LA PIAZZA DI GIOVINAZZO SETTEMBRE 2021

Page 1




prima

pagina

DI

SERGIO PISANI

-

Via Cairoli, 95 Giovinazzo 70054 (Ba) Edito da ass. La Piazza di Giovinazzo Iscr. Trib. di Bari n. 1301 del 23/12/1996 Telefono e Fax 080/3947872 Part. IVA 07629650727 E_MAIL:lapiazzadigiovinazzo@libero.it FONDATORE Sergio Pisani PRESIDENTE: Sergio Pisani DIRETTORE RESPONSABILE Sergio Pisani REDAZIONE Agostino Picicco - Porzia Mezzina Donata Guastadisegni - Giovanni Parato Vincenzo Depalma - Onofrio Altomare Mimmo Ungaro - Velentina Bellapianta Enrico Tedeschi - Giangaetano Tortora Alessandra Tomarchio - Michele Decicco CORRISPONDENTI DALL’ESTERO Rocco Stellacci (New York) Giuseppe Illuzzi (Sydney) Grafica pubblicitaria: Rovescio Grafica Responsabile marketing & pubblicità: Roberto Russo tel. 347/574.38.73 Sergio Pisani tel. 080/3947872

ABBONAMENTI ITALIA: 20 Euro SOSTENITORE: 50 euro ESTERO: 60 Euro Gli abbonamenti vengono sottoscritti con bonifico bancario o bollettino di corrente postale n.1037612288 intestato a ASS. LA PIAZZA DI GIOVINAZZO VIA CAIROLI, 95 GIOVINAZZO (BA) ITALY IBAN:

IT15U0760104000001037612288 CODICE BIC / SWIFT (PER BONIFICI DALL’ESTERO) BPPIITRRXXX La collaborazione é aperta a tutti. La redazione si riserva la facoltà di condensare o modificare secondo le esigenze gli scritti senza alterarne il pensiero. FINITO DI STAMPARE IL 25.08.2021

No Green pass, no party. Queste le indicazioni del Governo che riguardo alla certificazione verde e ai divieti di entrata in ristoranti, bar, palestre e tanti altri luoghi


al chiuso – ma anche all’aperto, in caso di possibili assembramenti – sta accentuando la “corsa al vaccino anti Covid-19”. A Giovinazzo non stiamo certo messi male considerando che su una platea di 17.646 cittadini vaccinabili, l’85,70% (15.123 unità) ha ricevuto almeno una prima dose. Sono tutti potenziali giovinazzesi in possesso del green pass, non solo cartaceo, ma anche in formato digitale. Va specificato che, almeno per ora, queste regole non valgono per i bambini sotto i 12 anni. A ciò si aggiungono le regole già in vigore sul controllo di temperatura all’ingresso e l’obbligo di mascherina in luoghi chiusi - ad eccezione, del momento in cui si espleta l’attività fisica. Niente pass, invece, per gli sport all’aperto: a patto, però, di non accedere agli spogliatoi delle strutture - si pensi al classico calcetto, lo sport più praticato tra amici in paese. In questo caso la certificazione è richiesta. Proprio per il green pass, abbiamo dato voce a diverse categorie di lavoratori. Tra consensi e proteste, possiamo confermare che i clienti alla fine sono ligi alle regole, si presentano ai locali già preparati. Qualche mugugno dei ristoratori alla fine c’è. Ed è il costo del controllore nello staff di una unità in più preposta a controllare i Qr code all’ingresso. Tant’è.Obbligo del Green Pass? «Basta che alla fine si lavora senza più interruzioni!». SERGIO PISANI

PER LA TUA PUBBLICITA’ PRENOTA SUBITO IL TUO SPAZIO PUBBLICITARIO ED AVRAI UNO SCONTO E UN MESE GRATIS DI PUBBLICITA’ Tel. 347.5743873 Roberto Russo

COPERTINA

«NO GREEN PASS, NO PARTY» IN COPERTINA: DOTT.SSA ANGELA VESTITO, DIRIGENTE MEDICO RESPONSABILE UOSVD RADIODIAGNOSTICA SENOLOGICA P. O. “SAN PAOLO”, BARI FOTOCOMPOSIZIONE: ROVESCIO GRAFICA DI ROSALBA MEZZINA



IL

CONTRAPPUNTO

ESPORTARE LA DEMOCRAZIA, IMPORTARE INSICUREZZA

Non so se sia il tramonto dell’Occidente, come da molti commentatori è stato sottolineato. Non so se la fiducia sia ormai definitivamente compromessa e nessuno darà più credito nel mondo alle parole e ai proclami che così facilmente e inutilmente proferiamo in questi come in altri casi. Le immagini dell’aeroporto di Kabul con centinai di disperati alla ricerca di un volo che li porti fuori dall’inferno che si preannuncia con certezza pressoché assoluta non lasciano indifferenti. Le parole di alcune donne impegnate pubblicamente per la difesa dei propri diritti travolti dall’odio dell’integralismo mussulmano non possono essere rubricate a semplici esternazioni fatte da tante sedicenti intellettuali, magari in spiaggia o in montagna, pronte a esternare su presunte violazioni di diritti ma oggi silenti, sorprendentemente silenti, di fronte alle tenebre. Tutto questo non può lasciare indifferenti e inermi. Il tema del ritorno dei talebani riguarda noi, certamente, ma riguarda un popolo intero che continua a non trovare in una parte, certamente, maggioritaria una strada per il definitivo rifiuto, inappellabile e inscalfibile, di un governo non teocratico, non basato sulla sharia. In un recente editoriale Galli della Loggia ha evidenziato che non sia giusto rifiutare a priori l’idea di esportare la democrazia e lasciare che siano, invece, i popoli interessati a decidere se volere un governo che garantisca un livello accettabile di libertà e di garanzie giudiziarie senza gli abusi orribili cui stiamo già assistendo. Questo è il punto. Siamo sicuri che altri popoli e altre culture vogliano tutto questo? Non ho risposte e invidio chi le possiede con sicurezza. In linea di principio nessuno può essere condannato all’arretratezza, all’arbitrio, al dominio delle tenebre. Galli della Loggia sostiene, di fatto, l’idea americana, da tantissimi europei, assai criticata di trapiantare in Paesi lontani e culture distanti la democrazia. D’altra parte come non negare che se la libertà fosse così sentita e radicata negli afghani avremmo assistito a ben altra resistenza da parte di un esercito assai numeroso che si è, invece, sciolto più rapidamente di un ghiacciolo al caldo torrido di quest’estate. E che dire di Ahmad Massoud, il figlio del comandante Massoud, “leone del Panjshir”, che si è detto pronto a trattare con i talebani, e anzi lo sta già facendo, per un governo di unità nazionale ma non estremista. Il padre era stato ucciso proprio dai talebani pochi giorni prima che avvenisse l’attentato alle Torri Gemelle di New York. Un accordo basato, sono le parole del giovane comandante afghano, in nome della comune religione mussulmana. Ecco nulla è prevedibile, tutto può cambiare in pochissimo tempo. Per ora è prioritario mettere in salvo chi ha collaborato con il nostro contingente, chi ha avuto fiducia

dell ’alfiere

Di Maio in “riunione” con Boccia ed Emiliano su sulla spiaggia di Porto Cesareo. L’ira del web: «Si è accorto di cosa succede in Afghanistan?» dell’Italia e dell’Occidente. Temo che per molto tempo non troveremo molte persone pronte a concederci fiducia, a fidarsi di noi. E in riferimento a questi tragici eventi qualche giornalista malizioso aveva sottolineato l’assenza dell’Europa, assenza totale e ingiustificata, considerati gli interessi non solo politici ma anche economici di quella Nazione lontana. I cinesi, da sempre interessati alle terre rare di cui l’Afghanistan è ricco, hanno, con qualche probabilità, già iniziato a mettere le radici in quella Nazione. L’egemonia cinese che si sta allargando a tutto il mondo diventa sempre più pericolosa e invadente. Gli USA, forse, sono stanchi di essere il gendarme del mondo e, quindi, il disimpegno è la sublimazione di una diffusa volontà del popolo americano che non vuole più impegnare le proprie risorse umane e finanziarie per una guerra che non è stata vinta e le cui prospettive non sono certo incoraggianti. Ripeto, dell’Europa non ne parliamo, la consacrazione dell’inutilità si è realizzata nell’assenza di risposte concrete comuni, di azioni diplomatiche e militari. Nulla assoluto. La vicenda migranti che sembrava risolta con l’accordo di Malta, annunciato fra squilli di trombe e rulli di tamburi dai media di regime, è miseramente naufragato nel silenzio generale mentre i numeri taciuti dell’emergenza sono sempre più consistenti e drammatici. DEL RESTO IL NOSTRO MINISTRO DEGLI ESTERI risultava più impegnato in spiaggia a tessere la tela dell’alleanza con il PD e il nuovo soggetto politico del Presidente Emiliano. Le foto in spiaggia del Ministro, con il governatore della Puglia e l’onorevole biscegliese Boccia, hanno creato qualche imbarazzo. Il ministro degli Esteri segue la situazione dalla spiaggia Togo Bay di Torre Lapillo. Scelta ottima, da pugliesi siamo felici e chissenefrega se una crisi internazionale potrebbe sconvolgere gli equilibri internazionali e creare i presupposti per nuovi attentati. Anche il nostro Governatore era troppo impegnato nello stringere i rapporti con Di Maio e il movimento 5S. Tanto impegnato dalle sue emozionanti trame politiche da non accorgersi che i consiglieri, tutti senza esclusione, si sono votati un provvedimento per la reintroduzione dell’assegno di fine mandato. Una bazzecola che peserà sulle casse regionali per oltre 5 milioni di euro e, quindi, sulle tasche dei pugliesi. Il Governatore ha dichiarato che non ne sapeva nulla, tutto assorto nella creazione del suo soggetto politico, Con il polline fra PD e 5Stelle come ha dichiarato più volte. Vedremo cosa partorirà l’eclettico e movimentista Governatore, ormai si atteggia a leader, magari pensi anche alla Puglia e, a proposito di polline si occupi del mondo agricolo. MENTRE A GIOVINAZZO Appena trascorso il periodo della festa patronale ripartirà il toto sindaco nei vari schieramenti. A sinistra gran bagarre, la candidatura non sarà scontata, e la Battaglia è cominciata, nella coalizione al governo sembrano avere le idee chiare ma si vedrà e nella neo coalizione autodefinitasi di centro destra è ancora buio fitto. Ne vedremo di belle e ne sentiremo di tutti i colori. Senza tralasciare il ruolo che si vogliono dare i vari comitati che sgomitano per un ruolo e che, pur di andare sui giornali locali e segnare la propria presenza si appellano anche alle foto certo non scandalose di operai al lavoro denunciando violazioni della legge della privacy. Come denuncia è veramente puntuta e di rilevante importanza, non c’è che dire. Basta che se ne parli e su questo non hanno sbagliato. Sui contenuti… . Evviva! alfiere.2000@libero.it


dilemma cerificazione cerificazione verde dilemma verde di Sergio Pisani

OBBLIGO GREEN PASS? «BASTA CHE CI FATE LAVORARE!» Dall’ingresso a scuola, in un ristorante al chiuso, anche per poter accedere in palestra, occorre la certificazione verde. Su una platea di 17.646 cittadini, più di 15mila sono in possesso del Green Pass. Abbiamo raccolto alcune voci degli addetti ai lavori, anche quelle fuori dal coro che forniscono istruzioni pratiche per eludere in questo momento storico la certificazione verde Covid-19

MICHELE SOLLECITO, Assessore Politiche Sociali ed Educative, Pubblica Istruzione, Partecipazione Civica

Con il green pass il Governo ha cercato una mediazione tra l’imposizione dell’obbligo vaccinale e il rispetto delle libertà personali. Si è optato quindi per consentire alcune attività in determinati luoghi solo ai vaccinati. Ritengo che questa decisione possa esser fruttuosa solo nel caso in cui ottenga una spinta maggiore alla vaccinazione (come accaduto in effetti). In tal caso aumentando la copertura vaccinale potremo dirci tutti più sicuri e magari abbandonare i provvedimenti restrittivi che caratterizzano la nostra vita da oltre un anno e che tante difficoltà arrecano a tutti. Credo, infine, che il perfezionamento dei vaccini utilizzati dall’Europa, con una efficacia di gran lunga superiore al vaccino cinese, possa significare un passo avanti per la scienza ben oltre l’emergenza Covid. Penso, infatti, al vaccino a mRNA: ho letto, recentemente, di una sua sperimentazione contro il melanoma. In questo turbinio di voci ed opinioni contrastanti sui vaccini sento di ribadire la fiducia nella scienza e nei ricercatori che con impegno e abnegazione ci stanno portando fuori da questa situazione pandemica


ANGELA VESTITO, Dirigente medico Responsabile UOSVD Radiodiagnostica Senologica - P. O. “San Paolo”, Bari

Quando la diffusione del coronavirus ha cominciato a mietere vittime a macchia d’olio sul nostro pianeta, speravamo che quanto prima si riuscisse a trovare qualcosa che la bloccasse, ritenendo sempre troppo lontana l’epoca della formulazione dei primi vaccini sperimentali. Quando finalmente è partita la campagna vaccinale, abbiamo atteso con ansia il coinvolgimento di tutte le fasce d’età, delle categorie professionali e delle classi di patologia. Adesso che abbiamo la possibilità di combattere il virus, non solo correggendo i nostri comportamenti come abbiamo fatto negli ultimi 2 anni circa, ma anche con l’arma del vaccino, non possiamo sottrarci ai benefici della scienza. Green pass: attestazione di rispetto verso se stessi e tutela della collettività nonché espressione della libertà di riprendere a viaggiare, partecipare ad eventi e a vivere ancora!

GIOVANNA DOMESTICO, dirigente Istituto Comprensivo “don Saverio Bavaro -G. Marconi” Da quando è iniziata l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia la scuola è stata la seconda istituzione pubblica, dopo la sanità, ad essere stata fortemente colpita dalle conseguenze della tragica congiuntura. Pertanto, i provvedimenti assunti dal Governo hanno fin da subito riguardato le istituzioni scolastiche incidendo sia sull’organizzazione che sulla didattica. Noi dirigenti scolastici abbiamo avuto la responsabilità di mettere in atto tutte le indicazioni che gli Organi Superiori hanno impartito. Nel farlo si è tenuto presente soprattutto l’obiettivo della efficacia in termini sanitari ed anche didattico-educativi. Come dirigente ho contribuito a tenere sotto controllo la diffusione dei contagi operando fianco a fianco con il dipartimento di prevenzione dell’ASL, ho garantito la sicurezza dei lavoratori della scuola, degli alunni e delle loro famiglie, facendo mettere in atto tutti i protocolli sanitari stabiliti, e ho fatto in modo che didattica a distanza fosse funzionale al percorso scolastico. Oggi si dibatte sulle ultime disposizioni per il prossimo anno scolastico: esse non modificano di molto quanto stabilito per lo scorso anno, ma la questione del momento è l’uso del Green Pass come strumento di controllo e di contenimento degli effetti di quella che è di fatto la quarta ondata. E’ indubbio che proprio la diffusione dei vaccini sta contenendo gli esiti più tragici della pandemia, pertanto il green pass è oggettivamente uno strumento utile. Vorrei sottolineare che la vaccinazione di massa del personale scolastico è stata immediatamente successiva a quella degli operatori sanitari; nel mio istituto dall’inizio di marzo 2021 tutti i docenti in servizio nello scorso anno scolastico ed anche tutto il personale si sono sottoposti alla somministrazione completa del vaccino. Questo dato, di fatto, è già in nostro possesso, perché è stata la scuola a fornire gli elenchi e a gestire le prenotazioni presso l’ASL. Tuttavia è necessario acquisire la certificazione verde del personale “nuovo”: sulle modalità di controllo si attendono ulteriori indicazioni compatibili anche con la tutela della privacy. Ancora una volta da dirigente mi confronterò con gli organi superiori e con i colleghi dirigenti al fine di mettere in atto quanto verrà prescritto nel rispetto dei diritti di


tutti che la norma sicuramente non lederà. Spero, come tutti, che questa lunga e complessa esperienza del Covid si concluda ma lasci significativi insegnamenti per la gestione congiunta delle problematiche sociali, economiche e sanitarie del nostro paese.

DANIELA ARCIERI, titolare del Ristorante Toruccio

Sembra abbastanza semplice adattarsi alla novità del Green Pass. Molti clienti che prenotano telefonicamente un tavolo all’interno della sala, sanno già di presentarsi obbligato-

riamente con il Green Pass che puntualmente verifico al loro arrivo con la app C19. Diversamente, riesco ad accontentare i commensali riservando un posto all’aperto, in terrazza. Riconosco che i clienti sono molto collaborativi, i giovani già pronti ad esibire il loro Green Pass digitalizzato su smartphone, i meno giovani lo esibiscono in forma cartacea. Al momento non ho riscontrato alcun tipo di difficoltà. Mi è capitato solo un sabato di avere un piccolissimo scontro verbale con un avventore: con suo immenso cruccio, non avendo più posti in veranda, sono stata costretta a declinare la prenotazione. Dovendo solidarizzare con lui, io avrei dovuto ribellarmi a questa dittatura sanitaria. Se il green Pass è uno strumento per poterci cautelare, per permetterci di continuare a lavorare con continuità e in sicurezza, senza più fermarci, ben venga! E’ anche vero che nei giorni di più affluenza, nei weekend soprattutto, sono costretta ad impegnare un’unità di lavoro in più, all’interno del mio staff, per controllare all’ingresso i possessori del certificato verde. Ben venga anche l’obbligo del Green Pass, di quest’altro prezzo aggiuntivo per affrontare anche la stagione invernale: l’importante che si lavori!

VITO FANELLI, Direttore Italia Linea Pediatrica Epitech Group Spa «È preferibile un tampone negativo ad un green pass!». La penso così. Non voglio entrare nelle polemiche di tipo poli-


tico, altrimenti direi che il Governo sta scaricando le proprie responsabilità su chi non ha l’autorità per fare da controllore: il ristoratore, la ragazza del bar o il trainer in palestra. Io posso avere il certificato verde regolare di un amico e mostrarlo al barista e questo, dopo aver verificato con l’applicazione il QR code, mi fa accomodare, ma posso avere il Covid, perchè il barista non può controllare il documento d’identità, nè ha l’esperienza per verificarne l’autenticità. Racconto un aneddoto capitatomi l’11 agosto u.s. Rientrando da Varsavia, dove per una settimana ho sempre pranzato e cenato, senza l’obbligo del certificato verde, avevo con me l’esito negativo del tampone fatto in Polonia, ma dei 3 finanzieri al controllo, nessuno mi ha chiesto di mostrarlo e non l’hanno chiesto nemmeno agli altri passeggeri: un colabrodo! Detto ciò, ritengo di stare più tranquillo vicino ad una persona che ha fatto un tampone con esito negativo nelle 48 ore, che non accanto ad una con il green pass, perchè potrebbe averlo ottenuto 15 gg. prima, dopo la 2^ dose del siero per il Covid, ma nel frattempo essersi contagiato dopo aver ballato in una discoteca a Ibiza, tornando in Italia, idealmente sotto braccio ad una signorina inglese, la miss variante con tanto di fascia... virale, anche se i controlli in aeroporto erano stati assoluti. Questo è solo uno degli innumerevoli esempi che relegano il certificato verde quasi solo ad un fenomeno italiano di un governo raffazzonato, nemmeno capace di assumersi la responsabilità dell’obbligo...malcelato. Per concludere: meglio la verifica del QI di quella del QR code! SERGIO PISANI



l intervista

DI

SERGIO PISANI

GIOVINAZZO E ANTONIO DECARO, IL SINDACO PIÙ AMATO DAGLI ITALIANI Antonio Decaro, 1° cittadino di Bari, si conferma, anche nel 2021, con il 65% dei consensi il sindaco dal più elevato indice di gradimento in Italia. E’ quanto emerge nella rilevazione annuale del Sole 24 Ore. Ingegnere, al di là dei numeri e delle posizioni politiche, ci spiega come percepisce il consenso e l’affetto della gente? Vi assicuro che quando passeggio per le strade della mia città, ascolto sempre tanti improperi e qualche raccomandazione ad agire meglio e più in fretta. Questo mi permette sempre di mantenere vivo il rapporto con i miei concittadini e di ascoltare gli umori della città. Sono convinto che se ancora si arrabbiano con me significa che hanno ancora aspettative nel lavoro che stiamo portando avanti e che ripongono in me la loro fiducia. Questo mi emoziona ma allo stesso tempo mi spinge a fare sempre meglio. Su 7.900 campanili d’Italia, a che posto collocherebbe Tommaso Depalma, sindaco di Giovinazzo «che combatte pancia a terra per ridare la speranza ai propri cittadini dopo un anno e mezzo di vero inferno in cui abbiamo dovuto fronteggiare, a mani nude, emergenze sanitarie e soprattutto sociali ed economiche»? I sindaci sono tutti sul podio. Nessuno escluso. Perché solo chi amministra e anche solo una volta nella vita ha provato l’esperienza di sindaco conosce gioie e dolori di questo ruolo, compreso il rapporto, non sempre facile, con i propri concittadini. Quest’anno poi, appena trascorso, ha amplificato la portata del nostro ruolo esponendolo ad applausi e gratificazioni ma anche a tanti rimproveri. Mistero. Il sindaco Depalma politicamente si colloca in mezzo al guado. Conviene, può trovare una strada comune e forte per future coalizioni, distanti da chi lo ha insultato per 9 anni. Suvvia ingegnere Decaro, gliela facciamo questa tessera al PD? A me farebbe piacere, ma il sindaco Depalma ha grande esperienza e grande capacità per decidere autonomamente del suo futuro politico e della futura coalizione per Giovinazzo. Diffido sempre da chi pensa di poter dispensare buone ricette dall’alto.

A ROMA, DECARO CON LA FASCIA TRICOLORE AL GRIDO DI «DIGNITÀ PER I SINDACI». Da Virginia Raggi a Beppe Sala fino ai rappresentanti dei comuni più piccoli (c’era anche il sindaco di Giovinazzo, Depalma)

Mercoledì 7 luglio, 600 sindaci con la fascia tricolore hanno manifestato a Roma. Da Virginia Raggi a Beppe Sala, fino ai rappresentanti dei Comuni più piccoli (c’era anche Tommaso Depalma). Tutti uniti al grido di «Dignità per i sindaci». Come dire: basta avvisi di garanzia per l’allagamento di un sottopasso, per la manutenzione stradale o per un bimbo che si fa male? Bisogna che il Parlamento e il Governo decidano di voler intervenire con alcune modifiche che come Anci abbiamo proposto all’impianto normativo. Stiamo lavorando con la ministra Lamorgese sulla riforma del TUEL dove abbiamo la speranza fondata che gran parte delle richieste dei sindaci saranno accolte. Sono sue parole, da Presidente dell’Anci e sindaco di Bari: «Non vogliamo l’immunità, non vogliamo l’impunità, vogliamo essere giudicati per quelle che sono le responsabilità di un sindaco. Ma le responsabilità vanno circoscritte. Ci ritroviamo indagati qualunque cosa accada nei nostri comuni per il solo fatto di essere sindaci, vogliamo delle tutele». Insomma, si premura significare agli italiani che la giustizia è folle solo contro i sindaci? No. Nessuno ha parlato di follia né ci sentiamo vittime di un sistema. Solo chiediamo di non essere il capro espiatorio di qualsiasi cosa accade nelle nostre città e nei nostri Comuni. Siamo consapevoli di avere delle responsabilità e siamo intenzionati ad assumercele e a rispettarle, purché siano chiare a tutti e ben definite. Solo Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, ha subito 45 processi e per 45 volte è stato assolto. Inchieste durate tanto e finite quasi sempre in archiviazioni «perché il fatto non sussiste» o «perché il fatto non costituisce reato». Quindi, fino al 9 novembre, giorno del processo, anche il sindaco di Giovinazzo, indagato per mancata bonifica dell’ex AFP, può dormire tra due guanciali? A me sembra una vicenda paradossale che un sindaco debba bonificare in pochi giorni un’area privata per la quale servono risorse che il Comune non ha. Occorre aspettare con fiducia che la giustizia faccia il suo corso. SERGIO PISANI



Angelo D. De Palma*

I TALEBANI INSEGNANO:

GLI IGNORANTI AL POTERE SONO UN GRAVE PERICOLO Anche se spesso si ammantano di iniziale bonomia, tendono poi all’arroganza ed alla violenza privando gli altri della libertà Il mondo è ancora incredulo su quanto accaduto pochi giorni fa: gli Stati Uniti non avevano ancora ultimato le operazioni di smantellamento ordinate dal nuovo presidente Biden, che le truppe talebane, quasi senza colpo ferire, s’impossessavano di tutto l’Afghanistan ed entravano a Kabul. I commenti degli osservatori internazionali non si sono fatte attendere. Alcuni hanno accusato Biden di assoluta incapacità politica. Altri hanno ricordato la vergognosa partenza degli americani da Saigon. Altri ancora hanno osservato che si tratta della più grande umiliazione si potesse abbattere sugli Stati Uniti. In ogni caso, i c.d. “studenti coranici”, noti alle cronache degli anni passati come gentili ospitanti dei tagliagole di “Al Quaeda”, si sono, in circa 10 giorni, impadroniti del potere in tutto l’Afghanistan, facendo, contemporaneamente, sfoggio di prudenza e moderazione, ma, in concreto, dando vita ad un emirato basato sul massimo integralismo musulmano, di cui la regola etica e giuridica fondamentale è la “Sharia” (mani mozzate per i ladri; occultamento totale della donna e sua totale esclusione dei rapporti sociali, come nella politica, nella scuola, nel lavoro, negli affari). Così un territorio ampio, fornito di giacimenti di minerali rari, nonché di oro e pietre preziose, con una popolazione formata di individui da sempre in guerra con gli altri e fra di loro, tornerà ad un ancor più massiccia attivazione della coltivazione dell’oppio (distribuito nei Paesi occidentali sotto forma di eroina, di cui l’Afghanistan è il maggiore fornitore mondiale), al cui facile commercio sono particolarmente dediti i “signori della guerra”. Si può credere alle nuove lusinghe dei talebani? O, piuttosto, si tratta solo di vane promesse, strumentali al pacifico esercizio del potere per il potere? Il popolo afgano, per la verità, ha già risposto alla domanda, correndo, in migliaia di persone, all’aeroporto in cerca di un cargo americano con cui espatriare (alcuni, schiacciati nella folla straripante, hanno trovato anche la morte). I tragici even-

L’AFGHANISTAN IN MANO AI TALEBANI. EVACUAZIONI, FUGHE E PAURA PER I CIVILI ti, ancora in corso di svolgimento, sembrano anche offrire lo spunto per una profonda riflessione, valida tanto per l’Asia, quanto per l’America e per gli italiani in genere: la libertà è un bene supremo che va guadagnato giorno per giorno, nonché ora per ora e che va adeguatamente custodito. Attenti ai lupi camuffati da pecorelle, pronti ad apparire miti, ma ancora più pronti ad azzannarci. Attenti agli avventurieri che, non diversamente dai nuovi talebani, ci strizzano l’occhio ed ammiccano con un sorriso: il potere in mano agli ignoranti non ha mai fatto bene e non ha mai portato bene ai cittadini. Non è difficile evitarli, poiché nessun albero può portare il frutto di cui non è capace: se il loro comportamento è contraddistinto da una iniziale bonomia, che si trasforma ben presto in violenza, in aggressione e ricorso alla criminalità per prevalere ad ogni costo, la nostra libertà è in pericolo. Non svegliamoci quando è già troppo tardi. Quando vediamo i programmi elettorali strappati e buttati e dimenticati, opere strane realizzate a tempo di record mentre non servono a niente e a nessuno, tasse schizzate alle stelle senza alcuna ragione che non sia un immondo profitto personale, è il momento di agire. L’abitudine a tutto ciò ci porta alla non reazione e a ritenere tutto ormai perduto. Al contrario, la scelta deve cadere su persone sagge, probe e trasparenti, che mirino al bene di tutta la comunità e non a quello solo personale. Sono loro quelli da nominare i custodi della nostra libertà. Ricordiamoci che gli ignoranti al potere presto si trasformano in arroganti e che gli arroganti, altrettanto spesso, si trasformano in violenti. * GIA’ AVVOCATO GENERALE DELLO STATO A VENEZIA


l angolo

del

lettore di Sergio Pisani

FRANCO DE ANNA, PREPARATORE ATLETICO «I miracoli? Non esistono nell’atletica. Esistono per voi che seguite l’atletica una volta ogni quattro anni» CHI È FRANCO DE ANNA LAUREATO

IN

SCIENZE MOTORIE, PRESSO LA FACOLTÀ

CHIRURGIA DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FOGGIA, DISCUTENDO LA TESI IN METODI DI VALUTAZIONE FUNZIONALE ED ATTITUDINALE «VALUTAZIONE FUNZIONALE

DI

MEDICINA

E

DELLA RESISTENZA DAL CALCIATORE AL MARATONETA: LIMITI E VANTAGGI»

110, FEDERAZIONE ITALIANA DI ATLETICA LEGGERA GLI HA CONFERITO IL TESSERINO DI «ALLENATORE SPECIALISTA». DALLA FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO HA RICEVUTO IL TESSERINO DI «ISTRUTTORE DI CALCIO» E DALLA FEDERAZIONE ITALIANA SPORT PARAOLIMPICI IL TESSERINO DI TECNICO NAZIONALE DI ATLETICA LEGGERA. HA INOLTRE SVOLTO ATTIRIPORTANDO LA VOTAZIONE DI LA

VITÀ DI PREPARATORE ATLETICO PER NUMEROSE SOCIETÀ SPORTIVE.

TRA

I

RISULTATI DI RILIEVO È STATO ALLENATORE DI DIVERSI MEZZOFONDISTI, NONCHÉ ALLENATORE DI

GENNARO,

BONVINO

CAMPIONE ITALIANO

JUNIORES SUI

5000

MT CHE È EN-

FIAMME GIALLE. ATTUALMENTE È IL PREPARATORE DI 3° LIVELLO DELLA FIDAL, PARTECIPA AI RADUNI TECNICI A FORMIA, SCHIO, TIRRENIA. AMICO DEGLI ATTUALI OLIMPIONICI TAMBERI, JACOBS, STANO, PALMISANO, A LUI TRATO A FAR PARTE DELLE

È AFFIDATA LA PREPARAZIONE

NAZIONALI MEZZOFONDISTI. PER PARIGI 2024, IL TECNICO DI GIOVINAZZO

ATLETICA DEI

ASSICURA AI NOSTRI TACCUINI ANCHE LE PRIME MEDAGLIE IN CASA

ITALIA

DI QUESTA SPECIALITÀ

DOMINATA DALL’AFRICA NERA.

«Sono arrabbiatissimo. Vi ricordate dell’atletica solo quando si vincono le medaglie». La rabbia di Franco de Anna si taglia a fette. Che incalza: «Adesso salite tutti sul carro dei vincitori». La frecciata è al Ministro dello Sport Spadafora, dopo aver tagliato i fondi al Coni (e quest’ultimo alla Fidal). E anche al Governatore Emiliano perchè se la Puglia è il 40% del medagliere delle medaglie più pregiate «è il frutto di lavoro tra Regione e società sportive». Franco de Anna si dice disgustato. Se c’è qualcuno vuole rivendicare la paternità di alcune medaglie, iniziasse ad elargire più fondi nei confronti della Fidal. «Ci sono certe piste dure come il cemento e mai ristrutturate. Ci sono tecnici Nazionale Fidal che si sobbarcano chilometri e chilometri per i raduni nazionale e guadagnano meno di un allenatore di calcio dell’Eccellenza e per amore dell’atletica preparano gratuitamente i ragazzi a livello locale sobbarcandosi anche le spese di pulmini e trasferte per i trasferimenti». L’impiantistica di nuova costruzione in Puglia è solo rivolta ai campi di calcio e ai palasport, mica alla Regina delle Olimpiadi. Poi ci sono le incongruenze. «A Molfetta, al PalaCozzoli è nata una pista da 2mln e mezzo di euro e ci sono città viciniore, come Giovinazzo, che non hanno nemmeno la pedana per il salto in lungo & affini ma hanno 70 ragazzi iscritti però che fanno “atletica”». Il signor Emiliano non sa che i campioni di marcia sui 20 km al maschile e al femminile si creano solo e semplicemente in assenza di strutture. FRANCO DE ANNA NEL MONDO DELL’ATLETICA LO CONOSCONO UN PO’ TUTTI. E’ il preparatore di 3° livello della Fidal, partecipa ai raduni tecnici a Formia, Schio, Tirrenia. E’ sempre un work in progress, insomma. A lui è affidata la preparazione atletica dei nazionali mezzofondisti. Franco de Anna precisa subito i limiti della discussione: «Sono nato mezzofondista, non curo però la marcia (specialità dell’atletica leggera dal gesto sportivo molto particolare)». Noi siamo la Puglia, terra di sacrificio e del duro lavoro. Stano e Palmisano, rispettivamente di Palo e di Mottola, sono l’orgoglio di Puglia, cancellano la vergogna degli ultimi 10 anni del doping vero o presunto del tirolese Alex Schwazer. Un’altra Italia, insomma. I miracoli? «Non esistono nell’atletica. Esistono per voi che seguite l’atletica una


volta ogni quattro anni. Esiste il duro lavoro e il sacrificio quotidiano. Nello sport come nella vita». Sembra di ascoltare l’enciclica di Carlo Vittori, vate di Pietro Mennea. Che si è ripetuto col fenomeno Jacobs, l’uomo più veloce del mondo, e della staffetta 4x100 tutta d’oro (Tortu, Patta e Fausto Desalu). La velocità non faceva per noi, se non per l’eccezione di Pietro Mennea, che ha sempre fatto storia sé, una eccezione. Lo definivano “un bianco che corre come i neri”. E sono subito nati i sospetti degli statunitensi e dei britannici sulle prestazioni di Jacobs. L’atletica non ha più diritto di stupire? «Jacobs è accusato senza prove. Parlano gli americani solo per invidia. Non riescono ad accettare che la gara più prestigiosa al mondo sia stata vinta da un italiano. Parlano proprio loro che sono anche la storia dell’atletica mondiale di campioni rivelatisi poi imbroglioni col doping». L’arrivo di una nuova stella mette in allerta? Non è colpa di Jacobs se la storia dell’atletica leggera fa sospettare per i miglioramenti così improvvisi e così enormi. Un punto di vista che trova sponde soltanto nel mondo anglofono. « Il doping è un problema culturale tutto loro. Dimenticano l’effetto Ben Johnson, Gatlin, Coleman, Mitchell. Leggevo in un’intervista che nell’ultima settimana su Jacobs sono stati effettuati 12 controlli antidoping». Piuttosto nessuno se n’è accorto negli ultimi mesi agli Europei di Torun che Jacobs ha realizzato la prima prestazione stagionale indoor, sui 60 metri lo scorso marzo. Da lì si è sbloccato qualcosa nella sua testa e nelle sue gambe. Ce lo racconta proprio Franco de Anna che conosce bene il ragazzo quando frequenta i raduni nazionali: «Jacobs ha lavorato duramente sia fisicamente sia mentalmente». Il ragazzo non è vissuto nella tipica famiglia del Mulino Bianco: «Aveva dei carichi mentali insopportabili. Era stato abbandonato dal padre che faceva il marine in Corea. Nicoletta Romanazzi, la mental coach, è riuscita a fare incontrare il ragazzo con il padre e a ripristinare un rapporto padre - figlio. Gli ha tolto tutte le zavorre che portava addosso, erano gli unici pesi che lo frenavano e ha iniziato a correre veloce come il vento». Così abbiamo messo dietro tutti. Abbiamo azzerato il gap atletico almeno nella velocità. Quando invece nel mezzofondo? «Fra quattro anni. Adesso i padroni incontrastati restano ancora loro, keniani ed etiopi dai piedi leggeri e instancabili. L’Africa corre a piedi, è un mondo a parte, affamato. I ragazzi macinano 20 km al giorno per raggiungere scuola o campo d’atletica. Impensabile per il momento per noi, fino a quando i genitori accompagneranno i propri figli a scuola o in pista con i suv». Qualcosa forse sta cam-

biando, la globalizzazione al contrario mischia le carte e i colori. Adesso i keniani corrono, saltano, producono record: se si fermassero loro, si fermerebbero il fondo e il mezzofondo, maratone grandi e piccole abbasserebbero la saracinesca. «Anche l’Italia produrrà i suoi mezzofondisti affamati di medaglie». Verrà un giorno in cui il mondo obeso dell’atletica diventerà affamato mentre l’Africa nera si arrenderà alla fame. Parola di Franco de Anna! . SERGIO PISANI


succede

in

citta’

TRAVOLTA DA UN INSOLITO DESTINO DALLA SCURA DROGA D’AGOSTO E’ il 9 agosto. Al crepuscolo di una giornata particolarmente afosa di mezza estate una giovane donna cammina, sola, in Giovinazzo, via Giovanni XXIII. Il suo atteggiamento è teso, nervoso, forse impaurito. Vede i carabinieri e frettolosamente si allontana. I militari intuiscono che quella donna ha qualcosa da nascondere e la raggiungono, la fermano, la perquisiscono e scoprono che ha con sé due panetti di droga. Duecento grammi di hashish. La droga viene sequestrata e la giovane donna, incensurata, viene denunciata a piede libero. Perchè non viene arrestata? Perchè la legge prevede tale provvedimento in caso di spaccio. La giovane donna, al momento, può essere accusata di detenzione. Se le ulteriori indagini dimostreranno che la droga da lei posseduta serviva tutta a lei stessa per uso personale, ella riceverà una sanzione amministrativa e l’invio ad un servizio specialistico per curarsi. Se, invece, si dimostrerà che lo scopo della detenzione era lo spaccio, sarà processata per tale grave reato che prevede la detenzione fino ad un massimo di dieci anni. Credo che sarà difficile per lei dimostrare che 200 grammi di hashish fossero destinati al solo uso personale, per cui il suo destino, forse, sarà quello di finire al “fresco” delle patrie galere. Io le consiglierei di collaborare con gli investigatori e di fare una cosa buona per se stessa e per tutta la comunità, aiutando la giustizia a prendere i pesci grossi. C’è, tuttavia, qualcosa di insolito in questa storia. I panetti di droga sequestrata hanno addirittura un’etichetta, un marchio o un brand altisonante: Tesla. Questa non è roba gestita e manipolata da piccoli spacciatori del sottobosco criminale che cercano di vendere dieci dosi per ottenerne una o due gratis per se stessi. Il criminale sa mimetizzarsi, mantiene l’anonimato, cerca di cancellare ogni traccia. E poi è sfacciato. Nella situazione che è stata descritta, una professionista del crimine si sarebbe avvicinata ai carabinieri per spronarli a tenere pulita la città o, al massimo, si sarebbe fermata ad accendersi una sigaretta facendo finta di aspettare il suo moroso ritardatario. Lei no. Lei, inesper-

ANTONELLO TARANTO, PSICHIATRA

ta, si è tradita in un attimo. Lei certamente avrà bisogno d’aiuto e potrà essere d’aiuto. Cos’altro possiamo ipotizzare? La droga gira dove girano i soldi e dove c’è un’idea distorta di divertimento. Dove si crede che divertirsi sia semplicemente procurarsi uno “sballo chimico”. Dove le musiche dai ritmi incalzanti e ossessionanti spodestano le armonie delle musiche classiche e liriche. Dove le danze sfrenate e sudate dei rave party sono preludio di atti sessuali sbrigativi e senza amore. Dove gli alcolici non accompagnano lentamente il gusto della buona cucina ma favoriscono la disinibizione e la caduta di ogni tabù. Forse l’invasione turistica della nostra città, oltre a un po’ di benessere economico, trascina con sé stili di vita un po’ troppo dionisiaci. E il marchio su quei panetti di droga cosa ci suggerisce? Il mercato sta cambiando. Anche il consumatore di droghe vuole le sue “garanzie di qualità”. Così come la buona cuoca di famiglia preferisce la mela etichettata e controllata dalla grande catena di distribuzione, sfiduciando il contadino locale che «chissà cosa usa per concimare?», il consumatore di droga ha sfiduciato il piccolo spacciatore che nascondeva le dosi in un buco nel muro e cerca le garanzie nel «deep web». Chi sa ben smanettare sulla tastiera del computer sa anche entrare nel lato oscuro dell’internet, dove si trova e si acquista di tutto e di più. E la merce, vuoi che sia un panetto di droga, vuoi che sia una pistola o un bitcoin, ti viene tranquillamente recapitata a casa dall’ignaro servizio postale. I tempi evolvono e tutti cerchiamo di adattarci alle nuove situazioni. Fra i tutti ci sono le brave persone che utilizzeranno le incredibili potenzialità dell’intelligenza artificiale per migliorare il welfare globale ma ci sono anche i «mafiosi evoluti» che utilizzeranno le stesse incredibili potenzialità per far prosperare il malaffare a livello globale. A noi cittadini di una piccola bellissima città spetterà il compito di coltivare la bellezza e la storia in cui il destino ci ha permesso di vivere, tutelandone l’identità e le tradizioni più sane.


il

corsivetto

DISOBBEDIENZA Mentre la città cresce, una parte della popolazione ne frena lo sviluppo. Sono i disobbedienti: quelli che si ostinano a non rispettare le semplici regole di civiltà e convivenza. Per esempio sono disobbedienti quei cittadini che continuano a smaltire i propri rifiuti gettandoli nelle campagne, quelli che non sanno rispettare l’ordine di una coda alla cassa del supermercato, che si oppongono ideologicamente e non scientemente all’uso della mascherina o al vaccino anticovid, quelli che sporcano o vandalizzano i luoghi pubblici, quelli che parcheggiano l’auto ‘’dove capita’’ e anche quelli che usano macchinoni inquinanti pure per spostarsi di 100 metri. Dal canto loro le amministrazioni adottano misure di contrasto come megamulte, foto-trappole, invettive, tecnologie insidiose, regolamenti sempre più complessi. Funzionano? In genere no. Le persone che sembravano disobbedienti ma, in realtà, erano solo un po’ pigre o un po’ scettiche, di fronte ai deterrenti rientrano nei ranghi. Alcune persone, invece, si accaniscono maggiormente nel proprio comportamento oppositivo e trasformano l’atto di maleducazione in ‘’azione politica’’ ammantata di presunta ideologia ispirata ad una improbabile estetica della libertà. Il confine fra l’anarchia e la patologia qui è molto sottile. Infatti il concetto di anarchia nasce dal pensiero di fiolosofi pregiati come Tommaso Moro (autore di ‘’Utopia’’), Proudhon e Rousseau che immaginavano una società libera, priva di rapporti gerarchici e rispettosa della libertà, della dignità e dell’autonomia di ciascuno. La contrapposizione politica dell’anarchico è rivolta al ‘’potere costituito dello stato’’ e non già alla lotta a chi la pensa diversa-

mente da te. Ciò premesso il pigro o lo scettico che, di fronte alla minaccia di una multa, si ritirano in buon ordine sono da considerare politicamente ‘’qualunquisti’’; quelli che, invece, affrontano il rischio della sanzione a viso scoperto, consapevolmente e, al tempo stesso, evitando di far danno o di esporre al rischio altri cittadini, possono essere considerati anarchici (per esempio immagino che l’anarchico il sacchetto della spazzatura lo deponga sfacciatamente davanti al municipio ma non nel giardino pubblico dove giocano bambini innocenti); infine ci sono quelli che cercano ogni modo per aggirare la sanzione (per esempio gettando di nascosto la spazzatura nel giardino del proprio vicino o insultando chi preferisce indossare la mascherina per paura del COVID). Quest’ultima categoria difficilmente può essere inquadrata politicamente perché manca di una cultura e di una ideologia politica ma è probabile che ciò che accomuna queste persone sia la ricerca di un ‘’senso di appartenenza’’ senza un vero ‘’senso di accoglienza’’. Se questa interpretazione è corretta siamo nel campo della psicopatologia. I sociologi la chiamano ‘’anomia’’, cioè mancanza di ‘’leggi interne’’; io, da psichiatra, la chiamerei ‘’disturbo dall’identità di ruolo’’ (suggerendo all’onorevole Zan di evitare di aggiungere anche questa categoria al suo già discusso disegno di legge). Continuando a ipotizzare che questa interpretazione sia corretta, cosa possiamo fare per continuare a migliorare la qualità della vita nella nostra città? Suggerirei di non investire solo in severità, sanzioni e fototrappole. Investirei maggiormente in ‘’cultura’’. Con questo, però, non intendo certamente la cultura prevalentemente nozionistica prodotta dall’attuale sistema scolastico, bensì penso alla cultura intesa come ‘’coltivazione del bene comune’’, ‘’inclusione dell’emarginato’’, affinché l’intera comunità, nessuno escluso, abbia un ruolo nella ‘’squadra’’ impegnata a vincere la partita più importante: il benessere di tutti. ANTONELLO TARANTO


storia

nostra

DI

D IEGO

DE

C EGLIA

1698, UNA CORONA PER LA MADONNA DI CORSIGNANO Attraverso una attenta rilettura del sesto volume (aa. 1677-1706) delle deliberazioni Capitolari, conservate presso l’Archivio Diocesano di Giovinazzo, sono emerse nuove notizie, seppur sintetiche, relative al culto della Madonna di Corsignano, che ci erano sfuggite anni addietro quando dallo stesso volume avevamo potuto rilevare che solo dal 1677 il Capitolo della Cattedrale cominciò a nominare un deputato ad hoc per la festa della Madonna di Corsignano (vedi La Piazza numero di settembre 2012). Oltre a questo dato, non del tutto insignificante perché pone un termine a partire dal quale la festa fu celebrata con una certa solennità, merita attenzione un allegato posto verso la fine del suddetto volume, e precisamente dopo la delibera del 18 novembre 1698: trattasi di un bifoglio con pagine non numerate che riporta annotazioni scritte da diverse mani e con inchiostri diversi. Il suo titolo è: «Inventario di tutte le robbe di questa nostra Cathedrale di Giovenazzo si fa da me d. Giuseppe Cellammare olim sacristano al reverendo don P. Taccardo e clerico Francesco di Nettola hodierni sacristani»; segue quindi l’elenco di oggetti liturgici e di servizio per la Cattedrale. Tra i primi oggetti segnalati, è interessante rilevare che due erano muniti di stemmi ovvero: «Sei candelieri grandi e croce d’argento, con l’impresa dell’eccellentissimo sig. Principe di Cellamare» e «un incensiero e navetta d’argento con l’impresa del sig. primicerio Buonhomo». Superfluo è ricordare che i principi di Cellamare furono feudatari di Giovinazzo dal 1639 al 1770, e che Giuseppe Buonhomo fu il sacerdote, primicerio della Cattedrale che con un cospicuo lascito dispose l’erezione del convento dei Domenicani, poi destinato a diventare prima il Real Ospizio e poi Istituto Vittorio Emanuele II. Altra curiosità è nella seguente nota dell’inventario del 1698: «Un panno di seta rigata bianco e rosso che sta in faccia all’immagine della Madonna in corno epistola, vicino la porta della chiesa», che non specifica però se l’immagine fosse esposta su di un altare. Potrebbe quindi trattarsi o dell’icona mariana attualmente sul trono vescovile e che in molti, senza alcun riferimento documentario, hanno dichiarato essere una copia dell’icona della Madonna di Corsignano, ovvero di quella che in occasione delle visite pastorali negli anni 1552 e 1695 i vescovi avevano rinvenuto sull’altare di S. Angelo sito nella navata destra (in cornu epistulae). È bene comunque aggiungere che a fine Seicento il vescovo Chiurlia aveva avviato i lavori di ampliamento della Cattedrale stravolgendone l’assetto interno. Una lettura più attenta merita l’elenco degli oggetti riportati nell’inventario del 1698 sotto la voce «Robbe di S. Maria di Corsignano», che ci consente di arricchire con nuovi dati la storia del culto della nostra Patrona. Per quanto non cospicuo, l’elenco è il seguente: - Un vestito di taffetao colore rosso con pessilli adornato bianco. Venduto - Cinque panni che servono in faccia, cioè uno rosso richiamato con l’impresa di detta Santa Maria di Corsignano, l’altro verde di lama d’argento, uno bianco di damasco, un altro rosso ricamato d’argento falso, un altro rosso di lama d’argento, che in tutto sono sei. - Un palio di raso fiorito a colore di piommo. Venduto - Una catena d’argento, un para di cioccaglie d’oro senza perle, un anello d’oro con la pietra rossa, un filo di granato fino di numero trenta cinque, quattro fila di granata con tramezzi d’oro che stanno dentro un cassettino. - [segue elenco di altri vari oggetti liturgici] - Un vestito venduto e il pallio anche venduto, il panno di battezzare anche venduto. Va precisato che, di questo elenco, alcune voci risultano cancellate con una linea e che a margine delle stesse, con inchiostro di diverso colore, è annotato “venduto”. Nell’ultima

pagina di questo bifoglio si trova in effetti la spiegazione di detta vendita; si legge infatti: «per fare la corona alla detta immagine dette robbe si sono vendute dalli revv. deputati canonici d. Francesco Incantalupo e d. Orontio Fanelli alla signora Portia Rossi et altri, e del ritratto si è comprata la nuova corona alla Madonna di Corsignano in presente anno 1698, et si è consegnata alli sacristani d. Giovanni Stefano Buonvino e Giuseppe Cellamare». I libri dei conti del Capitolo Cattedrale del 1698 non riportano nulla al riguardo. Forse perché, per le spese connesse al culto della Madonna che si andava incrementando in quegli anni, veniva tenuta una contabilità a parte? Sinora non ci è dato saperlo. Comunque va detto che nel 1954, in occasione del restauro dell’icona della Madonna di Corsignano, già si ipotizzò che essa fosse stata guarnita di corona. Nel testo della relazione di restauro pubblicata a cura dell’allora sindaco prof. Vincenzo Rucci infatti si legge: «L’aspetto del Quadro di Maria SS. di Corsignano, quale si presentò all’occhio del restauratore nel momento in cui esso venne consegnato a Bari per i lavori di restauro, era quanto mai desolante […] In due punti in alto si notava la presenza di tasselli di legno e di chiodi di ferro arrugginiti conficcati nel Quadro, che, in tempi lontani, dovevano forse essere serviti alla sospensione di una corona di oro sul capo della Madonna». La nuova nota archivistica del 1698 quindi conferma che era segno di devozione l’apposizione di una corona sul capo della Vergine anche nelle immagini pittoriche, nonostante è più scontato pensarla su opere scultoree, lignee o calcaree, ma comunque a tuttotondo. Non peraltro anche il quadro della così detta “Madonna pellegrina”, una volta


FIG.1 utilizzato tutte le domeniche dell’anno per questuare in paese per la festa della Madonna di Corsignano, ed oggi esposto nello studio del sindaco, era arricchito dalla presenza di corone argentee sul capo della Vergine e del Bambino, rimosse durante i restauri del 1993 per offrire una visione completa dell’immagine. Pare quindi opportuno accennare all’usanza della “coronatio” delle immagini sacre. Nei territori dell’Impero bizantino, con l’affermazione del cristianesimo, tale rito riproponeva la cerimonia di incoronazione dell’Imperatore e dell’Imperatrice il cui ruolo era quasi sacro. Lo stesso sacro valore era attribuito alle corone poste sul capo della statua raffigurante la Madonna. In Occidente, nel corso del Medio Evo, la “coronatio” di immagini di santi e della Vergine, si collegò poi alla devozione mariana. I pontefici, che inizialmente si limitavano a concedere indulgenze a chi avesse partecipato a tali manifestazioni, solo dopo il concilio di Trento provvidero a regolamentarle, stabilendone norme precise, grazie anche al loro incremento favorito dalla predicazione di Pierantonio Paulucci. Nato a Forlì il 5 giugno 1552, Pierantonio Paulucci all’insaputa dei genitori a 18 anni entrò nell’ordine francescano dei Cappuccini ove, con il nome di fra Girolamo, ricoprì ruoli di un certo livello che ben presto però rifiutò per dedicarsi a tempo pieno alla predicazione nella quale si distinse per lo zelo e «per lo studio particolare che faceva per propagare il culto» della Vergine Maria. Nel corso della sua opera missionaria, convinto che le sue predicazioni sarebbero risultate più efficaci e comprensibili con l’utilizzo di scene “teatrali”, le arricchiva con suggestive manifestazioni e invitava poi i fedeli ad elargire consistenti elemosine che utilizzava per la confezione di corone da porre sulle immagini mariane nel corso delle processioni. Questa cerimonia riscosse subito tale successo che il frate venne ben presto soprannominato “Apostolo della Madonna” o anche “altro San Bernardo” (è nota la devozione mariana di questo Santo celebrata da Dante nel XXXIII canto del Paradiso con la preghiera “Vergine madre” posta sulle labbra del Santo) e fu chiamato in varie città italiane per curarne l’esecuzione con l’appoggio di

alti prelati con i quali mantenne stretti rapporti epistolari. Fu egli a ribadire che l’incoronazione non era necessariamente legata alla presenza di una statua, ma che era possibile effettuarla anche con semplici immagini della Vergine dipinte sui muri o su drappi. In pochi anni vari confratelli seguirono il suo esempio, e la predicazione così impostata, con la promozione del culto mariano, divenne più incisiva soprattutto in quei paesi dove più alta era la presenza protestante. Nella lotta contro l’eresia protestante, oltre ai francescani, particolarmente attivi nella seconda metà del XVI secolo erano anche i “nuovi” ordini religiosi, specie i Cappuccini e i Gesuiti che fecero loro tali iniziative. Nel corso del XVII secolo poi le spettacolari manifestazioni delle “coronationi” di Maria, furono sempre più spesso volute anche dai vescovi diocesani. In particolare poi con papa Urbano VIII (1623-1644), venne affidato ad un delegato del Capitolo Vaticano il compito di vigilare sulle manifestazioni mariane, tra le quali le incoronazioni e, a partire dagli anni trenta del Seicento, le “coronationi” poterono essere celebrate solo dopo autorizzazione della Santa Sede e del Vescovo diocesano, che avevano tra l’altro l’obbligo di far partecipare un proprio “controllore” nominato ad hoc. Alle manifestazioni mariane di “incoronazione” era tradizione invitare, oltre alle maggiori personalità ecclesiastiche della diocesi, anche i rappresentanti del potere politico locale, e i feudatari. Presso l’Archivio di Stato di Milano è conservato un importante documento del 1657 che ci aiuta a capire come si affermò questa tradizione religiosa dell’incoronazione delle statue delle Madonne, che nel corso del XVI e del XVII secolo ebbe una espansione impressionante in tutti i paesi dell’Europa cattolica e anche extraeuropei, al punto che si è calcolato che, tra il 1631 e il 1950, ne sono state effettuate oltre mille. Sarebbe interessante scoprire se e quando anche in Giovinazzo sia avvenuta una celebrazione di tal fatta per incoronare “ufficialmente” la Madonna di Corsignano. Per arricchire ulteriormente la storia del culto della Madonna di Corsignano torniamo quindi a parlare della sua effigie. Più volte su queste pagine abbiamo segnalato e riproposto le foto degli ex voto, delle litografie e di altre immagini custodite da privati, evidenziando come esse non ripropongano l’immagine dell’icona bizantina così come essa appare oggi ai nostri occhi, probabilmente poiché gli autori che le realizzarono si ispirarono all’icona così come loro appariva, alterata cioè per i vari restauri/ridipinture subiti nel corso del tempo. In merito a ciò si veda quanto riportato nella già citata relazione di restauro edita a cura del prof. Rucci, dove appunto si legge che nel 1954: «La superficie del Quadro […] presentava qua

FIG.2


FIG.3 e là, specie nella parte inferiore, larghe tracce di muffa, dovute ad infiltrazioni di umidità verificatesi allorché, nei secoli scorsi, l’antica edicola veniva lavata con acqua e sapone. La superficie poi appariva tutta rigonfiamenti e avvallamenti. L’esame tecnico del Quadro dette la seguente spiegazione del fatto: essendo corroso in maniera molto grave il legno nella facciata anteriore ed essendovi verificati dei vuoti sulla superficie, inesperti restauratori, succedutisi nei secoli, avevano riempito quei vuoti con un impasto di minio, carbone vegetale polverizzato, segatura di legno e colla da falegname. […] Il volto della Vergine, miracolosamente scampato a tanto scempio, appariva in uno stato preoccupante. Varie mani di colore si erano sovrapposte alterando il disegno e il colorito originale; numerosissimi fori, praticati dai tarli, erano sulle guance e sul naso: per l’azione dei tarli una vasta zona di legno, sul labbro superiore, era sprofondata. Il colore

dell’assieme, rovinato in più punti, aveva fatto perdere al volto della Vergine la sua grazia e la sua misteriosa pensosità, facendole assumere un’espressione quasi arcigna. […] In tali condizioni era a noi pervenuto il Dipinto di Maria SS. di Corsignano: i vari restauri succedutisi nei secoli, compiuti da gente inesperta e con tecnica primitiva, anche se operati con senso di religiosa pietà, avevano finito col rovinare in maniera pressoché irrimediabile il miracoloso Dipinto». Prima che l’icona fosse racchiusa nel 1737 nella prima edicola di argento, dovevano essere state realizzate le varie copie che, come abbiamo appena detto, non ripropongono l’attuale l’immagine della tavola bizantina. Per l’impostazione grafica e le scelte cromatiche, all’iconografia di dette riproduzioni rimandano altre due immagini che grazie alla gentile concessione dei proprietari, qui pubblichiamo per arricchire la galleria fotografica delle immagini mariane dei giovinazzesi, testimonianza della loro incrollabile fede, già edita come inserto al numero di agosto 2017 di questa testata. Si tratta di un affresco (fig. 1) nel quale sono raffigurati solo la Vergine ed il Bambino, e di una tela (fig. 2) nella quale, come in alcune tavolette ex voto, oltre alla Madonna con il Bambino, sono effigiati il Padre Eterno e San Nicola di Bari, tela che probabilmente una volta era esposta in una edicola votiva di qualche strada della nostra città. Cogliamo l’occasione per pubblicare anche altre due immagini, precedentemente non segnalate. Una (fig. 3) è visibile a chiunque transiti in via Luciano Pignatelli, angolo via Francesco Rucci, poiché è inserita in una nicchia costruita appositamente su un balcone del primo piano, per auspicare sempre eterna protezione su quella casa. L’altra (fig. 4) opera di Fedele Marrano, che appare identica a quella dello stesso artista esposta nella sede del Comitato feste patronali, è invece gelosamente conservata dalla famiglia Amoia-Mastrofilippo che l’ha ereditata dallo scalpellino Tommaso Bonvino (nipote dell’autore); questa famiglia da alcuni anni davanti ad essa si raduna per la novena in un locale di via Ignomiriello, e non più, come aveva fatto fino al 1964, presso la propria abitazione in via Cairoli, angolo via Leoni.

DIEGO DE CEGLIA

FIG.4


UN SANTO SDEGNO ENNESIMO EX VOTO SCOMPARSO Mentre andiamo in stampa ci giunge la notizia della scomparsa dalla chiesetta del Padre Eterno di un ex voto, segno tangibile della devozione dei marinai giovinazzesi verso la Madonna di Corsignano. Si tratta del modellino di un brigantino goletta a due alberi, veliero attrezzato con bompresso, ovvero albero sporgente fuori della prua e inclinato sul mare di circa 20°, una cui foto, sebbene non di primo piano, è per fortuna inserita nel catalogo Gli ex voto a Giovinazzo curato da Beatrice Andriano Cestari nel 2000. La scomparsa del modellino, che dopo i lavori di restauro della chiesetta curati nel 2005 dal Comitato feste patronali presieduto dal compianto Luciano Minervini era stata collocata sulla seconda parasta a sinistra, è stata notata solo agli inizi di agosto in occasione della riapertura della chiesetta, che lo scorso anno è rimasta chiusa al pubblico causa pandemia covid. In base a dati certi (data di creazione del file di una foto digitale), la sparizione di detto ex voto dovrebbe essere successiva all’agosto del 2018. Non ci è dato sapere se dopo tale data l’accesso della chiesetta sia stato forzato da ignoti. Come devoti alla Madonna, ne auspichiamo la restituzione … anche in anonimato!




echi

del

mese

DI

GIANGAETANO TORTORA

IL CONSIGLIO COMUNALE GRATIFICA IL LGT BONVINO, L’ASS. 2HANDS E GLI OPERATORI ECOLOGICI DELL’IMPREGICO 28 luglio Tre gratifiche concesse all’inizio della seduta del Consiglio comunale svoltosi il 28 luglio, come segno di gratitudine per chi si è particolarmente prodigato a favore del nostro territorio. Sono stati infatti premiati con pergamene: il luogotenente dei carabinieri, in pensione, Nicola Bonvino (per tanti anni in prima linea sul fronte della sicurezza e al quale è stato proposto il titolo di Cavalierato); i giovani dell’associazione 2hands Giovinazzo (di cui abbiamo più volte documentato il costante impegno nella pulizia ambientale di campagna e costa); gli operatori ecologici dell’Impregico (indispensabili ai fini della corretta esecuzione della raccolta differenziata). 24 luglio CONCORSO POESIE DIALETTALI

Cerimonia di premiazione della 7^ edizione del concorso di poesie dialettali organizzato dall’associazione culturale Touring Juvenatium, in collaborazione con la fondazione Piscitelli D’Agostino e col patrocinio dell’Amministrazione Comunale, presso l’oratorio Giovanni Paolo II della parrocchia San Domenico. Il tema di questa edizione (rinviata da dicembre a luglio per i noti

motivi di emergenza sanitaria) è stato: Da l’ambasciéte de matremonie o spenzalizeie. Dodici i componimenti in gara, splendidamente supportati da filmati e vestiti dei matrimoni dell’epoca e preceduti dal racconto di una bella storia da parte di Vincenzo Camporeale. Davvero apprezzata, oltre alla declamazione dei componimenti in gara, anche la parentesi culinaria, con spiegazione e degustazione dei dolci dei matrimoni del passato a cura dei maestri pasticceri


Nicola Giotti e Damaride Russi. Di seguito i nominativi dei premiati. Premio originalita’: Antonio Labombarda con La parlete de l’ambascete. Premio merito: Myriam Maria Massari “U litt d la zeite”. Premio musicalita’: Luigi Piscitelli La storie di Marì e Giuan. Terzo classificato: Rita Schino La storie de Felomene. Secondo classificato: Elisa Raguseo A Rosette. Primo classificato: Giuseppina De Martino La zete ca nan petaive acchie’ marete. 26 luglio CINQUE NUOVI VIGILI URBANI AL COMANDO DI POLIZIA LOCALE

Sono cinque i nuovi vigili urbani entrati nel Comando della Polizia Locale di Giovinazzo, quali vincitori del concorso bandito dal Comune. Si tratta di 3 donne e 2 uomini (eccoli nella foto con il neocomandante Raffaele Campanella, durante l’incontro con il sindaco Tommaso Depalma e la Giunta comunale). 29 luglio - 1° agosto DOPPIO APPUNTAMENTO CULTURALY

delle Cene d’Autore, format che ha già riscosso notevole successo nelle passate edizioni. Dapprima lo scrittore barese Raffaello Mastrolonardo ha presentato il suo ultimo romanzo Gente del Sud (Ed. TEA), dialogando con la giornalista Marzia Morva; a seguire, si è tenuta una cena impreziosita dal panorama della predetta location dell’evento. Il succitato romanzo Gente del Sud - da agosto 2021 disponibile anche in audiolibro - racconta le molte incarnazioni che l’amore assume nella vita: l’amore appassionato, capace di superare ogni ostacolo e convenzione, l’amore per la propria sposa o il proprio sposo, per i figli, per la terra, per la roba, per il proprio Paese e le proprie idee. Il secondo evento organizzato da Culturaly si è svolto domenica 1° agosto sin dal mattino. In questo caso si è invece trattato di un appuntamento dedicato soprattutto alla creatività giovanile, intitolato Un Macello di colori: l’associazione ASD Sk8ong Team di Altamura ha presentato 12 writer pugliesi in una performance di graffiti; tutti insieme hanno dipinto le pareti dell’Ex Macello di Giovinazzo, sul Lungomare Marina Italia. Durante la giornata si sono poi esibiti anche i cantanti e ballerini Mc e Bboy in un Cerchio Libero, durante un open mic di freestyle e un free cypher di break dance. A seguire il dj set di Slyma. Per la prima volta il Lungomare di Giovinazzo si è quindi colorato di danza, arte e musica per una giornata all’insegna di una classica jam dai contorni hip hop. 1 agosto MEMORIAL MARCO MESSINA

E’ ripresa con due appuntamenti ravvicinati, entrambi patrocinati dal Comune di Giovinazzo e dall’Assessorato alla Cultura, l’attività dell’associazione Culturaly presieduta da Daniela Sala. Il primo 1° memorial Marco Messina al PalaPansini di viale Aldo Moro, evento si è svolto nella serata di giovedì 29 luglio presso il Lido organizzato da Mariano Casaburi (ex giocatore di hockey su pista) Marina Resort di Molfetta, palcoscenico privilegiato del ritorno in collaborazione con la società dell’AFP Giovinazzo e con l’aiuto


di tutti i partecipanti, tra cui la figlia Aurora, i fratelli Giuseppe e Vincenzo Montaruli e Marilina Messere. Così come giocatore di hockey era stato Marco Messina (morto nel 2008, all’età di 17 anni, in un incidente stradale a Molfetta). Quattro le squadre partecipanti. In pista anche il giovinazzese Domenico Illuzzi, campione d’Italia con il Lodi. Oltre a Messina, nel corso della manifestazione sono state ricordate altre importanti figure legate all’hockey giovinazzese: Pino De Musso, Angelo Beltempo e Giovanni Parato. 1 agosto TROFEO MASSIMO CERVONE - ANGELA ANDRIANO

Ph GiovinazzoTv

preparazione alla festività, che in occasione della ricorrenza della Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo. Tutte le celebrazioni si sono svolte all’aperto, con posti a sedere nel pieno rispetto delle norme anti-covid, e sono state officiate dal parroco della Concattedrale don Andrea Azzollini. Pur non potendosi celebrare le funzioni all’interno della chiesetta, il fascino del luogo e del rito si è avvertito comunque.

Ph Giovinazzo Viva

18^ edizione della Regata dei Gonfaloni, quest’anno intitolata a Massimo Cervone e a Angela Andriano (prematuramente scomparsi, sia pure per circostanze diverse, nel 2003). Un passo verso la normalità, a fronte dello stop subito lo scorso anno dalla Regata per l’emergenza sanitaria. La gara nelle acque di Cala Porto ha anche rappresentato l’unica tappa del 15° trofeo dell’Adriatico e dello Ionio. La squadra femminile e quella maschile dell’associazione vogatori Massimo Cervone, entrambe ringiovanite rispetto al passato, hanno ben figurato al cospetto dei più esperti vincitori (Il Palio di Taranto nella categoria femminile e la Ciurma di Vasto in quella maschile). I presupposti per un prossimo ritorno alla vittoria giovinazzese ci sono tutti… 2-7 agosto TORRI, CASALI E CHIESE: AGRO GIOVINAZZESE 1995 Questo il titolo della mostra fotografica realizzata dal Circolo culturale Leonardo alla Vedetta sul Mediterraneo. Tale iniziativa rientra nel contenitore culturale Giovinazzo tra storia e futuro promosso dalla Consulta col patrocinio dell’Amministrazione Comunale. Il Prof. Leonardo Soranna (presidente del suddetto Circolo) ha avuto cura di illustrare e spiegare le fotografie in mostra. La rassegna si è altresì proposta l’obiettivo di sollecitare la tutela dei manufatti, anche di un certo valore artistico-architettonico, presenti nell’agro locale. 3-6 agosto PADRE ETERNO: RITORNO ALLA TRADIZIONE Dopo un anno di assenza causata dalla situazione di emergenza sanitaria, i devoti sono potuti finalmente tornare alla chiesetta rupestre dedicata al Padre Eterno. Sia per il triduo in

6 agosto PREMIAZIONE DOMENICO ILLUZZI Serata di premiazione nel piazzale Aeronautica Militare, prima della prevista esibizione musicale del Vangel Tribute Queen (and Friends), per il giovinazzese purosangue Domenico Illuzzi, campione d’Italia di hockey su pista con il Lodi (ma che dal prossimo anno, dopo nove stagioni, vestirà la casacca del Forte dei Marmi). Illuzzi ha infatti ricevuto per mano del sindaco Tommaso Depalma una targa di riconoscimento da parte dell’Amministrazione Comunale, con la presenza sul palco anche della squadra Under 19 dell’AFP Giovinazzo, vincitrice dello scudetto di categoria lo scorso 20 giugno nella finale di Forlì contro il Follonica. 7 agosto XXIII CICLOTURISTICA

Clima meteorologico ideale per lo svolgimento della XXIII edizione della Cicloturistica – Pedalando per i Casali, organizzata dall’Associazione culturale Touring Juvenatium e tornata al suo format originale dopo l’edizione virtuale dello scorso anno a causa del covid-19. L’afa si è infatti presa…un giorno di ferie, a beneficio dei quasi cento partecipanti che hanno percorso 15 km nell’agro giovinazzese. Queste le 4 tappe della carovana partita da Piazza


Vittorio Emanuele II: Torre Lama Castello, Pagghiarone, Torre Daconto e Torre Mani di San Francesco. In tutti i suddetti siti i partecipanti sono stati illuminati dalle accurate spiegazioni fornite dalla dott.ssa Nunzia Stufano (Guida Turistica dell’Associazione). 10 agosto CARMEN MARTORANA AGENTE ESCLUSIVISTA NAZIONALE PER LA VIE FASHION WEEK DEGLI EMIRATI ARABI

Importante riconoscimento per la event manager Carmen Martorana: la titolare dell’agenzia di moda e spettacolo Carmen Martorana Eventi e presidente dell’Aps Ufficio Moda Italia sarà infatti esclusivista nazionale della Vie Fashion Week, la fashion week internazionale fondata da A Square London e organizzata con il supporto del Dubai World Trade Center e il Dipartimento Marketing del Turismo e del Commercio locali, ormai consacrata nel talent scouting dei giovani talenti. Ed a caccia di talenti italiani è Carmen Martorana, che dal 17 al 20 novembre prossimi sarà al fianco di designer e imprenditori che vorranno mostrare al mondo le proprie creazioni partendo dall’importante trampolino di lancio del Golfo Persico. Tale riconoscimento è arrivato solo a poche settimane dal rientro della Martorana da Dubai dopo aver curato, per la seconda volta, le relazioni istituzionali e le coreografie della sfilata evento per lo stilista Giuseppe Fata. Stiamo parlando del giovane designer noto come “il Genio dell’Arte sulla Testa” e come uno degli autori più significativi della scena contemporanea del fashion internazionale per la sua visione nel concepire dei copricapi che sono delle vere opere d’arte, il quale ha ricevuto per la seconda volta la prestigiosa statuetta del “Golden Lady Awards” 2021, ossia gli Oscar della moda e design di Dubai, alla presenza della famiglia reale degli Emirati Arabi e di autorità governative e istituzionali, personalità del mondo della moda, del cinema e dello spettacolo. Proprio Giuseppe Fata sarà membro del comitato consultivo, giurato ed ospite d’onore della Vie Fashion Week. 12 agosto SERATA SOTTO LE STELLE Buon successo di pubblico per l’interessante iniziativa organizzata dal Comune di Giovinazzo in sinergia con l’Associazione Andromeda del Planetario di Bari e la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bari, due giorni dopo la notte di San Lorenzo, presso l’area archeologica del Dolmen di S. Silvestro. Ossia una serata Sotto le stelle di Giovinazzo (questo il titolo dell’iniziativa) al riparo dalla calura della città, con splendide osservazioni ai telescopi di corpi celesti (tra cui Venere, la Luna con i suoi crateri, i noti pianeti di Giove e Saturno e le stelle dell’Orsa Maggiore). Il tutto con le sapienti spiegazioni e sotto la guida da

parte dell’astrofilo Pierluigi Catizone e dei suoi collaboratori. Non è inoltre mancata la visione a sorpresa di alcune stelle cadenti, per la gioia dei presenti. Alla serata è intervenuto anche l’architetto Del Conte della detta Soprintendenza, il quale ha fornito preziose notizie storico-architettoniche riguardanti il Dolmen. 16-18 agosto ARTE IN CITTA’

4^ edizione di Arte in città, Rassegna d’arte tra passato, presente e futuro, manifestazione inserita nel contesto del progetto Giovinazzo tra Storia e Futuro e organizzata per tre giorni consecutivi dall’Associazione Touring Juvenatium con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune. Location dell’evento, l’oratorio Giovanni Paolo II della parrocchia S. Domenico. Sei gli artisti che hanno presentato le loro opere (dipinti, manufatti e fotografie), tutti giovinazzesi: Giuseppina De Martino, Pasquale Mastandrea, Elisa Raguseo, Rita Schino, Angie Sterlacci e Mariella Valentini. Artisti scelti per la capacità di incuriosire, di provocare piacere estetico, di intrigare la mente e di testimoniare in modo originale lo spirito del tempo passato e moderno. Al termine della manifestazione è stato consegnato a ciascun partecipante un certificato di merito artistico, con relativa recensione. 20 agosto ASPETTANDO IL 30° GAMBEREMO - VIAGGIO NEI 5 RIONI

Ha riscosso grande successo l’iniziativa organizzata dall’associazione culturale Touring Juvenatium in sostituzione del Gamberemo, che per il secondo anno consecutivo non è stato possibile disputare nel suo format originale a causa del covid-19. In attesa di poter celebrare nel miglior modo possibile la 30^ edizione del Palio, una delegazione della Touring Juvenatium ha infatti viaggiato nei 5 rioni in sella a biciclette, accolta da striscioni, palloncini, bandierine, musica e cori delle tifoserie. La parrocchia San Giuseppe si è aggiudicata la targa per l’allestimento più creativo, ma per i 6 giudici la votazione non è stata affatto facile in quanto tutti gli allestimenti erano meritevoli di vittoria.


13 agosto TANTI AUGURI U.S. GIOVINAZZO Grande festa al campetto della parrocchia Immacolata per il centenario della gloriosa Unione Sportiva Giovinazzo, con la partecipazione di numerosi protagonisti di indimenticabili pagine di storia e di emozioni. In un’epoca nella quale il grande calcio potevi ascoltarlo solo in radio, senza perdere il contatto dal vivo con i beniamini locali. Andare al campo sportivo Raffaele De Pergola, anche per i più giovani tifosi, è stato infatti il primo rito della domenica pomeriggio. Poi sono arrivati lo stadio e le pay-tv… 20-22 agosto VITA DI MARE

20-21 agosto FIGURANTI CORTEO STORICO In mancanza del Corteo Storico, sempre a causa della nota situazione di emergenza sanitaria, l’associazione Pro Loco ha organizzato con il patrocinio del Comune di Giovinazzo eventi alternativi per rievocare l’atteso appuntamento del sabato della Madonna. Dopo la mostra dedicata ai costumi del corteo storico tenutasi presso la Sala San Felice dal 27 luglio al 5 agosto, è stata infatti la volta dell’iniziativa vi aspettiamo, in attesa del corteo, organizzata nelle piazze del borgo antico nelle giornate del 20 e 21 agosto. Più precisamente, sono state riproposte delle scene del corteo da parte di volontari vestiti con i costumi dei figuranti. GIANGAETANO TORTORA

L’associazione Culturaly ha organizzato per tre giorni (con il patrocinio del Comune) la prima edizione della mostra fotografica Vita di mare alla Banchina del porto di Giovinazzo. Trenta circa le foto esposte da parte di fotografi amatoriali e professionisti, raffiguranti un momento di vita qualsiasi legato al mare e alla nostra città; fotografi che hanno aderito con entusiasmo all’invito sui social da parte degli organizzatori. Il ricavato della vendita di tali foto verrà devoluto in beneficenza all’associazione «Statti tu!» di Cellamare, che si occupa di integrare la disabilità con servizi gratuiti verso i propri soci, mediante il lavoro sul territorio nelle scuole e nelle parrocchie.


la

novita

DI

AGOSTINO PICICCO

VERSO LA RIPARTENZA CON L’AIUTO DELLA MADONNA Piazza Vittorio Emanuele II si trasforma in una Cattedrale all’aperto. E la novità renderà indelebile il ricordo dell’evento Piazza Vittorio Emanuele II, durante la terza domenica di agosto, giorno in cui la città di Giovinazzo tradizionalmente festeggia la sua patrona Maria Santissima di Corsignano, ha assunto l’aspetto solenne di una cattedrale all’aperto, come ha detto il vescovo Domenico Cornacchia. La vastità della piazza, poi, ha consentito ai tanti giovinazzesi di rinnovare il loro appuntamento con la Patrona, peraltro trasmesso in diretta su Tele Dehon. Non si poteva per il secondo anno consecutivo rinviare questo appuntamento. Alla genialità del Comitato Feste Patronali, presieduto da Gaetano Dagostino, e della Chiesa locale, è stato affidato il compito di consentire tale incontro in sicurezza con il popolo giovinazzese, celebrando per la prima volta nella storia centenaria di Giovinazzo il pontificale in piazza. E la Madonna non ha mancato l’appuntamento. Verso le ore 19, in una piazza che attendeva i colori del tramonto, per avere un po’ di refrigerio dal caldo pomeridiano, si è affacciata quasi timidamente dal lato del Comune. Non era la consueta processione caratterizzata da mortaretti, applausi, addobbi floreali e altri elementi di colore, ma la città non ha voluto far mancare gli onori possibili alla sua Madonna: nell’essenzialità della “traslazione” della pregiata edicola, hanno fatto corona il sindaco e le autorità cittadine, i carabinieri in alta uniforma, la banda, i “portatori”. La gente, per quanto possibile, non ha potuto assistere alla sempre scenografica ed emozionante “uscita”, ma l’ha accolta in piazza cantando “Vieni o madre in mezzo a noi… cammineremo insieme a te verso la libertà”, quasi ad invocare la liberazione dalla pandemia. Il vescovo Domenico si è fatto interprete dei sentimenti di tutti e a Maria di Corsignano ha affidato la città e, dicendosi felice per questa celebrazione eucaristica in presenza e nel rispetto della normativa anti Covid, ha chiesto ai giovinazzesi di sintonizzare il loro cuore su quello di Maria e ha invocato “misericordia, tolleranza, riappacificazione” per la città. Non so se la scorsa estate, in cui l’epidemia del Covid già da qualche mese colpiva in modo subdolo e aggressivo il mondo intero, sia stata più triste rispetto a quelle degli anni precedenti. Secondo me è stata più povera perché il timore del contagio ci aveva privato degli eventi della tradizione secolare della nostra città, quelli che vivevamo da bambini e che

ogni anno non erano mai stantii ma risultavano sempre nuovi perché adeguati alla nostra maturità e alle nuove esigenze. Quest’anno abbiamo voluto recuperare quella ricchezza e quelle gioie che non abbiamo potuto vivere l’anno scorso. Anche se il virus non è completamente debellato e le paure per l’autunno permangono, una qualche normalità è stata raggiunta. Con la normalità è tornata anche la festa patronale che l’anno scorso aveva subito più forti limitazioni dal punto di vista della gioia condivisa nelle manifestazioni esteriori di omaggio alla Madonna di Corsignano. E’ questo sicuramente un segno di rinascita per chi ha avuto disagi, ha avuto perdite affettive, ha subito tracolli economici, ma soprattutto aveva perso la speranza dato che tutto sembrava instabile. Ora possiamo dire che la rinascita parte dalla festa. E con la festa, Maria di Corsignano ci ridona la speranza: la speranza di farcela, di ritornare a casa dopo lunghe assenza, di abbracciare i propri cari, di ritrovare gli amici, di trascorrere serate in allegria senza coprifuoco, di andare in spiaggia senza sospetti sul vicino di ombrellone. Ci dà la forza di guardare avanti nonostante i mesi burrascosi trascorsi: tre ondate di epidemia, un vaccino problematico dal punto di vista dei dubbi clinici e delle difficoltà organizzative di somministrazione, l’incoscienza (o la stanchezza) di chi non rispettava le regole, il crollo dell’economia e le difficoltà delle famiglie tra dad e smart working. L’anno e mezzo trascorso è stato molto difficile, anche se qualche cosa l’abbiamo imparata. Tra le cose che abbiamo notato è che non si può stare senza la festa patronale con tutto quello che rappresenta per la nostra comunità in termini di attaccamento alla Madonna di Corsignano, appartenenza cittadina, ritorno degli emigranti, eventi di intrattenimento e … segni puramente esteriori che fanno tanto bene all’anima come bancarelle, luminarie, concerti, bande, giostre. A maggio ci eravamo preoccupati quando abbiamo letto i comunicati che annunciavano il rinvio al 2022 della sagra del Panino della nonna, del Gamberemo, del Festival…in Porto, eventi importanti e consolidati nel cartellone della nostra estate, attrattivi per il turismo e destinati ad allietare la permanenza di chi rientra e dei residenti. Ma si possono capire le giuste preoccupazioni sanitarie ed economiche degli organizzatori di eventi che richiedono grande impegno. Ma la festa patronale è altra cosa. Anch’essa richiede notevole impegno economico, amministrativo e organizzativo, tanto più ora con tutta una serie di norme e attenzioni in più rispetto al passato. La Madonna si può onorare anche in altri modi - ne siamo consapevoli – ma la novità del pontificale in piazza, con la Madonna che guarda tutti con il suo sguardo dolce e buono, è servita a intenerire il cuore e a riprendere con passo più celere e motivato il nostro cammino. AGOSTINO PICICCO


AA GINO GINO STRADA STRADA

il mio diario DI DON PAOLO TURTURRO*

LE TUE PAROLE DEI BISTURI CONTRO COLORO CHE VOLEVANO RISOLVERE I PROBLEMI DEL MONDO CON LE GUERRE. HANNO ROVESCIATO BETONIERE DI CEMENTO E DI BOMBE SUI POPOLI E SULLE COSTITUZIONI DELLA LIBERTÀ. CEMENTO ARMATO È LA DEMOCRAZIA. NESSUNO PIÙ CREDE A RADDRIZZARLA. CHI PUÒ, IN QUESTO TEMPO, RADDRIZZARE LA COSCIENZA? CHI PUÒ RADDRIZZARE L’UNIVERSO? CHI QUESTA NOSTRA AMATA ITALIA? QUANTO HAI GRIDATO! QUANTA RIBELLIONE NEL TUO AGIRE! QUANTO OPERARE CHIRURGICAMENTE AL DI LÀ DEGLI OSPEDALI. EPPURE È POSSIBILE, SE OGNUNO DI NOI CON LA PROPRIA CORDA DI VOLONTÀ ASSUMESSE LA VITA QUOTIDIANA A VIVERE ONESTO. NULLA SO CAPIRE E NON POSSO NON OSARE. MI SI SPEGNE IL CUORE. NON VOGLIO MEDITARE ME STESSO. COME PENSARE COME CRISTO? QUANTE VIE PERCORRE L’UOMO E TU NE HAI FATTO DI STRADE. QUANTO DIVERSO SEI TU, O CRISTO. IN TE TUTTI RICOMINCIAMO DACCAPO. ALL’ADULTERA TI SEI PIEGATO COME MISERICORDIA AD ABBRACCIARE LA MISERIA. POI HAI EFFUSO:”VA’ IN PACE E NON PECCARE PIÙ!”. NOI INVECE: «VA’... E SEI CASTIGATO PER SEMPRE NELLE GUERRE E NELL’ODIO!». QUANTA DIVERSA È LA STRADA DI CRISTO E IO SONO APPENA ALL’IMBOCCO DELLA SUA AUTOSTRADA. ORA TU SEI GIUNTO ALLA META CHE IL TUO CUORE HA OPERATO. EMERGENCY ALL’ORIGINE È IL CARISMA CHE L’UMANITÀ HA BISOGNO.

*PRETE ANTIMAFIA


la

polemica

di Enrico Tedeschi

GIOVINAZZO, BORGO DI CHARME O POLLIPOLI? 5 coppettine 35 euro. Questo lo scontrino di un gelato superlativo in tutti i gusti proposti, anche perché assolutamente artigianale e fatto con ingredienti freschi e di primissima scelta. Quanto si può solo trovare forse al non a tutti noto Mokambo di Ruvo o, giusto qualche gradino più sotto, tanto a Giovinazzo che nella più celebrata Polignano, famosa anche per questo. Impossibile dirvi però il costo di una cena, visto che abbiamo deciso di non prenotarla più, non appena abbiamo saputo che Madonna, la mitica rockstar americana già alla sua terza venuta qui (e che speravamo almeno di intravedere se non di fotografare) era appena partita il giorno prima. Non una ragione sufficiente, però, a rinunciare in toto al programma, e quindi optare tra le diverse offerte gourmet per un giro di assaggini rigorosamente pugliesi e una pizza fantastica nella più economica risto–pizzeria della struttura. Senza però non regalarci, per chiudere in bellezza, il lusso di un drink stellato nel bar, con tanto di vista mozzafiato sulle piscine e musica di un dj in sottofondo, ancora aperto fino alla 1 per gli ultimi irriducibili della notte, ivi comprese le immancabili, in posti come questo, due o tre modelle o profumiere con i loro ricchi ed attempati accompagnatori. A questo punto tutti avranno capito che stiamo parlando del celeberrimo Borgo Egnazia di Savelletri. Ovvero la punta di diamante dell’accoglienza internazionale in Puglia, e praticamente sold out sino a fine agosto nonostante le sue camere da quasi 1500 euro a notte. Questo il racconto della serata di relax in questa oasi di quiete assoluta ed organizzatissima che ci siamo voluti concedere anche per sfuggire alla calca insopportabile, se non pericolosa, della nostra Città. Una pausa necessaria, ma anche cercata per un confronto a distanza tra due realtà se vogliamo assimilabili per definizione e persino dimensioni (Borgo Egnazia con i suoi 400 mila m2 non è molto distante, infatti, dal nostro famoso anche per le immagini pubblicate all’estero “Borgo antico”, se strettamente misurato come tale) ma oggi letteralmente agli antipodi per le scelte fatte a monte e finalizzate all’accoglienza e al turismo. Un discorso sicuramente da approfondire e che parte da lontano, questo, ma che spiega meglio di ogni altra cosa il come e il perché ci troviamo in una situazione a nostro avviso allarmante, al di là delle apparenze, sotto tutti i punti di vista. Al di là dell’episodio di cronaca di baby bullismo ai danni di un vigile urbano (ma che la dice lunga sui probabili retroscena culturali e sociali e alle frequentazioni per cui è maturato) è di questi giorni pure

la polemica montata dall’opposizione che non ha esitato a tacciare l’Amministrazione di falso a fini di propaganda per un’ordinanza anti bivacco (sic!) e la querelle circa gli orari delle emissioni sonore dei locali che alla fine ha visto persino schierati l’uno contro l’altro alcuni esercenti tra loro. “Cambiare perché nulla cambi” nulla è cambiato più di tanto dopo il blitz isolato delle forze dell’ordine che sembrava orientato a sventare almeno gli assembramenti più pericolosi di quei giovani che, da ogni parte della provincia e non solo, piombavano a migliaia ogni sera qui ad animare una movida da discoteca “o si affollavano persino per strada davanti a locali di sola mescita” in cerca di un po’ di sballo. Né nessuno ne ha più parlato più di tanto. Eppure tutti rigorosamente senza mascherina, quasi per loro fosse in vigore una “Green Spass” che li esenti da qualsiasi precauzione, è ancora questa la gioventù in giro fino a notte inoltrata. Né tantomeno si è parlato di dehors dilatati all’infinito e strade chiuse o di gazebo, chioschi, chiringuitos o pseudo ristoranti improvvisati persino dentro o a ridosso di un centro storico sempre più svilito, dove si aprono porte delle meraviglie e i lastrici solari si trasformano in veri e propri terrazzini attrezzati secondo il gusto del padrone. Aggiungici “case vacanze” non sempre a formula certificata e, sembrerebbe, persino qualche garage prestatosi all’ospitalità “di fortuna”, ed ecco Giovinazzo trasformarsi in una piccola Gallipoli, quasi una Pollipoli a fiammata estiva, anziché puntare su un piano anche a breve termine che ne faccia un Borgo di charme che richiami vero turismo colto e raffinato per tutto l’anno, come avviene per quel Borgo che abbiamo usato come esempio virtuoso. Un “tana liberi tutti” per un Covid che non è finito, resta per ora solo il caos diffuso, senza regole e controlli, che stiamo ancora vivendo in questo scorcio di fine estate. È presto, perciò, per fare un consuntivo alla luce dei dati e dei fatti, ma una cosa sembra emergere e in maniera assolutamente bipartisan: siamo già in piena campagna elettorale per le elezioni dell’anno prossimo e nessuno si sogna di perdere consenso toccando tasti scomodi. Il vero tesoretto dei voti che possono fare la differenza è nelle mani dei commercianti e ristoratori a vario titolo, e dunque tutti cercheranno di accaparrarselo vantando meriti propri. E la società civile? Probabilmente ancora una volta sarà ostaggio delle scelte del vincitore, come è avvenuto con la rivoluzione smart che sta cambiando il volto e il futuro di una Città che potrebbe avere ben altro e migliore destino. ENRICO TEDESCHI


VINCENZO DEPALMA

DI

LA MIA II GUERRA MONDIALE

Mi chiamano Amarcord. Già, non esistono ricordi più amari che seguiranno in questa rubrica che mi ha accompagnato per una ventina d’anni. Sarò serio come non lo sono mai stato. Parlerò della Seconda Guerra Mondiale, un omicidio in grande dell’umanità. Quando, in televisione, mi capita di vedere scene di guerra e di gente affamata, il pensiero corre al periodo bellico da me vissuto tra il 1940 e il 1944. Quel periodo io l’ho vissuto in due località diverse: a Giovinazzo e successivamente ad Albano Laziale (e Roma). Premetto che non avevo padre e sono stato cresciuto da mamma, dai nonni e dalle zie che risiedevano a Roma e che hanno aiutato me economicamente e mio fratello. Quando scoppiò la guerra, le difficoltà di comunicazione diventarono talmente difficili che le zie decisero di mandarmi All’Istituto dei Fratelli Carissimi, vicino Roma, per farmi studiare e per avere la possibilità di mantenermi. Dopo queste premesse, appunto qualche ricordo della mia adolescenza bellica. L’inizio del conflitto passato qui a Giovinazzo è stato duro, ma tranquillo, ma poi anche da queste parti sono cominciate le paure. C’era il il vicino porto di Bari e le Acciaierie e Ferriere Pugliesi che potevano essere possibili obbiettivi strategici per i nemici. Ogni tanto squillavano le sirene di allarme, specie di notte, e tutti correvamo nei rifugi. Il nostro era all’inizio di via Bitonto dove, fino a qualche anno fa, era ancora possibile leggere la scritta Rifugio Antiaereo. Lì, in attesa della sirena del cessato allarme, noi ragazzi tentavamo di fare qualche giochino, le donne invece insieme a qualche adulto con il rosario in mano pregavano ardentemente il Signore e la nostra Madonna. Dopo tanti allarmi senza conseguenza, alla paura subentrò la curiosità. A Bari vi era il famoso treno blindato che, quando squillava l’allarme, si muoveva tra Bari e Giovinazzo. Lanciava verso il cielo razzi traccianti ed illuminanti e con potenti fari illuminavano il cielo alla ricerca di aerei, trasformando la notte buia in quella della festa della Madonna. Strano ma vero. Anziché correre ai rifugi, la gente comincio a correre in terrazza per godersi lo spettacolo. Il periodo però cominciò a diventare veramente brutto per altri aspetti. A quell’epoca in casa si faceva tutto con la farina, ma questa non la si poteva più vendere liberamente. Gli agricoltori che avevano piantato il grano dovevano conferirlo all’ammasso. La farina si poteva acquistare nei

Benito BenitoMussolini Mussolini

FOTO STORICA. La venuta del Duce a Giovinazzo negozi ma era razionata e con la tessera. Oltretutto la stessa era di pessima qualità perché abbondava di crusche ed altri intrugli che avevano preso il suo posto. Era quasi impossibile fare il pane o altri prodotti alimentari com’era consuetudine delle donne della nostra epoca. La farina buona si vendeva a contrabbando, ma per comprarla nge velevene tande terreise e chidde le tenevene le signeure e naune la povra ggende. Noi ragazzi, in piena età di sviluppo, sentivamo e pativamo la fame. Dopo tanti anni non rischiando più l’arresto, confesso che con altri amici Il pomeriggio eravamo soliti incontrarci per fare una passeggiata in campagna ma naune pe cangè l’arie, ma per poter rubare qualcosa di commestibile dai campi. Si faceva attenzione dove i contadini stessero lavorando, e se le condizioni erano favorevoli, uno di noi scavalcava u paraite e cercava di rubare sedani, finocchi, lattughe che lanciava furtivamente fore du paraite e che noi acquattati afferravamo al volo per portarli lontano dagli occhi indiscreti dei proprietari dei terreni. Non vi dico che buon gusto avevano quando li mangiavamo: senza lavalle, terrene e tutte. Qualche volta eravamo scoperti e la nostra fuga era accompagnata PINO GRASSO da improperi del proprietario dell’orto che non risparmiavano le nostre madri: figghie de p…! Questo periodo bellico, trascorso a Giovinazzo, finì con il mio trasferimento ad Albano Laziale. Nel collegio ho frequentato le medie. Albano era un paese tranquillo vicino ai colli romani: il 1944 però tutto cambiò. Tanti gli avvenimenti accaduti dopo lo sbarco degli americani ad Anzio che trasformò la zona in un inferno. All’inizio i bombardieri ci risparmiarono poi il 1° febbraio del 1944 ci fu il primo bombardamento su Albano.


Proprio sotto il nostro collegio vi era un rifugio enorme: una vecchia cava di pozzolana profonda 13 metri. Molti cittadini di Albano ne conoscevano l’esistenza e ne chiesero ospitalità. Si viveva tutti nello stesso rifugio, in quelle grotte trascorrevano le giornate e le nottate. Dalle pareti della cava di pozzolana scendevano lente gocce di acqua che finivano in una grossa cisterna e il ricambio d’aria, con tutte quelle persone non esisteva. Noi, in quelle condizioni, su giacigli improvvisati studiavamo, mangiavamo e dormivamo. Il mangiare consisteva in un piatto con un fondo di polenta (tutti i giorni). Il 2 febbraio arrivò il nostro turno: il bombardamento colpì l’istituto e le macerie tapparono l’uscita del rifugio. Per nostra fortuna, la cava aveva una seconda uscita e di qui, evitando le macerie con una certa difficoltà, riuscimmo ad uscire. A piedi, da Albano ci recammo a Castel Gandolfo dove vi era la residenza estiva del Papa, allora zona neutrale perché così era considerato lo Stato Pontificio. Ci misero a disposizione un salone che era il teatro della villa e misero per terra della paglia sulla quale dovevamo dormire. Dico dovevamo, perché il 2 febbraio, sui castelli Romani, senza coperte, il freddo ci faceva rimanere tremanti e infreddoliti. Il giorno dopo da Castel Gandolfo ci siamo recati, sempre a piedi, a Roma dove vi era la Casa Madre dei Fratelli Carissimi, sulla via Aurelia. Era un istituto molto grande tanto che gran parte di esso era stato requisito dai tedeschi che lo avevano trasformato in ospedale militare. Noi convivavamo con loro, talvolta regalavano all’istituto, cioè a noi, qualcosa da mangiare. Di quella permanenza a Roma mi è anche rimasto impresso un episodio terrificante per noi ragazzi. A Roma, successivamente al bombardamento del Verano, i tedeschi scoprirono uno sciacallo che depredava i cadaveri delle persone decedute in quel terribile bombardamento. I tedeschi, inflessibili, decisero di dare una lezione ad altre persone che potevano avere lo stesso vizio. Il malcapitato fu portato nel nostro istituto, ammanettato al tronco di un albero visibile dalla strada, privato dei vestiti e lasciato in mutande fino a

quando la morte non ebbe il sopravvento. Che lezione per la gente disonesta! Il periodo di convivenza con i tedeschi durò fino a quando le truppe alleate con gli americani non sbarcarono in Sicilia e cominciarono a salire l’Italia. Stentarono a superare Cassino, colle fortificato, ma anche quello finì col capitolare e i Liberatori arrivarono a Roma. Ricordo la stanchezza di quei giorni. Il nostro dormitorio era per motivi di sicurezza in un piano sotterraneo della via Aurelia. I carri armati tedeschi, impegnati nella ritirata, si spostavano di notte per non essere visti dalle truppe alleate. Le mura del dormitorio tremavano in continuazione al loro passaggio. Pensare di dormire era solo un sogno. I Liberatori, così erano chiamati i soldati americani vennero anche ad ispezionare il nostro Istituto. Era estate e sotto un sole cocente, li rivedo mentre con i calci dei mitra spainati aprivano le porte dei bagni che vi erano nel campo da gioco. Ricordo ancora con terrore che, mentre appartati assistevamo a questa operazione, sentimmo il sibilante rumore di un aereo che era stato abbattuto e che cadeva su di noi. Per fortuna deviò all’ultimo istante, lo vedemmo schiantarsi a pochi metri da noi. L’arrivo dei Liberatori fu una salvezza almeno alimentare. Sulle nostre mense rifece la comparsa il latte ed il pane cudde bianche. E’ passato un poco di tempo prima di familiarizzare con il nemico. Gli insegnamenti di cultura fascista e nazista avevano fatto presa nei nostri animi, difficile per noi pensare che un nemico potesse essere anche un nostro fratello, eppure tra gli americani non mancavano gli italiani. Il nazifascismo aveva iniettato odio nei nostri cuori. Ricordo ancora con quanta enfasi cantavamo La canzone dei sommergibilisti: «Andar per il vasto mar / ridendo in faccia a monna morte ed al destino / colpir e seppellir ogni nemico che si incontra sul cammino». Quest’ultima frase più che cantata era da noi urlata per dimostrare il nostro odio per il nemico. Per fortuna ora tutto è rientrato nella vita e non si parla più di guerra. Vi assicuro che queste parole immiseriscono il terrore dei sopravvissuti come me alla Seconda guerra Mondiale. Chiudo augurando a tutti buona pace!

FOTO STORICA

VINCENZO DEPALMA

GIOVINAZZO, PRIMI ’900 Ford Modello T, una delle prime auto presenti in paese di proprietà della Famiglia Messere Fotografia, archivio Michele Decicco


LA POP STAR MADONNA AFFACCIATA ALLA PERSIANA SUL MARE Tom il sindaco: «Questa è la Hollywood di Italia, la terra dei sogni» di Valentina Bellapianta “Pva mente, sapendo di mentire”. Tom Depalma invece non si discute, si ama. Ci ha fatto vedere il pane, il burro, il prosciutto affumicato e il Giro d’Italia durante la pandemia. Ci ha regalato una cascata di sogni contro la noia della tv. Questa estate, poi, ci ha regalato non la Madonna (quella la vedono un po’ tutti, senza andare a Medjugorje, a Giovinazzo basta alzare gli occhi e mirare una stella). Questa estate, Tom ci ha fatto vedere nientepopodimeno la pop star americana Madonna. Appena scesa dalla stazione, a bordo di un Treno Storico, partito dalla stazione di Fasano, molti l’hanno riconosciuta dallo sguardo che non si trattava di una missionaria. Dove andava? A festeggiare con tutta la sua famiglia i suoi 63 anni proprio a Giovinazzo, ribattezzzata «la Hollywood di Italia, la terra dei sogni» da Tom il sindaco. Prima però Madonna aveva lasciato detto che doveva affacciarsi per un istante dalla persiana sul mare di discovergiovinazzo. «E’ un modo per rafforzare l’universalità della lingua americana in barba agli accademici della Crusca di paese che si lasciano volutamnete disorientare da quella scritta» - si è lasciata scappare la pop star mentre si faceva fotografare in esclusiva per La Piazza con il suo giovane fidanzato, il 26enne ballerino Ahlamalik Williams, condividendo un cornetto di panna Algida. Ad aspettarla, c’era-

GIOVINAZZO, MADONNA E il 26enne fidanzato ballerino AHLAMALIK WILLIAMS, mnetre condividono un cornetto alla panna dell’Algida

no il sindaco e il Presidente del Consiglio con gli occhi rossi e il cappello in mano a salutare chi per un poco, senza pretese, stava portando l’amore nel paese. Da qui ha avuto inizio la festa. Un party sopra le righe, celebrato all’esterno del dehors Lo Zio, ad un tiro di schioppo dalla persiana più famosa nel mondo. «È stata una serata meravigliosa piena di amore, arte e passione in locale che ti fa respirare il sale del mare!», ha confidato Madonna sempre al fotografo de La Piazza. Le foto in nostro possesso (saranno cedute al New York Times) ritraggono la star in diversi momenti della serata, dai preparativi del suo look, fino al soffio delle candeline su una imponente torta a forma di croce. Insieme a lei anche tutti i figli: Lourdes Leon, Mercy James, Stelle e Estere Ciccone, Rocco Ritchie e David Banda. Madonna ha cenato e ha cantato Bella ciao con il gruppo di musicisti locali I Nati Stanchi. Poi un salto nel borgo medioevale, tra bifore, archi, scalinate, cortili segreti, ville pensili, palazzi monumentali. Infine, la corsa di ritorno alla stazione a bordo del treno storico messo su dalle Ferrovie dello Stato tutto per lei, tra chi le mandava un bacio, chi le gettava un fiore. Così è andata via Madonna ai tempi del coronavirus portando a spasso per il paese per un giorno l’amore sacro e l’amor profano. FAKE NEWS A CURA DELLA REDAZIONE


onorificenza

La consegna delle civiche benemerenze in occasione della festa patronale Domenica 22 agosto, durante i festeggiamenti per Maria Santissima di Corsignano, in Concattedrale è avvenuta da parte del sindaco Tommaso Depalma e del presidente del Consiglio comunale Alfonso Arbore, alla presenza della Giunta comunale e di vari consiglieri, la consegna della civica benemerenza alla memoria per Luigi Scivetti, sindaco di Giovinazzo negli anni Settanta, e per Giuseppe Tulipani, primo Garante per i diritti dei disabili della Regione Puglia, scomparso lo scorso anno. La terza benemerenza è stata conferita allo scrittore Agostino Picicco, che tra i legami con Giovinazzo ha citato anche la collaborazione con la nostra testata. In tal modo l’Amministrazione comunale ha inteso omaggiare e ringraziare chi, in vari ambiti di impegno civile, sociale e culturale, si è distinto per aver operato in vista del bene e della crescita della comunità cittadina

19 luglio 2021 FRANCESCA DITILLO Dottoressa in Lettere, corso di laurea triennale in Cultura letteraria dell’antichità, Università degli Studi di Bari, con votazione 110 e lode «Auguri per proseguire negli studi e nella vita con la determinazione e la bravura che ti caratterizzano. Siamo orgogliosi di te» I genitori Nicola e Maria Teresa, con Cosimo


Leggi

le

Leggi

DI

FRANCESCA ROMANA PISCIOTTA

Green Pass, tutto quello che c’è da sapere Con un iter legislativo non privo di difficoltà ed accompagnato da polemiche che non sembrano destinate a sopirsi, il 6 agosto entra in vigore il green pass. Al momento è stato approvato in Consiglio dei Ministri anche un nuovo decreto che introduce misure urgenti, a partire dal 1° settembre 2021, per l’esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, dell’università e dei trasporti. Dal 6 agosto quindi è necessario presentare il green pass per accedere a ristoranti al chiuso, palestre, piscine, centri termali e altri luoghi dove c’è il rischio di assembramento, come cinema, teatri, sale da concerto, stadi o palazzetti sportivi. Il green pass è necessario anche per eventi, convegni e congressi. Resta aperto il dibattito politico se introdurre la carta verde anche per il trasporto pubblico e l’accesso ai luoghi di lavoro. Su quest’ultimo punto, i ministri Orlando e Speranza si sono seduti al tavolo con i sindacati per un confronto sui protocolli e le vaccinazioni nei luoghi di lavoro. L’obbligo di green pass non dovrebbe essere nel prossimo decreto, perché Cgil, Cisl e Uil temono possa essere usato dai datori per licenziare o demansionare. Nelle intenzioni del Governo fin da subito il green pass sarebbe dovuto essere una sorta di lasciapassare, un documento che, attestando lo stato di salute o la presenza di certi requisiti di immunizzazione dal Covid, dal un lato avrebbe consentito gradualmente il ritorno alla vita normale, dall’altro avrebbe incentivato anche i più scettici a “fidarsi” dei vaccini approvati dal Ministero della Salute. Dopo poco più di tre mesi, complici le varianti del virus che spaventano tutta l’Europa, e il timore di una possibile quarta ondata a partire dall’autunno, sembra che i confini di applicazione del green pass si siano notevolmente ampliati, suscitando un vespaio di polemiche, che hanno riguardato da un lato gli aspetti relativi alla privacy, dall’altro i diritti costituzionalmente garantiti di auto determinarsi e di non essere sottoposti a trattamenti sanitari obbligatori in assenza dei presupposti di legge, ed infine quella nutrita parte della popolazione che si definisce “no vax. GREEN PASS E CERTIFICATO DIGITALE VERDE EUROPEO Il green pass è un documento, rilasciato dal Ministero della Salute, che attesta che il possessore ha avuto il Covid e ne è guarito, oppure si è sottoposto a tampone in tempi recentissimi, ed è risultato negativo al virus, o infine che è stato immunizzato con una o due dosi di uno dei vaccini autorizzati dalle Autorità Sanitarie e dall’Unione Europea. Una sorta di vero e proprio lasciapassare, dunque, pensato per contenere il diffondersi del virus Sars-Cov-2 senza dover rinunciare al ritorno alla normalità. Tra le esigenze di riaprire le attività economiche e far ripartire un Paese che per molte attività si trova ai limiti dell’irreversibile chiusura, quella di tutelare la salute della collettività, bene primario ed irrinunciabile, ed infine quella di salvaguardare il diritto dei singoli ad auto determinarsi, il Governo, anche a seguito del via libero definitivo dell’Unione Europea, ha ritenuto prevalente l’interesse della collettività optando quindi per l’obbligatorietà del certificato. Contemporaneamente, il Parlamento Europeo ha in seduta plenaria ha approvato il nuovo Regolamento sul Digital Covid Certificate, che dal primo luglio di fatto coincide con il green pass nostrano, e che permette di spostarsi (quasi) liberamente tra i Paesi Schengen. Il nuovo Regolamento, come di consueto, è vincolante ed applicabile direttamente in tutti gli Stati membri, senza bisogno di decreti attuativi, ma ciò non vieta ai singoli Paesi, come ha fatto per prima la Francia, ed a seguito anche l’Italia, di ampliare ulteriormente le applicazioni del certificato con leggi ad hoc. Per non contravvenire ad uno dei pilastri dell’Unione Europea, che è il principio di libera circolazione dei cittadini al proprio interno, il Parlamento ha stabilito che il certificato verde non è da intendersi come una condizione imprescindibile per viaggiare, ma solo come uno strumento di facilitazione, in presenza del quale sarà possibile spostarsi senza dover sottostare ad ulteriori misure sanitarie restrittive quali l’isolamento fiduciario all’ingresso o l’obbligo di ulteriori tamponi. Anche in questo caso, nulla impedisce ai singoli Stati membri di inasprire le condizioni per regolamentare l’accesso, per cui è bene in ogni caso verificare i requisiti richiesti dal singolo Paese di destinazione, prima di mettersi in viaggio. La prima versione del green pass in Italia, contenuta del decreto riaperture 52/2021, e successivamente integrata dal decreto anticipo riaperture 65/2021, dall’ordinanza del Ministero della Salute 8 maggio 2021 e dal D.L. 44/2021, stabiliva che tra le finalità ci sarebbero state quelle di spostarsi tra le regioni di colore diverso dal bianco in entrata e in uscita, per recarsi in visita nelle RSA e per partecipare a cerimonie e matrimoni. Tuttavia, le finalità specifiche del certificato non erano stabilite con chiarezza, permanendo una certa confusione anche nella comunicazione istituzionale, e la completa attuazione del provvedimento veniva lasciata all’emanazione di successivi decreti attuativi.

Non solo, ma poiché il Garante per la Protezione dei Dati Personali non veniva consultato in sede di approvazione del passaporto vaccinale, il Governo NEWS & veniva formalmente ammonito per TECH al questa mancata consultazione, che rapvostro presenta non già una mera facoltà, ma un obbligo di legge ogni qualvolta si servizio adottino provvedimenti che impattano sul trattamento dei dati personali e sui diritti e sulle libertà fondamentali dei cittadini in questo ambito. IL PARERE DEL GARANTE Con un primo parere emanato il 23 aprile scorso, il Garante ha mosso le prime serrate critiche all’impianto del green pass prima versione, lamentando in particolare il mancato rispetto del principio di minimizzazione del trattamento (troppe informazioni contenute nel certificato), l’indeterminatezza delle finalità del trattamento, la mancanza di indicazioni delle misure tecniche ed organizzative studiate per la protezione dei dati, in ossequio ai principi di data protection by design e by default, nonché la titolarità dei dati stessi e le autorizzazioni alla loro esibizione e controllo. Con successivo parere del 9 giugno, pur avendo riscontrato un miglioramento rispetto alle criticità emerse nella prima versione, sono state riscontrate ancora diverse discrepanze rispetto ai principi dettati dal Regolamento per la protezione dei dati personali. In particolare, la perdurante mancanza della definizione delle finalità del trattamento, cioè per quali circostanze ed in quali occasioni fosse lecito richiedere il green pass, in aperta violazione con l’art. 5.1.b GDPR, indispensabile per garantire i diritti e le libertà dei cittadini, che diversamente potrebbero essere sottoposti ad una sempre crescente limitazione della propria privacy, senza avere chiaro il motivo e senza vedere rispettato il principio di proporzionalità. Anche in questo caso, infatti, è necessario effettuare un bilanciamento tra i vari diritti ed esigenze in gioco (ed in particolare tra il diritto alla riservatezza ed alla protezione dei propri dati, specie di natura sanitaria, dei singoli, da un lato, e la salute pubblica e collettiva dall’altro). Il Garante ha quindi invocato la presenza di una riserva di legge, peraltro prevista dalla Costituzione, per evitare crescente discrezionalità ed iniziative “fai da te” da parte delle Regioni, ipotesi tutt’altro che remota, basti pensare alla Regione Campania, anch’essa ammonita dal Garante per aver introdotto l’obbligo di certificato verde per accedere ai servizi turistici e alberghieri, ai trasporti ed agli spettacoli. Anche il Comitato nazionale di bioetica si è espresso nella medesima direzione del Garante, ed in un parere del 30 aprile scorso ha sottolineato il pericolo che le Regioni o i Comuni potessero farsi portatori di iniziative locali, aggravando la discriminazione dei cittadini in base alla provenienza geografica. GREEN PASS: TUTTE LE REGOLE Il green pass è costituito da un QR Code, che può essere stampato su carta o in formato digitale sul proprio smartphone, che deve essere esibito per il controllo alle persone autorizzate. L’unico strumento di verifica del certificato è la app Verifica C19, che dovrebbe consentire solo di rilevare la validità e l’autenticità del certificato, senza informare quali sono i presupposti sulla base dei quali lo stesso è stato rilasciato. Soggetti che posso chiedere il Green pass. Gli unici soggetti autorizzati a chiedere l’esibizione del green pass sono: i pubblici ufficiali, il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi iscritto in apposito elenco, tenuto – anche in forma telematica – dal prefetto competente per territorio (art. 3, comma 8, legge n. 94/2009, n. 94), i titolari, o loro delegati, delle strutture recettive e dei pubblici esercizi per l’accesso ai quali


è prescritto il possesso di certificazione verde Covid-19, il proprietario o il legittimo detentore, o loro delegati, di luoghi o locali presso i quali si svolgono eventi e attività per partecipare ai quali è prescritto il possesso della certificazione verde, i gestori, o loro delegati, delle strutture che erogano prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali per l’accesso alle quali in qualità di visitatori sia prescritto il possesso della certificazione. Il titolare del trattamento è il Ministero della Salute, in persona del ministro pro tempore, ed è presso di lui che pertanto andranno indirizzati eventuali reclami ed esercitati i propri diritti previsti dal GDPR in materia di trattamento dei dati. Come si ottiene il Green pass Il green pass si ottiene in presenza di una di queste tre condizioni, alternative tra loro: aver avuto il Covid ed esserne guariti: in questo caso in certificato avrà validità di sei mesi a decorrere dalla data di emissione; aver effettuato un tampone rapido o molecolare risultato negativo nelle 48 ore precedenti l’utilizzo del certificato: in questo caso la validità è limitata all’evento per cui viene esibito; aver ricevuto almeno una dose di vaccino. In questo caso il pass si ottiene dopo quindici giorni dalla prima dose, o immediatamente dopo la seconda, ed ha validità di nove mesi a partire dalla seconda dose. Come scaricare il Green pass Le modalità possono essere varie. La prima, analogica, richiede la collaborazione del proprio medico di base competente o del farmacista, che aiuteranno tutti coloro che non sono in grado di scaricarsi in autonomia il certificato. Medico, ASL e farmacista saranno di aiuto anche in tutti i casi in cui i cittadini non dovessero ricevere i codici necessari per scaricarsi dal web la certificazione. In alternativa, è possibile utilizzare le app Immuni e IO (quest’ultima dopo aver passato il vaglio di sicurezza del Garante, che aveva rilevato criticità in merito al trasferimento all’estero di dati, criticità che parrebbero superate), il proprio fascicolo sanitario elettronico, oppure scaricare il pass direttamente dalla piattaforma nazionale www.dgc.gov.it. Nel caso in cui si scelga la procedura telematica, guidata e molto semplice, dopo il rilascio del green pass verrà inviato un sms o una email da parte del Ministero della Salute (il messaggio arriva solo via sms e email, non attraverso WhatsApp, quindi è necessario prestare attenzione ad eventuali messaggi di phishing, che già circolano in rete) contenente un codice univoco per recuperare e scaricare il proprio green pass (AUTHCODE). Sulla piattaforma nazionale si potrà accedere alla propria posizione utilizzando SPID, il codice univoco AUTHCODE, il codice del certificato di guarigione (NUCG), del tampone molecolare o rapido (CUN o NRFE) unitamente alle ultime otto cifre della propria tessera sanitaria, ovvero ad un documento di identità. Il pass scaricato in questo modo potrà essere stampato o salvato nella galleria delle immagini per una più rapida consultazione. NOVITÀ DAL 6 AGOSTO 2021 E CONCLUSIONI Sembrava che andasse tutto bene, che tutti i nodi fossero finalmente risolti, invece, complice la diffusione della variante Delta e le decisioni più stringenti prese dalla Francia, nei giorni scorsi il governo ha dato una ulteriore stretta alle regole per il green pass, stabilendone, a partire dal 6 agosto prossimo, l’obbligatorietà per l’accesso ai luoghi di ristorazione al chiuso, a palestre, cinema, teatri, musei, stadi e palazzetti per eventi sportivi o concerti. In pratica, si potrà accedere senza certificato solo ai trasporti locali, ai negozi e supermercati (almeno per il momento). Con il nuovo decreto, approvato il 5 agosto dal Consiglio dei Ministri, a partire dal 1° settembre 2021, il green pass è obbligatorio anche per personale scolastico, professori e studenti universitari. Il nuovo decreto impone l’obbligo del green pass anche per i trasporti a lunga percorrenza. Lo stato di emergenza è stato prorogato fino a fine anno, ed è stato introdotto un prezzo calmierato per l’effettuazione dei tamponi. Le reazioni a questa nuova stretta non hanno tardato a farsi sentire ed il popolo dei no vax, che ora è diventato dei no pass è immediatamente insorto. Pur senza dirlo specificamente, il nuovo decreto stabilisce di fatto una sorta di obbligo vaccinale: chi non ha avuto il Covid, infatti, a meno di non volersi sottoporre a tampone ogni volta che desidera entrare in un cinema o cenare al ristorante in una sera di pioggia, dovrà

obbligatoriamente sottoporsi al vaccino, ed infatti i resultati si sono immediatamente riscontrati: poche ore dopo il decreto del Governo, le prenotazioni del vaccino sono balzate di una percentuale compresa tra il 15 ed il 200% a seconda delle regioni. Da molte parti si è gridato all’attentato alla Costituzione, in particolare citando l’art. 32, secondo cui nessuno può essere sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio se non per disposizione di legge, ma altresì il diritto alla salute deve essere tutelato sia come diritto individuale sia come interesse di tutta la collettività. Parafrasando un detto comune secondo cui la propria libertà finisce dove inizia quella degli altri, è chiaro che ciascuno sia libero di agire o non agire per sé stesso secondo coscienza, ma la nostra legge fondamentale, così come il GDPR per quanto riguarda l’aspetto del trattamento dei dati personali, prevede la possibilità di limitare parzialmente le libertà fondamentali a vantaggio di interessi collettivi costituzionalmente rilevanti. Si tratta del principio di bilanciamento tra interessi confliggenti, che, unitamente al principio di ragionevolezza e proporzionalità del beneficio in rapporto alla limitazione, può portare a scelte solo in apparenza in conflitto con i diritti fondamentali. Tanto più che comunque il green pass offre una alternativa che, per quanto scomoda, permette ai contrari ad oltranza di evitare di sottoporsi al vaccino. Quello che resta da vedere, in pratica, sarà l’effettiva applicazione delle regole. Nonostante le multe salate previste per chi non rispetterà le norme (dai 400 ai 1000 euro), sia a carico dei cittadini, sia delle strutture che dovrebbero essere incaricate di effettuare i controlli, potrebbe essere non del tutto evidente che le dovute verifiche vengano effettivamente svolte da chi di dovere. Lo scopriremo solo vivendo, cantava Battisti, e credo non ci resti che aspettare di vedere l’evolversi di questa bizzarra estate 2021 che prosegue più che mai all’insegna dell’incertezza.

NOI DI NEWS & TECH SEGUIAMO

LE AZIENDE ED I PROFESSIONISTI

PASSO PER PASSO AL FIANCO DI UN TEAM DI COMMERCIALISTI.

SIAMO

DI SUPPORTO FOR-

NENDO SIA UN SOFTWARE AZIENDALE DI FATTURAZIONE CHE OGNI TIPO DI SERVIZIO PREPOSTO COME SEGRETARIATO , COMMERCIO ONLINE, WEB MARKETING, CONSULENZA INFORMATICA E TANTO ALTRO.

CONTATTACI

SENZA

IMPEGNO, SAREMO LIETI DI ILLUSTRARTI LE NOSTRE PROPOSTE!

CONTATTACI

PER UN COLLOQUIO

CONOSCITIVO E TI ILLUSTREREMO LE NOSTRE

PROPOSTE




uomini

e

sport DI GIANNI LEALI*

MAGHI E ANTIMAGHI DEL PALLONE Nella storia del calcio italiano, in particolare degli anni 60-70, ci sono stati i cosiddetti allenatori - maghi e quelli non maghi, ma, come i primi, altrettanto bravi e blasonati per i successi ottenuti. HELENIO HERRERA, che venne ingaggiato dall’Inter su espressa indicazione del presidente Angelo Moratti, era ritenuto un mago, un allenatore capace di fare miracoli, in possesso di poteri altissimi sul corpo e anche sull’anima dei suoi giocatori. Memorabili sono stati gli slogan motivazionali scritti di proprio pugno ed affissi negli spogliatoi in modo che i calciatori potessero costantemente averli davanti. Come pure i gesti e le frasi da rituale bellico che i giocatori erano tenuti a compiere e pronunciare prima di ogni partita. La grande Inter, che vinceva scudetti e Coppa dei Campioni, fu una sua creatura e a lui va riconosciuto il merito di aver trasformato il discreto terzino Picchi in un grande libero e aver lanciato alla ribalta i giovani Giacinto Facchetti e Sandro Mazzola. Anche ORONZO PUGLIESE, che portò il Foggia dalla serie C alla serie A, era considerato un mago, il mago di Turi, e venne persino nominato Commendatore dal Presidente della Repubblica Italiana. In panchina Pugliese era un vero e proprio spettacolo: urlava, gesticolava, addirittura rincorreva sulla fascia il suo giocatore che stava puntando verso la porta avversaria, ma così facendo riusciva ad infiammare il pubblico e a caricare i suoi giocatori fino all’inverosimile come accadde quando a Foggia il mago di Turi riuscì a battere per 3-2 la grande Inter di Helenio Herrera. Gli ottimi risultati con il Foggia gli valsero la chiamata alla Roma, dove, prima di ogni partita, era solito spargere del sale intorno alla propria panchina per cacciare via la sfortuna. Questa scena, che piaceva tanto ai tifosi, fu ripresa da Lino Banfi nel film L’allenatore nel pallone, il cui protagonista, Oronzo Canà, era ispirato proprio a Pugliese. Ed ora trasferiamoci sulle panchine degli antimaghi, cioè di allenatori di successo, ma senza i complessi di Pugliese o le astuzie psicologiche di Herrera. Al riguardo cito per prima Fulvio Bernardini,

PUGLIESE ED HERRERA maghi irresistibili di un calcio romantico che non c’è più! soprannominato Fuffo o il dottore per la sua laurea in Scienze Economiche, che è stato il primo allenatore italiano a vincere lo scudetto con due squadre diverse non torinesi o milanesi, la Fiorentina (1955-56) e il Bologna (1963-64). Essendo stato un grande calciatore, da allenatore era un tenace sostenitore dell’importanza della tecnica. Bisogna prima saper trattare la palla come se fosse un prolungamento del proprio piede e poi parlare di tattica e preparazione fisica. «Il calcio è essenzialmente tecnica»: era questa la dichiarazione d’intenti con cui Bernardini ha rias-

FULVIO BERNARDINI, il Dottore dei miracoli sunto la sua concezione del ruolo dell’allenatore di calcio.

NILS LIEDHOLM, il Barone rivoluzionario

Menziono anche come antimago, sebbene per sue questioni personali interpellasse un “vero mago” a Buscate, Nils Liedholm, un allenatore completamente diverso da Herrera e Pugliese. Soprannominato il Barone per la sua signorilità ed eleganza, era un tipo schivo, riservato, sereno, cordiale e sempre gentile con gli avversari, che elogiava anche quando venivano sconfitti sonoramente dalle sue squadre. Tra le squadre da lui guidate ci sono il Ve-


rona, il Monza, il Varese (con cui conquista una promozione in serie A), la Fiorentina, ma le panchine più importanti della sua carriera furono quelle del Milan e della Roma. Con il Milan, a cui è legata in gran parte anche la sua carriera da calciatore, formando con Green e Nordahl uno dei trii più GENIO famosi della storia del calcio,vinse lo storico scudetto della stella, mentre con la Roma, oltre a vincere uno scudetto e DELLA tre Coppe Italia, sfiorò il trionfo in Champions League per- PANCHINA, dendo in finale ai rigori contro il Liverpool. Nella storia del calcio italiano dal dopoguerra ad oggi, non c’è dubbio che il Nereo Barone sia stato uno dei tecnici più innovativi. Si devono a Rocco, el lui infatti, da un punto di vista tattico, le applicazioni della Paròn difesa a zona e del possesso palla, che nel calcio moderno applicata al calcio un po’ strana ma efficace. Per dire tutto utilizzano quasi tutte le squadre più forti. sul dolce stil novo di Rocco basterà ricordare che, prima E ora spostandoci in Sarde- della partita e durante l’intervallo, era solito caricare i giocagna, ai tempi di Gigi Riva tori in un modo abbastanza singolare e discusso, coprendoli, calciatore, troviamo un al- cioè, di insulti in dialetto triestino, la sua lingua ufficiale. tro anti-mago, MANLIO Risparmiava soltanto Hamrin, ala destra del Padova e Gianni SCOPIGNO, l’allenatore- Rivera del Milan, che considerava incensurabili per abilità filosofo, capace di far diven- tecnica e rendimento. Il primo segnava tanti gol, il secondo tare il Cagliari una squadra , oltre a segnare parecchi gol, era l’ispiratore di tutte le madi vertice di serie A, in gra- novre offensive con eccezionali passaggi smarcanti sopratdo di vincere addirittura lo tutto per le punte che così andavano spesso e facilmente a scudetto nel campionato rete. «Nessun debole per i due – fu però la risposta di Rocco 1969-70. Un vero e proprio ad un cronista- solo che Hamrin segnava una caterva di gol MANLIO capolavoro sportivo, otte- con il Padova e Rivera era determinante per i successi del SCOPIGNO, nuto peraltro senza fare mai Milan». Questi i reali motivi del loro eccezionale ed esageraun ritiro. Celebri , di quella to coccolamento, un tornaconto anche e soprattutto per lo il filosofo stagione magica, restano al- stesso tecnico». senza filtro cuni aneddoti. Come quella Ho citato in queste *GIÀ DOCENTE DI volta che Scopigno sorprende, all’una di notte, Riva, righe alcuni “ma- TEORIA E Albertosi, Gori e Poli a fumare come turchi in una camera ghi” e “non maghi” METODOLOGIA d’albergo mentre giocavano a poker alla vigilia di una parti- (dottori , filosofi, DELL’ALLENAMENTO ta importante. Vedendo tutto quel fumo, Scopigno chiese ai animatori poco colPRESSO LA SCUOLA suoi giocatori se poteva fumare anche lui una sigaretta, che ti) di un mondo afperò doveva essere l’ultima anche per loro. Il giorno dopo il fascinante come ALLENATORI DI COVERCIANO E Cagliari vinse 3-0. In effetti Scopigno, che da giovane aveva quello del calcio, ma PRESSO LA FACOLTÀ DI SCIENZE studiato filosofia all’università, lasciava ampio margine di tutti chiamati alle- MOTORIE libertà ai giocatori non solo nella vita privata, ma anche sul natori. terreno di gioco, lasciandoli liberi di esprimersi sia tecnicamente che tatticamente. Dissacrante, stravagante, anticonformista, amava la pittura, la musica e leggeva molto e di tutto. La sua professione era fare l’allenatore, ma sapeva operare una netta distinzione tra la professione e la vita serena da trascorrere nelle ore libere. E questa distinzione di interessi Scopigno tentò di insegnare ai suoi giocatori, Riva, il cannoniere, compreso. Infine, per completare questa classificazione dei grandi mister dell’epoca in esame, non si può non ricordare NEREO ROCCO, che ha ottenuto risultati strabilianti prima con il piccolo Padova e successivamente con il Milan, con il quale riuscì a vincere due scudetti e due Coppe dei Campioni portando in Italia per la prima volta l’ambito trofeo. Detto il Paron, cioè il padrone, termine dialettale che esprimeva al meglio il suo carattere burbero e severo che pretendeva sempre il massimo dai giocatori, aveva una capacità psicologica



polvere di stelle

«GIUANN AMMINE LA CNESS»

di Sergio Pisani

GIOVANNI DEPALO

Giovanni Depalo come 1955/56: LA MITICA metafora per i ragazzi che US GIOVINAZZO Allenatore: Catalano. In basso la maglia non giocano a pallone originale di Giovanni perchè attratti dal fascino Depalo il cui n. 2 fu cucito a mano dalle del campo in erba suore, Figlie della Carità Proprio quest’anno, Pallmodd, Tonello, Pinuccio Milella ci hanno fatto sentir tutto il magone per quella mitica US Giovinazzo che il calcio moderno si è portato via. C’era da festeggiare il suo centenario (1920 – 2021). Strano ma vero, ma la US Giovinazzo non c’è più da molti anni. Fatto ancor più strano che non c’è più nemmeno una squadra di calcio a 11. Presto però il rettangolo di gioco diventerà un manto d’erba sintetica (la Regione Puglia e l’Ente Comune hanno finanziato i lavori del Depergola per 650mila euro). Forse ritorneremo a vedere i Generoso, i Mastropasqua, i Milella, gli Ungaro, i Depalo? Già i Depalo che a Giovinazzo sono tanti come le stelle di Negroni. Ma c’era una stella su tutte che voleva dire qualità: Giovanni Depalo. Una stella che ha perso nella vita solo due grandi battaglie. La prima, la raccontiamo subito per chi ama tuffarsi nei ricordi sportivi. E’ il 1968, uno spareggio sul campo neutro di Lecce valevole per la promozione in IV Serie e perso 1-0, in pieno clima far west contro il Cerignola, riempì gli occhi gonfi di lacrime e il cuore di dolore i tanti tifosi giunti in trasferta con qualsiasi mezzo. Un po’ come successe 11 anni dopo, nel 1979, sul campo neutro della pista dei Pini di Follonica, per i tifosi dell’hockey su pista che videro scivolare via agli ultimi minuti lo scudetto perdendo 7-6 contro il Breganze. «Giuann ammine la cness» era un modo più aristocratico da parte dei tifosi giovinazzesi di incitare il proprio beniamino al grido di battaglia rispetto a quel «Giuann dang nu tuzz» dei barivecchiani che non volevano che Van Basten o Maradona sfuggisse alla marcatura di Giovanni Loseto, pupillo di Bari vecchia. Tant’è: «Giuann ammine la cness». E lui raccoglieva quello spirito tumultuoso della sua gente per attaccarsi alla casacca col cuore e avventarsi con spirito guerriero sugli avversari, annientandoli. «Giuann ammine la cness». Ed è successo più di una volta. Giovanni era un numero 2, come Bellugi, un terzino dalla buona tecnica e capacità di giocare a terra il pallone, un corridore che non amava solo l’anticipo e la marcatura dei leoni di area ma soprattutto le sgroppate sulla fascia destra al punto da far ammattire gli avversari, senza dimenticare poi il fiuto per il gol grazie alla sua potenza nel collo destro. E se di Bellugi tutti ricordano il famoso gol contro il Borussia Moenchengladbach in Coppa dei Campioni nel 1971 (stop di petto e destro al volo sotto la traversa), di Giovanni i più canuti del calcio ricordano un gol su tiro così forte da sfondare veramente la rete. Da lì nacque quell’aura di calciatore immortale per la sua «cness». Pare che la gente si recasse al Campo Vecchio di Giovinazzo come avrebbero fatto successivamente i baresi alla stadio Della Vittoria perché volevano vedere con i loro occhi quello che accadeva durante le partite. Ovvero andare al campo come andare al circo con la promessa di vedere Giovanni lottare contro i leoni dei campi polverosi di Puglia. Proprio come un altro numero 2, Mauro Bellugi, Giovanni ha giocato in Nazionale, quella però meno importante dei Dilettanti. No, per carità. Non ci dite che il paragone con Bellugi sia irriguardoso, azzardato. Sono due eroi diversi del calcio antico anni ’60 ma sempre eroi sono perchè nella vita hanno

perso solo una grande battaglia: quella contro il Covid (per Giovanni è stata la sua seconda battaglia persa dopo quella contro il Cerignola). Ma è immancabile per noi giornale di paese, ‘segnare’ con il profumo dell’inchiostro della nostra terra il ricordo di Giovanni, grande uomo, fuori e dentro al campo, perché torni di moda tra i più giovani, diventi magari un modello da imitare. Vogliamo che il coraggio di osare, il suo inno alla sofferenza, alla tenacia, al sacrificio per arrivare alla vittoria torni di nuovo attraverso i tackle in scivolata senza paura di cartavetrarsi i glutei sulla ghiaia dei campi di una volta. Senza Giovanni, adesso non c’è più una squadra di calcio a 11, nè i ragazzi che giocano a pallone perchè attratti dal fascino del campo in erba. «Giuann ammine la cness» anche a loro! SERGIO PISANI


il

fatto

DI SERGIO PISANI

DOMENICO ILLUZZI È UN GIOCATORE DEL FORTE DEI MARMI Il più forte giocatore italiano aderisce al Progetto Felicità, ideato da un gruppo di scienziati e imprenditori toscani. Punterà a vincere il Grande Slam nell’hockey su pista Domenico, gli abitanti di Lodi si chiamano Lodigiani. Quelli di Forte dei Marmi? Fortemarmini? Gli euro non hanno odore e lasciano interrotte le passioni. L’addio di Domenico Illuzzi da Lodi, dopo una lunga storia d’amore durata 10 anni per tempistica e modalità, segna nel 3° millennio un’epoca nell’hockey su pista, disciplina forse ai titoli di coda per visibilità e movimento. In 10 anni, per quella lunga storia d’amore, per attaccamento e professionalità al Lodi ho rinunciato al canto delle sirene di altre società che mi proponevano trattamenti interessanti. Il tuo ingaggio è su tutti i social. Secondo i tifosi lodigiani che ti hanno sempre amato, adesso sei un piccolo Donnarumma dell’hockey. Molti tifosi ragionano col cuore. Fossi stato un piccolo Donnaruma, ripeto, già sei - sette anni fa mi sarei lasciato sedurre da proposte più allettanti. I tifosi dimenticano presto la natura del giocatore, parlano di separazione improvvisa senza conoscere le problematiche all’interno della società. Diciamo magari che la tua storia è simile a quella di Messi? Costretto ad andar via perché tra costi e ricavi il saldo del Lodi ai tempi del covid è in profondo rosso, sono finiti anche i tempi delle vacche grasse? Il potere economico in tutti gli sport (non solo nell’hockey) sacrifica l’immaginazione. Dopo una lunga striscia di successi col Lodi, nasce e subentra sempre chi ha più creatività e un sogno in più che gli altri non possono più dare. Io sono al Forte per vincere il Grande Slam. Ci sono società disposte ad investire troppi euro nell’hockey - pista ma per mamma Rai facevate 0 % di share e La Gazzetta dello Sport, il principale giornale sportivo italiano, non pubblica più nemmeno risultati e classifiche. Dov’è la visibilità dell’hockey - pista? La visibilità c’è stata soprattutto negli anni ’80. Faccio il giocatore e non politica in Federazione. Penso che molti rappresentanti però preferiscano altre attività rotellistiche all’hockey – pista che resta uno sport bellissimo per chi lo guarda e per chi lo pratica! Prima portavi alla mamma copie del Cittadino (il quotidiano di Lodi), ora porterai copie del Tirreno per custodirle nello scrigno della memoria? A noi Giovinazzesi invece ci toccherà andare su Chi l’ha visto? per ricordarci dell’hockey su pista, per avere informazioni sull’ennesimo scudetto conquistato dal giovinazzese Illuzzi, prima

capitano - simbolo del Lodi e della Nazionale, ora con il Forte dei Marmi? Ho visto vecchie teche su youtube, palasport pienissimi, giocatori ospiti alla Domenica Sportiva. Ripeto, faccio il giocatore. Dal punto di vista mediatico non è compito mio ampliare la rete di marketing e comunicazione di questo sport! Ti tatuerai sul braccio come fece Mariotti la Coppa della Champions League? Ho il corpo e la faccia pulita dai tatuaggi. Non me lo sono fatto nemmeno quando ho vinto l’Europeo con la Nazionale. E poi l’Eurolega bisogna prima vincerla. Poi si vedrà... Ci spieghi cos’è il Progetto Felicità lanciato dall’imprenditore Attilio Bindi, presidente del Forte dei Marmi? Un esperimento messo su da imprenditori toscani (tra cui Bindi il nostro sponsor) in grado di assicurare alla comunità dell’hockey una felicità scientifica. E se poi la felicità si trasformasse nell’infelicità del crac come fu per il Consorzio Etruria Follonica del 2008? Sono due percorsi diversi! Ti sei divertito a vedere gli skateboard alle Olimpiadi di Tokyo 2020? Gli skateboard mi hanno trasmesso solo nostalgia e tanta gelosia. Se l’hockey su pista non si gioca in tutti i Paesi del mondo, la colpa non è di noi giocatori! Se avessi un figlio? Gli metterei sempre i pattini ai piedi, non lo farei mai salire su una tavolozza a rotelle con il rischio di spaccarsi le ossa! Un paragone tra te, il più forte giocatore italiano, e Pino Marzella, il più forte giocatore italiano e del mondo negli anni ’80, quando i palasport era ) gremitissimi di gente e gli ingaggi interessanti. Nessun termine di paragone con lui e anche altri giocatori giovinazzesi. Era un altro hockey, più ricco e più seguito. Che forse non ritroveremo più! Ce l’hai un messaggio per i giovinazzesi che ti hanno cresciuto e trasformato nel miglior giocatore italiano? A loro devo tutto. Se sono qui, a Forte, lo devo solo a loro che mi hanno cresciuto e plasmato. Giovinazzo merita la serie A1. Merita i piani alti, di giocare anche in Europa. Mi si spezza il cuore vederlo così giù.. SERGIO PISANI




Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.