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An XXX N端mar 317 - April 2013

Famiglia Nuaresa

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Cum端n Pruincia Region da Nuara da Nuara Piemunt

Circul dal 53

A.I.D.O.


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D d G d L d C d L a U d V d Q d A d A d R d


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Dò paroli in cunfidénsa di Stefano Rabozzi

CUMÜN DA NUARA

I suma rivà anca al nümar da April. I dificultà hin mia mancà, e vi altar Sociu chi legi al nòstar giurnal i sarì nutà un quài erur da stampa da tròp. L’è Dö paròli in cunfidénsa vera; un quài erur agh l’è stai, parchè prima dla mè disaventüra di S. Rabozzi 3 bulugnesa che par furtüna l’è finì ben, i son duvü mèt giò dü numar unt un més sul (Febrar) e cul da April pena ‘nisia Gelsi e bachi da seta la cunvalescenza. di R. Pezzana Sara 4 Ma gh’è mia da créd che la mea la sia na lamentela. No. L’avvocato Giuseppe Prina i vöri dì maduma che la voja da fà stu giurnal l’è tanta e che di G. Marelli Gambelli 8 anca int i mumént püssè dificil mi, insèma ai mè culaburatur ch’hin pressius e la vera forsa da stu giurnal, i suma mai Carlo Negroni di C. Rabozzi 12mulà. Déss, pianin pianin i ripiarò la cadensa nurmal, més dopu L’Olandese volante. més, a cura dekl Teatro Coccia 16 Una roba, però, i vòri divla. Quand i seri a Bulogna, int la mè stansèta steril dla neuUniti contro il Diabete rochirurgia, a dla finestra i videvi tüta la cità da Bulogna e di A. Poggi Steffanina 22 in particular i lus dl’areoporto Marconi. Ma i mè öcc i cercavan da ‘nda püssè in là, is a slungavan Vino e Divino di E. Spina 26 püssè in là dla linea dl’urisunt e i cercavi la diression andua a gh’era Nuara e dentra da mi i pensavi: “Se aò Signur am Quando l’azzurro si tinge di rosa da la forsa da gni fòra da sta aventüra e i riesci a turna a di G. mainini 30Nuara, cara la mè cità, alura it lassi pü par dabon”. Grassie da tüta la vostra cumprension. Amricordi di S. Fiocchi 34

In questo numero:

A sostegno della squadra di G. Chiorazzi Ricordo di Fausto lena di M. Zucca Marmo

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FAMIGLIA NUARESA ©

Associazione di Promozione Sociale Pressidént Unurari: Giulio Mainini Pressidént e Diretur Respunsàbil: Stefano Rabozzi 42Vice Pressidént: Lorella Perugini Sede Sucial: Via Sottile, 6 - 28100 Nuara - Tel. 338 8919005 E mail: srabozzi@alice.it - Sit web: www.famiglianuaresa.it© Aut. Trib. Nuara n. 13 dal 23.08.83 - Stampa: Italgrafica, Via Verbano, 146 - Nuara - Vevar Iscrissión int l’Albo di Lìberi Assuciassión dal Cumün da Nuara n. 182 - prut. 5136 dal 20.02.96 e iscrissión int al Regìstar dla Pruvincia da Nuara di Assuciassión da Prumussión Sucial n. 1/NO cun determinassión n. 800 dal 19.02.2007

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Tempo di Passione

Gelsi e bachi da seta...

S di R. Pezzana Sara

ovvero “muron e bigatt”

ino ad un paio dʼanni fa, ad ogni primavera, come avevo visto fare ai miei nonni, mi premuravo di tagliare i germogli del centenario gelso, perché impedivano alla rustica bignonia che lo utilizzava come appoggio, di avvolgerlo in tutte le sue parti per esibirsi per tutto il periodo estivo. Infatti, durante la lunga fioritura della bignonia, una massa di campanule a trombetta di colore arancio forma un imponente cilindro fiammeggiante, tanto decorativo quanto, purtroppo, ospitale nei confronti di invadenti formiche nere. Questo esemplare di “Morus Celsa Alba” si trovava e si trova tuttora non più attivo, in un angolo dellʼorto a definirne il confine, sostituendo visivamente il “termine” del confine con la strada. Nessuno di noi ha mai avuto il coraggio di abbattere lʼultimo esemplare di una serie di gelsi che sino ad un secolo fa, avevano contribuito ad aumentare le limitate entrate dellʼepoca, in una famiglia di agricoltori, seppure proprietari. Questo, mi raccontavano i nonni, con quellʼemozione e quel desiderio di passare ai nipoti, i trascorsi di coloro che li avevano preceduti, con lʼintento di far apprezzare ogni particolare di quanto veniva loro trasmesso. I gelsi avevano unʼimportante finalità: quella di nutrire con le loro foglie i voraci bachi, “Bombix 4

mori” ovvero “bigatt” in novarese, da cui si ricavava poi il filato di seta. Mi incuriosiva sempre andare al terzo piano della nostra “cà vègia”, cosiddetta perché risalente al 1600, dove il mio antenato Giovanni, nella ristrutturazione della stessa, aveva provveduto ad allestire nel 1801, una “bigattaia” occupante due grandi stanze dellʼultimo piano della casa. Ricordo bene dove erano stati posizionati i graticci su cui i bachi trascorrevano il loro periodo di crescita. Nellʼultimo secolo, già i miei bisnonni ne avevano cambiata la funzione; debitamente sostituiti, i graticci avevano poi ospitato le mele di tutte le specie e lʼuva americana che, raccolte in autunno, venivano consumate durante lʼinverno. Secondo la tradizione fu Ludovico il Moro ad introdurre in Lombardia alla fine del 1400 lʼallevamento dei “vermi da seta” o “bigatt”, importando dal Veneto quanto serviva, ovvero i gelsi, i bachi ed il personale esperto. Pare che il suo appellativo “Moro” derivasse appunto dal nome latino della pianta “Morus Celsa”. Nella provincia novarese, adiacente a quella lombarda, la gelsicoltura e la bachicoltura si diffusero successivamente; se ne ricava una buona descrizione dalle relazioni dellʼIntendente Capris di Castellamonte che cita un “filatoj de seta” a Mandello, che nel 1753 produceva 8000 libbre piemontesi di filato, assai più di quanto ricavato in territori più estesi, quali Prato, Oleggio e Borgomanero. Unʼaltra relazione del Commissario Sabaudo


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Lampasso in seta del 1800 Rochis del 1825 indicava la produzione di bozzoli di Carpignano in oltre 109.000 quintali, indicandola come importante voce di entrata, considerando soprattutto i tempi brevi in cui si attuava: lʼattività si completava in tre mesi, da aprile a giugno. In effetti, la sua diffusione era assai incentivata da tempo, conseguenza di una forte richiesta di filato di seta; basta sfogliare i numerosi trattati scritti in proposito, riguardanti tutte le delicate fasi della crescita del baco e della lavorazione del filato, per rendersene conto. Nel 1581, Gio. Andrea Corcucci da Sascorbaro nel suo “Il Vermicello della Seta del Corsuccio”, aveva dedicato oltre 100 pagine alla “Lode e Ec-

cellenza del Vermicello… dal quale venisse umile materia, che ornasse i Santi Patriarchi, Profeti, Re e Pontefici”, ed inoltre “Lode e Eccellenza del Moro” poiché “ciba il vermicello sa dagli virtù e sostanza di generar seta”. La sua ricerca si inoltra anche nellʼindicare i nomi con cui viene indicato il baco in vari Stati Italiani (vermicelli, bachi, cavalieri, bigatti, bruche, bargelli, mignatti, bombici, cuculli) e in 7 Stati del mondo, si soffermava su “Come si devono governare i vermicelli”, su “Come devono essere i Mor i” e l a m odal i tà di conservazione delle foglie in ogni condizione climatica. Descrive dettagliatamente anche la colorazione della seta indicandone le tonalità per ogni evenienza e condizione e consigliando dettagliatamente lʼutilizzo delle pietre preziose al fine di dare maggior risalto al tes-

suto. Infiniti sono i trattati che affrontano ogni tipo di problema che tali produzioni comportano, dallʼuso di particolari bottiglie al fine di migliorare lʼaria insalubre delle bigattaie, alle stufe che producono unʼideale temperatura allʼambiente, opera dellʼAbate Pieropan Vicentino. “Il buon governo dei bachi da seta” scritto nel 1816 dal Conte Dandolo (conservato presso la Bibliotheque du Palai del Arts a Lyon) non doveva essere molto semplice se si considera che era dedicato “Agli agenti di campagna ed ai coloni che sanno leggere”. La bachicoltura veniva praticata da agricoltori specializzati che, dopo aver acquistato lʼuovo 5


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da coloro che avevano provveduto alla selezio- “processione dei bachi da seta”. Le donne ponene del seme, dovevano accudirlo nei tre periodi, vano le uova in un sacchetto, che veniva legato sino ad arrivare al bozzolo, durante: al collo e messo sotto la maglia, per assicurare - Lʼincubazione, al fine di provvedere alla loro un adeguato tepore, ed andavano alla pronascita del baco, in un ambiente scaldato da stu- cessione, durante la quale il sacerdote benediceva fe ad aria o ad acqua calda, ad una temperatura le uova per propiziarne lo sviluppo ed il raccolto. progressivamente elevata da un minimo di 10° ad A Carpignano si è sempre incentivata tale atun massimo di 22°. tività, ma già dai primi decenni del XX secolo, sen- Il periodo di nutrizione e sviluppo, diviso in za grandi successi. Al suo “mercato coperto”, coetà e mute. Durante le età il baco si nutre di fo- struito nel 1906, affluiva tutto il prodotto dei paeglie di gelso bianco, mentre durante le mute, com- si circostanti, riservando uno spazio apposito per prese tra unʼetà e la successiva, c essa di nut r i r s i e su b i sce l e metamorfosi. Le età sono cinque e durano rispettivamente 5 - 4 -5 6 - 10 giorni, mentre le mute sono quattro, di cui le prime tre durano 24 ore e la quarta 48 ore. - La salita al bosco, in cui il baco si aggrappa a sostegni appositamente predisposti allo scopo di trovare la Bigattaie al lavoro negli anni '30 posizione più agevole per iniziare la secrezione della bava serica che, a contatto con lʼaria, si la contrattazione dei bozzoli, unico esempio delsolidifica acquistando la forma di filo e costruen- lʼarea novarese. do il bozzolo in circa otto giorni, diventando criComunque, la fatica ed i disagi che questo alsalide. A questo punto per impedirle di trasformarsi levamento comportava, unitamente al “mal dal in farfalla si procede alla sua soffocazione a mez- gès” (calcino) che attaccava i bachi, rallentarono zo di aria calda in essicatoi. la bachicoltura e la conseguente produzione del Solo dopo varie fasi (cernita, spelaiatura, cri- filato di seta. vellatura, macerazione, scopinatura) si giunge a Anche lʼapertura del Canale Cavour e lʼauspiquella della filatura, attraverso la quale si forma cata irrigazione delle terre novaresi, dando nuoil filo di seta mediante lʼaccoppiamento di un cer- vo impulso alla coltivazione del riso, assai più to numero di bave. redditizia, toglieva territori alla coltivazione dei Nel nostro territorio erano pochi gli allevamenti gelsi; ma il colpo di grazia fu dato dalle Sanzioni di bachi che disponevano di una buona organiz- subite nel 1935 da parte della Società delle Nazazione; solitamente si trattava di piccoli alleva- zioni: le merci italiane non si dovevano più imtori che nelle loro già modeste abitazioni dovevano portare. riservare uno spazio in cucina per i graticci sino Iniziava una nuova era politica, ma tramontaalla loro terza muta, per poi cedere anche le loro va definitivamente un progetto di produzione che camere da letto nel momento in cui era richiesto aveva comportato grandi sacrifici soprattutto femun calore minore, e nel contempo, trasferirsi nel minili. fienile durante la notte. Le filature avrebbero comunque prosperato In molte località piemontesi nei giorni di San ancora per decenni, utilizzando prodotti dellʼOriente Giorgio e San Marco (rispettivamente il 23 ed il 25 aprile) iniziava il ciclo delle Rogazioni con la 6 P PA


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Un insigne Ministro novarese

di G. Marelli Gambelli

“L’Avvocato” Giuseppe Prina

I novaresi, per la posizione toNO/ 14 LUGLIO 1914 difficile agire per chi rivestiva caripografica e per le loro vicende stoHo iniziato dalla conclusione, non che di responsabilità pubblica e riche hanno una fisionomia parti- rispettando i tempi della tragedia, prevedere il succedersi degli evencolare che va scoperta a poco a po- (inizio sereno e conclusione cata- ti che in molti casi si realizzavano co, per una tipica iniziale diffidenza strofica) perchè il nome del Ministro da un giorno all'altro. Tralasciando (chi l'è cul lì) che si trasforma, a co- è tristemente più noto per la sua fi- gli anni dal 1789 al 1795 relativi agli noscenza avvenuta e collaudata, in ne che per le sue vicende perso- sviluppi della Rivoluzione Franceospitale accoglienza; molti nova- nali: molti non hanno conoscenza se, ci interessa il periodo del Diresi, antichi e moderni, si rettorio, il regime politico sono affermati in momenti instaurato in Francia dopo storici particolari, per la lola reazione Termidoriana ro serietà professionale. La con l'eliminazione di Roloro cultura ha attinto pregi bespierre e l'approvaziodi due regioni ne della Costituzione "moimportanti: Piemonte e Lomderata" degli anni 1795bardia formando un "uni1799, il potere esecutivo cum" inconfondibile. era affidato a un organo Una targa murata sulla composto da 5 membri, facciata di un signorile paquello legislativo a 2 calazzo di Via del Carmine 1 mere elettive (consiglio dericorda così un ministro stogli anziani e dei 500). Ririco: "Il 20 aprile 1814, FUvelatosi incapace di risolROR DI PLEBE/ ATTIZZAvere la crisi economica e di TO DA IRE SETTARIE/ porre fine alla corruzione, STRAZIO' A MORTE IN MIil Direttorio fu rovesciato LANO/ GIUSEPPE PRINA/ da Napoleone, che dopo GIURECONSULTO STATIl'assedio di Tolone fu noSTA INSIGNE/ TRAVOLminato generale di brigata; GENDO COSI' IL PRIMO superato l'allontanamento Una delle rare immagini di Giuseppe Prina REGNO ITALICO/ DI CUI per sospetto giacobinismo, FU MINISTRO PER LE FIrepresse l'insurrezione reaNANZE/ ED AVVIANDO L'E- della sua personalità, della com- lista del 1795; reintegrato nell'eSTREMO PERIODO/ DELLA DO- plessa situazione storico-politica sercito ebbe nel 1796 il comando MINAZIONE AUSTRIACA/ IN ITA- italiana di quell'epoca: gli anni in cui dell'Armata d'Italia: vincitore, firmò LIA/ IL COMUNE/ CENT O ANNI visse il Ministro (1766-1814) sono a Cheraseo un armistizio col PieDOPO L'ECCIDIO/ MURO' QUE- segnati da un susseguirsi repenti- monte sabaudo che perdette NizSTA LAPIDE/ NELLA CASA DOVE no e imprevedibile di avvenimenti za e la Savoia; nel trattato di CamSanta Maria Maddalena NACQUE/ L'ILLUSTRE CITTADIpolitici e bellici nei quali era molto poformio con l'Austria ottenne il

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controllo dell'Italia settentrionale nel 1797. Al ritorno della Campagna d'Egitto contro l'Inghilterra ottenne il titolo di Primo Console: sarà di nuovo in Italia e, vinti gli Austriaci nella battaglia di Marengo (Alessandria) nel 1800, per la quale ottiene il comando sulla Lombardia sino al Mincio, è nominato Console a vita nel 1802. Nel 1804, approfittando di un periodo di pace si dedica alla riorganizzazione statale varando un nuovo Codice a garanzia degli assetti sociali scaturiti dalla Rivoluzione (Nuovo Codice Civile). Proclamatosi Imperatore dei Francesi nel 1804 e Re d'Italia nel 1805 fronteggiò le potenze europee coalizzate e sostenute dall'Inghilterra (sconfitto a Trafalgar dal Generale Nelson), vincitore ad Austerlitz 1805 ed a Jena 1806 fermando la Confederazione del Reno; organizzò l'Europa secondo gli interessi francesi e della sua famiglia: Giuseppe, Luigi, Gerolamo, Elisa, Murat; a Eylen, 1807 sconfigge i Russi realizzando una alleanza franco-russa che divide l'Europa in due diverse sfere di influenza. Divorziato da Giuseppina Beanharneis, sposa Maria Luisa d'Austria che diviene Imperatrice di Francia e duchessa di Parma. Il fallimento dell'alleanza con lo Zar Alessandro lo indusse ad attaccare la Russia subendo la sconfitta della Beresina; le nazioni europee coalizzate lo sconfissero a Lipsia (1813); costretto ad abdicare e confinato all'Isola d'Elba, riuscì a fuggire e fu accolto trionfalmente i Francia, riuscendo a governare per 100 giorni. La sconfitta a Waterloo decise la sua fine militare e politica; prigioniero a Sant'Elena, vi morì nel 1821. Questa arida e frettolosa successione di eventi mi permette di evidenziare quali potessero essere i momenti vissuti a Novara e a Milano dall'avvocato Prina. Conosciuto come un rigoroso e onesto amministratore nella cui personalità confluivano gli ideali giacobini la coerenza amministra-

tiva in una società divisa tra conservatori e progressisti nella quale giocavano interessi finanziari, ambizioni e grandi disagi economici. La cosiddetta "armata" scendeva in Italia recando la spettrale povertà francese di quel tempo, evidente in soldati malvestiti, affamati di saccheggi, esaltati dalla rabbia conquistatrice in un paese che era stato all'avanguardia per ricchezza, importanza politica, culturale, artistica. La carriera di Giuseppe Prina è graduale e benemerita e può distinguersi in due fasi: quella novarese-piemontese e quella milanese: il momento di trapasso è la Convenzione di Lione (1801-1802) quando Napoleone volle dare un assetto definitivo alla Repubblica Cisalpina, riunendo in una assemblea quell'elemento della popolazione italiana che doveva avere nelle mani il governo dello Stato per uscire dal sistema dei governi provvisori; l'ordine interno era stato ristabilito con la pace di Luneville (1801). La borghesia, nella sua espressione dei possidenti, dei dotti, dei commercianti era rappresentato dalla Municipalità di Novara che aveva scelto l'avvocato Giuseppe Prina a rappresentare la città. La sua carriera era iniziata dopo la laurea in legge a Torino dove nel 1791 Vittorio Amedeo III Savoia lo nominò sostituto procuratore della Corte dei Conti; nel 1795 Carlo Emanuele IV lo nomina Ministro delle Finanze. Per disaccordi in materia finanziaria di dimette dal governo piemontese e si ritira a Novara dove riprende l'avvocatura e ne viene nominato Podestà. Mentre il resto del Piemonte si avviava a diventare territorio francese, Novara diveniva capoluogo del Dipartimento di Agogna e, come tale, annesso alla Repubblica Cisalpina. Prima, eletto rappresentante della città di Novara ai comizi di Lione, con il suo discorso attirò l'attenzione del Primo Console Bonaparte che poco più tardi, raccomandandolo al suo vice, Mel-

zi d' Eril, lo nominò Ministro delle Finanze della repubblica Italiana. Così il 20 aprile 1802 Giuseppe Prima, non senza essere accompagnato da sfavorevoli prevenzioni nei suoi confronti per l'opera da lui svolta a servizio del Re di Sardegna, assunse l'incarico che esattamente dodici anni dopo gli sarebbe stato fatale. A dare l'idea della situazione contabile che il Prina dovette affrontare basta tener presente che nel 1802, mentre le entrate assommavano a 72 milioni di lire, le spese salivano a 86 milioni dei quali 49 destinati al bilancio militare e ai contributi alla Francia. Il Ministro Prina scelse un collaboratore fidato, Pietro Custodi; con fermezza si dedicò al riordinamento tecnico dell'amministrazione, perfezionando l'accertamento dei redditi e di diminuzione delle spese. I suoi nemici più agguerriti furono i contrabbandieri del tabacco; inoltre l'economia interna fu molto danneggiata da leggi drastiche sulla produzione della seta che u nitamente all'industria del tabacco, costituivano un cespite altissimo di guadagno; furono aboliti i dazi per i francesi, obbligo di esportare la seta grezza solo in Francia, proibizione di confezionare articoli di seta in Lombardia. L'esasperazione dei produttori, degli industriali, dei commercianti fu portata all’ennesima potenza e favorì la crescita del numero delle persone ostili al governo francese ed a chi lo rappresentava. Melzi d'Eril nel ragguagliare il Primo Console sul nuovo Ministro delle finanze ondeggiava tra l'ammirazione e la trepidazione; dice " (Prina) sembra biasimare le sue maniere aspre e ruvide eppure le riconosce necessarie: estraneo a ogni parzialità e favoreggiamento", finisce per lodare tutto di lui, doti e difetti, necessari pe r il compito che gli è af fidato. Gli avvenimenti incalzano: dopo Lione la Repubblica Cisalpina è diventata Repubblica Italiana; con la nomina di Napoleone Imperatore (1805) la Repubblica Italiana diventa Regno d'Italia (1806) di cui

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è sovrano l'Imperatore; ne diventa vice-re Eugenio Beauharnais, figlio di Giuseppina. Prima conserva la sua infatuazione per Napoleone Bonaparte legata agli ideali giacobini-repubblicani e prosegue nella sua politica di rigore o di quadratura di bilanci; i suoi prospetti saranno ammirati dall'Imperatore e gli faranno dire che Prina era il più saggio uomo d'Italia. Il momento finale, nella sua tragicità e orribile violenza è caratterizzato da una serie di imprevedibili e tristi coincidenze. Col precipitare delle vicende politiche e militari, sulla base di una agricoltura in netta ripresa, malgrado tutto in buona parte del patriziato milanese rimasto fedele a casa d'Austria si affretta a proporre e favorire un ritorno alla situazione del 1796, sollecitato dal desiderio, a lungo compresso, di rivincita oligarchica muVia del Carmine, 1 a Novara. Quì il 19 Luglio 1766, nacque Giuseppe Prina nicipale. Il pieno accordo fra Imperatore francese e il suo Minitemente provocatorie, accresce- 1814 il Senato votò segretamente stro, la cui dedizione offriva facili vano sospetti e ostilità nei confronti (nonostante l'opposizione del Verpretesti all'accusa di servilismo, re- del Prina, che veniva sempre più ri) l'invio di una deputazione alle alsi ancor più giustificati dal suo ca- identificato non solo di un sistema te potenze per decidere la cessarattere aspro, riservato, talvolta dal- fiscale vessatorio ma della stessa zione delle ostilità, l'indipendenza le maniere sprezzanti e apparen- oppressione francese. Il 14 aprile del Regno d'Italia e un re nella per-

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sona del Beauharnais. I partiti milanesi erano prevalentemente tre: quello delle "marsine ricamate" sostenitori del vice-re; quelli che volevano il Regno d'Italia indipendente con un re italiano (anti francese) e il partito filo-austriaco. Il segreto imposto ai partecipanti non fu mantenuto; tutta Milano sapeva il contenuto della decisione e suscitava anche lo sdegno popolare; si raccolsero documenti di protesta mentre da parte del responsabile dell'ordine pubblico si lasciava mano libera ai Tumultuanti le cui file per l'occasione erano state rinforzate dall'arrivo di provocatori, prezzolati, dalle campagne lungo il Ticino ed il Lago Maggiore; tutto questo in preparazione della seduta prevista in Senato per il 20 aprile 1814. Giornata tetra, piovigginosa: in Senato oltre ai deputati si erano introdotti violentemente nell'aula molti dimostranti; i senatori sotto minaccia di cittadini armati " di ombrelli di seta" sottratti alla nobiltà decretavano il ritiro della deputazione inviata a Parigi e al Beauharnais a Mantova, di convocare i

collegi elettorali. Il Prina non era intervenuto alla seduta del Senato, poi balenò l'idea di un assalto al Palazzo del Melzi d'Eril vicario, ma fu accantonata; secondo le testimonianze vi fu un anonimo incitamento a cercare il Prina. Il palazzo in cui abitava era in piazza San Fedele; il Ministro non era intervenuto alla sessione del Senato perchè il suo omonimo Cugino, l'abate Giuseppe professore di diritto pubblico all'Università di Pavia era giunto allarmato a Milano la stessa mattina del 20 aprile col proposito di condurlo in slavo, travestito da prete sulla stessa carrozza con cui era giunto a Milano; le parole del Ministro furono:" Ma perchè i milanesi dovrebbero farmi del male? Non ho da rimproverarmi nulla, quindi non temo nulla, perchè l'ira del popolo dovrebbe rivolgersi contro di me piuttosto che contro gli altri membri del Governo? I milanesi buoni non sono fatti per i delitti". Era convinto che un drappello di granatieri lo proteggesse. Invece la sua abitazione fu invasa e rapinata da una folla ormai inferocita che

devastò tutto, non trovò nulla nella cassaforte, ma trovò lui che si era rifugiato in soffitta. Fu denudato, calato da una finestra in strada, colpendolo ad ombrellate. Trascinato per le vie di Milano; furono fatti più tentativi, da parte di persone coraggiose, di sottrarlo al linciaggio ma fallirono, anche perchè le forze dell'ordine, proprio in quel giorno, erano state allontanate per la maggior parte da Milano, con pretesti vari dalle autorità. Fu trascinato nel cortile del Broletto dove fu deposto cadavere; erano le sette di sera. A notte inoltrata, la città ormai deserta, fu portato al cimitero di Porta Comasina e seppellito in luogo tenuto segreto, per salvare almeno la memoria in futuro. Mi è stato penoso scrivere queste ultime parole che non hanno la possibilità di essere commentate; desidero però continuare, in un secondo momento, e riprendere l'argomento sulla risonanza che tale spaventoso avvenimento ebbe tra i suoi contemporanei, per tentare la piena riabilitazione di questo grande e sfortunato personaggio.

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All’Archivio di Stato di Novara

Carlo Pagine a cura di Chiara Rabozzi Testo di Emiliana Mongiat

Carlo Negroni, foto sopra, (Vigevano 1819 – Novara 1896) è l’esempio più significativo di quella illuminata cultura ottocentesca che aveva riposto massima fiducia nelle possibilità di sviluppo morale, civile ed economico che sarebbero potute pervenire ad una città se correttamente amministrata. Come scrisse e fece incidere 12

Nrgroni

Il senatore giurista novarese che amò la giustizia, la religione e le buone lettere sull’epigrafe predisposta per la propria sepoltura (ora leggibile solo in parte) egli fu “Giurista, Deputato al Parlamento, Senatore del Regno, Consigliere e Sindaco della Città, Consigliere e Deputato della Provincia per la Sanità e l’Istruzione, Presidente del Collegio Caccia, Amministratore dei Pii Istituti, Cooperò alla preparazione del Codice Civile, amò la religione, la giustizia e le buone lettere”. Negroni ebbe, perciò, una vita molto intensa durante la quale riuscì a coniugare le aspirazioni personali con le istanze della collettività in un periodo storico molto articolato e complesso che vide la definizione di tutte quelle istituzioni che qualificarono, in senso moderno, lo

Stato unitario. Un tempo durante il quale Carlo Negroni, come gli altri uomini di cultura, dovette confrontarsi con problemi e idee di vasto respiro, per la prima volta nella storia italiana estesi oltre i confini municipali o territoriali, in cui intervenne operando secondo una linea di pensiero prudente, accorta e sostanzialmente conservatrice. Linea di pensiero guidata dall’amore per «la religione, la giustizia e le buone lettere» che trova riscontri continui nelle più diverse documentazioni: negli interventi effettuati dal Negroni nell’ambito dei vari consigli amministrativi di cui era stato membro o presidente, negli scritti personali, nei commenti espressi dai contemporanei pubblicati sui giornali del tempo, nelle parole dei biografi e di quanti hanno scritto su di lui, nei libri che scelse per la propria bilblioteca, nell’uso che egli fece dell’arte, vista sempre e solo come mezzo per esemplificare virtù civiche e per educare i cittadini meno colti, come strumento insostituibile per garantire la memoria personale all’interno della memoria della collettività. Al centro dei suoi in-


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teresse stava, comunque e sempre, la città non solo come Ente amministrativo ma anche come tessuto urbano, da ampliare e abbellire. Proveniente da famiglia agiata e figlio di magistrato, Carlo Negroni ebbe la fortuna di formarsi professionalmente alla scuola di Giacomo Giov anetti, costruendo la propria immagine di giurista -e il proprio patrimonio economico- sulla conoscenza delle leggi inerenti la proprietà fondiaria e la gestione delle acque irrigue, tematica di cui Giovanetti era profondo conoscitore e specialista legale. Il suo amore per la giustizia e il suo profondo senso civico (derivatogli dall’educazione, dalle inclinazioni personali e dal momento storico) lo spinsero a partecipare in prima persona alla gestione della cosa pubblica, dapprima in ambito locale -Comune e Provincia-, poi al Parlamento subalpino e infine come Senatore nel nuovo Parlamento italiano. A Carlo Negroni si dovette anche la promozione per la fondazione di una solida banca popolare, che permise la gestione ufficializzata dei crediti, competitiva rispetto ai precedenti rapporti individuali e ancor oggi attiva. L’amore per la religione lo rese sensibile verso i meno abbienti, per i quali Negroni si prodigò operando all’interno delle istituzioni cittadine che avevano come obiettivi l’attenzione e la

cura dei poveri, degli ammalati, dei bambini. Si attivò soprattutto in relazione ai problemi legati all’educazione infantile e all’istruzione, intervendo in modo diretto a favore degli Asili d’Infanzia. L’amore per le belle lettere lo rese, oltre che scrittore, accanito collezionista di libri ed opuscoli, soprattutto negli ultimi venticinque anni di vita. Alla sua morte la biblioteca personale, distribuita in più di una sala al primo piano del suo palazzo novarese di corso Cavallotti, 4 contava quasi 17.000 volumi, conservati in 41 scaf fali. Di questi ben 4222 erano i volumi a carattere letterario (storia della letteratura, classici latini e greci, teatro), 3 3 1 quelli dedicati alla filosofia e 296 all’arte. Fra i volumi più importanti si segnalano la collezione dantesca, una delle più cospicue d’Italia e la

preziosa Bibbia quattrocentesca (1471) costituita da dieci corposi tomi acquistati dal convento di San Francesco della Vigna di Venezia e costata al Negroni un «tesoretto», 1500 lire per la precisione (pari alla retribuzione annua di un impiegato contabile. Nello stesso periodo uno schiavandaro riceveva, invece, circa 81 lire all’anno e qualche bene in natura). Quello del senatore Carlo Negroni fu un percorso rigoroso e senza quei cedimenti morali a cui sono esposti gli uomini di potere, che si concluse con un altro atto d’amore verso la città che lo aveva accolto nel 1835 e che lui aveva aiutato a crescere con il proprio impegno di ammi-

La bellissima edizione del libro “Carlo Nrgroni e il suo tempo - 1819 - 1896 dedicato a Carlo Negroni edito da Interlinea e dal Comune di Novara, a cura di Maria Carla Uglietti. Nel libro sono riportati gli Atti del Convegno di Studi nel centenario della morte dello statista novarese 13


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nistratore traghettandola, insieme ad altri, da un’economia legata quasi esclusivamente alla terra a quella della nascente industrializzazione. Una città che aveva sempre fatto da sfondo alla sua vita, con le sue tensioni verso il rinnovamento, i suoi edifici simbolo da costruire (Duomo) o completare (Cupola Basilica di San Gaudenzio), la suavitalità. Alla sua morte Negroni le lasciò l’intero patrimonio, con attenzione particolare all’erigenda Opera Pia per gli Asili d’Infanzia. Lasciò il palazzo con la biblioteca e i beni terrieri affinchè la città potesse migliorare servizi e prestazioni e, in cambio, chiese solo la manutenzione del sepolcro che aveva fatto costruire per sé e per i propri famigliari su disegno di Ercole Marietti. Fu, questa, la sua unica debolezza, il segno di

RICORDANDO CARLO NEGRONI: D ALLA STORIA ALL’IMPEGNO SOCIALE

riconoscimento per il proprio impegno civile e l’atto generoso. La sua richiesta, infatti, sottintendeva la concezione foscoliana della memoria riservata agli uomini illustri, memoria che Carlo Negroni aveva preparato con cura predisponendo le iscrizioni e l’effige per il sepolcro , scolpita nel bianco marmo di Carrara. La statua realizzata da Giacomo Ginotti, che lo ritrae come gli antichi avvolto nella toga da magistrato, gli era costata 6000 lire, una vera fortuna non solo un «tesoretto», soprattutto se confrontate con le 53 lire corrispondenti al valore globale stimato per le opere d’arte che decoravano la sua casa. Spesa accettabile, però, per entrare in possesso, attraverso il ricordo collettivo, di un frammento di eternità.

La Delegazione di Novara del Fondo Ambiente Italiano (FAI) ha organizzato, il 22 marzo, presso l’Archivio di Stato di Novara in Corso Cavallotti, una conferenza storica dedicata alla memoria di Carlo Negroni, benefattore cittadino del XIX secolo e fondatore della omonima “Opera Pia”. L’iniziativa è stata promossa dalla Delegazione FAI di Novara insieme alla Associazione “ScriniumAmici dell’Archivio di Stato di Novara”, con il patrocinio dell’Associazione di Volontariato “Amici Opera Pia Carlo Negroni Onlus” e dell’”Opera Pia Negroni Asili per l’Infanzia”. Relatrice della serata è stata la professoressa Emiliana Mongiat, che ha ricordato la personalità poliedrica del benefattore che profuse tanto impegno e generosità per Novara. Nel corso dell’incontro, il presidente della neonata (lo scorso giugno)Associazione “Amici Opera Pia Carlo Negroni Onlus”, Antonio Poggi Steffanina, presenterà le finalità del sodalizio ed il primo progetto sociale dedicato ad of frire un sostegno economico per inserire all’Asilo Nido dell’Opera Pia Negroni un bimbo di una famiglia in difficoltà finanziaria. Al proposito, è stato allestito un banchetto all’interno dell’Archivio di Stato per raccogliere i fondi. L’intento della neonata Associazione è quello di garantire ai bambini specifiche attività formative da affiancare alla progettazione didattica degli Asili Opera Pia Negroni, fornendo anche aiuti concreti per i nuclei familiari con difficoltà economiche. 14


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E questa sarebbe una societĂ civile, moderna, proiettata verso il futuro? A noi sembra, piuttosto che ci siano in giro un sacco di persone che non hanno minimamente a cuore la loro cittĂ e tanto meno il territorio se, come dimostrano queste foto di Assa, che ha provveduto alle bonifiche, ogni angolo un poco defilato serve da immondezzaio a cielo aperto. Forse bisognerebbe avere il pudore di vergognarsi. Non tanto. Un poco. Per ora non ci rimane che dire: Grazie Assa!

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TEATRO COCCIA UN SUCCESSO.... PREVEDIBILE

LʼOLANDESE VOLANTE e poi DE GREGORI A cura dellʼUfficio stampa del Teatro Coccia

Con questo progetto si è voluto celebrare Wagner nel bicentenario della sua nascita, avvicinando il giovane pubblico al lavoro così intrigante e complesso del compositore tedesco. La ricorrenza wagneriana ha rappresentato un ricco spunto per i progetti di Opera Education dei tre teatri promotori, che per la prima volta in Europa hanno proposto sia un’opera di Wagner per 16

i ragazzi, creando una vera e propria occasione di approccio alla lirica per il pubblico, sia un’occasione per entrare e di entrare nel mondo del lavoro per i giovani artisti: dalla creazione artistica quindi, al backstage per arrivare alla platea! Un’opera di 170 anni, messa in scena di nuovo a 200 anni dalla nascita del suo compositore e interamente allestita da artisti e giovani intorno


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ai 30 anni, l’età dello stesso Wagner che la diresse nel suo debutto del 1843. TRAMA Senta è una giovane ragazza piena di sogni di avventura e fiabe. Durante una vacanza nella casa del nonno, vecchio capitano della Marina, decide di avventurarsi per le stanze della vecchia casa per sfuggire alla noia di una sera d’estate.Arrivata alla sof fitta, dopo aver aperto la porta scricchiolante, scopre una mucchietto di vecchi oggetti ricoperti da coperte impolverate. Senta viene subito attratta da un vecchio fonografo, oggetto a lei completamente sconosciuto; si avvicina e tenta di farlo funzionare e si meraviglia per la dolce musica che l’apparecchio emette. Presa dalle note di questa musica magica, si lascia trasportare nella storia, e incomincia ad inventarsi una storia di marinai, oceani e capitani travestendosi con un vecchio cappello e una leggera sottoveste rossa. Frugando tra gli oggetti abbandonati, trova un ritratto e un medaglione che rappresenta un giovane capitano. Affascinata dalla scoperta, indossa il medaglione e, sfinita, si sdraia su una poltrona in un angolo della soffitta. Ai margini di quest’epoca lontana, Senta si addormenta e la sua fervida immaginazione parte alla scoperta degli oceani in compagnia del giovane capitano… …Mentre scoppia la tempesta e si alza il vento, le vele incominciano ad ondeggiare, si spiegano e si ripiegano furiosamente. L’equipaggio dei marinai norvegesi avanza. Il loro capitano, Daland, sale sul ponte della nave e parla con il Timoniere: a loro fa eco la ciurma della nave che fatica per attraccare a riva. Una volta a terra, i marinai e il Timoniere si addormentano, mentre Daland parte in esplorazione. Appare in lontananza un vascello, che immerso in un’atmosfera quasi fantasma, cerca un approdo sicuro. È l’Olandese con il suo equipaggio maledetto. L’Olandese intona il suo canto, raccontando la sua sventura e mostrando gli inutili tesori raccolti durante i suoi insensati viaggi. Scorto in lontananza un vascello sconosciuto, Daland sveglia il Timoniere per sapere a chi appartiene la nave. Non ottenendo risposta, interroga l’equipaggio; poi preoccupati, insieme urlano in direzione del vascello in attesa di una risposta. Nel loro incontro, l’Olandese accende l’avidità di Daland evocando i suoi tesori e si dichiara pronto a liberarsi di oro e gioielli in cambio di una fanciulla come sposa. Daland pensa allora alla giovane Senta, sua figlia che lo aspetta a casa filando e raccontando storie… D’improvvi-

so arriva un vento violento che gonfia le vele e trascina l’equipaggio in un vigoroso balletto. Entrambi i vascelli possono ripartire alla volta delle coste norvegesi. A casa, la vecchia Mary e le filatrici lavorano alacremente, mentre la giovane Senta con il medaglione intorno al collo gironzola qua e la osservando le filatrici con aria distratta e perdendosi nei suoi sogni. Mary rimprovera Senta di non prendere esempio dalle ragazze, che, dal canto loro, prendono in giro Senta per le sue fantasie. La ragazza racconta alle ragazze dell’uomo che riempie i suoi sogni di cui ha sentito la leggenda della maledizione. Arriva Eric, giovane ragazzo innamorato da sempre della bella Senta che annuncia l’arrivo di due vascelli, le filatrici si accalcano al porto mentre Eric prende da parte Senta per dichiarargli ancora una volta il suo amore e ricordarle la promessa di fidanzamento che si erano fatti. Senta rimane da sola e turbata: pensa ancora all’Olandese. L’Olandese sbarca con Daland e subito si imbatte in Senta, mentre ad alta voce giura fedeltà al suo amore immaginario. Sentendo le parole di devozione di Senta, il marinaio misterioso si mostra alla ragazza e le rivela la promessa fatta dal padre. Daland li raggiunge e, appresa la notizia dell’amore dei due, propone una festa per celebrare il ritorno dei marinai ed il loro fidanzamento. Mentre i festeggiamenti si protraggono e gli invitati incominciano a disperdersi, Eric si rifiuta di rinunciare all’amore di Senta e tenta ancora di convincerla a rompere la promessa di matrimonio e di riflettere sulla promessa di fedeltà che gli ha fatto. L’Olandese, ancora una volta nell’ombra, ascolta la conversazione. Credendo di essere stato di nuovo tradito, si convince che non potrà essere salvato dall’amore di Senta e interviene nella discussione rompendo il fidanzamento. Non volendo essere la sua rovina e sapendo di essere irrimediabilmente legato al mare, decide di ripartire. Senta tenta di trattenerlo pregandolo di non dubitare dei suoi sentimenti, seguita da Eric che la segue scongiurandola di rimettersi con lui. Mentre il vascello sparisce in lontananza, Senta si alza dalla poltrona, medaglione alla mano, dichiarando che sarà per sempre fedele all’Olandese Volante. Senta perde l’equilibrio e cade dalla poltrona mentre pronuncia queste ultime parole… Con il ricordo del suo amore, si sveglia frastornata nella sof fitta del nonno, attorniata dai vecchi oggetti. 17


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PERSONAGGI L’olandese volante: Un grande cappello tricorno di cuoio lucido e ornato da piume, carico di storia ma dimenticato nel granaio fino all’arrivo di Senta. L’olandese è un personaggio segnato dalle centinaia di anni passati in mare, ma per questo non è meno umano. L’unico del suo equipaggio fantasma! E ’ imponente e preciso nei gesti. Conosce gli uomini. Dal gesto disinvolto di regalare tutto il suo oro a Daland in cambio della figlia, si capisce che l’unica cosa che gli interessa è trovare una donna. Il fraintendimento del tradimento aggiunge al suo personaggio la fama di Lupo solitario.

Eric Un cacciatore dolce e naif. Abiti in netto contrasto con quelli dei marinai. Un personaggio delicato, un amante tradito e disperato. Dolce e gentile, emotivo e sensibile, è un adulto rimasto bambino. Senta All’inizio una ragazza, che per scappare dalla noia parte alla scoperta della soffitta dei suoi nonni. Indossa un vestito rosso leggero e corto che le da un’aria da danzatrice. Senta scopre, sbadatamente posato sulla poltrona al centro della soffitta una sottoveste di seta rossa, ornata di ricami e perle che le danno l’aria di un’eroina. Così vestita si addormenta…nelle braccia dell’Olandese.

Daland Capitano audace e opportunista. Opposto all’Olandese anche nell’imponenza della figura. Personaggio presuntuoso e arrogante. Biondo, Mary sempre sorridente con un lungo mantello blu che Il tempo si è fermato per questa donna abituata gli conferisce sicurezza. Denti perfetti, sempre al mare che veglia su Senta. E’vecchia e saggia. pettinato anche durante la tempesta. E’ come Su- Ha il doppio ruolo di madre e guida della ragazperman dopo un terribile combattimento. za. Il semplice costume che indossa la distingue per il buonsenso dalle altri filatrici. Timoniere Un timoniere molto buffo. Una camicia e un giubNOTE DI REGIA botto di cuoio. Dei bei baffi rossi, un casco in teSe i nostri sensi possono essere messi al sersta e degli occhiali da aviatore. Un personaggio vizio della nostra immaginazione, per quale moda cartoni animati, volontariamente ingenuo. Per- tivo non utilizzarli ? sonaggio corroso dal vento e dall’alcool. Spetta infatti alle nostre capacità la sfida di mischiarli, equilibrarli e combinarli in modo che non 18


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si perda la potenzialità dei nostri sogni. La nostra immaginazione non rende del resto possibile una cosa che sarebbe per natura irrealizzabile? Poiché l’abitudine alla spontaneità e alla poesia tendono a attenuarsi con gli anni, dobbiamo quindi sforzarci di conservare i nostri sogni: in questo modo un semplice cappello trovato dentro un baule ci trasforma in capitani, una scala diventa albero della nave, un lenzuolo un mare infinito e l’uomo sul quadro, un futuro Eccoci dunque a raccontare la storia di una bambina, che incomincia a viaggiare attraverso parole e immagini, ispirata dai differenti oggetti che le stanno intorno. Senta esplorando la casa, scopre una stanza segreta, decide quindi di avventurarcisi all’interno. La stanza è piena di oggetti molto strani. Senta si interroga sul legame che possa unire queste diversi cimeli e diventa, lei stessa, la creatrice della storia. Curiosare, frugare e scoprire, tutto inizia come al principio di un sogno, e all’improvviso Senta viene trascinata in un’avventura straordinaria. Mentre un semplice pezzo di legno vi trasporta su una nave di pirati e il ritratto di uno sconosciuto diventa l’amante delle vostre notti.. tutto è possibile. Gli elementi si scatenano dunque, delle onde enormi invadono il palcoscenico. Ci sembra di essere da qualche parte sul mare, a meno che siamo forse sotto il mare? Panico a bordo. Ma a bordo di cosa? Con chi? Dove siamo? La tempesta infuria, il vento soffia, il mare urla. Dei bauli pieni d’oro maledetto e di perle nere si aprono, il vecchio organo intona una musica lugubre, il timone del vecchio vascello si anima. È in un universo sospeso tra la magia dei sogni e la poesia degli oceani che voi viaggerete. Lucas Simon

PROGETTO MUSICALE L’Olandese Volante è senza dubbio la prima opera di Wagner che unisce il mito all’opera, dove musica e la leggenda si fondono. Tutto il dispiego dell’orchestrazione e delle difficoltà vocali sono al servizio della poesia e della storia, una trascrizione diretta dell’emozione, che evoca senza intermediari i moti delle passioni e le aspirazioni del cuore. Ecco perché la riduzione dell’opera presenterà una drammaturgia più completa possibile e un rapporto musicale fedele all’originale: i due leitmotiv principali (il tema dell’Olandese e il tema di Senta) saranno fortemente presenti, lasciati dove Wagner ha scelto di inserirli. E’ lui stesso che mette in scena la creazione della sua opera. L’Olandese volante è l’opera di un musicista, ma anche di un amante del teatro, e il lavoro di riduzione e di arrangiamento deve essere conforme con questo lavoro drammaturgico. L’adattamento musicale ha scelto di seguire l’opera in maniera lineare. In qualche caso sono state ri-composti alcuni passaggi armonici di raccordo, pur rispettando totalmente la scrittura del compositore. E’ infatti merito dell’arrangiamento se si potrà passare da una scena all’altra senza che ci si accorga dei tagli. In effetti, nell’Olandese volante, Wagner convalida quello che sarà in seguito il suo modo di scrivere: utilizzo regolare dei leitmotiv e azione continua senza pause musicali. Il principio determinante che ha guidato i tagli musicali è stato l’interattività con i bambini. Questo fattore è stato costan temente preso in considerazione nella scelta della riduzione musicale. OPERA FAMILY - recite per le famiglie Per permettere a genitori e figli di condividere insieme l’esperienza dell’opera! Le recite aperte alle famiglie sono precedute da un incontro di preparazione all’opera.

FRANCESCO DE GREGORI “SULLA STRADA” ”

fa tappa al Teatro Coccia di Novara Venerdì 17 maggio, ore 21.00

Proseguono gli eventi musicali al Teatro Coccia. Dopo la consegna delle Targhe Tenco 2012 e il concerto di Franco Battiato, arriva a Novara un altro grande cantautore: Francesco De Gregori. Il Teatro Coccia chiuderà, infatti, venerdì 17 maggio il tour “Sulla strada”, partito da Roma giovedì 14 marzo. 19


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Il tour prende il nome dall’ultimo album di Francesco De Gregori, da subito al primo posto fra gli Indipendenti nella classifica Music Charts - PMI, il che conferma la stima e l’affetto che l’artista romano suscita fra il grande pubblico. Francesco De Gregori come cantante “di strada”, nel senso più nobile del termine, un artista che è in grado di stabilire una simbiosi empatica con la gente. Da marzo, inoltre, è in radio il nuovo singolo “Guarda che non sono io”, canzone destinata ad entrare nell'empireo delle "Donna cannone", "Generale", "La leva calcistica della classe '68”... I biglietti sono acquistabili su www.ticketone.it, presso la biglietteria del Teatro Coccia e sul sito www.fondazioneteatrococcia.it. Il costo del biglietto varia a seconda del settore del teatro prescelto: settore verde 29,50 euro, settore rosa 37, settore azzurro 46 euro, settore giallo 57,50. Tutti i prezzi sono comprensivi di prevendita. Per ulteriori informazioni è possibile chiamare la biglietteria del Teatro Coccia, aperta da martedì a sabato dalle 10.30 alle 18.30, oppure consultare il sito www.fondazioneteatrococcia.it

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Progetto prevenzione del diabete

Uniti contro di A.Poggi Steffanina Foto di S. De Luca

L’INIZIATIVA E’ STUDIATA DALLA FARMACIA FEDELE CON LA COLLABORAZIONE DELLA FACOLTA’ DI MEDICINA, DELL’OSPEDALE MAGGIORE DELLA CARITA’ E DI ALCAROTTI.

Forse la fretta, forse il momento difficile che ho passato hanno creato un problema di impaginazione su questo interessante articolo. Chiedo scusa in primis ad Antonio Poggi Steffanina, estensore del pezzo e poi anche ai titolari della Farmacia Fedele, al Prof. Gianluca Aimaretti e ai titolari del Centro Alcarotti. Per i motivi di cui sopra ritengo doveroso riproporre l’articolo. Grazie. Stefano Rabozzi Giovedì 14 febbraio 2013 pres22

il diabete

so la Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale “A. Avogadro” si è svolta la conferenza stampa per presentare ufficialmente il progetto di prevenzione Diabete ideato e studiato dalla Farmacia Fedele di Corso XXIII Marzo n.20 a Novara con la collaborazione della stessa Facoltà, dell’Ospedale Maggiore della Carità e del Centro Alcarotti. L’iniziativa è stata introdotta dal Prof. Mario Pirisi, Preside della

scuola di Medicina di Novara dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale, a cui è seguito l’intervento del farmacologo Dott. Paolo Sacchi che ha rappresentato la Farmacia Fedele insieme alla Dott.ssa Margherita Girò. Hanno concluso la presentazione il Dott. Nicolò Peretti Cucchi responsabile del Centro Alcarotti e il Prof. Gianluca Aimaretti (nella foto sopra primo da sinistra), docente di Endocrinologia e ma-


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lattie del Metabolismo. Nel mondo esistono oltre 350 milioni di persone affette dal diabete, di cui 2 milioni e 970 mila solo in Italia, secondo l’Italian Barometer Observatory Report 2012. Il rapporto è stato presentato pochi giorni prima del 14 novembre 2012, data in cui si celebra la Giornata Mondiale del Diabete. In concomitanza di questo evento, istituito nel 1991 dalla International Diabetes Federation (IDF) e dalla World Health Organization (OMS), Farmacia Fedele, come già nel 2011, ha effettuato due settimane di test gratuiti della glicemia ed altri esami correlati all’interno del progetto promosso da Diabete Italia, in collaborazione con l’Università del Piemonte Orientale e con il supporto di Roche. Dai test effettuati nel 2011 è emerso che circa il 30% dei clienti monitorati era a rischio salute. Ciò che emerge dal lavoro fatto è che una importante percentuale della popolazione è a rischio diabete e non lo sa. “Partendo da questo importante dato - spiega la Do tt.ssa Silvia

Occhetta, titolare della Farmacia Fedele - ho ritenuto opportuno affrontare questa grave problematica cercando di interpretare una nuova concezione di farmacia, che sia sempre di più a fianco dei cittadini per aiutarli e supportarli nella prevenzione delle malattie; il futuro è nel saper concepire una farmacia dei servizi. Mi sono proposta di articolare e sviluppare un progetto che potesse strutturarsi grazie alle eccellenze in campo medico e ai professionisti dello sport: grazie alla fondamentale sinergia, condivisione d’intenti e supporto della Scuola di Medicina di Novara, dell’Ospedale Maggiore dell a Carità e del Centro Alcarotti è nato il Progetto “B Time” che si pone come obiettivo il cambiamento dello stile di vita per prevenire una malattia cronica come quella del diabete”. Questa malattia, è il dato che emerge dall’Italian Barometer Observatory Report 2012, colpisce maggiormente i sedentari in sovrappeso: infatti 8 persone su 100 che non praticano alcuna attività fisica sono infatti affette

dalla patologia, contro solo l’1% degli sportivi. Anche la bilancia ha il suo ‘peso’. I grandi obesi presentano un rischio di sviluppare il diabete superiore di 60 volte rispetto a chi si mantiene in forma. “Consci del valore dell’attività fisica intesa come farmaco, - prosegue la Dott.ssa Occhetta - nella campagna di prevenzione diabete 2012, la Farmacia Fedele ha desiderato coinvolgere il Centro Alcarotti che, condividendo l’idea proposta, si è reso disponibile ad ef fettuare con i suoi personal trainers dei test metabolici gratuiti ai clienti che si sottoponevano al test diabete in farmacia. Lo screening iniziale ha permesso di individuare quelle persone ritenute potenzialmente a rischio effettuando una serie di esami, come la glicemia il colesterolo e altri parametri, per cercare di monitorare lo stato di salute del paziente”. Un’importante percentuale di soggetti coinvolti è sembrato ricettivo all’importanza dell’attività fisica in un contesto di pro23


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gettualità legato al benessere, al mantenimento e al miglioramento di uno stile di vita rivolto alla salute; solo l’11% dei soggetti si è avvicinato o riavvicinato al movimento e un altro 11% ha dichiarato la disponibilità a fare attività fisica per proprio conto. Tutti i soggetti che hanno intrapreso un percorso personalizzato sono in corso di monitoraggio e seguiranno statistiche “in progress” su variazioni dei parametri monitorati in partenza. “La maggior parte della popolazione - conclude la Dott. Silvia Occhetta - non è informata sull’importanza della prevenzione del diabete così come non è informata dell’importanza “terapeutica” della dieta e dell’attività fisica. La percentuale di persone a

rischio di salute e mersa dalla campagna è un dato che deve allarmare e spronare a fare di più nella prevenzione e nell’informazione. Crediamo che la dieta e l’educazione alimentare e l’attività fisica anche strutturata debbano essere il miglior “farmaco” per la miglior prevenzione del diabete mellito così come emerso dai dati analizzati e consultabili sul sito www .farmaciafedele.it”. L’innovativo progetto, che testimonia ancora una volta come la nostra Città sia all’avanguardia, sta dimostrando scientificamente che il diabete può essere prevenuto grazie ad una corretta alimentazione abbinata ad una attività fisica, svolta in maniera costante: questa è la giusta for-

mula che porterà alla riduzione del 50% la possibilità che gli over 45 anni possano essere affetti da questa malattia cronica. La prevenzione delle malattie è la giusta ed efficace “medicina” che permetterà di razionalizzare e valorizzare le sempre più esigue risorse destinate alla Sanità pubblica: si tratta di una “rivoluzione” culturale che noi tutti dobbiamo intraprendere sentendoci in pr i m a per s ona responsabilizzati a cambiare il nostro stile di vita sia per raggiungere un benessere personale che per contribuire con un impegno responsabile a perseguire il bene comune della nostra Nazione. ☻

LA “DON MILANI” IN VISITA PRESSO L’ISOLA ECOLOGICA DI ASSA

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Nel mese di marzo scorso la classe 4B della scuola primaria Don Milani ha fatto visita all’isola ecologica di Assa. I 16 alunni accompgnati dagli insegnanti sono stati condotti alla scoperta del ciclo dei rifiuti e dei servizi svolti da Assa. La visita è durata circa 1 ora. Nelle foto (di Mario Finotti) i vari momenti della visita.

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Vino e

Divino

Testo e foto di E. Spina

I vini del novarese rappresentano, senza dubbio alcuno, un prodotto d’eccellenza delle nostre generose colline, ove le rigogliose viti che le adornano danno vita ad un paesaggio inconfondibile, che ai nostri occhi pare esser lì da sempre. Solitamente non ci si domanda come e quando gli antichi abitanti del territorio novarese iniziarono a praticare la viticoltura, così come non ci si domanda quale fosse il rapporto di questi uomini col prodotto delle loro uve. In termini cronologici poca cosa sono i pur importanti apprezzamenti dell’illustre Camillo Benso conte di Cavour o dell’umanista rinascimentale borgolavezzarese Gaudenzio Merula per i vini novaresi, soprattutto se paragonati ad un prezi osissimo passo conte n u to nientedimeno che nel libro XVII della Naturalis historia di Plinio il Vecchio, scrittore romano di origini comasche vissuto tra il 23 ed il 79 d.C.: “Novariensis agricola traducum turba non contentus nec copia ramorum, impositis etiam num patibulis, palmites circumvolvit; itaque praeter soli vitia cultura quoque torva fiunt vina” (l’agricoltore novarese, non soddisfatto dell'abbondanza dei tralci da stendere, né dell'abbondanza dei rami, fa scorrere i tralci anche sugli alberi e così, oltre che per i difetti del terreno, anche per tal modo di coltivare si fanno vini aspri). La valenza di questo 26

Il dono di Bacco nel novarese passaggio è notevole. L’erudito latino dimostra infatti di conoscere il nostro territorio, le nostre uve, i nostri vini, ponendo l’accento sulla particolare tecnica di coltura a vite maritata, tipica della Cisalpina e praticata da Celti ed Etruschi. Unitamente alle caratteristiche del terreno, secondo Plinio erano proprio le coltivazioni a sostegno vivo (arbustum gallicum) a rendere i vini particolarmente allappanti e tale caratteristica, con molta probabilità, risultava poco confacente ai gusti propriamente romani. V alutazioni enologiche a parte, il passo citato è comunque estremamente importante in quanto ci informa del fatto che, già nel I secolo d.C., la viticoltura ricopriva un ruolo di preminenza nel sistema di produzione agricolo proprio dei nostri territori rurali. Distogliendo però l’attenzione dalle fonti letterarie e prendendo in esame le evidenze archeologiche, è possibile trovare prove di non trascurabili produzioni e consumi vinicoli già in età golasecchiana (IXV secolo a.C.). In primo luogo risultano rilevanti i rinvenimenti, nell’area novarese e più precisamente lungo l’asse V erbano-Ticino, di particolari recipienti denominati vasi a trottola, ovvero fiaschette ceramiche caratterizzate da un’inconfondibile forma sorprendentemente simile a quella degli attuali decanter, utilizzati quali contenito-

ri da tavola e dunque destinati alla conservazione di modeste quantità di vino. Dalle ben indagate necropoli di Oleggio, di Ornavasso e di Dormelletto i numericamente cospicui ritrovamenti di vasi a trottola forniscono poi un ulteriore spunto di riflessione che, se accostato alla scarsezza di rinvenimenti di anfore vinarie in tutto il novarese, suggeriscono modalità di conservazione e di consumo di vino assai dissimili rispetto a quelle di tradizione prettamente italica, così come pare molto diverso il rapporto esistente tra il vino e gli uomini che abitavano queste differenti aree geoculturali. Com’è noto gli antichi attribuivano grande importanza a q uesta bevanda, il cui profano consumo conviveva con concezioni che rientravano totalmente nella sfera del sacro e del religioso. In tale ambito il romano Bacco rappresenta senza dubbio la figura divina maggiormente conosciuta, ma uscendo dalle banalizzazioni e dalle eccessive semplificazioni che oggi gravano su questa abusata divinità, è bene precisare che nei culti pubblici ed ufficiali della Roma antica il vino, oltre che a Giove, era sottoposto alla giurisdizione funzionale non di Bacchus ma di Liber, un’importantissima divinità intorno alla quale si svilupparono, in epoca repubblicana, im-


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portanti fenomenologie sia religiose che sociali. Per comprendere la reale identità di Libero è tuttavia necessario affrontare un discorso piuttosto ampio, che può partire dalle festività del 17 marzo dedicate a questo dio. I Liberalia rientrano nel novero di quelle celebrazioni di carattere iniziatico (alla stregua dei Lupercalia, celebrati il 15 febbraio) che nel sistema calendariale romano venivano connesse ai grandi cicli biotici del cittadino romano, in particolare al passaggio dallo stato di puer (fanciullo, ragazzo) a quello di vir (uomo, adulto) e pertanto civis (cittadino) ed avvenivano al compimento del sedicesimo anno di età. Il programma rituale si articolava in varie fasi, delle quali la prima, di natura privata, si svolgeva nell’abitazione del giovane, davanti all’edicola votiva consacrata al culto dei numi tutelari della casa (Larii). La cerimonia prevedeva la deposizione sull’altare della bulla, una sorta di pendente in metallo prezioso o vile indossata come collana e in cui erano contenuti oggetti adibiti a proteggere il fanciullo, e della barba ot-

tenuta dalla prima rasatura, per poi procedere alla sostituzione della toga praetexta (decorata con una striscia di porpora) con la toga virilis. La fase successiva del rituale era di natura pubblica e investiva l’intera sfera cittadina. Il giovane insieme alla famiglia procedeva attraverso le strade della città, dove acquistava dalle sacerdotesse di Libero dolci a base di olio e miele sacro (libae) per poi of frirli al dio. Aveva dunque luogo una processione pubblica nella quale altri ragazzi trainavano per le vie cittadine un carro sormontato da un fallo-fascinus (un fallo posto alla sommità di un bastone), accompagnando il giovane al tempio di Giove sul Campidoglio per essere iscritto nelle liste per il tirocinium militiae. Al termine della cerimonia una matrona copriva il fallo con un piccolo covone di grano. Come sottolinea A. Dosi (Eros: l’amore in Roma antica, p. 27), il culto del fallo aveva una funzione simbolica di estrema importanza, dal momento che assicurava la prosperità delle sementi e le proteggeva dalla cattiva sorte operando

una sorta di fascinatio sugli spiriti maligni. In quest’ottica è particolarmente significativo che i Liberalia venissero celebrati sul finire dell’inverno, nei giorni che preludono all’arrivo della primavera. E’ il momento in cui l’adolescente, rivestendola toga virile, diviene protagonista della cerimonia destinata alla sua iniziazione sessuale, affinché manifesti la sua capacità di procreare invocando il dio della fertilità ed entrando così nell’età adulta. Per assonanza Liber richiama alla libertà, concetto di immensa valenza ed inquadrabile secondo differenti prospettive. Parlare di quella libertà che si contrappone alla prigionia o alla schiavitù ha poco senso in questo contesto, parlare invece di quella conquista sociale che fa del cittadino un i ndividuo avente dei diritti nei confronti dell’autorità cui egli stesso ha conferito il potere ci consente di inquadrare correttamente il concetto. Liber è l’istituto romano della libertà civica, il cui cardine è l’uomo quale cittadino, che dal giorno dei Liberalia potrà divenire capofamiglia e quindi, anch’egli, pater. 27


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lo di sesso femminile (De civitate Dei - IV, 11; VII, 2; VII, 3; VII, 16). Non solo, dalla medesima fonte emerge anche una definizione di Liber per noi estremamente chiarificatrice: "Preposero Liber ai semi liquidi e per questo non solo alle parti acquose dei frutti, fra cui, in un certo senso, il vino detiene il primato, ma anche ai semi degli animali..." (De civitate Dei - VII, 21). La giurisdizione funzionale di Liber è quindi, in quest'ottica, relazionata al vino ed ai succhi della frutta, ai semi prodotti dagli animali e, conseguentemente, da quelli maschili dell'essere umano. Questa stupefacente teologia è in grado di fornire un comune referente religioso sia al vino che all'effusione del seme maschile, Liber presiede ai semi liquidi, non andando tra l'altro ad invadere la sfera di Ceres, preTale concezione di libertà, origi- siedente i frumenti e le biade, dal nariamente patrizia ed antimonar- seme secco. chica, ben si sposò però con la cauVino e fecondità fanno indubbiasa plebea ed è proprio tale conmente parte anche della religiosità trapposizione, fonte prima di quegli propria del famoso dio Dioniso, ma scontri sociali caratterizzanti buona la sostanziale dif ferenza tra queparte del periodo repubblicano, che sta divinità greca ed il Libero roportò il dittatore Aulo Postummio a mano sta proprio nella dif ferente votare, prima della Battaglia del La- teologia che le ha prodotte. Nella go Regillo ed al fine di incentivare sfera propriamente dionisiaca il vii plebei a partecipare allo scontro, no è strumento utile alla liberazioun santuario a Cerere, Libero e Li- ne dei sensi, stato che ricongiunge bera, la triade aventiniana che in l'uomo con la natura ed il cosmo, molti vedono contrapposta a quel- sciogliendo vincoli ed inibizioni. Il la capitolina costituita da Gio ve, culto di Dioniso è finalizzato all'otGiunone e Minerva. tenimento di uno stato di similitudiIn questa divagazione religiosa e ne col dio, il culto di Liber è finalizsociale che ruolo ha dunque il vino? zato invece alla tutela dei semi liA livello funzionale la triade del- quidi, che portano al vino quale l'Aventino ci suggerisce un eviden- stadio finale di un processo e nonte legame con la sfera agreste e, in dimeno alla procreazione. relazione a questo aspetto, è di Tale differenza è al tempo stesso estremo interesse quanto tra- evidente ed enormemente imporsmessoci da Agostino che, nel De tante, soprattutto per un cittadino civitate Dei, ci informa circa l'iden- della Roma repubblicana. La sestificazione di Liber quale divinità sualità che ruota intorno a Dioniso presiedente la fuoriuscita del seme è ambigua, la divisione tra uomo e di sesso maschile e Libera di quel- donna non è contemplata, il dio 28

stesso è con una certa usualità androgino e la sua natura supera la concezione stessa di maschile e femminile. Liber invece è Pater, al pari di Giove, Giano, Marte e Quirino, la sua sessualità non è minimamente in discussione ed anzi, la virilità è sua prerogativa essenziale. Un eventuale Liber androgino infatti non ammetterebbe l'esistenza di Libera e di questo abbiamo trovato riscontro nei precedentemente citati passi di Agostino d'Ippona. Libera è complementare a Liber in quanto presiede al seme femminile ed è solo dall'unione dei due semi che può attuarsi la generazione di un nuovo essere. Potremmo sicuramente contestare certe terminologie non certo appropriate, ma una tale elaborazione, p roiettata nel mondo antico, assume un grande valore. L'esistenza del numen di Libera equivale al rifiuto della concezione aristotelica che vedeva il principio costitutivo dell'essere proprio ed esclusivo dell'uomo, che equiparava quindi la donna ad un semplice supporto materiale. In Aristotele l'uomo è il solo a generare attivamente, la donna è al contrario esclusivamente passiva, non avendo in sé alcun principio generativo. Libera invece presiede proprio al seme femminile che, esistendo, dona alla donna ed alla femmina in generale un ruolo attivo nella costituzione di un nuovo essere vivente, come sostenuto da Epicuro e Democrito ed anche da Ippocrate e Galeno (Micol Perfigli - Indigitamenta, pp. 73-78). Il Liber romano non è dunque il Dioniso greco ma è pur vero che la sovrapposizione tra queste due figure costituiva un potenziale rischio conseguente alla contaminazione ellenistica che interessò la Roma repubblicana, soprattutto nell’ambito dei culti privati. La libertas romana portata da Liber è assai diversa dalla libertà dionisiaca, quest’ultima rappresenta lo scioglimento assoluto da ogni vincolo (Dionysos è lysios), mentre la prima rende il cittadino romano


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libero in quanto parte integrante e fondamentale di una concezione civica antimonarchica ed antitirannica. A Roma si diviene liberi in quanto si diviene cittadini, ma questo status è comunque sottoposto alla res pubblica e quindi a Giove, il sommo dio che ha dunque anche il compito di moderare Liber al fine di portarlo all'interno della concezione repubblicana stessa. Il fascino di Dioniso riuscì tuttavia a penetrare nell’apparentemente solido apparato religioso romano, assumendo dimensioni tali da sfociare infine in ciò che è comunemente noto come “l’affare dei bacchanalia", un’azione repressiva attuata nel 186 a.C. dall’autorità romana che bloccò e stroncò con tremenda efficacia l'espansione del culto misterico ed orgiastico di una ben precisa divinità che non viene chiamata dalle fonti latine né Dioniso né tantomeno Libero, bensì Bacco, il dio del vino a noi più noto. Lo stesso nome Bacchus è sinonimo di grida e di rumore (oggi conservatosi ad esempio in baccano) ed è quindi strettamente connesso ad una componente teologica puramente dionisiaca (Dionysos bacchos) legata alla possessione, condizione estatica di totale e primordiale disinibizione, indotta dal licenzioso dio anche attraverso il vino. Il Liber romano, a differenza di Dioniso e di Bacco, governa sul vino in quanto prodotto liquido di un seme ma non ha competenza sul suo potere e sui suoi effetti (E. Montanari - Fumosae Imagines, p.124). Bacco ha dunque rappresentato

l'interpretatio romana di Dioniso, ben diverso dal dio ufficiale Libero, ma talmente seducente da radunare intorno a sé moltissimi adepti, in numero così elevato tanto da formare non una setta ma un vero e proprio “altro popolo” (“Multitudinem ingentem, alterum iam prope populum esse”, Tito Livio - Ad Urbe condita - XXXIX, 13). Il Senatoconsulto De Bacchanalibus filtrata e mitigata dal mos maiorum, ha in Liber una figura teologicamente e cultualmente ben inquadrata. In ambito pubblico la licentia dionisiaca è totalmente bloccata già a livello concettuale ma la situazione è ben diversa in ambito privato, ove il conservatorismo degli ottimati fatica a penetrare e ad imporre i suoi principi di morigeratezza. E' in questa non trascurabile realtà che avviene l'effettiva permeazione del dionisismo che, att ra v e rs o n o n limit a il s u o manifestarsi ai soli culti bacchici, ma penetra e si palesa anche in altri contesti. L'incontro-scontro religioso tra Liber in Giove e Bacco-Dioniso tende ad assumere i tratti di un conflitto politico e sociale, Libero è la divinità ufficiale e pubblica che, in chiave popolare, funge da maschera per un'entità simbolo di libertà sociale, che può rompere quei vincoli che rendono gli appartenenti ai ceti più bassi dei cittadini praticamente privi di diritti ma sui quali gravano inesorabilmente imposizioni, soprusi e doveri. Non si prospetta uno scontro tra l'istituzione repubblicana ed una

setta di iniziati numericamente limitata: Multitudinem ingentem, alterum iam prope populum esse (Tito Livio - Ad Urbe condita XXXIX, 13) Stiamo entrando nel vivo... l'aspetto numismatico è passato in secondo piano... ma solo momentaneamente. La repressione del 186 a.C . fu senza dubbio vasta, incisiva e profondamente significativa in quanto rappresentò un’azione molto dura e straordinaria, destinata a lasciare un profondo segno nella storia romana, repubblicana in particolare. I culti bacchici subirono sicuramente una massiccia battuta d’arresto ma tale movimento, non rappresentando una religione parallela esclusivamente ritualistica ma bensì animata da profonde ideologie, permeò e riversò parte delle proprie concezioni in ambiti più difficilmente controllabili, divenendo sfuggente e ritagliandosi i propri spazi al limite estremo della liceità. Le possibilità di intaccare ed alterare l’impianto ritualistico romano, struttura base del culto pubblico, erano, visto il forte potere detenuto dalle istituzioni destinate a gestirlo, piuttosto limitate ma è anche vero che, nella Roma repubblicana, esistevano anche altre forme di aggregazione pubblica sulle quali la scure dei censori riusciva a ricadere con minor efficacia. Il “dionisismo bacchico” non venne infatti completamente cancellato ma divenne invece immateriale, penetrando nebulosamente, come abbiamo visto, nell’ambito della religione e della politica popolare tramite un Liber portatore di una particolare libertas. Vi è tuttavia un altro particolare contesto ove tracce di permeazione dionisiaca emergono con una certa evidenza, prima e dopo "l'affare dei bacchanali"… qualcuno ha qualche idea? http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/minisiti/alimentazione/sezioni/origini/articoli/vite.html L’arbustum gallicum adottata Celti ed Etruschi, 29


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A zzurro

Quando l’

R

si tinge di

osa

del Gen. S.A. Giulio Mainini Carissimi Soci, forse non tutti sanno che nel 2000, quando ero il Comandante dell’Accademia Aeronautica di Pozzuoli (NA), sono stato in assoluto il primo ad accogliere le donne in qualità di allievi nelle diverse specialità (piloti, ruolo delle armi, ingegneri e commissari). Bene, è stata un’esperienza incredibile, per la quale abbiamo cercato di prepararci come meglio po30


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tevamo, attingendo anche da alcune forze armate straniere in cui le donne operavano già da tempo; del resto l’universo femminile era pressoché sconosciuto per la compagine militare italiana e poi avevano gli occhi addosso dei mass media e del mondo politico. Non erano ammessi errori! Ebbene, posso tranquillamente affermare che tutto si è svolto in modo regolare, anche se le problematiche non sono mancate, ma le abbiamo sempre affrontate e risolte con il buon senso ed il favorevole concorso di altri fattori. Mi riferisco ad esempio alla massima autonomia di comando concessami dal Capo di Stato Maggiore dell’AM, alla seria professionalità del personale militare e civile dell’Accademia, al prezioso aiuto di due Ufficiali “donna” di forze aeree amiche - in particolare un paramedico argentino ed un pilota spagnolo - alla “discreta” complicità di mia moglie che nel prendersi a cuore queste ragazze come fossero figlie, trovava tutte le occasioni per stare con loro, ascoltare i loro problemi per riportarmeli poi la sera in modo che potessi intervenire; ma sono convinto che il fattore determinante di questo successo sia da ricercare nella determinazione, nella capacità e nella pazienza delle stesse ragazze, che non hanno mai mostrato “insofferenza” nelle dif ficili situazioni affrontate. Sono passati quasi 13 anni da quel lontano agosto del 2000 e le donne nell’Aeronautica Militare oggi sono una consolidata realtà; ormai non stupisce più vedere una donna che indossa un uniforme, sia essa quella di carabiniere, di finanziere e cosi via. Le donne nelle Forze Armate italiane sono sicuramente un suc-

cesso; hanno contribuito ad ingentilire un mondo storicamente maschilista, ne hanno aumentato la sana competitività, arricchendolo in termini di capacità, operatività e efficienza. Al fine di far conoscere meglio il mondo militare “al femminile”, lo scorso 9 marzo il “Club 61 Frecce Tricolori” di Borgomanero ha organizzato la manifestazione “L'azzurro si tinge di rosa: il valore aggiunto delle donne nell’Aeronautica Militare”, in collaborazione con il Club Soroptimist Alto Novarese, evento inserito nell’ambito della sesta edizione del programma “Marzo in Rosa” promosso dall’amministrazione comunale di Bor-

gomanero. Una serata caratterizzata da pochi ingredienti ma indovinati: un salotto accogliente, una perfetta padrona di casa ed ovviamente ospiti all’altezza della situazione. Ed è cosi che, per una sera, il palco del teatro “Rosmini” si è trasformato nell’elegante salotto in cui mia moglie Sabrina ha accolto le sue “amiche” con l’uniforme azzurra dell’Aeronautica Militare: i piloti militari Capitano Emma Palombi e Capitano Mariangela Valentini, provenienti rispettivamente dal 31° Stormo di Ciampino e dall’Accademia Aeronautica, gli ingegneri Capitano Carmela De LuSegue a pag. 34 31


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DALLE PAGINE DEL CORRIERE DI NOVARA, EDITI E INEDITI CON I CONTRIBUTI DI ANGELO BESOZZI, PIERGIUSEPPE DEAGOSTINI, GIANNI SILVESTRI, VANNI VALLINO, ENZIA ZANDALINI SUBANI. IL VOLUME È STATO CURATO DA SERENA FIOCCHI, DIRETTORE DEL CORRIERE DI NOVARA E I PROVENTI DELLE VENDITE , SARANNO DESTINATI ALLA ONLUS TERRITORIO E CULTURA.

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di Serena Fiocchi, direttore del Corriere di Novara L'avevo detto, l'abbiamo fatto Si chiama "Amricordi", storpiatura, per motivi di assonanza con il celeberrimo "Amarcord" felliniano, dell'espressione novarese autentica: "l' m ricordi". E' un album dei ricordi collettivo, di campanile, realizzato con brani tratti dalle rubriche "In prima persona" e "Arnricordi" pubblicati sul Corriere di Novara, ma anche con alcuni inediti. Tutti erano stati invitati a partecipare a comporlo, rispolveran-

do memorie e vecchi album di fotografie. Chi ha risposto ci troverà un po' di sé e delle sue radici; chi non ha avuto il tempo di salire in soffitta o di rovistare in cassetti e bauli potrà rimediare e farlo ora, portandosi avanti per il futuro. Sono si cura, infatti, che questo volumetto intrigherà e avrà un seguito. Perché permette di curiosare un po' nella privacy altrui e di scoprirvi tanti comuni denominatori con la propria storia personale; perché è un' espressione di quella novaresità che, come ama ripetere il saggio Re Biscottino Sandrino Berutti, non è in fondo niente di diverso dalla torinesità o dalla cuneesità o dalla monzesità, ma ci contraddistingue profondamente ed è senso e orgoglio di appartenenza. Infine perché, se davvero per cultura si intende "il bagaglio di conoscenze e di pratiche acquisite ritenute fondamentali trasmesse di generazione in generazione", ne abbiamo dato un esempio semplice e ruspante, senza pretese, ma - ci auguriamo - coinvolgente. Non è un caso, allora, che i proventi che speriamo di ricavare

dalla vendita di questo voi umetto siano destinati alla Onlus Territorio e Cultura, che ha riscoperto, con la ristrutturazione dell'Asilo San Lorenzo, un gioiello architettonico novarese e che, pur onorando il passato, si sta impegnando concretamente per il futuro con progetti per il lavoro giovanile e per favorire la partecipazione delle comunità alle scelte amministrative che coinvolgeranno l'assetto, l'organizzazione, la vita dei territori. Grazie, dunque, a quanti hanno collaborato aprendo con entusiasmo lo scrigno dei loro ricordi, alla Tipografia Italgrafica del generoso Francesco Martelli, all'artista Antonio Vittorio Alfieri, già docente del Liceo Artistico Statale di Novara e ora docente all' Accademia di Belle Arti Acme di Novara, per la concessione dell'immagine di copertina e a quanti, dimostrando il loro interesse e un'attenzione addirittura affettuosa, ci hanno incoraggiato in questa iniziativa. In prima persona, una grande soddisfazione. Da condividere al plurale.

IL LIBRO IN PRIMA PERSONA “AMRICORDI” DI SERENA FIOCCHI, EDITO S.G.P. - ITALGRAFICA, È IN VENDITA PRESSO LA REDAZIONE DEL CORRIERE DI NOVARA IN VIA MERULA 1 A NOVARA E I PROVENTI SARANNO DEVOLUTI ALL’ASSOCIAZIONE ONLUS “TERRA E CULTURA”.

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ca e Tenente Silvana Mele del 1° Reparto Manutenzione Velivoli (RMV) di Cameri, il Tenente Francesca Nesticò, del ruolo Commissariato del Comando Aeroporto Cameri, il Maresciallo Doris Dongarrà ed il Sergente Elisabetta Belloli, tecnici specializzati del 1° RMV, il Maggiore Lorena Triches ed il Maresciallo Serena Aurora Primavera, rispettivamente medico e operatore sanitario dell’Istituto Medico Legale di Milano, e l'Aviere Scelto Carmela Zappulo, impiegata nell’ambito della difesa terrestre dell’Aeroporto di Cameri. Dunque una significativa presenza di personale femminile proveniente dalla base di Cameri per realizzare una perfetta combinazione di diverse persone, distinte personalità e dif feren ti professionalità. In un’atmosfera assolutamente allegra e molto familiare, Sabrina ha fatto si che queste donne potessero sentirsi a loro agio, parlare di se stesse, e raccontare delle difficoltà di una professione importante che impone sacrifici, a volte privazioni. Insomma uno spaccato intenso e sincero tutto al femminile che ha permesso al pubblico presente in sala di conoscere più a fondo gli aspetti quasi mai rivelati di una scelta di vita che si intreccia con passione e vocazione, andando ben al di la della semplice ricerca di un posto di lavoro. Non sono ovviamente mancate le sorprese. Al salotto si è infatti aggiunta virtualmente anche il Capitano Pilota Samantha Cristoforetti, prima astronauta donna italiana. In collegamento telefonico dal Centro Addestramento Astronauti di Colonia, in Germania, dove si sta preparando per la missione spaziale che nel 2014 la porterà sei mesi a

bordo della Stazione Spaziale Internazionale, Samantha ha raccontato del suo sogno di bambina di diventare astronauta e della grande opportunità rappresentata dall’esplorazione spaziale. Il salotto si è poi arricchito di due ulteriori ospiti, due cosiddetti “personaggi misteriosi”, che solo alla fine hanno svelato la loro identità: uno era proprio il sottoscritto, il secondo invece il professor Valerio Grassi, scienziato del CERN di Ginevra che fa parte del team che ha scoperto il Bosone di Higgs, ovvero la particella che ha determinato la formazione dell’universo subito dopo il cosiddetto Big Bang. L’idea era quella di coinvolgere due personaggi con trascorsi professionali completamente diversi e distanti, per testimoniare la propria esperienza sul valore aggiunto delle donne nelle rispettive organizzazioni; al mio racconto di qualche simpatico aneddoto sull’ingresso delle prime donne in Accademia si è alternato il Professor Grassi che ha invece sottolineato l’importante ruolo delle donne nel campo della ricerca sia in Italia sia all’estero, dove il merito e le capacità non temono alcun tipo di discriminazione. Da sottolineare la presenza in sala di un folto pubblico e di numerose autorità: oltre al sindaco di Borgomanero, Dott.ssa Anna Tinivella, erano presenti alcuni sindaci dell’alto novarese, il Gen. Div. Giuseppe Li Causi, Capo del Servizio dei Supporti del Comando Logistico dell’AM, il Brig. Gen. Lucio Bianchi, Capo del Centro Polifunzionale Velivoli Aerotattici, il Col. Walter De Gennaro, Comandante l’Aeroporto di Cameri, ed il Col. Flavio Guercio, Direttore del 1° RMV.

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A sostegno della squadra Testo di G. Chiorazzi Foto: oknovara.it

cullando il sogno Play off

Nessuno avrebbe potuto immaginare che il finale di stagione per il Novara Calcio, sarebbe stato così emozionante come quello che si apprestano a vivere i tanti sostenitori azzurri. Con una serie di risultati utili consecutivi, infatti, la compagine allenata da mister Aglietti è riuscita ad uscire dalle zone “calde” della classifica e portarsi a ridosso delle prime posizioni, per un sogno che pian piano sta prendendo sempre più piede tra gli appassionati sostenitori: lʼaccesso ai play-off. Un obiettivo che - mentre scriviamo questo articolo - non è ancora stato apertamente dichiarato dalla società, ma che appare indubbiamente alla portata di Rubino e compagni, visto lo straordinario momento di forma in cui versa il Novara e consi36

derando che i valori dellʼattuale campionato cadetto sembrano tutti abbastanza allineati fra loro. Uno dei principali artefici di questa trasformazione è proprio il tecnico degli azzurri, Alfredo Aglietti. Giunto allʼombra della Cupola in una squadra “alla deriva”, priva di una propria identità, con poca fiducia nei propri mezzi e in una situazione di classifica a dir poco “paradossale” visto organico e strutture a disposizione, lʼallenatore nato a San Giovanni Valdarno è riuscito a trarre dai suoi giocatori il meglio, motivarli, trovare la miglior collocazione in campo per ognuno di loro e, aspetto fondamentale, riportare entusiasmo in tutto lʼambiente, tifoseria compresa. Così, quando alla fine del torneo mancano soltanto nove giornate e ci si appresta a vivere con


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passione un finale ancora incerto, la preoccupazione dei sostenitori azzurri si sposta su unʼaltra componente… il regolamento della Serie B. Infatti, questʼultimo non prevede la disputa dei play-of f (e di conseguenza la possibilità di accedere alla massima serie come terza classificata), nel caso in cui tra la terza e la quarta classificata vi sia - alla fine della regular season - un distacco di 10 o più punti. Con il Sassuolo “lanciatissimo” verso il primato e ormai solo in attesa della matematica certezza di una storica promozione in Serie A, a contendersi il secondo posto sono rimaste Verona e Livorno. Due compagini che vantano un vantaggio molto vicino alla quota di dieci punti dalla quarta, lʼEmpoli, che in questo caso rappresenta uno “spiraglio” anche per le altre squadre interessate al discorso play-off, fra cui annoveriamo proprio il Novara. Se la squadra azzurra riuscisse, dopo unʼincredibile rimonta, ad entrare nel giro degli spareggi finali, ma non disputarli in virtù del regolamento sopra descritto, sarebbe davvero una beffa assurda… eppure anche questa eventualità deve essere presa in considerazione. Insomma, si può dire in questo momento di non essere padroni del proprio destino, bensì in balia anche della buona sorte. Si pagano, purtroppo, i primi mesi della stagione… disastrosi se si ripensa alla serie negativa di sei sconfitte consecutive a cavallo tra la 12a e la 17a giornata di campionato. Eppure, forse, proprio questi risultati insoddisfacenti hanno forgiato il carattere di questa squadra, facendo leva sullʼorgoglio dei giocatori e

Il capitano Raffaele Rubino

sulle loro qualità professionali, almeno queste mai messe in discussione. Con le modifiche apportate da Aglietti al nuovo modulo di gioco del Novara, passato dal 4-3-1-2 di mister Tesser (che tanti buoni risultati ha portato in casa azzurra) ad un più versatile 4-3-3, la nostra squadra ha guadagnato maggior compattezza in tutti i reparti e, soprattutto, appare molto meno dipendente dal suo uomo più rappresentativo: Pablo Gonzalez. Meno reti per lʼargentino nella seconda parte del campionato ma, è bene sottolinearlo, prestazioni sempre molto importanti per lui, con numerosi assist per i compagni in ogni partita ed una

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Mister Alfredo Aglietti sulla pamchina del Novara

sempre spiccata apprensione per le retroguardie avversarie, vista la sua “fama” di bomber tra le altre compagini della serie cadetta. Solitamente dal mercato di riparazione non ci si attende granché, in quanto i giocatori messi in vendita dalle società sono figure sulle quali non si punta per svariati motivi… prestazioni insoddisfacenti, malumore, infortuni. Non è certo questo, per fortuna, il caso del Novara. Tutti e tre i nuovi inserimenti, giunti alla corte di Aglietti nello scorso mese di gennaio (i difensori Riccardo Colombo e Alessandro Crescenzi, rispettivamente svincolato e in prestito dalla Roma) e la punta svizzera Haris Seferovic (in prestito con diritto dʼopzione definitivo dalla Fiorentina), hanno completato un organico già ben assortito. Le autentiche involuzioni di giocatori quali Simone Pesce, Daniele Buzzegoli e Flavio Lazzari a centrocampo e di Matthias Lepiller in attacco, oltre alla piacevolissima “sorpresa” di Bruno Fernandes, campioncino in erba sul quale si stano moltiplicando di partita in partita gli osservatori di numerose squadre, anche a livello internazione, hanno modificato radicalmente gli obiettivi stagionali della società azzurra. Ad avvalorare la tesi di un ottimo stato di forma dellʼintera squadra e non solo di singoli elementi, il fatto che alla data attuale siano andati a segno ben 16 giocatori diversi: sinonimo del fatto che, chiunque sia stato chiamato in causa da mister Aglietti nel momento del bisogno, in sostituzione di 38

infortunati o squalificati, ma anche in un “fisiologico” turn-over per far rifiatare chi più impiegato in campo, abbia sempre risposto alla grande fornendo prestazioni di valore e non tradendo le aspettative del mister azzurro e della tifoseria. Un discorso a parte lo merita lʼattesa per la sentenza del TNAS, in relazione alla restituzione (integrale o parziale) per il Novara, dei punti di penalizzazione inflitti per le note vicende legate al “calcio scommesse”. Dopo lʼulteriore punto di penalità per ritardati pagamenti dei contributi Irpef, relativi agli stipendi dei propri tesserati per i mesi di settembre e ottobre 2012, la speranza di poter riaver uno “sconticino” di almeno due punti e il conseguente riaccredito in classifica degli stessi, è allʼordine del giorno nei discorsi quotidiani dei tifosi. Lʼattesa durerà fino al 10 aprile, data in cui è prevista la presa di posizione del TNAS. Più di una polemica è stata sollevata dal fatto che il verdetto venga emesso a giochi quasi fatti, quando alla fine della stagione manchino davvero poche giornate. Arrivare in fondo al campionato con un ritrovato ottimismo e sulle ali dellʼentusiasmo per gli ultimi brillanti risultati, potrebbe essere il valore aggiunto sul quale affidarsi per raggiungere un obiettivo assai diverso dal mantenimento della categoria; una circostanza che di per sé potrebbe già essere considerata un ottimo traguardo, per come si era messa la situazione soltanto prima dello scorso Natale. Eʼ


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ovvio che, a fronte dei numeri che scaturiscono dalle statistiche, dove il Novara si conferma la squadra più in salute di tutto il campionato e primo in graduatoria considerando solo le partite del girone di ritorno, si sia cominciato a sognare in grande e ambire ad un obiettivo già raggiunto due anni fa ma perso quasi subito: la massima serie. Facendo unʼattenta riflessione sullʼandamento del Novara in questo campionato, diventa quasi obbligatorio per i tanti accusatori della società - di fronte ai primi ostacoli riscontrati - porgere le proprie scuse per non aver avuto fiducia nel lavoro quotidiano di ogni singolo componente. Una serie di circostanze non hanno infatti reso giustizia di fronte al lavoro profuso dai giocatori, ma anche a livello dirigenziale. I principali accusati di questo frangente sono stati il Direttore Generale Luca Faccioli e il Direttore Sportivo Cristiano Giaretta, che ora possono godersi la loro personale soddisfazione per aver smentito le critiche nei loro confronti e dimostrato di aver saputo orientarsi in modo ottimale.

Questa stagione volge così inesorabilmente al termine, ma con la consapevolezza di potersi ancora togliere numerose soddisfazioni. Mai come questʼanno la serie cadetta è riuscita a bissare il concetto di una categoria che non ha nulla da invidiare alla Serie A, in fatto di emozioni e spettacolo. Solo un piccolo appunto va fatto per la lunghezza di un campionato decisamente logorante: da qualche anno si parla con insistenza di ridurre il numero delle squadre partecipanti e, di conseguenza, anche quello delle giornate complessive, che impongono alle società valutazioni mirate per non giungere al termine in piena carenza di energie. Per il Novara un ulteriore punto di orgoglio, dato che la preparazione fisico-atletica dei giocatori ha avuto un crescendo proprio nellʼultima parte del torneo, a dimostrazione dellʼottimo training sostenuto fin dallʼinizio della stagione. Dove, non bisogna dimenticarlo, parte del merito va anche adAttilio Tesser ed al suo staff… Godiamoci questo finale, con la speranza di poter presto esultare per nuovi traguardi sportivi.

LIBERTAS TEAM NOVARA TRE VOLTE IN TOP TEN” AI CAMPIONATI INVERNALI DI NUOTO DI RICCIONE

Novara, 27 marzo 2013 - Tre piazzamenti in “top ten” per la Libertas Team Novara ai Campionati Italiani invernali di Categoria andati in scena dal 22 al 27 marzo allo Stadio del Nuoto di Riccione. Tra i ragazzi, la migliore perfomance porta la firma del quattordicenne Alessandro Dell’Olmo, buon sesto da esordiente nei 200 farfalla. Analogo piazzamento per la sedicenne Francesca Miglio (foto), nonostante la febbre, nei 50 rana.Dell’Olmo ha partecipato ad altre tre gare, rimediando un tredicesimo posto nei 100 farfalla, un venticinquesimo posto nei 200 stile libero e un trentesimo posto nei 400 sl. La Miglio, invece, ha completato le sue fatiche con il settimo posto nei 100 rana ed il diciassettesimo tempo nei 200 rana. Il resto della pattuglia di sei atleti della Libertas che si sono cimentati alle finali dei Campionati Italiani era composta da Matteo Miglio, 19 anni, tredicesimo nei 200 farfalla; dall’altro debuttante Matteo Piscitelli, classe 1999, che ha fatto segnare il dodicesimo tempo nei 100 farfalla e il ventunesimo “crono” nei 200 misti; da Edoardo Ceffa, 16 anni, quattordicesimo sui 100 rana; da Federico Forcignanò, diciassettenne giunto ventisettesimo nei 50 farfalla.Orgoglioso dei suoi ragazzi il tecnico della Libertas Team Novara, Enrico Ferrero: «Abbiamo fatto un ottimo lavoro insieme - evidenzia Ferrero - Devo ringraziare il Quisquash Fitness Club che ci ha messo a disposizione una vasca per allenarci. Con le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare per riuscire a svolgere regolarmente gli allenamenti, più di così non si poteva davvero fare». Ferrero, che solitamente non ama parlare dei singoli, stavolta fa qualche eccezione: «Devo fare i complimenti a Dell’Olmo e Piscitelli, che al loro esordio agli Italiani hanno dimostrato un’ottima tenuta psicologica mettendo da parte i timori reverenziali. Francesca Miglio, invece, è stata davvero sfortunata ad essere colta dall’influenza proprio nei giorni delle gare: era in gran forma, valeva sicuramente una medaglia. Continuando così, certamente si rifarà». Pagina a cura di F. Bezio A.S. Libertas Team Novara 39


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Al disnà da April di P.L.D.A.

RISOTTO AL GONGORZOLA Tritate finemente una piccola cipolla e uno spicchio di aglio e fate sof friggere in una noce di burro. Quando il sof fritto inizia ad imbiondire, aggiungete 350 gr.di riso carnaroli e lasciatelo insaporire per qualche minuto e perchè non si attacchi al fondo della pentola mescolate continuamente con un cucchiaio di legno. Aggiungete mezzo bicchiere di vino bianco secco e attendete che il vino evapori completamente. Aggiungete del brodo caldo fatto con un dado e continuate la cottura per circa venti minuti bagnando il riso con del brodo man mano che si asciuga. Poco prima che la cottura termini, aggiungete al riso 100 gr .di gongarzala leggermente piccante e 20 gr .di burro crudo e aggiustate di sale e pepe.A cottura raggiunta, spegnete il fuoco, coprite la pentola e lasciate riposare per qualche minuto perchè risulti ben mantecato. Chi lo desidera può aggiungere anche del parmjgiano grattugiato.Il riso nasce nell’acqua ma deve morire in un bel barbera vivace. PETTI DI POLLO CON FORMAGGIO BEL PAESE Battete leggermente 4 petti di pollo e metteteli per una mezz’ora in due uova sbattute e salate. Scolateli, inpanateli e metteteli in un tegame con 50 gr.di burro e due cucchiai di olio. Friggeteli pochi minuti per parte, (cioè finchè

avranno preso un bel colore dorato, poi metteteli sulla lastra del forno e guarnite ognuno di essi con una fetta di prosciutto crudo (ritagliata della stessa grandezza) e su questa una fettina di formaggio Bel Paese e una nocciola di burro. Passate la lastra nel forno molto caldo, 220 - 230 gradi e quando il formaggio comincia a liquefarsi, togliete i petti di pollo, cospargeteli di basilico tritato e serviteli bollenti sopra un piatto da portata precedentemente riscaIdato.

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L’ u r ò s c u p d a l P i n è l a p a r A p r i l Cravón (Ariete): Fa mai tra a l’evidensa: pudaria vés tüt al cuntrari. Tor (Toro): la primavera la stenta a gnì, cume la to voja ‘d lavrà. Gemèj (Gemelli): Parta di més da felicità e spensieratèssa. Càncar (Cancro): L’è ura da fa un po’ da dieta se no ti diventi cume un urs. León (Leone): Tira fòra tüta la grinta parchè da dèss a sarà necessari. Vérgin (Vergine): Un quài prublema da salüt as risolvarà prima dl’està. Balansa (Bilancia): Calcula bén al “dare e l’avere” se no ti v’è giò d’indrera. Scurpión (Scorpione): Preocupat mia, ti s’è fort cume un gigante. Sagitari (Sagittario): Porta passiensa e ti vedarè che tüt as sistema par al meij. Capricornu (Capricorno): Giõga la to data ‘d nascita e.... Aquari (Acquario): L’è mia la periodo da fà tròpi sceni isterichi, dat da movat. Pèss (Pesci): Fin la fin ad l’an una quài suferensa da tròp.

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Sapeva parare e sorridere

di M. Zucca Marmo

Eʼ scomparso Fausto Lena (Tato) per molti anni portiere del Novara di Santino Tarantola

Lo scorso 25 febbraio è scomparso Fausto Lena, che tutti chiamavano Tato. La sua scomparsa ha destato viva commozione in quanti lo conoscevano, non solo per le sue non comuni qualità di portiere, ma anche e sopratt utto per le sue qualità umane. Era infatti dotato di carattere gioviale e ottimista ed era sempre disponibile, con il sorriso sulle labbra, ad ascoltare e aiutare chi si rivolgeva a lui. Io sono troppo giovane per poter fornire una testimonianza diretta sulle sue qualità di calciatore, ma ho avuto modo di conoscerlo e posso confermare quanto si è detto e scrit42

to di lui come persona. Un a ventina di anni fa infatti, era in programma una partita amichevole tra il Novara e l’Inter, allo stadio di Novara. Sarebbe stato per me, ragazzino con la passione del calcio, una grande gioia avvicinarmi ai giocatori delle due squadre per cui facevo il tifo, e magari scambiare con loro qualche parola e ottenere un autografo. Poiché conoscevo di vista Lena, che era segretario del Novara, lo fermai per strada e gli chiesi se fosse in grado di farmi entrare sul terreno di gioco in occasione della partita. Ero abbastanza scettico sull’accoglimento della mia

richiesta, sapendo che accontentarmi poteva anche com portare qualche derogare alle regole vigenti. Invece Lena si dimostrò del tutto disponibile e mi spiegò come fare per entrare sul campo di gioco in qualità di raccattapalle. Fu per me una giornata molto bella, che andò oltre le mie stesse aspettative. Tornai alcuni giorni dopo da Lena per ringraziarlo, e anche in quell’occasione mi stupì positivamente: mi regalò una maglia del Novara, che fu la prima di una collezione e che conservo tuttora come un cimelio speciale. Dopo questo breve ricordo per-


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sonale, ecco invece notizie de relato su “Fausto Lena portiere del Novara”. Galliatese puro sangue, nato nel 1933, cominciò a giocare a calcio come portiere della Leonina, una squadra di ragazzi di Galliate che partecipò a quella straordinaria iniziativa che si chiamava “Torneo Ragazzi di Novara” e che la domenica, su diversi campi della nostra città, vedeva impegnate decine e decine di squadre, raggruppate in gironi distinti per fasce di età. Una curiosità: la Leonina si chiamava così in onore del Vescovo di Novara, Leone Ossola, un personaggio molto amato nel nostro territorio. Ma quella squadra di amici non si limitò a partecipare al torneo: si dimostrò superiore a tutte le squadre del capoluogo e terminò al primo posto. Gran parte di quel gruppo entrò a far parte delle giovanili del Novara e, tra loro, Fausto Lena fu quello che

andò più lontano: dalle giovanili, alla squadra riserve (che all’epoca disputava un regolare campionato), fino alla prima squadra, in serie A. Il suo esordio in serie A ebbe luogo infatti nel 1953, prima che Fausto avesse compiuto vent’anni. Giocò fino al 1970 quando lasciò il calcio giocato, al termine di un campionato di serie C vinto dalla squadra azzurra. In totale collezionò ben 352 presenze in campionato con il Novara, di cui 10 in serie A e 276 in serie B. Ma la promozione in B del 1970 non fu l’unica che colse, perché ne aveva già conquistata una nel 1965, con una squadra quasi tutta di novaresi. Se non ci fosse stata la parentesi di un anno, il 1954-55, in cui fu prestato all’Alessandria - che in serie B poteva farlo giocare con maggior continuità rispetto al Novara che giocava nella massima serie - non avrebbe vestito altra maglia che quella del Novara. Il

suo numero di presenze con il Novara in campionato lo pone al quinto posto nella storia della squadra azzurra e primo tra i portieri. Ottenne la fiducia dei tecnici del Novara fin da giovanissimo, probabilmente anche in forza del suo carattere; infatti, così come destava facilmente simpatia in qualunque interlocutore per i suoi modi semplici, diretti e improntati all’ottimismo, anche sul campo non subiva pressioni e emozioni. Non so se sia proprio vero, ma qualche suo compagno racconta che, quando andava dietro la porta a raccogliere il pallone, scambiasse qualche battuta scherzosa con gli amici che guardavano la partita dalla curva. A volte persino riceveva da costoro qualche caramella, che distribuiva a partita in corso ai compagni. Il professionismo esasperato di oggi non tollererebbe atteggiamenti di questo tipo, che sarebbero interpretati come cali di concentrazione; ma io sono convinto che i calciatori di oggi si divertano molto meno di quelli di allora e che personaggi che sappiano sdrammatizzare le situazioni di tensione siano positi-

Lo Stadio Comunale di Via Alcarotti, conosciuto ora dai novaresi come “Lo stadio vecchio” dopo la costruzione nel 11976 dwl Comunale. In via Alcarotti Tato Lena cominciò e concluse la sua fortunata carriera di calciatore. 43


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vi in ogni ambiente. Tra i fatti della sua vita di calciatore, che i giornali hanno pubblicato dopo la sua scomparsa, mi ha particolarmente incuriosito leggere che un eccezionale portiere del passato, in occasione di una partita disputata tra la squadra da lui allenata e il Novara, chiese ai dirigenti novaresi di poter allenare il giovane portiere della squadra azzurra, appunto Fausto Lena, esprimendo la convinzione che, se l’avesse potuto allenare, in un paio d’anni ne avrebbe fatto uno tra i migliori al mondo. La curiosità mi ha spinto a documentarmi e ho scoperto che Ricardo Zamora (questo il nome dell’allenatore) nel periodo tra le due guerre era unanimemente considerato il più grande portiere del mondo. Tuttora, a 35 anni dalla sua scomparsa, il portiere che ha subito meno reti nel massimo campionato spagnolo riceve il Premio Zamora. Detenne per 38 anni il primato di presenze con la nazionale spagnola e in patria fu soprannominato “El divino”. Un episodio stupefacente ha contribuito a creare una leggenda sul suo conto: nel 1929 fu grande protagonista della prima vittoria nella storia di una squadra extra-britannica sulla nazionale inglese, quella del paese che, avendo inventato il calcio, era considerata il riferimento assoluto nel mondo. La Spagna vinse infatti per 4-3 e Zamora giocò benissimo, a dispetto di una frattura allo sterno che si era procurato nel corso della partita stessa. Se un simile personaggio si diede da fare per inserirlo nella propria squadra, vuol dire che le qualità di portiere di Fausto Lena erano proprio di alto livello.

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w w w. p a n c i o l i h o t e l s . i t E-mail: i t a l i a @ p a n c i o l i h o t e l s . i t 45


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