Il Serrano n.143 - gen.-mar. 2018

N. 143

Gennaio-Marzo 2018

Organo dell’Associazione Serra International Italia

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003

In preparazione al Sinodo dei Giovani

Non supereroi ma pastori con passione

Grazie, Eminenza Saraiva Martins

Jorge C. P. Wong consulente episcopale

Enrico Mori Presidente eletto

N. 143

Gennaio-Marzo 2018

Organo dell’Associazione Serra International Italia

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003

XV Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi

PERIODICO TRIMESTRALE N. 143 ASSOCIAZIONE SERRA INTERNATIONAL ITALIA

Gennaio-Marzo 2018 (XLII)

Non supereroi ma pastori con passione

Grazie, Eminenza Saraiva Martins

Jorge C. P. Wong consulente episcopale

Enrico Mori Presidente eletto

editoriale ® 3 Il nostro servizio: col cuore, tutti insieme di Domenico Agasso

Registrato presso il Tribunale di Palermo n. 1/2005 del 14 gennaio 2005 Iscrizione al Roc n. 21819 del 16/01/2012 Spedizione Abbonamento Postale Gr. IV Pubblicità inferiore 50%

Direttore responsabile Domenico Agasso

vita della chiesa 4 Non supereroi ma pastori con passione di Andrea Tornielli

6 Il Papa con i seminaristi sardi 8 Il messaggio del Santo Padre Francesco di Maria Pia Palombella

vita del serra 10 Grazie, Eminenza Saraiva Martins di Cosimo Lasorsa

12 Patrón Wong copnsulente episcopale 14 Enrico Mori, Presidente eletto di Serra Italia 16 A L’Aquila e Genova la chiusura dell’anno sociale di C. L.

18 A Nashville la Convention del Serra International 19 Miccoli e Crovara nel Serra International di M. P. P.

Redazione Renato Vadalà Via Principe di Belmonte, 78 - 90139 Palermo E-mail: ilserrano@virgilio.it

Comitato di Direzione Manuel Costa, Presidente del C.N.I.S. Marco Crovara, V. Presidente del C.N.I.S. Salvatore La Spina, V. Presidente del C.N.I.S. Alberto Beati, V. Presidente del C.N.I.S. Cosimo Lasorsa, V. Presidente del C.N.I.S. Trustee italiani di Serra International Redattori distrettuali (si veda il «Bellringers»)

Hanno inoltre collaborato a questo numero: Massimiliano Colelli Marco Crovara Paola Bianchi Paolo Chiellini Sergio Borrelli

Maria Silvestrini Lidia Pistarino Enzo Martinelli Guglielmo Centini Marina Rando

Norme essenziali per redattori e collaboratori

1. Inviare il materiale per la stampa entro e non oltre il 20 maggio 2018.

2. Inviare i contributi all’e-mail sotto indicata.

3. Inviare foto molto chiare con soggetti inquadrati da vicino.

I redattori distrettuali, i collaboratori ed i Vice Presidenti di Club responsabili delle comunicazioni sono pregati di attivarsi per l’inoltro di brevi cronache relative alle attività svolte dai Club e dai Distretti alla Segreteria di redazione

testimonianza ® 20 Giovani ...cercatori in cammino di Anna Limongelli

E-mail: ilserrano@virgilio.it

cultura 22 La vocazione di Matteo: una nuova creazione

dai club e distretti ® 26 Notizie ed iniziative

Gli articoli pubblicati esprimono il pensiero dei rispettivi autori e non rispecchiano necessariamente la linea editoriale della testata.

La Direzione si riserva di pubblicare in tutto o in parte le foto, gli articoli e i servizi pervenuti, secondo le esigenze di spazio. Il materiale, anche se non pubblicato, non sarà restituito.

Stampa Luxograph s.r.l. - Palermo tel. fax 091 546543 (e-mail: info@luxograph.it)

In copertina: GMG (Fonte: www.synod2018.va)

editoriale

Il nostro servizio: di Domenico Agasso

col cuore, tutti insieme

Mi metto con gioia a servizio dei Serra Club e del Serrano. Mi sento già affezionato a questo mondo così vasto e così determinato nella sua missione. Desidero ringraziare subito Emanuele Costa e tutto lo staff della nostra rivista, che mi hanno accolto con un calore e una gentilezza coinvolgenti e incoraggianti.

Mi unisco dunque alla squadra di questo movimento internazionale laicale che ha uno scopo sempre più cruciale per l’umanità: sostenere le vocazioni al sacerdozio ministeriale e alla vita religiosa consacrata. Le vie privilegiate sono la preghiera e l’amicizia. E la presenza concreta nella vita quotidiana. Proprio come ci trasmette il nostro papa Francesco. Il Pontefice argentino, grazie soprattutto al quel suo speciale magistero day-by-day rappresentato dalle omelie di Santa Marta, ma anche grazie a molti altri discorsi e interventi, continua ad attirare l’attenzione di tante, tantissime persone. Vicine alla fede ma anche lontane. Persone che riconoscono nel suo messaggio e nella sua personale testimonianza non soltanto il tratto dell’autenticità e della prossimità, ma anche le caratteristiche – per così dire – della semplicità e dell’applicabilità alla vita quotidiana di ciascuno.

Ecco, io credo, con sincera umiltà, che oggi l’uomo, ferito e spaventato dalle tante crisi - economica, finanziaria, morale, spirituale - che angosciano e distruggono sogni e aspettative, necessiti di punti di riferimento credibili. Ha bisogno di preti che applichino le indicazioni di Papa Francesco.

Occorrono sempre più sacerdoti che siano davvero presenti nella vita della gente con consigli anche molto spiccioli e concreti per la vita in famiglia e nel lavoro, suggerimenti per la vita spirituale, la preghiera, il rapporto con gli altri. Consigli che sgorgano dal cuore di un pastore.

Per Jorge Mario Bergoglio non c’è mai stato nella vita nulla di più bello che poter fare il prete, esercitare il ministero tra le gente, amministrare i sacramenti, accompagnare le persone, pregare con loro e per loro. Condividendo gioie e dolori, momenti di difficoltà e ricorrenze liete. Il prete che dona se stesso a Dio spendendosi totalmente e senza riserve per gli altri, è destinato a diventare un vero esperto di umanità. Capace di uno sguardo intelligente sulla famiglia e sui problemi che l’affliggono.

Capace di dire una parola per aiutare i genitori a essere genitori fino in fondo, e i figli a essere figli fino in fondo.

Nell’omelia della sua prima Messa crismale, celebrata in San Pietro il Giovedì Santo del 2013, Francesco aveva detto: «Dobbiamo ravvivare sempre la grazia e intuire in ogni richiesta, a volte inopportuna, a volte puramente materiale o addirittura banale – ma lo è solo apparentemente – il desiderio della nostra gente di essere unta con l’olio profumato, perché sa che noi lo abbiamo. Intuire e sentire, come sentì il Signore l’angoscia piena di speranza dell’emorroissa quando toccò il lembo del suo mantello».

Francesco invita spesso i sacerdoti a non essere «tristi, e trasformati in una sorta di collezionisti di antichità oppure di novità», invitandoli invece a essere «pastori con “l’odore delle pecore”», pastori «in mezzo al proprio gregge e pescatori di uomini».

Oggi più che abbiamo bisogno di guardare un prete e vedere in lui quello sguardo di pastore che si lascia «consumare» dal suo popolo. Che accompagna, apre porte, è sempre disponibile, «unge» la sua gente, sa entrare nel buio delle persone, sa poggiare la propria guancia su quella di chi soffre nel corpo e nello spirito, non rinuncia ad alcun tentativo pur di avvicinarsi, di entrare in dialogo, di testimoniare il Vangelo. Sa stare vicino alle persone affinché compiano il passo che sono in grado di compiere, cosciente che è soltanto la grazia di Dio a operare nei cuori, non la bravura dell’evangelizzatore.

Cari amici serrani, aiutiamo dunque chi ha incontrato la vocazione al sacerdozio ministeriale a seguire la via indicata dal nostro Papa. Sono certo che il nostro contributo potrà essere prezioso, soprattutto per due motivi: sarà sempre fatto con il cuore, e da tutti noi insieme.

Per info e approfondimenti: www.serraclubitalia.it; www.serrainternational.org.

vita della chiesa

«Il popolo di Dio non aspetta supereroi ma pastori con passione»

Nella visita pastorale in Cile il Papa incontra preti e suore.

Offre loro spunti che descrivono la missione e il rapporto con il mondo di tutti i cristiani: «Una Chiesa con le piaghe è capace di comprendere le piaghe del mondo di oggi e di farle sue» di Andrea Tornielli

«Il popolo di Dio non aspetta né ha bisogno di supereroi, aspetta pastori, consacrati, che conoscano la compassione». Papa Francesco, davanti all’immagine della Madonna messa sull’altare per l’occasione, nella cattedrale di Santiago del Cile pronuncia una delle meditazioni più belle del suo pontificato. Parla a preti e suore, ma offre spunti che descrivono la missione e il rapporto con la modernità validi per ogni cristiano. Lo fa descrivendo tre momenti della vita di Pietro: quando è abbattuto per la morte di Gesù, quando è perdonato e quando è trasfigurato. Tre momenti condivisi della prima comunità, perché, spiega Francesco, «l’esperienza degli apostoli ha sempre questo duplice aspetto, quello personale e quello comunitario», perché «siamo, sì, chiamati individualmente, ma sempre ad esser parte di un gruppo più grande. Non esiste il “selfie vocazionale”. La vocazione esige che la foto te la scatti un altro: che possiamo farci?».

Bergoglio ha quindi descritto l’abbattimento e lo smarrimento dei discepoli dopo la crocifissione.

«Pietro lo aveva rinnegato, Giuda lo aveva tradito, gli altri erano fuggiti o si erano nascosti. Solo un pugno di donne e il discepolo amato erano rimasti.

Il resto, se n’era andato». Persecuzioni, tribolazioni, dubbi che espongono a «varie tentazioni» descritte dal Pontefice: «Discutere di idee, non dare la dovuta attenzione al fatto, fissarsi troppo sui persecutori... e credo che la peggiore di tutte le tentazioni è fermarsi a ruminare la desolazione».

Questo momento di abbattimento e turbolenza il Papa lo collega al clima che si respira in Cile a proposito dello scandalo della pedofilia clericale. «Conosco 4

il dolore che hanno significato i casi di abusi contro minori e seguo con attenzione quanto fate per superare questo grave e doloroso male», dice. «Dolore per il danno e la sofferenza delle vittime e delle loro famiglie, che hanno visto tradita la fiducia che avevano posto nei ministri della Chiesa. Dolore per la sofferenza delle comunità ecclesiali; e dolore anche per voi».

«So – aggiunge – che a volte avete subito insulti sulla metropolitana o camminando per la strada; che andare “vestiti da prete” in molte zone si sta “pagando caro”. Per questo vi invito a chiedere a Dio che ci dia la lucidità di chiamare la realtà col suo nome, il coraggio di chiedere perdono e la capacità di imparare ad ascoltare quello che Lui ci sta dicendo».

Francesco ha quindi parlato delle società in rapido mutamento. «Stanno nascendo nuove e varie forme culturali che non si adattano ai contorni conosciuti. E dobbiamo riconoscere che, tante volte, non sappiamo come inserirci in queste nuove situazioni.

Spesso sogniamo le “cipolle d’Egitto” (un riferimento biblico alla nostalgia del popolo d’Israele liberato, che mentre attraversa il deserto rimpiange il cibo del tempo di schiavitù, ndr) e ci dimentichiamo che la terra promessa sta davanti. Che la promessa è di ieri, ma per domani». Ecco dunque «la tentazione di chiuderci e isolarci per difendere le nostre posizioni che finiscono per essere nient’altro che bei monologhi. Possiamo essere tentati di pensare che tutto va male, e invece di professare una “buona novella”, quello che professiamo è solo apatia e disillusione».

Atteggiamento, questo, che si può riscontrare in varie parti del mondo, soprattutto occidentale, dove il serrano n. 143

vita della chiesa il pessimismo verso la modernità dilaga e isterilisce certi cristiani. «Così chiudiamo gli occhi davanti alle sfide pastorali – afferma ancora il Papa – credendo che lo Spirito no abbia nulla da dire. Così ci dimentichiamo che il Vangelo è un cammino di conversione, ma non solo “degli altri”, ma anche nostra. Ci piaccia o no, siamo invitati ad affrontare la realtà così come ci si presenta».

Poi Francesco ha parlato di Pietro perdonato. Il principe degli apostoli «fece l’esperienza del suo limite, della sua fragilità, del suo essere peccatore. Lui era peccatore come gli altri, era bisognoso come gli altri, era fragile come gli altri. Pietro deluse Colui al quale aveva giurato protezione. Un’ora cruciale nella vita di Pietro».

«Come discepoli, come Chiesa – spiega Bergoglio – ci può accadere lo stesso: ci sono momenti in cui ci confrontiamo non con le nostre glorie, ma con la nostra debolezza. Ore cruciali nella vita dei discepoli, ma quella è anche l’ora in cui nasce l’apostolo». Ma Gesù, aggiunge il Pontefice, chiede a Pietro se lo amava, non lo rimprovera né lo condanna, perché «lo vuole salvare dal pericolo di restare rinchiuso nel suo peccato, di restare a “masticare” la desolazione frutto del suo limite… Lo vuole salvare da quell’atteggiamento distruttivo che è il vittimismo o, al contrario, dal cadere in un “tanto è tutto uguale” che finisce per annacquare qualsiasi impegno nel relativismo più dannoso».

Vittimismo che isola o relativismo scettico e distaccato, i due grandi rischi di chi rimane imbrigliato nel proprio male. Gesù vuole liberare Pietro «dal considerare chiunque gli si oppone come se fosse un nemico, o dal non accettare con serenità le contraddizioni o le critiche. Vuole liberarlo dalla tristezza e specialmente dal malumore. Con quella domanda, Gesù invita Pietro ad ascoltare il proprio cuore e imparare a discernere». «Che cosa fortifica Pietro come apostolo? Che cosa mantiene noi come apostoli?», si è chiesto il Papa, rispondendo: «Una cosa sola: ci è stata usata misericordia… Gesù ci ha visto, si è avvicinato, ci ha dato la mano e ci ha usato misericordia».

«Non siamo qui perché siamo migliori degli altri. Non siamo supereroi che, dall’alto, scendono a incontrarsi con i “mortali” – ha continuato Francesco, con parole mirate alla Chiesa cilena - Piuttosto siamo inviati con la consapevolezza di essere uomini e donne perdonati. E questa è la fonte della nostra gioia». E come «Gesù non si presenta ai suoi senza piaghe», anche i suoi sono invitati «a non dissimulare Gennaio/Marzo 2018

o nascondere» le loro piaghe. «Una Chiesa con le piaghe – spiega Bergoglio - è capace di comprendere le piaghe del mondo di oggi e di farle sue, patirle, accompagnarle e cercare di sanarle. Una Chiesa con le piaghe non si pone al centro, non si crede perfetta, ma pone al centro l’unico che può sanare le ferite e che si chiama Gesù Cristo».

La consapevolezza di avere delle piaghe libera «dal diventare autoreferenziali», dal credersi «superiori». Libera dalla tendenza «prometeica» di quanti fanno affidamento «unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico proprio del passato».

«In Gesù – dice ancora Francesco – le nostre piaghe sono risorte. Ci rendono solidali; ci aiutano a distruggere i muri che ci imprigionano in un atteggiamento elitario per stimolarci a gettare ponti e andare incontro a tanti assetati del medesimo amore misericordioso che solo Cristo ci può offrire. Quante volte sogniamo piani apostolici espansionistici, meticolosi e ben disegnati, tipici dei generali sconfitti! Così neghiamo la nostra storia di Chiesa, che è gloriosa in quanto storia di sacrifici, di speranza, di lotta quotidiana, di vita consumata nel servizio».

Il Papa non manca di manifestare la sua preoccupazione perché «ci sono comunità che vivono prese dall’ansia più di figurare sul cartellone, di occupare spazi, di apparire e mostrarsi, che non di rimboccarsi le maniche e andare a toccare la realtà sofferta del nostro popolo fedele». Il popolo di Dio «non aspetta né ha bisogno di supereroi, aspetta pastori, consacrati, che conoscano la compassione, che sappiano tendere una mano, che sappiano fermarsi davanti a chi è caduto».

Pietro, così, si trasfigura. Lui che si opponeva a che il Maestro gli lavasse i piedi, incomincia «a capire che la vera grandezza passa per il farsi piccoli e servitori. Che pedagogia quella di nostro Signore!

Dal gesto profetico di Gesù alla Chiesa profetica che, lavata dal proprio peccato, non ha paura di andare a servire un’umanità ferita». Un invito, spiega Bergoglio, «a passare dall’essere una Chiesa di abbattuti desolati a una Chiesa servitrice di tanti abbattuti che vivono accanto a noi. Una Chiesa capace di porsi al servizio del suo Signore nell’affamato, nel carcerato, nell’assetato, nel senzatetto, nel denudato, nel malato... Un servizio che non si identifica con l’assistenzialismo o il paternalismo, ma con la conversione del cuore». (da Vatican Insider-La Stampa)

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Foto Pignata

Il Papa con i seminaristi sardi Cari Fratelli nell’Episcopato, cari educatori e alunni!

Vi accolgo in occasione del novantesimo di fondazione del Pontificio Seminario Regionale di Sardegna. Fu il Papa Pio XI a sollecitare i Vescovi italiani, specialmente del centro-sud e delle Isole, ad accordarsi per la concentrazione dei Seminari, al fine di provvedere convenientemente all’educazione degli aspiranti al sacerdozio. Nella vostra Regione il Seminario ebbe sede dapprima a Cuglieri, insieme con la Facoltà Teologica; in seguito fu trasferito nel capoluogo. Vi saluto tutti con affetto, ad iniziare dai vostri Pastori, in particolare l’Arcivescovo di Cagliari Mons. Arrigo Miglio, che ringrazio per le sue parole.

In questa ricorrenza desidero unirmi a voi nel ren6

dere lode al Signore, che in questi anni ha accompagnato con la sua grazia la vita di tanti sacerdoti formati in questa importante istituzione educativa, dedicata al Sacro Cuore di Gesù. Essa ha dato alla Chiesa numerosi ministri impegnati nelle vostre Chiese locali, nella missione ad gentes e in altri servizi alla Chiesa universale. Possa questa circostanza commemorativa dare nuovo impulso alla pastorale vocazionale, alla formazione aggiornata e accurata dei candidati all’Ordine sacro, a beneficio del popolo di Dio. Cari Seminaristi, vi state preparando per essere un domani operai nella messe del Signore, sacerdoti che sappiano lavorare insieme, anche tra diocesi diverse. Questo è particolarmente prezioso per una il serrano n. 143

vita della chiesa regione come la Sardegna, intrisa di fede e di tradizioni religiose cristiane, e che necessita, anche a motivo della condizione di insularità, di una cura speciale delle relazioni tra le diverse comunità diocesane. Le odierne povertà materiali e spirituali rendono ancora più importante quello che sempre è stato richiesto, cioè che i pastori siano attenti ai poveri, capaci di stare con loro, con uno stile di vita semplice, affinché i poveri sentano che le nostre chiese sono in primo luogo la loro casa. Vi incoraggio a prepararvi fin d’ora a diventare preti della gente e per la gente, non dominatori del gregge a voi affidato (cfr 1Pt 5,3), ma servitori. C’è tanto bisogno di uomini di Dio che guardino all’essenziale, che conducano una vita sobria e trasparente, senza nostalgie del passato ma capaci di guardare in avanti secondo la sana tradizione della Chiesa.

In questi anni di preparazione al ministero ordinato, state vivendo un momento speciale e irripetibile della vostra vita. Possiate essere sempre più consapevoli della grazia che il Signore vi ha concesso facendo risuonare in voi l’invito a lasciare tutto e a seguirlo, a stare con Lui per essere inviati a predicare (cfr Mt 4,19-20; Mc 3,14). In voi, in modo particolare, sono riposte le speranze della Chiesa che è in Sardegna! I vostri Vescovi vi seguono con affetto e trepidazione, contando tanto su di voi e sul vostro proposito di conformarvi a Gesù Buon Pastore per il bene e la santità delle comunità cristiane della vostra regione. Camminate con gioia, tenacia e serietà in questo percorso di formazione, per assumere la forma di vita apostolica, che sappia rispondere alle odierne esigenze dell’evangelizzazione.

Il Seminario, prima e più ancora che un’istituzione funzionale all’acquisizione di competenze teologiche e pastorali e luogo di vita comune e di studio, è una vera e propria esperienza ecclesiale, una singolare comunità di discepoli missionari, chiamati a seguire da vicino il Signore Gesù, a stare con Lui giorno e notte, a condividere il mistero della sua Croce e Risurrezione, ad esporsi alla Parola e allo Spirito, per verificare e far maturare i tratti specifici della sequela apostolica. Sin da ora, sia vostra cura prepararvi adeguatamente ad assumere una scelta libera e irrevocabile di fedeltà totale a Cristo, alla sua Chiesa e alla vostra vocazione e missione.

Il Seminario è la scuola di questa fedeltà, che si apprende prima di tutto nella preghiera, particolarmente in quella liturgica. In questo tempo si coltiva l’amicizia con Gesù, centrata nell’Eucaristia e aliGennaio/Marzo 2018

mentata dalla contemplazione e dallo studio della Sacra Scrittura. Non si può esercitare bene il ministero, se non si vive in unione con Cristo. Senza di Lui non possiamo far nulla (cfr Gv 15,5).

Nel cammino del Seminario è decisivo il ruolo dei formatori: la qualità del presbiterio dipende in buona parte dall’impegno dei responsabili della formazione. Essi sono chiamati a operare con rettitudine e saggezza per lo sviluppo di personalità coerenti ed equilibrate, in grado di assumere validamente, per poi compiere responsabilmente, la missione presbiterale. In questa delicata opera formativa, anche il vostro Seminario svolge un servizio indispensabile alle Diocesi, favorendo la qualità della formazione del clero e la comunione tra le Chiese.

Vi affido tutti alla materna protezione di Nostra Signora di Bonaria. Per esperienza posso dirvi che il Seminario è un momento privilegiato in cui si sperimenta questa amorevole presenza della Madonna nella nostra vita. Ella veglia sempre con amore premuroso su ognuno di voi. È Madre vostra. A Maria ricorrete spesso e con fiducia. A tutti voi assicuro la mia preghiera e la mia benedizione. E per favore, vi chiedo di pregare per me.

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vita della chiesa

Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni

Il messaggio del Santo Padre Francesco di Maria Pia Palombella

T

ra le figure di riferimento che hanno contribuito e dato impulso alla istituzione della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni (GMPV), la Chiesa si richiama a Sant’Annibale Maria di Francia, fondatore della “Congregazione dei Rogazionisti”, definito da Papa Giovanni Paolo II “Autentico anticipatore e zelante maestro della Pastorale Vocazionale”, e al Beato Manuel Domingo y Sol, fondatore della “Fraternità dei sacerdoti operai diocesani”, definito dallo stesso Giovanni Paolo II “Santo Apostolo delle Vocazioni”.

E furono proprio le Riviste “Rogato Ergo” nel 1951 ed “Ecclesia” nel 1952, che si ispiravano ai due fondatori, che presero l’iniziativa di proporre la creazione della “Giornata per le Vocazioni”.

Una richiesta che, dopo una serie di studi, seminari e altri coinvolgimenti, fu accolta nel 1962 da Papa Giovanni XXIII, che la istituì soltanto per l’Italia come “Giornata Nazionale per le Vocazioni Ecclesiastiche”.

Risale, invece, a Papa Paolo VI l’estensione a tutto il mondo cattolico della “Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni”, che fu istituita ufficialmente il 23 gennaio 1964.

La prima GMPV fu celebrata il 12 aprile 1964.

Da allora le GMPV si celebrano la IV domenica dopo Pasqua, nota come “Domenica del Buon Pastore”.

Nel 2017, la GMPV ha avuto per tema “Pregate, dunque, il Signore della messe, che mandi operai nella sua messe” e la sede scelta dell’Ufficio della CEI per la celebrazione è stata la Puglia. La cerimonia conclusiva si è svolta a Molfetta con il raduno dei seminaristi pugliesi e delle Comunità religiose di formazione, con la celebrazione della S. Messa, trasmessa in diretta RAI e un momento di festa presso il 8

Seminario regionale, con una nutrita presenza di serrani pugliesi.

ASCOLTARE, DISCERNERE E VIVERE LA CHIAMATA DEL SIGNORE. È questo, invece, il tema del messaggio di Papa Francesco per la 55^ Giornata Mondiale di

il serrano n. 143

vita della chiesa Preghiera per le Vocazioni, in programma a Perugia il 22 aprile 2018. Tre parole chiave, che il Santo Padre indica a Vescovi, Sacerdoti, Consacrati e fedeli per essere in grado di portare a compimento la propria missione. “Questi tre aspetti, ascolto, discernimento e vita - è riportato nel messaggio - fanno da cornice all’inizio della missione di Gesù, il quale, dopo giorni di preghiera e di lotta nel deserto, visita la sua Sinagoga a Nazareth e qui si mette in ascolto della Parola, discerne il contenuto della missione affidatagli dal Padre e annuncia di essere venuto a realizzarla “oggi”.

Ascoltare, perché “la chiamata del Signore viene in modo silenzioso e discreto, senza imporsi alla nostra libertà”. È una chiamata, quindi, che non presenta l’evidenza delle cose che si possono sentire, vedere e toccare, ma che può essere avvertita soltanto se si è predisposti a non restare chiusi in sé stessi, a proporsi all’ascolto profondo della Parola, a leggere gli eventi con gli occhi della fede e a mantenersi aperti alle sorprese dello Spirito. A similitudine di Gesù, anch’Egli chiamato, quando raccolto nel silen-

Gennaio/Marzo 2018

zio ha ascoltato e letto la Parola con la forza dello Spirito Santo e ne ha spiegato in pienezza il significato. Tutto questo è oggi ancora più difficile perché, immersi in una società rumorosa che crea spesso confusione e dispersione interiore, non consente di operare un fecondo discernimento. “Ma, come sappiamo - afferma il Papa - il Regno di Dio viene senza fare rumore e senza attirare l’attenzione, ed è possibile coglierne i germi solo quando, come il profeta Elia, sappiamo entrare nelle profondità del nostro spirito, lasciando che esso sia apra all’impercettibile soffio della brezza divina”.

Discernere, perché così come Gesù, leggendo nella Sinagoga di Nazareth il passo del profeta Isaia, discerne il contenuto della missione per cui è stato inviato, allo stesso modo ognuno di noi può scoprire la sua vocazione soltanto attraverso il discernimento spirituale. Discernimento che avviene attraverso “un processo con cui la persona arriva a compiere, in dialogo con il Signore e in ascolto della voce dello Spirito, le scelte fondamentali, a partire da quella sullo stato della vita”. La vocazione cristiana ha sempre una dimensione profetica. È una testimonianza che ci è stata tramandata dalle Sacre Scritture, dove i profeti sono indicati come inviati al popolo per rivolgere, a nome di Dio, parole di conversione, di speranza e di consolazione. “Anche oggi - sono le parole del Papa - abbiamo tanto bisogno del discernimento e della profezia; di superare le tentazioni dell’ideologia e del fatalismo e di scoprire, nella relazione con il Signore, i luoghi, gli strumenti e le situazioni attraverso cui Egli chiama”.

Vivere, perché la missione è nel presente e la gioia del Vangelo, che ci apre all’incontro con Dio e con i fratelli, non può attendere le nostre lentezze e le nostre pigrizie. “La vocazione è oggi! E ciascuno di noi è chiamato alla vita laicale nel matrimonio, a quella sacerdotale nel ministero ordinato o a quella di speciale consacrazione, per diventare testimone del Signore, qui e ora”. È un presente in quanto ancora oggi il Signore continua a chiamare a vivere con Lui, ad andare dietro di Lui in una relazione di speciale vicinanza e a servirlo per farci partecipi della sua missione. “Il Signore - conclude Papa Francesco - continua oggi a chiamare a seguirlo.

Non dobbiamo aspettare di essere perfetti per rispondere al nostro generoso “eccomi”, né spaventarci dei nostri limiti e dei nostri peccati, ma accogliere con cuore aperto la voce del Signore. Ascoltarla, discernere la nostra missione personale nella Chiesa e nel mondo, e infine viverla nell’oggi che Dio ci dona”.

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vita del serra

Grazie, Eminenza

S. Em. José Saraiva Martinz con il Presidente Nazionale Manuel Costa

Saraiva Martins

di Cosimo Lasorsa

È

durato sedici anni il cammino che abbiamo percorso insieme a S. Emin.za Cardinale José Saraiva Martins nel suo incarico di Consulente Episcopale del Serra Italia.

Un cammino intenso e impegnativo, iniziato nel lontano 2002, quando il Card. Saraiva ricopriva l’eminente e importantissimo incarico di Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, e continuato anche dopo, ininterrottamente e sempre con grande partecipazione, perseveranza, disponibilità.

Un cammino lungo al servizio del Serra e delle Vocazioni, che si è ora concluso per motivi di età, ma che lascia una traccia indelebile nella storia del Serra Italia, e che ricorderemo sempre con gioia per quanto abbiamo ricevuto e per gli insegnamenti che S. Eminenza ci ha lasciato.

Ripercorrere il cammino di questi sedici anni non è facile: guida, pastore e maestro, il Card. Saraiva ha abbracciato la causa del Serra, sin dall’inizio del suo incarico, con grande senso di responsabilità, passione, costanza e assiduità, sempre presente nei momenti più importanti della nostra storia, partecipe ai nostri Congressi e tavole rotonde, alle celebrazioni liturgiche più importanti, alle manifestazioni di maggior rilievo.

Il Serra Italia, grato per il suo prezioso accompagnamento nel nostro cammino di fede e per i suoi insegnamenti cristiani, ha dedicato al Card. Saraiva 10

il serrano n. 143

un libro sul quale sono stati riportati parte dei tanti messaggi, discorsi e omelie, che S. Eminenza ha inviato e tenuto durante i nostri incontri serrani in tutti questi anni che hanno caratterizzato la sua lunga partecipazione attiva e fattiva nella nostra Associazione.

Accolto con grande commozione alla riunione del Consiglio Nazionale del 27 gennaio, parole di viva gratitudine sono state rivolte al Card. Saraiva dal Presidente Nazionale, Manuel Costa, nella cerimonia di saluto e della consegna della prima copia del libro a lui dedicato, che ha avuto luogo presso l’Hotel Ergife a Roma. Un riconoscimento e una testiGennaio/Marzo 2018

monianza per il lavoro che il Card. Saraiva ha svolto in tutti questi lunghi anni di Consulente Episcopale.

I serrani d’Italia e della Svizzera Italiana, in fraterna comunione, si uniscono al nostro Presidente Nazionale nel rinnovare al Card. Saraiva il loro profondo senso di gratitudine per come ci è stato vicino in questo percorso di vita, per la sua umanità e per come si è prodigato a favore del Serra.

Eminenza, con l’intercessione della Vergine Maria, Madre delle Vocazioni, continueremo a ricordarla nelle nostre preghiere e a non farle mancare il nostro calore, la nostra vicinanza e il nostro affetto.

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vita del serra Il Serra Italia incontra il nuovo consulente episcopale S. Ecc. Jorge Carlos Patrón Wong, arcivescovo messicano dal 2013 Segretario della Congregazione per il clero con delega per i seminari. In questa intervista ci confrontiamo con lui sullo stato di salute dei seminari e sull’attenzione del pontificato di Papa Francesco al tema delle vocazioni e al ruolo del sacerdote.

S. Ecc. Jorge Carlos Patrón Wong consulente episcopale di Serra Italia intervista di Domenico Agasso

Quanto è importante per Lei questo suo neonato 1. rapporto di amicizia, collaborazione, guida e ispirazione con il mondo dei Serra Club?

Il Serra Club svolge un servizio vocazionale prezioso, offerto da laici impegnati che accompagnano i seminaristi e i sacerdoti nel loro cammino. Come ha avuto modo di dire Papa Francesco, il serrano è un amico speciale posto accanto a chi ha ricevuto la vocazione sacerdotale; nello spirito della comunione, che contraddistingue ogni opera e attività della Chiesa, mi sento perciò arricchito da questa amicizia e dalla collaborazione che ne è nata.

Qual è lo stato di salute della realtà dei semina2. ri?

Quali sono i punti di forza e di che cosa hanno più bisogno oggi?

Se parliamo di stato di salute dobbiamo necessariamente dire che la situazione cambia a seconda dei contesti ecclesiali e culturali; vi sono Paesi in cui la prassi formativa si è ormai ben strutturata con programmi e contenuti definiti, ma soprattutto in cui essa è sostenuta dall’azione corale dei Pastori e dei formatori. In altre realtà, invece, le cose sono in via di definizione e non mancano le sfide. In generale, però, direi che il punto di forza dei Seminari di oggi è rappresentato dall’idea stessa di comunità formativa; anche grazie agli approfondimenti degli ultimi anni, infatti, sia i formatori che i candidati hanno un approccio nuovo alla vita del Seminario e riescono a renderlo un luogo di comunione, di fraternità e di interiorità. Non ci si limita a “vivere insieme”, superare qualche esame e coltivare solo il proprio cammino, ma si è disponibili a percorrere insieme la strada sacerdotale, a pensare, progettare e vivere un piano formativo comune, a dialogare 12

e operare un continuo discernimento. Penso che di questo hanno soprattutto bisogno i Seminari: che venga superata un’impostazione esclusivamente intellettuale o normativa, che rischia di far intendere la formazione come qualcosa di esterno alla persona, e che, invece, siano invece spazi di crescita umana e spirituale, di spiritualità e di autentico discernimento. sono gli aspetti più incisivi del pontificato 3. diQuali Francesco sul tema vocazioni?

Papa Francesco parla molto ai seminaristi e ai preti sulla vita sacerdotale. Lo fa anzitutto con l’esempio, vivendo il proprio ministero come un Pastore in mezzo al popolo e testimoniando un grande zelo apostolico. Quando parla della vocazione sacerdotale, il Papa si preoccupa anzitutto che venga esercitato, a ogni livello, un serio e attento discernimento, nella selezione iniziale dei candidati, così come lungo il cammino di Seminario. Al riguardo, insiste spesso sull’importanza della maturità umana e di un sano equilibrio psico-affettivo dei futuri presbiteri, su cui non bisogna mai abbassare la guardia.

S. Ecc. Jorge Carlos Patrón Wong

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vita del serra A ciò si aggiunga che Papa Francesco invita chi è in cammino per diventare prete a tenere fisso lo sguardo su Gesù e sul Suo ministero, per imparare la disponibilità a lasciarsi sorprendere dallo Spirito, a vincere la tentazione della rigidità e dell’autoreferenzialità e, soprattutto, a non cedere alla seduzione del potere e della carriera. Come Gesù, infatti, siamo chiamati a servire e non a essere serviti.

Qual è il tipo ideale di parroco di cui più c’è 4. bisogno?

Forse l’immagine usata da Papa Francesco della Chiesa come “ospedale da campo”, ci aiuta a situare bene un possibile identikit del pastore e del parroco.

Se osserviamo l’odierna situazione, soprattutto nei Paesi di antica tradizione cristiana, vediamo come ci troviamo dinanzi a un panorama nuovo; le persone, anche se si sono allontanate dalla fede, conservano sia un sentimento religioso tradizionale che qualche piccolo rudimento della fede, che magari hanno imparato da bambini. Esse, perciò, non hanno primariamente bisogno di chiarezza dottrinale, informazioni e nozioni sulla fede o norme morali di comportamento, ma, invece, di essere risvegliate alo stupore di un incontro con il Vangelo. Hanno bisogno, cioè, di una Chiesa che soprattutto attraverso la figura dei pastori si faccia loro vicina, vada loro incontro, diventi compagna nel cammino e, con misericordia e amore, si prenda cura delle tante ferite che segnano l’esistenza quotidiana. C’è bisogno di preti così: che sappiano scegliere la via della vicinanza, dell’incontro, dell’accompagnamento e che abbiano un cuore inclusivo, misericordioso e largo, che possa condurre le persone a una relazione personale con Cristo, fonte di rinnovamento della vita e di speranza. Tutto il resto verrà di conseguenza.

Quali sono i tre consigli o indicazioni o sugge5. rimenti che vorrebbe dare ai giovani e giovanissimi che vivono gli anni dell’inquietudine adolescenziale, dell’incertezza e della precarietà del presente e del futuro, del pessimismo dominante, e che spesso cadono nella tentazione della mondanità con cui magari tentano di riempire un vuoto?

Per prima cosa, riprendendo Papa Francesco, direi “non aver paura dell’inquietudine”. C’è un’inquietudine positiva, perché ci spinge a cercare semGennaio/Marzo 2018

pre, a non accomodarci nelle abitudini, a non sentirci appagati. L’affascinante nostalgia di Dio, di felicità e di vita che ci portiamo dentro, e che soprattutto i più giovani avvertono, è un dono dello Spirito, che ci rende inquieti cercatori di significato. E, solo così, la vita diventa un’avventura che possiamo scoprire in profondità, gustandone la bellezza.

Il secondo consiglio è “fare il poco di ogni giorno con costanza e pazienza”. I più giovani, si sa, sognano molto in grande; ma in un tempo per certi versi difficile e precario, l’impossibilità di vedere realizzarsi grandi progetti rischia di gettare il cuore nello scoraggiamento e nella resa; invece, forse soprattutto chi è più giovane, deve imparare la pazienza del camminare ogni giorno. A piccoli passi si possono fare grandi cose e, per quanto il futuro appare incerto, invece che proiettarsi in una realtà che non esiste o restare fermi a lamentarsi, è meglio fare bene le piccole cose di ogni giorno, viverle con passione e dedizione. Il resto, arriverà.

Il terzo consiglio è “restare svegli”. La tentazione di riempire il vuoto e di fuggire le fatiche della vita attraverso rischiosi surrogati di felicità è sempre in agguato; i ragazzi e i giovani hanno bisogno di un cuore attento, di discernere ciò che è vero cibo per la vita e ciò che, invece, è pane che non sfama. In fondo, anche la vita spirituale, la preghiera e l’ascolto del Vangelo servono, soprattutto ai più giovani, per diventare vigilanti e critici dinanzi al fiume quotidiano di messaggi, informazioni, inviti e seduzioni che tutti riceviamo, in modo da poter guardare le cose da un’altra prospettiva e imparare a scegliere sempre il bene, per noi e per gli altri.

Tornando al Papa, Le chiedo: qual è il bene 6. principale che sta dando alla Chiesa? E all’umanità?

Certamente, Papa Francesco ci sta aiutando a essere una “Chiesa in uscita”, cioè a rimettere al centro l’evangelizzazione e la missione, che ci portano fuori dalle sicurezze del Tempio e ci proiettano senza paura verso il mondo e verso la vita delle persone.

Il suo Magistero, poi, è particolarmente attento alle questioni che riguardano la salvaguardia integrale della dignità umana, soprattutto quella dei più poveri e fragili; in tal senso, egli offre all’umanità intera un messaggio di giustizia, di pace e di solidarietà utile a tutti gli uomini di buona volontà che si impegnano per la costruzione di un mondo migliore.

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vita del serra

Enrico Mori

Presidente eletto di Serra Italia Redazione

U

n nome e una garanzia. Sarà Enrico Mori, attuale Governatore del Distretto 71 della Toscana Nord, il Presidente Nazionale del Serra Italia per il biennio 2018-2020.

L’annuncio ufficiale, dato dall’attuale Presidente Manuel Costa, nel corso del Consiglio Nazionale a Roma, il 27 gennaio scorso, è stato accolto con uno scrosciante applauso, a testimonianza del prestigio che Enrico Mori gode nella nostra Comunità serrana.

Una conferma nel segno della continuità, la scelta giusta al momento giusto per portare il Serra Nazionale a livelli sempre più alti, sulla scia dei Presidenti che l’hanno preceduto: un incarico prestigioso, ma anche difficile e impegnativo, in un momento storico particolarmente delicato per le Vocazioni.

Chi è Enrico Mori. È sicuramente un volto noto ai serrani. Nato a Pontremoli (MS) il 15 agosto 1963, Enrico Mori è diplomato in Ragioneria e svolge attività autonoma in materia di consulenza del lavoro e di assicurazioni. Iscritto al Serra Club di Pontremoli nel 2007, ha ricoperto l’incarico di Presidente per quattro anni,

dal 2012 al 2016. Governatore del Distretto 71 della Toscana Nord dal 2016, è componente anche della Fondazione Beato Junipero Serra, in qualità di revisore dei conti. In possesso di una solida preparazione professionale e manageriale nei processi che caratterizzano le attività gestionali sotto il profilo economico, giuridico, organizzativo e contabile, Enrico Mori è componente del Consiglio di Amministrazione dell’Ente per le Opere di Religione e di Culto ex Diocesi di Pontremoli, del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto di Sostentamento del Clero della Diocesi di Massa Carrara e Pontremoli, e del Consiglio degli Affari Economici e Consiglio Pastorale della Cattedrale di Pontremoli. È, inoltre, Vice Priore della Confraternita di San Nicolò, Amministratore del settimanale diocesano “Il Corriere Apuano” e Tesoriere della A.S.D. Polisportiva Pontremolese in cui ha militato per venti anni come giocatore di basket. È secondo Vice Presidente dei Lions Club di Pontremoli - Lunigiana.

Enrico Mori, sarà certamente in grado di rappresentare in pieno l’unità della nostra Associazione, di interpretare più che degnamente il suo ruolo di

E nato a Pontremoli (MS) il 15 agosto 1963. Sposato con Patrizia Rossi; • È un lavoratore autonomo e si occupa di consulenza del lavoro e di assicurazioni; • È iscritto al Serra Club Pontremoli-Lunigiana nel 2007 ed è stato Presidente nel biennio 2010/2011 - 2011/2012; • È stato V.P. alle Estensione del mio Distretto per il biennio 2012/2014 - 2014/2016, dal 1° luglio 2016 è il Governatore; • Fa parte, in qualità di revisore dei conti, della Fondazione BJ Serra; • Fa parte del Consiglio di Amministrazione dell'Ente per le Opere di Religione e di Culto ex Diocesi di Pontremoli; • Fa parte del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto di Sostentamento del Clero della Diocesi di Massa Carrara - Pontremoli; • Fa parte del Consiglio degli Affari Economici e del Consiglio Pastorale della Concattedrale di Pontremoli; • È vice priore della Confraternità di S. Nicolò; • È amministratore del settimanale diocesano “Il Corriere Apuano”; • È tesoriere della A.S.D. Polisportiva Pontremolese in cui ho militato per 20 anni come giocatore di basket; • È socio del Lions Club Pontremoli-Lunigiana dove ricopre la carica di 2° Vice Presidente.

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vita del serra Presidente Nazionale tra continuità e innovazione, di rispondere alle attese dei serrani d’Italia con l’accortezza e l’attenzione che l’incarico richiede, ma anche con il necessario coraggio.

Lo accogliamo con entusiasmo come nostro massimo rappresentante e guida per i prossimi due anni, quello stesso entusiasmo, ma anche di fiducia, che hanno sempre caratterizzato ogni cambio di Presidenza.

Unanimemente e con grande affetto, ci stringiamo intorno a Enrico Mori, e gli rivolgiamo i nostri più fervidi auguri, con il classico “in bocca al lupo”, per una Presidenza proficua e ricca di iniziative che, ne siamo assolutamente certi, sapranno essere la migliore applicazione pratica sul territorio del nostro “service” serrano.

Concorso Scolastico

vita del serra

L’Aquila Genova

A e la chiusura dell’anno sociale

di C. L.

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ono L’Aquila e Genova le città prescelte per la chiusura dell’anno sociale: a L’Aquila, dall’11 al 13 maggio, con il terzo Consiglio Nazionale, dopo quelli di Lido di Camaiore e di Roma, e a Genova, dal 15 al 17 giugno, con il Congresso Nazionale, che si concluderà con il passaggio di consegne tra Presidente Manuel Costa e il Presidente Eletto, Enrico Mori.

Due eventi di grande interesse e ricchi di impegno e di contenuti, per concludere, nel migliore dei modi e sotto il segno dell’amicizia serrana, il biennio della Presidenza Costa, caratterizzato da innovazioni ed avvenimenti importanti, che avremo modo di riepilogare a conclusione dell’anno sociale.

Il Consiglio Nazionale de L’Aquila si aprirà all’insegna del confronto e del dibattito aperto, soprattutto con i Governatori, sui maggiori problemi che interessano il Serra Nazionale, sotto i diversi aspetti della gestione dei Club e sulle iniziative in atto per l’estensione dei soci e la valorizzazione dei giovani.

L’aspetto più significativo sarà rappresentato dalla premiazione dei vincitori del Concorso Scolastico di questo anno sociale, al quale hanno preso parte studenti di tutte le Scuole d’Italia. Due le tracce alle quali gli studenti che hanno partecipato al Concorso hanno dovuto rispondere.

Per la Scuola Secondaria di I e II grado: Ciascuno di noi è chiamato a costruire un suo progetto di vita, con il coraggio del navigatore alla ricerca del proprio orizzonte. Papa Francesco invita a usare armonicamente l’intelletto, il cuore e le mani, e cioè il nostro pensare, il sentire e il fare. Come pensi di mettere in pratica questo invito?

Per la Scuola Primaria: Descrivi il tuo progetto di vita per il futuro, le tue aspirazioni, i tuoi ideali.

Due tracce ben calibrate e interessanti, che hanno come fattore comune il progetto di vita per i giovani.

Per gli studenti più adulti con l’invito che Papa Francesco ha loro rivolto in occasione dell’incontro con i ragazzi cresimandi allo stadio di San Siro a 16

Milano il 25 marzo 2017. Oggi i nostri giovani hanno bisogno di essere guidati, ma di avere anche i loro spazi per allargare i loro orizzonti, per iniziare a provare nuove emozioni nel loro percorso adolescenziale, che li avvicina alla maturità. Di qui la necessità, richiamata da Papa Francesco, di “offrire ai nostri ragazzi la possibilità di una crescita armonica a livello non solo personale, ma al tempo stesso sociale”. Perché oggi, come ha fatto sempre presente il Santo Padre, i giovani vogliono essere protagonisti ed è ben preciso compito della società di aiutarli a diventare veri protagonisti della loro vita, orientandoli

vita del serra nel loro cammino, ma dando, nello stesso tempo, gli strumenti per sviluppare liberamente la loro crescita.

Da questi studenti delle Scuole Secondarie ci si aspetta, con lo svolgimento del primo tema, come mettere a frutto l’educazione che viene loro data e gli insegnamenti che la Scuola propone, ma anche come andare incontro all’esortazione del Santo Padre a usare l’intelletto, il cuore e le mani, e cioè l’agire, affinché il loro progetto di vita possa realizzarsi e concretizzarsi.

Per i più piccini, la traccia lascia spazio alla fantasia di allargarsi nei loro sogni per diventare “grandi” e artefici di altrettante grandi imprese. Un tema che affascina perché spinge i bambini a immedesimarsi nei loro “eroi” di riferimento, ad iniziare dai genitori, con un a personalità tutta loro, che non é altro se non l’inizio della vita impegnata nella prospettiva del futuro, e di come questo futuro si presenterà durante la loro crescita.

Alla premiazione dei vincitori del Concorso Nazionale, si unirà anche quello dei vincitori a livello locale del Serra Club de L’Aquila.

Il programma del Congresso Nazionale di

Genova prevede, invece, uno svolgimento molto particolare e più articolato, caratterizzato dalla partecipazione di numerosi ospiti della Chiesa, delle Università e della stampa, di alto valore religioso, scientifico e sociale, che hanno aderito all’invito del Presidente Nazionale.

Ad iniziare dal dott. Marco Bucci, Sindaco di Genova e Presidente dell’ANCI in Liguria, che porgerà il saluto della città ligure al Congresso.

A seguire, un video saluto di S. E. Jorge Carlos Patron Wong, Arcivescovo messicano e Segretario della Congregazione del Clero con delega ai Seminari, che è il nuovo Consulente Episcopale del Serra International Italia.

Quindi una serie di interventi di alto valore culturale, con la prof.ssa Maria G. Figoli, docente universitaria, su “Introduzione alle origine di Genova”, di Don Michele Gianola, Direttore Nazionale per la Pastorale delle Vocazioni, su “Vocazioni e Cultura: nuovi linguaggi”, e del prof. Marco Rondonotti, Sacerdote della Diocesi di Novara e docente in Scienze dell’educazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, su “Linguaggi Web”.

La giornata del sabato, 16 giugno, si aprirà con la preghiera iniziale di Don Claudio Fasulo, responsabile del Servizio diocesano della Pastorale giovanile di Sanremo.

Seguiranno un intervento di saluto del dott.

Domenico Agasso, giornalista del quotidiano “La Stampa” e Vice Coordinatore dell’organo di informazione multimediale “Vatican Insider”, che è il nuovo Direttore responsabile della Rivista ”Il Serrano”, e gli interventi di Padre Francesco Cavallini, gesuita genovese particolarmente impegnato con i giovani su “I giovani e la Vocazione”, e della dott.ssa Monica Mondo, autrice e conduttrice di TV 2000 su “Esperienze di Comunicazione”.

Dopo le relazioni dei Governatori dei Distretti su “Iniziative di “nuovi linguaggi”: il linguaggio del “fare sapiente” e la presentazione del “Service Giovani” del Serra Club di Sanremo, si avvicenderanno la prof.ssa Rosangela Lodigiani, docente presso l’Università Cattolica di Milano, su “ Il lavoro come linguaggio all’epoca della rivoluzione digitale” e il Presidente Nazionale del Serra Italia, dott. Emanuele Costa su “Lo stato del Serra”.

Il Congresso si concluderà domenica 17 giugno con la S. Messa solenne, presieduta da S. Emin.za Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo metropolita di Genova, e una visita turistica di Genova Antica.

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vita del serra

A Nashville la Convention del Serra International Redazione

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arà Nashville, in Tennessee, Usa, la sede della 76a Convention del Serra International.

Situata sulle sponde del fiume Cumberland nella Contea di Davidson, Nashville, oltre che capitale del Tennessee, è anche uno dei centri più importanti negli USA come tempio della musica, tanto da essere conosciuta come “Music City”.

L’evento si svolgerà probabilmente dal 27 giugno al 1 luglio 2018, presso il “The Inn at Opryland,

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hotel di prima classe a solo 7 miglia dall’aeroporto e “Home of Country Music” degli Stati Uniti.

Una Convention ancora in fase di allestimento, con un programma ancora da definire, ma che si preannuncia di grande interesse, e che vedrà alternati momenti dedicati all’ascolto di illustri relatori, ad attività culturali, alle celebrazioni liturgiche e alla musica country.

Tra gli oratori, sicura la presenza di S. Eminenza Cardinale Thomas Collins, Arcivescovo di Toronto, e del Rev.mo James Peter Sartain, Arcivescovo di Seattle, città cara ai serrani di tutto il mondo perché culla del nostro movimento. il serrano n. 143

Miccoli e Crovara nel Serra International

vita del serra

di M. P. P.

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aranno due i delegati del Serra Italia che entreranno a far parte del Consiglio d’Amministrazione Internazionale (Inter- national Board) del Serra International. Sono, rispettivamente, Giuseppe Miccoli, attuale Presidente del Serra Club di Ferrara, che assumerà l’incarico di Vice Presidente Internazionale, e Marco Crovara, attuale Vice Presidente alla Commissione Programmi, come Trustee.

Due nomi di veri serrani, chiamati a rappresentare il Serra Italia in campo internazionale con compiti di altissimo livello e di grande responsabilità, che non faranno mancare il loro valido contributo, come punto di riferimento ed espressione dei valori comuni per contribuire all’indispensabile processo di crescita e sviluppo della nostra missione serrana. Due figure di spicco, ben note ai serrani, professionalmente molto qualificati, che hanno già operato e continuano ad operare nel Serra Nazionale, oltre che in campo sociale e religioso, che poteranno prestigio al Serra Italia.

Laureato in Fisica all’Università di Ferrara, Giuseppe Miccoli è Primo Ricercatore presso l’Istituto IMAMOTER - C.N.R., Consiglio Nazionale delle Ricerche a Ferrara. Entrato a far parte del Serra Club di Ferrara nel 2004, ha ricoperto l’incarico di Presidente nel biennio 2006-2008, e, quindi, di Governatore del Distretto 76 Emilia Romagna nel biennio 2010-2012. Dal 2011 al 2012 è stato anche Presidente del Forum San Maurelio, sodalizio consortile che annovera sei Associazioni cattoliche, tra le quali i Serra Club di Ferrara e di Pomposa. Ha, inoltre, già avuto esperienza in campo internazionale come Membro di Serra International Nominating Committee per tre anni da 2012 al 2015, come Trustee del Serra International Board per un altro triennio 2015 al 2018, e come Membro del Serra International ‘Ad Hoc’ Membership Dues Committee nel 2017-2018. Dal 2017 è nuovamente Presidente del Serra Club di Ferrara. Nelle organizzazioni cattoliche è stato Cooperatore dell’Opus Dei, Membro dell’Associazione Alleanza Cattolica, Membro dell’Ufficio Pastorale per il Laicato della Diocesi di Ferrara-Comacchio e, presso la stessa Diocesi, Ministro Straordinario per l’Eucarestia.

Diplomato presso l’Istituto Tecnico per Geometri, Marco Crovara è un esperto nel settore delle costruzioni edili. È titolare di un master nazionale per la gestione e la bonifica dell’amianto. Dirigente e procuratore speciale presso importanti Ditte in Italia e all’estero, svolge anche attività di consulenza e partecipa alla realizzazione di opere di edilizia civile, in qualità di Giuseppe Miccoli socio di alcune società immobiliari. È, inoltre, Direttore tecnico di una Società di costruzioni francese. Già Presidente del Serra Club di Sanremo e Governatore del Distretto 70 Liguria, Lombardia e Svizzera, dal 2002 è membro del Consiglio Nazionale Italiano del Serra (CNIS), dove, tra i vari incarichi, ha ricoperto, per due mandati, quello di Vice Presidente alla Commissione Programmi e creato la Scuola di Formazione Serrana. È stato, inoltre, Presidente del Lions Club di Sanremo Host, dell’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti (UCID), dell’Associazione Amici dell’Orchestra sinfonica di Sanremo e della Liguria, oltre che promotore di importanti eventi, a scopo benefico, nel campo della prosa, della musica e delle arti figurative.

Giuseppe Miccoli e Marco Crovara entreranno nelle loro cariche dopo l’approvazione Marco Crovara dell’Assemblea, che si riunirà a Nashville, in Tennessee, in occasione della prossima Convention Internazionale, che avrà luogo, dal 27 giugno al 1 luglio 2018.

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Giovani... cercatori in cammino di Anna Limongelli

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l titolo di questo articolo è stato ripreso dalla copertina della Rivista dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale delle Vocazioni, edizione novembre-dicembre 2017, posto al di sotto di quello primario di riferimento “In cammino verso il Sinodo dei Giovani”.

Un tema, quello dei giovani, sempre più di attualità e sempre più all’attenzione di Papa Francesco e della Chiesa cattolica, che è stato affrontato, sotto i diversi aspetti, da ben cinque illustri relatori, che si invita caldamente a leggere.

Al fine di andare incontro a chi non avrà la possibilità di leggere la Rivista, mi soffermerò, con una brevissima sintesi, a riportare il pensiero dei relatori che hanno approfondito questo argomento, quanto mai delicato e di attualità.

Nel suo editoriale, in apertura della Rivista, che ha per titolo “A chi ascolta sarà dato ancora di più”, con chiaro richiamo all’Evangelista Marco, Don Michele Gianola, Direttore dell’UNPV, affronta il tema partendo dalle parole pronunciate da Papa Francesco nel discorso ai partecipanti al Convegno promosso dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale delle Vocazioni del 5 gennaio 2017: “Se vogliamo vocazioni: porta aperta, preghiera e stare inchiodati alla sedia. I giovani possano dire: Sì, sono stato con il parroco, con il prete, con la suora, con il presidente dell’Azione Cattolica e mi ha ascoltato come se non avesse niente da fare”. Con i giovani, è così, afferma Don Michele Gianola. Stare accanto a loro e prestare il tempo all’ascolto è un esercizio che spiazza, disorienta, pone in fecondo disequilibrio perché si tratta di intuire l’opera che il Signore sta tessendo in ciascuno di loro, con loro. Ascoltare, discernere, accompagnare l’opera che lo Spirito ha già iniziato nel cuore dei giovani, conclude don Michele Gianola, assomiglia a un gioco di enigmistica: è come stare davanti alla propria vicenda e alla storia dell’altro come per unire i puntini in un tracciato ancora non del tutto chiaro, ma del quale si può 20

intuire il senso, facendone memoria. La vocazione nasce così, come vedendo l’invisibile (cf Eb 11,8).

Giuseppe De Virgilio, Docente di Sacra Scrittura alla Pontificia Università della Santa Croce e Coordinatore del gruppo redazionale di “Vocazioni”, così titola la sua riflessione sui giovani: “Che cosa cercate? (Gv 1,38): sulle orme del discepolo AMATO”.

Partendo dal tema del XV Sinodo dei Vescovi, che ha come tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, il Prof. De Virgilio afferma che si tratta di un evento che si colloca nel cammino odierno della Chiesa universale e mette in luce il ruolo del mondo giovanile, che è allo stesso tempo soggetto e destinatario della proposta evangelica. L’icona scelta per il cammino del Sinodo, continua l’autore, è l’immagine giovannea del “discepolo amato”, e, senza entrare nel merito dell’identificazione di questa figura giovannea, focalizza la sua attenzione sull’itinerario teologico narrativo del quarto Vangelo , e segnatamente sul motivo del “discernimento vocazionale” che caratterizza l’esistenza del discepolo. Il discepolo, per il Prof. De Virgilio, è chi decide di mettersi volontariamente alla sequela di un Maestro, imparando da lui e condividendone vita e ideali. Il discepolato è designato dal verbo “seguire”, andare dietro a qualcuno”. Si diventa discepoli e apostoli di Cristo non per attitudini intellettuali, né per status sociale o diritto ereditario, ma per aver ricevuto una chiamata alla sequela. Più che una dottrina, il discepolato è un’esperienza di uomini e di donne pienamente coinvolti in una relazione amicale con Gesù-servo, che costituiscono la “nuova famiglia” della Chiesa che ha come fondamento vitale l’amore.

Nella sua relazione “Giovani: “sdraiati” o “affamati? Le SCELTE fondamentali nell’epoca dell’INCERTEZZA”, Giacomo Costa, Direttore della Rivista “Aggiornamenti Sociali”, parte dalla constatazione della situazione dei giovani di oggi, spesso disorientati, indecisi, volubili, inconsistenti, incapaci di impegnarsi e il serrano n. 143

testimonianze di arrivare a un risultato, o magari, con il titolo di un libro di successo, “sdraiati”. La scommessa del prossimo Sinodo, è il pensiero dell’autore, è che il discernimento costituisca uno strumento particolarmente adatto al contesto in cui ci troviamo. Che la nostra sia una società del cambiamento è un luogo comune. Questo produce una situazione di instabilità, di fatica a prevedere, quindi, a decidere e, a livello del vissuto individuale, il risultato è spesso descritto come incertezza o insicurezza.

Alcune indagini evidenziano, peraltro, come i giovani sembrino poter gestire abbastanza bene l’incertezza, mentre sono soprattutto i genitori ad essere angosciati dall’insicurezza. Quando mancano le mappe, conclude il Direttore Costa, per non perdersi occorre affidarsi alla bussola. Se l’obiettivo è trovare la propria strada, l’ago della bussola non può che essere il desiderio di pienezza che ciascun essere umano porta dentro di sé, perché gli é stato messo dentro dal suo Creatore. È quel desiderio che provoca inquietudine, irrequietezza, che spinge a cercare fino a che non incontra ciò a cui tendeva. Non è una dottrina, ma un sapere pratico che si affina con l’esercizio. Richiede di agire, di provare, assumendo il rischio di sbagliare: come insegna Papa Francesco, si sbaglia di più rimanendo fermi.

“Chi non RISCHIA non CAMMINA”, è invece, il titolo della relazione di Beppe M. Roggia, Professore straordinario di Pedagogia vocazionale all’Università Pontificia Salesiana. Una disamina duplice: sulla religione, che si è via via trasformata in un fenomeno culturale e sociale più che essere un fatto di adesione personale convinta, e sulle giovani generazioni tra cui si avverte una vistosa interruzione generazionale della fede.

Soprattutto di giovani che stanno imparando a vivere senza Gesù del Vangelo e senza la Chiesa, che crescono troppo in fretta perché giocano sulla autoreferenzialità, con un senso di onnipotenza. Cosa fare allora?

Occorre, spiega il relatore, saper leggere i segni dei tempi e guardare all’apertura oltre sé stessi e verso l’altro perché alla stagnazione c’è solo una alternativa: generare. Ma tra l’esigenza di essere generativi e il decidere rimane una zona rossa a rischio, il rischio del mistero. Ed è qui che si gioca il mistero profondo dell’essere umano e della sua dignità, che rende bella la vita. Si diventa coraggiosi artigiani del futuro, perché davanti a sé si vedono solo orizzonti e quindi la paura del fallire non prende mai il sopravvento per paralizzare l’esistenza nelle acque chete della stagnazione. I giovani sono stufi di essere considerati una categoria svantaggiata, destinatari passivi di programmi politici, sociali, economici ed ecclesiali promossi da altri con spazi troppo limitati e pochi stimoli utili per loro. Occorre svegliare la loro disponibilità alla partecipazione da protagoGennaio/Marzo 2018

nisti, sostiene il Prof. Roggia, e promuovere le capacità personali con l’ambizione di portare il proprio contributo unico al servizio di un solido progetto di umanità.

Rossano Sala, Docente straordinario di Pastorale Giovanile all’Università Pontificia Salesiana e Direttore della Rivista “Note di pastorale giovanile”, titola la sua relazione “Il LIEVITO nella pasta. L’anima vocazionale della pastorale”. Partendo da un brano della prima lettera ai Corinzi: “Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta?”, l’autore intravede nel richiamo rivolto dalle Conferenze Episcopali a Papa Francesco di convocare il prossimo Sinodo sul tema delle nuove generazioni, la fatica epocale che la Chiesa sta vivendo nel compito permanente di generare alla fede i nuovi arrivati. Il tema del Sinodo: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” non è un titolo “giovanilistico”, né “ecclesiastico”, ma per molti aspetti assai profetico. Al centro, infatti, è posta la fede, intesa, da una parte, come modo specifico di cogliere la realtà giovanile e, dall’altra, di assumere lo stile esatto per poter accompagnare i giovani nel loro discernimento vocazionale. È quindi normale, sostiene il Prof. Sala, pensare, prima di tutto, che lo sguardo ecclesiastico sul mondo giovanile debba essere “uno sguardo di fede”, che si specifica come sguardo pastorale, cioè finalizzato ad accompagnare ciascuno di loro verso la vita piena e abbondante che solo il Vangelo di Gesù è in grado di offrire: uno sguardo di amore, di condivisione, di empatia, di compassione, di speranza e di dedizione. Dalla vita di fede, che genera sensibilità credente, prende forma, quindi, una visione vocazionale della vita dell’uomo, della sua chiamata alla fede e del suo invito al discepolato. È quindi decisivo riaffermare il nesso tra sensibilità credente e antropologia vocazionale: proprio la vita di fede, che affronta le sue radici nelle esperienze del figlio Gesù, ci fa scoprire la nostra provenienza dall’amore di un Dio che crea per l’alleanza, che chiama per la comunione.

Concludo con una nostra considerazione. Con il Sinodo dei giovani, la Chiesa si mette in ascolto, perché al centro del Sinodo Papa Francesco ha voluto dare voce alle speranze dei giovani di questa generazione. Una missione alla quale il Pontefice sta invitando tutte le Chiese locali perché, sono parole di Papa Francesco: “Chiamare la Curia, i Vescovi e tutta la Chiesa a portare una speciale attenzione ai giovani non vuol dire guardare soltanto a loro, ma anche a mettere a fuoco un tema nodale per un complesso di relazioni e di urgenze: i rapporti intergenerazionali, la famiglia, gli ambiti della pastorale, la vita sociale”.

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La vocazione di Matteo: una nuova creazione

«Articolo pubblicato sulla rivista “Vocazioni” n. 1/2017»

Testo biblico In quel tempo. Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

L’artista

Mt 9, 9-13

È quasi impossibile ripercorrere in breve la vita e l’attività pittorica del Caravaggio tanto grande e complessa è la sua figura. Qui ci limiteremo a fare riferimenti storico-artistici che riguardano prevalentemente l’opera presa in considerazione. La vocazione di San Matteo.

Siamo in pieno periodo della Controriforma, movi22

p. Antonio Genziani

mento interno alla Chiesa cattolica che si contrappone alla riforma protestante. Caravaggio giunge a Roma, diventata il centro delle attività artistiche di quel tempo; è l’inizio della sua formidabile ascesa.

L’aristocrazia romana affidava incarichi ad artisti noti per dipingere le pareti di ville e chiese ed era anche l’occasione, per giovani di talento, di mettersi in mostra per diventare famosi e ricchi. Il cardinal Del Monte, intellettuale raffinato, conoscitore delle arti, fu suo generoso mecenate e affidò al Caravaggio, come primo incarico, la “Vocazione di San Matteo” nella chiesa di San Luigi dei Francesi.

Caravaggio aveva una forte consapevolezza di sé come credente ma anche come peccatore.

Conosciamo la sua vita sregolata e piena di eccessi.

Era quello che oggi potremmo definire un tipo “borderline”, frequentatore di bische, osterie e personaggi poco raccomandabili. In lui, accanto al carattere passionale, emergeva la figura di uomo dotto, non solo informato dai suoi committenti ma profondamente consapevole del pensiero teologico del suo tempo, contrassegnato dalla Controriforma, rinnovamento della Chiesa che portava ad approfondire il forte legame tra i peccatori e Gesù. Nella tela Cara- vagil serrano n. 143

cultura gio vuole narrare questo incontro mettendo in risalto la figura di Matteo il pubblicano, un pubblico peccatore, in cui probabilmente si identificava.

Quest’opera rappresenta un segno della sua maturità, un passaggio nell’approfondimento della realtà e in cui la luce, in un gioco di chiari e scuri, luci e ombre, assume un ruolo importante.

zando l’immediatezza del gesto andando oltre la semplice descrizione anatomica; si può dire che questi gesti parlano, interpellano, provocano e, allo stesso tempo, quietano l’animo, rasserenano e, perché no, incoraggiano a una sequela.

L’opera

La luce è la protagonista dell’opera, il taglio di luce divide in due la tela, fa emergere dal buio i personaggi e le poche suppellettili che sono in questa stanza. È una luce soprannaturale che viene dall’esterno, da destra, viene da Dio. Il primo personaggio a essere illuminato è proprio Gesù il cui volto risalta ben visibile. Il fascio di luce squarcia le tenebre in cui sono avvolti tutti i personaggi, li illumina. Alcuni sono abbagliati da questa luce, altri continuano a badare ai propri interessi nell’indifferenza. Si può rimanere indifferenti a essa? Eppure quella luce li fa esistere: la luce che irrompe nella stanza è la grazia divina, la forza creatrice, è la nuova creazione, ma non per tutti.

Al Caravaggio sono sufficienti i pochi versetti del Vangelo per comporre questo quadro. Ne La vocazione di San Matteo, la narrazione è infatti molto scarna, sobria. È Matteo che ritorna con la memoria a quell’incontro che è rimasto indelebile nel suo cuore; come si sa, chi scrive di sé stesso ricorda e riporta ciò che è essenziale.

L’ambientazione è un’osteria della Roma del seicento, che il pittore amava frequentare. Come in un’istantanea, il Caravaggio rappresenta Matteo, seduto al banco delle imposte, raggiunto dallo sguardo e dalla chiamata di Gesù; non si alza, è colto nel momento dello stupore e dell’incredulità.

Caratteristica di Caravaggio è il realismo, rappresenta, infatti, i suoi personaggi vivi e veri, sorpresi nella quotidianità, nell’ordinaria banalità. Da molti critici è tacciato di essere blasfemo perché ritrae i Santi, i personaggi sacri, nelle vesti di comuni mortali ispirati dalla realtà, prendendo i modelli nei luoghi che frequentava, mettendo in evidenza l’importanza della realtà, della storia, e un Dio che non ha paura di coinvolgersi negli avvenimenti degli uomini.

Gesù si è incarnato, ha assunto la condizione umana per condividere la vita di ogni uomo e per donare salvezza. Caravaggio mostra che Dio si può incontrare ovunque e che la chiamata può giungere anche nella più misera storia, quella di un pubblicano. È interessante vedere che i personaggi a destra, Pietro e Gesù, sono vestiti all’antica, come ai tempi di Gesù, mentre gli altri sono vestiti come nella Roma del seicento. Questa maniera di rappresentare e rendere attuale un avvenimento del passato è caratteristica di Caravaggio e raggiunge il suo culmine nell’attualizzazione della chiamata di Matteo. Dio chiama ogni uomo in ogni tempo e in ogni luogo. Con Lui ogni uomo è destinatario di questa chiamata, anche i peccatori più incalliti, e ogni luogo è adatto alla chiamata, anche una bettola.

Inoltre mi piace evidenziare la gestualità del Caravaggio, la capacità di esprimersi con i gesti, di raffigurare parti del corpo: il braccio, le mani valorizGennaio/Marzo 2018

La luce

Gesù Chi si sarebbe mai sognato di coprire il corpo di Gesù in questo modo? Anche qui possiamo osservare tutto l’estro del Caravaggio; sono visibili il volto illuminato e il braccio con la mano che indica, il volto e il braccio, le uniche parti del corpo visibili, lasciano solo immaginare il suo corpo.

Il corpo di Gesù è nascosto dalla persona in primo piano, Pietro. Non ci sfugge il significato che il Caravaggio vuole dare a questo particolare; Pietro rappresenta la Chiesa che rende presente il corpo di Gesù e che imita timidamente il suo gesto, con minore intensità. Dal volto di Gesù traspaiono i lineamenti di un giovane uomo. Ciò che colpisce è lo sguardo deciso, pieno di forza, come se volesse rivelare tutta la grazia, piena di fiducia, che proviene da quella luce.

Dalla bocca di Gesù sembra risuonare l’invito che fa a Matteo: “seguimi”. Lo dice con amore ma anche con molta fermezza e la sua parola si tramuta nel gesto della mano. Le parole e i gesti di Gesù hanno la capacità di esprimersi con efficacia.

La mano creatrice Il fascio di luce illumina il volto di Gesù, il suo braccio, la sua mano e raggiunge il viso di Matteo che è completamente avvolto dalla luce di grazia. La luce ha una direzione ben precisa, è consapevole, sa chi vuole raggiungere. Qui l’artista ha dato prova di tutta la sua maestria.

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cultura Nel suo lungo soggiorno a Roma, il Caravaggio ha sicuramente visitato la cappella Sistina ed è rimasto affascinato dalla mano “creatrice” dell’Eterno Padre che crea Adamo. Caravaggio ha rivisitato questo mirabile gesto creatore unendolo alla luce. La creazione dell’uomo e la creazione della luce sono un tutt’uno per lui. È la mano di Gesù che ri-crea Matteo e la sua chiamata a una vita nuova è la nuova creazione.

Quello di Gesù non è un gesto che giudica, che condanna il peccatore. Il dito che indica è un invito ad accogliere la sua proposta, a scoprire il suo amore nel rispetto della libertà di chi ha consapevolezza, nella scelta, di accettare o meno il dono di Dio.

Pietro Pietro appare come un uomo maturo, con i capelli bianchi, la barba, un po’ incurvato, forse sente il peso di una grande responsabilità.

Pietro è colto nella sua dinamicità, cammina con il bastone, la gamba in avanti mi fa pensare a una Chiesa che cammina in uscita da sé stessa, che va alle periferie, non tanto fisiche ma dell’esistenza, immagine richiamata spesso da Papa Francesco.

Una Chiesa in uscita, che va alle periferie, nei sobborghi, tra i peccatori. Una Chiesa povera che porta con sé l’indispensabile, il mantello e il bastone, Pietro mi fa ricordare tutto questo: il ministero Pietrino di Papa Francesco.

Pietro, tra noi e Cristo, rappresenta la Chiesa che trova il proprio significato riconoscendosi nel Corpo di Cristo, assumendone e ripetendone segni e azioni che spesso, nella sua posizione istituzionale, hanno sminuito o nascosto la figura, la presenza, ma non il volto vero, l’essenza di Cristo che è sempre ben visibile e “illuminato”. Il gesto della mano di Pietro, che ripropone quello di Gesù, ci dice che è Gesù stesso che chiama attraverso la Chiesa, è la consacrazione della sua presenza nel tempo e nella storia.

Matteo Matteo è al centro del gruppo dei gabellieri ed è l’unico consapevole di ciò che sta avvenendo. Gli altri due sono illuminati ma i loro volti esprimono passività, incomprensione. Seppur raggiunti dalla luce non dimostrano alcun coinvolgimento…

Matteo è stupito, incredulo, sembra dire “ma sono proprio io quello che cerchi e che chiami? O e l’altro, quello al mio fianco destro? Sono un pubblicano, 24

un pubblico peccatore, ti stai sbagliando non posso essere io…!”. La mano sinistra sembra indicare sé stesso, quasi a rimarcare la sua incredulità, ma è ambiguo e sposta tutta l’attenzione sull’altro.

Lo colpisce un senso di inadeguatezza, di sfiducia, si sente incapace di essere il destinatario di tutta questa luce, di questa grazia che lo sta investendo.

Matteo è colto nel momento e lo sguardo sospeso, che si prolunga nel tempo, è la risposta allo sguardo di Gesù. È disorientato, i suoi occhi raccontano stupore, meraviglia, incredulità, ma anche un po’ di sconcerto…

Sembra ritrarsi con tutto il corpo alla chiamata di Gesù. Sotto il tavolo si vedono infatti le sue gambe, in avanti rispetto al busto, che tendono ad arretrare; ha paura, questo invito è troppo grande per lui.

I gabellieri I quattro gabellieri che sono a destra e a sinistra di Matteo rappresentano le età della vita: un adolescente, un giovane, un adulto e un anziano; Gesù chiama a tutte le età.

Ma esaminiamoli più attentamente. Quelli a destra sono illuminati dalla luce; i loro sguardi sono infatti rivolti verso Gesù e Pietro. Uno in primo piano, con le spalle all’osservatore, di profilo, è colto nel movimento repentino di afferrare con la mano sinistra la spada come per difendersi, è sorpreso e un po’ spaventato; l’altro è sbalordito, non reagisce.

Gli altri, a sinistra, sono gli unici a non accorgersi di ciò che sta accadendo anche se la luce li investe. Sono talmente ripiegati sui propri interessi che sono incapaci di qualsiasi reazione. Contano i denari, indifferenti a ciò che succede, indifferenti a Gesù, alla luce, alla vita.

La finestra Una stanza che non accoglie luce, neanche dall’unica finestra dai vetri offuscati, e personaggi il serrano n. 143

cultura destinati a vivere nelle tenebre mettono ancora più in risalto questa luce soprannaturale. La finestra al centro è segno del mistero della croce di Gesù che, nella bettola, sembra velata e svelata allo stesso tempo. Chi non si nasconde alla Croce è destinato, nella scelta della vocazione, a subire l’incomprensione, il rifiuto, l’oltraggio, la persecuzione che ogni scelta porta con sé. Chi segue Gesù deve riprodurre in sé l’itinerario di sequela percorso dal maestro. Con “La vocazione di San Matteo” il Caravaggio ci invita a partecipare alla scena, a scegliere di essere illuminati dalla luce o di rimanere nelle tenebre… E noi in chi ci identifichiamo?

Riflessioni e approccio vocazionale La vocazione: una nuova creazione Il racconto evangelico di Matteo è un’appassionante pagina autobiografica in cui ci parla della sua esperienza, del suo incontro con Gesù; è il modo migliore per parlare della propria vocazione e, pensate, lo fa circa trenta anni dopo l’avvenimento.

Gesù non chiama tra i suoi discepoli gente colta, istruita, i teologi, gli scribi del suo tempo. Al contrario, chiama gente semplice, che lavora; chiama addirittura un pubblicano, un pubblico peccatore. Questo è un aspetto molto importante della chiamata.

Ogni persona chiamata sperimenta un senso di inadeguatezza, di indegnità, di incapacità rispetto al compito affidato perché ciò che deve emergere non è tanto la capacità del singolo ma la grazia del Signore. Nulla è impossibile alla Sua grazia, non c’è situazione di vita che non possa aprirsi al Suo invito, non c’è professione che sia inconciliabile con la Sua chiamata o peccato che non possa essere vinto dal Suo amore.

Per rispondere alla chiamata che Dio rivolge non bisogna essere perfetti, senza macchia. È l’incontro con il Signore che trasforma. Il Vangelo della chiamata di Matteo sovverte tutti questi nostri ragionamenti e ci sorprende perché Gesù sceglie proprio tra i peccatori e della peggiore specie.

Il particolare della luce e della mano “creatrice” che chiama Matteo mi porta a considerare la vocazione come creazione che dona una nuova vita, una trasformazione dell’esistenza che ogni chiamato può sperimentare su di sé. “Seguimi” è l’inizio dell’incontro con Gesù che porta inevitabilmente a una converGennaio/Marzo 2018

sione radicale dell’esistenza, un venire di nuovo alla luce, una nuova nascita in cui il chiamato sperimenta un nuovo modo di essere.

Come Dio durante la creazione dà nome a tutte le cose e le chiama all’esistenza, con la sua chiamata Gesù fa riscoprire quell’identità originaria, l’essere a immagine e somiglianza di Dio nell’amore. Infatti è grazie allo sguardo di amore che Matteo sperimenta di essere profondamente amato e si lascia amare per realizzare il progetto che il Creatore ha su ognuno di noi, la sua chiamata ci svela e ci ri-vela a Dio. Allora, come Dio ha creato Adamo, il primo uomo, così chiama ogni uomo, in Gesù, alla sua sequela.

La vocazione offre una vita nuova, una nuova identità e solo chi ascolterà e risponderà alla chiamata del Signore potrà realizzarsi in una nuova creazione. Gesù chiama perché “vede” in Matteo, il suo sguardo arriva al cuore e trasforma la vita di Matteo; per lui niente sarà più come prima.

La luce che entra nel quadro avvolge, trasforma e anche l’osservatore del dipinto viene “illuminato”, sta a lui scegliere se alzarsi dal tavolo e seguire Gesù o se rimanere indifferente, al buio, ignorare il suo sguardo, la sua mano, e rifiutare la luce della sua grazia, la possibilità di scelta che ha offerto a ognuno di noi.

Preghiera

Matteo sei chiamato ad una nuova creazione perché hai accolto l’invito di Gesù.

Questa chiamata ti ha sorpreso e sei proprio stupito che Dio chiami proprio te un pubblicano della peggiore specie.

Signore, chiama anche ciascuno di noi, illuminaci con la tua grazia e sarà anche per noi una nuova creazione.

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notizie e iniziative

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Palermo 5 43

Il Distretto 77 incontra S.E.R. Mons. Patrón Wong

Nella splendida cornice della casa diocesana di Baida, intitolata al card. Pappalardo che fondò il primo Serra Club di Sicilia, si è svolto lo scorso 10 marzo un incontro del Distretto 77, moderato dalla Governatrice Maria Lo Presti. Relatori sono stati il biblistadon Carmelo Raspa e S.E. mons. Patrón Wong, recentemente nominato consulente episcopale del Serra Italia. L’incontro, che ha visto la partecipazione dell’arcivescovo di Palermo mons. Corrado Lorefice e del Presidente nazionale del Serra Club Manuel Costa, si è svolto in un clima di grande familiarità e comunione, come se tutti ci si conoscesse da sempre. Complice nel creare un ambiente caloroso è stato il bel sole di Sicilia, di cui il Presidente Costa, sorridendo della nostra incapacità di essere in orario – a differenza della sua Lugano – ha potuto godere sin dal mattino, proprio grazie al ritardo di tanti dei partecipanti.

Nella relazione dal titolo “Parole dell’uomo Parola di Dio”, don Carmelo Raspa è partito dall’ ascolto della Parolaper arrivare all’ascolto dell’altro. La Parola ci raggiunge, ci muove, ci rigenera continuamente e, nelle Scritture, entra nelle pieghe della storia dell’uomo, accettando di compromettersi con il linguaggio umano. Nelle Scritture Dio vive con l’uomo, cammina i suoi stessi cammini, si lascia dire dall’uomo per come l’uomo può comprenderlo. È un Dio che non è geloso dei successi della Sua creatura, anzi spinge l’uomo a essere adulto, a camminare nella storia con le proprie gambe, assumendosi la responsabilità anche dei propri errori. Nel frattempo, Dio impara ad ascoltare l’uomo, per poterlo amare nel suo bisogno concreto. Alla fine la Bibbia ha un solo comandamento, ascoltare, perché ascoltare è amare. Solo quando impari ad ascoltare il linguaggio dell’altro, impari ad amarlo.

Mons. Patrón Wong, nella relazione dal titolo “Sempre avanti: il coraggio della vocazione”, ha sottolineato che se la vita non si converte in una vocazione, non c’è autentica comprensione del Vangelo. È importante che i giovani vivano in un ambiente di fede genuina, fattiva, positiva, testimoniale, perché solo così saranno portati a mettersi in reale ascolto del Signore e a chiedersi quale sia il progetto di Dio per la loro vita. Il Serra Club, attraverso la gratuità dell’apostolato al servizio delle vocazioni e la capacità di trasmettere un’energia positiva in mezzo a tante correnti negative, dà una grande testimonianza di fede. La sfida, oggi, è quella di rinnovarsi, di imparare nuovi linguaggi, di aprirsi alle novità che possono venire dalla presenza di persone più giovani, che avranno diverse modalità di approccio e una diversa sensibilità. Non bisogna aver timore di perdere il controllo e di cambiare eventualmente il proprio modo di pensare. Come amava dire il missionario fra Junipero Serra, bisogna andare e guardare “sempre avanti”!

Anche il tema dell’anno, evidenziato dal Presidente Manuel Costa, “Nuovi gesti e nuovi linguaggi per chiamanti e per chiamati”, sottolinea la necessità di guardare avanti, assumendo gesti e linguaggi rinnovati per poter arrivare al cuore di una società in perenne trasformazione. Del resto, è la preoccupazione che oggi mostra di avere la Chiesa, dal momento che ha indetto un Sinodo per mettersi in ascolto dei giovani e rileggersi attraverso gli occhi delle nuove generazioni.

La giornata si è conclusa con un bel dono fatto ai relatori dalla Governatrice distrettuale, un’icona di san Junipero Serra. Vuole quasi essere un invito, sulla scia di quanto operato dal santo missionario, a continuare umilmente e instancabilmente a lavorare per amore di Dio e degli uomini, a mettersi in cammino per le strade del mondo andando “Sempre avanti”!

Marina Rando

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dai club e distretti

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Esperienze di un Vescovo con i giovani

G e n o v a P e g li

Lunedì 12 Febbraio, al meeting del Serra Club di Genova Pegli ha partecipato il Vescovo Emerito della Diocesi di Tortona Mons. Martino Canessa, grande amico del Serra. Ha parlato delle “esperienze di un Vescovo con i giovani.” Momenti fondamentali per la formazione cristiana dei giovani sono il Catechismo, meglio se svolto da catechiste mamme e la Cresima, che, a suo parere, dovrebbe essere amministrata all’inizio della terza media, superando così il periodo estivo viste le difficoltà a riprendere i collegamenti dopo il catechismo e la fase delicata di passaggio all’adolescenza con le sue problematiche. Ha fissato tre punti importanti per la formazione dei giovani: frequentare la scuola, capire che la vita è un “servizio,” incominciando già da adolescenti a prepararsi a servire in famiglia, poi in Parrocchia; avere il senso del rispetto verso il prossimo, specie verso genitori e i più deboli. È importante mantenere i contatti con i ragazzi dopo la Cresima, affidando loro qualche servizio, ad esempio: servizio all’altare, letture, canto, riordino della Chiesa, raccolta delle offerte. Vi sono Sacerdoti molto capaci a rapportarsi con i giovani ed è dovere del Vescovo accompagnarli in questo non facile compito. Ha ricordato un Prete della Diocesi di Tortona che si prese l’impegno di trascorrere molto tempo con i ragazzi, pranzando con loro dopo la scuola, d’accordo con i genitori. Il sabato sera metteva a disposizione la Parrocchia come punto di riferimento. La cena condivisa consente di incontrare individualmente i ragazzi, favorendo l’amicizia, la possibilità della “riconciliazione” ed eventualmente salvando alcuni da situazioni che possono essere pericolose. Anche la preghiera vespertina o serale insieme ai giovani rappresenta una opportunità per la loro formazione cristiana. La strada per entrare nella vita dei giovani è il “Dono di sé” e i giovani apprezzano questo. Il Vescovo deve sempre appoggiare, proteggere e difendere questi Preti “che sono un dono del Signore,” ha sottolineato Mons. Canessa, e ogni tanto fare loro visita. Molti giovani papà e mamme, che hanno fatto un cammino di formazione e di preghiera, accolti con affetto dal Prete, sanno rendersi disponibili malgrado gli impegni quotidiani e collaborano con i loro Sacerdoti. Ai Preti in sintonia con i giovani bisogna affidare la “Pastorale giovanile.” Con questi giovani si possono fare esperienze forti, inserendoli in contesti di vita pratica come nel servizio sociale e nella Pubblica Assistenza, nelle case di Riposo o in visita agli anziani della Parrocchia. Nel periodo adolescenziale, sarebbe opportuno anche avviarli a “corsi di affettività” tenuti da professionisti capaci e cristiani in grado di aiutarli e dare loro giuste risposte in questa fase delicata della vita. Il Vescovo è vicino ai Preti e ai giovani con il proprio sostegno e ha il compito di aiutarli ad affrontare qualsiasi realtà diocesana dove ambientarsi serenamente. Personalmente, ha detto, si è sempre reso disponibile ad incontrare i giovani, per stimolarli a “vivere bene la vita di Parrocchia, ma senza pretendere di trovare sempre lo stesso ambiente in altri luoghi.“ Una grande risorsa è la Casa Alpina dove i giovani trascorrono insieme un periodo estivo. Altre risorse sono le Associazioni per il trasporto dei malati in pellegrinaggio e lo scoutismo e anche la scuola. Sono momenti importanti di formazione e di crescita spirituale, in cui i giovani imparano veramente a servire e intrecciano rapporti di amicizia al di fuori della Parrocchia. Qui possono nascere delle vocazioni. Il Vescovo, da parte sua, deve essere sempre presente per aiutare, proteggere difendere i suoi Preti e seguire i giovani nel loro percorso religioso spirituale.

Lidia Pistarino

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dai club e distretti

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Un impegno per la città fra le inziative del Serra Club

Il Serra club, insieme con numerosi altri club service della città di Taranto, ha organizzato un focus sul Palazzo degli Uffici , vanto e cahier de doleance della nostra città. Nel Salone della Provincia pieno all’inverosimile l’architetto Augusto Ressa, funzionario della Soprintendenza, e l’ing. Gianfranco Tonti dello Studio START, hanno parlato del passato e del presente del vasto edificio che occupa, silente, il centro del Borgo. Entrambi si occupano da oltre vent’anni del manufatto, lo hanno studiato da punti di vista diversi, tante volte hanno lavorato e sperato che tornasse a vivere.

L’architetto Ressa ha fatto una breve sintesi della sua storia. Iniziato alla fine del ‘700 per volontà di Fernando IV di Borbone, che lo destinò ad orfanatrofio, il Palazzo non conserva nulla della primitiva fase, se non la planimetria, ma è sotto la guida dell’architetto Conversano, che si delinea la sua forma attuale con i grandi cortili interni. Dopo l’Unità d’Italia, dal lato di Porta Lecce, nella campagna punteggiata da conventi e ville si affacciò la mole del Palazzo degli Uffici, in asse col ponte girevole e con il Palazzo di Città, a dividere simmetricamente la pianificazione ortogonale della città umbertina. Dell’architettura di fine secolo il palazzo è un’ottima sintesi, il punto di riferimento di due piazze e di due grandi vie che segnano l’ossatura planimetrica del Borgo. Oggi, privato della copertura che conteneva amianto, appena riparato dalle piogge da teli di plastica, si va perdendo lentamente e distruggendo sotto gli occhi di una città indifferente.

La società civile si è mossa per riportare l’attenzione su uno dei simboli della nostra storia recente. La città non è solo

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Una cornice per i “Martedì Letterari”

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Abbiamo creato una cornice.

Fresca, semplice, ricavata da una “materia” elementare: i nostri giovani.

Al Teatro dell’Opera del Casinò abbiamo vissuto un pomeriggio di alta cultura immersi nell’arte medievale. Ci ha condotti Il Prof. Fulvio Cervini, titolare della cattedra di Storia dell’Arte Medievale e Tutela dei Beni Culturali all’Università di Firenze. Ha presentato il suo lavoro: “La prospettiva di Brunelleschi : quaranta buone ragioni per studiare l’arte medievale”. Un invito ad intraprendere fruttuosamente un viaggio in quel tempo per conoscerne la sua arte, la sua cultura, indispensabili per capire il passato, muoverci nel presente e progettare il nostro futuro. Le quaranta buone ragioni rappresentano un punto di vista sul Medioevo, un avvicinamento a una civiltà creativa e sfaccettata nonostante il pensiero, senso comune, che talvolta lo vuole gretto ed oscuro. Ma quando, poi, si tratta delle opere d’arte del nostro territorio ecco apparire la cornice: il “Gruppo Giovani” del Serra Club Sanremo. Il Prof. Cervini illustra tre capolavori custoditi nel Convento dei Domenicani a Taggia. Tre polittici del Brea e del Canavesio: il “Battesimo di Gesù”, la “Madonna della Misericordia” e “Gesù e la Madonna”.

Aurora, Fabiana, Giulia, Virginia, Filippo e Lorenzo eseguono brani di musica del tempo, leggono brevi passi di testi sacri, di testimonianze, di preghiera (Don Tonino Bello, Giovanni Paolo II, Madre Teresa di Calcutta, il Vangeli di Luca, etc.) e proiettano diapositive. Hanno compiuto un percorso di preparazione minuzioso. Studiato le opere ed il loro significato e provato per settimane le musiche ed i testi. La “piccola” Aurora, tredicenne di Imperia, è la sola ad avere qualche esperienza pubblica suonando il flauto traverso in alcune orchestre giovanili del ponente ligure

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dai club e distretti di amministratori dimentichi e di imprese necessariamente impegnate a far quadrare i conti, è anche di una civitas capace di mettere in moto un’economia circolare fatta di strategie condivise a favore del bene comune. Il Serra Club con i suoi soci in prima fila per sostenere il recupero del manufatto e le prospettive ci sono come ha spieato l’ing. Gianfranco Tonti.

Dal 1994 ad oggi numerosi sono stati i tentativi di dare al Palazzo degli Uffici nuove destinazioni e nuova vita ma fra lungaggini burocratiche e aggiudicazioni d’asta Comune e Provincia si sono sempre arenate in continui contenziosi. Arriviamo all’oggi. I due Enti insieme sono riusciti a portare sul tavolo del CIS il progetto di ristrutturazione del Palazzo degli Uffici e finalmente ci si adopera per trovare le risorse. Non poche per un edificio la cui volumetria corrisponde ad Palazzo degli Uffici un palazzo di 9 piani sulla base di 3 campi da calcio.

Uno spazio enorme che consentirebbe di riportare al suo interno il mitico Liceo Archita, la Biblioteca-emeroteca, ma anche uffici, negozi, caffetterie e roof garden per renderlo vivo di giorno ma anche di sera. Uno spazio urbano capace di conservare la memoria ma anche di autosostenersi. Che resti del suo colore rosso pompeiano o si ritocchi di bianco, poco importa. Il progetto c’è, la volontà ritorna, se non si interrompe la presente sinergia fra le Istituzioni, il mondo economico e la società civile, forse in tempi contenuti potremmo vedere il Palazzo degli Uffici tornare in vita.

MS

ed avendo vinto recentemente un concorso internazionale a Biot, Francia.

Le altre ragazze e ragazzi provengono tutti dal Liceo Cassini di Sanremo e sono appassionati di prosa e fotografia ed è la prima volta che si presentano in pubblico. È stato un vero successo sia per il pubblico che ha molto gradito che per gli addetti ai lavori.

Il “Gruppo Giovani” è un service culturale che il Serra Club organizza attraverso i club italiani nell’ambito della cultura cristiana. Sono giovani che si riuniscono intorno ad un loro hobby, ad una passione per creare eventi ad alto livello nell’ambito cittadino e oggi pomeriggio ne abbiamo avuto un chiaro esempio. La Dott.ssa Marzia Taruffi, capo ufficio stampa del Casinò, oltre che a ringraziare il Prof. Fulvio Cervini per la sua opera, ha voluto ricordare i responsabili di questo gruppo che vanno dalla presidente del Serra Club Sanremo, Oriana Ragazzo, a Luciano Leone, Franco La Sacra, Marco Bottini, Don Claudio Fasulo, cappellano del Serra Club Sanremo, e Marco Crovara, ideatore del service e vice presidente nazionale programmi del Serra.

Marco Crovara

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Firenze 51

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Nuovo rapporto fra cittadini e istituzioni

«Papa Francesco, attraverso l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, ci infonde lo spirito ed il coraggio necessari per avviare una nuova stagione nel rapporto tra cittadini ed istituzioni. Il Santo Padre ci richiama ad una chiara responsabilità progettuale nell’oggi per il domani, la mancata assunzione della quale può perfino essere vista come un peccato di omissione nei confronti della società. Un laicato cristianamente ispirato dovrebbe avvertire una speciale vocazione in questo senso, ricordando che “nessuno mette vino nuovo in otri vecchi” (Luca 5, 37)». Con queste parole Leonardo Bianchi – docente di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Firenze, vicepresidente nazionale di Collegamento Sociale Cristiano - Amici di Supplemento d’anima e referente dei Gruppi di Dottrina Sociale della Chiesa per la Toscana – è intervenuto all’incontro organizzato dal Serra Club Firenze sul tema “Per un nuovo umanesimo in Cristo Gesù nostra Pasqua. Una chiave di lettura pubblicistica alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa”.

Bianchi ha posto l’accento sul bisogno di una riflessione storico-spirituale relativa all’ordinamento costituzionale al fine di «affermare il riconoscimento di una concezione del diritto non come comando che si impone su di una platea di destinatari passivi, ma piuttosto come ordinamento di una civiltà. Va ricostituito nella comunità un tessuto connettivo di etica civile e pubblica condivisa per rigenerare un’attività sia imprenditoriale che istituzionale all’altezza di un genuino spirito di servizio al bene comune, centrato sul lavoro. L’articolo 1 della Costituzione esprime il cosiddetto principio lavorista quale fondamento della stessa forma democratica. Ad osservare le trasformazioni nel mondo del lavoro, sembra di trovarsi in presenza di un regresso materiale e spirituale con un aumento delle disuguaglianze sociali».

«Sancire il diritto al lavoro – ha proseguito – esprime un imperativo costituzionale, morale e civile: questo favorisce, giustifica e richiede interventi statali nell’economia per raggiungere la piena occupazione, in un quadro di programmi legislativi e di controllo sull’iniziativa privata, per indirizzarla a fini sociali, come prevede il comma 3 dell’articolo 41 della Costituzione».

Quindi ha sottolineato che «è fondamentale lavorare sul versante dell’etica d’impresa. È essenziale il diritto del lavoratore ad una retribuzione adeguata rispetto alle prestazioni svolte e congrua per vivere un’esistenza dignitosa. La distorsione specifica è legata ad una situazione di disuguaglianza di fatto che legittima ed anzi esige interventi correttivi da parte statale in base al comma 2 dell’articolo 3 della Costituzione. È tutto l’assetto del mondo del lavoro e dell’impresa che va riprofilato in una prospettiva di attuazione della Costituzione economica, una cui parte troppo ampia e significativa è ancora sostanzialmente inattuata, anche per motivi legati ad uno sviluppo delle relazioni industriali essenzialmente impostato su basi Leonardo Bianchi conflittuali e ad una sorta di “pensiero unico” che un certo modo di intendere la globalizzazione di fatto impone. Basti pensare agli extraprofitti di certe companies, sovente a detrimento di lavoratori ed utenti, o ai lussuosi stipendi accompagnati da altrettanto lussuose liquidazioni (erogate anche in caso di performance non brillanti) di un certo numero di top manager».

«Urge – ha poi asserito – l’approvazione di una legge diretta alla separazione delle banche commerciali dalle banche di investimenti, distinguendo i gruppi bancari che ora combinano insieme le funzioni delle banche commerciali, delle banche d’affari, il brokeraggio e le assicurazioni. È altresì indispensabile riportare il territorio al centro dell’intervento bancario».

Massimiliano Colelli

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Pontremol

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Testimone dell’Amore di Dio

Pensieri ed esperienze vissute il tema della relazione di suor Maria Gloria Riva, ascoltate con convincimento dal buon numero di persone presenti nel Museo diocesano di Pontremoli il 10 febbraio. Il talento per il figurativo, assecondato da una famiglia molto religiosa con radici ebraiche, la portò ragazza al liceo artistico a Milano nel tempo cruciale del ‘68, voleva fare esperienza, avere libertà di pensiero, ma si tenne fuori dai gruppi contestatori per paura, per sostegno della famiglia, cominciava a vedere il vuoto e l’incompiutezza totale di chi si rovinava con la droga. Il racconto di suor M. Gloria si è ancorato all’arte che dice i sentimenti forti dell’animo. Un volto in preda ad emozioni esprime l’ambiguità crepuscolare tra luce e tenebra, fa capire l’inconsistenza dell’io così presente nel nostro tempo. Uomini appesi come manichini di Magritte rendono bene l’esigenza di cercare se stessi, altrimenti non c’è futuro; la forza vera è quella dell’uomo che ha speranza, è conscio del suo passato attraverso la lettura dei grandi libri come la Bibbia e riflette nel silenzio. Siamo depressi perché non abbiamo identità, ma solo un superego forte senza conoscenza. La tela “La ronda dei prigionieri” di Van Gogh presenta l’uniformità di un cerchio di detenuti, ma uno, che è l’autoritratto del pittore, guarda in alto verso il sole e vede due farfalle: il cielo c’è, noi possiamo comunicare in modo autentico invece di stare a parlarci addosso in un chiacchiericcio insulso. “Il paradiso terrestre” e “L’ascesa all’Empireo” di Bosch sono due tele che raffigurano anime che guardano insieme verso la dimensione del divino e dell’eterno, non possono andare ma continuano a desiderare di farsi in Dio persone in piena dignità. Ci salverà l’amore, che fa superare ogni difficoltà e mantenere l’unione dei genitori è un gran bene, è la famiglia la prima cella dell’eternità.

La chiamata alla vita consacrata di Maria Gloria (entrata nell’ordine delle Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento sorto a inizio XIX secolo) è venuta dopo un’esperienza estrema: una sera mentre andava in discoteca col suo ragazzo è stata travolta sulle strisce pedonali e ridotta in stato di pre-morte, durante il quale vede una gran luce rivelatrice dell’insieme dell’essere, con una certezza che ora non ha più; il testamento biologico lo ritiene una menzogna perché la scienza non sa che cosa cambia, come saremo e cos’è la sofferenza. Guarita, si sente in comunicazione con se stessa nel silenzio, un bene prezioso per fare unità tra cuore e mente, per avere libertà dalle omologazioni di chi vuol diffondere parole che non dicono nulla, ci vuole invece confronto e molta serietà della parola. Un incidente grave fa capire che la morte arriva anche all’improvviso, ci rende presenti alla nostra fragilità, è una verità che converte, convoglia tutte le passioni verso esperienze vere di tensione verso l’infinito, è una verità che consola, ci rende non religiosi dentro schemi dottrinali ma credenti che Dio è bellezza, amore, giudizio che salva e giustifica.

Paola Bianchi

Seminario in festa

Siena 555

Il Governatore De Cesaris ha dato appuntamento a tutti i serrani del Distretto 171 ad Assisi presso il Pontificio Seminario Regionale Umbro Pio XI, per celebrare la festa dei seminaristi il 2 marzo scorso. L'invito è stato accolto da un buon numero di soci del nostro club che sono approdati nella bella e confortevole sede dell'incontro, ubicata proprio alle pendici del colle della cittadina di San Francesco, a mezza strada fra la Porzincola si Santa Maria degli Angeli e la Basilica del Santo.L'invito del Governatore è stato accolto anche dai Vescovi di Siena, Montepulciano,Grosseto, Assisi e Perugia, dai Rettori dei seminari della zona in cui insiste il Distretto, dai Cappelani dei Seminari interessati e naturalmente dai seminaristi, protagonisti della festa. Dopo i saluti di circostanza, è stato proiettato il filmato relativo all'udienza che Papa Francesco ha riservato ai partecipanti alla Convention del Serra tenuta a Ronma nel giugno 2017. La relazione è stata tenuta da S.E. il Cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e Presidente della Cei, sul seguente tema:"Tempo di post modernità: dal Logos al Phatos; la parola è debole, l'esperienza incisiva.Dedolezza della catechesi per i giovani".

Una riflessione ricca di analisi antropoliche e socilogiche e di indicazioni utili alla vita e alle attività delle parrocchie e del club. I contenuti del pensiero del Cardinale verranno sintetizzati in un documento di cui verrà data separata comunicazione.

Dopo i vestri la bella festa (come tutte le feste) si è conclusa a tavola con una ricca cena a base di pesce molto e gradita ed apprezzata da tutti i commensali, serviti dai bravi seminaristi.

Enzo Martinelli

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dai club e distretti

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Premio Icilio Felici

Sabato 17 Febbraio 2018 si è svolta presso la gipsoteca comunale di Cascina la cerimonia di conferimento del premio Felici: l’annuale appuntamento promosso dal Serra Club di Cascina con l’obbiettivo di mantenere viva la memoria di mons. Icilio Felici, eminente sacerdote e scrittore della diocesi di Pisa già pievano di San Casciano di Cascina, successivamente Rettore della chiesa dei Cavalieri di Santo Stefano in Pisa e primo direttore del settimanale diocesano VitaNova.

La cerimonia ha visto la partecipazione del Vice Sindaco del Comune di Cascina Dr. Dario Rollo e dell’assessore alla cultura dello stesso Comune Dr. Luca Nannipieri, i quali, ricordando come per la prima volta il comune abbia dato il proprio patrocinio alla iniziativa, hanno sottolineato il rilievo del premio in grado di arricchire la proposta culturale che l’Amministrazione comunale intende offrire alla comunità cascinese. Il Vicesindaco ha poi tratteggiato la figura di mons. Felici mettendone in risalto la figura di sacerdote animata da una accorata attività pastorale non disgiunta da un impegno civile che gli è valso nel 1960 il riconoscimento presidenziale di Commendatore al Merito della Repubblica. Il tutto accompagnato da una valente produzione letteraria chiaramente ispirata ai valori fondanti della nostra società.

L’importante riconoscimento è andato quest’anno a mons. Roberto Filippini vescovo di Pescia di cui si ricorda la sua carica di rettore del Seminario diocesano di Pisa e la cui presentazione è stata per questo demandata all’attuale rettore del Seminario don Francesco Bachi.

Il vincitore del premio, mons. Roberto Filippini è nato a Vinci nel 1948 ma praticamente cresciuto a Tirrenia ridente località costiera fra Pisa e Livorno, davanti a quel mare che campeggia in alto al suo stemma episcopale. Dopo gli studi nel Seminario arcivescovile di Pisa e all’Almo Collegio Capranica, ha ottenuto la licenza in teologia e in sacra scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e il Pontificio Istituto Biblico.

Ha svolto il suo ministero sacerdotale in varie parrocchie ed infine come cappellano del carcere circondariale Don Bosco di Pisa. Dirigente dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose Nicolò Stenone dal 1987 al 1998, ha poi ricoperto la carica di preside dello Studio Teologico Interdiocesano di Camaiore e, dal 2010, prima della nomina episcopale a Vescovo di Pescia, di nuovo quella di direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose Nicolò Stenone. Proprio la sua riconosciuta competenza teologica e di biblista concretizzatasi con la pubblicazione di libri e articoli su riviste specializzate, gli è valsa il conferimento del premio Felici.

E in attinenza a questo riconoscimento, mons. Filippini ha svolto la sua allocuzione in forma di “lectio magistralis“ sui salmi 42 e 43.

Filo conduttore della riflessione biblica è la risposta a quella che mons. Filippini ha individuato come “realtà della crisi di fede”.

Il salmo 42 si articola in due sequenze di sei versetti ciascuna per un totale di 12 versetti. I versetti 6 e 12 sono dei ritornelli che propongono uno stesso interrogativo: «perché ti rattristi anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio, ancora potrò lodarlo, Lui, salvezza del mio volto e mio Dio». Il salmo 43 si articola, invece, in 5 versetti l’ultimo dei quali ripete testualmente le parole dei versetti 6 e 12 del salmo 42.

Mons. Filippini ha però richiamato ad una errata e non esatta traduzione che, al versetto 4, recita “mentre mi dicono” invece di “mentre dicono”. Nessuno starebbe parlando al salmista! Ciò starebbe a significare che i primi sei versetti del salmo 42 indicano un conflitto tutto interiore al salmista: conflitto fra il credere e il non credere. Ed è una dimensione personale coerente con la dimensione spaziale tratteggiata nel versetto di apertura: «come la cerva anela ai corsi d’acqua». È la dimensione spaziale del deserto, di un mondo arido che sembra metaforicamente riflettere la aridità della mancanza di fede. Il versetto 6, ovvero il primo ritornello, esprimerebbe, quindi, la volontà dell’orante di darsi coraggio e di contrastare i suoi dubbi interiori.

E come frutto di questo darsi coraggio nascono ricordi rassicuranti. E cambia il paesaggio: non più il deserto ma «la terra del Giordano, dell’Ermon fino al monte Misar». Cambia anche il contrasto: non più una lotta interiore ma un contrasto esterno con coloro che dileggiano e scherniscono il credente. Il versetto 12, allora, non diventa più il ritornello che esprime una lotta interiore, ma diventa un canto di lotta incalzante con un nemico esterno.

In conclusione: un Salmo che esprime tre esperienze religiose e, contestualmente, il realismo della Bibbia.

Inizialmente un interrogativo angoscioso che è sinonimo di una crisi di fede, poi una fede ritrovata che dà coraggio nella lotta, ed infine una fede salda che anche nelle avversità ha la convinta certezza del trionfo finale di cui rendere lode a Dio: «ancora potrò lodarlo».

Un messaggio, questo, che mons. Filippini ha poi ripreso nella sua omelia durante la Santa Messa che, a conclusione della cerimoni, ha presieduto nella bellissima Pieve romanica di Santa Maria in Cascina concelebrandola col cappellano del Serra Club di Cascina Club don Paolo Paoletti e con il rettore del seminario diocesano di Pisa don Francesco Bachi.

Paolo Chiellini

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il serrano n. 143

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Catechesi esperienziale

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“Passare da una pastorale e da una catechesi cognitiva ad una pastorale e a una catechesi esperienziale”. È quanto indicato dal presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, ai partecipanti, venerdì 2 marzo ad Assisi, all’incontro del distretto 171 del Serra International. La giornata, che si è tenuta negli spazi del Pontificio Seminario regionale Umbro Pio IX, nella città del Poverello, era rivolto a vescovi, serrani, seminaristi e formatori dei Seminari delle diocesi di Assisi, Grosseto, Arezzo, Siena e Montepulciano-ChiusiPienza. Grosseto ha partecipato con una nutrita rappresentanza: il rettore del Seminario don Gian Paolo Marchetti, quattro seminaristi, Rosaria Cacciabovi De Cesaris, governatore del distretto e alcuni serrani.

Complessivamente oltre 50 i seminaristi del distretto 171 presenti. Con loro i vescovi Cetoloni; Buoncristiani (Siena); Sorrentino (Assisi); Fontana (Arezzo); Manetti (Montepulciano); il Past Presidente internazionale Dante Vannini; il presidente nazionale Manuel Costa; il governatore eletto Rita Trubbianelli; il presidente del Serra di Assisi Angelo Valentini e i rettori dei Seminari: mons. Carlo Franzoni (Assisi); don Raffaele Mennitti (Arezzo); don Antonio Canestri (Montepulciano); don Claudio Rosi (Siena). La giornata di festa, riflessione e incontro ha avuto il suo punto centrale nell’intervento del cardinale Bassetti, presidente dei Vescovi italiani e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. Un intervento denso di spunti, che si è sviluppato attorno ad una domanda: come suscitare il cambiamento di mentalità nei giovani, dal momento che proprio la conversione “è l’obiettivo di ogni proposta pastorale e vocazionale”? Bassetti non si è nascosto la difficoltà di questo compito, soprattutto oggi che “l’età giovanile in occidente – ha rilevato – si prolunga sensibilmente, mentre si allontana il tempo di quelle decisioni che rendono adulti nella vita e nella fede”. Tra queste decisioni c’è, appunto, anche la scelta vocazionale. L’annuncio cristiano non ha perso il suo fascino, è attualissimo, ma c’è la difficoltà di comprendere in che modo comunicare oggi la Parola “perché essa possa far cambiare le persone, fino a diventare determinante per le scelte di vita”. Il cardinal Bassetti ha fatto leva sul valore della parola esperienza, come “strumento” capace di incidere sulle tre dimensioni – cognitiva, operativa ed emotiva – che determinano la mentalità di una persona. L’esperienza, è dunque, la leva capace di incidere su queste tre dimensioni e così di “suscitare ed educare gli atteggiamenti”. Da qui il suo invito a passare da una pastorale cognitiva ad una esperienziale. “L’esperienza – ha rimarcato il presule – non è estranea alla Parola. La Bibbia narra dell’incontro di Dio con gli uomini attraverso il racconto delle esperienze di persone, di famiglie, di popolo.

Non è un libro di teorie, ma di esperienze”. La Parola, allora, “diventa una fondamentale chiave di lettura per cogliere il senso delle vicende personali e collettive”. Nel passato, come nell’oggi. Questo approccio esperienziale nel proporre e offrire la Parola ai giovani può, dunque, diventare la chiave per aiutarli a scoprire che cosa si muove nel loro cuore e dare una risposta adulta alla domanda, che è di tutti: che cosa ne devo fare della mia vita? Il presidente Cei ha citato, come paradigmatico, l’episodio dei discepoli di Emmaus, ricavandovi quattro parole (compagnia, catechesi, contatto, comunità), che diventano spunti, per ogni comunità cristiana, per interrogarsi su come sta vicina ai giovani, se ha la pazienza di accompagnarli, se abbiamo capito “a cosa ‘serva’ esser cristiani per essere uomini e donne pienamente?”, se la comunità nella sua interezza è soggetto di annuncio; se essa è un posto per giovani. Spunti che impegnano tutti a una riflessione accurata, soprattutto mentre la Chiesa intera si prepara al Sinodo sui giovani, dedicato proprio al tema della fede e del discernimento vocazionale.

Guglielmo Centini

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Festa dei 40 anni

Genova Nerv

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Il 2 febbraio, il Genova Nervi, con la gradita presenza di illustri ospiti e di tanti amici di altri Club liguri, ha dato vita a un’intensa serata di ringraziamento e di festa comunitaria

Serata di ringraziamento e di festa solenne, il 2 febbraio, per il Serra di Genova Nervi. Tra gli invitati, mons. Marco Doldi, Vicario generale dell’Arcidiocesi di Genova, il dott. Manuel Costa, Presidente nazionale del Serra, Presidenti e soci di Club liguri (184/Valbisagno, Pegli e Tigullio).

La Celebrazione eucaristica, presieduta da mons. Doldi e concelebrata da don Carlo Migliori, Cappellano del Nervi, e da don Luciano Masè, è stata preceduta da un pregevole concerto, eseguito dal coro, di livello internazionale, diretto dal maestro Domenico Sorrenti.

Nell’omelia, mons. Doldi ha rimarcato la felice coincidenza liturgica del “compleanno” del Serra di Nervi, nel giorno della presentazione di Gesù al tempio, quando nel tempio entra la Luce, cioè il Signore che illumina con la sua Parola. Il Vicario generale ha voluto ringraziare i Serrani per il bene compiuto, in questi 40 anni, a favore delle vocazioni, sottolineandone la vicinanza ai sacerdoti.

Nell’attuale fase storica di scarsità delle vocazioni religiose, va incoraggiata l’umile preghiera al Padre, davanti all’Eucaristia, affinchè mandi tanti “operai per la sua messe”, anche nella nostra Arcidiocesi. E quando pensiamo al futuro dei nostri figli, ha aggiunto mons. Doldi, non dobbiamo escludere, ma anzi incoraggiare, la prospettiva di un’eventuale vocazione alla vita religiosa.

Durante l’incontro conviviale, la Presidente, prof.ssa Maria Gabriella Masè, ha letto il saluto del card.

Angelo Bagnasco. Il Vescovo di Genova ha citato il Papa, il quale, alla 75.a Convention del Serra International, non ha esitato a definire il Serrano come un “amico speciale” dei sacerdoti, e il Club come “il luogo in cui cresce questa bella vocazione: essere laici amici dei preti”.

I Serrani, ha aggiunto Francesco, sostengono i religiosi con la preghiera e l’impegno apostolico, condividendone “le gioie e le stanchezze del ministero” e “possono essere per i sacerdoti come la casa di Betania”, dove Gesù trovava, presso Marta e Maria, riposo alla sua stanchezza umana.

Il dott. Francesco di Bella, socio fondatore e tuttora protagonista del Club, ha poi offerto la sua testimonianza. Con chiarezza e rigore ha ricostruito la nascita del Serra in Italia (Genova, 1959), fortemente voluta dall’indimenticabile card. Giuseppe Siri, subito affiancato da mons. Luigi Noli, primo cappellano, che si rivelò “l’anima, il braccio e la mente della diffusione del Club in Italia.”.

Francesco ha rievocato, non senza commozione, la fase eroica del Club e ha ricordato le grandi figure che hanno “lanciato” il Sodalizio (Carlo Castello, Giovanni Casaleggio, Bruno Baracchi). Erano anni in cui un gruppo di amici, tra cui medici affermati, si sono impegnati, in ogni ritaglio di tempo, per il Serra, di cui parlavano anche “nelle pause fra un intervento chirurgico e l’altro”….

Ricevuto l’incarico “di far nascere un Club Serra nel Levante di Genova”, Di Bella ne curò la fase di intensa preparazione, fino al ricevimento, il 2.2.1978, dal Presidente di Serra International, mr. Frank J. Metyko, l’ambito Charter di incorporazione. All’epoca, l’adesione al Club era un traguardo, da “conquistare” dopo un lungo percorso formativo E il Serra si faceva promotore di molteplici iniziative: incontri con i giovani, con i seminaristi, con gli insegnanti di religione, cineforum, animazione vocazionale alle Sante Messe, concerti per organo con veglia biblica.

Dopo un puntuale excursus sui primi passi del Nervi e sui Cappellani che si sono succeduti, Di Bella ha ricordato opera e stile dei Presidenti Costantino Dagnino e Anna Maria Ceri Zuccarino. Il ricordo degli amici scomparsi accompagna il Club e lo guida “nelle opere e nelle preghiere”.

Il quarantennale, ha aggiunto citando il card. Bagnasco, è “evento di grazia”, che produce frutto quando rispettiamo alcune condizioni: “preghiera – studio – presenza – testimonianza – preparazione specifica in campo vocazionale – lavoro di gruppo – concretezza”. Esse consentono al Serrano di qualificarsi ”come persona idonea a sostenere ed aiutare il sacerdozio ministeriale”. Di Bella ha poi ribadito la gratitudine e l’affetto del Club a tutti i sacerdoti, nella consapevolezza “di ciò che Cristo ha fatto in voi e di voi: una cosa sola con Lui, Sacerdote unico ed eterno”.

In ricordo della serata, ai presenti è stata offerta un’artistica riproduzione della Madonna col Bambino e due angeli, venerata nel Santuario sede degli incontri del Nervi. Ringraziamo Maria, di cui chiediamo sempre la protezione, ha concluso Di Bella, “con l’omaggio di questa Immagine che riporta a piè di pagina il logo del Serra e le date 1978-2018”.

Molto apprezzato, infine, il saluto del Presidente Costa. In occasioni importanti come questa, ha osservato, si rafforzano sentimenti come unione, amicizia, orgoglio serrano. La gratitudine verso i Serrani di ieri, così bene ricordati da Di Bella, sia di stimolo ad affrontare al meglio i rapidi mutamenti che ci coinvolgono. Servono (ai Serrani e a tutto l’associazionismo cattolico), grande impegno, senso di responsabilità, chiarezza di idee e di visione, coraggio di cambiare.

Sono qualità che dovremo saper esprimere, anche in vista del XVI Congresso nazionale (Genova, 15/17 giugno p.v.). La fase preparatoria è partita e l’impegno, per i Serrani genovesi, non mancherà.

Sergio Borrelli

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il serrano n. 143

dai club e distretti

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La vocazione al lavoro

L’esperienza della XLVII Settimana della fede, incentrata sul tema della vocazione, è stata proseguita dai serrani del Club di Taranto, lunedì 5 marzo, con un incontro mirato ad approfondire la vocazione al lavoro.

Scelto un luogo emblematico, la parrocchia Gesù Divin Lavoratore sorta cinquant'anni fa a due passi dagli altiforni, un segno di quanto sia prezioso nella Chiesa il mondo del lavoro. Fu affidata da S.E. mons.

Guglielmo Motolese ai Giuseppini del Murialdo, congregazione fondata a Torino alla fine del XIX sec. da san Leonardo Murialdo, discepolo di san Giovanni Bosco ed apostolo dei giovani e degli operai.

L’azione del Serra club a favore delle vocazioni sacerdotali è stata spiegata dal cappellano don Davide Errico, poi la parola è passata a Padre Nicola Preziuso, oggi parroco della comunità, per anni sacerdote all’interno del siderurgico e motore di quel piccolo miracolo di volontariato ed imprenditoria giovanile che è il Centro Educativo Murialdo.

Padre Nicola ha iniziato il suo dire con una domanda presente nel Vangelo: “Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, …?” Può sorprendere che Gesù, il Figlio di Dio, abbia lavorato gran parte della sua vita come carpentiere, ma è così. Gli anni nascosti e faticosi di Nazareth sono inseriti nella logica dell’incarnazione e rivelano la sorprendente solidarietà di Dio nei confronti degli uomini che condividono l’esistenza di Gesù anche nel lavoro. D’altronde Giuseppe a Nazareth aveva una bottega: luogo del fare, della quotidianità, dell’incontro. È questo il metodo: senza voler fare grandi progetti, accostare temi e assemblare pensieri, mettersi nei panni altrui per sperimentarne il loro inedito sguardo. È importante offrire ai giovani l’esperienza di una bottega. Mettere a disposizione e condividere materiale per capire la società, come gli uomini si relazionano tra di loro e con la vita, con la materialità e la spiritualità, come le comunità, anche religiose, vedono la società e come resistono all’individualismo che tutto disgrega.

Per questo nel 1994 è nato il C.E.M. Ne ha parlato diffusamente la dottoressa Angela Gentile, socio fondatore del Centro. “Nel 1994 un piccolo gruppo di volontari, uniti dalla ricerca del senso della propria vita, accompagnati da Padre Nicola, ha iniziato un’ impresa difficile, ardua se pensiamo al contesto territoriale nel quale si è realizzata: contrastare il fenomeno della disoccupazione giovanile. È nata la Fondazione Onlus Centro Educativo Murialdo (CEM) che opera sul territorio attraverso iniziative che nascono da un attenta analisi dei bisogni del territorio, con particolare riferimento all’ambito delle povertà legate al fenomeno della disoccupazione o inoccupazione vissuta dai giovani e dalle persone in condizione di svantaggio come ex detenuti, disabili, ex tossicodipendenti. La “girandola degli spazi” attraverso laboratori ha consentito a tanti di comprendere quale fosse la migliore scelta lavorativa per il proprio futuro”. Oggi parlano i giovani che ce l’hanno fatta, che dopo i primi tentennamenti e scoraggiamenti, hanno sentito di non essere soli ed hanno cominciato a credere nelle loro capacità. Lo ha detto Donatella Cito, titolare di una pasticceria che con la sua esperienza ha suggellato l’incontro.

Una serata resa ancora più piacevole dalla presenza di quattro ottimi artisti dell’Istituto Musicale Paisiello, la soprano Flora Contursi, il baritono Antonio Stragapede, la pianista Mariangelica Giannetta ed al corno Gianni Ruta, che hanno riscosso un grande successo nell’interpretazione di numerosi brani. Il ringraziamento finale, anche al coordinatore della serata Mimmo Chiffi, è stato portato dalla presidente del Serra Maria Cristina Scapati.

Maria Silvestrini

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ALLA CHIESA CATTOLICA PER LA RIPARTIZIONE DELLE RISORSE: www.8xmille.it

5X1000 ALLA NOSTRA FONDAZIONE BEATO JUNIPERO SERRA

ti chiediamo di confermare la tua firma anche nel 2014 per sovvenire a necessità di seminari e seminaristi (non dimenticare il codice fiscale della Fondazione qui di seguito riportato)

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