Il serrano n. 151 - gennaio/aprile 2021

N. 151

Gennaio-Aprile 2021

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003

Organo dell’Associazione Serra International Italia

L’anno della Amoris laetitia

In San Giuseppe, il segno di ogni vocazione

L’incontro con S.E. Mons.

Patrón Wong

Vocazioni e pandemia: il Convegno nazionale

Mons. Maniago presenta il nuovo Messale

N. 151

Gennaio-Aprile 2021

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003

Organo dell’Associazione Serra International Italia

PERIODICO TRIMESTRALE N. 151 ASSOCIAZIONE SERRA INTERNATIONAL ITALIA

Gennaio-Aprile 2021 (XLV)

L’anno della Amoris Laetitia

In San Giuseppe, il segno di ogni vocazione

L’incontro con S.E. Mons.

Patrón Wong

Vocazioni e pandemia: il Convegno nazionale

editoriale ® 3 L’amoris laetitia di Dio di Piergiorgio Aquilino

vita della chiesa 4 “Con voi mi sento in famiglia” di Maria Luisa Coppola

6 In San Giuseppe, il sogno di ogni vocazione di Cosimo Lasorsa

8 “Il carisma è creativo, le crisi sono una benedizione” Il Papa ai focolarini: un appello valido per tutti di Papa Francesco

vita del serra 11 L’incontro con S.E. Mons. Patrón Wong. Credere, sapere, amare di Andrea Mori

13 La lunga Quaresima e la speranza immortale: siempre adelante di Antonio Ciacci

la voce del cnis 15 Vocazioni e pandemia. Il Convegno Nazionale di Paola Poli

vocazioni 17 Don Fabrizio Gatta. Una storia che profuma di Dio di don Fabrizio Gatta

la voce della fondazione BJS 19 Voce ai seminaristi: il ringraziamento di Sergio Scòzzaro di Marco Crovara

l’intervista 22 “Per gustare la fecondità della celebrazione dell’Eucaristia”.

Mons. Maniago presenta il nuovo Messale a cura di Piergiorgio Aquilino

cultura e società 25 L’obbedienza. Una via per il Cielo, una virtù da riscoprire di S.E. Mons. Mario Russotto

28 Il futuro è nelle nostre mani. La crisi come luogo di rinascita di Don Domenico Vitolo

dai club e distretti ® 31 Notizie ed iniziative

Mons. Maniago presenta il nuovo Messale

Finito in redazione il 26 marzo 2021 Registrato presso il Tribunale di Palermo n. 1/2005 del 14 gennaio 2005 Iscrizione al Roc n. 21819 del 16/01/2012 Spedizione Abbonamento Postale Gr. IV Pubblicità inferiore 50%

Direttore responsabile Piergiorgio Aquilino

Redazione Manuel Costa Filly Franchino Dino Melis

Comitato di Direzione Enrico Mori, Presidente del C.N.I.S. Flavio Fontana, V. Presidente del C.N.I.S. Gianni Fiocchi, V. Presidente del C.N.I.S. Paola Poli, V. Presidente del C.N.I.S. Giuliano Faralli, V. Presidente del C.N.I.S. Trustee italiani di Serra International

Hanno inoltre collaborato a questo numero:

Emanuela Abate Antonio Ciacci Marco Crovara Cosimo Lasorsa Andrea Mori Paola Poli S.E. Mons. Mario Russotto Don Domenico Vitolo

Paolo Castagneto Maria Luisa Coppola Don Fabrizio Gatta Giuseppe Miccoli Oldrado Poggio Sally Rampulla Sergio Scòzzaro

Norme essenziali per redattori e collaboratori

1. Inviare il materiale per la stampa entro e non oltre il 10 giugno 2021.

2. Inviare i contributi all’e-mail sotto indicata.

3. Inviare foto molto chiare con soggetti inquadrati da vicino.

I redattori distrettuali, i collaboratori ed i Vice Presidenti di Club responsabili delle comunicazioni sono pregati di attivarsi per l’inoltro di brevi (max 2.000 battute s.i.) cronache relative alle attività svolte dai Club e dai Distretti alla Segreteria di redazione

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Gli articoli pubblicati esprimono il pensiero dei rispettivi autori e non rispecchiano necessariamente la linea editoriale della testata.

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editoriale

L’anno della Famiglia (19 marzo 2021 - 26 giugno 2022)

L’amoris laetitia di Dio di Piergiorgio Aquilino Direttore Responsabile La vivacità della società attuale ci spinge a riflettere necessariamente sull’immagine della dinamicità ecclesiale, tutta propria di una Chiesa pellegrina. Sulla sua natura si domandava, cinquant’anni fa, san Paolo VI, durante un’Udienza Generale successiva alla chiusura del Vaticano II: «Che cosa significa questa espressione, rimessa in uso dal linguaggio del Concilio: Chiesa pellegrina? È un’espressione che ricorre spesso nei documenti del Concilio. La troviamo, ad esempio, nella Costituzione sulla sacra Liturgia, dove è detto della Chiesa che è “presente nel mondo e tuttavia pellegrina” (Sacrosanctum Concilium, 2); è detto, nella Costituzione Lumen gentium con una bella citazione di S. Agostino che “la Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio” (Lumen gentium, 8; De Civit. Dei, 18,51,2; PL 41,614); è detto ancora che “tutto ciò che di bene il Popolo di Dio può offrire alla umana famiglia, nel tempo del suo pellegrinaggio terrestre, scaturisce dal fatto che la Chiesa è l’universale sacramento della salvezza” (Gaudium et spes, 45)».

Accogliere i “segni dei tempi” e camminare lungo le strade della novità è prerogativa di una Chiesa pellegrina che si rinnova, anche interiormente. È significativo il fatto che, in un anno segnato dalla pandemia e dalle paure, la Chiesa abbia dato continuamente sproni alla società civile e alle comunità ecclesiali.

Segno concreto è stato il nuovo Messale Romano, nella sua terza editio, apertosi sugli altari delle nostre parrocchie dalla prima domenica di Avvento, a significare l’avvio di un tempo nuovo, quale «provvidenziale concomitanza – sottolinea mons. Claudio Maniago, presidente della Commissione per la Liturgia della Cei – in un momento in cui le celebrazioni vedono ridurre il numero dei fedeli e la partecipazione è condizionata dalle limitazioni agli spostamenti. Tuttavia, il fatto che la Chiesa italiana scelga di aprire un nuovo capitolo della sua vita ecclesiale con il Messale all’inizio dell’Anno liturgico è segno di speranza. E credo che sia anche consolatorio».

Insomma, il pellegrinaggio della Chiesa si svolge attorno alle azioni: azioni di un popolo che si riscopre quotidianamente comunità, radunata attorno alla stessa Mensa. Ma è anche e soprattutto l’azione della Chiesa per il suo popolo. È, dunque, liturgia di vita.

In questa particolare ora della storia, l’azione di questa Chiesa pellegrina si manifesta nella famiglia, culla di ogni vocazione cristiana, dimora della piccola

«Chiesa domestica» (LG 11), icona di amore: «La gioia dell’amore che si vive nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa» (AL 1). Non a caso, così come annunciato durante l’Angelus nella domenica della Festa della Sacra Famiglia (27 dicembre 2020), papa Francesco, il 19 marzo scorso, solennità di san Giuseppe, ha inaugurato l’Anno dedicato alla “Famiglia Amoris laetitia”, che si concluderà il 26 giugno 2022 in occasione del X incontro mondiale delle famiglie.

Un anno per annunciare l’amoris laetitia di Dio, cioè la fonte dell’amore nelle famiglie: quell’Amore fattosi carne per non sottrarsi alla morte di croce, in attesa dell’ultima parola; parola che non sa affatto di morte, ma di risurrezione. Dopo aver rivolto «lo sguardo a Colui che hanno trafitto» (Gv 19,37), l’occhio si posa sull’immobilità di una croce vuota e di un sepolcro chiuso: una “presenza-assenza” di Cristo, crocifisso per amore, nella quale si compie il mandato del Figlio di Dio; un memoriale di quel silenzio e di quel riposo che investirono il sepolcro nuovo di un anonimo giardino di Gerusalemme, in attesa della grande primavera inaugurata dalla risurrezione.

Tra la crocifissione e la risurrezione c’è questo evento d’amore, che si riversa poi su ogni famiglia: il silenzio di quel giorno permea tutta la storia, tanto da permetterci di meditare sul mistero universale della salvezza redentiva di Gesù, che si estende «a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, perché tutti sono stati resi partecipi della Redenzione» (CCC, 634). Un silenzio che, poi, si rinnova alla notizia di tutti quei quotidiani crocifissi per amore. Quante crocifissioni, visibili o inavvertite, miete ancora oggi la società!

Abbiamo ricordato già il primo anniversario dell’inizio della pandemia e delle sue prime vittime, eppure non riusciamo ancora a trovare una risposta. Le parole del Papa, durante la telefonata in diretta alla trasmissione “A sua immagine” del 10 aprile 2020, Venerdì santo, sono ancora vive: «Oggi, in questo momento, penso al Signore crocifisso e alle tante storie dei crocifissi della storia, a quelli di oggi, di questa pandemia: medici, infermieri, infermiere, suore, sacerdoti… morti al fronte, come soldati, che hanno dato la vita per amore, resistenti come Maria sotto le croci loro, delle loro comunità, negli ospedali, curando gli ammalati. Anche oggi ci sono crocifissi e crocifisse che muoiono per amore».

Ma la storia della salvezza ci insegna: non c’è crocifissione senza risurrezione! C’è la speranza di una Pasqua che «finisce nella risurrezione e nella pace»: «non è un happy end, è proprio il compromesso, l’impegno dell’amore, che ti fa attraversare questa strada dura, ma Lui [Gesù] l’ha fatta prima, e questo ci conforta e ci dà forza».

Per info e approfondimenti: www.serraclubitalia.it; www.serrainternational.org.

vita della chiesa

“Con voi mi sento in famiglia!” di Maria Luisa Coppola

“C

on voi mi sento in famiglia!”: un’espressione comune, entrata nel nostro lessico familiare che ben rappresenta lo stato d’animo di chi non fa fatica a stare nel gruppo. In realtà sottende molteplici significati, direi antropologici, da quando abbiamo compreso che “famiglia” è davvero un nome collettivo (come si insegnava un tempo alle elementari), perché è uno spazio affettivo allargato, in cui le figure piramidali del padre e della madre si sono orizzontalizzate sul ruolo della mamma amica, del papà fratello maggiore ed i figli si sono presi spazi dilatati… Nel dire comune “famiglia allargata” è la somma di altre famiglie, separate prima, conviventi dopo con altri compagni e con i figli delle precedenti relazioni.

Quando lo vedevamo nei film, sembrava una storia

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lontana da noi, ora ci accorgiamo che è la nostra vita quotidiana, nella quale vi sono tante care persone, cui si dà subito del “tu” perché legate già, anche per via traversa, alla nostra famiglia di origine.

La famiglia è una community, un bene comune da condividere, tante storie da conoscere e far diventare proprie con la comprensione della saggezza! Alla famiglia allargata, con figure patriarcali o matriarcali, si affiancano le famiglie con “genitore uno e genitore due”, come si legge nei moduli di iscrizione alle scuole, in ottemperanza alle leggi emanate dal Parlamento, affidatari di figli, non necessariamente generati, cresciuti con amore.

Di famiglia si parla molto, specialmente in famiglia propria, ma non nello spirito dell’Amoris laetitia di

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vita della chiesa

Papa Francesco, che resta il più recente documento apostolico.

Mi piace ricordare che la famiglia francescana, intesa come comunità di consacrati e consacrate, vive la fratellanza non come consanguineità, ma come scelta elettiva di sentimenti ed ideali, percorsi vocazionali ed itinerari di fede, come in tante altre realtà monastiche, in una dimensione affettiva dilatata oltre le mura conventuali.

Nella nostra realtà, perlopiù digitale, apprendiamo quotidianamente tante storie personali raccontate attraverso la comunicazione televisiva, nei salotti pubblici in cui il protagonista ha il piacere di condividere il suo vissuto… come nelle belle storie vocazionali raccontate su tv2000, a conferma che le buone notizie fanno bene!

Famiglia e vocazione, un binomio da riscrivere, nella sua completezza e nella sua profonda accezione!

Molte storie vocazionali sono nate in seno alla famiglia tradizionale, spesso in oratorio, nelle scuole apostoliche ovvero in un habitat già favorevole all’incontro con il Maestro Gesù, con la Parola di Dio. Tante altre, da percorsi di vita accidentati o da conversioni del cuore, da esperienze le più varie ma ugualmente prepotenti.

La famiglia del terzo millennio non ha come icona i coniugi Martins, i coniugi Gheddo, ovvero genitori severi nell’educazione dei loro figli, cui si insegnava il rispetto ed il timor di Dio, ha difficoltà a tramandare la tradizione di fede, si è interrotta come sostengono i sociologi la continuità della fede ed i figli sono distanti Gennaio-Aprile 2021

dalle scelte dei padri che forse hanno pensato maggiormente al benessere materiale e non a quello spirituale, affannati dalle condizioni sociali e politiche e che ora chiedono ad altri maestri la guida morale cui affidano il discernimento vocazionale... Ne ho avuto conferma ascoltando la voce diretta di tanti seminaristi che nel padre spirituale in Seminario hanno trovato risposte di verità evangelica, che sono stati accompagnati da giovani sacerdoti a comprendere quale fosse la loro vocazione autentica sia matrimoniale che sacerdotale, che nella famiglia allargata della comunità diocesana composta da laici impegnati e da presbiteri, si sono ritrovati… in famiglia. Allora, se gli archetipi della famiglia tradizionale sono in crisi, è nella famiglia allargata a tante figure promotrici che si ritrova il senso profondo dell’affermazione “la famiglia, culla di vocazioni” pronta a sostenere il cammino delle future generazioni.

Molti anni fa, nel duomo di Ancona, il sacerdote celebrante si rivolse a noi serrani lì convenuti chiedendoci se nelle nostre famiglie fossero nate vocazioni. Il silenzio fu eloquente! Ma nel nostro intimo silenzio ciascuno promise davanti a Dio di pregare insistentemente il padrone della messe per nuove e sante vocazioni, se non dei figli generati, di quelle dei figli adottati nei seminari e nelle nostre comunità parrocchiali!

Un anno dedicato a pregare per San Giuseppe che ebbe cura del piccolo Gesù non nato dall’amore coniugale, ma per volere dello Spirito santo, ci farà riscoprire il ruolo della paternità consapevole, della cura dei bambini, della dolcezza di un abbraccio che nutre più del cibo.

La nostra famiglia serrana si prende carico di rinnovate responsabilità, come padri e nonni del bellissimo vivaio in cui far germogliare buoni sentimenti cristiani e tanto desiderio di bellezza.

Nella nostra famiglia serrana allargata e composita, eterogenea geograficamente ed anagraficamente, in cui ci sentiamo “tutti fratelli” in Cristo, viviamo la straordinaria opportunità di considerarci una famiglia vocazionale e di poter dire, a ragion veduta, come stiamo bene in famiglia!

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vita della chiesa

In San Giuseppe,

il sogno di ogni vocazione di Cosimo Lasorsa

“S

an Giuseppe: il sogno della vocazione”. È questo il tema del messaggio di Papa Francesco per la celebrazione della 58.ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni (GMV) che, come da consuetudine, sarà commemorata la IV domenica di Pasqua, nota come la “Domenica del Buon Pastore”. È stato Papa Paolo VI, proclamato Santo il 14 ottobre 2018 da Papa Francesco, a volere nel 1964 l’istituzione di questo importante avvenimento annuale per la Chiesa. Papa Montini aveva intuito bene, infatti, che di fronte ai nuovi orizzonti della evangelizzazione e ai processi di secolarizzazione, si avvertiva la necessità di risvegliare nel popolo di Dio l’importanza della preghiera per il dono delle vocazioni, in particolare al sacerdozio e alla vita consacrata.

Il tema di quest’anno della GMV si pone sulla scia di un percorso già iniziato da Papa Francesco che, con la Lettera Apostolica” Patri Corde”, emessa in occasione del 150.mo anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale Patrono della Chiesa, ha onorato la figura del padre putativo di Gesù, proclamando dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021 l’anno di San Giuseppe “al fine di perpetuare l’affidamento di tutta la Chiesa al potentissimo patrocinio del Custode di Gesù” e “di accrescere l’amore verso questo grande santo”.

Nel suo messaggio Papa Francesco, che è stato sempre particolarmente devoto a San Giuseppe perché fu proprio nella Chiesa di San José di Buenos Aires che avvertì per la prima volta la vocazione al sacerdozio nel lontano 1953, esalta questa figura straordinaria come padre capace di dare e generare vita nella quotidianità, a similitudine delle vocazioni che tendono a generare e rigenerare vite ogni giorno.

Per Papa Francesco sono tre le parole chiave che San Giuseppe, da Santo della porta accanto, suggerisce per la vocazione di ciascuno di noi: sogno, servizio, fedeltà.

Il sogno, inteso non come aspettativa per il raggiungimento di traguardi effimeri, quali il successo, il dena6

ro e il divertimento, ma come amore che è vero sogno di vita perché “la vita si ha solo se si dà, si possiede solo se si dona pienamente” e San Giuseppe “attraverso i sogni che Dio gli ha ispirato ha fatto della sua esistenza un dono”. Sono stati quattro i sogni che San Giuseppe ha riconosciuto come progetto di Dio e dai quali si è lasciato guidare senza esitazioni per rispondere alla sua chiamata e assolvere la missione per la quale era stato eletto: accogliere Maria come sposa perché concepita per opera dello Spirito Santo, lasciare Betlemme e fuggire in Egitto, tornare nella sua Patria di Israele, recarsi a Nazareth in Galilea e non in Giudea. E il serrano n. 151

vita della chiesa

questo deve valere anche per le nostre chiamate perché Dio trasmette a tutti noi i suoi progetti, senza forzare la nostra libertà ma con mitezza, “facendosi intimo a noi e parlandoci attraverso i nostri pensieri e i nostri sentimenti”. E così come fece con San Giuseppe, ci propone traguardi alti e sorprendenti.

Il servizio, inteso come espressione concreta del dono di sé ed esempio di ogni vocazione. La disponibilità al servizio di San Giuseppe è stupefacente e modello da seguire per tutti noi. La sua regola di vita fu un costante adattamento alle circostanze con la disponibilità di chi vive per servire andando incontro ai numerosi e spesso imprevisti della vita senza mai perdersi d’animo e sempre pronto ad affrontare ogni situazione, anche le più difficili: trovare un alloggio per la nascita di Gesù, difenderlo dalla furia di Erode, mantenere la famiglia lavorando anche in terra straniera. “Si può dire, afferma Papa Francesco, che sia stato la mano protesa del Padre celeste verso il suo figlio in terra. Non può, dunque, che essere modello per tutte le vocazioni, che a questo sono chiamate: a essere le mani operose del Padre per i suoi figli e le sue figlie”.

Ed è per questo che San Giuseppe da custode della Chiesa diventa anche custode delle vocazioni oltre che esempio di vita cristiana e testimonianza di una vita toccata dall’amore di Dio. La fedeltà, intesa come disponibilità all’adesione a Gennaio-Aprile 2021

Dio e ai suoi piani. Una fedeltà che San Giuseppe seppe mantenere nel corso di tutta la sua vita come “uomo giusto” che, nel silenzio operoso di ogni giorno, seppe meditare e ponderare, coltivando la pazienza ed edificando su una continua adesione alle grandi scelte, perché la vocazione, come la vita, matura soltanto attraverso la fedeltà di ogni giorno. Una fedeltà che si alimenta alla luce della fedeltà di Dio, che invita a non avere paura perché Dio è fedele alle sue promesse.

“Giuseppe, figlio di Davide, non temere” sono le parole che il Signore rivolse in sogno al padre putativo di Gesù per continuare nel suo cammino di fede. Parole che Dio rivolge anche a tutti noi quando, pur tra incertezze e titubanze avvertiamo come non più rimandabile il desiderio di donare la vita a Lui. “Sono le parole, afferma Papa Francesco, che, come un ritornello, accompagnano chi dice sì a Dio con la vita come San Giuseppe: nella fedeltà di ogni giorno”. La fedeltà a Dio è anche il segreto della gioia, quella “gioia quotidiana e trasparente della semplicità, la gioia che prova chi custodisce ciò che conta: la vicinanza fedele a Dio e al prossimo”.

Con un appello a questa gioia, che è sogno di vita, Papa Francesco conclude il suo messaggio auspicando che questa atmosfera semplice e radiosa possa estendersi anche ai seminari, agli istituti religiosi, alle case parrocchiali, nonché a tutti noi, con l’accompagnamento di San Giuseppe, custode delle vocazioni.

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vita della chiesa

“Il carisma è creativo, le crisi sono una benedizione” Il Papa ai focolarini: un appello valido per tutti Eminenza, Cari fratelli e sorelle! ono lieto di accogliervi a conclusione della vostra Assemblea Generale, nella quale vi siete confrontati su tematiche importanti e avete scelto i nuovi responsabili. Ringrazio la Presidente uscente, Maria Voce - Grazie Maria, è stata tanto brava e tanto umana. Grazie! - e la neo-eletta, Margaret Karram, per le loro gentili parole e per aver avuto il ricordo di quella serata di preghiera per l’unità e la pace in Terra Santa con il Presidente d’Israele e con il Presidente dello Stato di Palestina. Erano tempi di promessa, ma la promessa sempre c’è. Bisogna andare avanti e portare nel cuore la Terra Santa, sempre, sempre. Porgo a Lei, così come ho detto a Maria, un grande “grazie”, - un augurio di cuore, che va anche al Copresidente e ai Consiglieri.

Sono contento che siano qui il Cardinale Kevin Farrell e la Signora Linda Ghisoni, la Sotto Segretaria. Saluto voi qui presenti e quanti sono collegati in streaming; ed estendo il mio saluto a tutti i membri dell’Opera di Maria, che voi rappresentate. Per incoraggiarvi nel vostro cammino, desidero offrirvi alcune riflessioni, che suddivido in tre punti: il dopo-Fondatrice; l’importanza delle crisi; vivere la spiritualità con coerenza e realismo.

Il dopo-Fondatrice. A dodici anni da quando Chiara Lubich è partita per il Cielo, siete chiamati a superare il naturale smarrimento e anche il calo numerico, per continuare ad essere espressione viva del carisma di fondazione. Esso richiede – lo sappiamo – una fedeltà dinamica, capace di interpretare i segni e i bisogni dei tempi e di rispondere alle nuove istanze che l’umanità pone. Ogni carisma è creativo, non è una statua di museo, no, è creativo. Si tratta di rimanere fedeli alla fonte originaria sforzandosi di ripensarla ed esprimerla in dialogo con le nuove situazioni sociali e culturali. Ha radici ben fisse, ma l’albero cresce in dialogo con la

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realtà. Quest’opera di aggiornamento è tanto più fruttuosa quanto più viene realizzata armonizzando creatività, saggezza, sensibilità verso tutti e fedeltà alla Chiesa. La vostra spiritualità, caratterizzata dal dialogo e dall’apertura ai diversi contesti culturali, sociali e religiosi, può certamente favorire questo processo.

L’apertura agli altri, chiunque essi siano, è sempre da coltivare: il Vangelo è destinato a tutti, ma non come proselitismo, no, è destinato a tutti, è fermento di umanità nuova in ogni luogo e in ogni tempo.

Questo atteggiamento di apertura e dialogo vi aiuterà a evitare ogni autoreferenzialità, che sempre è un peccato, è una tentazione quella di guardarsi allo specchio. No, è brutto questo. Soltanto per pettinarsi al mattino e niente di più! Questo evitare ogni autoreferenzialità, che non viene mai dallo spirito buono, è quello che auspichiamo per tutta la Chiesa: guardarsi dal ripiegamento su sé stessi, che induce a difendere sempre l’istituzione a scapito delle persone, e che può portare anche a giustificare o a coprire forme di abuso.

Con tanto dolore lo abbiamo vissuto, lo abbiamo scoperto in questi ultimi anni. L’autoreferenzialità impedisce di vedere errori e mancanze, frena il cammino, ostacola una verifica aperta dei procedimenti istituzionali e degli stili di governo. È meglio invece essere coraggiosi e affrontare con parresia e verità i problemi, seguendo sempre le indicazioni della Chiesa, che è Madre, è vera Madre, e rispondendo alle esigenze della giustizia e della carità. L’autocelebrazione non rende un buon servizio al carisma. No. Piuttosto, si tratta di accogliere ogni giorno con stupore – non dimenticate lo stupore che indica sempre la presenza di Dio – il dono gratuito che avete ricevuto incontrando il vostro ideale di vita e, con l’aiuto di Dio, di cercare di corrispondervi con fede, umiltà e coraggio, come la Vergine Maria dopo l’Annunciazione. il serrano n. 151

vita della chiesa Il secondo tema che vorrei proporvi è quello dell’importanza delle crisi. Non si può vivere senza crisi.

Le crisi sono una benedizione, anche sul piano naturale – le crisi del bambino nella crescita fino all’età matura sono importanti –, anche nella vita delle istituzioni. Ne ho parlato diffusamente nel recente discorso alla Curia Romana. C’è sempre la tentazione di trasformare la crisi in conflitto. Il conflitto è brutto, può diventare brutto, può dividere, ma la crisi è un’opportunità per crescere. Ogni crisi è una chiamata a nuova maturità; è un tempo dello Spirito, che suscita l’esigenza di operare un aggiornamento, senza scoraggiarsi davanti alla complessità umana e alle sue contraddizioni. Oggi si sottolinea molto l’importanza della resilienza di fronte alle difficoltà, cioè la capacità di affrontarle positivamente traendo da esse delle opportunità. Ogni crisi è un’opportunità per crescere. È compito di chi ricopre incarichi di governo, a tutti i livelli, adoperarsi per affrontare nel modo migliore, più costruttivo, le crisi comunitarie e organizzative;

invece le crisi spirituali delle persone, che coinvolgono l’intimità del singolo e la sfera della coscienza, richiedono di essere affrontate prudentemente da chi non ricopre incarichi di governo, ad ogni livello, all’interno del Movimento. E questa è una buona regola della Chiesa da sempre – dai monaci, sempre –, che vale non solo per i momenti di crisi delle persone, vale in generale per il loro accompagnamento nel cammino spirituale. È quella saggia distinzione tra foro esterno e foro interno che l’esperienza e la tradizione della Chiesa ci insegna essere indispensabile. Infatti, la commistione tra ambito di governo e ambito della coscienza dà luogo agli abusi di potere e agli altri abusi dei quali siamo stati testimoni, quando si è scoperta la pentola di questi problemi brutti.

Infine, il terzo punto: vivere la spiritualità con coerenza e realismo. La coerenza e il realismo. “Questa persona è autorevole… Perché è autorevole? Perché è coerente”. Tante volte diciamo questo. La meta ultima del vostro carisma coincide con l’intenzione che Gesù

Udienza di Papa Francesco a Maria Voce

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vita della chiesa

ha presentato al Padre nella sua ultima, grande preghiera: che «tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21), uniti, ben sapendo che essa è opera della grazia del Dio Uno e Trino: «Come tu, Padre sei in me e io in te, siano anch’essi in noi» (ibid.). Questo intento richiede un impegno in una duplice prospettiva: al di fuori del Movimento e all’interno di esso.

Per quanto riguarda l’agire all’esterno, vi incoraggio ad essere – e in questo la Serva di Dio Chiara Lubich ha dato tanti esempi! – testimoni di vicinanza con l’amore fraterno che supera ogni barriera e raggiunge ogni condizione umana. Superare le barriere, non avere paura! È la strada della prossimità fraterna, che trasmette la presenza del Risorto agli uomini e alle donne del nostro tempo, a partire dai poveri, dagli ultimi, dagli scartati; lavorando insieme alle persone di buona volontà per la promozione della giustizia e della pace. Non dimenticare che la vicinanza, la prossimità è stata il linguaggio più autentico di Dio. Pensiamo a quel passo del Deuteronomio, quando il Signore disse: “Pensate: quale popolo ha avuto i suoi dei così vicini come voi avete me?”. Quello stile di Dio, di vicinanza, è andato avanti, avanti, avanti, per arrivare alla grande vicinanza, quella essenziale: il Verbo fatto carne, Dio che si è fatto uno con noi. Non dimenticate: la vici10

nanza è lo stile di Dio, è il linguaggio più autentico, a mio parere.

Circa l’impegno all’interno del Movimento, vi esorto a promuovere sempre più la sinodalità, affinché tutti i membri, in quanto depositari dello stesso carisma, siano corresponsabili e partecipi della vita dell’Opera di Maria e dei suoi fini specifici.

Chi ha la responsabilità del governo, è chiamato a favorire e attuare una trasparente consultazione non solo in seno agli organi direttivi, ma a tutti i livelli, in virtù di quella logica di comunione secondo la quale tutti possono mettere al servizio degli altri i propri doni, le proprie opinioni nella verità e con libertà.

Cari fratelli e sorelle, ad imitazione di Chiara Lubich, rimanete sempre in ascolto del grido d’abbandono di Cristo in croce, che manifesta la misura più alta dell’amore. La grazia che ne deriva è in grado di suscitare in noi, deboli e peccatori, risposte generose e a volte eroiche; è in grado di trasformare le sofferenze e persino le tragedie in fonte di luce e di speranza per l’umanità. In questo passare dalla morte alla vita si trova il cuore del Cristianesimo e anche del vostro carisma. Vi ringrazio tanto per la vostra gioiosa testimonianza al Vangelo che continuate ad offrire alla Chiesa e al mondo. Gioiosa testimonianza. Si dice che i focolarini sorridono sempre, sempre sono con il sorriso. E mi ricordo una volta che ho sentito parlare sull’ignoranza di Dio. Mi hanno detto: “Ma tu sai che Dio è ignorante? Ci sono quattro cose che Dio non può conoscere” – “Ma quali sono?” – “Cosa pensano i gesuiti, quanti soldi hanno i salesiani, quante congregazioni di suore ci sono e di che cosa sorridono i focolarini”. Affido i vostri propositi e progetti di bene alla materna intercessione di Maria Santissima Madre della Chiesa e di cuore vi benedico. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me, perché ne ho bisogno. Grazie!

Aula Paolo VI, 6 febbraio 2021 Francesco il serrano n. 151

vita del serra

L’incontro con S.E. Mons. Patrón Wong

Credere, sapere, amare di Andrea Mori

“C

redere, sperare, amare”. Tre parole, un fil rouge attorno al quale si sviluppa l’incontro di sabato 27 febbraio, organizzato con S. E. Mons. Jorge Carlos Patrón Wong, Consulente Episcopale di Serra International Italia. L’incontro, che si sarebbe dovuto tenere a marzo 2020, ma che causa pandemia era stato annullato, si è svolto in videoconferenza, in accordo alle normative di sicurezza anti-Covid.

Tuttavia gli schermi dietro a cui sedevano i serrani non hanno impedito che uno spirito familiare e comunitario si diffondesse nell’aula virtuale. Spirito che, d’altronde, non è mai stato in discussione nemmeno in questi mesi di dolore e di lontananza, in cui il Serra

Club non ha mai smesso di stare vicino ai seminaristi e di perseguire la propria missione.

A moderarlo, Piergiorgio Aquilino, direttore della rivista “Il Serrano”, il quale ha passato la parola al presidente nazionale, Enrico Mori. Questi ha parlato della situazione sanitaria e dell’ininterrotto lavoro del Serra durante il periodo di pandemia: “anche il Serra ha risentito della situazione di emergenza. Tuttavia non ci siamo fermati e abbiamo cercato di dare il nostro contributo. Gli incontri si sono ridotti al minimo e per la nostra associazione, che fa dell’amicizia e della convivialità due punti fermi, è stato un colpo duro. Ma la speranza non si è e non deve spegnersi: abbiamo elargito € 16.400,00 alla Casa di Cura Figlie di San Camillo di Cremona e Brescia,

La relazione di S.E. Mons. Patrón Wong

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vita del serra due tra le città più colpite dal Covid; abbiamo avuto incontri per la nascita di due nuovi club Oppido Mamertina-Palmi e Venezia; sono proseguiti anche i lavori del Comitato Esecutivo e del Consiglio Nazionale, così come l’invio delle newsletter e la pubblicazione della rivista “Il Serrano”; stiamo lavorando al congresso che sancirà il passaggio di consegne tra me e Paola Poli, Presidentessa Eletta; è stato proposto un nuovo service, un contest fotografico, promosso da Filly Franchino, governatrice del Distretto 73, e la Fondazione ha elargito contributi a seminaristi in difficoltà.

Il Serra non si è fermato e, come diceva il nostro Santo Junipero Serra, “siempre adelante”. Insomma, il Serra non è mai stato in lockdown, non ha mai lasciato che la speranza si spegnesse, così come hanno evidenziato la Franchino e la Poli, nel corso dei propri interventi.

Ha perseguito il messaggio di Papa Francesco e di Mons. Patrón Wong: credere, sperare, amare. Sua Eccellenza è intervenuto e ha voluto “collegare ognuna di queste tre parole con la nostra vita personale”, cominciando con la parola “credere”: “il primo che ha creduto nell’essere umano è stato Dio stesso, che lo ha creato e che nonostante la caduta del primo uomo ha continuato a credere in lui. Per questo motivo Cristo è venuto, perché nonostante i nostri fallimenti Dio crede ancora in ognuno di noi. Gesù viene per alzarci quando siamo caduti: lasciamoci prendere per mano da lui. Se c’è qualcosa, là fuori, che ci fa sentire appesantiti, approfittiamo del tempo quaresimale per consegnare al Signore tutto ciò che ci rende indifferenti. È ancora

L’intervento di Enrico Mori 12

possibile costruire un mondo più accogliente, più umano e noi, famiglia serrana, dobbiamo fare il primo passo, con le piccole azioni di ogni giorno”.

Mons. Wong ha poi proseguito con la parola “sperare”, spiegando come “a volte, davanti ai nostri sforzi, possiamo scoraggiarci”, ma in quei momenti dobbiamo imparare “dal contadino, che ha cura dell’arbusto piantato e che sa che il frutto non viene il giorno dopo.

Perciò deve aspettare con pazienza e rispetto”. E “così anche Dio crede in ognuno di noi e ci aspetta, per dare un abbraccio e darci la vita quando arriviamo da lui.

Perché non gli andiamo incontro come lui ci viene incontro? A volte per dare speranza basta essere una persona gentile”. Poi, rivolto ai serrani, sottolinea la necessità di aiutare “i giovani a non accontentarsi delle emozioni fugaci, ma a sperare in sé stessi”.

Sua Eccellenza ha poi concluso con la parola “amare”, senza la quale non potrebbero esserci Fede e speranza: “Dio crede in noi e ci aspetta perché ci ama.

Se dimentichiamo che il vero Dio è il padre amorevole, prende il sopravvento un Dio vendicativo, lontano e indifferente. Durante la quaresima, tempo di conversione, la prima trasformazione è tornare alla vera immagine di Dio, il cui amore ha una caratteristica particolare che chiama tenerezza. Abbiamo bisogno di tenerezza, il mondo ha bisogno della tenerezza di Dio, vero padre, che ha cura dei suoi figli e nostri fratelli.

Condividiamo questa tenerezza con chi si incrocia sulle nostre vie, soprattutto con i più bisognosi”. È questo il messaggio che Mons. Jorge Carlos Patrón Wong ha voluto lasciare. Ed è questo ciò che ci esorta a fare.

“Come dice il nostro Santo Junipero Serra, “siempre adelante, nunca retroceder”. il serrano n. 151

vita del serra

La lunga Quaresima e la speranza immortale: siempre adelante di Antonio Ciacci

S

abato 27 febbraio, da remoto su piattaforma digitale, il Serra Italia, Consiglio Nazionale e Presidenti di Club, ha incontrato il Consulente Episcopale, S.E. J.C. Patrón Wong, responsabile dei Seminari presso la Congregazione Vaticana per il Clero, retta da S.EM. il Cardinale Beniamino Stella, che ci ha mandato il proprio prezioso, affettuoso, saluto.

In questi tempi bui, da tanto tempo bui, una luce ha sferzato le nostre coscienze ripiegate in sé stesse, le nostre menti confuse, i nostri gesti sospesi, i nostri cuori atterriti.

La Quaresima, tempo di penitenza e di riflessione, prepara alla Pasqua di Resurrezione: forse la contingenza storica ci condurrà ad un’altra Pasqua in casa, lontani fra noi e dai nostri affetti, ma lo spirito del Risorto manterrà il nostro cuore aperto alla speranza cristiana: papa Ratzinger, proprio nei primi paragrafi della “Spe Salvi”, lettera enciclica del 2007, citava Paolo nella Lettera ai Tessalonicesi, quando insegnava: «Voi non dovete affliggervi come gli altri che non hanno speranza».

La speranza dei cristiani è viva, come dice Benedetto XVI, «produ-

Gennaio-Aprile 2021

ce fatti e cambia la vita». E, ha spiegato Papa Francesco, «lo Spirito Santo non ci rende solo capaci di sperare, ma anche di essere seminatori di speranza, di essere anche noi – come Lui e grazie a Lui – dei “paracliti”, cioè consolatori e difensori dei fratelli». Seminatori di speranza, appunto. Difficile? Sì, forse. Più facile è disperare, ma trovandoci insieme intorno a Patrón Wong abbiamo avvertito tutti nel nostro intimo che la nostra Fede nella presenza del Cristo risorto è il fondamento incrollabile del nostro stare insieme e del nostro agire. È stato commovente vederci, anche se da remoto, consapevoli, come mirabilmente ci ha detto Maria Luisa Coppola nel suo bellissimo intervento, che il nascente umanesimo digitale è il bene tratto dal male della pandemia e ci consentirà di crescere in questa nuova dimensione, non più affranti e smarriti di fronte alle difficoltà, ma fiduciosi che Gesù non ci abbandona, neppure nei sentieri, spesso incogniti e insidiosi, specie per i tanti di noi che hanno intrapreso il viaggio nell’anzianità, della nuova “virtuale” comunicazione.

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vita del serra

Alcuni degli intervenuti all’incontro

L’intervento di Patrón Wong ha spaziato con profondità, sintesi ed efficacia, tra le parole della Quaresima e lo si potrà rileggere sui nostri media, ma due riflessioni meritano un accenno: in momenti così aridi, lontani dai nostri affetti più cari, isolati dai nostri simili, timorosi dei contagi, dobbiamo riscoprire la tenerezza di Dio, che ci culla come una madre, ci sostiene come un padre, un padre che Gesù chiama Abba, babbo, e di questa tenerezza abbiamo bisogno, della tenerezza di Dio che si manifesta nelle nostre piaghe; e dobbiamo in pari tempo avere piena coscienza che i nostri gesti personali, di carità, di fraternità, costruiscono la nostra crescita comunitaria, in questa prospettiva ha senso dire che insieme ce la faremo. Il Padre non è mio, è nostro.

Questi concetti hanno trovato una eco negli interventi, moderati con maestria da Piergiorgio Aquilino, del nostro Presidente Enrico Mori, nella nostra Presidente eletta, Paola Poli, e nelle vivide esperienze dei service raccontate, con concretezza ed entusia14

smo, da Filly Franchino del Club di Lucera e da Roberto Tristano del Club di Palermo: nel Serra bisogna essere per fare, come tante volte ho sentito dire da Marco Crovara, ed anche oggi, nel mondo del nuovo umanesimo digitale tanto bene descritto da Maria Luisa Coppola, siamo chiamati a non abbandonare la nostra missione, fatta di riflessione, di preghiera, di convivialità e di attiva testimonianza, perché, insieme al nostro Santo ispiratore Junipero Serra, ci dobbiamo sentire felicemente obbligati ad andare siempre adelante.

Quando è stato chiuso l’incontro in videoconferenza ho avvertito una profonda emozione: da un lato il desiderio struggente di abbracciare tutti dal vero e non virtualmente, dall’altro la rinnovata consapevolezza che ci vogliamo bene, che amiamo il nostro movimento, con un amore vissuto concretamente: su queste solide fondamenta torneremo a crescere.

Dio benedica i nostri buoni propositi perché diventino opere di Carità, frutto della Speranza che è certezza, nata dalla Fede nel Signore che è morto e risorto per noi. il serrano n. 151

la voce del cnis

Vocazioni e pandemia Il Convegno Nazionale di Paola Poli Vice Presidente alle Vocazioni e Presidente Nazionale eletta

I

l tema scelto per il Convegno Nazionale di questa edizione 2020-2021 certamente anomala, per le modalità di svolgimento imposte dalla pandemia, La santificazione è un cammino comunitario da fare a due a due, richiama ad un passaggio dell’esortazione apostolica di Papa Francesco Gaudete et exsultate, come avverte il Direttore dell’Ufficio nazionale Don Michele Gianola, incentrato sulla dimensione personale, ma al contempo comunitaria della vocazione, secondo un percorso di crescita dell’individuo che trova piena realizzazione e compimento nella comunità, nella vita che si sostanzia solo se spesa insieme a qualcuno.

L’immagine associata al titolo e che ne rafforza l’immediata comprensione, è quella di un’orchestra, nella rappresentazione della diversità, delle differenze che cercano la bellezza nell’armonia dell’insieme, dalla quale non emerge il singolo, ma la creatività, la peculiarità di ciascuno, con la stessa forza, lo stesso amore rivolto al raggiungimento di un progetto comune.

Andrea Gagliarducci, giornalista e scrittore, in una sua pubblicazione dal titolo accattivante, La musica dell’altro, assegna alla musica una interpretazione ‘semeiotica della differenza’, all’interno della quale proprio la - differenza - non serve solo a significare, ma ad entrare in relazione per giungere alla valorizzazione dell’altro, come per la comprensione delle note: nulla è inutile o sbagliato perché dietro ogni spartito c’è la persona, c’è… ‘la musica dell’altro’, una musica viva, carica di inflessioni e sfumature diverse. Anche se flebile, deve essere ascoltata e compresa per contribuire a colorare l’espressività armoniosa cui tutti concorrono.

E allora, la stessa Babele, come egli dice, diventa un dono, non una punizione per l’uomo, poiché lo costringe a comprendere l’altro.

Armonia e bellezza sono riflessi della natura divina nella natura umana e nella dinamica dell’antropologia cristiana, come non ripensare alla bellissima immagine che ci fornisce Gregorio di Nissa dell’uomo costruito nella sua interezza come uno strumento musicale, Gennaio-Aprile 2021

perché può comunicare la propria essenza al prossimo con il corpo, manifestare all’esterno, attraverso i sensi, il movimento del suo spirito!

Agli interessanti interventi di approfondimento proposti al convegno, è seguito l’invito a confrontarsi, attraverso la compilazione di schede, singolarmente o per gruppi, su temi rivolti a scandagliare i nostri punti di forza, come pure le nostre fragilità, chiavi di accesso alla dimensione dell’altro, quasi un richiamo a scongiurare che possa anche vagamente sbiadire nell’assenza di relazionalità imposta dal nostro quotidiano.

Belli gli spunti offerti da suggerimenti di letture letterarie che attingono anche all’incanto favolistico, che amplificano il senso della se-duzione, del condurre con

San Gregorio di Nissa 15

la voce del cnis sé verso la comprensione, insieme, mai soli, di un cammino esperienziale denso di suggestioni, ricordi, gesti, insegnamenti che riescono a far emergere il bello/bene dentro di noi che può tradursi in uno scambio di circolarità luminosa nella crescita reciproca.

Certo, restano le paure che ci portiamo dentro, e oggi non è difficile cedere alla stanchezza, alla rassegnazione, ma la speranza cristiana rifiuta la tentazione che porta a rinchiudersi in se stessi, a rimanere passivi. Chi si lascia travolgere dalla disperazione, non riesce a cogliere, nella sofferenza, i segni del bene promesso; la vocazione, come costruzione del bene comune, è ritrovare se stessi in una dimensione di valori spirituali e intellettuali sui quali edificare quella casa fondata sulla roccia.

La strada oggi sembra lunga, lo sforzo insostenibile, ma anche se faticosamente, si continua a costruire.

L’Ufficio Nazionale per la Pastorale Vocazionale non ha fatto mancare la sua voce, e anche il Serra, che, per restare in tema, possiamo assimilarlo ad una grande orchestra, ha continuato e continua a eseguire la sua musica, che seppure con minore riverbero, resta sempre fedele all’impegno vocazionale di riconoscere, sostenere e valorizzare i diversi talenti che con le loro note incidono, nello spartito della vita, una direzione di senso, disvelandone la vera bellezza.

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il serrano n. 151

vocazioni

Don Fabrizio Gatta.

Una storia che profuma di Dio di don Fabrizio Gatta

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ono romano, di origini sanremasche, oggi diacono in servizio pastorale presso la concattedrale di San Siro, in attesa dell’ordinazione presbiterale. Nel 2019 ho conseguito con il massimo dei voti il Baccellierato in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

Nell’itinerario di formazione ho avuto l’opportunità di arricchire il mio bagaglio dei contenuti umani e pastorali, chiamato continuamente a confrontarmi con la genuinità della mia vocazione che, nella sua freschezza, mi vede innamorato dell’apostolato.

Sempre proteso verso nuove esperienze, in quest’ultimo periodo di pandemia ho provato a offrire una mano tesa nell’ascolto e nel conforto a chi è a contatto col dolore della malattia, quando la speranza entra in crisi, il passato viene riletto, il presente è vissuto con angoscia e il futuro improvvisamente si chiude.

Giornalista professionista, autore e conduttore televisivo della RAI, dal 1995 al 2013, ho raccontato da protagonista, con trasmissioni di commento e approfondimento politico, di cronaca e di costume, la società, la ricchezza del paesaggio e le peculiarità del territorio italiano.

Ho promosso e valorizzato, attraverso un corretto e responsabile uso del mezzo televisivo, i valori della fede cristiana, ideando e conducendo apposite trasmissioni realizzate in collaborazione e sinergia tra la RAI ed importanti istituzioni ecclesiastiche quali: la Conferenza Episcopale Italiana, l’Ordine dei Frati Minori di Santa Chiara a Napoli, l’Ordine dei Frati Gennaio-Aprile 2021

Minori Cappuccini di San Giovanni Rotondo, l’Ordine dei Frati Minori Conventuali della Basilica di San Francesco e del Sacro Convento di Assisi. Nominato dal Presidente Giorgio Napolitano Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, poi dal Presidente Sergio Mattarella Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, sono Commendatore dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e Cavaliere di Merito del Sacro Militare

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vocazioni Ordine Costantiniano di San Giorgio. Insignito quale ‘Portatore di Pace per il Mediterraneo’ dal Ministero degli Affari Esteri, sono Socio del “Circolo S. Pietro” dello Stato della Città del Vaticano. La mia professione mi ha portato a girare il mondo, a scoprire luoghi incontaminati e conoscere la grandezza del Creato.

Sono convinto che il progetto del Signore per me sia passato anche attraverso la bellezza di questi luoghi, dove, da privilegiato, ho potuto ascoltare la Sua voce, comprendendo che i rami selvatici quali la superbia, l’attaccamento al denaro, il disprezzo dell’altro, lo spreco della vita, andavano tagliati e innestati al legno della Croce. Arrivò inaspettato il momento dell’incontro col Signore, che arriva nella nostra vita e sconvolge i nostri piani. E se fino a quel giorno “gli occhi erano impediti a riconoscerlo”, come racconta Luca riferendosi ai discepoli di Emmaus, quando ci vedi realizzi che è arrivato il momento di togliere la maschera, capisci che il senso della vita non puoi inventarlo ma solo scoprirlo alla luce della fede.

Per troppi anni avevo vissuto solamente per il mio IO, e la dilatazione dell’IO individuale produce solitudine, incapacità di amare e donarsi; riempivo il mio vuoto di inutilità ma non ero felice, anzi: mi sentivo solo. Pagavo il conto alla superbia e all’egoismo. Mi voltavo di fronte al dolore degli altri.

Era venuto il momento di anteporre a quell’IO l’enorme D di DIO. Gesù è entrato nel buio della mia vita, scaraventando fuori tutto quello che era mediocrità e che io ritenevo fosse irrinunciabile: consenso, ascolti, applausi, soldi, ozio. Il Dio dell’impossibile mi aspettava dietro l’angolo dei miei dolori, delle ferite, degli incidenti di percorso, di quel senso di onnipotenza che ti dà la notorietà. Ho compreso che dovevo aprirmi alla

Concattedrale di San Siro, Sanremo 18

Carità, all’amore per il prossimo perché la vita, se la tieni troppo stretta, ammuffisce e si secca; se invece la offri fiorisce e si fa spiga di grano, per te e per i fratelli.

La relazione con gli altri ci risana e genera una fraternità mistica.

Ci vuole una fede matura, bisogna avere il coraggio di dire ‘ci credo’ per vedere accadere i miracoli anche nella nostra vita, perché quella decisione ha la forza di illuminare di nuova luce tutta la vita precedente, oltre che quella futura. Sono convinto che vive solo chi si lancia nell’impossibile infinito e non chi si accontenta del possibile quotidiano; cambiare vita è possibile nel momento in cui scommetti su quel progetto d’amore e di vita che Dio ha preparato per te.

Nessuno è perduto ai Suoi occhi, e oggi sono un ‘homo viator’, in cammino verso la realizzazione della mia esistenza. Non possiamo rinunciare all’essere: l’oblio dell’essere comporta la perdita di contatto con la verità e quindi con la dignità. Si rischia altrimenti di cancellare dal volto dell’uomo quei tratti che ne rivelano la somiglianza con Dio. Se desideri portare la luce devi lasciarti bruciare, capace di guardare alla grandezza sacra del prossimo e di scoprire Dio negli occhi di ogni essere umano. La vita è una vocazione, e talvolta l’uomo non trova la seconda vocazione perché ha rifiutato la prima: ha rinunciato a vivere. Sono determinato, senza indugio, a ‘prendere in mano la vita e farne un capolavoro’, ogni giorno, aderendo all’invito di San Giovanni Paolo II. Diceva il Beato don Pino Puglisi: “20,60,100 anni.

Questa è la vita: ma a che serve se sbagliamo direzione?”. Ogni vocazione richiede un esodo da se stessi per centrare la propria esistenza su Cristo e sul Vangelo. E chi fa il bene è modello per gli altri a fare il bene.

Don Fabrizio Gatta il serrano n. 151

voce della fondazione BJS

Voce ai seminaristi: il ringraziamento di Sergio Scòzzaro di Marco Crovara

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e parole di Sergio mi hanno colpito per la loro immediata comunicazione dei sentimenti che accompagnano un discernimento interiore di un giovane che si mette nelle braccia del “Padre di misericordia”. Anche per noi serrani spesso compare il pensiero del “chi siamo, perché, per chi” ed anche per noi, sicuramente tra tante ombre, compare sempre la speranza della fiducia pura e umile...: la luce, appunto, della Sua misericordia.

Nel leggere le parole di gratitudine, subito mi sono sentito a disagio, ma poi ho capito, ancor più, che il Serra ha nella Fondazione il cuore della propria essenza.

Un cuore che accompagnato dalla ragione del gesto che compiamo nel donare, vive la serenità della fede nel quotidiano cammino della vita e ci indica che quello realizzato con semplicità e naturalezza, per piccolo o grande che sia, può trasformarsi in un qualcosa di fondamentale per chi si sta donando seguendo la gloria di Dio. Siamo noi a ringraziare Sergio perché ci da’ la possibilità di affidarci a lui porgendogli la nostra stima e, in maniera altrettanto importante, seguirlo con le nostre preghiere nel suo cammino spirituale che lo porterà ad affrontare le esigenze dell’oggi: “lumi coraggiosi e presenze concrete”.

Sanremo, 12 marzo 2021

Seminaristi del Seminario Arcivescovile di Palermo “San Mamiliano”

Gennaio-Aprile 2021

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voce della fondazione BJS TÄ ÑÜxá|wxÇàx wxÄÄt yÉÇwté|ÉÇx |àtÄ|tÇt ⁄ UxtàÉ]âÇ|ÑxÜÉ fxÜÜtÓ WÉààA `tÜvÉ VÜÉätÜt

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Mi rivolgo a Lei quale massimo rappresentate della fondazione Junipero Serra cui sinceramente, insieme a tutto il Seminario arcivescovile di Palermo, sento di dover riporre tanta gratitudine per il costante sostegno spirituale e per le attenzioni concrete, dimostrate nei bisogni del nostro itinerario di formazione in vista della vita ministeriale.

Le confesso che nel mio discernimento personale emerge sempre più, avanzando nel «cammino» della vita, quella consapevolezza che la Chiesa ha bisogno innanzitutto di cristiani autenticamente attenti alle emergenze vitali, e così di pastori e guide quanto più complete, formate e accompagnate nel processo di autoidentificazione del sé, e della ri-scoperta della chiamata all’amore che investe ciascuno di noi.

Se dovessi rintracciare il filo rosso che attraversa tutto quanto il mio cammino di discernimento, inquadrerei tutti i miei sforzi sin qui compiuti nell’ottica della costante fame di verità che mi ha sempre contraddistinto in tutte le sue sintomatologie: senso personale (chi sono, dove e cosa) senso delle cose (perché- come) senso ultimo (per cosa, per chi).

In tutte le stagioni del mio percorso, ho sempre intuito il sottile pericolo che costantemente ci interpella nelle scelte quotidiane nel voler o meno attraversare la realtà per leggerne le trame più autentiche, e dunque quelle più colorate e quelle più difficili e indecifrabili. Probabilmente, e questo rimane ancora un grande mistero, solo l’esperienza centrale dell’incontro con la Verità di Gesù, della sua Parola, mi ha dato una chance, aprendomi davanti agli occhi del cuore una serie di orizzonti luminosi per mezzo dei quali tutto, anche l’inestricabile delle ombre, ha preso una luce diversa: chi sono io, perché, per chi?

L’esperienza della riscoperta della chiamata alla fede nel mio discepolato e ciò per cui devo rendere grazie giorno dopo giorno: probabilmente non sarei nemmeno in seminario senza l’aiuto dei punti di riferimento che il Provvidente ha sparso gratuitamente nella mia storia. Niente di più semplice del contatto straordinariamente umano: a partire dalle esperienze in parrocchia, a casa e in famiglia dove ti accorgi che ogni particolare è un’attenzione d’amore, dove non puoi rimanere impassibile di fronte a tanta indifferenza-superficialità ma anche davanti a tanta cura.

Per questo motivo, interpreto il vostro sostegno economico e concreto quale attenzione premurosa del Padre nei miei confronti, che non lascia mai, in tutti i sensi, che manchi supporto al mio cammino.

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il serrano n. 151

voce della fondazione BJS

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Devo riconoscere, come sempre, che da solo non ce l’avrei fatta, e che adesso grazie al vostro supporto, riesco a gestire più serenamente le incombenze economiche degli studi e previste dall’itinerario formativo.

Di fatto il motore della nostra comunità in seminario, come dell’umanità tutta è il legame che ci lega al fratello da cui riceviamo, a cui tendiamo, senza cui non varrebbe la pena vivere, solo per essere gli unici al mondo.

La cosiddetta chiamata, almeno per quanto mi riguarda, non è rintracciabile in un evento unico e puntuale, ma in un tempo opportuno a partire dall’apertura del cuore che mi ha permesso di ri-leggere la mia esistenza, la mia infanzia e la mia adolescenza e sentire quella brezza leggera di Elia (1 Re 19, 4-18) quasi impercettibilmente o meno, levigare giorno dopo giorno la mia persona.

Sicuramente posso raccontare dei piccoli indizi presenti nella mia infanzia: ricordo ad esempio, la mia naturale attitudine sin da piccolo alla preghiera costante e intima, l’amore per la vita della parrocchia e dei gruppi, così come sono vive in me soprattutto quelle grandi esperienze di maggiore maturità spirituale, come il desiderio della totale donazione di sé nell’unione integrale alla Chiesa nel celibato, la centralità della fraternità umana nel mio cuore e tutto quanto che sotto il discernimento del mio direttore spirituale, mi ha condotto a chiedere all’Arcivescovo di Palermo l’ammissione all’itinerario di formazione in seminario.

Ma parlarne semplicemente e in poche parole sarebbe molto riduttivo.

Voglio chiederle in fine di pregare per il mio cammino, i miei formatori e di continuare a sostenere la mia comunità, che si prepara giorno dopo giorno per un tempo sempre più esigente di lumi coraggiosi e presenze concrete, di fame del corpo e dello spirito come asserisce spesso papa Francesco.

Solo così tutti noi realizzeremo già da adesso ciò per cui siamo stati creati e ciò che diverremo alla fine della storia: un’unica famiglia.

Grazie ancora e ancora, assicurandovi la mia preghiera

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l’intervista

“Per gustare la fecondità della celebrazione dell’Eucaristia”

Mons. Maniago presenta il nuovo Messale a cura di Piergiorgio Aquilino

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bbligatorio da Pasqua 2021, S.E. mons. Claudio Maniago, vescovo di Castellaneta e presidente della Commissione episcopale per la Liturgia della Conferenza Episcopale Italiana, presenta il nuovo “Messale Romano”.

Una nuova edizione – la terza, per l’appunto – del Messale Romano: “fedele all’originale, che aiuterà nella preghiera”, ha avuto modo di commentare a caldo, subito dopo la consegna della prima copia al Santo Padre.

Sicuramente è la risposta di una Chiesa attenta ai “segni dei tempi”, all’ammodernamento – o nel caso di quella italiana, all’ambiguità – delle lingue, al progresso delle culture… ma perché c’è bisogno di intervenire, di tanto in tanto, anche sui testi sacri o, in questo caso, liturgici?

I libri liturgici sono libri preziosi per la vita della Chiesa perché ne custodiscono la fede che diventa preghiera comune. Per questo spetta a chi nella Chiesa è preposto in modo speciale a custodire e trasmettere la fede, realizzare questi testi e ad aver cura che siano sempre rispondenti al deposito della Tradizione e alle esigenze del mondo che cambia (cfr. SC 22). Anche questa nuova edizione del Messale è stata realizzata sotto la responsabilità della Santa Sede (papa Francesco, la Congregazione per il Culto) e dei Vescovi italiani, che si sono preoccupati di offrire alla Chiesa che è in Italia lo strumento più adeguato per guidare la celebrazione dell’Eucaristia nelle comunità per i prossimi anni. Il Messale è ancora quello della riforma liturgica scaturita dal Concilio Vaticano II e non potrebbe essere che

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così, perché è ancora forte la convinzione che si tratta di un progetto celebrativo che deve esprimere ancora tutta la sua potenzialità; ma presenta alcune migliorie e soprattutto arricchimenti che lo rendono maggiormente fedele alla sua “vocazione”.

La nuova edizione del Messale non è stata però accolta felicemente da tutti. Non deve scandalizzare, proprio perché la Chiesa è variegata: nel tutto c’è la molteplicità delle singole identità. Secondo quali criteri ha lavorato la Commissione per la revisione del testo, uno dei frutti del Vaticano II? Non meraviglia che un nuovo testo provochi reazioni positive e anche perplessità: in particolare fra gli “addetti ai lavori” che utilizzano quotidianamente questo prezioso strumento. Diverse sono le sensibilità, i punti di vista ed è quindi prevedibile che di fronte ad alcune scelte fatte si possa discutere. Diverso è il discorso per certe posizioni che sembrano aver dimentiil serrano n. 151

l’intervista

Vaticano, 28 agosto 2020.

Il presidente della Cei, Card. Gualtiero Bassetti e Mons. Claudio Maniego consegnano al Papa la prima copia del Messale

cato cosa sia un libro liturgico o quale l’iter per la sua realizzazione... e quindi esprimano giudizi quanto meno superficiali. La Commissione ha cercato di svolgere al meglio un lavoro che era doveroso, perché si trattava di tradurre una nuova editio typica predisposta dalla Santa Sede, delicato perché si trattava di un libro fondamentale per la vita delle nostre Comunità e complesso, per un iter “sinodale” che ha visto coinvolte le molteplici realtà della Chiesa in Italia. Quindi ci siamo mossi con rispetto e fedeltà a quanto ci veniva consegnato, e con attenzione alla realtà della nostra Chiesa in Italia, confermando e migliorando quanto di originale già esisteva nella precedente edizione e introducendo con discrezione alcuni testi nuovi.

Nel parlare collettivo si usa una espressione tipicamente errata: “Andiamo ad ascoltare la Messa”.

Sbagliata, poiché ogni celebrazione non ha attori e Gennaio-Aprile 2021

spettatori: tutta l’assemblea è partecipe del grande Mistero. È bene, dunque, che anche i fedeli conoscano meglio un libro che, di primo acchito, potrebbe sembrare di esclusiva dei celebranti?

Certamente il Messale è un libro che viene utilizzato moltissimo da chi presiede la celebrazione eucaristica cioè dai sacerdoti ma non è il libro dei sacerdoti: è il libro della comunità che celebra e il libro che organizza e norma l’assemblea liturgica in tutte le sue articolazioni servizi movimenti parole gesti. E perché si possa realizzare una celebrazione eucaristica che sia vera esperienza del mistero pasquale nell’oggi è bene che tutti, a cominciare certamente dai sacerdoti, conoscano e bene la struttura di questo testo e anche la ricchezza dei suoi testi. Ma poiché il Concilio Vaticano II ha ribadito insistentemente quanto sia importante che tutta l’assemblea partecipi quindi ogni credente battezzato ha il diritto dovere di parte23

l’intervista cipare alla celebrazione eucaristica, è necessario che ogni credente, ogni battezzato sia a conoscenza di quello che sta facendo di quello che sta pregando. È quindi necessario che conosca non tanto il libro quanto piuttosto il progetto che quel libro propone perché possa anche ognuno essere interprete, fare la sua parte e quindi contribuire alla celebrazione di tutta l’assemblea. A questo riguardo per accogliere questa nuova edizione del Messale in modo adeguato e fruttuoso, così come auspicano i Vescovi italiani, sarà importante mettere in atto un rinnovato impegno formativo, mistagogico, che oltre ai presbiteri coinvolga tutti i fedeli, per metterli in grado di gustare la fecondità della celebrazione dell’Eucaristia, di vivere finalmente una partecipazione piena, attiva e consapevole e quindi di godere maggiormente dei benefici di Grazia della Pasqua del Signore.

Se ci fermassimo alle variazioni nelle risposte da parte del popolo di Dio – Confiteor, Gloria, Pater – non comprenderemmo mai appieno il raffinato lavo-

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rìo che regge la nuova edizione. C’è tanta poesia: un esempio per tutti è la parola “rugiada” utilizzata in sostituzione della “effusione” dello Spirito, durante la preghiera di consacrazione. Da dove è nata l’esigenza di partorire un testo sicuramente molto più poetico rispetto alla precedente versione?

Nel caso citato ci si è semplicemente attenuti più fedelmente al testo originale latino. Ma l’attenzione alla musicalità della lingua italiana e alla cantabilità dei testi è stata costante. A tal riguardo il coinvolgimento di esperti della lingua italiana, di musicisti e di comunità che in modo riservato hanno sperimentato i testi, è stato prezioso e ha permesso di arrivare a un risultato molto buono. Questa nuova edizione in italiano del Messale non è certo un testo perfetto, sicuramente potevano essere fatte scelte diverse, ma certamente posso testimoniare che è il frutto di un lavoro appassionato di tante professionalità di eccellenza nei più vari campi, messe al servizio di un testo, ma molto di più, della bellezza delle nostre celebrazioni eucaristiche.

il serrano n. 151

cultura e società

L’obbedienza Una via per il Cielo, una virtù da riscoprire di S.E. Mons. Mario Russotto Vescovo di Caltanissetta

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ato all’ombra e al servizio del Santuario regionale della Madonna delle Lacrime di Siracusa, l’ultimo volume di don Raffaele Aprile “L’obbedienza: una via per il cielo, una virtù da riscoprire”, appena edito dalla Tau Editrice, intende offrire uno studio agile e profondo sull’obbedienza, di cui Cristo è immagine perfetta. In Lui, l’Autore presenta l’obbedienza come “via al cielo” di Maria Santissima, l’Immacolata, figlia della terra, pienezza del tempo nel quale «Dio mandò il suo Figlio nato da donna, nato sotto la legge» (Gal 4,4). E con lei anche i discepoli di Gesù – i “cristiani” – sono chiamati a percorrere l’itinerario ascendente dell’obbedienza in Cristo nel “fiat” di filiale accoglienza della volontà di Dio, vissuta come ascolto-risposta-impegno. L’obbedienza: una via per il cielo, una virtù da riscoprire è il titolo della pubblicazione che don Raffaele Aprile ha scelto come tema e percorso di adesione alla divina volontà.

Tre i fondamentali capitoli del libro che esaminano e approfondiscono, con acume e rigorosa attenzione ai testi biblici – quelli del Nuovo Testamento appunto –, il tema dell’obbedienza nella triplice tipologia dei personaggi suddetti. Ad essi si aggiunge un quarto capitolo, a mo’ di sintetica rilettura del tema trattato ma dall’angolazione della volontà di Dio. I quattro capitoli sono racchiusi fra una introduzione e una conclusione, organicamente delineate, quasi un accompagnamento – mano nella mano – del lettore dentro la miniera biblica, per giungere allo sbocco dell’agostiniano interrogativo: «Si isti et illi cur non ego?». Ad impreziosire sostenere incoraggiare il cammino del lettore nel sentiero della non facile obbedienza, quale adesione alla Parola ascoltata studiata meditata, il volume riporta otto importanti e profondi contributi, rispettivamente di quattro ecclesiastici, tre dei quali Vescovi, e quattro laici: due uomini e due donne.

Calvino affermava: «Omnis cognitio Dei ab obœdientia Gennaio-Aprile 2021

nascitur», ogni vera conoscenza di Dio nasce dall’obbedienza, cioè dall’ascolto della Parola che invoca il “fare”, il mettere in pratica. E se l’ascolto è la sintassi della relazione, il silenzio è la grammatica della Parola: Essa esige ospitalità e obbedienza. La Bibbia sollecita una ermeneutica da parte del lettore credente, soprattutto attraverso l’esercizio sapienziale e attento del 25

cultura e società quotidiano ascolto: «Ascolta, Israele… tu amerai…»

(Dt 6,4-5). Esso richiede una apertura totale dell’uomo a Dio e una profonda disposizione di amore. Non esiste ascolto senza amore! Amare Dio-ascoltare la sua vocemettere in pratica la Parola sono tre aspetti di un’unica realtà, tre diverse formulazioni dell’obbedienza cristiana, quale vissuto di un unico fondamentale imperativo: «Ascolta… Amerai…». Perciò l’atto fondativo dell’obbedienza è il silenzio… interiore soprattutto. Il Dio del silenzio pronuncia la sua Parola nel silenzio, sovente proprio con il silenzio. Silenzio e Parola sono due movimenti della stessa partitura, due voci di uno stesso coro che si muovono intonando la melodia dell’obbedienza. «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli…. Gesù riconosce suoi discepoli soltanto coloro che fanno la volontà di Dio Padre (cfr. Mt 12,50; 21,29; Mc 3,35). La volontà del Padre non suscita tristezza; non giustifica tragedie, malattie, lutti, torri che crollano addosso ai costruttori.

Gesù apre nei suoi discepoli una crisi profonda: la crisi del dire! Perché solo nel fare la Parola di Dio, cioè nel ridare al Verbo il suo natale nella nostra carne, si può costruire solidamente la casa della propria vita. Ecco perché siamo chiamati a passare dall’essere uditori all’esserci essendo facitori della Parola, cioè artisti di obbedienza in piena consonanza con la volontà di Dio. Dio si rivela e consegna la sua volontà a Maria non attraverso visione ma parola, richiedente ascolto in dialogo, non stando davanti a lei bensì entrando in lei: dentro di lei Dio immette il suo Vangelo! E accade una metamorfosi: in Maria il Vangelo entra in forma di Parola ed esce in forma di uomo! E questo in virtù della sua obbedienza e della sua piena adesione alla volontà di Dio che a lei si consegna. Da Nazareth a Gerusalemme, dalla casa alla collina del Golgota si snoda l’obbedienza di Maria. E lì sul Calvario «stavano presso la croce di Gesù… “Donna, ecco il tuo figlio!”.

Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”. E da allora Maria è stata la donna in attesa, la Sposa in avvento della gloria dello Sposo… Maria stava lì inchiodata in un silenzio accogliente, obbediente, aperto alla relazione. Stava… per lasciarsi interpellare… aspettando magari una inedita rivelazione: «Ecco il tuo figlio!». In Maria lo stare presso il Figlio Gesù Crocifisso provoca una dilatazione del grembo. «(Cristo Gesù) Non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio» (Fil 2,6). Il verbo “considerare” in greco è egeomai, che significa “guidare, condurre, discernere, giudicare”; mentre il termine “tesoro geloso” in greco è harpagmos, che di per sé significa “rapi26

na, preda, bottino”. Gesù-Dio allora fa un ragionamento, opera un discernimento, arriva ad una valutazione: è uguale a Dio perché è Dio e tuttavia decide di non considerare un suo “bottino” tale uguaglianza con Dio, divenendo così l’anti-Adamo, il quale aveva cercato di “rapire” le prerogative divine, di farsi Dio (cfr. Gen 3,5).

La storia di Gesù è dunque esattamente all’opposto di quella di Adamo: se l’uomo aveva provato ad innalzarsi fino a Dio per “diventare come Dio”, Gesù-Dio si svuota di questa sua divina dimensione per abbassarsi fino all’uomo in una assunzione di solidale responsabilità.

Il ragionamento in Dio non porta Gesù a tenere avidamente per sé il bottino della sua divina dimensione, bensì a valutare la sua incredibile decisione in termini di condivisione oblativa nella solidarietà più radicale.

E così Gesù, rinunciando al geloso “bottino” (harpagmos), cioè ai “privilegi” della sua dimensione divina, sposa per “svuotamento di sé” la dimensione umana… «divenendo simile agli uomini» (Fil 2,7).

Quest’ultima forte affermazione indica che Gesù si fa uomo “normale” nell’aspetto e nel comportamento,

Don Raffaele Aprile

il serrano n. 151

cultura e società nella finitudine e nella debolezza. Nella Lettera ai Romani San Paolo scrive che Dio ha mandato «il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato» (Rm 8,3). E la Lettera agli Ebrei recita: «Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli… allo scopo di espiare i peccati del popolo» (Eb 2,16-17). La stessa Lettera in un altro brano afferma: «…non abbiamo un sommo sacerdote (Cristo Gesù) che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato» (Eb 4,5). In un testo dei primi tempi della Chiesa leggiamo: «Poiché la sua bontà fece piccola la sua grandezza, egli divenne come io sono» (Od. Sal 7,3s).

Il mistero dell’Incarnazione, secondo il nostro inno, non sta fra le due dimensioni divina e umana, bensì fra la “condizione di Dio” e la “condizione di schiavo”. Kierkegaard affermava che il paradosso del cristianesimo è l’Incarnazione, il nostro inno andava già ben oltre: il paradosso sta nel passaggio da Dio a

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schiavo, e dunque dall’appartenersi al non appartenersi, dalla pienezza allo svuotamento, dalla libertà all’obbedienza! Porsi più in basso dell’uomo fino a farsi schiavo a Gesù non basta, perché «umiliò se stesso (etapèinosen eauton)» (Fil 2,8). Al centro dell’inno c’è dunque Uno morto sulla croce: contemplando Lui, San Paolo nel buio della sua prigione canta e riscrive questo straordinario inno. È stato affascinato dal Cristo Crocifisso, dal quale ha compreso un fatto essenziale: «Mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 3,20). Così non può più pensare se stesso se non conformato a Lui: «Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Vede con gioia il suo cammino d’apostolo configurarsi a quello del Crocifisso; poco oltre il nostro inno afferma: «E anche se il mio sangue deve essere versato in libagione sul sacrificio e sull’offerta della vostra fede, sono contento e ne godo con tutti voi» (Fil 2,17). All’obbedienza discendente di Gesù risponde il dono ascendente del Padre, e in questo reciproco gratuito darsi si inserisce l’universo intero e ogni creatura con una liturgia cosmica «a gloria di Dio Padre» (Fil 2,11).

Perciò «abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina» (Fil 2,5-6). Nella catechesi su San Paolo all’udienza generale del 13 giugno 2005, Benedetto XVI ha detto: «Entrare nei sentimenti di Gesù vuol dire non considerare il potere, la ricchezza, il prestigio come i valori supremi della nostra vita, perché in fondo non rispondono alla più profonda sete del nostro spirito, ma aprire il nostro cuore all’Altro, portare con l’Altro il peso della nostra vita e aprirci al Padre dei Cieli con senso di obbedienza e fiducia, sapendo che proprio in quanto obbedienti al Padre saremo liberi. Entrare nei sentimenti di Gesù: questo sarebbe l’esercizio quotidiano da vivere come cristiani».

Nel volume, con la prefazione di S.E. Mons. Mario Russotto, vengono, altresì, raccolti i preziosi contributi di S.E. Mons. Francesco Savino, S.E. Mons.

Francesco Alfano, S.E. Mons. Francesco Cavina, Piergiorgio Aquilino, Antonino Cardillo, Fabio Colagrande, Marilena Mangiafico e Claudia Koll.

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cultura e società

Il futuro è nelle nostre mani La crisi come luogo di rinascita di Don Domenico Vitolo «Il 2021 è un tempo da non perdere. E non sarà sprecato nella misura in cui sapremo collaborare con generosità e impegno. In questo senso ritengo che la fraternità sia il vero rimedio alla pandemia e ai molti mali che ci hanno colpito. Fraternità e speranza sono come medicine di cui oggi il mondo ha bisogno, al pari dei vaccini» (Francesco, Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 8 febbraio 2021).

S

tavamo bene quando stavamo peggio. Una classica frase che accompagna l’intero arco della nostra vita quando siamo chiamati ad affrontare il nuovo. Quando si parla di futuro spesso o la mente viaggia su giardini e luoghi ameni dove posare i pensieri positivi e propositivi o le gambe tremano per quello che di incerto si va ad affrontare. Nella

fede, però, sappiamo che lo sguardo oltre è saper leggere i segni dei tempi e attualizzarli in un presente concreto fatto di progetti, di nuove sfide, di nuovi inizi e di belle avventure.

La Chiesa di Cristo, sotto il pontificato di papa Francesco, cammina e guarda oltre. Seppur in questo tempo incerto piene di sfide odierne legate alla situa-

Roma, 27 marzo 2020. La storica immagine di Piazza San Pietro vuota 28

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cultura e società

Un gruppo di giovani sacerdoti e seminaristi della diocesi di Aversa

zione attuale e concreta che stiamo vivendo come popolazione mondiale per la crisi epidemiologica scatenata dall’infezione del SARS-CoV-19, dobbiamo saper accogliere l’invito ad essere uomini e donne nuovi. Una crisi che ha abbracciato tutti i settori e tutti gli ambiti della nostra vita. Crisi politica, crisi Gennaio-Aprile 2021

sanitaria, crisi economico-sociale, crisi ambientale, crisi relazionale.

L’eco di queste parole: «la tempesta smaschera la nostra vuìlnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e 29

cultura e società

Don Domenico Vitolo

priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità» (Francesco, Momento straordinario di preghiera in tempo di pandemia, 27 marzo 2020).

Parole di Francesco del 27 marzo 2020 che riecheggiano sempre più nella nostra vuota e assordante piazza San Pietro interiore, nella nostra quotidianità ancora incerta e fragile. Ancora di più, allora, dobbiamo rialzare il capo per accogliere il nuovo che la Provvidenza ci pone nel nostro cammino di cristiani autentici. Sì autentici, e non perfetti. Ed è proprio, allora, dalla crisis che ognuno è chiamato a rielaborare il proprio progetto di vita.

L’impegno della cosa comune interessa, allora, ogni uomo in quanto propria casa. Non è soltanto la 30

cura del proprio orticello ma cura della casa comune affidataci. La pandemia ha aiutato ognuno di noi a prendere più coscienza e consapevolezza circa il valore del carattere comunitario della vita umana, familiare e cristiana e del fatto che è possibile vivere, anzi di più, sopravvivere anche senza i precedenti alti, e molto spesso sfrenati, ritmi di vita.

Molti si pongono domande su come sarà il postpandemia. Queste domande, seppur lecite e inevitabili, sono molto attuali ma non semplici alle quali non è possibile rispondere in modo chiaro ed inequivocabile.

Il post-pandemia dovrebbe aiutare ognuno di noi a ri-frequentare, anzi ri-abitare quei luoghi dove poterci sentire sempre più fratelli tutti, quali sono le nostre comunità cristiane, ri-vivere le nostre celebrazioni che spesso sentiamo vuote e lontane, riconoscendo anzitutto profonda umiltà e gratitudine al Signore, nel ringraziarlo per il grande dono della vita.

Inoltre, il nostro tempo scorre molto veloce, (dum fugit tempus), e dove ognuno di noi è circondato da molteplici notizie, da tante informazioni spesso inaffidabili e piuttosto false.

La frivolezza di tutto ciò ci porta necessariamente a riconoscersi nell’autosufficienza e alla superficialità nei legami, nelle relazioni, negl’incontri. Oggi, pertanto, non è facile ricostruire, però bisogna che si lavori intensamente, e per questo motivo il cristiano è chiamato a superare la mediocrità per attuare nella propria vita l’autenticità evangelica che promana dalla grazia battesimale.

Il nostro cammino interiore, imprimis, è un mezzo efficace perché c’invita ad andare sempre più “in profondità”, a riscoprire quel magis, quel di più di cui il cristiano è chiamato a portare nella sua vita quotidiana, come buon profumo di Cristo. Ci ricorda che abbiamo solo bisogno di ciò che è necessario; l’inutile, il malvagio e l’immorale, che ci viene spesso offerto in modo aggressivo, deve essere consapevolmente e deliberatamente rifiutato. Il cristiano autentico non deve dedicare né il tempo né il denaro.

Oggi più che mai dove contano i “numeri”, dai quali ogni giorno ne siamo bombardati, ognuno è chiamato a fare la differenza. È vero anche che in questi mesi abbiamo sperimentato quanto sia fragile la nostra esistenza e di come ne dobbiamo averne sempre più cura. Saremo, pertanto, costruttori del nuovo solamente se ci riconosceremo capaci di prossimità e di più riscopriremo nell’altro un volto che m’interpella e mi riconosce per quello che sono, un uomo amato. il serrano n. 151

notizie e iniziative

dai club e distretti

Distretto 73

Tre libri alla riscoperta di luoghi dell’anima

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ono sbarcati anche nel Distretto 73 PugliaBasilicata gli approfondimenti on line dei libri facenti parte della terzina finalista di cui al Premio Letterario “Penna dello Spirito” indetto dalla Biblioteca Nazionale J. Serra. In perfetta sintonia con il tema nazionale, essi hanno costituito una interessante fonte di riflessione e confronto tra i soci dei sette club che hanno partecipato all’iniziativa promossa dal Governatore dr.ssa Filly Franchino.

“Spesso ci illudiamo di credere, di amare, di vivere. Come poter recuperare la verità della nostra vita? Da dove partire per diventare autenticamente se stessi? L’autore di queste pagine “Credevo di credere” non ha dubbi: dall’ascolto della Parola di Dio. Che non offre facili soluzioni ad ogni problema, ma aiuta ad interrogarsi e a cercare. Anzi, costringe a cercare. A lasciarsi contagiare e invadere dal suo messaggio d’amore”.

Tra la lettura dei versi più ricercati e le considerazioni della professoressa Francesca Mignogna del Club di Lucera-Troia, prosegue quel viaggio che ha condotto al Discorso della Montagna che, secondo Bruno Pennacchini, non è altro che l’identikit dell’uomo nuovo, che nasce dallo Spirito Santo. Esso è la controprova che ti svela se sei una creatura nuova, oppure no; perché, se sei una creatura nuova, non solo non ti ribelli a chi ti vuole portare via la giacca, ma gli dai anche la camicia. E senza sforzo, perché non sei tu a farlo, ma è Gesù Cristo che lo fa in te. È verso la realizzazione di questo progetto che siamo in cammino! Il Club di Cerignola guidato da Grazia Ancona Guerra sceglie di presentare il testo di Francesca De Sanctis dal titolo “Un tuffo nella Verità”, sottolineando la descrizione che fa l’autrice di un mondo che vive come annebbiato e confuso e pertanto bisognoso di una pausa, quasi un riferimento profetico al momento pandemico che ci ha costretti a scendere dalla “Giostra della frenesia” riflettendo sulle nostre fragilità per cercare nel raccoglimento, nella riflessione e nella preghiera la strada dell’ordine e della verità, l’unica verità capace di renderci liberi e felici.

Emerge prepotente la necessità di ognuno di incontrare lungo il percorso di vita qualcuno che orienti e accompagni aiutando ad acquisire consapevolezza di ciò che si è : unica strada per costruire relazioni veramente generative! Ed infine il Club di Potenza con “Nella fede la forza della rinascita” di Giovanna Panico, si affida a Rosa Maria Giordano che trova in questo componimento la nascita e l’evoluzione della vita di una donna dei nostri giorni, con le gioie quotidiane, i dolori, il lavoro, l’amore e, in più, la Fede sconfinata in Dio, luogo da cui veniamo. È una visita ai luoghi dell’Anima che sono in ognuno di noi e dove ognuno di noi scopre che Dio gli ha parlato. È una lettura introspettiva che fa ripercorrere, a piccoli passi, la propria vita, le proprie gioie, i dolori, il proprio essere ed il proprio modo di operare e solletica la coscienza e tutto quanto in essa è nascosto.

Emanuela Abate

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dai club e distretti

Ferrara 703

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° di Fondazione

del Serra Club Ferrara La pubblicazione è disponibile sul portale del Serra Italia alla pagina

http://www.serraclubitalia.it/2021/03 /24/club-di-ferrara-pubblicazione-del30-di-fondazione

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u nel settembre del 1988, in preparazione della visita a Ferrara del Pontefice Giovanni Paolo II, che Mons. Luigi Maverna, Arcivescovo della Diocesi di FerraraComacchio dal 1982 al 1995, pensò di costituire nella nostra città e provincia gruppi di laici per le vocazioni sacerdotali aderenti al movimento serrano, allo scopo di favorire, attraverso la preghiera e una comunità di fedeli attivamente impegnata, le vocazioni al sacerdozio ministeriale nella nostra Diocesi.

Per promuovere e realizzare quest’iniziativa, la scelta dell’Arcivescovo cadde sulla persona del Dott. Romeo Sgarbanti, e fu una scelta felice in quanto investiva una delle figure più eminenti del cattolicesimo sociale ferrarese.

Da quell’ottobre 1988, fu quindi intenso l’impegno che il Dott. Sgarbanti pose nell’attuare l’incarico affidatogli dall’Arcivescovo, ottenendo dal Serra International il riconoscimento del primo Serra Club della Diocesi, quello di Ferrara, alcuni mesi prima che arrivasse il Papa, e precisamente il 23 febbraio 1990, a cui egli darà seguito, due anni dopo, alla costituzione del Serra Club Pomposa.

Nel celebrare il trentesimo anno di vita del Serra Club Ferrara, è con i sensi di viva riconoscenza che il movimento serrano della Diocesi di Ferrara-Comacchio intende ricordare il suo promotore, Mons. Luigi Maverna, e il suo fondatore, Dott. Romeo Sgarbanti, mediante la realizzazione e stampa del libretto ‘Trentesimo di Fondazione del Serra Club Ferrara’.

L’intento è stato quello di esprimere al Signore un commosso sentito grazie per averci fatto dono di due anime grandi e affinchè la loro testimonianza non si perda, ma si conservi sempre viva, soprattutto per le nuove generazioni.

A salvaguardia di quel patrimonio spirituale, intellettuale e morale che ci hanno lasciato.

Giuseppe Miccoli

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il serrano n. 151

dai club e distretti

Acqui Terme 690

Ordinazione presbiteriale di Giacchero Giambattista

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on l’imposizione delle mani da parte del vescovo Luigi Testore, domenica 24 gennaio il presidente eletto del Serra Club Giambattista Giacchero è diventato un presbitero della Diocesi di Acqui. La cerimonia, già programmata per l’otto novembre 2020 e rinviata per le restrizioni imposte in conseguenza del Covid-19, si è svolta nella Cattedrale di Acqui con la partecipazione di molti Sacerdoti, tra i quali il vice cappellano del nostro Club don Domenico Pisano, e la presenza dei Sindaci dell’Unità pastorale “San Giuseppe Marello” dove il neo presbiteroè stato chiamato ad operare. Erano inoltre presenti diversi graduati dell’arma dei Carabinieri, in cui Giambattista Giacchero ha prestato un lungo servizio e dalla quale si è congedato con il grado di Generale di corpo d’armata e alcuni Serrani: il Governatore del distretto Paolo Rizzolio, il past-governatore Giancarlo Callegaro, Enzo Quaglia, Leonino De Giorgis e il sottoscritto.

Non appena la situazione sanitaria lo permetterà, don Giambattista Giacchero celebrerà una Messa per i Serrani del Club 690 di Acqui e del Distretto 69.

Oldrado Poggio

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dai club e distretti

Palermo 543

Concorso nazionale

“Penna dello Spirito” I

l Serra Club di Palermo, quest’anno per la prima volta, ha partecipato al concorso nazionale “Penna dello Spirito”, giunto alla XV edizione. La fase cittadina si è conclusa il 14 gennaio 2021, nel tardo pomeriggio, con un incontro online che ha avuto come protagonisti gli allievi della Scuola media del Convitto Nazionale “Giovanni Falcone“.

Tutto è stato coordinato dai docenti della Scuola, con il patrocinio del Rettore, Prof.ssa Concetta Giannino, ed alla presenza del Vice Rettore Prof.ssa Tiziana Schiavo. Alla presentazione dei libri in concorso si sono alternati momenti di poesia e musica.

Tre giovanissime alunne emozionate, Beatrice Vaccaro, Chiara Gristina, Giulia Grupposo, hanno presentato i libri: ciascuna ha prodotto la recensione di uno dei tre testi suggeriti dal Consiglio Direttivo della Biblioteca Nazionale Serra: “Credevo di credere. Con la fede, per navigare nella vita” di Bruno Pennacchini; “Un tuffo nella verità. Un viaggio tra scienza e fede” di Francesca De Sanctis; “Nella fede la forza della rinascita” di Giovanna Panico.

Prima di ascoltare le recensioni, una voce di bimbo ancora, Vicio Mazzamuto, con grande maestrìa e dolcezza ha declamato i versi di una poesia-preghiera dedicata a Maria, che hanno creato un’unione di cuori: in fondo è ancora Natale!

Tra una lettura e l’altra, si sono alternate tre piccole musiciste, suonatrici di flauto traverso, eccellenze seguite dalla Prof.ssa Simona Spinelli e dal compositore ed arrangiatore Prof. Giuseppe Mazzamuto; la bellezza della musica apporta un’amabile sensibilità, quasi un vivere con il cielo in cuore…

Per la prima volta si è sperimentato qualcosa di nuovo…: fermamente convinti che i cuori semplici, innocenti, veri, vadano custoditi. I soci serrani hanno affidato la lettura dei testi ai ragazzini, ritenendo di fare un lavoro missionario e sacerdotale; certamente l’Eucarestia si celebra in chiesa, ma si celebra anche in queste mense della parola.

L’istituzione del Convitto è stata onorata per la presenza a questo incontro della massima autorità del Seminario Arcivescovile di Palermo, il Rettore Mons. Silvio Sgrò; onorata altresì della presenza delle autorità del Club Serra, nella persona della Governatrice Prof.ssa Maria Lo Presti e del Presidente Dott. Roberto Tristano; onorata ancora per la presenza dei soci serrani, tutti. In quanto socia del Serra, nonché docente di Italiano della classe coinvolta, guardavo dallo schermo del mio computer la gioia che balenava, a tratti, dagli occhi di Beatrice, Chiara e Giulia, fiere di raccontare a tutti le emozioni provate durante la lettura, fiere e consapevoli di essere testimoni di messaggi che vogliono essere fondamento e stimolo della costruzione morale.

Ho sempre cercato di tirare fuori il meglio dai miei piccoli alunni, parlando loro di Platone e del principio di ogni cosa che è l’Idea del Bene; di Kierkegaard o di quel Kant della Critica della Ragion Pratica (il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro me…), cercando di coltivare la loro dimensione più profonda ed arrivando a parlare di quell’Uomo che sta dinanzi a Pilato, la Verità.

Ma in questa particolare sera, in questa che ho chiamato mensa della Parola, ho percepito che i soci del Serra, consapevoli della fragilità del bene, stanno facendo rinascere amore.

E se il termine sacerdozio è dato per il popolo tutto, e se sacerdoti siamo tutti, la mensa della parola è mensa del pane spezzato della vita… è incontro!

Sally Rampulla

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40 anni del Club

dai club e distretti

Tigullio 526

Cari amici serrani, era il 14 febbraio 1981 quando 28 amici con il loro cappellano Don Luciano Serra ricevevano dalle mani del Governatore del Distretto 70 Comm. Luigi Paganini la “Charter” di incorporazione in Serra International.

Nasceva così il Serra Club Tigullio assumendo il numero 526 nel mondo.

Avremmo voluto e lo avevamo anche previsto, avere accanto a noi i serrani dei tanti Club amici per festeggiare e ricordare.

Purtroppo “Covid” ci ha costretti a modificare i nostri programmi, con dolore ma con cristiana rassegnazione abbiamo modificato la nostra attività alle norme di contenimento della pandemia. Nel rispetto delle normative, sabato 13 febbraio ( il 14 sarebbe stato impossibile causa inizio “zona arancione”) abbiamo ricordato il nostro quarantennale.

Lo abbiamo fatto in forma riservata, limitando la partecipazione ai soci ed ai familiari conviventi, nella cappella della Casa Parrocchiale di Carasco dove con il nostro cappellano Don Paolo Gaglioti abbiamo celebrato la Santa Messa.

Questa celebrazione è stata fortemente voluta per ricordare i soci che si sono succeduti in questo quarantennio e vivono nella pace del Signore ma anche per confermare il nostro impegno a proseguire, nonostante le difficoltà del momento, negli obiettivi e nella testimonianza dei valori fondanti di Serra International e che avevano ispirato il vescovo Ferrari ed i soci fondatori ad intraprendere questo impegno di testimonianza cristiana nella Diocesi di Chiavari.

Martedì 16, in collegamento streaming, i soci si sono ritrovati in video a condividere un contributo curato dal socio fondatore Comm. Francesco Baratta coadiuvato dall’Ing.Gianpiero Barbieri dal titolo:

Serra Club Tigullio in Quarant’anni, cenni di storia è stato un momento commovente di rievocazione storica e di richiamo a nostri principi fondanti.

Non potendo averVi nostri graditi ospiti, come avremmo voluto, pensiamo di fare cosa gradita proponendoVi di condividere il filmato ( della durata di ca 47 minuti).

Grati della vostra attenzione, desidero porgerVi i saluti e le espressioni di fraterna amicizia da parte di tutti i soci del Serra Club Tigullio con la speranza di poter presto ritornare alla normalità e poterci rivedere.

Un cordiale e serrano abbraccio, Paolo Castagneto Presidente

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ALLA CHIESA CATTOLICA PER LA RIPARTIZIONE DELLE RISORSE: www.8xmille.it

5X1000 ALLA NOSTRA FONDAZIONE BEATO JUNIPERO SERRA

ti chiediamo di confermare la tua firma anche nel 2021 per sovvenire a necessità di seminari e seminaristi (non dimenticare il codice fiscale della Fondazione qui di seguito riportato)

9 5 0 1 8 8 7 0 1 0 5