffensiva, invano. A questo punto, fu deciso l’attacco finale, ovvero l’operazione “Supercharge” . L’operazione iniziò all’1 a.m. del 2 novembre. Tutti i carri armati italo - tedeschi superstiti, attaccarono il saliente britannico su due fronti, ma vennero respinti. Il 3 iniziava la ritirata, nonostante Hitler l’avesse assolutamente proibita. “Ma la decisione”, commentò Winston Churchill nella sua storia della seconda guerra mondiale,”Non era più nelle mani dei te-

Il campo di battaglia era disseminato surrealmente di cannoni e di automezzi distrutti. L’aviazione inglese, superiore per tutta la battaglia, attaccava senza tregua e senza contrasto lunghe colonne di uomini in ritirata verso ovest. Per gli italiani era finito , ancora una volta, il sogno d’Africa. E al nemico si apriva la possibilità di invadere l’Europa dall’Italia, dalla Francia, o dalla Grecia. Sarebbe toccato all’Italia, dove, intanto, le notizie sempre più sconfortanti, aggravavano le condizioni di vita del popolo. Continua….

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Sulle tracce del “Romantico” novarese A spasso per la Bassa: un tour storico-artistico In occasione dell’ultimo Ferragosto ho avuto modo di trascorrere la giornata alla scoperta dei nostri tesori. Nostri non solo nel senso più generale di “italiani”, ma nostri in quanto propriamente novaresi: un piccolo tour turistico nelle zone più caratteristiche a Sud di Novara, la cosiddetta Bassa novarese, un territorio che, forse più di altri, rappresenta la natura più intima ed autentica della nostra terra: ricco di risaie, fertili campagne solcate da rogge, torrenti e grandi canali d’irrigazione (tra cui il maestoso Canale Cavour), disseminato di antichi cascinali e soprattutto di M. Trucco di monumenti religiosi che ci riportano ad un’epoca remota, ma che proprio per la dimensione quasi sospesa nel tempo di questa splendida terra di pianura, circondata dalla cornice maestosa delle montagne, sentiamo ancora molto vicino. Abbazie, oratori, chiese, tracce del passato che raccontano non solo la nostra storia, ma che illustrano un percorso artistico di assoluta eccellenza, quello del Romanico, che si affermò nel novarese in un’epoca caratterizzata da forti instabilità politiche, guerre, ma anche dal fiorire di quelle testimonianze che ancora oggi fanno parte del grande patrimonio culturale della Provincia di Novara. La prima tappa di questo tour, che mi ha condotto dalle sponde del Sesia a quelle del Ticino, è stata San Nazzaro Sesia, con la visita dell’omonima abbazia, tra le più gloriose del nostro territo18


rio e uno dei maggiori documenti dell’arte romanica in tutta Italia. Fu fondata nel 1040 dal vescovo di Novara Riprando e dai suoi fratelli, i Conti di Biandrate e venne affidata, secondo la consuetudine del tempo, ai monaci benedettini. Il monastero, appartenente alla diocesi di Vercelli, sorge in prossimità di un guado del Sesia, utilizzato già in epoca romana, come testimoniato dai sarcofagi posizionati nel chiostro trecentesco dell’abbazia e dai frammenti di iscrizioni reimpiegati nella torre campanaria, anch’essa di XI secolo. L’abbazia seguì il tipico percorso di vita di una curtis medioevale fino alla metà del XV secolo, quando all’abate regolare si sostituì un abate commendatario. Primo e più illustre di questi fu Antonio Barbavara, a cui si deve la ricostruzione della chiesa in stile gotico-lombardo e dei chiostri (1429-1467). L’atrio romanico della chiesa (o nartece) è il monumento più conosciuto e controverso dell’intero complesso: a detta di alcuni studiosi si tratterebbe di un tuttuno con l’antica chiesa, mentre per altri sarebbe una costruzione più tarda, tra il 1125 e il 1150. Anticamente avrebbe ricoperto la funzione di un quadriportico a due piani, che racchiudeva un cortile circondato da portici e gallerie, antistante la chiesa. Attualmente rimangono le due ali laterali, mentre la chiesa ha assunto la forma architettonica “a sala”, tipica del goticolombardo, con un unico vano suddiviso in tre navate da due file di colonne in cotto. Il campanile, coevo con la chiesa romanica, con la sua maestosa struttura testimonia la sua funzione all’interno di un complesso di notevole impor-

tanza, e costituì anche un bastione di avvistamento e difesa, dalla cui sommità è infatti possibile diffondere lo sguardo sul Sesia e verso Biandrate, Novara e Vercelli. La porzione addossata alla chiesa è di fattura quattrocentesca, sulla cui facciata si intravedono ancora testimonianze di un importante ciclo pittorico, su due ordini sovrapposti, che illustrano la vita di San Benedetto e di altri santi, tra cui San Sebastiano, Sant’Agata, San Nazario, San Celso, Santa Caterina d’Alessandria e San Rocco. Oltre alla sua grandissima ricchezza storico-artistica, l’abbazia è caratterizzata anche dall’intensa vita spirituale della parrocchia, e grazie alla recente ristrutturazione, è stato possibile ricavare, all’interno del chiostro, una struttura di foresteria per coloro che volessero trascorrere qualche ora o qualche giorno in un’atmosfera di tranquillità e raccoglimento. La seconda tappa del tour si snoda attraverso le strade immerse nel verde della campagna e delle risaie, tra la Palude di Casalbeltrame e il Parco del-

le Lame del Sesia, lembi di natura pressoché intatta che, nonostante umidità e zanzare, conservano un indubbio fascino, mi conduce a Casalvolone, piccolo centro di appena 890 abitanti a ridosso dell’inizio della provincia di Vercelli. Questo paesino ha anch’esso origini antiche, testimoniate dai ritrovamenti archeologici di una stele funeraria e da un cippo votivo, custoditi al Museo lapidario della canonica di Novara. È inoltre citato nel 943 d.C. come Casale Gualonis, il che certifica il possesso del villaggio alla famiglia Guala, e solo successivamente a Vercelli e ai Visconti. Il centro del paese è caratterizzato dai resti delle mura del castello medievale, in ciottoli e laterizi, la cui esistenza è documentata dal XII secolo: rimangono la porzione occidentale della cinta e altri tratti della muratura a settentrione. Ai margini dell’abitato, in direzione W, lungo la provinciale 80, mi imbatto nella bella pieve romanica di San Pietro al Cimitero, anticamente citata col nome di Plebem de Casali in una 19


navate con tre absidi. Al suo interno sono conservati affreschi medievali nel catino dell’abside, raffiguranti il Cristo in maestà circondato da figure di diaconi e cavalieri. Recenti scavi archeologici hanno attestato la presenza di sepolture longobarde nella zona antistante l’ingresso della chiesa. Questa scoperta, connessa con la dedica a San Martino, uno dei santi maggiormente venerati dai Longobardi, fornisce un’ulteriore conferma della presenza di questo popolo germanico in territorio novarese, che sembra ricongiungersi, trasversalmente attraverso l’intera provincia, con un altro toponimo di chiara origine longobarda, Fara Novarese. Termino la mia gita percor-

La pieve di Casalvolone bolla di papa Innocenzo II nel sponde del fiume Ticino. Qui 1113. È stato costruito anch’es- giungo alla magnifica chiesa di so in ciottoli di fiume disposti a San Michele a Oleggio. Edificaspina di pesce e in laterizi, con un piccolo portico sulla parete centrale e una facciata tripartita sulla quale si possono ammirare alcuni affreschi di fattura seicentesca. La denominazione “al Cimitero” è dovuta alla presenza del cimitero adiacente il complesso, e la presenza di frammenti architettonici di epoca romana attribuibili a recinti funerari, diffusi soprattutto in epoca imperiale, nel I secolo d.C., tra l’ELa chiesa di San Michele ad Oleggio tà augustea e l’Età Flavia, conferma la presenza già in antico di luoghi ta nel X secolo, divenne an- rendo altri meravigliosi sentieri di sepoltura, lungo le direttive ch’essa una pieve nel XII, per poi che si snodano sulle colline riche collegavano le civitates at- essere successivamente ab- colme di vigneti, con la felicità e traverso la campagna centuria- bandonata in favore della chie- la soddisfazione che solo il sodta. sa castellana di San Pietro. disfare la sete di conoscenza sa L’ultima tappa mi conduce L’edificio attuale ripropone dare. infine in direzione opposta, lun- il consueto schema architettoniAlmeno secondo me. go il confine lombardo, sulle co romanico, ed è articolata in tre ● 20


Novara sempre più internazionale Presentato il nuovo programma di attività dell’E.V.A.E.T. che nel 2013 porterà le imprese in 21 Paesi esteri Potenziare la presenza delle imprese novaresi sui mercati internazionali: questo l’obiettivo dell’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Novara, l’E.V.A.E.T., che ha presentato oggi, giovedì 20 dicembre, il suo programma di attività per il 2013. Un obiettivo che ha visto negli ultimi anni riscontri sempre più favorevoli rispetto alle iniziative proposte: ben 144 le adesioni da parte di imprese raccolte nel 2012, a fronte delle 121 del 2011 e delle 75 del 2010, con una partecipazione crescente di aziende provenienti da altre province piemontesi, che sono arrivate a rappresentare oltre il 10% delle adesioni complessive. «Nel corso di quest’anno abbiamo coinvolto anche imprese provenienti da altre province piemontesi – spiega il presidente dell’Ente Gianfredo Comazzi (foto sopra) – a conferma del fatto che l’E.V.A.E.T. rappresenta un punto di riferimento per affrontare le sfide dell’internazionalizzazione nel Novarese e non solo. La linea che seguiamo – aggiunge Comazzi – scegliendo di ammettere alle nostre iniziative solo imprese che hanno le potenzialità effettive per posizionarsi sui mercati proposti, che ha portato nel 2012 ad escludere circa il 16% delle aziende interessate a partecipare a missioni imprenditoriali, è una garanzia di serietà, che premia il nostro lavoro e assicura ai partecipanti risultati concreti e soddisfacenti». Nel 2013 l’attività dell’E.V.A.E.T. si concentrerà sia su aree ed eventi già sperimentati con successo negli anni precedenti sia verso nuovi mercati, ritenuti di interesse per il tessuto economico del territorio. Il nuovo programma promozionale, in particolare, si articola in 11 missioni imprenditoriali e 13 manifestazioni fieristiche, di cui 5 in collaborazione con la Camera di Commercio di Novara e il Centro estero per l’internazionalizzazione del Piemonte, coinvolgendo 21 Paesi, suddivisibili nelle seguenti macro aree economiche: Africa, America Latina, ex Unione Sovietica, Europa, Medio Oriente, SudEst asiatico ed India. Tali iniziative saranno inoltre affiancate da ulteriori interventi promossi dalla Camera di Commercio a supporto dell’internazionalizzazione e della formazione degli imprenditori novaresi. ● 21


Giusto riconoscimento agli eroi dell’Arma Azzurra

Il Sacrario di A.Poggi Steffanina Foto di S. De Luca

degli Aviatori novaresi

Grazie alla tenacia e alla determinazione del Sig. Enzo Gandini, Presidente della sezione novarese dell'Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Mutilati dell'Aeronautica (A.N.F.C.M.A.) la nostra città dal 16 giugno 2012 può nuovamente onorare i suoi 99 eroici Caduti dell'Aeronautica Militare. Gandini con il prezioso supporto dell'amico Mario Meli, ha studiato progettato e fatto realizzare una prestigiosa lapide mar22

morea che riporta tutte le immagini, riprodotte su ceramica, degli aviatori che si sono sacrificati per servire la Patria: la lapide è stata poi posizionata sulla parete antistante all'ingresso della Cappella dedicata ai Caduti che si trova sul lato di Piazza Puccini, di fronte al Teatro Coccia All'importante giornata d'inaugurazione del Sacrario Aeronautico hanno partecipato le Autorità civili, militari e le associa-

zioni combattentistiche e d'Arma: erano presenti il Prefetto di Novara Dr. Francesco Paolo Castaldo, il Consigliere Comunale Sig. Roberto Brivitello in rappresentanza del Sindaco di Novara, l’ex Comandante dell'Aeroporto Militare di Cameri Colonnello Pilota Alessandro Tudini, il Segretario Generale dell' A.N.F.C.M.A. Gen. D. A. Pilota Umberto Formisano. La Santa Messa è stata officiata da Don Andrea Aldovini, Cap-


to l'unico - ha sottolineato il Presidente Gandini con grande soddisfazione - sodalizio in Italia che non fa pagare la tessera ai propri soci. I nostri iscritti hanno già dato molto, in termini di dolore, di sacrificio e di dignità. Questo nostro altissimo senso morale viene riconosciuto e beneficiato da lasciti che ci permettono di continuare ad esistere e perseguire le finalità statutarie in stretta collaborazione con gli organi dell'Aeronautica Militare". Quando nacque la sezione novarese dell'A.N.F.C.M.A. fu ospiMaria Lucia Taglioni Presidente Fed. Prov. Novara e V.C.O dell'Istituto del Na- tata presso le storiche sale del stro Azzurro, Rag. Enzo Gandini Pres. Sezione Novarese Ass. Nazionale Fa- Palazzo Faraggiana, sito in via miglie Caduti e Mutilati dell'Aeronautica, Col. Alessandro Tudini, ex Comandante Gaudenzio Ferrari e di proprieAeroporto Militare di Cameri ora a Ferrara. (Foto Virginio Sarti (g.c.) tà del Comune, in cambio di 100 pellano della Base di Cameri, la seconda guerra mondiale, mo- lire simboliche all’anno. La prenella bella Chiesa seicentesca di rirono prematuramente tantissi- stigiosa sede aveva un ampio San Giovanni Decollato gremita mi giovani aviatori italiani falcidiati spazio dedicato a Sacrario per ricordare gli aviatori novaresi di famigliari; appena è termina- durante i cruenti scontri aerei. to il rito religioso è iniziata la Le finalità che commovente cerimonia in ono- l'Associazione re degli Eroi novaresi. Nazionale FaIl Presidente Gandini, dopo aver miglie Caduti e esordito con la lettura del salu- Mutilati dell'Aeto inviato dal Presidente Nazio- ronautica pernale A.N.F.C.M.A. Gr.Uff. Renzo segue da oltre Fausti, ha incominciato il suo settanta anni discorso spiegando la storia e s o n o l e s e le finalità dell'Associazione da guenti: mantelui presieduta. nere viva la meIl sodalizio nacque nel 1937 per moria e l'onore rappresentare e fornire un aiuto di chi ha sacriconcreto alle famiglie dei con- ficato la propria giunti dei Caduti che da un mo- vita, manifestamento all'altro, in maniera im- re solidarietà e prevedibile, si trovarono in pro- patrocinio ai fafonda difficoltà a causa della miliari attuando perdita del proprio caro. o favorendo iniInfatti l'Aviazione era ancora una ziative e provnovità in fase d'espansione e ri- videnze mirate scuoteva un grandissimo inte- ad alleviare la resse sui giovani che erano at- loro sofferenza. tratti dalla passione per volo ed "L'Ente, posto erano mossi da veri valori e idea- sotto la vigilanli. Purtroppo in un trentennio, dal za del Ministe1915 con l'ingresso del Regno ro della Difesa, d'Italia nella prima guerra mon- è probabilmendiale sino al 1945 con la fine del- te l'unico, ripe23


scomparsi e sino agli anni settanta era l'unico luogo di riferimento dove i Comandanti dell'Aeronautica convenivano per ossequiare e venerare i compianti colleghi. All'inizio degli anni ottanta l'Associazione è stata costretta a lasciare i locali in seguito al rinnovamento dell'allestimento del Museo Etnografico Faraggiana che richiedeva nuovi spazi espositivi, con la conseguente chiusura del Sacrario e il trasferimento della sede in locali meno prestigiosi, situati in periferia. In questi ultimi tre decenni Gandini, rimasto orfano in tenera età del padre aviatore Corrado Gandini, ha sentito la necessità di ripristinare quell’importantissimo luogo dove i famigliari dei dispersi, degli irreperibili e dei caduti in mare potessero rendere omaggio ai propri cari che si immolarono in virtù degli ideali in cui fortemente credevano. Ora che il monumento è stato ricostituito e messo nuovamente a disposizione dei cittadini potrà diventare un simbolo per far comprendere alla future generazioni l'eroico esempio morale compiuto dai nostri 99 valorosi uomini che doverosamente citiamo per rispetto: ANCHIERI Pietro, ANCHISE Giuseppe, ANDENNA Sergio, ANSELMI Mario, ARMENI Werter, AVENIA Giuseppe, BARBERO Angelo, BAROZZA Ermenegildo, BARTOLOZZI Guido,

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BAZZANO Carlo, BERTOLOTTI Luigi, BERTOLOTTI Giuseppe, BESTAZZI Ettore, BIAVASCHI Ulisse, BINDA Beniamino, BOTTI Pietro, BRAMBILLA Nello, BRANCACCIO Matteo, BRUSA Mario, BUSCAGLIA Carlo Emanuele, BUSO Tarcisio, CAGNARDI Gino, CANGIANO Giuseppe, CANTONE Giovanni, CASATI Franco, CEFFA Angelo, CELESIA Giuseppe, CELLA Silvio, CERRI Giuseppe, COMAZZI Annibale, DAVERIO Mario, DURO Guerrino, FIAMMA Giuseppe, FORNI Roberto, FRANZINI Enrico, GALVANI Artorige, GANDINI Corrado, GARAVAGLIA Carlo, GENESTRONI Carlo, GOBETTI Enrico,GOLZIO Giovanni, GRIFFA Clemente, GRIGGI Carlo Alberto, GROSSI Luigi,GUIDA Luciano, JULITTA Cipriano, LEONARDI Alberto, LORENZI Lorenzo, MAGISTRINI Giovanni, MANFREDI Filippo, MARCHETTI Carlo, MARIANI Arturo, MARTINOLI Teresio, MAZZOLO Luciano, MILANI Luigi, MONETTI Giuseppe, NEGRI Primo, NEGRI Ugo, NOVARINA Giovanna, PAGGI Alberto, PAGGI Antonio, PANIGONE Oreste, PAPISCA Saverio, PASQUALI Angelo, PASTORE Francesco, PATRIOLI Adriano, PEDRACCINI Pierino, PEDRANGHELU Giovanni, PELLANDA Giuseppe, POGGI Pier Antonio, PORRINO Egidio, RESTANI Valdo, RIVOLTA Ezio, RIZZOTTI Gilberto, RIZZOTTI Mario, ROMEO

Sebastiano, RUGAFIORI Paride, RUSSO Giuseppe, SABBIONCELLI Giovanni, SAGLIASCHI Marino, SALA Vincenzo, SCAGLIO Adamo, SCAVINI Carlo, SCAVINI Edoardo, SERAFIN Carlo, SGUAZZINI Ezio, SIGNORELLI Gaudenzio, SOLIANI Aribaldo, SPADARO Angelo, STARA Emilio, TOGNA Celestino, TONATI Italo, TORNABENE Mario,VALVO Francesco, VARZI Oliviero,VERCELLIO Mario, VERDERI Sergio, VIOLA Natale, ZANARIA Angelo. In qualità di nipote del Ten. Pilota Pier Antonio Poggi, (foto sotto) sacrificatosi per servire la Patria

l'11 novembre 1940 a soli 32 anni (nacque a Novara il 17 ottobre 1908) in seguito all'abbattimento del proprio il Fiat B.R. 20 M 242-3 sul mare della Manica in un conflitto a fuoco con la contraerea inglese, nella difficile missione segreta diurna "Cinzano"


durante la partecipazione del Corpo Aereo Italiano nella Battaglia d'Inghilterra, voglio ringraziare sentitamente il Presidente Enzo Gandini per la sua nobile opera di salvaguardia del

ricordo: infatti ha permesso a vato che gli dedichiamo e riserme e ai miei famigliari di avere viamo nel nostro cuore. Mio nonuno spazio sacro, ufficiale e pub- no Pier Antonio Poggi e i suoi blico dove poter piangere, ono- 98 colleghi continueranno a rivirare, ricordare le gesta del nostro vere nella memoria collettiva! Eroe, al di fuori dello spazio pri-

IL SERVIZIO PRENOTAZIONE DELL'ANAGRAFE "ELIMINACODE" PER VENIRE INCONTRO ALLE ESIGENZE DELLA CITTADINANZA Una importante novità per i cittadini novaresi Nella relazione previsionale e programmatica allegata al bilancio 2012, l’amministrazione comunale, pone, tra gli altri, un ambizioso obiettivo alla propria azione: “Lavorare nella direzione dell’efficacia, dell’efficienza e della trasparenza” mettendo mano “alle risorse e all’organizzazione dell’Amministrazione rendendola una struttura snella e performante, capace di affrontare le sfide che provengono dall’esterno, risolvere le criticità e iproblemi e raccogliere le professionalità, le competenze e le opportunità per trasformarle in risorse a favore dei progetti e dei programmi”. Nell’ottica di raggiungimento di questi obiettivi, con la giornata di oggi, prende avvio una nuova organizzazione di uno dei servizi dell’anagrafe, il Progetto Tagliacode, che puntando al miglioramento dell’efficienza dei servizi demografici si prefigge di ridurre i tempi di attesa degli utenti allo sportello utilizzando le risorse strumentali e umane già disponibili al servizio anagrafe, senza quindi ricorso a oneri aggiuntivi. Il nuovo servizio è quindi a costo zero. Si è partiti constatando che le pratiche più complesse e lunghe sono quelle di iscrizione da altro Comune e dall’estero di cittadini italiani e/o stranieri. Sino ad ora, infatti, erano aperti 6 sportelli polivalenti dove gli utenti, ad ogni singolo sportello, potevano richiedere una moltitudine di servizi che andavano dai certificati alle carte d’identità, alle au-

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tentiche, alle pratiche di cambio di indirizzo ed iscrizioni anagrafiche. La domanda di iscrizione anagrafica è per sua consistenza una pratica particolarmente articolata, tanto da richiedere la presenza allo sportello del cittadino per un tempo molto più lungo rispetto alla semplice emissione dei certificati. Dunque, il nuovo servizio offre il vantaggio per l’utente di avere la certezza dell’ora in cui si deve presentare e della durata della sua permanenza oltre alla possibilità di accomodarsi di fronte all’impiegato incaricato in un’area riservata e dedicata. L’attivazione del nuovo servizio offre anche il vantaggio di “alleggerire” gli altri sportelli, in modo da favorire una più veloce fruizione per le pratiche meno impegnative e più veloci, con il risultato di accorciare le code. L’area di “ricevimento” per il nuovo servizio si trova al piano terra di Palazzo Cabrino, lato destro, prima della scalinata per i piani superiori ed è attrezzata con scrivania, telefono, fotocopiatore e collegamento in rete per il personal computer. Per poter ottimizzare i tempi e assicurare che l’orario di apertura al pubblico del servizio venga utilizzato al massimo, il progetto prevede di adottare il sistema di prenotazione telefonica. Attraverso questo nuovo sistema si raggiungono diversi obiettivi : L'utente, avendo fissato specifico appuntamento, non farà coda agli sportelli Migliorerà la qualità della vita del cittadino/utente nella misura in cui avrà modo di programmare e ottimizzare i tempi degli impegni quotidiani per il disbrigo di pratiche, con riguardo agli orari di fruizione dei parcheggi pubblici situati in centro o all’uso dei mezzi pubblici. gli altri sportelli, non dovendo fare iscrizioni, svolgeranno il lavoro più velocemente, riducendo così le code e i tempi di attesa. Il Centro Elaborazione Dati del Comune ha predisposto un programma che registra le richieste dei cittadini, mediante una agenda elettronica che terrà conto di numerose variabili. Gli orari entro i quali accogliere le prenotazioni al numero verde dell’Ufficio Relazioni col Pubblico 800 500 257 sono articolati in modo da favorire il più possibile l’accesso al servizio: lunedì, mercoledì, giovedì 8,30-13 e 14-17; martedì e venerdì: 8,30-13. Il cittadino italiano, comunitario o extracomunitario che si presenterà all’appuntamento, potrà giungere già munito dei moduli scaricabili dal sito http://www.comune.novara.it/servizi/anagrafe/prenotazioni.php già compilati. Nel caso non fosse in possesso di una connessione internet, verrà invitato, al momento della prenotazione telefonica, a presentarsi qualche minuto prima dell’appuntamento per poter compilare direttamente in Sala Anagrafe la modulistica.

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Intervista a Sergio Floriani

L’arte come

Testo e foto di M. Trucco

impronta di vita Parte seconda Ritieni che l’arte possa essere considerata un lavoro? Penso di sì, a patto che si creda profondamente in ciò che si fa, che venga data all’arte la dignità che merita. Agendo così anche chi sta intorno e vive di riflesso l’attività dell’artista si può accorgere della qualità di questo lavoro. In quale corrente artistica collocheresti le tue opere? Parto da lontano. Nel 1982 fui tra i soci fondatori del Gruppo Narciso Arte, un’associazione di artisti narcisiani che, formalmente, raffiguravano soggetti figurativi che si specchiavano. Da qui nacque la teoria del rispecchiamento e del raddoppiamento dell’immagine, allusione alla necessità di arrivare, dopo gli anni Settanta (dove contava il collettivo, un’arte sociale e politica), ad una spiccata soggettività. Questo gruppo di artisti proveniva da tutta Italia, da Roma, dalla Sicilia, dalla Toscana, oltre a me che venivo da Novara, ed era unito da questa concezione dell’arte, definita doubloure, un concetto astratto. Ci facevamo portavoce dell’urgenza avvertita nell’animo umano di andare a trovare in se A sinistra: Sergio Floriani: “opera all’aperto”

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stessi i significati profondi dell’Esistenza, come se fosse un richiamo filosofico nell’arte. Sussiste infatti una notevole differenza tra narcisista e narcisiano. È una corrente artistica che suggerisce uno sguardo introspettivo per aiutare ad arricchire il mondo intero. Potrebbe esistere ancora al giorno d’oggi un “circolo artistico” simile? Circoli artistici ce ne sono parecchi attualmente, ma gli ultimi movimenti di gruppi di artisti non hanno purtroppo avuto seguito. Non esiste più l’idea di mettersi insieme, di formare una corrente unitaria in cui tutti possano sentirsi parte integrante. È prevalsa la soggettività. Al giorno d’oggi i giovani diplomati che escono dall’Accademia si pongono in primis il problema di quale strada scegliere, soprattutto dal punto di vista professionale. Anche per l’arte, è l’andamento del mercato del lavoro ad indirizzare le possibilità espressive di un artista. Come si potrebbe spiegare l’arte contemporanea ai non esperti? Penso ad un’esperienza che ho vissuto in prima persona. Quando nacque il Futurismo, c’era un mondo accademico che usava un linguaggio totalmente diverso, che non forniva gli strumenti necessari per comprendere la rivoluzione portata da questa nuova corrente. Quando visitai la mostra sul Futurismo a Palazzo Grassi, mi fece una grandissima impressione, e solo in quel momento ebbi modo di capire appieno il significato dell’epopea futurista . Oc-

corre all’incirca un secolo per “emergere” ed essere capiti universalmente. Ora sappiamo bene che i temi e le manifestazioni promosse dal Futurismo di fatto anticiparono i tempi, e di conseguenza ne posticiparono la comprensione. Andò oltre, rispetto all’epoca in cui predominava ancora una modalità interpretativa dell’arte prettamente accademica. Un altro esempio che mi viene in mente è il caso di Lucio Fontana. I contemporanei non capivano le ragioni profonde della sua arte. Solo dopo sessant’anni si è inteso che egli ha voluto raffigurare ed interpretare un’apertura verso una nuova dimensione, una dimensione cosmica. La difficoltà di capire l’arte contemporanea è insita proprio nel fatto che l’artista realizza il pensiero della sua epoca, ma per capirlo appieno occorre lasciar passare parecchio tempo. Ma l’arte, si sa, trascende il tempo stesso. La tua è un’arte “digitale”, dove predominano le impronte e con esse l’elemento divino. Come la puoi spiegare ai nostri lettori? È una concezione dell’arte che ho maturato durante i miei primi tredici anni di attività. Mi sono posto il problema del rapporto tra il creatore, l’opera e l’osservatore. Verso la fine del 1989, realizzai un progetto di video-scrittura incentrato sul tema delle impronte. Se io rappresento, raffiguro l’impronta digitale, propongo qualcosa che è famigliare a tutte le persone, poiché ogni gesto di presa materiale di un qualsiasi oggetto,

segna soggettivamente, personalizza gli oggetti attraverso questo contatto, e di conseguenza la realtà medesima. È un’appropriazione del reale, della vita, di cui si hanno attestazioni fin dalla Preistoria, con le raffigurazioni dipinte sulle pareti delle caverne. È un atto di affermazione dell’esistenza. Seppur con intenti diversi, anche Piero Manzoni, per deridere il processo di esasperata mercificazione successivo al boom economico degli anni Sessanta, durante un rinfresco, timbrò provocatoriamente tutte le uova sode che stavano per essere servite, a simboleggiare un’uniformità che andava però a spersonalizzare l’esistenza. Il mio è stato chiaramente un percorso inverso, soprattutto per ciò che riguarda la presenza del divino che è in tutti noi. Chi scopre se stesso, nella propria individualità, si accorge di essere unico, inimitabile. Un aspetto che ci avvicina a Dio. La croce che i lettori hanno visto sul numero precedente del giornale, che si trova nella chiesa parrocchiale di Gattico porta impresse le impronte di trecento fedeli, in un atto quasi teologico: l’umanità del Cristo rappresentata attraverso l’impronta dell’uomo. Le impronte vogliono pertanto simboleggiare un atto di fede e di devozione, la ricerca di un segno che rappresenta l’intera collettività umana. Tutti noi, senza distinzioni. ●

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ONCE A TIGER ALWAYS A TIGER Non è semplice parlare del 21° Gruppo Caccia Intercettori, a maggior ragione ora che a Cameri non di L. Bianco c’è più, trasferito da un bel po’ di anni a Grazzanise dopo una breve permanenza a Gioia del Colle. Ci vorrebbero almeno tre enciclopedie per raccontare tut-

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to quello che è successo a Cameri lavorando al 21° Gruppo. Con quest’ articolo comincerò a raccontarvi qualcosa della sua storia centenaria, con la promessa di continuare a farlo in futuro. Tentare di spiegare a chi non era del Gruppo ed a maggior ragione a chi non ha mai fatto parte dell’ Aeronautica Militare, come si viveva, quale era lo spirito che ci accomunava, la passione che c’era a tutti i livelli per raggiungere gli obiettivi assegnati, l’orgoglio di essere “uno del 21”, il perché della nostra innata ed insensata goliardia, ecc. ecc... è un enorme e difficilissimo privilegio per me. Spero di esserne all’altezza. Tutto comincia il 4 Aprile 1964 quando da Istrana in seguito ad una riorganizzazione dei reparti di volo, lo Stato Maggiore prese la decisione di trasferire il 21° Gruppo a Cameri. Comincia l'era più

bella, importante e significativa dell' aeroporto. Con l'arrivo del 21° Gruppo dapprima Gruppo Autonomo e poi inquadrato nel ricostituito 53° Stormo Caccia Intercettori, l'aeroporto di Cameri assume un’importanza strategica notevole sia in Italia che in ambito NATO. Il 1° Aprile 1967, dopo una breve dipendenza dal Comando Base Aerea di Cameri, il 21° Gruppo, veniva definitivamente staccato dal 51° Stormo e diveniva il reparto di volo del 53° Stormo Caccia, ricostituito a Cameri in quella data, anche se la cerimonia ufficiale della consegna della Bandiera di Guerra fu svolta il 29 dello stesso mese. In quella occasione scompariva sia il "gatto nero", sia il numero 21 che distinguevano gli aerei del Gruppo ed al loro posto veniva dipinto in fusoliera il numero "53" e sulla coda l’Asso di Spade", distintivo originario dello Stormo, e sulle prese d’aria del motore,


la tigre rampante, già del 54° Stormo durante il secondo conflitto mondiale. In quegli anni a Cameri, l’addestramento è continuo e impegnativo, il 21° diviene reparto C.I.O. (Caccia Intercettori Ognitempo) ed inizia subito, alla fine del 1965 a svolgere servizio di allarme per il controllo dello spazio aereo nazionale, a rotazione con gli altri Gruppi intercettori dell'A.M. Con il trasferimento del 21° Gruppo a Cameri arrivarono da Istrana anche molti piloti e specialisti. Uno di quelli che rimase ad Istrana (purtroppo per noi di Cameri) e r a Wa l t e r OMICCIOLI "Tigre 18", un flagello di Dio, detto Walterino alias "Ciulin" una figura mitica in tutta l'Aeronautica Militare e sicuramente degna di nota. Omiccioli (foto a destra) era nato a Fano il 12 Marzo 1920 ed entrò in Aeronautica cinque anni dopo suo fratello Enzo, anche lui pluridecorato e caduto in combattimento, frequentando il corso Allievi Sergenti Piloti nell'ottobre del 1938. Con lo scoppio della guerra partecipò ad oltre 403 azioni di guerra abbattendo in combattimento nel totale

9 velivoli nemici e contribuendo all’abbattimento di altri 40 ed inoltre distruggendone molti altri al suolo rimanendo più volte ferito. Pluridecorato con una Medaglia d’Argento, tre Medaglie di Bronzo, una Croce di Guerra ed una promozione per merito di Guerra al grado di Aiutante di Battaglia. Per la cronaca il grado di Aiutante di Battaglia oltre ad essere il massimo grado per i Sottufficiali lo si raggiungeva solo ed esclusivamente per meriti di guerra. Fu anche fatto prigioniero dagli alleati dopo un furioso bombardamento compiuto da 104 quadrimotori americani, fu catturato e ristretto in diversi campi di Tunisia ed Algeria : da Souk

el Temis a Souk el Arba. Anche durante la prigionia non si smentì,si arrangiava come poteva, infatti lo beccarono che faceva contrabbando di profumi " ... due bottiglie grosse così che ho dovuto mandare in frantumi ..." Rientrato dalla prigionia al termine del conflitto, nel 1946 fu assegnato al 51° Stormo che all'epoca operava sull’aeroporto di Lecce e quale pilota del 21°

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Gruppo gli fu attribuito il nominativo “Tigre 18” nominativo con il quale divenne famoso in tutta l’Aeronautica. Sull' aeroporto di Lecce operava anche il 4° Stormo che ha tuttora l' emblema del Cavallino Rampante, lo Stormo nemico per "definizione" di Omiccioli, potete ben immaginare quanti e di che qualità erano gli scherzi che si mettevano in atto. Successe così che un giorno, "Tigre 18" legò una scopa all'antenna del suo aereo rullando davanti alla "scuderia" di quelli del 4° Stormo significando che lui del 21° era pronto a ramazzare chiunque di quelli del 4° Stormo. La cosa non sfuggi al Comandante del 51°, Don Ciccio Sforza, che in quel momento dalla torre di controllo controllava l'esecuzione dei voli ed in frequenza abbastanza arrabbiato gli intimò "...Walterino qui è Don Ciccio molla la scopa e vai subito in volo o ti metto dentro ..."; non se lo fece ripetere due volte, fece tagliare il manico da uno specialista e decollò come un razzo. Ovviamente quelli del 4° Stormo non stavano a guardare e quando rullavano davanti agli hangar di quelli del 21° lo facevano con i gomiti appoggiati ai bordi dell'abitacolo come se stessero passeggiando con una fuoriserie sul corso principale del paese. Tigre 18 di rimando se ne inventa un'altra: si procura un arto ortopedico ed una bombetta, li lega nell'abitacolo dell' aereo come se pilotasse con le gambe fuori, infila un'altro pilota nella cabina costringendolo a fare tutte le manovre rannicchiato e stando in piedi ed agitando tutte e due le braccia in alto; passa in rassegna rullando tutto lo schieramento dei velivoli del 4° dimostrando che quelli del 21° possono pilotare

non solo senza mani ma anche senza piedi. Et de hoc satis. Fu promosso Tenente a titolo onorifico, terminando l'invidiabile carriera ai comandi del T-33 della Squadriglia Traino Bersagli; non lasciò mai il "cinquantuno" sino al giorno del suo congedo per limiti di età nel 1973. A giusto riconoscimento di quanto fatto nella sua vita, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi il 3 Novembre 2003 lo nominò Cavaliere di Gran Croce. Una caratteristica che lo distingueva da tutti gli altri era sicuramente la goliardia, forse perchè ne aveva viste e passate talmente tante, che la goliardia era sicuramente il modo migliore ed il giusto spirito per affrontare la vita di un reparto operativo. Come organizzatore di partite di calcio tra gli Stormi era impareggiabile, Tigre 18 entrava in campo alla testa della sua squadra munito di megafoni, bandierine, stendardi, razzi di segnalazione accompagnato sempre dalla banda degli orfanelli che andava a scovare in ogni località in cui si giocava. Benchè il suo ruolo era quello di "corrispondente di guerra" dai campi di calcio avversari, trovava sempre il modo di piazzare un razzo fumogeno, di quelli utilizzati per indicare la pista d'atterraggio, sulla propria porta e pertanto all' occorrenza impediva agli avversari di fare gol non facendogli vedere più nulla. Luminoso esempio, evidentemente, di una sana e goliardica correttezza sportiva. Si è spento serenamente il 30 Gennaio 2009 all'età di 89 anni. ●


Il grande cuore di Alessia

A

Concerto di Natale Organizzato da Casa Alessia, di Giovanni Mairati, qui sopra nelle foto con Gianni Dal Bello e con alcune volontarie. Hanno suonato 250 ragazzi e bimbi della scuola di musica Dedalo di Novara. Ancora una grande vittoria della solidarietĂ ! (Foto di S. De Luca g.c.) 33


Dieta mediterranea di Cristiana Zandotti - Dietista La p a ro la dieta (diaita) nell’accezione propria del termine, per gli antichi greci e romani, stava a significare stile di vita dove l’attenzione verso un giusto nutrimento, un adeguat o mo vi mento assieme alla capacità di vivere in tranquillità (otium) indicava loro la strada per la salute. Negli ultimi decenni alla parola dieta abbiamo, purtroppo, incominciato ad associare solo le calorie e quindi l’ esclusione di cibi, attribuendo alla dieta un significato prevalentemente, se non esclusivamente dimagrante. Sono così nate le liste di cibi ingrassanti, da escludere a tutti i costi, e quelle dei cibi dimagranti, ai quali si attribuiscono spesso virtù terapeutiche più fantasiose che scientifiche. Abbiamo incominciato, allora, a pensare che per dimagrire tanto bisognasse eliminare il massimo delle calorie. Meno mangio più dimagrisco è diventato lo slogan degli ultimi decenni. La restrizione imposta o cercata ha così innescato danni al comportamento alimentare quali la perdita di controllo e danni alla sfera psicologica quali la colpevolizzazione e il fallimento. La dieta non deve essere percepita come un’

arcigna persecutrice a cui sottostare soffrendo. La dieta non è una penitenza o l’espiazione di peccati goderecci, ma è uno strumento, un’ arma di cui ci siamo dotati per difendere la nostra salute e la nostra bellezza. La dieta è un regalo che ci facciamo per migliorare la qualità della nostra vita, per essere più in sintonia con noi stessi e con gli altri. E’ auspicabile quindi tornare alle origini e ridare al termine dieta il suo vero significato. Ip-

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pocrate nel IV secolo prima di Cristo aveva già intuito che il giusto dosaggio di nutrimento e di attività motoria era la strada per la salute. Il grande padre della medicina sosteneva infatti “Che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo” : la medicina si riappropri, quindi, della dieta come strumento di terapia per la salute dosando, grazie all’aiuto della recente tecnologia (calorimetria, holter metabolico), quello che serve per la buona funzionalità ed efficienza metabolica. E’ ovvio che le diete implichino qualche sacrificio: dobbiamo comunque essere orgogliosi di noi stessi e procedere soddisfatti verso il nostro obiet-

tivo. Una prescrizione dietetica opportunamente personalizzata tiene conto delle esigenze di salute e di vita di chi desidera stare o tornare in forma. “Noi siamo ciò che mangiamo”: è quindi bene porre attenzione all’alimentazione senza però rinunciare ai piaceri della buona tavola coniugando la durata con la qualità della vita. La salute si conquista e si conserva soprattutto a tavola, imparando sin da bambini le regole del mangiare sano. Il tradizionale modello alimentare mediterraneo è ritenuto oggi in tutto il mondo uno dei più efficaci per la protezione della salute ed è anche uno dei più

vari e bilanciati che si conoscano.La dieta mediterranea apporta grandi benefici per l’organismo e non fa aumentare di peso. I primi studi su questo tipo di alimentazione sono stati condotti negli anni ’60-70 dall’équipe di un medico americano, Ancel Keys, che l’ha identificata come dieta ottima amica del cuore. Nel decennio successivo, però, è stata snobbata a favore delle diete low carb (cioè con pochi carboidrati) e, negli anni ’80, dei famosi “beveroni”. Dagli anni ’90 in poi, però, è stata rivalutata tanto che attualmente la Spagna ha proposto di inserirla nel patrimonio dell’Unesco, dato che la salute è il bene più prezioso di tutta l’umanità.

CHI E’ LA DOTT.SSA CRISTIANA ZANDOTTI Diplomata presso il liceo scientifico a Borgosesia, laureata in dietistica all’ Università degli Studi di Milano dove si sta specializzando in Alimentazione e nutrizione Umana. Si occupa di dietoterapia ed educazione alimentare per chiunque voglia intervenire positivamente sul proprio comportamento alimentare, senza stravolgere le proprie abitudini. Adora la buona tavola e Il suo motto è una buona dieta deve essere anche una dieta buona perché in fondo si mangia per necessità ma anche per piacere. 35


NOVARA CALCIO Alhassan sulla fascia

di G. Chiorazzi Foto F. Patrucco

Questo Novara non finirà di stupirci stup

Mai come questʼanno i tifosi azzurri sono ansiosi che giunga il consueto mercato di riparazione che si svolge nel mese di gennaio: da una parte la necessità, concreta, di sfoltire una rosa molto ampia, dove alcuni elementi sono stati impiegati davvero con il “contagocce”; dallʼaltra la voglia di rafforzarsi nei ruoli in cui si è più sofferto in questa prima parte di stagione. Da segnalare una circostanza molto rilevante: la lunga pausa invernale che, per la prima volta nel campionato cadetto, coprirà quasi tutto il primo mese dellʼanno, con la ripresa delle attività in programma solo il prossimo 26 gennaio (il Novara sarà ospite dellʼEmpoli). Siamo certi che questa abbondante sosta verrà in aiuto non solo ai 36

giocatori, che potranno così recuperare importanti energie fisiche e mentali, ma anche alle società di calcio, le quali potranno riallestire i propri organici senza doversi preoccupare, nel frattempo, di dover scendere in campo per i tre punti. Le aspettative della tifoseria novarese sono tante in questo senso: dopo la delusione di un avvio di campionato non in linea con le speranze iniziali, dettate dalla retrocessione dello scorso anno e dalla separazione con quasi tutti i protagonisti della “trionfale” doppia promozione, cʼè voglia di affidarsi a giocatori motivati, pronti subito a gettarsi nella mischia senza bisogno di un eventuale “rodaggio”. Capaci di contribuire, con le loro doti, a recuperare


una stagione iniziata subito male (penalizzazione di quattro punti per la nota vicenda legata al “calcio scommesse”) e che a fronte di una serie di episodi negativi ha destato non poche preoccupazioni in tutto lʼambiente. Lʼarrivo sulla panchina di un tecnico con tanto entusiasmo, quale Alfredo Aglietti, ha cominciato a fornire i frutti sperati: la società ha puntato tutto su di lui, dopo lʼesonero di Attilio Tesser e il temporaneo affidamento della squadra al duo Gattuso-Perrone. Lʼex tecnico dellʼEmpoli sta ripagando con i risultati questa fiducia. Nelle prime quattro partite dal suo arrivo a Novarello, il gioco è migliorato nettamente. Merito di questo successo è lʼaver individuato un modulo più idoneo alle caratteristiche dellʼattuale rosa, finalmente in grado di esaltare al meglio le individualità dei protagonisti e offrire le necessarie garanzie sia in fase di copertura che di spinta. Tanti giocatori sono parsi rinati in questo finale del girone di andata. Il recupero è da intendersi sotto tutti gli aspetti, specie quello emotivo, importante perché consente di scendere in campo con meno paure e più determinazione. Nel consueto pranzo che la società azzurra ha offerto alla “Stampa”, il DG Luca Faccioli e il DS Cristiano Giaretta hanno confermato le voci di un incontro preliminare con lʼamministratore delegato Massimo De Salvo, per un punto della situazione dopo il primo mese della gestione Aglietti. Proprio il neo tecnico azzurro si sarebbe detto soddisfatto della squadra attuale, anche se in tal sede sarebbero state avanzate le prime richieste per un rafforzamento mirato dellʼorganico. Scontata, nel contempo, la partenza di alcuni giocatori presenti nella prima parte della stagione: chi fino ad oggi ha trovato meno spazio e, giustamente, reclama la possibilità di giocare con più continuità, ma anche coloro che allʼombra della Cupola di San Gaudenzio sono giunti solo in prestito… come ad esempio il ghanese Alhassan dal Genoa… e per questo motivo potrebbero far ritorno alla base perché inseriti in trattative di scambio. La volontà della dirigenza è quella di affidarsi a

giocatori giovani e motivati. La richiesta del mister si sarebbe soffermata sulla possibilità di ingaggiare due ulteriori attaccanti (un sostituto di Gonzalez ed una “spalla” dello stesso), un centrocampista ed un difensore. Eʼ logico pensare che in fase di uscita potrebbero quindi ritrovarsi lʼex doriano Federico Piovaccari (stagione sfortunata la sua, visto che nonostante lʼimpegno non è mai riuscito ad incidere più di tanto), oltre al francese Baclet. La società dovrà anche tenere conto del fatto che, nella seconda parte della stagione, solitamente si punta maggiormente sulla freschezza atletica dei giocatori, più che sulle qualità tecniche: questo perché è fondamentale giungere il più possibile in condizione alla fine del torneo. Lʼobiettivo, in questa fase ancora incerta, resta sempre quello della salvezza della categoria. Troppo importante salvaguardare quanto di prezioso si è riuscito a conquistare. La volontà di proseguire in questo senso, da parte della famiglia De Salvo, è una solida garanzia sulla quale puntare. Una parte della tifoseria ha recentemente contestato alla proprietà, prima del ritorno al successo e in maniera assolutamente civile, un interesse troppo marcato alle strutture e meno alla rosa dei gioca-

Mister Alfredo Aglietti

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Pablo Andres Gonzalez, attaccante del Novara. Non crede di aver sbagliato un gol facile!

tori. Il riferimento è ovviamente legato alla smobilitazione di tanti giocatori amati dalla tifoseria ed il cui rimpiazzo ha destato qualche perplessità durante la crisi di risultati in cui è incappato il Novara. Eppure, va sottolineato come questʼultima fosse figlia non solo di prestazioni inadatte alla categoria, ma anche di tanti episodi negativi che si sono ripercossi amaramente contro la compagine azzurra. Un esempio su tutti le tante partite perse per un gol nei minuti finali, o in pieno recupero, che avrebbero potuto garantire qualche punto in più in classifica. La posizione occupata dal Novara non rispecchia il reale valore della squadra: lo si è detto tante volte ma, obiettivamente, questo aspetto rispecchia il vero. Il calcio, si sa, è uno sport dove le variabili incidono in modo assolutamente casuale. Vi sono stagioni dove tutto va per il verso giusto e anche nei momenti di difficoltà si riesce sempre a trovare un filo giusto da seguire, un leader nel quale ritrovarsi; fare quadrato al proprio interno, nello spogliatoio, superando tutti assieme le difficoltà sul proprio cammino. Viceversa, però, ci sono delle stagioni dove è difficile rialzare la testa, non per demeriti personali ma semplicemente perché episodi e malasorte creano le condizioni meno adatte per giocare con serenità e dimostrare la propria forza. La speranza di tutti i tifosi azzurri è quella di aver lasciato alle proprie spalle questo momento. I valori molto livellati fra loro di questo campionato cadetto, inducono a pensare che la salvezza 38

per il Novara sia un obiettivo ampiamente alla portata del gruppo. A parte il trio che compone lʼattuale vertice di classifica, composto dalla “sorpresa” Sassuolo e dalle ambiziose Livorno e Verona, nessunʼaltra squadra ha saputo fin qui dimostrare le credenziali necessarie per candidarsi a favorita del torneo. Qualche rammarico, soffermandosi su questa considerazione, potrà insorgere tra i tifosi del Novara: la sensazione è che con poco si sarebbe potuto godere di un contesto assai diverso da quello attuale. Molto più avvincente di una lotta per la salvezza e decisamente più gratificante. Il sostegno alla squadra non è mai venuto meno (anche se ovviamente, complice una crisi inaspettata, lʼaffluenza allo stadio è un poʼ calata) e questo la dice lunga sulla voglia di ripetere quanto di buono è già stato fatto in passato. Ripartire dai propri errori sarà lʼarma vincente per il futuro. Ovvio che bisognerà prestare la massima attenzione nel comprendere gli sbagli commessi ed avere la lucidità di ammetterli, perché a volte è assolutamente necessario fare un passo indietro sulle proprie decisioni per ottenere una balzo in avanti sui risultati finali. La stagione del Novara prosegue nel modo giusto: quello di riparare alle pecche osservate, ritornare in gioco e, tutti assieme, tornare a condividere gioie e soddisfazioni che la tifoseria azzurra è ansiosa di rivivere. Per sentirsi orgogliosi di tifare Novara Calcio! ●


Novara, 3 dicembre 2012 Libertas Team Novara per cinque volte nella “top ten” della manifestazione di nuoto regionale riservata alla categoria Esordienti A (nati negli anni 2000, 2001 e 2002) ed andata in scena lo scorso 2 dicembre nella piscina comunale di Asti. Nelle fila della compagine novarese il miglior risultato assoluto porta la firma di Alessia Damnotti, 10 anni, quarta nei 100 stile libero dopo aver mancato il podio per soli otto decimi. Damnotti si è confermata nelle prime dieci anche nei 100 dorso, conclusi al settimo posto. La coetanea Alessia D’Arienzo si è invece piazzata sesta nei 100 rana. Buona prova anche per Francesca Ardissone, 10 anni e nona sempre nei 100 stile. Infine, la undicenne Francesca Cirichelli ha strappato il decimo posto ancora nei 100 rana. Ad Asti, per la Libertas Team, hanno gareggiato anche Sara Agujari, Roberta Moothia, Carlotta Mansoldo, Alessandro Barbieri, Luca De Grandis, Tiziano Barbone, Daniele Milani e Leonardo Motti. Pagina a cura di F. Bezio A.S. Libertas Team Novara 39


Al disnà da Génar di P.L.D.A.

STUFATO CON FUNGHI CHIODINI Steccate con aglio e rosmarino 500 gr. di polpa di manzo, sfregatela con sale e pepe e ponetela a rosolare in un tegame con tre cucchiai di olio. Quando avrà preso uniformemente colore bagnate con mezzo bicchiere di vino rosso generoso e lasciate quasi del tutto evaporare, quindi abbassate la fiamma e unite una cipolla finemente tritata, una scatola piccola di passato di pomodoro, una carota affettata e 300 gr. di funghi chiodini ben lavati e asciugati (interi se sono piccoli, tagliati in due pezzi se sono grossi). Proseguite la cottura a tegame coperto per circa due ore, unendo di tanto in tanto del brodo caldo per mantenere il tutto giustamente umido. Al momento di servire prelevate il pezzo di carne e disponetelo a fette su un piatto di portata caldo, irrorando il tutto con la salsa di cottura con i chiodini. BUDINO DI LATTE AL MARSALA Sbattete quattro uova in una terrina con 100 gr. di zucchero e un pizzico di sale, poi unite man mano mezzo litro di latte, 50 gr. di fecola di patate e mezzo bicchiere di marsala facendo at-

tenzione che il composto abbia una giusta densità. Ungete leggermente uno stampo per budini; versate dentro il composto e lasciatelo per qualche ora in un luogo freddo, per esempio nella parte bassa del frigorifero in modo che si consolidi. Servitelo ben freddo, magari accompagnato con qualche biscotto di Novara e un bicchierino di marsala.

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L’ u r ò s c u p d a l P i n è l a p a r G é n a r Cravón (Ariete): Mèta mia da mès i altar, la culpa l’è la tua. Tor (Toro): An nöf vita vègia. Ti gh’è sémpar un brüt caraterasc. Gemèj (Gemelli): Finalmént ti l’è capì che l’amur al risolva tüt. Càncar (Cancro): Ti devi végh püssè fidücia int i tó forsi. León (Leone): Ma cüntla giüsta. St’an l’è cul bon par maridas. Vérgin (Vergine): Quand ti turni savi ti capirè un quai cus. Balansa (Bilancia): Al sücèss al dipénda maduma da ti. Scurpión (Scorpione): Cuntinua anca st’an sú i ali dl’entusiasmo. Sagitari (Sagittario): Crédagh sémpar, e ti vedarè ch’a passa tüt. Capricornu (Capricorno): L’è ura da mèt in cantier l’erede.... Aquari (Acquario): I prim més a dl’an i saran i püssè dificil. Pèss (Pesci): Par ti anca int al 2013 ogni dì al sarà pien da sul.

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Tradizione e tecnologia nella coltivazione del riso Il prodotto di punta delle campagne del novarese, così come del vercellese e del pavese, è nodi M. Zucca toriamente il riso, del quale l’Italia è Marmo da diversi anni il principale produttore d’Europa. Le origini del riso sono antichissime: esistono segni incontrovertibili che venisse largamente coltivato nell’estremo Oriente già nel terzo millennio a.C. In Europa fu importato dai greci verso il 300 a.C e la sua coltivazione si diffuse rapidamente

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nei territori che si affacciano sul Mediterraneo. Nella pianura padana fu introdotto attorno al 1400 d.C, ma la sua presenza nelle terre comprese tra il Ticino e il Sesia risale soltanto alla seconda metà del 19° secolo, quando – e siamo nel 1866 – con lo scavo del canale Cavour si realizzarono le condizioni ottimali per la coltura del cereale. Questo articolo si prefigge di richiamare le fasi attraverso cui il riso viene dapprima coltivato e poi lavorato, per renderlo pronto per la tavola, ma anche di affrontare, sia pur superficialmente, alcune mutazioni “sociali”, che l’avvento della tecnologia

nella risicoltura ha determinato. Il terreno per la coltura del riso deve essere perfettamente livellato, per garantire alle piantine che cresceranno il giusto livello di acqua, che eventuali pendenze altererebbero. Esso viene diviso in vasche basse, dette piane, delimitate da argini di terra. Si comincia con l'aratura della risaia, non eccessivamente profonda, per aerare il suolo compattato dalla sommersione dell’anno precedente; poi si passa all'erpicatura, per sminuzzare il terreno, e alla concimazione. La semina si svolge in primavera (aprile, maggio): per evitare che il seme galleggi, lo si ammolla preventivamente. La semina si può effettuare con risaia sia allagata che asciutta. Nel primo caso, essa viene effettuata a spaglio, mentre nel secondo il seme viene posato a file. Una diversa tecnica, ora abbandonata perché non più economica, veniva spesso attuata in affiancamento alla semina, ma su un’estensione di terreno più limitata: il trapianto di piantine di riso già parzialmente cresciute, estratte da un vivaio, dove venivano fittamente addensate. Questa soluzione uti-


lizzava un terreno che aveva già prodotto un altro raccolto (grano, maggengo, …) e consentiva di sfruttare più intensivamente tale terreno. Il diserbo è un'operazione fondamentale e consiste nell’eliminazione delle piante infestanti che crescono con rapidità. Esso viene fatto sia prima che dopo la semina, eventualmente ricorrendo ad un prosciugamento apposito della risaia. Le spighe del riso maturano a settembre-ottobre, quando hanno luogo la mietitura e la trebbiatura. Ma il riso appena raccolto e trebbiato è grezzo e ben lontano dall’essere pronto per il consumo. Per renderlo commestibile, lo si sottopone ad un ciclo di lavorazioni, che comprendono l’essiccazione, per eliminare l’umidità che il chicco contiene, la pulitura, per eliminare le impurezze, la sbramatura, per separarlo dalle glumelle che lo avvolgono, e la sbiancatura, per allontanare gli strati esterni al chicco, che gli conferiscono colorazioni più scure del bianco tipico del prodotto raffinato. Da ultimo il riso raffinato viene brillato, cioè trattato in un processo che finalmente lo rende commestibile. Durante le successive fasi di lavorazione si ottengono qualità particolari di riso, ma anche sottoprodotti che trovano impiego per scopi diversi dall’alimentazione umana. Le attività qui sopra descritte di coltivazione e lavorazione del riso seguono percorsi che si sono mantenuti sostanzialmente inalterati negli ultimi 150 anni. Quelle che invece si sono profondamente trasforma-

te sono le modalità di lavoro che, grazie ai progressi tecnologici che hanno inciso su tutti i processi lavorativi, hanno subito un autentico stravolgimento. Tanto per darne un’idea, diciamo che la semina era un tempo eseguita manualmente con l’ausilio dei cavalli, mentre ora viene eseguita ricorrendo ad attrezzature meccaniche. Il livellamento del terreno viene eseguito ricorrendo al laser che evidenzia e corregge automaticamente i dislivelli riscontrati. Il percorso delle macchine seminatrici viene addirittura controllato e ottimizzato dal monitoraggio effettuato da satellite, per garantire la massima omogeneità della semina tra le diverse zone della superficie della risaia. Il diserbo, che un tempo era affidato alle mondariso, ora è affidato a diserbanti chimici. Per la raccolta e la contestuale trebbiatura si ricorre, ormai da diversi decenni, alle mietitrebbia. L’essiccazione del riso un tempo veniva ottenuta mediante la sua esposizione al sole nelle aie, mentre ora viene svolta attraverso un ben più rapido passaggio negli essiccatoi. Questi impieghi della tecnologia hanno consentito di conseguire sensibili abbattimenti dei costi di produzione, sia per la contrazione dei tempi di lavoro, sia per la forte riduzione del contributo umano, che spesso era pesante e di grande sacrificio. Per contro, l’avvento della tecnologia ha sminuito nei risicultori (e più in generale negli agricoltori) l’amore e l’ambizione che dedicavano al loro lavoro. Un risicultore,

che ha vissuto la progressiva tecnologizzazione dei processi risicoli, mi ha confidato: “Un tempo coltivare il terreno era più gratificante, al di là del profitto che ne potevi ricavare. Le tenute agricole profumavano di fieno e magari sprigionavano l’odore naturale del bestiame, mentre oggi senti solo l’odore del gasolio”. Inoltre, una tenuta agricola era fino a circa 50 anni fa una vera comunità sociale, spesso dotata di una chiesa. Di tale comunità facevano parte soprattutto le persone che prestavano la loro opera durante l’intero anno (ad esempio i cavallanti e gli addetti ai bovini, dato che spesso riso e latte venivano prodotti nella stessa cascina), ma anche le mondine, che intervenivano per un mese o poco più, e i mietitori. D’inverno le donne si trovavano nelle aie se c’era il sole e la sera nelle stalle delle manzette per riscaldarsi. Nelle sere estive del sabato, vigilia del giorno di riposo, le mondine - che provenivano soprattutto dall’Emilia, dal Veneto e dalla Lombardia orientale e vivevano tutta la settimana lontane da casa e in un gruppo tutto femminile - davano luogo ad autentiche feste nelle aie, dove ballavano in allegria al suono della fisarmonica con i giovani che arrivavano dalle località limitrofe. Benché la soppressione di lavori pesanti rappresenti un progresso sociale, aver visto la dissoluzione di questi nuclei di gente semplice, ma che sapeva apprezzare la propria vita, ha lasciato qualche rimpianto in coloro che ne hanno fatto parte. ●

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Poesie della nostra terra Vintidü ‘d Génar (Dialetto di Novara)

Vintidü ‘d Génar Di ad San Gaudensi. La Cüpula brascià dal campanin inargéntà la domina cun tantu amur la sò citàPar lka strà ch’la mena a la gésa mi, tüt cuntént int a ‘sta granda festa nuarésa i’m mis-ci d’in tra mèss a dla mè gént. Int un mumént i son int a Scürö. Li, pö, int al silensi, cunt al cör in man i disi a Lü: “Car al mè San Gaudensi.... ch’a T’sè da sémpar al nostar Prutetur tegna renta tüti nün (anca i povar baltrascan) cun la forsa da To amur e par l’eternità benedissa Nuara e anca cüi ch’i vöran mia bén a ‘sta Cità!”

Alberto Gavinelli "Ventidue Gennaio." Ventidue Gennaio. Giorno di San Gaudenzio. La Cupola abbracciata dal Campanile inargentato ... domina con tanto amore, la Sua Città. Per la strada che porta alla chiesa io, tutto contento ... in questa grande festa novarese mi mescolo tra la mia gente. In un momento ... sono nello Scurolo . Lì, poi nel silenzio ... con il cuore in mano ...dico a Lui: «Mio caro San Gaudenzio ... che Sei da sempre il nostro Protettore tienici tutti vicino (anche i poveri scellerati!) con la forza del Tuo amore e per l'eternità ... benedici Novara e anche coloro che non amano questa Città! ».

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Sede Legale: Via Valletta, 37/39 - S. Pietro Mosezzo (No) - Sede Operativa: Via Biandrate, 122 - Novara - ☎ 0321/628.000 - Fax 0321/39.35.31 E mail: info@sanpietropetroli.it - Sito web: www.sanpietropetroli.it

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