Febbraio 2013

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Famiglia Nuaresa

Cum端n Pruincia Region da Nuara da Nuara Piemunt

Circul dal 53

A.I.D.O.


LAND ROVER


Dò paroli in cunfidénsa di Stefano Rabozzi

CUMÜN DA NUARA

In questo numero: Dö paròli in cunfidénsa di S. Rabozzi

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Vizi e ...benefizi di R. Pezzana Sara

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La famiglia Faraggiana di G. Marelli Gambelli

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Cena sociale di solidarietà di C. Rabozzi

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Ancora su El Alamein di G. Torrisi Bertelli

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Impazza il Carnevale dalla Redazione

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Il Museo Rossini di A. Poggi Steffanina

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Matrone di E. Spina

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Ad Hostes Rugens di L. Bianco

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Le Malattie respiratorie di M. Flora

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Pronti e fiduciosi di G. Chiorazzi

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Il Carnevale: antica tradizione di M. Zucca Marmo 42

Car i mè car Sociu, sta volta am tuca a mì. Al mè orgoglio, in tüti sti ani, l’è stai cul da rivà int la vostra cà, cunt un quài ritard magara, ma sempar puntual, ogni més, precis cume un urlog asvisar. A sarà cusì anca par i prossim més, im augüri. L’unich dübi l’è al giurnal dal més d’April, parchè i devi ‘nda a Bulogna a l’uspedal, a Mars, e igh n’avrò, tra uperassion e ripos, par una venténa di dì. I devi fam tirà via na roba brüta ma “benigna” ch’a m’ha gnü suta la sciarvèla. Mi i speri da fagla a mèt giò al giurnal dal més d’April ma se a capiterà un quai ritard, iv ciami scüsa giamò da dèss. Int una quài manera im farò perdunà. Pasanda ai discurs püssè liger, la roba püssè bèla l’è che ogni dì am telefuna un quòi vün ch’al vöra iscrivass al la Famiglia Nuaresa, parchè al disa ch’lè legiü al nostar giurnal d’un quài amis e a gh’a piasü e che al vöra savé anca di nostri inisiativi. L’è un segn bon, int un mumént ‘ndua a ghè la crisi dapartüt e la spending reviü (scrit in nuares) la fa di robi che la gént la va giò d’indrera. Grassie a tüti, supra tütt par la vostra cumprension. Vöra dì che quand i vegni cà da Bulogna i urganisarò una bèla mangaida par stà tüti insèma. Ciau.

FAMIGLIA NUARESA © Associazione di Promozione Sociale Pressidént Unurari: Giulio Mainini Pressidént e Diretur Respunsàbil: Stefano Rabozzi Vice Pressidént: Lorella Perugini Sede Sucial: Via Sottile, 6 - 28100 Nuara - Tel. 338 8919005 E mail: srabozzi@alice.it - Sit web: www.famiglianuaresa.it© Aut. Trib. Nuara n. 13 dal 23.08.83 - Stampa: Italgrafica, Via Verbano, 146 - Nuara - Vevar Iscrissión int l’Albo di Lìberi Assuciassión dal Cumün da Nuara n. 182 - prut. 5136 dal 20.02.96 e iscrissión int al Regìstar dla Pruvincia da Nuara di Assuciassión da Prumussión Sucial n. 1/NO cun determinassión n. 800 dal 19.02.2007

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Mostarda, capponi, pepe e robiole:

A Novara i vizi di R. Pezzana Sara

G

diventan... benefizi

li Statuti di Novara pubblicati nel 1277 stabilirono che i doni dati ai giudici della città, da parte del Comune “sicut olim dari consuevit”, quindi mantenendo le consuetudini, ammontassero a sei soldi imperiali in occasione della festa di San Michele, a dieci soldi a Natale, con lʼaggiunta di una libbra di pepe nella quadrigesima, infine dieci soldi a Pasqua. Si dovette arrivare al 1460, quando i messi emanati dagli Sforza alleggerirono le regalie portando a due le festività considerate per le gratifiche, con un conseguente risparmio di due soldi imperiali, lasciando inalterata la quantità di pepe da omaggiare. Non ci è dato sapere se questa “droga” avesse un significato simbolico attinente alle mansioni dei giudici, ma conoscendo la preziosità di questo genere alimentare (proveniva dalle coste del Malabar, in India, lʼattuale Kerala), che veniva indicato come lʼ“oro nero” nel Medio Evo, è credibile ritenere fosse benaccetto anche ai nostri giudici. Scartabellando tra i vari documenti tramandatici, assistiamo in quei secoli, ad un abbondante uso dellʼomaggio, utilizzando vari elementi gastronomici da parte dellʼAmministrazione del Contado e del Comune di Novara, al fine di ottenere un rapido disbrigo di pratiche o una benevolenza nelle loro attività pubbliche. Soffermiamoci su quanto scrisse G.B. Morandi: “La grande preoccupazione che desta la cucina ogni qualvolta è per entrare un principe e un digni4

tario dello Stato, e le spese non indifferenti che si sostengono per cattivarsi col palato lʼanimo dei governanti, sono un indice sicuro del peso che le casseruole avevano nel buon andamento dei pubblici negozi”. NellʼArchivio del Museo Civico, nel registro di entrate e di spese sostenute dal 1612 al 1619, diligentemente compilato da G.A. Torniello, si trovano elencati i generi alimentari acquistati per la venuta del Cardinale dʼEste in città, tra cui “brente sei et bochali quarantacinque vino et altra roba infrascripta, cioè brente sei et mine tre mandate a S.E. al campo, con para dodici polini, sei formaggie di sbrindesi, dodici lengue salate, para quattordici piccioni pisani et para ventiquattro polastri et altra fruta et mine tre et bochali nove mandati con sei polini, due formaggie e fruta al sig. Commissario generale compreso però la condutta et altro”. Il tutto spendendo ben 668 lire, 9 soldi e 3 denari. Per meglio comprendere quanto la prassi dei regali gastronomici fosse ritenuta essenziale, è sufficiente leggere qualche brano di una lettera scritta il 26 agosto 1614 dallʼoratore di Novara in Milano, tale Giovanni Francesco Calciati, ad un Sindaco del Contado:…” Il Sig. Commissario Generale (Bernabò Barbò, già tenente nelle Fiandre) fa al nostro Contado molti favori ancorchè non ricercato… mi pare che lʼobbligo nostro sia di riconoscerlo prontamente… et mandare una persona a posta con un buon cestone di polleria, et se si volesse ancora qualche selvaticina e dei pernizotti, qualche soma di vino… et così spero che terrà memoria di maggiormente favorire il nostro contado… Io so bene che gradirà di sopra il tutto la pollaria…”


Speziale all'opera in una tela seicentesca Ma non solo la “pollaria” era gradita ai vari personaggi. Basti sfogliare le così dette “ricognizioni” fatte ai pubblici ufficiali per sapere che assai apprezzati dovevano essere anche i formaggi, soprattutto le robiole e la mostarda, di cui dovevano essere assai ghiotti. 30 luglio 1612 – Spese diverse – Devono lire 10, soldi 7 allʼesattor sudetto: sono stati pagati a Gio. Maria Mainardo cavalante cioè lire 9 per aver condotto venti fiaschi di mostarda al sig. oratore per riconoscere a chi si deve in Milano, e lire 1, soldi 7 per tanto da essi spesi nel datio di detta mostarda. 1620 – Spesa della mostarda fatta dʼordine delli Sindaci del contado di Novara per presentare alli SS officiali del contado in Novara come in Milano e per li sindaci sudetti. La mostarda datta per il contado di Novara: libre 545 a soldi 12 per libra L. 327 fiaschi 21 grandi a soldi 12 caduno L. 12 soldi 12 fiaschi 46 piccoli a soldi 7 caduno L. 16 soldi 2 in tutto L. 335 soldi 14 Gio. Domenico Bellino sp. in Olegio Nel Contado era abitudine regalare vino ai “Signori del Tribunale”. Al riguardo troviamo nellʼArchivio del Contado,

un richiamo del “Presidente delle regie ducali entrate ordinarie de lo Stato di Milano” G. D. Laude al Sindaco di Novara. Dopo una relazione circa la nota spese avuta dallo stesso Sindaco del Contado richiede che “dobbiate ragguagliare quanto tempo è che il vostro Contado è solito dare vino alli Signori del Tribunale..., et insieme dirvi che non diate mancie de denari a camarieri, restando ciò proibito dalli ordini”. È molto probabile che non si diede retta a ciò, poiché in una minuta non datata ma comunque relativa a quanto sopra, si conclude dicendo che, sebbene lʼamministrazione del Contado sia determinata a seguire gli ordini superiori, sottolinea che lo “sparagno di spesa può risultare più di danno che di utile”. Nel Novarese un proverbio recita “I vizi i diventan benefizi” e a tale riguardo è curioso sapere quanto successe nel 1724 alla provincia di Novara. Avvenne che il pretore Giuseppe Giovanni Mico, trasferito da Novara a Napoli, in qualità di Consigliere di Santa Chiara, nel mese di agosto del 1724, intimasse ai Sindaci del Contado di fargli avere le solite sei brente di vino che gli venivano regalate a Natale oppure, lire 10 per ogni brenta entro 5


la prima a provare, et patire le rovine delle guerre”… Si iniziò con il Du c a d i Savoia che, nel 1614 “si portò con grosso Esercito fino alle porte di Novara”, seguito dal Signor Duca di Feria che “alloggiò con tutto lʼesercito nella Città di Novara, et sua Provincia, quasi per due mesi, in modo che… solo de soccorsi e paghe, oltre il vitto dato a Soldati à discrezione loro, importarono Offerta di pesce, cacciagione e primizie in una tela seicentesca quasi due milioni di tre giorni, pena muovere esecuzione contro i beni lire” … “calando dalla Francia il Maresciallo de Chriprovinciali. chì… partendosi allʼassedio di Valenza, del 1635, I Sindaci, nuovi ad una tale richiesta, protestapassavano continuamente grossi corpi dʼarmata rono presso il Tribunale per lʼatteggiamento arrogante con li convolij per il Novarese”… come pure “lʼAquila del pretore; nonostante ciò le regalie si praticarono Austriaca nel 1638” “il Prencipe Tomaso generalissino allʼinizio del 1800, come attestano le note che simo di Francia nel 1642”… poi “Lʼinvincibile sig. Marancora in quegli anni indicavano, in occasione delchese di Caracena”… ma “Peggiore fù quando le feste natalizie. unendosi li Francesi con li Duchi di Savoia e Mo“A S. Ecc. il Governatore: 4 formaggi, 12 lingue dana, avanti lʼattacco e presa di Valenza, attaccasalate, 6 paia capponi, 3 paia polloni, 12 pani di zucrono per molto tempo la Provincia novarese e dopcaro fino, 4 mazzi di cera di Venezia in candele da po, continuanti, lʼassalirono”. tavola” etc. Conclude “con la nova della cotanto desiderata “Al Maggiore della piazza: 2 formaggi, 6 lingue pace del 1659”con cui si ebbe “una tregua però cosalate, 3 para capponi, 2 para polloni, 6 pani di zucsì dolorosa per la Città, et Provincia Novarese, che caro fino” etc. A Pasqua anche 2 agnelli morti. fù necessitata di alloggiare, per accordo fatto coʼ ReAl Podestà era riservato lo stesso trattamento del gij, tutti li due eserciti nemico, et amico nella meMaggiore. desima Città, et Provincia per molti mesi… che non Queste furono le ultime note che ci parlano delvi restò altro che una semplice ombra di Provincia, le pretese che alcune autorità avanzarono a scapiet Città, et si può dire solo ombre dʼhuomini…” to della popolazione vessata. In queste condizioni certamente le regalie ai vaA tale proposito è utile ricordare quanto è riporri personaggi dovevano risultare alquanto onerose tato in una supplica non datata, ma presumibilanche ad una popolazione laboriosa e ligia al domente scritta intorno al 1660, in cui la Città di Novere come è sempre stata quella novarese. vara chiese al Governatore dello Stato di Milano, una Solo nellʼOttocento questi privilegi amministratiproroga nel pagamento dei debiti causati dalle guervi furono aboliti, nonostante da secoli, come è dire che la coinvolsero dal 1614 al 1659. mostrato, si fosse cercato di spiegare quanto il po“Non occorre provare, che la Città di Novara, et polo versasse in condizioni alquanto misere anche suo Contado habbi patito cento volte più di qualsia causa delle numerose guerre di quel secolo. voglia Città, et Provincia del Stato, et che sia stata

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Foto tratte dal volume: “Una famiglia per Novara: i Faraggiana” edito da “Fondazione Faraggiana” e Interlinea© 2011

Una famiglia storica di G. Marelli Gambelli

i “Faraggiana” Parte seconda

L'intricato percorso genealogico della famiglia Faraggiana sfocia, per noi, nelle due personalità eminenti alla fine dell'800 e prima metà del '900, che sono anche le più novaresi della famiglia: Catherine Ferrandi Faraggiana (1856-1940) e il figlio Alessandro (1876-1961) per la loro conoscenza storica desidero ringraziare nominalmente tutti gli autori degli articoli che compongono il volume già citato, a cura della studiosa Silvana Bartoli, "Unafamiglia per Novara: i Faraggiana"; oltre a quello del presentatore Vittorio Minola, seguono i testi di Alessandro Barbaglia, Silvana Bartoli, Igor Festari, Maurizio Leigheb, Gianpietro Monreale, Maria Grazia Porzio, Massimo Semola, Francesco Surdich, Davide Tartaglia, con fotografie di Mario Finotti edizione Interlinea. La lettura dei testi è interessantissima per la varietà e la specificità degli argomenti: il mio scritto vorrebbe essere un modesto invito alla lettura diretta. La figura di Catherine Ferrandi, bella nell'aspetto intelligente per la personalità culturale, sposa diciassettenne, degna di un marito innamorato e oggetto di stima e onorificenze locali e nazionali, sarà guida per condurci nei molteplici interessi della famiglia. Meina e la sontuosa villa saranno il suo regno con soste significative a Novara anche per avveni-

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menti mondani, nel palazzo di via Gaudenzio Ferrari c on v i a B e scapè per completare il quale erano state riunite le antiche case Brentani Morbio. Raffaello lo abitò per 10 anni, gli altri se ne andarono, preferendo Meina, Albissola e Genova. Nella persona di Raffaello si riuniscono le eredità del padre Alessandro (18071876) e dello zio Giuseppe Luigi (18031877) senza figli unitamente al titolo nobiliare di Marchese. La morte di Raffaello nel 1911 segna per Catherine, figlia dell'av-

Catherine Ferrandi Faraggiana


vocato Ferrandi, parente di Ugo Ferrandi, un periodo di isolamento: le sue principali attività sono la beneficenza (Croce Rossa, Opera Pia) già avviate dal marito mantiene i contatti con le signore dell'aristocrazia novarese ( bastano i cognomi Avogadro, Caccia di Romentino, Tornielli Bellini). L'unico luogo in cui ama vivere è la villa di Meina e il suo parco: due altarini ricordano Raffaello e sua madre Amelia De Bayer; Catherine si occupa di fotografie e di animali; 7 ettari di bosco sono diventati importanti per la via napoleonica del Sempione e risparmiati dal passaggio ferroviario con una galleria costruita appositamente per non incidere sulla struttura unitaria del parco e che porta il nome Faraggiana, lunghi viali laterali vincono la pendenza verso la villa; si incontra una costruzione in cui è attrezzato un laboratorio di fotografia (all'avanguardia per quel tempo) e un piccolo serraglio destinato a zoo domestico; quest'ultimo costituirà l'interesse maggiore di Catherine. Tralasciando la descrizione della villa principesca per il suo valore architettonico e per la ricchezza e la raffinatezza dell'arredo, è interessante conoscere la creatività di Catherine: viene costruito nel parco dell' Ing. Colombo, sindaco di Alerssandro, figlio di Chaterine, in divisa da esploratore Arona, uno chalet museo nel qua- parteneva a quella generazione di prevalentemente antropologico e le vengono raccolti con criteri scien- giovani famiglie benestanti o di ric- zoologico. Molti animali venivano catturati tifici animali tassodermizzati (vol- chi "rentiers" che influenzati dalle garmente imbalsamati) quali uccelli politiche coloniali europee (Inghil- vivi e spediti via mare in Italia, demosca, gufi di diverse dimensioni, terra Francia Olanda Belgio e Ger- stinazione Meina dove la madre, uccelli lira, del paradiso, aquile rea- mania) dell'800-'900 aspiravano ad Catherine, li accoglieva e li seguili, il leone, la leonessa, la tigre rea- affermare i loro interessi scientifici va personalmente nello zoo della ville, la iena, l'orso siberiano, l'orso e la intraprendenza in imprese la. I costumi, le religioni, le superbianco, la pantera, farfalle, vetrine esplorative extra europee sostenuesplicative delle metamorfosi delle ti anche dalle società geografiche stizioni locali costituivano un altro api, delle rane, del baco da seta; al- che sorgevano in Italia sia in cam- polo d'interesse: molti oggetti eratre vetrine mettevano in mostra, ar- po scientifico-militare governativo no visibili nelle vetrine del museo naturale di famiglia (Meina, Novara). mi abissine e la mantellina del Ras sia commerciale privato. In questo campo è d'obbligo citare Anche la spedizione in India a tapAlula, regalo del Gen. Baldissera al Sen. Faraggiana; lance frecce, ar- Guido Boggiani, Ugo Ferrandi, Ales- pe (Bombai, Sylon, Calcutta, NewDelhi) susciteranno emozioni irrimi avvelenate, calzature africane, sandro Faraggiana. Per quest'ultimo si possono fo- petibile anche se alternate a fatiche gioielli, memorie dei viaggi di Ugo Ferrandi, lontano cugino ed amico calizzare due momenti esplorativi: immani. A proposito di emozioni il primo riguarda l'Africa orientale, vorrei trascrivere testualmente la di Catherine e Raffaello. I viaggi del figlio Alessandro il secondo l'India: le sue documen- descrizione di Alessandro che traavrebbero arricchito ulteriormente tazioni fotografiche e scritte forni- smette al lettore la partecipazione quel tesoro di conoscenze. Egli ap- scono interessanti notizie di tipo ad un fenomeno astronomico: il so-

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Meina: Villa Faraggiana - Il Serraglio le al Polo Nord nel mese di luglio. In un viaggio esplorativo ma turistico di grande interesse geografico, dopo un percorso di 1200 km da Pietroburgo ad Arcangelsk in treno, durato 42 ore giunge sulla riva destra della Dvina: l'intenzione di affittare una barca a vela per affrontare i territori artici è impedita dai ghiacci e dalla mancanza di barconi impegnati nella pesca; accetta l'offerta fattagli dal governatore di Arcangelsk, di imbarcarsi sulla "Prin10

cipessa Olga", vapore che il governo russo aveva deciso di inviare in Nuova Zembia per un periodo di due mesi utili per nuove ricerche. Le parole di Faraggiana per descrivere lo spettacolo del tramontoalba del sole "tramonta a settentrione durante la sua breve assenza i raggi lambenti l'orizzonte illuminano le nubi per un gran tratto del firmamento di un rosso fuoco mentre il cielo a Sud appare di

una tinta cupa e velata di nebbia. Sono il tramonto e l'aurora che si seguono senza interruzione e danno per qualche istante quasi l'infernale visione di una immensa fornace". Fra i meriti di Alessandro ci furono anche le azioni militari nella prima guerra mondiale: nominato Capitano al comando dell' 8^ batteria a cavallo, partecipò alla battaglia di Bainsizza e fu promosso Maggiore nel 1916; nell'ottobre 1917 nella battaglia di Caporetto fu fatto prigioniero sul Carso, liberato nel 1918 fu promosso successivamente Tenente Colonnello. Il suo attendente che lo venerava gli riportò i cavalli del fronte orientale; i suoi superiori gli affidarono l'alienazione dei residuati bellici e trattò con gli acquirenti a tutto favore dello Stato. Condivise con la madre Catherine l'amore per Meina e la villa di cui aveva potenziato lo zoo e lo chalet fotografico. Nel 1937 si impose una scelta: il palazzo di Novara fu venduto al Comune; l'allora vice-Podestà Mario Toscano gli concede di godere per qualche tempo della collezione degli animali di Meina, facente parte di una donazione. Il vice-Podesta era ebreo e per le leggi raziali fu allontanato e chi lo sostituirà non aveva la stessa sensibilità del precedente. Catherine morì nel 1940 e tutto il materiale della villa di Meina fu accantonato e arrivò a Novara nel 1948; nella villa furono sistemati gli "sfollati". Solo nel 1953 il Sindaco Allegra scrive a Vittorio Cerruti, presidente dei Musei cittadini e amico di Alessandro Faraggiana per comunicargli che sono disponibili tre saloni del palazzo Faraggiana per avviare la sistemazione museale. Il Museo di Storia Naturale Faraggiana Ferrandi, come altre simili istituzioni, ha le sue origini nel "mecenatismo" che si protrasse dall'unità d'Italia alla seconda guerra mondiale (1861-1914). L'aspirazione di un colonialismo europeo competitivo nel continente africano divenne una passione condivisa da tutti gli uomini di cul-


tura: in tale quadro storico devono considerarsi la famiglia Faraggiana e il Capitano Ugo Ferrandi. Cominciarono a portare in Patria quantità di esemplari di carattere naturalistico, etnico, antropologico da esporre in abitazioni private nuclei originali delle principali collezioni pubbliche, divenuti parte di donazioni di fondazioni, di lasciti assegnati al Comune. Catherine Ferrandi Faraggiana donò nel 1937 all'amministrazione municipale le varie raccolte e vendette ad essa il palazzo di via Gaudenzio Ferrari per poterle Caterina ritratta sul soffitto della villa di Meina e, nell’altra foto, la esporre. La complessa ope- donna ormai anziana razione fu concretizzata nel 1957. riale è organizzato secondo il mo- nire leggendario ma credo che in Nel 1976 l'esposizione permanen- dello detto "schematico sintattico" realtà Alessandro Faraggiana, lunte del palazzo subì lavori di allesti- volutamente minimalista. Per esi- gimirante e dinamico, pensasse già mento che ne provocarono la chiu- genze di spazio e argomenti lascio da tempo ad istituire nella città un sura sino agli anni 1980; ma per al lettore interessato il piacere di "teatro democratico" rispondente comparire completamente rinno- una eventuale visita che coinvolge alle nuove esigenze culturali della vata si raggiunse l'anno 2000, con totalmente per la chiarezza delle società in trasformazione, con dinuove sistemazioni tematiche e l'ag- spiegazioni, la preziosità degli versi riferimenti musicali e artistici. Tale spirito di innovazione è opegiunta di altre strutture: un labora- esemplari e la continuità concetrante ancora oggi relativamente altorio scientifico per la didattica mu- tuale del percorso. Al museo è stato aggiunto un pic- la Fondazione Faraggiana. Lo stuseale ed il giardino. La raccolta novarese per l'importanza, l'ordine di colo ma lussureggiante giardino di- dioso Maurizio Leigheb, fra i relagrandezza è la seconda dopo quel- dattico e una esposizione di armi e tori del volume citato all'inizio la del museo regionale di storia na- suppellettili etiopi. Nella intensità dell'articolo, ha dato una precisa degli argomenti non può sfuggire elencazione giuridica dei vari tipi di turale di Torino. Il museo Faraggiana Ferrandi un'annotazione episodica relativa "donazioni" non sa precisare a quacomporta 2500 esemplari inventa- alla realizzazione del teatro Farag- le di esse appartenga la "donazioriati appartenenti a più di 1200 spe- giana: una gelida serata operistica ne Faraggiana"; non è chiara tutcie di vertebrati, 2 collezioni ento- del 1903 al teatro Coccia, il Mar- tavia la sua importanza nella vastimologiche ammontanti a 10.000 in- chese Alessandro Fararggiana tro- tà delle proposte culturali. Il comitato va il "suo" palco occupato da estra- organizzativo propone argomenti setti. Degli animali conservati 450 nei; gentilmente si scusa del dis- scientifici, filosofici cui sono invitaesemplari sono esposti e di questi turbo personalmente rimane ti come conferenzieri i migliori espooltre il 70% fanno parte della colle- sconvolto a tal punto da indirizza- nenti di ciascuna specializzazione. zione storica originariamente pro- re immediatamente le sue dimis- I temi che affiorano specialmente in prietà della famiglia Faraggiana con sioni quale socio del teatro Coccia campo filosofico-teologico sono inil contributo di Ugo Ferrandi. Recenti al Capo Delegazione. Il giorno suc- teressantissimi e danno luogo a vidonazioni private e di giardini zoo- cessivo chiede al Sindaco di Novara vaci dibattiti, stimolo a riflessioni logici l'hanno ulteriormente arric- Enrico Zaccheo se è possibile ac- che ne aumentano l'importanza. Lo quistare un terreno al centro della dimostra la sopravvenuta insuffichita. La visita offre una esposizione in città. Fa due offerte, l'area libera di cienza di spazio della "saletta in13 sale di cui le prime 3 introdutti- piazza Cavour, oggi occupata dal contri" a contenere un numero semve trattano la classificazione e l'e- Palazzo delle Statue, e uno spiaz- pre maggiore di partecipanti. Gli arvoluzione degli esseri viventi (no- zo attiguo verso la ferrovia, sceglie gomenti richiedevano spazio e ne menclatura di Linneo,teoria di Dar- la seconda; nel 1905 viene inau- ho abusato per personale parteciwin) e la zoogeografia (distribuzione gurato il nuovo teatro novarese, il pazione e interesse. geografica degli animali) il mate- Faraggiana. L'episodio si può defi11


Le foto della cena

Cena Sociale Pagine a cura di Chiara Rabozzi Foto di S. De Luca

di solidarietà

Un centinaio di soci e amici per i 43 anni di vita della Famiglia Nuaresa. Graditissime presenze quelle di Serena Fiocchi, direttore del Corriere di Novara, del Sindaco Andrea Ballarè, del Questore Giovanni Sarlo e dei vertici dell’Areonautica Militare Italiana della Base di Cameri

Foto di gruppo: da sinistra, in piedi, il Col. Flavio Guercio, comandante dell’RMV di Cameri, l’On.le Gianni Mancuso, il nostro collaboratore Antonio Poggi Steffanina, il Comandante del Presidio Areonautico di Cameri, Generale Lucio Bianchi, il comandante dell’Areoporto di Cameri, Col. Valter De Gennaro, il nostro collaboratore Gigi Bianco, il Generale dell’Esercito Manlio Attisano, il Maresciallo dell’Areonautica Sergio Dall’Ara. Seduti, il Presidente della Famiglia Nuaresa Stefano Rabozzi, il Presidente Onorario, Generale Giulio Mainini e il responsabile del 118 novarese, Angelo Tredanari. Nel corso della serata, Diego Rabozzi, figlio del nostro Presidente, ha proiettato alcune foto di un viaggio appena concluso in Tanzania, effettuato per aiutare un ospedale gestito dalle Suore Orsoline. Nella lotteria successiva alla proiezione, la generosità dei soci ha permesso di raccogliere oltre 300,00 euro da destinare ai bimbi sieropositivi ospiti del nosocomio africano. 12


Sopra, i soci e poeti novaresi Alberto Gavinelli e Fernando Mella hanno letto versi in novarese. Sotto, la Prof.ssa Gambelli, nostra collaboratrice e Stefano Rabozzi con il Sindaco di Novara, Andrea Ballarè.

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Fieri di essere

I TA L I A N I

Pagine a cura di G. Torrisi Bertelli El Alamein, 23 ottobre 1942 Dai cenni storici che abbiamo raccontato la volta scorsa, passiamo alla cerimonia del 70° anniversario della battaglia in ricordo dei caduti italiani. Come già anticipato la volta scorsa, la cerimonia, organizzata dall’ ANPDI, con la sezione di Novara in prima fila nel raggruppare i vari gruppi provenienti da tutta Italia, si è svolta alla fine di settembre, con una partecipazione di circa quattrocento persone tra paracadutisti in attività, ex paracadutisti ormai congedati, rappresentanze del corpo dei bersaglieri e degli alpini, reduci della battaglia stessa e civili a seguito. Il programma prevedeva un’intera settimana all’insegna del viaggio storico, non solo nella commemorazione ai caduti, ma anche la visita ai campi di battaglia, tra cui 14

la famosa depressione di Al Quattara, zona che si estende all’interno del deserto a circa 70 km dalla costa, e area assegnata all’epoca della battaglia alla Brigata Folgore , e teatro di alcuni dei più duri combattimenti della guerra d’Africa. Certo, sia inteso, e ci mancherebbe, che il programma non era limitato alle sole visite legate alla battaglia, o comunque al contesto strettamente storico – militare. Infatti, essendoci anche molti civili a seguito dei parenti presenti nelle forze armate, e/o semplici appassionati, ed essendo il campo base un villaggio turistico che si affaccia direttamente sul mare a metà strada tra la cittadina di Marsa Matruh e la stessa El Alamein (ad El Ghazzala), è stata anche l’occasione per unire l’utile al dilettevole. Precisamente è stata l’occasione per farsi anche una vacanza all’insegna del sole, del mare, e perché no di una bella abbronzatura. E non dimentichiamo le visite

turistiche ed escursioni ad alcune tra le più importanti città dell’Egitto, come Il Cairo ed Alessandria , o alla famosa Oasi di Siwa, una bellissima area verde che sorge in pieno deserto, al confine tra la Libia e lo stesso Egitto, dove tutt’ora vivono ,in un villaggio all’interno dell’oasi, alcune famiglie di beduini, con tanto di coltivazione di frutti e cereali del posto, oltre che allevamento di bestiame. Il tutto è iniziato domenica 23 settembre, con partenza da Malpensa e volo diretto per El Alamein. Appena atterrati, ci siamo diretti al villaggio dove abbiamo sbrigato il consueto check – in. Il giorno dopo, al mattino, ci siamo diretti al sacrario italiano, dove sono deposte le spoglie di circa quattromila soldati italiani, per svolgere le prove per la cerimonia che si sarebbe svolta la mattina successiva. Il giorno dopo, appunto, ci siamo ritrovati con tutte le sezioni dell’ANPDI, nuovamente al sacrario, tutti rigorosamente con una “divisa” studiata per l’occasione : una


maglietta azzurra con lo stemma che ricordava il 70° anniversario della battaglia e pantaloni lunghi color sabbia. Per chi partecipava direttamente alla cerimonia anche il famoso basco amaranto, tipico elemento riconoscitivo dei paracadutisti, che ho avuto l’onore (grazie alla generosità e allo spirito di aggregazione della mia sezione) di poter sfoggiare. La manifestazione ha avuto inizio con la sfilata dei labari delle varie sezioni dei paracadutisti, oltre che delle rappresentanze di altre Armi. Successivamente un grande tricolore raffigurante la nostra bandiera, ha sfilato davanti al monumento dei caduti , e lasciato per tutto il tempo della cerimonia , tenuto da otto volontari, a sventolare, in ricordo di chi per quei colori ha dato la vita. Il discorso è stato pronunciato dal Generale di Brigata Iacono, ex vicecomandante della Brigata Folgore, che ha fatto da moderatore della cerimonia, riportando con molta precisione la cronaca di quei giorni drammatici, e il racconto di alcuni testimoni che sono sopravvissuti alla battaglia. Subito dopo, c’e stata la benedizione e la preghiera per i caduti, recitata dal parroco della chiesa di Ghazzala. Alla fine della cerimonia , c’e stata la visita all’interno del sacrario stesso. Non si può negare, che questo sia stato un momento tra i più toccanti : il vedere i nomi , e in molti casi, la sola scritta “ignoto”, di soldati di età che andavano tra i 18 e

i 45 anni, è stato davvero commovente. E’ stato davvero difficile, vedere tanti occhi lucidi che in cerchi casi a stento trattenevano le lacrime. Nella mezz’ora successiva c’e stata la possibilità di andare a visitare “Quota 33”, distante circa trecento metri dal sacrario, e che non è altro che la dimora nel quale per quindici anni, ha soggiornato Paolo Caccia Dominioni, il tenente alpino, che come già accennato precedentemente, ritornò in Africa e raccolse in giro per tut-

italiana e quella tedesca. Nel cortile esterno invece, è possibile ammirare una sfilata di mezzi sia alleati che dell’asse : dai carri armati alle camionette blindate, ai semicingolati, ai cannoni. Molti di questi mezzi sono stati recuperati direttamente dal deserto, e molti dei quali, sono ormai gli scheletri di metallo di quelli che settant’anni fa correvano in lungo e in largo per il deserto egiziano. Dopo un pranzo al sacco, nel primo pomeriggio ci siamo diretti verso il cimitero inglese, e successi-

to il deserto le salme non solo dei caduti italiani, ma anche dei caduti inglesi, e dei caduti tedeschi, consegnati poi successivamente a i propri paesi, per dargli una degna sepoltura. Finita la visita a “Quota 33”, è stata la volta del museo della battaglia di El Alamein, dove non posso negare, chi è appassionato come me di storia militare e di cimeli bellici, è rimasto estasiato. Il museo infatti, conserva al suo interno, divise e armi, oltre che vari oggetti dell’equipaggiamento di tutti gli eserciti che hanno combattuto la battaglia. Il complesso è suddiviso in tre aree: quella inglese e del Commonwealth, quella

vamente verso il sacrario tedesco, per poi tornare stanchi , ma contenti, al villaggio. Nei tre giorni successivi, la comitiva, da un punto di vista di visite legate strettamente alla battaglia, ha riposato, mentre per quanto riguarda piccoli viaggi escursionistici (Il Cairo, Alessandria, Oasi di Siwa) ha data il proprio contributo,formando diversi gruppetti di persone, che hanno indossato le vesti di turisti e gironzolato per la zona. Senza dimenticare i bagni, scherzi e attività latere tipiche di una vacanza al mare. Il venerdì invece, il gruppo è rientrato nell’ottica “militare”, ed è ripartito con una carovana di venti 15


gip da deserto, per quello che una volta era il fronte di battaglia, facendo varie tappe, ognuna delle quali era stato teatro di scontri violenti. Tra queste, le zone dove hanno combattuto i bersaglieri, la divisione Brescia, Pavia, e la divisione corazzata Ariete, che fu totalmente annientata. Proseguendo per settanta chilometri siamo arrivati fino al margine sud del fronte di battaglia, sulla depressione di Al Quattara, zona assegnata alla Brigata Folgore, e sede di una grandissima ed eroica resistenza da parte dei nostri soldati. La cosa che lascia di stucco, è che a distanza di cosi tanti anni, sono ancora visibili le tracce lasciate dai soldati e dalla battaglia che si è svolta. Si possono ancora vedere infatti le trincee scavate nel deserto roccioso dai paracadutisti, oltre che trovare, se si presta atten16

zione, alcuni piccoli reperti, come bossoli di mitra, di fucili, gavette ormai arrugginite, o addirittura pezzi di mappe e giornali, che il caldo del deserto ha conservato. La cosa che più mi ha colpito però, è stato l’ambiente in cui questi soldati sono stati mandati e sono dovuti restare per mesi e mesi. Il nulla!! Per chilometri e chilometri attorno alle postazioni, non c’e altro che deserto, un po’sabbioso, un po’roccioso. Il silenzio assoluto, una piccola brezza di aria calda, nessuna anima viva.

Ed è li, che non puoi evitare di chiederti : “Ma dove li hanno mandati questi ragazzi?”, “Perché gli hanno mandati in mezzo al nulla?” Sono stato , per la mia passione storica, in diversi teatri di combattimento della seconda guerra mondiale: Normandia, Cassino, aeroporti inglesi dal quale decollavano i caccia e i bombardieri alleati, ma nessuno di questi, per quanto anch’essi pieni di tracce di morte, mi ha lasciato cosi stupefatto e confuso. Rispetto ad altri fronti di battaglia, c’era un senso di vuoto. In Normandia infatti, per fare un esempio, i campi di battaglia erano gli stessi villaggi, paesi, case, strade, animali, vegetazione, zone dove comunque c’era vita. Ad El Alamein, invece, ti chiedi davvero se tutto questo era necessario: dare la vita per chilometri di deserto,


per difendere che cosa poi? La sabbia? Questo è forse il pensiero, quando ti trovi direttamente sul posto, che più ti lascia sconcertato. E grazie a questo pensiero, che ti rendi conto di quanto sono stati davvero eroici questi ragazzi, coraggiosi, nonostante una natura avversa ad un essere umano e ad un nemico decisamente superiore per numero e armamenti. Sono rimasti fermi, come pietre inchiodate nel deserto, né avanti, né indietro. Sapevano benissimo, che molti di loro non sarebbero più tornati a casa, eppure hanno fatto il loro dovere fino in fondo. E non perché, come per decenni, una certa retorica post guerra ha fatto credere, dicendo che erano tutti ”esaltati fascisti del regime”, visto che molti reduci dall’Africa una volta rientrati in Italia si schierarono proprio con la resistenza, a testimonianza che non tutti erano per il regime, o che comunque la pensassero uguale. Molti di loro, infatti, erano semplici ragazzi, che studiavano all’università, che lavoravano nei campi con i loro padri o nella bottega sotto casa, e non facevano parte di nessun partito, e che un giorno hanno ricevuto una cartolina che gli ordinava di partire per un altro continente, in zone magari che mai avevano sentito nominare.

Eppure sono partiti, con la loro paura, i loro dubbi e le loro perplessità, lasciando i loro cari e i loro affetti, con la consapevolezza di poter anche non tornare, ma con coraggio. Sarebbe bello, un giorno, arrivare ad una memoria condivisa, cosa che per anni, e in buona parte tutt’ora non avviene. La battaglia di El Alamein ha rappresentato per anni un tabù per la sinistra italiana, perché veniva vista come una guerra voluta dal fascismo e cosi i ragazzi che l’hanno combattuta. Cosi per anni si è cercato di parlarne il meno possibile, di non ricordare quei caduti, che per anni, sono rimasti seppelliti in mezzo al deserto in fosse scavate al momento, a volte senza neanche una croce sopra, o un nome che li identificasse. E questo in virtù di un ‘idea totalmente sbagliata. E’ vero, la guerra è stata voluta dal regime, ma non per questo chi è stato obbligato a combatterla era un sostenitore dello stesso. Questo modo di vedere, ha portato per anni un non riconoscimento di valori che quei caduti hanno saputo dimostrare, che era legato ad un senso di patria e di bandiera che andava al di là degli ideali politici, qualunque essi fossero. Cosi come non è vero, che tutti quelli che volevano o ci teneva-

no a ricordarli, erano persone legate ad ideali riconducibili per forza alla destra italiana. La battaglia di El Alamein infatti, è stata un fallimento per il fascismo, e per gli ideali di espansione dell’Impero voluto da Mussolini, tutt’altro un motivo da ricordare per gli eventuali nostalgici. Proprio per questo, chi vuole ricordare i caduti d’Africa non lo fa per ideali politici, ma proprio perché un paese con una storia e con un rispetto per i propri cari, deve assolutamente onorare i caduti in guerra, indipendentemente dal luogo o tempo, o governo e ideali, che in quel momento sulla vita di quei protagonisti hanno gravato senza alcuna pietà. Sarebbe bello un giorno, arrivare ad una memoria condivisa, una memoria dove tutti gli italiani, indipendentemente dal colore politico, abbiano rispetto per i loro caduti, per chi ha rinunciato ai suoi sogni e alla sua vita, per una patria che non sempre li ha ripagati come avrebbe dovuto fare,perché come ricorda il ceppo nel chilometro 111 da Alessandria, punto dove si è fermata la nostra avanzata nel luglio del 1942, “Mancò la fortuna, Non il valore”. Ricordiamocelo tutti!!!

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NOVARA

Impazza il Carnevale! Sotto lo sguardo attento di Sua Maestà, Re Biscottino e della “consorte” Cünèta, il Carnevale di Novarasi dipana per le vie della ciottà musicalmente assistito dalla Banda di Caltignaga. Dopo la consegna delle chiavi da parte del Sindaco Andrea Ballarè (chiavi scese dalla Cupola di San Gaudenzio grazie alla discesa spettacolare di 9 alpinisti professionisti) al Re Biscottino, regnante per un anno, si è svolta la consegna del “Premio Enrico Tacchini” alla Novaresità. Premiati, quest’anno, Serena Fiocchi, Direttore del Corriere di Novara e Stefano Rabozzi, Presidente della Famiglia Nuaresa. Ecco le immagini sopra descritte nelle foto di Simone De Luca (g.c.)

Sua Maestà, Re Biscottino e la consorte Cünèta, hanno consegnato il premio alla Novaresità a Stefano Rabozzi, Presidente della Famiglia Nuaresa e a Serena Fiocchi, Direttore del Corriere di Novara. Nella pagina accanto, tutti con gli occhi in su, per vedere la discesa dalla cupola degli alpinisti. Nell’altra foto la piccola maschera di Sant’Agabio, “Al ranatin” (Foto S. De Luca) 18


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Patrizia, figlia dell’indimenticato Re Biscottino Enrico Tacchini, insieme a Stefano Rabozzi, a cui ha consegnato l’ambito premio alla NovaresitĂ

La Banda del Comune di Caltignaga ha allietato la festa con musiche e danze

La Corte di Biscottinopoli al gran completo! 20


Gigi D'Alessio con gli amici di "Noi come voi" Gigi D'Alessio e Benedetta Sereno Clerici hanno inaugurato a Galliate il 20 Dicembre scorso il nuovo centro per disabili di Roberto Lodigiani (tratto da “La Stampa” del 20.12.2012 g.c.) Taglio del nastro oggi alle 18,30 del centro diurno e residenziale per disabili «Apri le Braccia» in strada vicinale Leopardi 28 a Galliate. La struttura voluta dall’associazione «Noi come voi», presieduta da Benedetta Sereno Clerici, mette a disposizione 1300 metri quadri totali su due piani e 5 mila metri quadri di area verde. La benedizione dell’edificio con il vescovo Franco Giulio Brambilla, il sindaco di Galliate Davide Ferrari e i presidenti di Regione e Provincia, Roberto Cota e Diego Sozzani. Di Gigi D’Alessio il discorso ufficiale che è culminato con il primo ingresso alla struttura, accompagnato dagli ospiti e dagli animatori.

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Giusto riconoscimento agli eroi dell’Arma Azzurra

Il museo storico di A.Poggi Steffanina

novarese “Aldo Rossini”

INella nostra città esiste un importante luogo dedicato al ricordo di tutti i militari della provincia di Novara che hanno servito la Patria e che si sono sacrificati per difenderla: si tratta del Museo storico novarese "Aldo Rossini" situato a fianco della Chiesa di San Nazzaro alla Costa, nel viale delle Rimembranze, presso il "Colle della Vittoria". E' un vero e proprio scrigno che racchiude i cimeli e i ricordi dei nostri combattenti suddivisi in 22

ordine cronologico dalla prima guerra d'Indipendenza alla seconda guerra mondiale e dovrebbe essere visitato più spesso dalla collettività in segno di rispetto e per rendere il giusto onore ai nostri eroi. Nel 1965 nacque il primo nucleo espositivo con la costituzione del "Museo Storico Risorgimentale" grazie alla volontà e alla dedizione del Sen. Avv. Aldo Rossini (nato a Novara il 4 luglio 1888), già decorato con la medaglia

d'argento al Valor Militare nel 1915 sul monte Podgora: fu inaugurato il 12 settembre dello stesso anno con una cerimonia ufficiale in presenza del Ministro della Difesa Sen. Giulio Andreotti. Questa realtà inizialmente fu pensata come una raccolta di documenti storici e di testimonianze donati dai privati cittadini e dalle istituzioni pubbliche e rimase attiva fino al l' 8 gennaio 1977 quando scomparve il Sen. Rossini. Purtroppo da quel mo-


mento si susseguirono 18 lunghissimi anni in cui la struttura, ideata dall'architetto Cesare Mercandino, cadde in un terribile degrado e abbandono, subendo furti, atti vandalici sino a diventare un dormitorio per gatti randagi. Le infiltrazione d'acqua piovana contribuirono a danneggiare ciò che non fu rubato. Nel 1965 tra i vari cittadini che risposero alla richiesta di donazioni per formare il patrimonio del costituendo museo risorgimentale, anche la mia famiglia decise di donare alcuni cimeli appartenuti al mio trisnonno Geom. Antonio Poggi (nato a Rovegno il 254-1846 e morto a Novara il 1011-1908) che a soli 20 anni scappò da casa per arruolarsi a Varese, il 26 maggio 1866, nel 4° reggimento del Corpo Volontari Italiani e combattere al fianco del Generale Giuseppe Garibaldi durante la terza guerra d'Indipendenza. I miei parenti donarono anche la sua rarissima e preziosissima "camicia rossa" da garibaldino che tutti i novaresi ricordano esposta e che purtroppo fu rubata proprio negli anni dell'incuria e della chiusura al pubblico. La rinascita e il restauro del museo avvennero grazie alla determinazione del Presidente dell'associazione bersaglieri in congedo Sig. Angelo Vittorio Trigili, al fondamentale contributo economico della Regione Piemonte, della Provincia di Novara, del Comune di Novara, della Banca Popolare di Novara e .della Banca Popolare di Intra e al supporto dei volontari delle associazioni d'Arma locali. Il Sig. Sabino Franzolini si occupò della riorganizzazione mentre il Sig.

Bruno Beltrami, reduce della battaglia di El Alamein, coadiuvato dal Sig. Enzo Snaiderbaur gestì ed eseguì il riordino e il restauro del materiale espositivo. Con un' inaugurazione solenne, organizzata il 24 giugno 1995, riaprì il Museo Storico Novarese "Aldo Rossini" intitolato proprio alla memoria del suo illustre fondatore: la gestitone, la direzione e la vigilanza furono affidate all'Associazione Amici Museo Aldo Rossini (A.M.A.R.), nata nel 1995 per tutelare il patrimonio spirituale custodito nel museo grazie al supporto dei volontari. Il primo direttivo del sodalizio, presieduto dal Sig. Angelo Vittorio Trigili, che ora ne è il Presidente Onorario, era formato dai presidenti delle associazioni novaresi (dei militari in congedo) d'Arma e combattentistiche: gli alpini (A.N.A.), gli a v i a t o r i (A.A.A.), i bers a g l i e r i (A.N.B.), i carabinieri (A.N.C.), i combattenti e r e d u c i (A.N.C.R.), i decorati al valore (Istituto del Nastro Azzurro), le famiglie dei caduti e dispersi aeronaut i c a (A.N.F.C.D.A.), i fanti (A.N.F.), i m a r i n a i (A.N.M.) e gli u f f i c i a l i (U.N.U.C.I.). Attualmente l'Associazione A.M.A.R. è pre-

sieduta dalla Prof.ssa Silvana Moscatelli, il Vicepresidente e Direttore del Museo è il Gen. Raffaele Selvaggio, il segretario è il Comm. Renzo Cima, il Tesoriere è il Dott. Antonio Poggi Steffanina, i consiglieri sono il Sig. Angelo Vittorio Trigili, il Comm. Francesco Antonini, il Dott. Roberto De Rosa e il Geom. Aldo Scrimieri mentre i revisori dei conti sono il Sig. Enzo Gandini e il Sig. Angelo Trigili. "E' per me un grande onore -afferma il Presidente dell'associazione A.m.a.r. Prof.ssa Silvana Moscatelli - presiedere dal 2006 il sodalizio che gestisce e tiene vivo il Museo Storico Novarese Aldo Rossini; grazie al preziosissimo supporto di tutte le Associazioni d'Arma che, a rotazione, effettuano i turni di sorveglianza, riusciamo a tenere

Nella foto di pag. 22 una sala del “Museo storico” e, a fianco, il busto a ricordo del senatore novarese Aldo Rossini, fondatore del museo. 23


Nella foto, al centro il Prefetto Letta, a sinistra il Sen. Aldo Rossini e a destra del Prefetto Pier Antonio Poggi. aperto il museo nei mesi primaverili ed estivi, permettendo alla cittadinanza di visitare le sale espositive ricche di testimonianze storiche dalle guerre d'Indipendenza sino alla seconda guerra mondiale. Lo scorso anno abbiamo avuto piĂš di 1000 visitatori. Tutti insieme ci impegniamo da anni per salvaguardare la memoria storica del nostro territorio: vogliamo tramandarla alle generazioni future in modo che possano rafforzare il proprio amor patrio ricordando gli eroici esempi di quanti

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si sono sacrificati per difendere la Patria, guidati dallo spirito di servizio e di abnegazione". Il museo è strutturato in due differenti ambiti espositivi: la parte esterna è costituita dal giardino dove sono accuratamente posizionati un siluro, i cannoni, l'ala di un aereo e le torpedini mentre l'interno dell'edificio è composto da una grande stanza e da due salette, la prima destinata ad Armeria con armi da fuoco e armi bianche e la seconda contenente l'Archivio, ricco di libri e periodici militari.

Una volta entrati, dopo aver superato l'ingresso dedicato al fondatore Sen. Aldo Rossini, si accede al salone principale dove si possono ammirare le teche espositive meticolosamente disposte seguendo un ordine cronologico che parte dal periodo pre-unitario, comprendente anche la sconfitta subita durante la battaglia di Novara, per terminare con le teche della seconda guerra mondiale e quelle dedicate al periodo post-bellico dei giorni nostri con le missioni di pace all'estero.


E' un interessante viaggio storico testimoniato dall'eroico impegno profuso dai nostri novaresi che prima hanno combattuto, per unificare l'amata Patria, nella prima guerra d'Indipendenza (1848-1849), nella Guerra di Crimea (1855-1856), nella seconda guerra d'Indipendenza (1859), nella spedizione dei Mille (1860) e che successivamente si sono impegnati per difenderla partecipando alla terza guerra d'Indipendenza (1866) e alla liberazione di Roma (1870), alla guerra italo-turca (1911-1912), alla prima guerra mondiale (19151918), alla guerra italoetiopica (1935-1936), alla guerra civile spagnola (1936-1939) e alla seconda guerra mondiale (19401945). Le collezioni comprendono gli oggetti che sono appartenuti ai combattenti del nostro territorio sia noti che sconosciuti ma tutti accomunati da un profondo senso del dovere e spirito di servizio: sono esposte le loro medaglie, i fregi, le spade, le sciabole, i pugnali, le pistole, i fucili, le munizioni, i manichini con le uniformi originali, i quadri, le fotografie, gli elmetti, le bandiere, i diplomi, le lettere e le cartoline. Sono molto significativi i modellini che riproducono fedelmente le navi e gli aerei della seconda guerra mondiale tra cui quello

che ho donato del Fiat B.R. 20 pilotato da mio nonno Ten. Pilota Cav. Uff. Pier Antonio Poggi (nato a Novara il 17 ottobre 1908) che morì, servendo la Patria, l'11 novemb r e

invece nella sala dell'archivio si può ammirare il bellissimo plastico che rappresenta l'ultima fase della battaglia di Novara del 23 marzo 1849, realizzato nel 1999, per le celebrazioni del 150° anniversario del combattimento. L'ingresso al museo è libero ed è aperto dal 1 aprile al 30 giugno (esclusa Pasqua e il lunedì dell'Angelo) e dal 1 settembre al 30 novembre con i seguenti orari: il sabato dalle 15.00 alle 18.00 mentre nei giorni festivi dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 16.00 alle 18.30. Per prenotare le visite guidate, avere informazioni e donare materiale storico si può contattare il numero telefonico 0321-628042 dalle 10.00 alle 12.00 oppure scrivere all'indirizzo di posta elettronica: amar@hotmail.it Non mi resta che invitarvi a scoprire dal vivo il Museo storico novarese "Aldo Rossini" che vi offrirà grandi emozioni e spunti Il Garibaldino di riflessione sul valore della PaGeom. Antonio Poggi ce e sull'importanza della convivenza pacifica tra i popoli; invece 1940 a soli 32 anni; il suo veli- per chi l'avesse già visitato sarà volo n. 242-3 precipitò, nella Ma- l'occasione per assaporare nuonica, con tutto l'equipaggio dopo vamente la nostra storia e onoesser stato colpito dalla Royal Air rare la memoria dei nostri militari Force (R.A.F.) nella missione dell'Aeronautica, della Marina e diurna segreta dell' Esercito. "Operazione Cinzano", per bom- Viva l'Italia, sempre! bardare il porto di Harwich, durante la battaglia d'Inghilterra;

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Testo e foto di E. Spina

T

Matrone

ra i contesti museali novaresi, fiori all’occhiello della città sono rappresentati dalle pregevoli raccolte epigrafiche conservate presso i musei lapidari del Broletto e della Canonica. Tra le molteplici iscrizioni che costituiscono le raccolte, particolare rilevanza va attribuita ad un apprezzabile numero di dediche rivolte a delle particolari figure divine il cui culto, se pur epigraficamente ascrivibile al periodo romano imperiale, affonda le proprie radici nell’antico sostrato celtico. Bassorilievi di area transalpina e germanica ci restituiscono l’immagine di queste divinità, variabilmente invocate con i nomi di Matronae, Matres o Matrae, sottofor26

Un antico culto nell’area novarese

ma di triade. Spesso sedute e di rado erette, le tre donne vengono raffigurate con aspetto austero ed hanno per attributi cesti di fiori e di frutta, portano saltuariamente una

cornucopia e possono presentare sia il capo scoperto che adornato da un ampio copricapo, di fattezza trasversalmente circolare. Le fonti lapidee della regio XI Transpadana, ovvero il territorio cui l’area novarese apparteneva, sono in questo contesto estremamente preziose in quanto, unitamente ad altre are e cippi rinvenuti nell’Italia settentrionale, vanno a costituire quel fondamentale elemento d’indagine che ha consentito di individuare, nella Gallia Cisalpina, delle manifestazioni cultuali decisamente peculiari. Non solo i culti cisalpini delle Matronae presentano differenziazioni rispetto a quelli tipici dei territori d’oltralpe, ma appaiono tra loro dissimili anche nelle diverse regioni italiche.Non è ad oggi chiaro se Matres e Matronae fos-


sero termini differenti rimandanti comunque ad un’identità unica, così come non è ancora stato possibile definire se l’origine di questo culto sia da inquadrare in un contesto celtico oppure germanico, ma restringendo il campo all’area cisalpina la situazione appare tuttavia differente. Unitamente alla mancata attestazione del termine Matres infatti, all’utilizzo del nome Matronae se ne affianca un altro particolarmente significativo, quello di Iunones. Il prezioso studio del 1986 ad opera di Franca Landucci Gattinoni (Un culto celtico nella Gallia Cisalpina, le Matronae-Iunones a sud delle Alpi) segnala, per la regio XI Transpadana, il ritrovamento di ben trentaquattro iscrizioni con dedica univoca alle Matronae, due sempre in forma univoca alle Iunones e due, particolarmente significative per via della presenza di una connessione diretta tra i due teonimi, alle Matronae-Iunones. Con particolare riferimento alle aree prossime al territorio novarese, dalla riva orientale del Lago Maggiore provengono sette delle trentaquattro iscrizioni alle Matronae, una da quella occidentale e nove sono state rinvenute nei territori di Novara e Vercelli. Una delle due iscrizioni alle Iunones ci è giunta dalla zona a sud del Lago Maggiore così come dalla sua riva orientale proviene una delle due dediche alle Matronae-Iunones. Comparando tali evidenze con le ventinove iscrizioni alle Iunones, le sette alle Matronae e la sola dedicata alle Matronae-Iunones rinvenute delle regio X Venetia, emerge una netta differenziazione che vuole le Iunones maggiormente attestate nell’area orientale mentre le Matronae in quella occidentale dell’Italia settentrionale. In area cisalpina Matronae e Iunones parrebbero dunque condividere la medesima identità, ma l’ultimo appellativo risulta nel contempo particolarmente significativo in quanto utile ad evidenziare un legame, piuttosto palese, con la ben

La lapide di Avigliana, in provincia di Torino più nota dea Giunone. Frutto quindi dell’interpretatio romana, il termine Iunones tende ad affiancare ed in certi casi a sostituire quello di Matronae, divinità proprie dell’Italia settentrionale che, a seguito della permeazione latina, subiscono anch’esse un inevitabile processo di romanizzazione. La datazione delle iscrizioni di area cisalpina è in grado poi di offrirci un quadro cronologico più preciso di tale fenomenologia. Una sola iscrizione è precisamente riferibile al quinto consolato di Traiano (103 d.C.), due invece al periodo Giulio-Claudio (prima metà del I sec. d.C.), mentre criteri di inquadramento non paleografici ed archeologici, ma prettamente storici ed onomastici, suggeriscono una collocazione cronologica ancora più alta e riferibile alla seconda metà I secolo a.C., ovvero negli anni in cui il processo di romanizzazio-

ne dell’Italia settentrionale era ancora in pieno svolgimento. Tale ipotesi pare altresì essere confermata dalla differente incidenza del teonimo romano Iunones, in precedenza già evidenziata, tra la parte orientale e quella occidentale dell’Italia settentrionale, specchio del differente grado di romanizzazione delle due zone. Al di là del nome utilizzato in differenti aree e periodi, nocciolo della questione è l’inquadramento puramente religioso di queste divinità, purtroppo totalmente ignorate dalle fonti letterarie antiche a noi pervenute. L’associazione attuata dai romani con Giunone parrebbe offrirci qualche elemento utile, ma considerando l’ampia sfera di influenza della dea romana e le sue molteplici funzionalità anche in contesto italico, i profili tracciabili risultano talmen27


Ara di Narcissus (Pallanza, Chiesa di Santo Stefano) te imprecisi e vaghi da costringerci a portare l’attenzione direttamente alle preziose raffigurazioni scolpite su pietra. A differenza delle Matres-Matronae transalpine, le figure femminili presenti sui rilievi rinvenuti nella Gallia Cisalpina appaiono generalmente in numero superiore a tre, non sono caratterizzate da tratti composti ed austeri ma, al contrario, presentano parvenze giovanili e leggiadre, non risultano provviste di attributi propri quali fiori o ceste di frutti, ma vengono rappresentate con le braccia che si incrociano con quelle delle proprie vicine, creando un insieme paragonabile ad una scena di danza, ove festoni di foglie ed alberi richiamano ad ambientazioni tipicamente naturalistiche e silvestri.La tipizzazione sacrale che le contraddistingue induce ad escludere l’ipotesi che tali raffigurazioni ritraggano semplicemente delle donne devote, suggerendo invece una precisa e peculiare iconografia divina, riferita a dee più simili a ninfe che a madri dai tratti severi. Gli epiteti ad esse associati, quali Indulgentes, Sanctae o Divae, portano poi ad una definizione che è propria di figure sicuramente benevole. Ulteriori appellativi associati al nome Matronae come il doppio etnico Ucellasicae Concanaunae presente su un’iscrizione rinvenuta presso Corbetta o Braecorium Gallianatium, caratteristico invece di 28

una dedica ritrovata a Galliano, sono in grado di fornirci un altro elemento di sicuro interesse, che riporta all’antica organizzazione vicanale tipica delle culture celtiche, che aveva nel vicus, espresso col primo etnico, una sua primaria entità sociale basata sui legami di sangue e nel pagus, costituito dall’unione di più vici ed espresso col secondo etnico, un raggruppamento territoriale più vasto, costi-

tuente una tribù. Un altro aspetto utile alla definizione di questo quadro indiziario è rintracciabile in una decina di iscrizioni rinvenute in area padana, dove le Matronae-Iunones vengono citate insieme ad altre divinità, quali Giove foto sotto con Giunone) Ottimo Massimo, Mercurio, Ercole, i Lari e Diana. Se l'associazione con la più importante divinità capitolina Iuppiter


Optimus Maximus testimonia la legittimità del culto delle Matronae all'interno della religione ufficiale romana, l'affiancamento a Mercurio, interpretatio romana della principale divinità celtica, tende ad evidenziare una non trascurabile continuità religiosa tra i culti tradizionali cisalpini e quelli romani. L'associazione con Ercole può essere spiegata in modo analogo in quanto questo dio, insieme a Giunone, va a costituire un coppia divina ove il primo ricopre il ruolo di numen tutelare maschile e la seconda di numen tutelare femminile. Se l’associazione con i Lari, da intendere non come divinità familiari e domestiche, ma come Lares Compitales, è utile a dimostrare l’importanza che gli incroci ed i crocicchi ricoprivano all’interno delle culture antiche in quanto fulcro e simbolo dell’incontro di cose e persone, particolarmente rilevante è infine l’associazione con Diana, dea italica appartenente ad una ben precisa categoria divina, quella delle potnie, ovvero le "signore degli animali e delle selve", divinità femminili i cui tratti risultano ben delineati quantomeno dall'epoca protostorica (con attestazioni provenienti dall'ultima fase del paleolitico), tra le quali è possibile annoverare Fauna-Bona Dea, Angizia, Marìca, Feronia, Retia ed anche i maschili Cernunnos e Fauno. Gli studi comparativi di George Dumézil (La religione romana arcaica, pp. 363-364) hanno avvicinato queste divinità italiche al prevedico Rudra, "il dio di tutto ciò che non è ancora posseduto dalla civiltà", ma al tempo stesso hanno evidenziato una sostanziale diffe-

renza che vuole le potnie quali divinità in grado di porre le forze selvatiche al servizio degli uomini, della loro alimentazione, della loro salute, d e l l a l o r o f e c o n d i t à , neutralizzando i pericoli propri degli ambienti selvaggi. In ambito romano-italico rientra a pieno titolo in questa categoria Diana Nemorensis, dea venerata nel-

dee appare dunque decisamente vasta ma al tempo stesso talmente essenziale da risultare inadatta all’inquadramento in contesti civici evoluti, minuziosamente strutturati a livello religioso per via di un più complesso ed articolato sistema sociale. Gli indizi emersi non ci consentono di chiarire con precisione l’ef-

la triplice epiclesi Diana, Selene ed Ecate in un’antica area di culto situata nei pressi del lago di Nemi, già frequentata dalla media età del bronzo. Un significativo parallelismo con questa divinità è stato messo in evidenza da Renato Del Ponte (Dei e miti italici, p. 175) che, parlando della venetica Reitia, scrive: "Fra gli attributi più interessanti di Reitia vi è certamente quello di Triavi, ossia "triplice", "trina", epiclesi (cioè invocazione) cui fan capo i tre cardini della vita: creazione, conservazione e distruzione”. Denario romano repubblicano emesso da P. Accoleius Lariscolus, con Diana Nemorensis al dritto e la triade Diana, Selene ed Ecate al rovescio (Roma, 43 a.C.) La dimensione religiosa di queste

fettiva funzionalità religiosa propria delle Matronea-Iunones ma sono comunque in grado di fornirci un inquadramento indicativo che tende a collocare queste benevole divinità all’interno di un processo che, partendo da un contesto tribale decisamente arcaico, tende ad evolvere, di pari passo con le innovazioni culturali derivate dal processo di romanizzazione, in una religiosità maggiormente strutturata che, pur mantenendo connotazioni tipicamente rurali, pare ormai aperta proprio a quel nuovo e maggiormente sviluppato ordinamento civico e sociale che iniziò ad imporsi nell’area novarese tra gli ultimi decenni del I secolo a.C. e la prima metà del I secolo d.C.

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Ad Hostes Rugens Lo ammetto è con un certo timore e riverenza quasi con paura che mi avvicino a questo argomento, di L. Bianco ben sapendo che se sbaglio la mia ricostruzione storica me né sentirò di tutti i colori per i prossimi duecento anni, ma prima o poi qualcuno doveva pur trattarlo e quindi eccomi qua pronto a prendermi una valanga di ortaggi in faccia. Non sono il detentore assoluto della verità storica ma penso di essere in zona quello che più ha studiato ed approfondito l’argomento e quindi ci provo. Vorrei parlarvi di un mito, e non solo nel senso letterale del termine, vorrei parlarvi di un’entità che ha oltre 90 anni di vita e di storia e sicuramente ha davanti a sé ancora molte altre belle pagine da scrivere. Vi voglio parlare del 21° Gruppo Caccia Intercetti dell’ Aero30

nautica Militare, il mitico gruppo “Tigre” che è stato operativo sull’ aeroporto di Cameri dal 1964 al 1997 prima di essere trasferito dapprima a Gioia del Colle e dopo un breve periodo in cui era stato messo in “posizione quadro” ossia non operativo a Grazzanise ad operare con gli elicotteri. Non si può cominciare a parlare di un gruppo di volo se prima non si conosce la storia dello stemma rappresentativo, nel caso del 21° Gruppo la mitica Tigre rampante. L' origine e' riconducibile alla meta' del 1941, ad opera della 98° Squadriglia del 7° Gruppo/54° Stormo, equipaggiata con

i Macchi C200. A Comiso base di rischieramento del 7° Gruppo l' idea si trasformava in realta' , e comparve un primo bozzetto seguito dal disegno definitvo dello stemma. Fù riprodotta sulle fusoliere dei Macchi e sulle sciarpe rosse dei piloti e specialisti e pian piano, complici anche gli eventi bellici, il 54° Stormo si appropriò dello stemma sino a farlo diventare il proprio emblema ufficiale. Subito dopo l’armistizio dell’ 8 settembre 43, il 54° Stormo Caccia rientrò decimato in patria dai teatri operativi africani con solo sei velivoli. I velivoli furono ridistribuiti e lo Stormo fù messo in posizione


quadro. La tigre rampante stemma di quello Stormo sembrava persa irrimediabilmente per sempre. Intanto sulla base di Galatina in provincia di Lecce, si decise di ricostituire il 51° Stormo con i reparti presenti sulla base tra cui il 21° Gruppo appena rientrato dal fronte russo che aveva come emblema il centauro e non ancora la tigre. Al 21° Gruppo i piloti e gli specialisti assegnati provenienti dal 54° Stormo spingevano per usare lo stemma ed il nominativo radio del loro vecchio Stormo e questo andava in contrasto con i piloti e specialisti da sempre al 21° che volevano mantenere il loro vecchio stemma e nominativo. Si andò avanti così per un po’ sino a quando l'assegnazione ai reparti italiani dei velivoli alleati Spitfire e Thunderbolt , in sostituzione degli oramai fatiscenti Macchi 205 dotati di efficienti radio divenne inevitabile assegnare un nominativo radio che nelle comunicazioni identificasse il gruppo di appartenenza. A guerra finita nel Luglio del 1946 avvenne quanto ognuno di loro aveva sperato, il 21° Gruppo venne autorizzato ad usare l’insegna della tigre rampante e quindi divenne “Gruppo Tigre”. Nel 1956 il 21° fù equipaggiato con gli F84G Thunderjet velivoli jet e sul finire di quell’anno così come era consuetu-

Piloti del 21° Gruppo a Stalino, in Russia, durante la seconda Guerra Mondiale dine in Aeronautica in quel periodo fù dato l’incarico al 21° Gruppo di creare la pattuglia delle “Tigri Bianche” che era la pattuglia acrobatica nazionale per l’anno successivo. I piloti e gli specialisti portarono in giro per l’Europa e l’Italia la loro tigre ricavata da una variante di quella del 54° Stormo riscuotendo ovunque l’apprezzamento degli spettatori. Sembrava che ormai tutto filasse liscio, ma non è così, come si sà il diavolo fa le pentole ma non i coperchi e fù così che il 1° Giugno 1959 a seguito di una riorganizzazione dei reparti operativi all’interno della 51° Aerobrigata il 1° Stormo fù assorbito dal 51° Stormo ed il 17° Gruppo fù assorbito dal 21°.

Contestualmente a questo evento al gruppo furono assegnati i nuovi F86K e venne decisa l’assegnazione al 21° del nominativo radio e dello stemma del 17° Gruppo cioè “Dingo” facendo sparire la tigre rampante che rimase nel cuore e nei ricordi degli uomini del Gruppo. Nel 1964 il 21° Gruppo fù trasferito sull’aeroporto di Cameri come gruppo autonomo e qui si ricominciò a pensare come fare per riavere la Tigre Rampante il loro vecchio stemma mai dimenticato. Gli alti comandi non volevano che il 21° ritornasse gruppo Tigre quando nel 1965 forzarono la mano facendo atterrare a Grosseto un F 104G proveniente da Cameri con la ti-

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ma non aveva mai avuto “AD HOSTES RUGENS” (contro il nemico ruggendo). Tutto era pronto mancava solo l’occasione dell’ ufficializzazione che non tardò ad arrivare. Il 10 Ottobre 1966 durante l'annuale festa di reparto, Omiccioli arriva da Istrana con una grossa tigre in un quadro con la scritta " Al 21° Gruppo la 51^". Il quadro veniva spinto nella mani del Comandante della Base affinchè lo consegnasse al Comandante del 21° Gruppo, l'allora Magg. Stelio NARDINI; la presenza del Comandante di Regione trasforma questa piccola cerimonia in un atto formale. Ad Omiccioli nessuno poteva dire nulla, era una colonna portante del 21°, pluridecorato ed a differenza dei nuovi aveva fatto la guerra ed inoltre lui faceva parte della 386^ Squadriglia "Tigri Bianche" del 21° gre dipinta sulla fusoliera, ci fù una reazione immediata e violentissima nei confronti degli autori tanto che dopo questa “bravata” la Tigre sembrava destinata a sparire definitivamente. Ma gli alti comandi dovevano ancora fare i conti con quelli del 21, convinti che prima o poi si sarebbero ripresi la loro Tigre ed in silenzio sottoposero lo stemma ad una sostanziale revisione, furono creati diversi bozzetti con vari colori e variante della forma e dello stile della tigre rampante fino a giungere al risultato finale aggiungendo un motto da abbinare allo stemma che pri32

praticamente da sempre. La guerra per il distintivo era finita; il 21° Gruppo era finalmente ritornato Tigre e veniva ufficialmente riconosciuto tale il 1° Gennaio 1967 con la completa separazione dal 51° Stormo, pochi mesi dopo sarebbe divenuto il reparto operativo del ricostituito 53° Stormo a Cameri e da allora per oltre 30 anni ha vegliato (insieme ad altri Gruppi di intercettori) sulla sicurezza aerea della nostra Patria poi è stato trasferito a Gioia del Colle, ma questo come vedremo in seguito è un’altra storia.


LE AQUILE NON VOLA NO PIU’ SOLE di Aurora Rizzo Fin dal XIX secolo il cielo è sempre stato lo scenario di un futuro ancora inesplorato, l’obiettivo a cui puntare, la meta da raggiungere, il traguardo da superare. Ed è proprio dal cielo che molti studiosi, quali il grande Leonardo da Vinci, ha tratto ispirazione per i suoi studi ma soprattutto per l’ipotesi che porterà due secoli dopo alla nascita dell’aviazione: l’aereodinamica. Ispiratosi ai grandi uccelli che liberi volavano nel cielo disegnò prima un modello di velivolo ad ‘’ali e battenti’’ che in seguito ai suoi successivi studi trasformò in velivolo in cui vedeva la possibilità di “sostentazione senza battere l’ali”, progetto che verrà seguito successivamente da Lilienthal e, Wright ,che porterà finalmente alla nascita dell’aviazione. Ma l’aspirazione di Leonardo di alzare in volo dal monte Ceceri (da cecero, cigno) il suo “grande uccello” non giunse mai a compimento forse anche a causa dell’esemplare superstizione di quel secolo. Grazie però ai suoi disegni e ai suoi studi, che un uomo con la sua vera e propria potenza mentale è riuscito a realizzare, ai quali George Cayley si ispirò, nascerà la prima opera teorica ‘’Aerial Navigation”, l’idea del biplano e la progettazione di un vero e proprio elicottero con motore a scoppio. Il primo volo effettivo di un modello volante si deve a Henson e Stringfellow, seguiti da Penaud con un <<aeroplane automoteur>> munito di motore a elastico. In questo periodo però si ha un netto cambia-

mento di pensiero come si può notare dal fatto che Leonardo aspirava a volare e a librarsi nell’aria come gli uccelli mentre già da Henson l’idea era stata formulata per il trasporto di passeggeri quindi, a scopo di lucro. Inizia così un periodo nel quale tutti pensavano a come trasportare persone da una parte all’altra del mondo, come poter usufruire dei finanziamenti da parte del Ministero della Guerra , creare un’armata aerea perciò i valori di Leonardo, gli studi da lui effettuati e le difficoltà da lui riscontrate e superate stavano via via portando l’uomo, non a volare come gli uccelli, come lui voleva, bensì a condurre un velivolo in aria per combattere o semplicemente guadagnare. Così come succede con i fratelli Wright che consegnano all’Esercito americano il primo aeroplano regolarmente ordinato per contratto (1907). Ma il vero e proprio capostipite della famiglia aviatoria è Mario Calderana, che nel-

l’aprile del 1909 sul campo di Centocelle, a Roma fu il primo pilota italiano a venire istruito. Così nel 1923 dopo aver accuratamente provati, testati e aggiornati vari velivoli aerei il Regno d’Italia accoglie una terza forza armata (oltre al Regio esercito e alla Regia Marina) : la Regia Aereonautica. Quest’ultima venne impiegata nella guerra d’Etiopia(1935-36), nella guerra civile spagnole(1940-43) e nella seconda guerra mondiale. Successivamente, dopo la nascita della Repubblica Italiana, prese il nome di Aereonautica Militare. Tutto questo lo dobbiamo al grande genio di Leonardo che senza aver avuto studi, appoggi ,finanziari e non, conoscenze utili e un secolo favorevole allo sviluppo e alle innovazioni ha aperto un nuovo mondo alle generazioni future, ha permesso all’uomo di librarsi in aria come gli uccelli. Da allora le aquile non volano più sole.

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Le malattie respiratorie di Maurizio Flora - Specialista malattie respiratorie Mi chiamo Maurizio Fiora e sono Specialista in Malattie dell' Apparato Respiratorio, un termine che ritengo più appropriato rispetto al titolo di Pneumologo, in quanto la mia Specialità è volta alla diagnosi ed alla terapia delle malattie di tutto l'apparato respiratorio che comprende le vie aeree superiori (naso, faringe, laringe, trachea), quelle inferiori (bronchi, polmoni, pleure) e della gabbia toracica ( muscoli, ossa ed articolazioni). Le malattie acute infettive, di origine virale e batterica, comprendono quindi riniti, faringiti e tonsilliti, laringiti e tracheiti ; inoltre bronchiti, polmoniti e bronco-polmoniti, pleuriti con o senza versamento pleurico. Le malattie croniche più frequenti sono la bronchite cronica (BPCO), enfisema polmonare, asma bronchiale, interstizio patie polmonari, quali malattie professionali (silicosi, asbestosi etc.) e Fibrosi polmonare idiopatica. Non ultimo il tanto temuto e famigerato cancro del polmone. Mi preme ricordare inoltre una patologia fino ad oggi raramente diagnosticata e spesso sottovalutata, ma con incidenza crescente, la cosiddetta Sindrome delle Apnee Notturne ( OSAS), caratterizzata da russamento ed apnee durante il sonno e da sonnolenza diurna, cefalea e mancanza di concentrazione, responsabile, se trascurata, di gravi complicanze cardiache. Mi occupo inoltre di Allergologia Respiratoria, cioè di tutte le patologie correlate all' inalazione

di allergeni stagionali (pollini) e perenni (acari della polvere e della farina, peli di animali etc.) e quindi di rino-congiuntiviti e asma bronchiale. In questo campo la mia attenzione è rivolta in particolar modo ai bambini, anche in tenera età, per i quali la terapia corretta e precoce è di fondamentale importanza . Per la mia professione mi avvalgo di strumenti e tecniche di diagnosi quali : Spirometria ( spirometro portatile di alta precisione) che permette di valutare la Funzionalità Respiratoria del paziente con patologie ed il follow up nel tempo della terapia ; è fondamentale anche nella prevenzione delle malattie professionali (silicosi, asbestosi etc. ), nelle malattie correlate al fumo di sigaretta, e nello studio dell'apparato respiratorio negli atleti professionisti. Pulsossimetro che in modo rapido ed indolore

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mi permette di calcolare precisamente la quantità di ossigeno presente nel sangue del paziente. Kit per l esecuzione del Prick Test usato per eseguire i tests allergologici, indispensabili nella diagnosi delle allergie respiratorie. Un obiettivo da me sempre perseguito è la prevenzione delle patologie correlate al fumo di sigaretta; la prevenzione si attua attraverso un' attenta valutazione clinico-strumentale del fumatore, valutandone il grado di rischio e suggerendo in seguito una terapia anti fumo personalizzata. Offro la mia disponibilità per visite ed esami strumentali anche a domicilio e per consulenze e consigli telefonici o via mail anche sabato e domenica e giorni festivi. Ambisco a creare un ottimo rapporto medico-paziente che ritengo fermamente essere alla

spiratori, prurito nasale e agli occ hi. Questi sintomi sono legati alla liberazione di istamina da parte del sistema immunitario. L'istamina causa una seriedi reazioni a catena, come edema, congestione nasale e aumento della produzione di muco . Diagnosi Una volta posta la diagnosi di reazione allergica (sulla base deisintomi e di esami del sangue come la conta degli eosinofili), l'identificazione dell'agente che la provoca può essere effettuata Pollini con test cutanei (prick test, intradermoreazione) o sierologici base dell'esercizio della profes- (RAST). sione medica. Cure Allergie respiratorie I farmaci più comunemente Definizione utilizzati per alleviare i sintomi Le Allergie respiratorie sono allergici sono gli antistaminici: reazioni dovute ad una risposta alcuni di questi richiedono preanomala del sistema immunita- scrizione medica, altri sono disrio a sostanze volatili (allergeni) ponibili come farmaci da banco. che entrano a contatto con l'or- Il sodio cromoglicato può esseganismo attraverso l'aria respi- re assunto sotto forma di spray rata. nasale o con un inalatore per Cause prevenire la sintomatologia. I deLe allergie stagionali sono ge- congestionanti diminuiscono la neralmente provocate dal polli- congestione nasale e l'edema ne e si verificano quindi in quei restringendo i vasi sanguigni delperiodi dell' anno in cui fiorisco- le membrane nasali e permetno le piante. Le allergie croniche tendo un più efficace drenaggio sono provocate perlopiù da al- del muco. In caso di allergie relergeni con cui si entra quotidia- sistenti o croniche, possono esnamente in contatto, per esem- sere utilizzati i corticosteroidi per pio il pelo di animale, la polvere inalazione o, per le forme gravi, o le piume. Di solito esiste una per via orale. Se i farmaci citati predisposizione familiare. non procurano alcun beneficio, Sintomi talvolta si consiglia la desensiLe Allergie respiratorie pos- bilizzazione che consiste nell'isono manifestarsi con naso chiu- niettare quantità gradualmente so e/o con abbondante secre- crescenti di allergene. zione acquosa, starnuti, sibili re-

CHI E’ IL DR. MAURIZIO FLORA Nato in Rwanda nel 1958 si laure in medicina e chirurgia presso l’Università degli Studi di Pavia nel 1989 con il punteggio di 105/110. Supera l’esame di stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di medico chirurgo nel gennaio del 1990 sempre presso l’Ayeneo di Pavia. E’ specializzato in malattie dell’Apparato Respiratorio presso l’Università degli Studi di Torino nel 1994 con punteggio 67/70 35


NOVARA CALCIO

Pronti e fiduciosi per il girone di ritorno Gennaio, come da tradizione, è il mese in cui le squadre di calcio di G. Chiorazzi si rivolgono al “mercato” per colFoto F. Patrucco mare le lacune della prima parte della stagione, oppure per rafforzarsi nel tentativo di centrare il proprio obiettivo stagionale. Non è esente da questo discorso il Novara Calcio, che nel girone di andata del campionato ha deluso le aspettative della tifoseria azzurra. Sebbene allʼinizio della competizione non sia stato ufficializzato nessun proclamo in merito ad un obiettivo preciso, va sottolineato che dopo la retrocessione dello scorso campionato dalla massima serie, fosse logico attendersi una stagione più da “protagonisti” che da comprimari… Almeno “sulla carta”, la rosa del Novara avrebbe potuto sicuramente raccogliere di più di quanto fatto, in concreto, prima della lunga pausa inverna36

le. La penalizzazione iniziale di quattro punti per la nota vicenda del “calcioscommesse”, la difficoltà ad inserirsi negli schemi da parte dei nuovi giocatori, i tre cambi della gestione tecnica e la mancanza di continuità nei risultati, hanno finito per condizionare il cammino della nostra squadra del cuore, che ora per uscire da questa empasse deve obbligatoriamente inanellare una serie di risultati positivi, che le permettano di risalire posizioni in classifica e, perché no, tentare ancora un ultimo disperato aggancio alla zona play-off… Rafforzarsi nel cosiddetto “mercato di riparazione”, non è però mai stata una condizione semplice da mettere in pratica: i giocatori che hanno ben figurato nella prima parte del campionato, non vengono certo messi in vendita dalla relative società di appartenenza, salvo ovviamente clamorose offerte da parte di un eventuale acquirente…. circostanza,


questʼultima, molto poco probabile visto il periodo di crisi economica attraversata dal calcio nostrano. Il più delle volte ci si limita a degli scambi (situazione, però, in cui il Novara si è già trovato ad inizio stagione…), oppure ad ingaggiare giocatori svincolati sui quali si possa fare affidamento per un rinforzo “temporale”. Altro aspetto tipico di questo periodo, è senza dubbio la necessità di sfoltire le rose da quei giocatori che hanno trovato poco spazio, per demeriti personali ma anche semplicemente per scelte tecniche dei vari allenatori… A Novara sono in tanti a trovarsi in questo frangente. Solo in attacco, ben tre giocatori potrebbero infatti non indossare più la maglia azzurra: Federico Piovaccari, che non è riuscito a dimostrare il suo reale valore ed al quale va imputato il fatto di non aver saputo creare il giusto feeling con lʼambiente circostante, Alain Baclet rivelatosi un giocatore sopravvalutato e poco incisivo anche per il campionato cadetto e Simone Motta che, non è certo un segreto, ha dichiarato più volte di voler essere ceduto per giocare con più frequenza, dato che a Novara è finito più volte in panchina se non addirittura in tribuna. Discorso a parte quello di Alberto Libertazzi, che complice un serio infortunio ad inizio stagione, potrebbe far ritorno alla Juventus (che lo ha ceduto alla società azzurra in prestito), ma non è escluso possa anche restare a Novara per terminare la stagione. Da questʼultima tematica ecco le motivazioni alle richieste di mister Aglietti, nel richiedere alla società due attaccanti (di cui uno “di peso” che possa dar sostegno a Pablo Gonzalez ed una seconda punta), oltre ad un centrocampista ed un difensore di fascia. Nei primi giorni di “calciomercato” sono già stati tanti i nomi accostati al Novara, come di consueto in questi casi. Ma alla data in cui scriviamo questo articolo (metà gennaio inoltrata), di concreto davvero poco o niente. Le linee guida impostate dalla proprietà, sembrano essere rivolte ad una marcata attenzione nel non appesantire troppo la voce “ingaggi”… da qui ne deriva che prima di qualsiasi entrata, sia necessario condurre a termine le relative uscite. Una scelta opinabile da parte della tifoseria:

indiscutibile dal punto di vista economico, pericolosa sotto il profilo calcistico… Il rischio infatti è quello di ostinarsi su uno o più giocatori, individuati come i rinforzi più adatti alle proprie esigenze, per trovarsi alla fine del “calciomercato” senza avere ancora certezze e dover quindi, giocoforza, ricorrere in extremis su altre scelte che potrebbero rivelarsi azzardate. Nulla di nuovo rispetto al trend di mercato di un poʼ tutte le società professionistiche di calcio italiane, ma è innegabile che per sostenere il progetto “Novara Calcio”, di cui si è ampiamente discusso nel recente passato (con notevoli soddisfazioni per la tifoseria), sia necessario quantomeno gettare le basi per il futuro e, da una parte concludere la stagione senza troppi patemi dʼanimo, dallʼaltra affidandosi a giocatori che un domani possano rappresentare gli uomini sui quali fare affidamento. Eʼ un aspetto molto importante questʼultimo, per non vanificare una stagione intera. Per il DS azzurro Cristiano Giaretta, il compito è pertanto più difficile di quanto si possa immaginare. Ne è ben conscio anche lo stesso dirigente del Novara, che in una recente intervista rilasciata al sito web vanovarava.it - ad una domanda sulle incertezze della tifoseria azzurra per alcune scelte di mercato discutibili - ha così commentato: “Siamo partiti in modo fortissimo, abbiamo attraversato un momento buio piuttosto lungo e lì hanno ragione anche i tifosi che si sono “indispettiti”, mi metto nei loro panni perché vedere la propria squadra così… “galleggiare” nelle ultime posizioni di classifica, dà fastidio. Adesso ci stiamo riprendendo, chiedo ai tifosi di avere ancora un attimo di pazienza. Sono convinto e speranzoso che i risultati alla lunga possano arrivare”. Eʼ quanto si augurano tutti i tifosi azzurri, che speravano già nei primi gironi di “mercato” di poter fare affidamento su validi rinforzi ed invece, man mano che i nomi dei vari giocatori “papabili” venivano accostati alla società azzurra, si sono dovuti ricredere perché ingaggiati al contrario da dirette rivali in campionato. Dicevamo che le indiscrezioni circolate fin dai primi giorni di trattative sono stati tanti: Milanovic dal Palermo, Duncan dallʼInter, Agostini del To-

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L’allenatore del Novara, Alfredo Aglietti, (ultimo a destra) controlla le fasi di allenamento dei suoi ragazzi. Il girone di ritorno si prospetta super impegnativo. rino, Spinazzola in prestito ad Empoli ma di proprietà per i tifosi: non solo fare a meno delle doti sportive della Juventus, oltre a Surraco del Modena e Bor- di Rigoni, ma vederselo come rivale in campionato ghese del Bari. Molti di questi calciatori si sono in dato che a fargli la corte sono tante squadre di Seeffetti trasferiti, ma non in maglia azzurra. Ecco per- rie B, in primis lʼHellas Verona e lo Spezia… Squaché i dubbi dei supporter non sono del tutto ingiu- dre che puntano, decise, ad una promozione nella stificati… ad essi vanno sommate le voci della pos- massima serie… Alla data attuale il Novara starebbe valutando l'isibile partenza di alcuni giocatori stimati dalla tifoseria: Andrea Lisuzzo, che sembrerebbe essere dea di tesserare Riccardo Colombo, esterno difencorteggiato dal Padova, ma anche Lorenzo Del Pre- sivo mancino, svincolato verso la fine dello scorso te, inseguito da ben tre squadre cadette: Lanciano, ottobre dalla Reggina di Dionigi, che dalla ripresa Crotone e Modena. Ad ogni modo, lʼargomento più delle attività natalizie si sta allenando con gli azzurri “caldo” fra i tifosi azzurri in questa finestra di mer- presso Novarello, oltre al centrocampista Nabil Taicato, non può che essere legato ad un possibile ri- der, classe 1983, svincolatosi dallʼEtoile Sportive du torno a Novara di Marco Rigoni. Ceduto in prestito Sahel. Ufficiale invece la cessione in prestito del terdalla società azzurra al Chievo Verona, è stato “sca- zo portiere Enrico Tonozzi al Treviso. Qualunque scelricato” dalla società scaligera dopo poche presen- ta di “mercato” verrà adottata dal Novara Calcio, i ze ed ancor meno fiducia in campionato. In tanti so- tifosi sono pronti a sostenere la squadra. Con tangnerebbero il possibile ritorno del giocatore, che ta voglia di tornare al calcio giocato (dopo una paucon la sua “magia” regalò la Serie A al Novara, nel- sa invernale fin troppo lunga) e tanto vociferare sui lʼormai storico gol siglato allo scadere contro la Reg- possibili ingaggi… quasi sempre smentiti dai vari cogina, nella semifinale play-off di due anni fa… Ma i municati ufficiali delle società coinvolte. Non resta rapporti fra il centrocampista azzurro e la società No- che affidarsi alla dirigenza azzurra e sperare di cenvara non sembrano più essere così idilliaci ed ec- trare quello che è diventato “lʼobiettivo stagionale”, co, quindi, approssimarsi una vera e propria beffa almeno per i tifosi: il mantenimento della categoria. 38


LIBERTAS TEAM NOVARA SUL PODIO NELLA FASE REGIONALE DI COPPA “BREMA” Novara, 28 dicembre 2012 - Due podi centrati ed altrettanti sfiorati per gli atleti della Libertas Team Novara nella fase regionale della Coppa “Caduti di Brema” di nuoto, svoltasi lo scorso 23 dicembre a Torino. A guadagnarsi le due medaglie di bronzo è stato il diciottenne Matteo Miglio (foto sopra), terzo nei 400 misti e nei 200 farfalla. Lo scatenato Miglio ha mancato di pochissimo un clamoroso poker di medaglie: insieme ai compagni di squadra Andrea Centra, Edoardo Ceffa e Riccardo Chiarcos ha infatti conquistato anche il quarto posto nella staffetta 4x100 mista ripetendosi nella 4x100 stile libero, dove Giulio Molinari ha rilevato Andrea Centra nel quartetto ai blocchi di partenza. Del resto, quasi tutti i nuotatori della Libertas scesi in vasca hanno saputo piazzarsi tra i primi dieci nelle rispettive prove. Chiarcos è giunto quinto nei 400 sl e sesto nei 200 stile. Centra ha invece ottenuto il settimo posto nei 200 dorso, il nono nei 100 dorso ed il decimo posto nei 1.500 sl. Settimo “crono” anche per Ceffa nei 100 rana. Quest’ultimo si è ripetuto in “top ten” toccando per ottavo il bordo vasca nei 200 rana, imitato da Molinari nei 100 sl. Infine, Alessandro Dell’Olmo ha artigliato il decimo posto nei 100 farfalla. Una prova di squadra nel complesso positiva, completata anche dalle performance del giovanissimo Matteo Piscitelli, classe 1999, che ha consentito alla Libertas Team Novara di conquistare l’ottavo posto (su sedici partecipanti) nel settore maschile della classifica per società. Pagina a cura di F. Bezio A.S. Libertas Team Novara 39


Al disnà da Fébrar di P.L.D.A. RIGATONI CON UVETTA SULTANINA Mettete a bagno in una tazza di acqua tiepida 50 gr.di uvetta sultanina. Affettate 400 gr.di cipolle e uno spicchio di aglio e fateli cuocere a fiamma bassa in una casseruola con tre cucchiai di olio di oliva fino a quando diventino trasparenti. Unite una scatola di pomodori pelati da circa 300 grammi,l~uvetta scolata e un dado per brodo. Aggiungete anche un pizzico di zucchero, uno di peperoncino e uno di noce moscata grattugiata. Coprite e fate cuocere la salsa a fiamma bassa per circa 30 minuti. Portate a ebollizione abbondante acqua salata, immergete 300 gr.di rigatoni e fateli cuocere al dente; scolateli, versatevi sopra metà della salsa preparata, mescolate bene e cospargete la pasta con il resto della salsa, oppure portatela in tavola in una salsiera in modo che ogni commensale possa servirsi a piacere. LA RUSTIDA E~ un altro piatto povero del novarese confezionato con le frattagile di maiale, ma molto gustoso e nutriente. Affettate finemente due belle Cipolle, due spicchi di aglio e 100 gr.di lardo pestato e fate soffriggere il tutto in 50 gr.di bllrro e due cucchiai di olio. Lasciate rosolare bene e poi aggiungete 250 gr.di lombo di maiale, 100 gr.di fegato, 50 gr.

di polmone, 50 gr.di cuore taglIati a pezzettl e 100 gr.di salsiccia non pelata, altrimenti in cottura si disfa, taglata a dischetti. Quando la carne è ben arrostita, aggiungete mezzo bicchiere di vino bianco secco, lasciate evaporare e poi coprite la carne con acqua in cui avrete sciolto un cuccchiaio di concentrato di pomodoro, un dado per brodo e una macinata di pepe. Lasciate cuocere per almeno un~ora con fuoco dolcissimo e tegame coperto finchè le carni saranno cotte e la cipolla abbia formato un sughetto piuttosto denso. La rustida va servita con fette di polenta abbrustolita e un bel bicchiere di barbera dellʼEnoteca Guidi di Novara.

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L’ u r ò s c u p d a l P i n è l a p a r F é b r a r Cravón (Ariete): La testa absogna druala par pensà e mia par tegn-la sül còl. Tor (Toro): L’an növ at purtarà tanta viguria; anca int al laur. Gemèj (Gemelli): Frena la lengua, ch’la taja püssè dal curtèl. Càncar (Cancro): I stèli i disan che la to dona agh cresarà la panscia, mia par al disnà. León (Leone): A füria da dagh, cul lastich as rumpa..... Vérgin (Vergine): Om e dòni da stu ségn i dormaran son tranquill tüt l’an. Balansa (Bilancia): dagh un culp a la stanga e vün al balansin. Scurpión (Scorpione): L’avvenire l’è cume al sul d’està: radius. Sagitari (Sagittario): Dopu Mars inisia la riscossa e ti starè püssè bén. Capricornu (Capricorno): Gh’è tantu laur da fa, ma ti ti gh’è mia voja. Aquari (Acquario): Guarda avanti e mia sémpar indrera. Abbia fidücia. Pèss (Pesci): Ti s’è trop ravasà par i sold. Guarda anca la vita e al mund d’imturnu.

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Un’antica tradizione dei paesi cattolici: il carnevale di M. Zucca Marmo

Quello di Oleggio è il più importante del nostro territorio

E’ ben noto che il carnevale è una festa che si celebra nei paesi di tradizione cattolica, nel periodo che precede la Quaresima. I festeggiamenti consistono in pubbliche parate, dominate da elementi giocosi e fantasiosi, con l’immancabile ricorso al mascheramento. E’ però meno noto che le origini di questa festa sono più antiche della stessa era cristiana. Se ne trovano chiari cenni nelle tradizioni egizie e babilonesi. Ma, per restare nell’ambito di civiltà che hanno avuto un peso determinante sulla genesi della società in cui viviamo oggi, ricordo che le dionisiache greche e i saturnali romani erano caratterizzati dal temporaneo sciogli42

mento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie, per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza. Fin dalle sue origini il carnevale rappresentava un periodo di festa, durante il quale il caos sostituiva l’ordine costituito. Il termine carnevale risale però soltanto alla fine del 13° secolo e deriva chiaramente dal latino “carnem levare”, con riferimento al banchetto che si teneva subito prima del periodo di digiuno e di astinenza della Quaresima. Una curiosità, che certamente non è sfuggita a noi piemontesi rivolti verso la Lombardia, è il fatto che nelle diocesi che osservano il rito ambrosiano il car-

Carnevale di Oleggio:Pirin e Majn


nevale termini quattro giorni dopo che nelle diocesi di rito romano. La tradizione vuole che la popolazione milanese abbia attuato questa innovazione per consentire di rientrare in città per celebrare i riti della Quaresima al suo vescovo, Sant’Ambrogio, impegnato in un pellegrinaggio protrattosi oltre le previsioni. Sembra invece più probabile che la fine del carnevale cadesse anticamente proprio di sabato, ma che sia stata poi anticipata nel rito romano al martedì, per rispettare i quaranta giorni di digiuno effettivo, tenendo conto che le domeniche non erano giorni di digiuno. Sta di fatto che il martedì grasso, negli anni non bisestili, cade tra il 3 febbraio e il 9 marzo. Secondo alcuni antichi storiografi, le feste con caratteristiche simili al carnevale, che si tenevano in primavera, quando la natura torna a manifestare la propria energia, erano il momento in cui gli spiriti circolano tra gli inferi e la terra abitata dai vivi. Le maschere rappresenterebbero i corpi provvisori prestati alle anime dei trapassati, che, per non diventare pericolose ed essere invogliate a fraternizzare con i vivi, devono essere onorate. Rispettando queste datate tesi, ma tornando ai giorni nostri, è molto più semplice e stimolante vedere in una maschera, che condivide con te una festa di carnevale, il possibile oggetto di curiosità che una persona che cela la propria identità può suscitare. Per rimanere nel nostro paese – e quindi tralasciando il più famoso carnevale del mondo: quello di Rio de Janeiro –, i carnevali più conclamati sono quello di Venezia, quello di Viareggio e quello di Ivrea, oltre a quelli di Sciacca e Acireale, in Sicilia. Quello di Verona, detto Bacanàl del Gnoco, è tra i più antichi, risalendo al tardo Medioevo. Il Carnevale di Venezia brilla per la bellezza dei costumi, lo sfarzo dei festeggiamenti e le iniziative culturali e mondane che gli fanno da contorno. Il Carnevale di Viareggio, che si svolge dal 1873, è caratterizzato dai carri che rappre-

sentano, in forma satirica e ironica, le caricature in cartapesta dei personaggi più noti del momento. Lo Storico Carnevale di Ivrea rappresenta, sotto forma di allegoria, la rivolta dei cittadini contro il tiranno della città che, secondo la tradizione, fu ucciso dalla mugnaia su cui si apprestava a esercitare lo jus primae noctis. La battaglia che quell’evento scatenò è rappresentata dal lancio delle arance (in luogo delle frecce) tra il popolo (a terra) e le truppe del tiranno (sui carri). A Novara il carnevale vanta una tradizione non di primissimo piano, ma ri- I carri allegorici alla manifestazione di Viareggio, esce comunque a forse la più importante d’Italia coinvolgere la cittadinanza, grazie al personaggio di Re lo e condannò a morte l’attentatoBiscottino e a manifestazioni che di re. La condanna non fu però eseanno in anno si modificano. Ma nel guita per l’improvviso arrivo dei merterritorio novarese è Oleggio a met- cenari inglesi che il marchese del tere in scena ogni anno il carneva- Monferrato aveva assoldato per inle che richiama il maggior numero vadere gli stati dei Visconti. La madi partecipanti e visitatori. L’edizio- schera di Pirin rappresenta oggi un ne del 2013 è stata la 62a di una tra- oleggese tipico, amante della lidizione iniziata nei primi anni ’50 e, bertà e insofferente ai soprusi, argrazie all’impegno degli organizza- guto e caustico, amante del buon tori, rafforzatasi con il passare de- cibo e della giustizia, fedele al suo gli anni. Nelle tre ultime domeni- ostico vernacolo, dotato di campache del periodo carnevalesco han- nilismo che ostenta, ma pronto ad no luogo sfilate di carri allegorici accogliere senza reticenze chiunsui viali dell’allea ed esibizioni di que gli chieda amicizia. Pirin, cui il gruppi folkloristici, non soltanto ita- sindaco di Oleggio consegna le liani. Protagonista indiscusso del chiavi della città per la durata del carnevale oleggese è Pirin ad San carnevale, ospita spesso le maDuna, accompagnato dalla Majn. schere di diverse città più o meno Secondo la tradizione, Pirin era un vicine e tiene tradizionalmente ai popolano oleggese che, stanco dei concittadini un discorso dal quale soprusi che Bernabò Visconti ri- emergono le caratteristiche del perversava sulla città - nelle frequenti sonaggio. I tapitt, dolci grossi come occasioni in cui essa era teatro del- bottoni e fatti di farina bianca, zucle sue battute di caccia -, tentò di chero e acqua, che costituivano il avvelenarlo offrendogli dei tapitt dolce delle feste per gli oleggesi, confezionati con l’arsenico. Ma lo vengono tuttora confezionati e disscaltro tiranno si avvide del tranel- tribuiti in occasione del carnevale. 43


Poesie della nost ra t erra La Primavera Là sü l’isula ‘d San Giüli i castagn hin dré a fiurì. gh’è sü l’aqua ‘ncura smòrta na quai smagia da türchin, dsura i pianti i primi fôj, i prim fiur int i giardin. I finèstri sü la spunda hin già tüti sbaratà e tra i nivuli sereni ‘l sul al vegna, ‘l sul al và. Ogni tant un po’ da piova ‘gh lava ‘l müs ai técc e ai cà e sül lagh, ‘mè na carèssa passa un’umbra da tristèssa. Ma pö tüt int un mumént turna ‘l sul e un po’ da vént, scuratand da chi e da là, al disvégia culi pianti ch’in ancura indurmentà.

Fernanda Moro

La Primavera. I castagni di San Giulio sono in fiore. Lo specchio dell’acqua è striato di turchino; tenere foglie e fiori novelli rendono il lago festoso. Pioggie improvvise portano una lieve ombra di tristezza, subito cancellata dal riapparire del sole primaverile.

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