Il serrano - n. 146 - aprile/giugno 2019

N. 146

Aprile-Giugno 2019

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003

Organo dell’Associazione Serra International Italia

Il Consiglio Nazionale a Roma

Intervista a S.E. Card. Simoni

La Vocazione e il Soffio

Convention Internazionale a CittĂ del Messico

N. 146

Aprile-Giugno 2019

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003

Organo dell’Associazione Serra International Italia

editoriale

PERIODICO TRIMESTRALE N. 146 ASSOCIAZIONE SERRA INTERNATIONAL ITALIA

Aprile-Giugno 2019 (XLIII)

Il Consiglio Nazionale a Roma

Intervista a S.E. Card. Simoni

La Vocazione e il Soffio

Convention Internazionale a Città del Messico

® 3 Nel Mistero, la più bella verità di Piergiorgio Aquilino

vita della chiesa 4 La Christus vivit: un cammino sinodale di Dennis Pellegrini

vita del serra 10 Il Consiglio Nazionale a Roma di Enrico Mori

11 Dio è una fake news? di Maria Luisa Coppola

l’intervista 15 Dio vi dia la forza di annunciare Gesù, per goderne la ricompensa nell’eternità a cura di Piergiorgio Aquilino

vocazioni 19 Incontro dei Centri Nazionali per le Vocazioni delle Chiese d’Europa di Enrico Mori

21 La Vocazione e il Soffio: cinque spunti per meditare di Bruno Forte

l’angolo di serra international 23 Convention Internazionale a Città del Messico di Manuel Costa

25 «La Moretina del Tepeyac

la voce del CNIS 26 I programmi nel Serra di Flavio Fontana

cultura e società 27 Il pettegolezzo: uccidere l’altro con le parole di Massimo Schiera

dai club e distretti ® 30 Notizie ed iniziative In copertina: Concorso scolastico, un frame dal video premiato del Liceo Scientifico “Siani” di Sant’Arpino

Registrato presso il Tribunale di Palermo n. 1/2005 del 14 gennaio 2005 Iscrizione al Roc n. 21819 del 16/01/2012 Spedizione Abbonamento Postale Gr. IV Pubblicità inferiore 50%

Direttore responsabile Piergiorgio Aquilino

Redazione Manuel Costa Filly Franchino Dino Melis

Comitato di Direzione Enrico Mori, Presidente del C.N.I.S. Flavio Fontana, V. Presidente del C.N.I.S. Gianni Fiocchi, V. Presidente del C.N.I.S. Paola Poli, V. Presidente del C.N.I.S. Giuliano Faralli, V. Presidente del C.N.I.S. Trustee italiani di Serra International

Hanno inoltre collaborato a questo numero:

P. Giacomo Costa SJ Enrico Mori Manuel Costa Margherita Lopergolo Silvia Guggiari Beatrice Valiserra

Maria Luisa Coppola S. E: Mons. Bruno Forte Massimo Schiera Maria Lo Presti Anna Zichella

Norme essenziali per redattori e collaboratori

1. Inviare il materiale per la stampa entro e non oltre il 20 settembre 2019.

2. Inviare i contributi all’e-mail sotto indicata.

3. Inviare foto molto chiare con soggetti inquadrati da vicino.

I redattori distrettuali, i collaboratori ed i Vice Presidenti di Club responsabili delle comunicazioni sono pregati di attivarsi per l’inoltro di brevi (max 2.000 battute s.i.) cronache relative alle attività svolte dai Club e dai Distretti alla Segreteria di redazione

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Gli articoli pubblicati esprimono il pensiero dei rispettivi autori e non rispecchiano necessariamente la linea editoriale della testata.

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editoriale

Nel Mistero , la più bella di Piergiorgio Aquilino Direttore Responsabile

Siamo continuamente sotto il riflettore della locutio ambigua, che il mondo massmediale si diverte ad utilizzare, tra mezza verità detta e mezza celata, al fine di ridurre a puri tornaconti strategici di marketing non solo le cose ma anche le persone. Ogni occasione è buona per destare scandalo e per far sì che la penna – proprio quella che il Pontefice predilige come mezzo per praticare il giornalismo di pace – diventi ben presto un’arma a doppio taglio.

Rumore, confusione, ambiguità, esclusione, sensazionalismo, superficialità, pregiudizio, aggressività, falsità: sono le tante facce della stessa medaglia chiamata fake news. Ma ancora sospetto, bugia, menzogna, polarizzazione di opinioni, notizia detta/non detta, falsa verità: tutte ancora fake news. Di notizie false ce ne ha parlato Francesco nel LII Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali 2018. Ed è lo stesso interrogativo che il Serra Italia, all’interno della sua XV edizione del Concorso scolastico, ha voluto porre ai tanti allievi delle scuole d’Italia, di ogni ordine e grado. Per i giovanissimi, addirittura, una provocazione: tra le fake news può rientrare anche Dio? La ricerca della verità investe tuttora il meticoloso lavorio introspettivo dell’uomo circa le domande sulla sua esistenza: l’esigenza psicologica di verità è tanto importante quanto ineliminabile, poiché espressione, nella persona, di un bisogno autentico di assoluto. Tuttavia questa esigenza appare incapace di spiegare il senso più profondo persino della realtà di un fatto o di un evento. E allora l’interrogazione di Pilato: «Quid est veritas?» (Gv 18,38). Cos’è la Verità se non Dio stesso? Papa Francesco, nel capitolo quarto dell’Esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit, si rivolge proprio ai giovani attraverso il grande annuncio sulla verità: «Al di là di ogni circostanza, a tutti i giovani voglio annunciare ora la cosa più importante, la prima cosa, quella che non dovrebbe mai essere taciuta. Si tratta di un annuncio che include tre grandi verità che tutti abbiamo bisogno di ascoltare sempre, più volte» (§111).

E le tre grandi verità coinvolgono Dio nella sua dimensione unitrinitaria. La prima grande verità del Dio-Amore è che: «Dio ti ama». La secon-

verità

da è che se «Dio ti ama», il suo Unigenito Figlio, «Cristo, per amore, ha dato se stesso fino alla fine per salvarti». Ma, inseparabile da queste, quasi fosse deduzione di un sillogismo perfetto, scaturisce la terza verità: «Egli vive»! Scrive Bergoglio: «In queste tre verità – Dio ti ama, Cristo è il tuo salvatore, Egli vive – compare Dio Padre e compare Gesù. Dove ci sono il Padre e Gesù, c’è anche lo Spirito Santo» (§130). C’è, dunque, la Chiesa; ci sono, dunque, i giovani!

Spesso voce di uno che grida nel deserto, Francesco continua ad essere testimone, sebbene a volte isolato, di una Chiesa che ha quotidianamente il coraggio di levare le àncore e di salpare, tuffandosi nelle acque turbolente di quest’era globalizzata e secolarizzata e, senza lasciarsi alle spalle il mondo, offre a quest’ultimo la controtendenza sempre valida della verità cristiana. Una verità comunicata ininterrottamente con semplicità – e nonostante sia semplice, spesso viene oltremodo travisata e strumentalizzata fuori e dentro la Chiesa stessa –, proprio perché, semmai l’avesse dimenticata, «un’altra lezione che la Chiesa deve ricordare sempre – ci ricordava Francesco a pochi mesi dall’elezione, nei giorni della GMG del 2013 a Rio de Janeiro – è che non può allontanarsi dalla semplicità, altrimenti disimpara il linguaggio del Mistero e non solo resta fuori dalla porta del Mistero, ma non riesce neppure ad entrare in coloro che dalla Chiesa pretendono quello che non possono darsi da sé, cioè Dio stesso. Senza la grammatica della semplicità, la Chiesa si priva delle condizioni che rendono possibile “pescare” Dio nelle acque profonde del suo Mistero».

Quella della verità – sebbene scomoda o pungente – è una sfida presa di petto da papa Francesco da sempre e, a maggior ragione, ora: allo stare a guardare preferisce una Chiesa che cammini virtuosamente e, seppur tra le burrasche dei media, si faccia ultima tra gli ultimi, giovane tra i giovani, offrendo ad ogni navigatore la bussola della verità. E solo la verità, seppur detta con semplicità, libera: perché comunica il Mistero che salva. Quel Mistero che si è autocomunicato lungo la storia della salvezza e si è incarnato, proprio con semplicità, nella verità più bella di una giovane di Nazareth.

Per info e approfondimenti: www.serraclubitalia.it; www.serrainternational.org.

vita della chiesa

L’alleanza del Papa con i giovani

La Christus vivit: un cammino sinodale di Padre Giacomo Costa SJ

L’

Esortazione Apostolica Postsinodale Christus vivit (CV), firmata da papa Francesco nella Santa Casa di Loreto lo scorso 25 marzo e pubblicata il 2 aprile, rappresenta un ulteriore passo nel percorso, avviato nell’ottobre 2016, con cui la Chiesa si sta interrogando sul tema “I giovani, la fede, il discernimento vocazionale”.

Uno snodo fondamentale è stato rappresentato, naturalmente, dalla XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, svoltasi nell’ottobre 2018, che ha concluso i propri lavori con un Documento Finale (DF). Ma anche le tappe precedenti – come l’“indagine” che ha coinvolto le Conferenze episcopali di tutto il mondo, i vari momenti in cui sono stati i giovani stessi a prendere la parola o la pubblicazione dell’Instrumentum Laboris (IL) – sono parte integrante di un processo sinodale, cioè appunto di un “camminare insieme”, che vuole diventare sempre di più la cifra identitaria della Chiesa.

In questo senso, l’Esortazione Apostolica si pone espressamente nel seguito di tutti i passi precedenti e apre la strada a compierne di nuovi. In particolare la si può intendere come una rilettura meditata e dialogica, di particolare significato per la sua autorità, del DF e dei lavori dell’Assemblea a cui papa Francesco ha personalmente preso parte.

CV comincia esprimendo l’intenzione di aprire un dialogo con i giovani e, attraverso di loro, con tutti i cristiani. Come l’Assemblea sinodale aveva rimarcato con forza, i giovani sono protagonisti del nostro tempo e membra attive della Chiesa, non oggetto di discorsi che calano su di loro dall’alto, e tanto meno un “mondo a parte” rispetto al resto della comunità ecclesiale.

Fondamentali sono quindi le relazioni tra le generazioni. Facendo riferimento a una profezia contenuta nel Libro di Gioele (Gl 3,1), papa Francesco afferma: «Se i giovani e gli anziani si aprono allo Spirito Santo, insieme producono una combinazione meravigliosa. Gli 4

anziani sognano e i giovani hanno visioni. In che modo le due cose si completano a vicenda?» (CV 192).

Pur tenendo presente che, secondo le modalità espressive e comunicative tipiche del nostro mondo, il testo della CV non si presenta come un percorso lineare e, per così dire, geometrico, ma articola una pluralità di generi, modalità di interlocuzione e approcci diversi, possiamo però rinvenire sottotraccia una struttura, che non si impone, ma a cui il lettore si può appoggiare. I nove capitoli che compongono il testo possono essere raggruppati in gruppi di tre. Possiamo

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vita della chiesa probabilmente riconoscere in questi tre blocchi la scansione dei passi del processo di discernimento – riconoscere, interpretare, scegliere – su cui si erano articolati i lavori dell’Assemblea sinodale e che serve da struttura portante del DF.

1. In ascolto della realtà Il blocco dei primi tre capitoli riprende il lavoro di ascolto della realtà a cui si era dedicata l’Assemblea sinodale a partire dai materiali preparatori per un discernimento condiviso. Che cosa succede quando la Parola di Dio incontra i giovani e interagisce con le relazioni che essi tessono tra di loro, all’interno delle famiglie, delle comunità, delle società? È questa la domanda che fa da sfondo al blocco dei primi tre capitoli. Il punto di partenza della CV è cioè la Parola di Dio, e in particolare i molti incontri di giovani con il Signore che essa narra (cap. 1). Tuttavia non è solo nei racconti della Scrittura che Gesù incontra i giovani; egli è Parola vivente, Colui che fa nuova ogni cosa, l’eternamente giovane (cfr CV 13). Il secondo capitolo intreccia dunque questa Parola con le nostre vite: in ogni epoca,

compresa la nostra, è proprio l’incontro con Gesù a illuminare la vita dei giovani e quella di tutta la Chiesa, chiamata a rinnovarsi continuamente per entrare in contatto con i giovani in un tempo in cui molti «non la ritengono significativa per la loro esistenza» e le chiedono piuttosto di lasciarli in pace (cfr CV 40, che riprende sia DF 53 che IL 66). Tra l’altro, scrive il Papa, «sono proprio i giovani che possono aiutarla a rimanere giovane, a non cadere nella corruzione, a non fermarsi, a non inorgoglirsi, a non trasformarsi in una setta, ad essere più povera e capace di testimonianza» (CV 37).

Dopo avere dato il giusto spazio all’esempio di Maria e a quello di alcuni giovani santi vissuti in epoche storiche e contesti geografico-culturali diversi, il terzo capitolo passa in rassegna la situazione dei giovani nel mondo contemporaneo, con uno sguardo animato da fiducia e speranza, ma senza tacere ombre e difficoltà.

Soprattutto, CV è attenta a scongiurare il rischio di pensare ai giovani in modo astratto o stereotipato (in positivo o in negativo), mettendo al centro dell’attenzione la loro vita reale, a partire dalla enorme varietà delle condizioni in cui si trovano.

Dal DF l’esortazione riprende, quasi alla lettera, la trattazione di tre situazioni che assurgono a cifra della condizione dei giovani (e non solo) nel mondo di oggi: la crescente pervasività dell’ambiente digitale, la condizione dei migranti e la piaga degli abusi nella Chiesa.

L’analisi, è bene sottolinearlo, non è svolta a livello sociologico; l’intenzione di questa prima sezione è profondamente spirituale: l’obiettivo non è accumulare dati, ma fare appello alla capacità di piangere, cioè alla disponibilità dei cristiani, della Chiesa e della società di provare nei confronti dei giovani, specie quelli che patiscono violenze e ingiustizie, sentimenti di autentica maternità (CV 75-76). Ugualmente spirituale è la conclusione del terzo capitolo, che invita alla speranza.

2. Al cuore del testo Il secondo blocco (capp. 4-6) rappresenta il cuore e il fulcro dell’intera Esortazione, che rende ragione anche del suo titolo. L’obiettivo è far emergere – attraverso un vero e proprio cammino di discernimento – quale sia il dinamismo che mette in moto una risposta autentica alla voglia di vita che la giovinezza porta con sé e che il Signore non vuole spegnere, o invece che cosa è un inganno che manipola e asservisce.

Nel quarto capitolo, Papa Francesco rivolge direttamente a ciascun giovane, in seconda persona, l’annuncio che viene dalla fede: Dio ti ama; Gesù Cristo ti salva, Aprile-Giugno 2019

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vita della chiesa è vivo e desidera che tu viva; Egli è sempre con te e non ti abbandona! Il Santo Padre mostra così nella pratica che cosa significa attuare il n. 133 del DF, che ribadiva la centralità dell’«annuncio di Gesù Cristo, morto e risorto, che ci ha rivelato il Padre e donato lo Spirito» come dono irrinunciabile da offrire ai giovani. È dentro questa prospettiva, spiega CV nel quinto capitolo, che vanno considerati gli itinerari dei giovani e le decisioni che sono chiamati a prendere, da quelle legate all’impegno professionale, sociale e politico, a quelle che riguardano la configurazione complessiva dell’esistenza. Ed è questa la premessa che dà senso e forza agli appelli che papa Francesco spesso ripete ai giovani: l’importanza di osare rischiare, di agire anche a costo di commettere errori, piuttosto che rimanere al balcone o sul divano, di avere il coraggio di scendere in strada per chiedere un mondo più giusto.

Questi inviti richiedono però che i giovani non cada-

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no in una trappola che il mondo propone loro: tagliare i legami con le proprie radici e l’esperienza di chi li ha preceduti (ne parla il capitolo 6). Questo li renderebbe più deboli, più esposti alla massificazione e alla manipolazione. Per questo la proposta di papa Francesco è quella della complementarità e del dialogo tra le generazioni, proiettando a livello universale l’esperienza dei Padri sinodali.

3. Prospettive d’impegno Quanto messo a fuoco nella parte precedente, deve trovare attuazione in scelte concrete a cui sono chiamati tanto i giovani quanto le comunità ecclesiali. È questo il tema del terzo blocco di capitoli. Il settimo, particolarmente denso, si focalizza sull’esigenza di una pastorale strutturalmente sinodale, fondata sulla valo-

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vita della chiesa rizzazione dei carismi che lo Spirito concede a ciascuno e su una dinamica di corresponsabilità. Alla Chiesa è chiesto un vero e proprio cammino di conversione, che la renderà più accogliente e partecipativa, e capace così di evangelizzare grazie alla forza delle relazioni di cui è intessuta. In una Chiesa non più monolitica ma poliedrica (cfr CV 207), autenticamente inclusiva anziché ossessionata dalla trasmissione delle verità dottrinali (cfr CV 212), si apriranno spazi di protagonismo per i giovani e per le donne, e si avrà il coraggio di ripensare luoghi tradizionali della pastorale cattolica – come gli oratori, le scuole, i movimenti – per andare incontro a quanti professano altre fedi o si dichiarano non religiosi, e a coloro che per tante ragioni sono segnati da dubbi, traumi o errori.

Gli ultimi due capitoli riprendono in modo concreto e più esplicito i temi della vocazione e del discernimento, sulla scorta del titolo dell’Assemblea sinodale. Il capitolo 8 presenta la vocazione nel suo significato fondamentale di chiamata all’amicizia con Gesù e alla partecipazione all’opera di creazione e di redenzione di Dio, che si realizza nel servizio agli altri (CV 253-258). Proprio il servizio agli altri è l’orizzonte al cui interno collocare le due questioni che interpellano la maggioranza dei giovani: quella dell’amore e della formazione di una nuova famiglia (CV 259267), e quello del lavoro (CV 268-273).

Allo specifico del discernimento vocazionale, cioè alla capacità di riconoscere a che cosa il Signore chiama ciascuno, è dedicato il nono e ultimo capitolo.

Rivolgendosi direttamente ai giovani, papa Francesco ricorda che si tratta di un percorso esigente, che richiede disponibilità ad assumersi un rischio: solo così sarà possibile identificare ciò per cui vale la pena spendere la propria vita senza accontentarsi di valutare prospettive di carriera o guadagno. Si tratta infatti di passare alla dimensione del dono, ricevuto e ricambiato, e alla libertà che ne consegue. Una gratuità di cui sono chiamati a essere testimoni quanti accompagnano i giovani in un processo di discernimento vocazionale.

La penna appassionata di papa Francesco non conclude il suo tratto con una chiusura, ma come sempre in forma aperta e coinvolgente. Chiede ai giovani Aprile-Giugno 2019

di farsi avanti, di essere gli apripista della Chiesa del terzo Millennio. Rievocando l’immagine dell’apostolo Giovanni che anticipa Pietro nella corsa al sepolcro vuoto, Francesco esorta i giovani a correre «attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. Lo Spirito Santo vi spinga in questa corsa in avanti. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede» (CV 299).

4. Per continuare il cammino «Che cosa dobbiamo fare?»: è la domanda pratica e, insieme, evangelica (Lc 3,10) che viene spontanea dopo la lettura di CV. La risposta non è affatto facile, anche perché l’Esortazione, pur estremamente ricca di spunti, non contiene le indicazioni operative che molti attendevano per proseguire il processo di attuazione del Sinodo. È una dinamica che non deve stupire in un testo di papa Francesco, che fa della rinuncia a impartire indicazioni dall’alto e dell’invito a ciascuno ad assumere la propria parte di responsabilità una cifra del suo ministero.

L’ambito pastorale, del resto, non è mai riducibile a una applicazione di indicazioni magisteriali vincolanti, ma è sempre uno spazio di discernimento, cioè di fedeltà creativa. Fatta questa necessaria premessa, ci sono almeno quattro dinamiche che possono essere individuate come modi concreti per proseguire il cammino sinodale. a) Rimanere radicati nel cammino sinodale La prima cosa importante è non cominciare ogni volta da zero, come se nulla fosse avvenuto prima della CV. La sinodalità indica proprio questa capacità di inserirsi con rispetto e umiltà in un cammino di popolo che è cominciato prima di noi e continuerà dopo di noi. Occorre dunque sempre ricordare che un Documento prodotto durante il cammino sinodale non viene mangiato, superato o eliminato da quello successivo, ma ne viene invece arricchito e approfondito. Il successivo si inserisce sulla scia del precedente offrendogli luce, profondità e respiro.

Basti pensare, ad esempio, che l’IL è frutto dell’analisi di un ascolto che ha prodotto circa 20.000 pagine, oppure che nel DF sono raccolte circa novanta tra raccomandazioni, suggerimenti e proposte che riguardano soggetti, stili e ambiti. Solo alcune tra queste sono riprese e rilanciate nella CV, ma tutte dovrebbero essere oggetto di un attento discernimento ecclesiale a vari livelli.

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vita della chiesa b) Assumere l’habitus del discernimento La seconda istanza è quella del discernimento, un tema, anzi, un’esperienza, che percorre e accompagna tutto il percorso sinodale, e in qualche modo tutto il pontificato di Bergoglio.

La capacità di discernimento ci fa persone al cospetto di Dio, soggetti attivi nella Chiesa e parte viva del mondo. Ed è anche evidente che, sia dal punto di vista personale che comunitario (i due livelli sono sempre compresenti e si influenzano reciprocamente), «il discernimento diventa uno strumento di impegno forte per seguire meglio il Signore» (CV 295). Il discernimento, scrive papa Francesco, se lo si prende sul serio, di certo libera la Chiesa da due tentazioni tanto opposte quanto vicine: «Chiediamo al Signore che liberi la Chiesa da coloro che vogliono invecchiarla, fissarla sul passato, frenarla, renderla immobile. Chiediamo anche che la liberi da un’altra tentazione: credere che è giovane perché cede a tutto ciò che il mondo le offre, credere che si rinnova perché nasconde il suo messaggio e si mimetizza con gli altri» (CV 35).

Nel processo sinodale è stato importante riconoscere che il “soggetto giovani” e il “soggetto Chiesa” si trovano, di fatto, nella medesima situazione: non solo i giovani devono discernere per giungere alla loro vocazione, ma anche la Chiesa deve fare questo per vivere con sapienza e prudenza nel nostro tempo. Per questo le molte indicazioni sul discernimento prodotte durante tutto il cammino sinodale sono in un certo senso “intercambiabili”: quello che è detto per i giovani vale per la Chiesa e viceversa. Soprattutto, la Chiesa è chiamata a risplendere come spazio e luogo di comunione e solo così può essere significativa per i giovani che vi appartengono. c) Riattivare il protagonismo giovanile CV offre a tutti un appello chiaro e diretto alla responsabilità personale: di ogni giovane e di ogni credente. Partiamo dai giovani. Sono molto forti e persino entusiasmanti le indicazioni che emergono nel capitolo 5 della CV, che chiedono di rendere effettivo l’incontro con Cristo. La via indicata è quella di non cedere sui propri sogni e sui propri ideali; di alimentare il proprio desiderio attraverso il confronto con la vita reale; di andare in profondità nell’amicizia con Cristo; di maturare scelte di fraternità, di impegno politico e sociale. È chiesto a tutti i giovani di mettersi in gioco in prima persona, senza lasciarsi paralizzare dalla paura di sbagliare.

E questo rinnovato protagonismo si può trasformare in uno strumento di azione pastorale e missionaria, 8

perché nessuno è più in grado di annunciare il Vangelo ai giovani del nostro tempo dei loro coetanei che già hanno incontrato il Signore: vocazione e missione qui si saldano in maniera feconda. D’altra parte, quando è veramente vocazionale, la pastorale giovanile non può che diventare missionaria. E viceversa: quando è veramente missionaria, la pastorale giovanile non può che diventare vocazionale. Servizio generoso e discernimento vocazionale stanno o cadono insieme! d) Intraprendere cammini sinodali La domanda iniziale da cui siamo partiti era «Che cosa dobbiamo fare?», ma in realtà questa domanda pian piano si è trasformata. Dalla concentrazione sul fare organizzativo il percorso sinodale ci chiede di verificarci sui nostri stili relazionali e sulla qualità dei nostri il serrano n. 146

vita della chiesa Loreto, Santa Casa, 25 marzo 2019. Francesco firma la Christus vivit

cammini comunitari. Ci viene chiesto un passaggio dal fare all’essere: la nuova domanda è «Chi siamo chiamati ad essere?».

Sono dunque chiamate in causa le comunità e le Chiese locali, invitate a dar vita a processi sinodali che includano i giovani. Questo invito contiene evidentemente una sfida – lasciare loro spazio – e richiede il coraggio di mettere in discussione ciò che si è sempre fatto.

Vi sono responsabilità a vari livelli: tutti i giovani, ogni credente, la comunità locale, i movimenti e le Congregazioni religiose, ogni singola Diocesi. Perfino alle Conferenze Episcopali e ai Dicasteri Vaticani è chiesto di mettersi in stato di conversione e di rinnovamento. In tutto questo chi ha responsabilità e quindi autorità nella Chiesa è chiamato in causa. D’altra parte, come è stato ben espresso in vari momenti del Aprile-Giugno 2019

cammino sinodale, l’autorità della Chiesa o è generativa o non è. *** Arriviamo così a quello che possiamo definire l’orizzonte ultimo della proposta della CV, espresso attraverso il recupero di una parola tradizionale come “estasi”, assunta nel suo significato originario. A ogni giovane, infatti, papa Francesco augura: «Che tu possa vivere sempre più quella “estasi” che consiste nell’uscire da te stesso per cercare il bene degli altri, fino a dare la vita» (CV 163). Alla fine la domanda che papa Francesco pone a ogni giovane, a ogni credente e alla Chiesa stessa nel suo insieme attraverso la CV è probabilmente questa: «Avete il coraggio di osare questa estasi?». La risposta ha molto a che fare con la possibilità di scoprire la propria vocazione e di vivere la propria vita con pienezza.

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vita del serra

Il Consiglio Nazionale a Roma di Enrico Mori

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ell’ultimo fine settimana di maggio si è svolto a Roma il CNIS di chiusura di questo anno sociale seguito dalla premiazione del Concorso Scolastico, uno dei due service nazionali che il Serra Italia propone annualmente.

I lavori del venerdì pomeriggio e del sabato, sono stati caratterizzati da 3 momenti fondamentali: 1. Riunione del Comitato Esecutivo che detta le linee guida da sottoporre all’approvazione del Consiglio Nazionale; 2. Riunione della Commissione Nomine per indicare all’Assemblea dei Delegati che si terrà a Torino nel prossimo mese di ottobre e il nominativo del Presidente Eletto, scaturito dalle proposte di tutti i Serra Club italiani; 3. Il CNIS dove sono state approvate le delibere proposte dal Comitato Esecutivo e dove sono state ascoltate le relazioni dei componenti il Consiglio. Ad ogni relazione i partecipanti hanno avuto modo di prendere la parola per confrontarsi, spesso con punti di vista diversi, ma sempre costruttivi e utili per il buon andamento dell’Associazione.

Durate i lavori c’è stata l’occasione di conoscere Piergiorgio Aquilino, il nuovo Direttore della rivista “Il

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Serrano”, che ci ha salutato con la freschezza della sua giovane età; è stata poi la volta di Mons. Vittorio Formenti, che non fa mai mancare la sua presenza ai vari CNIS e che ci sprona a continuare con assiduità nel nostro servizio con la sua saggezza di vita cristiana e serrana, dati gli oltre 20 anni quale Cappellano del Distretto 72 e del Club di Roma, a proseguire nella nostra missione.

Al termine del CNIS l’amicizia serrana è stata ulteriormente rinsaldata dalla passeggiata storico-culturale lungo il cosidetto “miglio d’oro” che unisce Piazza Navona alla Fontana di Trevi e dalla successiva conviviale cui hanno partercipato un buon numero di serrani e di ragazzi vincitori del Concorso Scolastico.

La domenica mattina è iniziata con la celebrazione della S. Messa, officiata da Don Michele Gianola, Direttore dell’U.N.P.V. (Ufficio Nazionale per la Pastorale delle Vocazioni) che nella sua omelia, ricca di spunti per la vocazione di ognuno di noi, ha ricordato l’Ascensione di Gesù al cielo per unirsi al Padre.

A seguire si è svolta la premiazione Concorso Scolastico sul tema tratto dal Messaggio di Papa Francesco per la 52a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

Come sempre, sono state giornate di intenso lavoro, ma ripagate dalla comunione e dell’amicizia serrana. il serrano n. 146

vita del serra

Dio è una fake news? di Maria Luisa Coppola

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io è una fake news? Questo, in sintesi, il quesito cui hanno risposto i ragazzi partecipanti alla XVI edizione del concorso scolastico nazionale.

Certamente non semplice, il tema ha richiesto una ricerca interiore su un sentimento profondo e delicato, che può mettere in imbarazzo anche gli adulti, perché ciascuno mette a nudo il suo pensiero. Un tema di una tale difficoltà che ha richiesto una consapevole cura per accedere alla psicologia degli adolescenti adattando contenuti e linguaggi, per preparare il contesto nell’aula disponente al dialogo ed al confronto. Il primo grazie per il successo del concorso va, pertanto, ai docenti che hanno accettato di lavorare con i ragazzi per un lungo tempo e gratuitamente (il che fa onore!) sollecitando interesse e stimolando pensieri intimi, perché diventassero agorà esistenziale. Nelle nostre

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scuole sempre più multietniche, il dialogo interreligioso è complesso quanto l’indifferenza ed il relativismo che avanza rapidamente in ogni ambito sociale e di cui la scuola non è esente. I dirigenti scolastici e i docenti che collaborano al progetto educativo/formativo di Serra Italia sono senz’altro “compagni di viaggio” cui andrebbe dedicata maggiore attenzione per un’adesione ancor più evidente al carisma serrano. Per cui, data la complessità dell’argomento e la situazione all’interno delle scuole non del tutto favorevole al dialogo su temi vocazionali, il risultato del concorso poteva essere deludente ed inferiore alle aspettative; invece oltre le previsioni la quantità di materiale pervenuto alle commissioni giudicatrici dei club che è stato numeroso e di alto livello. Varie le metodologie adottate: dal disegno alla creazione artigianale, dal tema al

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vita del serra

racconto, dalla poesia ai video….segno tangibile della poliedrica attitudine dei giovanissimi ad individuare linguaggi espressivi della loro età calibrandoli con naturalezza e semplicità per esprimere contenuti serissimi… a chi era presente in sala all’hotel ERGIFE a Roma alla premiazione, non è sfuggita la spontaneità con cui i giovanissimi si sono raccontati, svelando emozioni e pensieri delicatissimi che hanno coinvolto e commosso noi adulti. In particolare, ammirevole la bravura nella composizione dei brevi cortometraggi e dei video, che hanno richiesto la scelta della base musicale, l’adattamento delle luci, la scrittura dei dialoghi, l’attenzione ai costumi ed alla recitazione, come nel caso del bellissimo video realizzato dalle studentesse del liceo Siani di Aversa, che ha raccolto l’unanime consenso della platea ed il secondo meritatissimo premio per gli studenti delle scuole superiori.

Aggiungo che la risposta alla domanda “Dio è una fake news” è stata data in relazione alla propria sensibilità, forse legata al momento vissuto, come il diario delle emozioni dell’alunno di Siena vincitore del primo premio e del gruppo classe di Viareggio che ha dato variazioni sul tema assai significative.

A che serve questo concorso ormai alla XVI edizione? quale ricaduta in termini di gradimento all’interno del nostro movimento e nell’ambito sociale coinvolto?

Ogni aggregazione laicale ha la preoccupazione incombente di lasciare il testimone alle generazioni 12

future, perché viva il senso profondo della missione prescelta, affidando ai più giovani un’impresa ardua quale quella di raccontare tutto il bene già costruito e

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vita del serra

Maria Semprini, Daniela Musumeci, Enrico Mori, Vera Pulvirenti

programmare dell’altro, con la stessa passione. È difficile ma non impossibile, per cui la strategia didattica del concorso sovviene e sostiene la speranza della

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condivisione e dell’innamoramento alla missione serrana. Stare con i giovani è sempre produttivo, quanto si impara da loro, quanto è utile la loro spontanea capacità di sdrammatizzare ogni difficoltà! Ripeto convinta che stare con i giovanissimi è un credito anagrafico, un investimento per il futuro, un valore aggiunto. Ne è prova la quantità di elaborati corretti dalla commissione coordinata da Daniela Musumeci, coadiuvata da Mary Ancarani e Vera Pulvirenti, che ha avuto non poca indecisione ad assegnare i premi, a scegliere quel messaggio che più fosse pertinente alla traccia. Ogni club dovrebbe sperimentare la sfida educativa, abbassare lo sguardo sui giovani ed ascoltare…

Come il Papa Francesco ha detto nell’incontro con l’ufficio nazionale vocazioni, gennaio 2018, non bisogna lasciarli soli ma accompagnarli al raggiungimento dei loro sogni, comprendendo le incertezze della loro età, condividendo il loro linguaggio franco e diretto, sostenendo le scelte….

A che serve il concorso del Serra Italia, se non a far riflettere sul “chi siamo e dove andiamo”, se con il Maestro o senza di Lui, se aiutati in famiglia a comprendere la Verità od altrimenti privi del testimone di riferimento? Sperimentare la sfida dell’incontro con i gIovani è la Missione per noi Serrani, sempre più avanti negli anni, ma non privi di lucidità mentale, serve per capire l’universo giovanile e smantellare un po’ delle rocciose resistenze a difendere convinzioni logore, a 13

vita del serra

decodificare i gesti ed i linguaggi spesso rimproverati, serve anche (e soprattutto) per avviare qualche modifica al regolamento del concorso necessaria dopo tanti anni….

Da queste belle testimonianze creative ed originali traiamo il convincimento che ogni opportunità data ai giovani e giovanissimi è un’occasione di crescita per la vita dei club, che combattono spesso la monotona ripetitività delle cerimonie che rendono asfittica l’azione serrana. Giovani studenti e giovani seminaristi fanno giovane il Serra Italia, che ha a cuore la vitalità vocazionale... come ben ha sottolineato don Michele Gianola, direttore UNPV, che ha assistito alla premiazione sorridendo e plaudendo alle manifestazioni di acclarata gioia dei vincitori.

Oltre a quello che brevemente ho raccontato, aggiungo il mio personale grazie a tutti i giovanissimi, in particolare ai piccolissimi che con i colori e le immagini hanno magnificato la gioia dello stare insieme con il candore dei loro anni. Non faccio mistero che la premiazione del concorso scolastico è il momento più lieto dell’anno serrano e che, a parere mio, andrebbe ancor più e meglio promosso in ambito sociale, per la sua unicità e tipicità di ricerca etica, antropologica e comunitaria in un mondo che cambia velocissimamente. Sappiamo rincorrere i tempi?

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il serrano n. 146

l’intervista

Testimone dell’amore di Cristo

“Dio vi dia la forza di annunciare Gesù, per goderne la ricompensa nell’eternità” a cura di Piergiorgio Aquilino

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e sue mani segnate dalla sofferenza, le sue rughe ci parlano della sua vecchiaia, ma il suo volto non appare per nulla stanco. Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Ernest Simoni, novantenne esorcista di origine albanese, è l’ultimo dei pochi sopravvissuti della persecuzione del regime comunista nei confronti del clero e di chiunque professasse una fede religiosa, durata per quasi ventotto anni. Per il semplice fatto di essere prete, nella notte di Natale del 1963 don Ernest venne arrestato e condotto in cella di isolamento. Sottoposto a torture e condannato a morte, si vide commutare la condanna capitale in diciotto anni di lavori forzati, di cui dodici trascorsi in miniera. Durante il periodo della prigionia don Ernest continuò a celebrare la messa a memoria, in latino, con un pugno di farina e pochi acini di uva e a distribuire la comunione di nascosto. Uscito dal carcere, fu nuovamente condannato ai lavori forzati: questa volta assegnato alla manutenzione delle fogne della città di Scutari. Tornò libero solamente nel 1990, in seguito al crollo del regime comunista. Con la libertà di culto, per don Ernest cominciò un periodo di intensa attività pastorale, volta soprattutto alla riconciliazione, dei Aprile-Giugno 2019

suoi persecutori in primis. La sua vita ha affascinato tanto papa Francesco, in visita a Tirana il 21 settembre 2014, che il 19 novembre 2016 lo creò cardinale, conferendogli la sacra porpora.

Da allora, tutte le occasioni sono valide per testimoniare il suo martirio, da lui narrato con una tale spontaneità da suscitare emozione e lacrime di commozione sui volti dei tanti che, chiamandolo “Eminenza”, si vedono rispondere: “Siamo tutti fratelli; l’unica Eminenza è il nostro Dio, il Signore nostro Gesù Cristo”. * La sua, Eminenza, è una testimonianza pregna di fede: nel suo motto si legge: “Il mio cuore immacolato trionferà”, una frase che richiama palesemente il messaggio della Madonna di Fatima; nel suo stemma la Croce di Cristo che vince sulla catena spezzata della sua lunga prigionia. Cristo, dunque, vince ogni male, la sua croce spezza ogni catena. Oggi, con forte fede, Lei testimonia l’immensa efficacia della Croce di Cristo e sottolinea come non si sia mai sentito abbandonato proprio da quel Gesù che da sessantatre anni serve come suo mini15

l’intervista stro. Perdonando i suoi persecutori, ha offerto tutto a Dio, dicendo sempre: “Soffrire per Gesù è la cosa più bella”. Sinceramente, come fa a pronunciare queste parole?

“Come hanno perseguitato me, perseguiranno anche voi”, ha detto Gesù duemila anni fa, lo sappiamo tutti. Per conoscere e amare Gesù – una grazia speciale e una ricompensa che nessun uomo di questo mondo può dare, ma solamente Gesù –, occorre che tutti i sacerdoti facciano addirittura l’impossibile per far convertire quante più persone. Far conoscere Gesù è un messaggio che ci dona la Madonna Santissima dal cielo quotidianamente: “Fate conoscere in tutto il mondo e a tutti gli uomini quanto mio Figlio ama il popolo e i peccatori, quanto desiderio ha nel portare tutti verso la più elevata situazione spirituale celeste, per dare a ciascuno la ricompensa che ognuno di noi ha meritato grazie alla sofferenza di Gesù”. Tutto questo, per fare che siano tutti sani e salvi e pieni di luce. * Ai tanti che oggi vogliono sentir parlare del suo martirio e l’omaggiano, Lei non fa altro che rispondere: “è Gesù, è Maria”. Cioè Lei vuole parlare a tutti non di se stesso ma dell’amore che Gesù e Maria hanno per Lei e per tutti gli uomini. Ai tanti che le chiedono aiuto nell’esorcismo Lei consiglia di pregare tre volte al giorno il santo Rosario. Eminenza, quanto sono importanti Gesù e Maria nella vocazione di ciascuno, cristiano e non? È tutto qui l’asse della vita: amare Gesù vuol dire mortificarsi, vuol dire mantenersi fedeli al Decalogo, allontanarsi da tutti i vizi, dalle lusinghe, dalle seduzioni del mondo. Gesù ha dato un messaggio per tutti gli uomini ricchi e potenti: tutto svanisce e passa ma l’asse principale e fondamentale della vita cristiana è la ricompensa che avranno da Gesù tutti coloro che lavorano per salvare tutte le anime. Dice Gesù: “Io ho vinto il mondo con l’amore”, con l’amore che non finisce mai, che non tradisce mai, che brilla per tutta l’eternità. Quando noi facciamo del bene agli altri, insegniamo loro a rifiutare tutto quello che è satanico, affinché possano ricevere quella luce e quell’atmosfera di aria celeste e diventare sempre più conformi a Cristo. Dice san Paolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”. Occorre allora fortificare le menti, convincere e persuadere soprattutto i giovani a convertirsi a Gesù, altrimenti l’insidia del maligno è sempre più presente… e ci sono tanti segni. Io quando pratico gli esorcismi sento il rumore di Satana che dice: “Siamo una legione, un esercito”.

Come già mi è capitato in Albania, nel corso di un 16

esorcismo, in una persona si sono presentati contemporaneamente sei demoni, ma Gesù, con la sua potenza, li ha sterminati tutti. Attraverso la bocca dell’indemoniato mi disse: “Tu cardinale albanese sei venuto per tormentarci”; così anche nel corso di un altro esorcismo a Lugano, in cui mi fu detto: “Dove l’avete trovato quest’uomo di Dio?”.

Nel senso che non aveva paura di una legione intera? Una testimonianza abbastanza forte...

Sì, con Dio non si muore mai. È Gesù che ci dà la sua forza. Ma occorre anche capire che noi oggi dobbiamo proclamare ad alta voce l’esorcismo, perché la vittoria più tremenda di Satana sta nel convincere tutti che il male, l’inferno, il demonio non esistono; così, per operare tranquillamente tutte le stragi e le perversità che si attuano nel mondo.

Due sono i potenti: Dio è potentissimo, ma ricordiamoci che c’è anche Satana. È lui che opera tutte le malvagità, tutte le avversità, tutte le condanne. Padre Gabriele Amorth ha testimoniato come il demonio gli abbia detto: “Voglio guardare tutto il mondo, tutti i popoli, in una fossa immensa dove vivono l’un l’altro come i maiali, un cimitero intero in tutto il mondo. Ho preparato miliardi e miliardi di demoni nelle diverse operazioni al fine di distruggere, demoni che se solamente li guardaste con i vostri occhi morireste di paura per quanto sono tremendi. Tutti quelli che seguono Satana saranno come questi tremendi demoni, fino a danneggiare la propria anima e quella dei poveri peccatori, così aiutando Satana per distruggere tutta l’umanità”. È allora questa la nostra riflessione: bisogna allontanarsi dalle opere cattive, dalla immoralità, dal sesso,dalla droga, da tutto quello che è contrario alla legge divina per amore di Gesù, per ricevere in dono quella carità e quell’amore pieno di luce. Ricordiamoci l’insegnamento: “È Gesù che vive in me”. Così da sentirci tutti uomini gioiosi, ricchi di quella luce perfetta, quell’amore perfetto che solo Gesù può donare a tutti gli uomini. * Eminenza, stiamo vivendo un periodo storico assai particolare. Le radici della cristianità sono sempre più sotto assedio: le chiese – dalla Francia allo Sri Lanka – bruciano, i cristiani non si sottraggono nel dare la loro vita per Cristo, senza rinnegarlo, salendo sulla sua Croce. Siamo nell’ottava di Pasqua, con quali occhi allora guardare al Cristo risorto?

La Pasqua è la festa autorevole. Tutte le altre feste sono colme di tanta potenza e di grazia divina, ma la Pasqua è la data della Risurrezione. Dice san Paolo: “Se non ci fosse stata la Risurrezione, la fede cattolica il serrano n. 146

l’intervista Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Ernest Simoni

sarebbe sì buona ed educativa, ma senza valore”.

Gesù, con il suo sangue e con la sua croce, ha distrutto tutto, ma l’ultimo nemico che distruggerà quando verrà, con potenza immensa, alla fine dei tempi, per giudicare il mondo, sarà la distruzione della morte e le dirà: “O morte dov’è la tua vittoria?”. Il Risorto è colui che salva l’umanità!

Quando sono stato in visita a Vicenza, dove è custodito un Gesù Bambino in marmo, i parroci e i sacerdoti mi hanno riferito che questa statua ha pianto per quattro o cinque ore. Un veggente ha chiesto allora a Gesù Bambino: “Che cosa è questo pianto?”.

E la risposta è stata: “È il pianto che mi fa piangere per milioni di spiriti di uomini che vanno all’inferno”. Non per impaurire nessuno, ma sono le parole autentiche Aprile-Giugno 2019

di Gesù e le lacrime agli occhi – che gli scienziati italiani hanno certificato come lacrime normali – vogliono indicare a tutto il mondo, oggi, in forma materiale, quanto sia importante la conversione: allontanarsi dal peccato, da tutti i vizi provenienti da Satana, da tutto ciò che è contrario e che condanna per l’eternità al fuoco dell’inferno.

Conosciamo tutti la storia della Santissima Madonna di Fatima: Lucia ha visto, sotto il sole della terra, un oceano immenso di fuoco, dove finivano e perivano centinaia e migliaia di anime.

“Miei figli e mie figlie – le chiama la Santissima Madonna –, inondati da un fiume di lacrime”. E la mano potentissima ed amabilissima della Santissima Madonna giunge per salvare tutta l’umanità. Allora occorre davvero la conversione, con almeno tre rosari al giorno – ricorda la Madonna –, affinché giungiamo alla santificazione per avere la gioia infinita.

San Paolo dice: “Dio vuole che tutti gli uomini godano di immensa felicità”.

* Eminenza, incontra spesso il clero secolare e religioso, le monache clarisse, le giovani vocazioni, gli operatori pastorali delle varie comunità, il popolo tutto di Dio. Ma passeggiando per le vie incontra anche i tanti che fuggono dalla Chiesa, quasi la rinnegano. Si parla tanto di nuova evangelizzazione, ma come è possibile trasmettere la fede oggi, in un contesto così secolarizzato?

Comprendere quanto è bello parlare di Gesù, amare Gesù, con le preghiere e attraverso la nostra mortificazione, è una gioia grande. Malgrado è stato detto da tanti che si vive in una contesto di apostasia generale, accostando soprattutto i giovani trovo sempre uomini così vicini a Gesù, ardenti nella fede, non fatta di consuetudine ma radicale. Gesù è vivo e ci vuole vivi! Occorre, però, ricordarsi sempre di rispettare il Decalogo, allontanarsi da tutti i vizi pro17

l’intervista venienti da Satana, pregare il santo Rosario e amare Dio con tutto il cuore, con le opere e con le mortificazioni, amare soprattutto i poveri, perché l’ultima parola che Gesù dirà quando verrà per giudicare il mondo sarà: “Tutto quello che avete fatto ai vostri fratelli lo avete dato a me”. È un’opera che si prescrive nella Sacra Scrittura: tutte le opere buone che abbiamo fatto ai nostri fratelli nel nome di Gesù, tutta la ricchezza delle buone opere, tutte le beneficenze, sono scritte nel libro della vita che ogni uomo porterà con sé quando apparirà davanti a Gesù… e brilleranno per tutta la vita, nell’eternità, le nostre opere. Dobbiamo credere in Gesù! Sia Lui a risplendere nei vostri cuori, a salvare e ad amare il popolo d’Italia e tutti i peccatori del mondo. * Grazie, Eminenza, grazie di cuore. Anche papa Francesco, conoscendoLa a Tirana, si commosse…

voleva baciarLe addirittura le mani, ma Lei non glielo concesse. Però fece un altro gesto, indicò anche al Papa, come a tutti quelli che incontra, Gesù… affinché ognuno di noi si faccia suo strumento. Noi non possiamo aggiungere altro, la commozione è già tanta.

Il Santo Padre è padre di tutti gli uomini e di tutte le genti, ma è soprattutto padre degli emigranti, di coloro che soffrono. È un grande padre, come ci dice il nome che porta e che ha preso da san Francesco d’Assisi.

Fissiamo il volto di Gesù: è Lui che vuol guardare a tutta l’umanità nella pace, nella tranquillità e nella gioia infinita.

Grazie, Eminenza. Grazie ancora! Le chiediamo in ultimo di voler benedire tutti noi, padre Ernest.

Grazie anche a voi. Dio vi dia la potenza e la forza di annunciare sempre Gesù, per goderne la ricompensa nell’eternità. [Dopo la benedizione] La grazia del Signore e l’amore siano sempre con voi, con tutta la famiglia serrana e con tutti gli uomini del mondo.

Piergiorgio Aquilino e il Card. Simoni

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vocazioni

Centri Nazionali per le Vocazioni delle Chiese d’Europa

Incontro dei

Enrico Mori, presidente di Serra Italia, incontra papa Francesco

di Enrico Mori

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apa Francesco ha ricevuto questa mattina in Udienza i partecipanti al Congresso dei Centri nazionali per le Vocazioni delle Chiese di Europa, in corso a Roma, dal 4 al 7 giugno, presso la Casa San Juan de Avila. Il Papa ha consegnato il discorso preparato per l’occasione e ha pronunciato un discorso a braccio. Nel testo consegnato il Pontefice mette in evidenza tre importanti linee guida: la santità, come “chiamata che dà senso al cammino di tutta la vita”; la comunione, come “humus” delle vocazioni nella Chiesa; la vocazione stessa, come parola-chiave da preservare, coniugandola con le altre: “felicità”, Aprile-Giugno 2019

“libertà” e “insieme”; e infine declinandola come speciale consacrazione.

Sulla santità il Papa spiega nel discorso consegnato : “La vocazione è un cammino che dura tutta la vita. Infatti, la vocazione riguarda il tempo della giovinezza quanto all’orientamento e alla direzione da assumere in risposta all’invito di Dio, e riguarda la vita adulta nell’orizzonte della fecondità e del discernimento del bene da compiere. La vita è fatta per portare frutto nella carità e questo riguarda la chiamata alla santità che il Signore fa a tutti”.

Per quanto riguarda il tema della comunione, il Pontefice sottolinea ai presenti: “La pastorale non può 19

vocazioni che essere sinodale, vale a dire capace di dare forma a un camminare insieme. E la sinodalità è figlia della comunione. Si tratta di vivere di più la figliolanza e la fraternità, di favorire la stima reciproca, valorizzare la ricchezza di ciascuno, credere che il Risorto può operare meraviglie anche attraverso le ferite e le fragilità che fanno parte della storia di tutti”.

Infine Papa Francesco insiste sulla stessa parola vocazione: “La parola vocazione non è scaduta.

L’abbiamo ripresa nell’ultimo Sinodo, durante tutte le fasi”. La parola vocazione è a sua volta collegata con le parole felicità e libertà.

“Questo, l’essere un segno gioioso – dice il Papa – non è per nulla scontato, eppure è la questione più importante per il nostro tempo, in cui la “dea lamentela” ha molti seguaci e ci si accontenta di gioie passeggere. Invece la felicità è più profonda, permane anche quando la gioia o l’entusiasmo del momento scompaiono, anche quando sopraggiungono le difficoltà, il dolore, lo scoraggiamento, la disillusione. La felicità rimane perché è Gesù stesso”.

Il Papa conclude nel discorso consegnato: “Non abbiate paura di accettare la sfida di annunciare ancora la vocazione alla vita consacrata e al ministero ordinato. La Chiesa ne ha bisogno! E quando i giovani incontrano uomini e donne consacrati credibili, non perché perfetti, ma perché segnati dall’incontro col Signore, sanno gustare una vita differente e interrogarsi sulla loro vocazione”.

Nel discorso a braccio – diffuso poi dalla Sala stampa della Santa Sede – il Papa commenta sulle vocazioni: “Non è cercare nuovi soci per questo club. No. Deve muo-

versi nella linea della crescita che Benedetto XVI tanto chiaramente ci ha detto: la crescita della Chiesa è per attrazione, non per proselitismo. Così. Lo ha detto anche a noi [Vescovi Latinoamericani] ad Aparecida. Non si tratta di cercare dove prendere la gente..., come quelle suorine che andavano nelle Filippine negli anni ’90, ‘91, ‘92.

Non avevano case nelle Filippine, ma andavano lì e portavano le ragazze qui. E ricordo che nel Sinodo del ’94 è uscito sul giornale: La tratta delle novizie. La Conferenza episcopale filippina ha detto: No. Prima di tutto nessuno viene qui a pescare le vocazioni, non va. E le suore che hanno casa nelle Filippine, facciano la prima parte della formazione nelle Filippine. Così si evita qualche deformazione. Questo ho voluto chiarirlo, perché lo spirito del proselitismo ci fa male”.

Il Papa conclude a braccio: “Comunicare è forse la sfida che noi dovremmo avere con i giovani. La comunicazione, la comunione. Insegnare loro che è bene l’informatica, sì, avere qualche contatto, ma questo non è il linguaggio: questo è un linguaggio gassoso. Il vero linguaggio è comunicare. Comunicare, parlare... E questo è un lavoro di filigrana, di merletti come dicono qui. È un lavoro da fare andando passo a passo. E a noi spetta anche capire cosa significa per un giovane vivere sempre in connessione, dove è andata la capacità di raccogliersi in sé stessi: questo è un lavoro per i giovani. Non è facile, non è facile, ma non si può andare con preconcetti o con l’imposizione puramente dottrinale, nel senso buono della parola: Tu devi fare questo. No. Bisogna accompagnare, guidare, e aiutare affinché l’incontro con il Signore faccia loro vedere qual è la strada nella vita”.

vocazioni

La Vocazione

e il Soffio:

cinque spunti per meditare di Bruno Forte Arcivescovo di Chieti-Vasto

“Voi siete il campo di Dio” (cfr 1Cor 3,4-13)

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e noi siamo il campo di Dio e Lui è l’agricoltore, Egli è attento a ciascuno di noi: ci dà il soffio della vita, ci guida e accompagna dall’alto del Suo amore, ci attrae a sé nel vento del Suo Spirito, e ci invita a discernere le Sue vie per realizzare in pienezza la nostra vocazione. Proviamo a riflettere allora su questo soffio che crea, chiama, ispira e guida le nostre vite.

1. Nell’immagine biblica del soffio (ruach) si condensano le grandi coordinate su cui si costruisce l’esistenza intesa come risposta ad una vocazione che viene da Dio. Il soffio nella Bibbia è anzitutto il segno della vita: così, Rachele, nel dare alla vita colui che Giacobbe chiamerà Beniamino (“figlio di buon augurio”), “mentre esalava l’ultimo soffio… lo chiamò Ben-Oni (‘figlio del mio dolore’)” (Gen 35,18). Morte e vita, dolore e speranza si incontrano in questa scena: il confine che le separa passa attraverso il soffio, che non è semplice parte, ma prova della vita, senza di cui essa è assente. Come il soffio è volatile, così fragile e caduca è la vita dei viventi: tutto passa! Solo un’esistenza che si radichi nelle sue sorgenti eterne e nella sua ultima patria è soffio che nutre la vita più forte della morte. In tal senso la vocazione è come il soffio vitale che unisce ed ancora l’abitatore del tempo alla sua sorgente eterna...

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2. Come il soffio, la vocazione viene dall’alto: Dio solo è fonte del soffio della vita: “Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Gen 2,7). Solo Dio è padrone del soffio della vita e Lui solo ha diritto di ritirarlo quando vuole: “Togli loro il soffio, ed essi spirano e ritornano nella loro polvere.

Mandi il tuo soffio, ed essi sono creati, e rinnovi la faccia della terra” (Sal 104,29s). “Se egli richiamasse il suo spirito a sé e a sé ritraesse il suo soffio, ogni carne morirebbe all’istante e l’uomo ritornerebbe in polvere” (Gb 34,14s). La vita è di Dio ed a Lui solo dobbiamo renderne conto. Da Lui possiamo sempre di nuovo invocarla, a Lui dobbiamo restituirla, regalandogliela nell’offerta riconoscente di tutto il nostro essere. Come il soffio, la vocazione dipende essenzialmente dalla libertà di Colui che chiama.

3. Venendo da Dio, la vocazione non può essere orientata in ultima analisi che a Dio: anche così essa è come il soffio, che anima tutti i moti della coscienza, orientandoli a Colui, da cui provengono.

Consegnare lo spirito a Dio vuol dire rimetterGli il proprio essere senza riserva alcuna, come ha fatto Gesù: “Nelle tue mani affido il mio spirito” (Sal 31,6).

“Gesù, gridando a gran voce, disse: ‘Padre, nelle tue mani affido il mio spirito’” (Lc 23,46). Affidarsi incon21

vocazioni dizionatamente all’Eterno vuol dire vivere veramente, morendo alla creatura vecchia per nascere sempre di nuovo all’essere ricreato nel Suo amore: “L’unico atto col quale l’uomo può corrispondere al Dio che si rivela è quello della disponibilità illimitata” (Hans Urs von Balthasar). Solo l’incondizionata docilità rende aperti al soffio dello Spirito, di cui si fa esperienza nell’obbedienza della fede: “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3,8). Accogliere la vocazione è lasciarsi condurre come foglia nel vento della Pentecoste, rinnovando ogni giorno il sì al Dio che chiama...

4. Il soffio divino è lo Spirito, che infonde in noi l’amore di Dio (cf. Rm 5,5), grazie al quale siamo resi capaci di amare ed è Lui che riattualizza in noi gli eventi salvifici, facendoci memoria vivente di Gesù: “Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26). Sotto l’azione dello Spirito vivono i figli resi tali nel Figlio, docilmente aprendosi al soffio creatore per lasciarsi plasmare e condurre da Dio: “Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio” (Rm 8,14). È nella docilità al vento dello Spirito che ogni dono ci è dato per essere a nostra volta donato: “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22). Vivere la vocazione come vita secondo lo Spirito è destinarsi agli altri nell’amore, in quell’esodo da sé senza ritorno in cui solo ci è dato raggiungere il compimento del nostro essere e S.E. Mons. Bruno Forte

del nostro agire secondo il disegno di Dio: ogni chiamata è tale per amore dei non-chiamati, specialmente di quelli che agli occhi del mondo appaiono gli ultimi, i senza voce.

5. Perciò, ogni vita nell’amore, ogni realizzazione della chiamata divina si compie nel soffio dello Spirito, da invocare incessantemente, fedelmente, con ardore: e perciò essa ha bisogno del discernimento e di chi in esso guidi e accompagni. I giovani, specialmente, ma non solo loro hanno bisogno di essere guidati da personalità esperte, oranti, di spirito meditativo, oggi in maniera ancora più urgente che nel passato della storia della Chiesa. Solo così il cuore di chi cerca la propria strada in Dio può disporsi al soffio e accoglierlo, per lasciarsi sospingere da esso verso un impegno che - per essere vero e adeguato alla sorgente che lo ispira - non può che essere definitivo ed eterno: la vocazione esige tutta la vita dell’uomo e richiede una corrispondente, totale risposta, una fedeltà senza ripensamenti e senza rimpianti... Lasciarsi agire dallo Spirito, perché ci faccia uno con Gesù in Dio, docili al suo soffio, è vivere la vita come vocazione, cioè come vita vera e piena secondo il disegno che il Padre ha per ciascuno di noi, per la Sua gloria e per il bene della Chiesa e dell’umanità intera. Perciò occorre stare sotto il soffio di Dio in spirito di preghiera di lode e di intercessione, perché a nessuno manchi il soffio divino e ad esso docilmente ciascuno si apra, in modo da vivere la bellezza della propria vita come risposta al dono della vocazione che viene da Lui e a Lui ritorna...

l’angolo di serra international

Convention Internazionale

a Città del Messico di Manuel Costa

“Nelle pieghe del Suo Manto” “Nelle pieghe del Suo manto” era il tema dell’annuale Convention di Serra International tenuta a Città del Messico dal 20 al 23 giugno; e nello stesso tempo un invito, tenero ed efficace, a mettersi sotto la protezione della Madonna di Guadalupe, quasi a nascondersi tra le pieghe del suo mantello.

Nell’annunciare questo evento avevamo già messo in risalto come le Convention di Serra International fossero, per eccellenza, una occasione unica di incontro e condivisione tra tutte le realtà Serrane sparse nel mondo; realtà che diventano ancora più vive venendo in contatto e a conoscenza con le specifiche situazioni locali, nel paese di volta in volta ospitante. Si possono così toccare con mano le diverse culture e, perché no, anche i diversi modi di ‘fare Serra’, pur uniti intimamente da una fede e da obbiettivi comuni.

Il reportage che segue cerca di trasmettere alcune di queste realtà e delle tante novità, emozioni e sorprese di questa Convention, a contatto con il Serra Messicano e con oltre 150 serrani provenienti da tutti i continenti.

Città del Messico, una metropoli sterminata con oltre12 milioni di abitanti, povera ma dignitosa, giovane ed allegra. Il Messico è tutto da scoprire, con la sua storia millenaria che abbraccia una grande diversità di civiltà e culture.

La Basilica di Nostra Signora di Guadalupe, ‘la Morenita del Tepeyac’ - come l’amano chiamare i Messicani -, Patrona del Messico e Imperatrice d’America; Aprile-Giugno 2019

il santuario mariano più frequentato al mondo, ininterrottamente per secoli fino a raccogliere, nell’ultimo anno, oltre venti milioni di pellegrini. Questa apparizione della Madonna è stata del tutto unica e affascinante, come si può comprendere leggendo la scheda qui a fianco riportata. Tuttavia, il privilegio di poter riunirsi tutti insieme in preghiera davanti all’immagine della Vergine e chiedere la Sua protezione sul Serra Internazionale ha creato nei presenti una profonda emozione, in particolare durante la Santa Messa celebrata da Sua Eminenza il Cardinale Carlos Aguiar Retes, Arcivescovo di Città del Messico, una figura carismatica, affabile e di grande umanità, il quale ha ricordato: “fin dai miei primi anni di sacerdozio ho assistito all’opera del Serra quando ho contribuito alla fondazione di un Club a Tepic, mia città natale, quando ero rettore del seminario...”.

Il saluto di Sua Eccellenza Jorge Carlos Patrón Wong, nostro Consulente Episcopale, messicano! ora Segretario per i Seminari presso la Congregazione del Clero in Vaticano. Nel suo saluto, anche a nome del Card. Beniamino Stella, ha ricordato ai Serrani l’incontro con il Santo Padre e le sue parole in occasione della Convention di Roma: l’amicizia con Gesù, con i nostri fratelli e sorelle nel Serra, con i sacerdoti e i consacrati, per annunziare insieme la gioia del Vangelo. E un invito a pregare, nelle pieghe del mantello della Vergine di Guadalupe, per tutte le vocazioni, per la famiglia, per i sacerdoti e per i consacrati.

La Conferenza di Sua Eccellenza Ricardo Jorge Valenzuela Rios, Vescovo di Cacupè e Vescovo Militare del Paraguay. Monsignor Rios ha emozionato l’assemblea con il racconto delle sue esperienze in un paese dominato da dittature e militari. Anche lui conosceva bene il Serra e così ha voluto che fosse formato ad Asunción, in Paraguay, un Club Serra composto da soli membri dell’esercito e della polizia, primo ed unico esempio al mondo! Risultato?: ben quattro militari si sono fatti sacerdoti negli ultimi anni in Paraguay!

Situazioni davvero uniche e significative, una conferma che il Serra è vivo e rende un servizio prezioso. Ed è bello sentirsi ricordare da un Vescovo Paraguaiano quali siano 23

l’angolo di serra international Ruben Gallegos, nuovo presidente internazionale

i tre punti cardinali ed universali del Serra: 1.

Chiamati alla santità ; 2. Amici veri dei preti; 3. Promozione di una cultura vocazionale.

L’Assemblea dei Delegati, una occasione per ogni Serrano di partecipare alla vita del Serra. Tutti – non solo i cosiddetti membri del governo (il Cnis in Italia) – possono parlare ed esprimere i propri pensieri, ed infine votare l’approvazione dei bilanci annuali e la nomina dei principali dirigenti. Anche per il Serra Italiano questo diventerà una realtà, il prossimo Ottobre a Torino.

Il Meeting del Board of Trustees, composto da venti membri. Un incontro intenso ed interessante, basti pensare alla presenza di uno o più serrani degli Stati Uniti, Canada, Messico, Italia (rappresentata dal sottoscritto, in assenza di Giuseppe Miccoli vice presidente alle Vocazioni), Nigeria, Brasile, Australia, India e Filippine. Il Board di Serra International svolge una funzione fondamentale nell’assicurare che le finalità del Serra siano perseguite e rispettate in tutti i Serra del mondo in modo univoco ed esemplare. In particolare viene annualmente aggiornato un Piano Quinquennale, di cui parleremo prossimamente.

Mario Biscardi, Presidente uscente ha ricevuto un corale riconoscimento per il suo impegno nella campagna di ricerca di nuovi soci. I risultati sono stati incoraggianti. Da segnalare l’incremento dei soci nei dieci

club delle Filippine, passati da 285 a 400 soci, un aumento del 40%; mentre negli USA ben 9 club hanno registrato una crescita di oltre il 30% e altri 14 club di oltre il 20%.

Ruben Gallegos, il nuovo Presidente Internazionale: del Serra Club di Brownsville In Texas, vanta trentatré anni di esperienza nella scuola in qualità di professore, docente e rettore, specializzato nell’educazione di studenti immigrati, bilingui e multiculturali. Il suo messaggio e i suoi obbiettivi restano in linea con quelli del past presidente Mario Biscardi, incentrati su membership e comunicazione.

La Fondazione di Serra International, con sede a Chicago, ha presentato le sue attività svolte nel 2018.

Contributi per ben $123’000 sono stati assegnati per iniziative e progetti volti a promuovere le Vocazioni tra i giovani e la formazione di seminaristi e sacerdoti, non solo negli Stati Uniti ma anche in diversi Paesi Africani.

Le offerte ricevute sono state di $97’000, nella quasi totalità provenienti dai club statunitensi, quasi una gara a chi offre di più, con il primo ‘premio’ al Club di Omaha che ha contribuito con $10’000.

Serra around the World, trattasi della tradizionale presentazione fatta da ogni Paese sulla realtà e le dinamiche del proprio Serra. Ho anch’io avuto l’onore di presentare il Serra Italiano, del quale ho messo in evidenza l’impegno a promuovere iniziative rivolte ai giovani, per i giovani e con i giovani, con i nostri service nazionali del Service Giovani, il Concorso Scolastico e il Premio Penna dello Spirito. Degna di nota la presentazione del Messico, affidata a un gruppo di giovanissimi che hanno formato un Serra Club Giovani a Città del Messico e che hanno letteralmente saputo incantare l’assemblea con il loro traboccante entusiasmo.

Prossimo appuntamento? La Convention Internazionale a New Orleans dal 25 al 27 giugno 2020.

Manuel Costa presenta il Serra Italiano

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il serrano n. 146

l’angolo di serra international

«La Morenita del Tepeyac» “Una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta..” La vergine descritta nel libro dell’ Apocalisse corrisponde esattamente all’effigie della Madonna di Guadalupe rimasta impressa miracolosamente sulla tilma (mantello) dell’umile indio Juan Diego.

La mattina del 9 dicembre 1531, attraversando la collina del Tepeyac per raggiungere la città, l’indio è attratto da un canto armonioso di uccelli e dalla visione dolcissima di una Donna che lo chiama familiarmente Juandieguito. La Signora, che si esprime nel dialetto “nauali” dell’indio, gli dice di essere “la Perfetta Sempre Vergine Maria, la Madre del verissimo ed unico Dio” e gli ordina di recarsi dal vescovo a riferirgli che desidera le si eriga una ‘sacra piccola casa’ ai piedi del colle. Juan Diego corre dal vescovo – di lingua spagnola e bisognoso di un traduttore per comprendere il “nauali” – ma non viene creduto.

Tornando a casa Juan Diego incontra nuovamente sul Tepeyac la Vergine Maria, a cui riferisce il suo insuccesso e chiede di essere esonerato dal compito affidatogli. La Vergine gli ordina di tornare il giorno seguente dal vescovo, il quale, dopo avergli rivolto molte domande, gli chiede un segno. Ma il giorno seguente Juan Diego non può tornare dalla Signora, dato che lo zio con cui viveva, Juan Bernardino, sentendosi in punto di morte, gli chiede di cercare un sacerdote. Juan Diego giunto in vista del Tepeyac decide di cambiare strada per evitare l’incontro con la Signora. Ma la Signora è là, davanti a lui, Juan Diego le chiede perdono e le dice della malattia mortale dello zio. La Signora lo rassicura, suo zio è già guarito, e lo invita a salire sulla sommità del colle per cogliervi i fiori. Juan Diego sale e con grande meraviglia trova dei bellissimi “fiori di Castiglia”: è il 12 dicembre, il solstizio d’inverno, e né la stagione né il luogo sono adatti alla crescita di fiori del genere. Juan Diego ne raccoglie un mazzo che porge alla Vergine, la quale gli ordina di portarli al vescovo come prova della verità delle apparizioni. Juan Diego ubbidisce e giunto al cospetto del presule e di molte altre persone, apre il mantello per mostrare I fiori e all’istante sullo stesso si rende manifesta alla vista di tutti l’immagine della S. Vergine. L’immagine della Vergine viene collocata nella cattedrale, divenendo da subito oggetto di una devozione popolare che si è conservata ininterrotta fino ai nostri giorni.

La Dolce Signora che si manifestò sul Tepeyac non apparve come una straniera, né con un volto da indio, ma con un volto meticcio – cosa “profetica” al tempo dell’apparizione – così che oggi, dopo secoli di commistioni fra le razze indio ed europea, la Vergine di Guadalupe appare tipicamente “messicana”. Alta 1.43 metri, indossa una tunica con dei fiocchi neri all’altezza del ventre, che nella cultura india denotavano le donne incinte. È una Madonna dal volto nobile, con un vestito roseo bordato di fiori e un manto azzurro trapuntato di stelle dorate, che copre il capo e scende fino ai piedi che poggiano sulla luna, esattamente come descritto nell’Apocalisse.

La straordinaria e bellissima icona guadalupana è rimasta inspiegabilmente intatta nei secoli. Infatti, il tessuto del mantello – un rozzo tessuto di fibre d’agave usato dagli indios – avrebbe dovuto disgragarsi in breve tempo nelle condizioni climatiche locali.

Questa immagine, che non è una pittura, né un disegno, né è fatta da mani umane, suscita la devozione dei fedeli di ogni parte del mondo e pone non pochi interrogativi alla scienza, un po’ come per il mistero della Sacra Sindone.

Con oltre venti milioni di pellegrini ogni anno, il santuario di Nostra Signora di Guadalupe, proclamata Patrona di tutto il continente americano nel 1999 da San Giovanni Paolo II, è oggi il più frequentato di tutto il mondo.

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la voce del cnis

I programmi nel Serra di Flavio Fontana Carissime Amiche e Amici Serrani, parlare di programmi significa enunciare in modo più o meno particolareggiato ciò che si vuole fare, quale linee di condotta seguire, e quali obiettivi abbiamo come Serrani.

Ma ciò non basta, perché per parlare di programmi è necessario avere un obiettivo ed essere consapevoli dei mezzi che si hanno a disposizione.

Ciò vale nella famiglia, nella vita quotidiana, nel lavoro, nello sport, nell’economia.

Nel Serra è necessario porsi domande, atteso che la cultura basata sul porre continuamente domande fondamentali, elimina convinzioni inutili.

Ed è proprio dalle domande che durante il mio mandato da governatore sono partito per proporre al Cnis, unitamente alla commissione programmi, una linea guida relativa ai programmi di ogni club.

Le domande, – sopratutto quelle dei soci di lungo corso, i quali di fronte alla necessità di aggiornare i programmi del club e all’età media che aumentava –, denotavano grande umiltà e grande aspettativa.

Ed è proprio l’umiltà che permette di chiederci: come possiamo fare meglio.

Sant’Agostino a proposito dell’umiltà diceva “Prima costruisci le fondamenta dell’umiltà...più alta sarà la tua struttura, più profonde dovranno essere le fondamenta”. È necessario migliorare il Serra sotto il profilo delle estensioni, vero, ma senza programmi validi, una valida formazione, una comunicazione efficace, un rapporto costante con la Diocesi, non solo diventano difficili le estensioni, ma si rischiano gli abbandoni.

Laddove sono state evidenziate delle criticità, sono necessari dei cambiamenti organizzativi.

Un efficace cambiamento organizzativo richiede sempre quattro fasi fondamentali: un motivo per cambiare; una visione convincente del futuro, una capacità duratura di cambiare, un piano credibile da eseguire.

Gli orizzonti ampi si vedono solo con le visioni ampie.

Il Serra ha vissuto, come altri club service, o altre organizzazioni, le tre fasi cicliche: apprendimento, (apertura del club, entusiasmo, obiettivo comune), crescita, (ingresso di nuovi soci, creazione di eventi e risonanza nella realtà cittadina), e, in parte, alcuni club, declino, (transiti in cielo, abbandoni per l’età, carenza di estensioni).

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L’obiettivo è quello di porre rimedio a quanto sopra con il lavoro delle commissioni del Cnis, (formazione, comunicazione, vocazioni, estensioni, programmi, e programmi a lungo termine).

Inutile oggi dire che era necessario “cambiare gioco” quando si era nella fase di crescita, cambiamo gioco ora!

La domanda: perché dobbiamo cambiare per adattarsi alla realtà attuale?

Perché il Serra dove percepito correttamente, non è, e non sarà mai un club service, o un club cattolico come gli altri, e ciò lo diceva il Card Siri, dobbiamo cambiare per sottoporci ad un continuo ciclo di interazioni con l’ambiente, per adattarsi, – senza perdere la nostra identità –, al suo cambiamento.

Facciamo tesoro delle parole del Cardinale Siri, siamo diversi dagli altri club e come tali non dobbiamo soffrire le crisi dei club service o dell’associazionismo, ricordiamo che non è la specie più forte che sopravvive, ne quella più intelligente, ma quella che reagisce di più al cambiamento. È necessario agire con uno scopo e lo scopo del Serrano deve essere quello di rendere il club interessante nella realtà nella quale opera e ciò potrà farlo soltanto attraverso un lavoro che porti ad estendere ed ampliare il club.

Il collante di qualsiasi cultura, religione, nazione o squadra, è il senso di identità e scopo.

Una delle attività per fare ciò saranno i programmi del club.

La struttura segue sempre la strategia, la migliore strategia, la più buona volontà del mondo, senza la struttura non sarà efficace.

Sarebbe come voler far sparare un cannone posto sopra una canoa.

Ecco perché il Cnis ha lavorato, lavora e lavorerà per offrire ad ogni club una struttura solida, per permettere ai club di fare, tra le altre cose, programmi soldi e far si che ogni serata Serrana, sia un evento e renda piacevole passare la serata, in primo luogo ai soci, poi agli invitati e a coloro che entrano in contatto con il club.

Con l’aiuto degli amici della commissione programmi, del Cnis e di tutti i Serrani che abbiamo incontrato, è stato presentato al Cnis di Roma a giugno 2019 una linea guida che sarà inviata ai club e che ogni club dovrebbe seguire per programmare l’attività del club, e dalla quale potrà trarre spunto in caso di “vuoti” o carenze di idee nei programmi, sia in ordine ai contenuti, sia in ordine ai temi da trattare, sia in ordine ai service nazionali da porre in essere. È importante che i programmi, sotto la guida del vice presidente ai programmi, siano pronti entro i termini indicati dal Cnis, poiché non è possibile redarre un programma con due riunioni fatte dopo il passaggio delle consegne.

Il Cnis si iampegnerà, per il tramite dei Governatori, a curare i rapporti con i relatori di rilevo nazionale.

I Governatori, le Commissioni del Cnis, oltre che il Cnis saranno a disposizione per ogni ausilio.

Buon lavoro! il serrano n. 146

Il pettegolezzo:

cultura e società

uccidere l’altro con le parole di Massimo Schiera

«E

non sai l’ultima…Sai cosa ha fatto ieri la mia vicina? Sai come ha risposto la signora del piano di sotto? Sai cosa mi ha riferito il portiere dello stabile? Sai cosa ha fatto il parroco ieri sera?

Sai…..?»

Quante volte ci siamo ritrovati con i nostri amici o familiari a parlare, o meglio ancora, a pettegolare sulle persone a noi note?

Perché … diciamoci la verità … parlare di qualcuno, interessarci di ciò che è stato detto o fatto, suscita curiosità, divertimento, passione o meglio ancora piacere.

L’interesse per di più cresce quando l’oggetto della discussione riguarda la storia di persone a noi vicine che, commentate di volta in volta, raggiungono livelli di interesse alto che non hanno nulla da invidiare alle storie di telenovele trasmesse in tv.

Eh si! Perché forse il pettegolezzo nasce proprio dal “commento”, a volte disinteressato, a volte no, su ciò che non ci riguarda personalmente, tanto da divenire un vero e proprio stile comunicativo, non solo personale, ma anche di gruppo.

Sembrerebbe infatti che il pettegolo stia sempre a caccia di qualche scoop da poter condividere con i suoi interlocutori. Questi, a loro volta, condividerebbero la notizia con qualche altro interessato, non senza però aver aggiunto prima qualche particolare in più, non per forza veritiero, per rendere l’oggetto della discussione più convincente e appetitoso!

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Ed ecco il pettegolezzo! Un fenomeno tanto antico, quanto nuovo! Un fenomeno che non è mai stato fuori moda o che non ha mai subìto crisi! È alla portata di tutti: piccoli, grandi, uomini, donne, casalinghe o professionisti, operai o commercianti, credenti o atei.

Facile da esercitare, il pettegolezzo può “viaggiare” in tanti modi diversi. Da chiacchierata a chiacchierata, per strada o davanti ad un caffè, da un balcone di casa ad un altro, sul pianerottolo del proprio stabile o tramite il proprio telefono.

La tecnologia stessa, che giorno dopo giorno, viene incontro alle necessità dell’uomo, ha fornito il suo particolare contributo in materia. Nell’era, infatti, in cui internet ha abbattuto le coordinate spazio-temporali, i PC e gli smartphone hanno assunto un ruolo particolarmente importante nella comunicazione, tramite l’uso di chat, video chiamate, messaggi audio, post, storie o live da potere condividere.

Alzi la mano dunque chi, senza voler offendere nessuno, nella propria vita, almeno una volta, non abbia fatto esperienza diretta del pettegolezzo o, allo stesso tempo, si sia ritrovato ad ascoltare con interesse un “buon” pettegolo.

Dobbiamo infatti accettare che il pettegolezzo, ahime, fa parte della storia dell’uomo.

Che cosa è infatti il pettegolezzo se non l’alterazione di una parola detta?

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cultura e società Di quale parola allora è bene fidarsi? A quale parola dobbiamo prestare attenzione?

Sembrerebbero domande alle quali è facile poter dare subito una risposta, ma in realtà, se ci fermassimo un solo istante ad ascoltare cosa captano le nostre orecchie, ci accorgeremmo che siamo immersi in una “Babele del male”: le dinamiche della comunicazione sembrerebbero non essere più curate.

Tutti ormai parliamo contemporaneamente (magari davanti ad una tv accesa) e nessuno più ascolta.

La parola sembrerebbe essersi ammalata e degradata e noi non ce ne rendiamo neanche più conto. Parliamo e non ascoltiamo, parliamo sopra le altre parole, parliamo su tutto, parliamo in ogni momento e in ogni luogo, su ogni argomento, su ogni persona, su ogni situazione…e non ci rendiamo conto del male che stiamo compiendo, tanto da non percepire più il confine tra il bene e il male, tra ciò che è buono e ciò che non è buono. Parliamo si, ma in realtà non siamo più in grado di utilizzare le parole.

Lo stesso Diavolo, troviamo scritto nel libro della Genesi, tenta di alterare la Parola di Dio pronunziata ad Adamo ed Eva, insinuando in loro un vero e proprio dubbio sull’Amore autentico di Dio. La parola umana, dunque, come riesce ad edificare e creare comunione, allo stesso modo è in grado di distruggere e di dividere; così come è in grado di affermare la verità, riesce anche a diffondere la menzogna; così come è capace di costruire ponti di pace, è capace anche di scavare trincee di guerra.

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Lo stesso Papa Francesco, in modo chiaro, ci avverte dell’uso improprio che facciamo della lingua e così chi pettegola commette un vero e proprio omicidio: si uccide l’immagine di quella persona, oggetto del nostro chiacchiericcio.

“Mordetevi la lingua prima di dire chiacchiere, farà male, ma non farete male agli altri. Sparlare dell’altro di nascosto, distruggerlo, è bruttissimo”. Chi non ricorda questa espressione usata dal Pontefice nel corso di un dibattito con alcuni fedeli? È dunque necessario ritornare ad un uso bello della parola, all’uso originario della lingua, creata per comunicare la carità di Dio per noi e per i fratelli: una parola che dall’amore genera altro amore, misericordia e verità. il serrano n. 146

cultura e società Don Leoluca Pasqua, sacerdote della Diocesi di Palermo, padre Spirituale nel Seminario Arcivescovile e Vicario Episcopale, ha affrontato con molta cura e attenzione le diverse dinamiche del pettegolezzo, fonte di divisione e di guerre.

Nel suo ultimo libro “Il Pettegolezzo”, edito dalle Paoline, l’autore parte proprio dal significato della parola, mezzo di comunicazione tra gli uomini, portatrice di pensiero e di motivazioni profonde. Una parola però che rischia sempre di più di diventare nociva e dannosa se male utilizzata, se male interpretata e veicolata.

La parola non buona può perfino arrivare a distruggere rapporti familiari o parentali, lunghe amicizie e può offuscare ambienti di lavoro tali da renderli opprimenti e finanche tossici.

Dopo aver ragionato su quelle che possono essere le dinamiche del pettegolezzo, il modo con il quale si sviluppa e quali sono i ruoli che si interpretano all’interno del fenomeno del pettegolezzo, il libro analizza le cause del chiacchiericcio. Il pettegolezzo dunque risulta essere un vero e proprio fenomeno umano corredato da particolari caratteristiche o elementi comuni: da dove nasce, come e chi lo alimenta, con quali mezzi o strumenti si sviluppa, i risultati prodotti, quali sono gli effetti sulla persona offesa ed indifesa, quali invece gli effetti su chi incrementa il chiacchiericcio.

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L’autore dunque, capitolo dopo capitolo, affronta con un linguaggio semplice e alla portata di tutti, le vere e proprie origini del pettegolezzo rintracciate negli atteggiamenti di un uomo non pienamente soddisfatto di se e della propria vita, desideroso del consenso degli altri.

Come correggere quindi le nostre abitudini? Quali rimedi al pettegolezzo? Quali strategie virtuose adottare per evitare di cadere nella tentazione del chiacchiericcio?

Il testo, oltre a rispondere in maniera esaustiva ai tanti interrogativi che ci siamo fin qui posti, si propone di presentare una edificante riflessione sul potere della parola che, seppur considerata un’articolazione di suoni, richiede – per essere usata con saggezza – di essere pensata nell’ottica del silenzio.

Come è possibile conciliare dunque parola e silenzio?

Sembrerebbero due termini opposti, eppure l’autore, lungo tutto il testo, dimostra la loro particolare reciprocità.

Un uso corretto e sano della parola, può portare chiunque a bene-dire, piuttosto che male-dire.

Ringraziamo dunque don Leoluca per l’interessante spunto di riflessione: un ulteriore e concreto appoggio che può aiutarci a vivere in maniera sana ed edificante ogni nostra relazione.

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notizie e iniziative

dai club e distretti

DISTRETTO 73

Alla riscoperta dell’appartenenza

MOLFETTA. Si è svolto stamattina, sabato15 giugno, nel ‘Seminario Pontificio Regionale Pio XI’ di Molfetta, il Convegno distrettuale del Distretto n. 73 Puglia e Basilicata del Serra Club.

Ha aperto i lavori il governatore del Distretto 73, Arturo Monaco, portando i saluti di Don Gianni Caliandro, rettore del seminario che accoglie i Serrani con spirito di fraternità ricordando il desiderio del Serra di fare un’autentica esperienza di chiesa come esperimento nei club per servire la Chiesa.

Il dottor Giovanni Aquilino, sociologo, ha relazionato sulla ‘Dimensione Serrana e la riscoperta della propria appartenenza’: abbiamo bisogno di un’identità, quello che ci fa sentire bene è la qualità delle relazioni.

Avere un’identità vuol dire avere un’appartenenza ovvero avere grandi radici nella parte emotiva. È necessario riscoprire la nostra appartenenza in una società in cui prevale l’egocentrismo e il relativismo del ‘tutto va bene’: bisogna essere tutori della nostra appartenenza e accettare le differenze che sono la ricchezza e l’essenza della vita. È necessario rendersi conto delle peculiarità della nostra appartenenza: perseveranza invece di flessibilità, ‘ come una canna al vento’, fortezza e pazienza.

La perseveranza è ormai desueta perché la società ci chiede di essere flessibili.

Avere una meta, un indirizzo come quello del Serra,di sostenere le vocazioni, non è cosa da poco: la passione e la gioia di farlo è una gioia.

Fondamentalmente la religione è un elemento importantissimo per la conoscenza umana perché la spiritualità contraddistingue la nostra specie; una forte carica spirituale ci fa star bene e superare le difficoltà della quotidianità.

Nel corso del tempo ci siamo dati dei ruoli e se ognuno di noi capisse che siamo parte di un insieme riusciremmo a ‘fare assieme’, come dice il Concilio Vaticano, per sostenere le vocazioni e salvaguardare la nostra appartenenza.

Dopo l’interessante intervento del sociologo Aquilino, si è passati alla lettura del bilancio consuntivo del Distretto n. 73 da parte del tesoriere Michele Ferri e al passaggio delle consegne al Governatore Eletto per gli anni 2019-2021, l’avvocatessa Filly Franchino e alla nomina degli incarichi, di seguito elencati.

La nuova Governatrice, direttrice diocesana dell’ufficio delle vocazioni di Lucera Troia, collaboratrice del giornale Il Serrano, ha accolto con gioia il nuovo incarico, come linfa vitale: per Filly,che cita le parole di Papa Francesco, ‘non può esserci spazio per l’indifferenza’ ed essere trainati, ma essere trainati in una vita comunitaria con i cuori aperti alla fede serrana.

A conclusione dei lavori il saluto e la benedizione di sua Eccellenza Rev.ma monsignor Domenico Cornacchia.

Margherita Lapergola

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il serrano n. 146

dai club e distretti

DISTRETTO 77 Incontro con la Conferenza Episcopale Siciliana Il 12 marzo Maria Lo Presti, Governatrice del Distretto 77, con il Past President Internazionale Cesare Gambardella e il Past Vice Presidente Nazionale Turi La Spina, ha presentato alla Conferenza Episcopale Siciliana (CESi), riunita a Palermo, la realtà del Serra con particolare riferimento alla Regione Sicilia, prospettando la possibilità della formazione di nuovi club. È stata evidenziata la particolarità del Serra Club rispetto ad altre realtà, dovuta alla sua natura di club service, per cui ha la possibilità di portare l’apprezzamento di laici nei confronti delle vocazioni, del presbiterato, nella società odierna, in un tempo in cui spesso emergono soprattutto valutazioni negative nei confronti del mondo ecclesiale. Si è sottolineata, quindi, l’importanza di iniziative quali il concorso scolastico, come occasione per far riflettere su tematiche di rilievo in un ambiente di per sé laico, qual è la scuola.

L’incontro era stato richiesto dalla Governatrice al Presidente della CESi, S. Ecc. Mons.

Salvatore Gristina, Arcivescovo di Catania, che ha accolto prontamente la richiesta. Nel corso del dialogo che si è aperto tra i presenti alcuni Vescovi hanno posto delle domande per avere dei chiarimenti. Così, S. Ecc. Mons.

Antonio Staglianò, Vescovo di Noto, ha chiesto di chiarire il rapporto tra Serra Club e gruppi di “Amici del Seminario”. Si è quindi messo in evidenza come ciascun gruppo ha un suo specifico e tutti possono concorrere, senza alcun conflitto e in modo proprio, al bene di una realtà come quella del Seminario. Alcuni Vescovi hanno elogiato l’operato dei Serra Club presenti nelle loro diocesi. S. Ecc. Mons. Demetrio Giorgio Gallaro, Eparca di Piana degli Albanesi, ha ricordato la sua bella esperienza col Serra Club negli Stati Uniti.

Nel corso dell’incontro si è evidenziata l’importanza della realtà del Serra Club, che va al di là del contesto locale. In particolare, il Past President Internazionale Cesare Gambardella ha posto l’attenzione sulla dimensione internazionale del Club. Altro aspetto, su cui ci si è soffermati è stata la formazione dei membri del Club. Il Vice Presidente Nazionale Turi La Spina ha sottolineato, in particolare, l’importanza della formazione del gruppo da cui può partire la costituzione di un nuovo Club. Nel presentare l’articolazione del Serra, si è anche posta l’attenzione sulla Fondazione, e su quanto ha operato per il Distretto.

L’incontro è stato cordiale: l’accoglienza di S. Ecc. Mons. Salvatore Gristina ha fin dall’inizio fatto sì che si instaurasse un clima di familiarità. Infatti, il Presidente della CESi ha, infine, espresso il suo apprezzamento per il Serra Club, come di una realtà ben nota e significativa per il tipo di presenza che ha presso i Seminari.

Maria Lo Presti

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dai club e distretti

LUGANO 669

30 anni del Serra a Lugano Mercoledì 15 maggio, il vescovo di Lugano, mons. Valerio Lazzeri, ha celebrato una Santa Messa di ringraziamento per i 30 anni del Serra Club di Lugano, seguita da una cena alla quale hanno partecipato tutti i soci e i loro simpatizzanti.

Luogo dell’evento la Casa di Santa Brigitta, tradizionale sede degli incontri in questi lunghi anni di attività. Ospiti della serata anche mons. Claudio Mottini, Rettore del Seminario San Carlo; don Rolando Leo, responsabile della Pastorale Giovanile e don Emanuele Di Marco, Vicario della Cattedrale e Direttore dell’Oratorio di Lugano.

Come ci racconta Emanuele Costa, uno dei membri storici del Movimento, il Serra Club, voluto e fondato nel 1989 dal Vescovo Eugenio Corecco e composto esclusivamente da cristiani laici, “svolge da 30 anni un incessante lavoro di servizio volto a favorire e sostenere le vocazioni, nel senso di chiamata di ogni essere umano a dare un senso alla propria vita, una vita rivolta al servizio degli altri e non solo a se stesso. Tante sono le vocazioni, e tra queste anche la chiamata alla vita sacerdotale e consacrata”.

Ed è proprio alla vocazione sacerdotale, ma non solo, che da anni il Serra Club dedica forze ed attenzioni particolari: “negli anni – continua Costa – ci siamo dedicati a promuovere il rispetto della figura del sacerdote e di tutti i religiosi nella società civile, e a rivolgere una particolare attenzione ai giovani per accompagnare il loro percorso di maturazione umana e spirituale”. Non a caso alle celebrazioni di questo importante anniversario è stato invitato un giovane in rappresentanza della Pastorale Giovanile della Diocesi, al quale è stata consegnata una offerta a favore delle loro attività.

Tra le diverse iniziative del Serra di Lugano, in questi ultimi due anni guidato dal presidente Guido Baumann, “è bello ricordare l’amicizia con i seminaristi dei due Seminari di Lugano; l’assistenza a sacerdoti anziani; la vicinanza con i numerosi sacerdoti stranieri presenti a Lugano per frequentare la Facoltà di Teologia spesso bisognosi di un aiuto ad inserirsi in una realtà sociale ben diversa dalla loro; l’attenzione a sostenere i chierichetti e ministranti della Diocesi; i momenti di preghiera per le vocazioni nella Chiesa di San Giuseppe, utili anche per aprire le porte del Seminario alla città”.

Una foto storica dei soci con il Vescovo Corecco.

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Silvia Guggiari

il serrano n. 146

dai club e distretti

CERIGNOLA 840

A servizio dei giovani

S.E. Mons. Luigi Renna Anche quest’anno il Serra club di Cerignola incontra i giovani studenti, ma struttura questo incontro in modo diverso e più coinvolgente coinvolgendoli nel Concorso scolastico: tutti, infatti, sono stati portati ad esprimere liberamente le loro opinioni parlando di vocazione e verità in un mondo sempre più digitalizzato ed offuscato dalle insidiose fake news.

Si è svolta il 3 maggio presso il Seminario vescovile di Cerignola la premiazione del concorso scolastico indetto dal Serra Italia. Il tema dell’anno è stato tratto dal messaggio di Papa Francesco per la 52esima giornata mondiale delle comunicazioni sociali riguardante la verità che, oggi più che mai, deve essere cercata difesa e protetta.

La Presidente del Serra Club, prof. Milena Caldara, ha dato inizio alla cerimonia di premiazione salutando e ringraziando S.E. Mons. Luigi Renna, don Gianluca Casanova, cappellano del Serra club, i dirigenti scolastici, i docenti e i membri esterni della Commissione esaminatrice che, con le loro competenze, hanno rappresentato punti di riferimento preziosi ed indispensabili nel non facile compito di analizzare e selezionare le produzioni letterarie e figurative. La Presidente ha voluto salutare la prof. Giustina Specchio, ex dirigente della scuola media “Don Bosco” da pochi giorni nella luce del Signore, ricordando la grande professionalità e disponibilità verso tutti.

I ragazzi delle scuole superiori hanno presentato i loro lavori mediante la lettura degli elaborati e descrizione delle attività figurative. Successivamente hanno invitato i loro giovani amici della scuole medie a presentare il loro originale pannello decorativo accompagnato da una poesia relativa all’esperienza negativa di una giovane abbagliata dalle luci dell’apparire ma chiamata a rispondere alle necessità dell’essere.

Infine hanno presentato i bambini della IV e V elementare della scuola elementare “Carducci” che, accompagnati da docenti e familiari, hanno costituito, con la loro presenza, la vera novità di questa 15a edizione del concorso scolastico serrano.

Il Vescovo ha commosso tutti quando ha chiamato intorno a sé i piccoli vincitori mettendoli a proprio agio e commentando i loro simpatici e deliziosi lavori: “Il bambino che raccontava bugie” e l’acrostico dell’amicizia.

Nel clima di fraterna e gioiosa amicizia, che ha caratterizzato questo evento serrano, sono stati infine consegnati ai dirigenti gli attestati di partecipazione.

Anna Zichella

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dai club e distretti

MATERA 463

Mons. Caiazzo incontra gli studenti “I giovani una sfida per la Chiesa” – “La Chiesa una sfida per i giovani” è il tema che Monsignor Pino Caiazzo ha sviluppato in un incontro che il Serra Club di Matera ha organizzato nell’Aula Magna dell’ITCG “Loperfido-Olivetti”.

L’Arcivescovo della diocesi di Matera-Irsina incontrato gli studenti del III e IV anno approfondendo particolarmente i capitoli IV, V e IX dell’Esortazione apostolica di Papa Francesco “Christus Vivit”, dialogando e stimolando i giovani su problematiche che assillano la società di oggi.

All’incontro hanno preso parte la Dirigente scolastica Carmelina Gallipoli, il Presidente del Serra Club Gabriele Draicchio e padre Lucio Scalia dei fratelli rogazionisti del Villaggio del fanciullo di S. Antonio di Matera. Ha moderato l’incontro Domenico Infante, Direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Matera-Irsina.

I giovani studenti dell’Istituto tecnico commerciale “Olivetti-Loperfido”, insieme al docente di religione, prof. Giuseppe Ventura, si sono interrogati su varie tematiche: dall’amore incondizionato di Dio verso gli uomini, al perdono, alla possibilità di essere migliori, al confronto tra credenti e non credenti, al modo di riconoscere la propria vocazione, alla sfida che la Chiesa Universale e Diocesana si pongono per il futuro della Chiesa e dei giovani.

Monsignor Caiazzo ha esordito con l’importanza del Vangelo come testimonianza: “la fede si trasmette per contatto”. La libertà dell’uomo è in concorrenza con la provvidenza di Dio e il fatto che l’uomo con la sua libertà giochi un ruolo importante nella storia è un mistero insondabile. Dio ha un progetto per ognuno di noi ma non può realizzarlo se noi lo impediamo: ‘Cristo non ha mani, ha solo le mie’, cioè opera attraverso gli uomini. È importante il silenzio perché ci aiuta a ritrovare noi stessi, a dissolvere l’intreccio delle fragilità e dell’insicurezza. I desideri, tante volte contrastanti, hanno il potere di oscurare e accecare l’anima, impedendo la chiara visione delle cose. La società odierna, avendo perduto ogni riferimento ai valori di vita, non ha più sicurezze

VITERBO 433

Giovani, fede e discernimento vocazionale Il 5 aprile 2019, nella prestigiosa sede della Fondazione CARIT DI Viterbo si è svolto un pomeriggio culturale organizzato dai Convegni di Cultura Beata Cristina di Savoia- Convegno di Viterbo e dal Serra Club di Viterbo.

Il prof. Benedetto Ippolito, docente di storia della filosofia medievale all’Università di Roma Tre, ci dà l’occasione di ripensare la vocazione, il rapporto tra religione e filosofia in un mondo che esige nuove prospettive, che è sottoposto ad una razionalità strumentale e dominato in larga parte dal pensiero debole.

Tra verità in senso assoluto e verità circoscritta alla conoscenza umana si interroga il pensiero e si muove il desiderio comune di conoscere l’origine e il perché della propria esistenza. Quid sit Homo? Anima e corpo, eccedenza d’intelletto, dimensione interiore, individualità e ragione, nell’epoca di un decostruzionalismo antropologico l’io nella sua interezza non può prescindere dall’altro nel quale, secondo Lévinas, incontra la trascendenza e la divinità.

L’uomo ha bisogno di realizzare la sua essenza, di desiderare la sua eudemonia sapendo discernere, volere e realizzare la propria vocazione come fine naturale conforme alla coscienza e all’oggettività che risiede nell’anima. Soprattutto il giovane deve poter cogliere il senso del dialogo intimo con Dio, dell’ascolto, per trovare una missione per cui vivere, senza considerare l’attimo ma l’eternità come riflesso della realtà infinita.

La ricerca crea relazione e conoscenza, avvicina a una maggiore comprensione della fede che si concretizza nell’essere

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il serrano n. 146

dai club e distretti stabili, è malato di pessimismo e di malinconia, e traduce tutto nella noia, nell’indifferenza, nell’angoscia, senza slanci di vita.

La Chiesa si mette in ascolto dei giovani credenti e non, vuole dialogare, comprendere, non vuole confezionare degli adepti ma trasmettere la fede per contatto; non riempire le chiese di gente senza fede ma unirci in un discorso di preghiera vera, sentita e condivisa. Padre Lucio Scalia, padre Rogazionista, del Villaggio del fanciullo, ha raccontato la sua storia di una giovinezza turbolenta che si è convertita a Dio, un esempio molto emozionante di come quel “ti conoscevo per sentito dire” (Giobbe 42,5) diventa un lasciarsi incontrare da Dio per vivere nella luce.

Margherita Lopergolo

sempre più e sempre meglio figli di Dio. Il cristiano non rimane sterile nel suo credere ma cresce, si perfeziona ed utilizza il carisma del battesimo come seme di concreta carità nel mondo.

La gioventù è il tempo privilegiato per la ricerca e l’incontro con la verità (Benedetto XVI) l’età adulta il tempo per essere il “Logos” che forma, trasmette stimolo e forza attraverso la coerenza di vita e di pensiero.

Al termine dell’intervento, S.E. Mons.

Fumagalli, ha espresso il pensiero della Chiesa su questo problema culturale che affligge da un lato i giovani e dall’altro le persone di età matura che stentano a capire e colloquiare con i ragazzi in un momento in cui dovrebbero essere guidati nel loro discernimento vocazionale, qualunque esso sia.

Rimettere la “barra al centro” è un compito difficile e delicato e Papa Francesco con la sua recentissima esortazione post-sinodale “Christus vivit” invita a “suscitare e accompagnare processi, non imporre percorsi. E si tratta di processi di persone che sono sempre uniche e libere. Per questo è difficile costruire ricettari”.

Beatrice Valiserra

Aprile-Giugno 2019

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