LA PIAZZA DI GIOVINAZZO AGOSTO 2021

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DI

SERGIO PISANI

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Via Cairoli, 95 Giovinazzo 70054 (Ba) Edito da ass. La Piazza di Giovinazzo Iscr. Trib. di Bari n. 1301 del 23/12/1996 Telefono e Fax 080/3947872 Part. IVA 07629650727 E_MAIL:lapiazzadigiovinazzo@libero.it FONDATORE Sergio Pisani PRESIDENTE: Sergio Pisani DIRETTORE RESPONSABILE Sergio Pisani REDAZIONE Agostino Picicco - Porzia Mezzina Donata Guastadisegni - Giovanni Parato Vincenzo Depalma - Onofrio Altomare Mimmo Ungaro - Velentina Bellapianta Enrico Tedeschi - Giangaetano Tortora Alessandra Tomarchio - Michele Decicco CORRISPONDENTI DALL’ESTERO Rocco Stellacci (New York) Giuseppe Illuzzi (Sydney)

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Ci eravamo illusi da poter uscire con un titolo in copertina senza quel punto interrogativo, senza la formula dubitativa: Giovinazzo Covid free! Sembrava tutto vero prima del 15 luglio, prima che si registrassero n.3 positivi al Covid-19. Prima del 15 luglio, la curva epidemica a Giovinazzo era una linea orizzontale, disegnava un passato da paura e un futuro da speranza con zero contagi. Poi c’erano i numeri dei vaccini a regalarci un’ulteriore iniezione di speranza: 13.511 cittadini vaccinati con prima dose, 6.960 cittadini vaccinati con seconda dose. Ovvero il 90% dei giovinazzesi è quasi imunizzato.


Ma adesso ci spaventa la Variante Delta Covid. Bisogna dare però un’informazione corretta. I ricoveri sono molto bassi grazie alle vaccinazioni, i controlli funzionano e si può soggiornare a Giovinazzo in sicurezza. La città è abbastanza piena per luglio. Ad agosto, leggerete all’interno del giornale, i numeri degli hotel registrano il sold out sulle prenotazioni. Dicono che la paura da Coronavirus ci fa credere a tutto. Anche a ciò che è falso. Allora rileggetevi i numeri, serviranno a non diffondere una ingiustificata paura che si tradurrebbe in una cancellazione di prenotazioni insensata. Le vacanze - ripetiamo - a Giovinazzo sono sicure. Di certo non sarà un’estate come tutte le altre sul fronte degli eventi. Diciamo subito che ci aspetta un agosto senza Panino della Nonna, senza il Corteo Storico, senza la Processione della Madonna e dei nostri politiconi (che forse saranno gli unici a poter essere felici perché se la scamperanno dai giudizi impietosi della blog fashion Tomarchio con il suo ormai temuto AmministrazioneStyle). E ancora dobbiamo necessariamente escludere dalla lista degli appuntamenti il Martedì della Madonna, il Gamberemo, I Festival in Porto e quelli in Piazza con le Cover. La Regata dei Gonfaloni si svolgerà in sicurezza mentre svanisce il sogno delle frecce Tricolori e l’appuntamento con l’air show dell’8 agosto. Verrà agosto, tutto andrà bene e a Dio piacendo! SERGIO PISANI

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L’INFLUENCER GIADA FOLCIA, RAPITA DALLA ‘PASSERELLA SUL MARE’ E DAL NOSTRO CLICK! FOTOCOMPOSIZIONE: ROVESCIO GRAFICA DI ROSALBA MEZZINa




diario da Londra

di Sergio Pisani

«IÈ BELL ASSÈ VENG IN CAS A LOR!!!» Il racconto dei giovinazzesi di Londra nella notte più lunga del 2021 GIOVANNI PALMIOTTO (nella foto, in alto con la sua famiglia), capo del trading risk per una compagnia finanziaria a Londra. «Ho provato fino all’ultim’ora ad accaparrarmi un biglietto della finale, dopo aver assistito alla semifinale contro la Spagna, sempre a Wembley, con la mia famiglia. Penso che assistendo dal vivo a questi eventi si trasmetta ai figli tutto l’amore per la nostra bandiera, il senso di appartenenza di una nazione. La lontananza ingigantisce questi sentimenti. Vedere, sentire i figli intonare l’inno di Mameli ed esultare per un gol degli azzurri è una grande emozione che non passerà mai». Poi però Giovanni si abbandona a parole velate di tristezza: «Personalmente avrei preferito battere un’altra Nazionale in finale. L’Inghilterra resta un Paese che offre tante opportunità di lavoro per noi italiani!».

ANDREA TORTORA, senior manager a Londra per una società finanziaria. Maledetta quarantena! «È stata una serata insolita perché rientrati in Italia da un paio di giorni, quindi per legge in isolamento covid. Non ab-

biamo potuto festeggiare in piazza, purtroppo. Aver vinto contro l’Inghilterra è stata una grande soddisfazione sotto vari punti di vista: oltre alla vittoria in sé, è stato piacevole poter salutare i colleghi inglesi durante la riunione in videoconferenza del lunedì mattina con una foto degli Azzurri che sollevano la coppa!». Invero, gli inglesi - contrariamente alle immagini che girano sui media - si sono dimostrati grandi sportivi, brillano per il fair play: «Devo riconoscere che hanno apprezzato e fatto i complimenti alla Nazionale!». «Infine un’ulteriore emozione è stata vedere Vialli e Mancini piangere di gioia a fine partita. Essendo tifoso barese ma anche sampdoriano, è stato per me un tuffo nei bellissimi ricordi dell’infanzia». GIANPAOLA DAGOSTINO vive in Inghilterra con altri giovinazzesi da ben 5 anni. Vive sospesa «tra due modi diversi di vivere la pandemia». E proprio la pandemia non le ha consentito di essere a Wembley: «Avevamo intenzione di andarci ma la notte più attesa, più lunga l’ho passata in isolamento a causa del covid! Naturalmente però ero lì, davanti alla TV supportando la nostra Italia dal primo giorno di questa competizione europea». Poi la finale. «E’ stata sentita tantissimo, nei supermercati, pub, in tv e non solo, non suonava altro che quel “it’s coming home!”, il calcio “sta tornando a casa”. A lavoro i miei colleghi erano praticamente convinti di alzare quella coppa. Non mi sarebbe comunque dispiaciuta una loro vittoria (l’Inghilterra ci dà da mangiare, sarebbe comunque stato bello viverla qui), ma il mio sangue è italiano. Che bello vincere in casa dei three Lions!». SERGIO PISANI


Angelo D. De Palma*

Da una partita vinta un chiaro messaggio per l’Italia e gli italiani:

UNITI TORNIAMO A LOTTARE PER VINCERE C’è, probabilmente, una magica connessione astrale alla base di quello che è accaduto: l’Italia derelitta, oltraggiata, derisa diviene, prima, punto di impaccio ed ospite presente ma indesiderata ed, infine, stella fulgida che brilla su tutta l’Europa: un assieme che non solo ha vinto, ma soprattutto ha convinto. Una squadra priva di primedonne, composta da atleti tanto modesti quanto convinti e pervicaci, spesso accolti da fischi e da umiliazioni eppure sempre indomiti, ce l’ha fatta. E quella stessa fase dei “tiri di rigore”, in passato così avara per noi di soddisfazioni, si è d’incanto trasformata in cornucopia a suggello di una partita iniziata malissimo, con una rete subita a sorpresa, ma portata a conclusione, dopo un “goal” con protagonista quasi tutta la squadra, nel migliore dei modi: l’Italia è vincitrice! Ma non si tratta solo di una partita di calcio! Si tratta, soprattutto, della partita con il destino decisiva per l’Italia e per la vita nostra e quella dei nostri figli: dopo una serie di eventi negativi (ultimo e non ultimo il grave tracollo epidemico ed economico, che ancora ci attanaglia), Italia ha il coraggio di dire a se stessa

Giuseppe Palmiotto studio fotografico

ed agli altri: «Sono qui ancora viva, pronta a lottare ed ancora a vincere». Una semplice partita di pallone vale, dunque, un inno alla rinascita per tutti gli italiani, mentre segna un momento di contraddizione degli inglesi, passati - dopo la loro “splendid isolation “ - dal loro compassato ed abusato “fair play” alla rabbia, alla maleducazione (la fuga improvvisa dallo stadio di tutto il pubblico inglese compresi la coppia principesca e il principino), alla violenza (alcuni spettatori italiani aggrediti, all’uscita, a calci e pugni sotto lo sguardo disattento e improvvido dei “marshal”). Pare il confronto finale tra due popoli: l’uno vuol proseguire, con orgoglio, ma anche con sacrificio e sudore, verso un futuro migliore, all’insegna del “gioco di squadra”, cioè dell’apporto solidale di tutti verso tutti e con tutti; l’altro supponente e superbo, che crede di poter fare da solo, in totale solitudine, ciò che fino a ieri ha fatto con gli altri (ed anche grazie agli altri). La nemesi storica, per chi la sa intendere, è assolutamente chiara: per l’Italia e per ciascun paese che la compone, non tutto è perduto; con il sacrificio e l’abnegazione potremo - e molto presto - tornare ad affermare, nel contesto mondiale, la nostra capacità ed i nostri meriti, senza temere nulla e nessuno. La condizione è altrettanto chiara: abbattiamo gli steccati, torniamo a lottare gli uni con gli altri ed accanto agli altri, avendo come unica meta la nostra Italia, che diventi, da ora in poi, il nostro vero ed unico partito: «Stringiamci a coorte. L’Italia chiamò!». * GIA’ AVVOCATO GENERALE DELLO STATO A VENEZIA


IL

CONTRAPPUNTO

dell ’alfiere

GIUSTIZIALISTI DA AVANSPETTACOLO Sono successe troppe cose nel mese di luglio, sono circolate troppe informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, da rendere difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare le fonti affidabili. Proprio per questo sarò breve. ho scelto solo due argomenti. Parlerò prima su tutto delle immagini dei calciatori inglesi che si inginocchiano sul campo di calcio. Lo trovo un gesto irrituale, senza significato. Se è comunque abbastanza chiaro per cosa si stiano inginocchiando i calciatori, è un po’ più difficile capire contro chi. Il bersaglio polemico non sembra più l’autorità costituita e le sue forze di polizia. In molti casi sembra che l’avversario sia il pubblico, le frange di tifosi che in effetti talvolta reagiscono fischiando? La verità è che ora ci s’inginocchia in campo e non si sa nemmeno per chi, o per cosa. Siamo molto, ma molto lontani dall’Olimpiade del 1968 quando, durante la premiazione due atleti americani di colore, Tommie Smith e John Carlos, mostrarono al mondo intero il braccio alzato e il pugno chiuso. Quel gesto anche un bambino sapeva interpretarlo, contro chi, contro cosa! Allora quel pugno costò la carriera ai due olimpionici, ma è diventata un’icona esplicita che ha fatto la storia della protesta nei confronti del segregazionismo americano. Spero di non essere frainteso, ma forse sì se a criticarmi sono i benpensanti di sinistra. Mi fa piacere che molti calciatori si sentono antirazzisti e lo manifestano in campo davanti alle tv. Però preferirei che alla platealità seguissero i fatti. Ad esempio in Italia c’è molto da fare sul fronte dei buu ai calciatori. E poi, perché qualche calciatore italiano non si inginocchia per esempio per le vittime delle mafie e del lavoro? Ancora: nessun organo ufficiale ai campionati europei aveva chiesto ai calciatori di inginocchiarsi. I calciatori inglesi hanno comunicato ai media che l’avrebbero fatto, poi però come i bambini che non sanno perdere, cosa fanno? Si sono sfilati via la medaglia dal collo dopo averla ricevuta dal presidente dell’Uefa. Sbaglio o sono loro gli inventori del fair play? E ci hanno fischiato anche l’inno nazionale!

SI AVVICINA LA SENTENZA DELLA CORTE DI APPELLO PER LOTTIZZAZIONE ABUSIVA a carico di funzionari comunali, progettisti e terzi acquirenti. Il Comitato per la Salute invita il sindaco Depalma a salvare il salvabile e ad evitare la costituzione della parte civile del Comune La vicenda riguarda il processo infinito di lottizzazione abusiva sulla zona artigianale D1.1 di Giovinazzo a carico di 143 imputati, tra funzionari comunali, progettisti e terzi acquirenti. Prima che si arrivi alla sentenza finale il Comitato per la salute (già, avete letto bene, per la salute ma anche per l’esercizio della giustizia?) invita il sindaco Depalma a salvare il salvabile affinchè «l’autorità amministrativa in materia urbanistica operi rimediando alla mannaia del giudice penale per provare a risolvere in maniera sicuramente molto più indolore la vicenda». Insomma, « il Comune poteva e può ancora esperire tutti i tentativi per riparare il guaio grazie ai suoi poteri amministrativi e di concerto con la stessa DALL’IPOCRISIA UN TANTO AL CHILO IN SAL- autorità giudiziaria. Fino alla sentenza della Corte di SA BRITANNICA, A QUELLA DI CASA NOSTRA. Cassazione si potrebbe provare ad evitare il colpo definiti-


vo». Avete letto bene. Segnatamente alla pubblicazione della Corte costituzionale che l’8 luglio us ha ribadito inammissibile la questione di legittimità costituzionale nella parte in cui, qualora la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite risulti sproporzionata alla luce delle indicazioni della sentenza delle Corte, non consente l’applicazione in via principale di una sanzione meno grave, questo Comitato che fa? Prima si scaglia contro la magistratura, poi per altri processi è a favore. Giustizialisti da avanspettacolo quando conviene, inneggiano alla magistratura quando gli attori sono invisi (vedi sindaco Depalma), garantisti a prescindere (vedi per l’ex Governatore di Puglia, Nichi Vendola) quando anche a sentenza già pronunciata

(disastro ambientale e 3 anni e mezzo di carcere) c’è da salvaguardare l’innocenza e i diritti dell’accusato oltre ogni ragionevole dubbio come regola di giudizio. Loro sfruttano da quasi 30 anni le sentenze, oggi è sfuggito di mano il giocattolo e come tutti i bambini viziati strepitano e dicono bugie. Hanno fatto tanti errori da dare a Depalma oggi una bella arma politica: la costituzione della parte civile del Comune contro gli imputati di lottizzazione abusiva. Finisco qua. Dico solo che i volti della menzogna non sfuggono alla nostra Protettrice, la Madonna di Corsigano, che anche quest’anno non sarà venerata in processione. Non lasciamoci rubare la speranza, la Madonna ci proteggerà sempre. Evviva! alfiere.2000@libero.it


strano

ma

vero di Sergio Pisani

UN AGOSTO DA SOLD OUT Le prenotazioni? Agosto tutto pieno, luglio si è lavorato con il pieno a metà. La pandemia preoccupa ancora ma la città è immunizzata al 90% Cinque gli alberghi per un totale complessivo di 448 posti letto. Due i camping presenti nella nostra cittadina con un totale di 290 piazzole attrezzate. Tanti i b&b e le case in affitto per il periodo estivo con prezzi del tutto arbitrari. L’estate 2021 per il turismo giovinazzese non è poi male. D’altronde neppure quella del Covid era andata così male, con una percentuale di presenze a Giovinazzo pari almeno al 50% del 2019. Il turismo a Giovinazzo è covid free: sui vaccini la città è immunizzata al 90% (13.511 sono i giovinazzesi vaccinati con prima dose, 6.960 con seconda dose). Sono numeri importanti per la stagione turistica, gli operatori del settore programmano la stagione anche attraverso queste cifre, possono dunque dormire tra due guanciali. Lo abbiamo scoperto attraverso la loro voce. HOTEL Nell’anno del vaccino non poteva andare peggio. Anticipiamo subito il popolo delle vacanze di Giovinazzo un elemento importante: i prezzi. Li potete confrontare in tabella, sono gli stessi dell’anno

scorso, anche di 2/3 anni fa, non sono affatto aumentati. Gli albergatori hanno scelto di lasciare invariate le tariffe. Non è con la politica dei prezzi al rialzo che si rimedia alle perdite della scorsa stagione e a quelle previste per quest’anno. Anzi, alcuni alberghi hanno deciso di applicare addirittura sconti mirati in base alle singole esigenze. Gli alberghi - dai 2 ai 4 stelle - hanno fatto un pieno a metà per luglio, ma per agosto sono sold out. Mancheranno un po’ gli italoamericani, ma il gap economico è stato già rifondato da prenotazioni di turisti del Belpaese che hanno scelto la Puglia (e Giovinazzzo) come meta per le proprie vacanze. B&B I prezzi sono arbitrari, non esiste un elenco preciso. Sappiamo solo che si spende un po’ meno se si preferisce soggiornare presso affittacamere o bed & breakfast. Utilizzando queste strutture, una famiglia con un bambino può prenotare un alloggio al prezzo di una camera per due persone in un hotel a 4 stelle della stessa zona. Se gli hotel spesso applicano un piccolo sconto se si prenota senza intermediari, non ci può aspettare però lo stesso trattamento da b&b e affittacamere. Insomma, Giovinazzo si appresta a vivere un agosto da sold out nel comparto turistico! SERGIO PISANI


...

la la coscienza coscienza di di

ANTONELLO TARANTO, PSICHIATRA

DORMIRE E SOGNARE A GIOVINAZZO «Ogni giorno la vita è una grande corrida, ma la notte no! Ogni giorno è una lotta, chi sta sopra e chi sotto, ma la notte no!» . Infatti la notte è il tempo del sonno e, quando esso è buono, è anche il tempo dei sogni. Il sonno è una delle meravigliose creazioni della natura perché, durante il giorno, consumiamo una sacco di energie, calcolabili non solo in termini di calorie ma anche di generica energia psichica. «Che stress che stress di giorno, ma la notte no» - continua la canzone di Renzo Arbore. Le attività quotidiane comportano, inevitabilmente, un’infinità di relazioni interpersonali: i rapporti con i familiari, poi con i colleghi di lavoro o con i clienti, gli automobilisti maleducati, i vicini di casa che si lamentano, le notizie catastrofiche dei giornali, gli amici, i nemici, il cane che fa la cacca per strada, la coda alla banca e al chiosco dei gelati, Sergio Pisani che sollecita la consegna dell’articolo... Che stress! Per fortuna arriva la sera e ci si può rilassare: una birra con gli amici buoni, una gustosa cena, una passeggiata su uno dei meravigliosi lungomari di Giovinazzo e, finalmente, a nanna per godere del riposo dei giusti. Il sonno è un po’ come il caricabatteria del telefonino: permette a tutti i muscoli di rilassarsi profondamente, riducendo quasi a zero il consumo di calorie, e ai neuroni (le cellule del cervello) di ricaricarsi di quelle sostanze chimiche come la dopamina, l’adrenalina e la serotonina di cui, durante il giorno, abbiamo fatto un gran consumo. Una ricarica completa richiede, mediamente, un periodo di otto ore (di più in giovane età, di meno nell’età della pensione). Durante il sonno avviene anche un’altra prodigiosa operazione automatica. Pensate a quante informazioni e sensazioni sono state raccolte durante il giorno. Un casino! Durante il sonno c’è una specie di impiegato che mette in ordine (o per lo meno ci prova) tutte queste informazioni nei vari cassetti della memoria. Per fare un’analogia tecnologica, pensiamo al computer che, dopo un aggiornamento, richiede un po’ di tempo per ricaricare tutti i programmi. Questo importantissimo lavoro di riordino, delicatissimo e complicatissimo, richiede la massima profondità del sonno, quella che si raggiunge nella fase REM (rapid eyes movements). Questa fase viene raggiunta dopo 45-90 minuti di sonno e dura da quindici a trenta minuti. In un ciclo di ricarica normale si realizzano 4 o 5 fasi di sonno REM. Questo è il regno dei sogni. Durante il riordino delle informazioni si creano dei veri e propri film. I ricordi del giorno destinati al cas-

setto dei bei ricordi generano dei film di ‘’desiderio’’ (tipo far l’amore con una persona bellissima, volare come un gabbiano su un mare azzurro, giocare con la squadre del cuore...); i ricordi destinati al cassetto delle cose brutte generano film di paura, gli incubi (tipo essere inseguiti da un ladro e non riuscire a parlare, ruzzolare giù dalle scale o essere morsi da un cavallo...). Se abbiamo permesso a noi stessi di completare il ciclo del sonno, la mattina ci sveglieremo con una goccia di saggezza in più, perché la notte ha portato consiglio. Allora sapremo come avvicinarci a quella persona con cui desideriamo far l’amore o come evitare che un ladro ci colga in un momento di debolezza. Se, invece, riduciamo le ore di sonno saremo meno preparati ad affrontare lo stress della vita quotidiana. E, ancora peggio, se spezzetteremo il sonno, impedendo lo svolgimento delle fasi REM, cioè dei sogni, rischieremo seriamente di impazzire. I nazisti usavano la privazione di sonno come efficacissimo strumento di tortura. Perciò la bella Giovinazzo si è preparata ad accogliere i suoi visitatori con un congruo numero di B&B. Speriamo che i turisti li usino nelle ore notturne per rivivere, sognando, le esperienze della giornata. Insomma che facciano sogni d’oro mentre la città dorme e che, freschi e riposati, possano alzarsi in tempo per ammirare anche l’alba. ANTONELLO TARANTO


l invito

di

Il vescovo Domenico Cornacchia in vista della festa patronale:

monsignore

di AGOSTINO PICICCO

«GUARDIAMO AVANTI, RIALZIAMOCI, SIAMO FELICI»

Con quale spirito ci apprestiamo a vivere la festa? «QUESTO IL SENSO DELLA FESTA DI AGOSTO: SENTIRCI AFFIDATI A MARIA CHE NON È SPETTATRICE MA È PIENAMENTE ATTIVA NELLA NOSTRA VITA.

E’

IL SECONDO ANNO CHE CELEBRIAMO LA FESTA PATRONALE NELLA SOFFERENZE , MA L ’ ESEMPIO DELLA

MADRE CI

PORTA AD ES-

SERE SOLLECITI VERSO LE FAMIGLIE CHE HANNO AVUTO LUTTI, RICOVERI, PERDITA DEL LAVORO, DOVE NON C’È SICUREZZA ECONOMICA PER TANTI GIOVANI.

DURANTE

I GIORNI DELLA

FESTA E IN QUESTO PERIODO PENSIAMO A CHI HA SOFFERTO E SOFFRE PIÙ DI NOI.

CONSIDE-

RANDO LA FORZA DELLA NOSTRA IDENTITÀ CITTADINA, CHE DA SECOLI CI CARATTERIZZA, GUARDIAMO AVANTI PIÙ CHE INDIETRO.

LA

STORIA CI INSEGNA A

INVESTIRE NEL FUTURO»

La festa patronale è ormai alle porte e, mai come quest’anno, raccoglie tante attese legate sia alle modalità dei festeggiamenti per la nostra protettrice celeste sia ad una ritrovata socialità, possibilmente non emergenziale. Su questi temi abbiamo interpellato il vescovo della diocesi monsignor Domenico Cornacchia, che con disponibilità e cordialità ha voluto far pervenire il suo pensiero e incoraggiamento rivolto ai giovinazzesi alla vigilia della “festa grande”.

Eccellenza, già la seconda estate al tempo del Covid con tante incertezze per la nostra esistenza e anche per i festeggiamenti di agosto in onore della Madonna di Corsignano. Consentitemi innanzitutto, alla vigilia della festa patronale, di salutare i concittadini giovinazzesi qui residenti e quelli d’oltreoceano e di rivolgere un pensiero di buona estate e di ripresa delle attività commerciali a tutti i gestori, gli esercenti e non solo. La festa patronale per una città è il momento più alto e significativo della vita comunitaria e della città nonché delle famiglie in tutte le loro componenti: adulti, piccoli, anziani, disabili. Tanti impiegano le loro energie per una festa religiosa capace di “animare”, cioè di essere anima per una città, e con questa modalità stiamo preparando la festa di agosto. E’ un appuntamento di vita, di amicizia, di affetti e di sogni, intorno a Maria che è la mamma, sinonimo di tenerezza, dolcezza, incoraggiamento. Maria, che è sotto la croce, la contempliamo come fece San Giovanni: intrepida, cioè coraggiosa, pur avvolta dal dolore. Lei riceve da Gesù morente questo dono: “Ecco i tuoi figli”. Io


penso che sia il dono più grande. Ora per noi è il momento della sfiducia e dello sbandamento ma il Signore ci consegna a Maria nostra madre, piena di grazia e di sollecitudine. Nonostante le oggettive difficoltà … Come si dice, si gioisce più per una foresta che cresce che per un albero che cade, più per l’alba di un nuovo giorno che per una notte piena di nubi e di dolore. Sogniamo, quindi, e avremo quello che più desideriamo. Noi cristiani dobbiamo saperci rialzare, rianimare, ma insieme, unendo le forze. Ce lo insegnavano gli antichi quando dicevano “pluribus unum et vis unita fortior” cioè le forze messe insieme ci rendono più capaci di fare fronte ad una prova. Sulle ceneri di una prova edifichiamo un futuro radioso in cui ci sia la gioia di stare insieme, in cui possiamo godere piuttosto che piangere su ciò che non abbiamo più. Giovinazzo è conosciuta come città in cui si vive la laboriosità, la tenacia, la comunione, e io sono felice di essere vescovo di queste città dove si sperimentano quotidianamente tali virtù.

forza soprannaturale che ci ha rimesso in piedi. C’è un augurio particolare che vuole farci per questi prossimi giorni di relax e di festa? Il mio pensiero va al Salmo 126 che proclama: “Chi semina nel pianto mieterà nella gioia”. La gioia, desidero sottolineare, è sempre sinfonica, comunitaria, mai singola. Pertanto andiamo avanti e siamo felici. Si è felici se si contagiano gli altri ad esserlo, è questo il mio augurio a voi, cari lettori de La Piazza di Giovinazzo. Desidero, al termine di questa conversazione, ringraziare il direttore e la redazione del periodico cittadino che ci permette di “affacciarci” nelle case dei giovinazzesi qui residenti e all’estero. E grazie anche a te, carissimo Agostino, che con la testa sei “in alto” ma il tuo cuore è qui a Giovinazzo.

Nei mesi scorsi si è conclusa la visita pastorale nella diocesi proprio con alcune parrocchie della nostra città: quale impressione ha avuto visitando in piena pandemia parrocchie, istituzioni, persone? Il 24 aprile scorso ho chiuso la visita pastorale celebrata in tre anni, pur con le restrizioni dell’ultimo anno, e ho visitato tutte le realtà della nostra città e le nostre chiese. Ho visto che Giovinazzo ha vissuto il tempo del Covid nel silenzio, non nei proclami, non alzando la voce, bensì nella solidarietà e nella condivisione. Ho potuto constatare, e sono testimone del fatto che tanta gente, nella quotidianità della sua vita, ha tirato Un gesto di delicatezza del nostro vescovo che ne manifeavanti grazie alla generosità, all’intraprendenza e al buon ani- sta la paternità e la dolcezza e rende concreto l’invito a mo di tante persone. vivere la festa coralmente animando la città, con un occhio di riguardo alle varie forme di povertà (non solo quella di C’è qualche aspetto che l’ha colpita particolarmente? beni materiali), nella gioia contagiosa (l’unico contagio che Ho notato che nei mesi scorsi la preghiera si è intensificata. ora vorremmo), trovando la forza di andare avanti nella preLe chiese, per causa maggiore e nel rispetto della normativa, ghiera e nel sorriso dolce di Maria di Corsignano. Confidiaerano vuote, ma le case sono diventate “domus orationis”, mo di poterlo incontrare personalmente, ascoltandone le cioè casa di preghiera: piccoli e grandi, tutti hanno pregato, parole di incoraggiamento e di consolazione, durante i giormagari facendo tesoro delle apposite piattaforme, e i più pic- ni della festa, con le opportune modalità di sicurezza che la coli, i nipoti, aiutavano gli anziani a collegarsi con le tv o con normativa disporrà e il buon senso suggerirà. le dirette social. Posso dire che la preghiera ha costituito la AGOSTINO PICICCO



A MARIA DI CORSIGNANO! La riflessione di chi vive

il mio diario DI DON PAOLO TURTURRO*

lontano e in frontiera PALERMO. Amati Giovinazzesi, è il cuore che vi parla. Amo la Vergine di Maria di Corsignano. Amo la sua maternità. Da piccolo mi ha custodito e sono per sempre suo figlio, anche se lontano. Ho palpitato con voi per tanti anni. I pensieri del cuore palpitano più veloci. Percorro le strade del paese vecchio, ora centro storico. Percorro con voi via Lecce, al bivio con via Cattedrale, dove da piccolo pedalando mi sono flagellato la fronte sullo spigolo di un angelo. Andate a vederlo. Ringraziatelo. Fatelo vedere ai vostri figli e nipoti e dite loro che c’è sempre un angelo nella vita che ci accompagna. Entro con voi nella chiesa della Madonna del Carmelo, dove il prete offriva taralli per coronarci di benedizione. Alzo gli occhi sotto i campanili della cattedrale per sentire ancora le campane squillare a festa non solo nella notte di Pasqua. Salgo sulla muraglia dell’orizzonte di Bari, dove inventavo scorribande con tanti amici ora padri, maestri e sacerdoti. I tesori del passato scorrono sempre nelle vene, penso che scorrono anche nelle strade dell’eternità. Ma ora un angelo mi ha liberato, come san Pietro. Posso correre ancora senza rompere i vetri a Portoghese. Ora canto con voi le tante novene. Sì, quella dell’Addolorata. Quanta solitudine ha quella donna. Quanto lutto hanno quelle sue vesti. Vestita di tutti noi. Vestita, gemente e piangente persino nel presbiterio dell’altare del santissimo Sacramento della cattedrale. Vedete, come alza gli occhi. Vedete come ha supplicato suo figlio sotto la cena della Pansini. Vedete ancora scorrere sul suo volto, sulle sue labbra, sul suo vestito non dorato, tante, tantissime lacrime di tutti noi. E poi la novena di santa Maria delle Grazie. Oh! Sempre chiusa in quella chiesa di san Lorenzo! Sempre chiusa e mai da noi dimenticata. Mi ha parlato sempre quel quadro della Madonna delle Grazie della nostra amata pittrice, Pansini. Quella tela piena di gigli, a noi ora tanto profumati. Quante lacrime avete versato sul quel suo panno celeste di stelle! Quanti sospiri, voi amati giovani! Quanti sospiri, voi amate donne in attesa! Quante suppliche consacrate di promesse. Non vi dico i ricordi. Vi annuncio che Gesù Cristo si è fatto carico di tutto il macigno della terra. Siamo figli della luce per tutti i popoli che camminano nella notte. Non posso dimenticare la presentazione di uno dei miei libri: «Le preghiere del tempo», edizione Borla, proprio a Giovinazzo, dove don Giuseppe mi invitava ad alzare lo sguardo nella trasparenza della risurrezione. Sono preghiere del tempo, ora davvero innalzo “i salmi del silenzio”. Esplode ora la vera lode: La novena della Madonna di Corsignano. Mia sorella Corsignano, a New York, abbracciava i prati di Manhattan, per questo lo sguardo della nostra protettrice mi era più gemente. Ai suoi piedi ci sentiamo tutti bambini. Ai suoi piedi ho fatto i miei primi passi verso il sacerdozio. Quanti sguardi incrociati tra noi due. Quante intese segrete da svelare solo a suo Figlio. Quanti orizzonti aperti nelle sue braccia, oltre il mare, oltre i bastimenti che tornavano al por-

FOTO STORICA: I festeggiamenti della Madonna di Corsignano nei primi del ’900 archivio G. Parato

to, a volte carichi di pesci e a volte stracolmi di attese e di dolori. Quante campane suonate al tramonto! Quanti lunghi sguardi lanciati all’orizzonte dei pescherecci, per abbracciare i pescatori dispersi in mare. Sotto il suo sguardo ho appreso d’essere suo figlio e che mai e poi mai mi avrebbe abbandonato. Quante volte ho bevuto a cisterne screpolate della società, per urlare il male. Quante volte ho bevuto a fontane inquinate, per liberarci dagli intrighi delle cattiverie. Ora invece, in quelle tante novene alla nostra protettrice, ho bevuto dalle giare delle nozze di Cana. Mi sono ubriacato di Dio. E solo per questo non sono caduto nella fossa che mi avevano preparato. Le ferite del corpo si cicatrizzano ben volentieri con l’aloe. Io invece ho sperimentato che la Vergine di Corsignano, non solo mi ha cicatrizzato il cuore ma me l’ha liberato da ogni catena. Grazie, Vergine santa. So però che non ti fermi a soccorrere. Vedi ancora scorrere lacrime nel mondo e per questo ci inviti a pregare sempre. La preghiera è l’arma non solo della luce ma di ogni liberazione. Mi vedo ancora sfrecciare il mio volto sul lungomare. Quanto vento mi ha schiaffeggiato il tempo! Quante bufere sul tuo molo, alle tre colonne e sugli scogli della vita! Quanto maestrale, per abbattere le discordie del mondo! Tu non mi hai fatto fuggire dinanzi ai temporali, tuoni e lampi del male. Mi hai insegnato, sotto la tua croce, a tenere la fronte alta dinanzi alle bufere e là dentro ho trovato la risposta. Si, la risposta, non di vento, non di tempesta, non di sabbia, non di rabbia, ma quella dell’amore e del perdono. Grazie, santa Maria di Corsignano! Una visione ancora mi resta nel cuore, quella del Cristo morto ai piedi del Crocifisso della cattedrale, dove un santo è andato persino in estasi. Lì, ho appreso che si può e si deve risorgere. Bisogna vivere fino in fondo i nostri giorni. Non perderne uno. Carissimi paesani che siete nel dolore. La sofferenza è fatta per la risurrezione. Le prove della vita vengono dagli uomini e Dio Padre, come ha fatto per suo Figlio, ci sostiene. E voi, carissimi paesani, me l’avete fatta splendere dentro la mia attesa. Voi siete la mia stella di lacrime e di suppliche che Dio non solo da lontano ha visto in voi. Non riesco a scendere, per ringraziarvi, sulle strade del nostro paese. Ma il cuore, va! Va, per le vie del nostro paese! Va, per le vie della cattedrale a incontrare la Madonna di Corsignano! Va, per le vie di chi è abbandonato. Va, per le vie di chi è ancora nella solitudine. Va, per le case del pianto. Va, per le scale di chi scende nella valle dell’afflizione. Va, assieme al vostro cuore che palpita carità, fede e speranza. Non ho niente da offrirvi per ringraziarvi, se non il mio cuore ormai palpitante di gioia di Cristo Salvatore. Verso nelle vostre case il balsamo della fede. Verso sulle vostre strade le benedizioni di Dio che vi accasi nella tranquillità di ogni vostra famiglia. Verso nei cuori dei giovani e dei vostri piccoli il crisma della crescita della santità nelle vostre case. Verso tutto Dio nei vostri cuori. *PRETE ANTIMAFIA


vexata quaestio quaestio vexata

COVID, ANCORA IN RIANIMAZIONE LA PRO LOCO Ha fatto 60 anni, questo 8 luglio, ma tutti credevano fosse morta. La prima vittima illustre a Giovinazzo del Covid. Nessun segno di vita sin da inizio pandemia fino praticamente ad oggi. E neppure un augurio sui social per il suo compleanno, per quei 60 anni che sono per tutti una data importante, quella più festeggiata dopo i 50 e prima del centenario. Di chi stiamo parlando? No, stavolta non di una persona, tranquilli! Ma dell’Associazione più importante che una Città possiede, quando funziona, perché, politica nel senso più nobile del termine, è quella che difendendo l’integrità e promuovendo l’immagine del posto, è anche all’occorrenza capace, al di fuori di ogni logica partitica o di convenienza, di scendere in campo contro l’Amministrazione quando questa lede gli interessi del luogo e della comunità. A questo punto tutti avranno capito di cosa stiamo parlando: della nostra Pro Loco cittadina, proprio accanto al Palazzo del Comune, alle porte dell’antica Porta di Giovinazzo. La posizione più strategica pos-

di Enrico Tedeschi

PRO LOCO. L’8 luglio us, ha compiuto 60 anni, ma tutti credevano fosse morta

sibile sia per una illustrazione e promozione statica della Città, attraverso le sue ampie vetrine a vista, sia per una qualificata spiegazione e assistenza a turisti e visitatori di passaggio se con soci in presenza. Non solo, anche un potenziale e vitale punto di riferimento e arricchimento culturale per gli stessi nostri concittadini, visto che, ancor oggi e a mala pena, la maggior parte di essi conosce solo qualcosa dell’impareggiabile patrimonio storico ed artistico che Giovinazzo possiede. Basti pensare che l’ultima, riuscita guida della Città risale a sette anni fa, ai tempi del purtroppo breve assessorato Posca, ed è pure introvabile. Sì, ma perché tutta questa premessa in quella che dovrebbe essere solo la commemorazione di una data importante? Perché il fallimento, reale o solo percepito, di una Pro Loco è di per sé il fallimento della politica e della cultura della città cui appartiene. Un segno inequivocabile di un corto circuito tra associazioni, istituzioni, enti e cittadini. E cosa ancor più grave, come a nostro avviso e per il caso


8 luglio 1961, nasceva la Pro Loco Da sinistra: ING. SIGNORILE BIANCHI, L’AVV. SERRONE, L’AVV. TEDESCHI, L’ARCH. MILILLO (SEMINASCOSTO), L’ING. FRAMARINO (PRESIDENTE), IL DOTT. COLAMARIA (SINDACO), IL DOTT. AMOIA

che ci riguarda, l’evidenza di una incapacità o rinuncia al loro ruolo operativo di quanti, una volta accettata o voluta la guida della Pro Loco, avrebbero dovuto farsi carico delle responsabilità connesse all’impegno assunto. E invece, sin dall’annuncio della pandemia, le massicce porte in legno chiuse da mane a sera, e con esse pure tutte le ampie vetrine impedite alla vista, “una serrata senza se e senza ma – come abbiamo pur scritto sulle nostre pagine - al punto tale che qualcuno non ci ha messo molto a ribattezzarla scherzosamente «Pro Loculo» la nostra Pro Loco”. Al di là di ogni ironia, una paralisi che è un segnale

gravissimo non solo per residenti, ma un danno all’intera città, considerando i tantissimi che ormai vengono da ogni parte ad affollare incontrollati, grazie alla manica larga di chi ci amministra, anche il nostro, divenuto quasi invivibile, centro cittadino. Stiamo parlando della marea di persone che sin da fine maggio si riversa nella nostra città, e ci passa davanti a quelle porte chiuse senza alcuna ragione plausibile. E neanche un alibi di emergenza “per motivi di contagio”, vista la presidenza dell’Associazione nelle mani di un medico, può reggere minimamente e il perché è facile, ben oltre il limite del banale: tenere almeno aperte di giorno e illuminate di sera le vetrine della Pro Loco (con qualcosa che spieghi Giovinazzo a chi passa) poteva o può essere, per caso, un pericoloso veicolo di trasmissione del virus? Forse la miglior risposta a tutto è contenuta in un nostro articolo (v. La Piazza 08/2020 “Pro Loco, PD Loco o che?”) e nel fatto che nell’attuale, inedito direttivo, non c’è più nemmeno una delle giovani figure che erano il vero braccio operativo ed entusiastico dell’Associazione. Tutte fuori per “il nuovo che avanza” … E che nuovo, si sta vedendo. Roba da far rivoltare nella tomba quanti, lontani nel tempo e nella visione della loro Città, il 6 di luglio del 1961 la fondarono questa Associazione. Buon 60° compleanno Pro Loco! ENRICO TEDESCHI


Angelo D. De Palma*

Il d.d.l Zan rischia seriamente di bloccarsi

IL PAPA: «FERMATE QUELLA LEGGE!» Severo monito della Santa Sede in tema di libertà di pensiero e di credo Da qualche tempo le cronache riportano notizie relative ad un provvedimento legislativo ancora in itinere, il d.d.l. (cioè il disegno di legge) c.d. Zan (dal nome del primo proponente), relativo al c.d. “ampliamento delle libertà” di categorie di persone ritenute, sotto il profilo sessuale, oggi socialmente svantaggiate (si parla, in particolare, di gay, lesbiche, omosessuali in genere e c.d. transgender). Il provvedimento, che ha già ottenuto l’approvazione da parte della Camera dei Deputati ed è in fase di partenza per la discussione al Senato, è stato investito da un evento inatteso: attraverso i canali diplomatici di collegamento, la Santa Sede ha inviato allo Stato italiano, e per esso al Governo, una “nota verbale” concernente la preoccupazione, fatta propria dalla missiva, che la tutela di talune categorie sociali non collida con la libertà, riconosciuta alla Chiesa Cattolica da parte del Concordato (inserito fra le norme costituzionali della Repubblica) e ribadita dall’Accordo di Revisione, del 1984, del medesimo, secondo cui lo Stato e la Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, sicché alla Chiesa è riconosciuta ampia libertà di magistero nello svolgimento della sua missione pastorale, educativa, caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In definitiva, la S. Sede ha promosso un “incidente diplomatico” preventivo, cioè volto ad evitare, preventivamente, il riconoscimento di quelle che la Chiesa ritiene eccessive sfere di libertà, con grave pericolo di far confliggere la pur giusta tutela di taluni gruppi sociali con la necessità, rappresentata storicamente dal Concordato e dai Patti Lateranensi, che tale nuova libertà non si attui a detrimento delle libertà di altri (con, in particolare, la compressione della legittimazione alla professione del credo religioso ed all’esercizio del diritto ad esprimere le proprie idee). E ciò anche con riguardo alle c.d. “giornate di propaganda gender”, che la norma dell’art. 7 del d.d.l. prevede siano svolte nelle scuole, non solo pubbliche ma anche private e confessionali, non solo nei confronti dei maggiorenni, ma anche nel confronti dei minori. Il discorso è, così, chiaro e non consente se non un’immediata adesione od un immediato rifiuto. Sta di fatto che alcuni sacerdoti cat-

LA CLAMOROSA FRASE rubata a Papa Francesco tolici tengono a ricordare alcuni episodi verificatisi, di recente, in Paesi nei quali una legge simile è già stata introdotta. Ad esempio, il cardinale spagnolo Fernando Sebastian Aguilar, già arcivescovo di Pamplona, nel 2014 venne accusato del reato di “omofobia” solo perché si era permesso di dire, nel corso di un’intervista ad un quotidiano, che, essendo ogni relazione sessuale umana orientata, anzitutto, verso la procreazione, tale finalità non poteva dirsi ricompresa all’interno di una relazione omosessuale. Non diversamente, la nuova legge tende ad aggiungere, ai reati di opinione contenuti negli artt. 604 bis e 604 ter c.p., introdotti dalla c.d. “legge Mancino”, altre e nuove ipotesi di reati di opinione, con possibilità di arresto dell’incriminato di “omofobia” e di svolgimento di intercettazioni (telefoniche e ambientali) nel corso delle indagini di p.g.. Qualcuno ha osservato che l’attuale Pontefice, valutato alla luce di talune dichiarazioni rese in alcune occasioni non ufficiali, non può essere stato il propugnatore della nota diplomatica e che, comunque, lo Stato italiano, che è laico e non confessionale, ha l’assoluta sovranità di emettere le proprie leggi, senza condizionamenti esterni. E’ vero! Ma non è meno vero che sussiste il principio di diritto internazionale per cui pacta sunt servanda. L’avviso è arrivato. Ora la Repubblica può sospendere o non l’iter parlamentare del d.d.l, sussistendo, fra i contraenti, l’obbligo di tentare - in ogni caso - un’amichevole composizione ove insorgano difficoltà di applicazione e di interpretazione di norme pattizie, sicchè occorrerà preliminarmente adire, da parte del Governo, la c.d. “Commissione Paritetica”, ciò che comporterà il rinvio, all’esito, del percorso parlamentare del d.d.l. Nel frattempo, la Chiesa potrà continuare, senza nuovi ostacoli, il suo apostolato universale. * GIA’ AVVOCATO GENERALE DELLO STATO A VENEZIA



il il confronto confronto di Sergio Pisani

«PADRE, SONO LESBICA. HO PECCATO?» Nella Parrocchia Immacolata, il 30 giugno, c’erano per un giorno tutte le anime antiche e future. Profeti, sibille, cassandre e Tiresia (il veggente che è stato prima uomo e poi donna) messi tutti insieme per mano di uno Zeus minore: Padre Mariano Bubbico. Voilà, all’indomani della discussione al Senato del ddl Zan, prove tecniche di interazione parlando delle pieghe dell’amore presenti e future. Padre Mariano - una vita trascorsa con la sua gente in frontiera, assistita dalla voce di S. Francesco e di un Dio diverso - prova a dare lezioni di libertà e fratellanza: «Quando ero al Sim (Servizio Igiene Mentale) di Molfetta ricevetti il figlio di un noto architetto che aveva alla sue dipendenze 350 dipendenti. Disegnami come ti vedi. E lui disegnò una ragazza nuda». «Adesso provvederà lei ad informare mio padre?» - mi disse con gli occhi gonfi di lacrime? Quel padre, troppo preso dal profitto del lavoro, sempre in giro per l’Europa, non conosceva ancora bene suo figlio, si era perso «il passaggio di crescita dal maschio all’uomo». Quel padre non

aveva visto il futuro nelle pieghe del presente. Se Dio parlava per bocca dei profeti, Damiana Nacci ci parla attraverso le verità rispolverate da antropologi e filosofe moderne. La nostra infanzia è stata dominata dalla paura, ma le donne hanno fatto un progresso incredibile. Il movimento delle donne degli anni 70 è stato fondamentale, perché si è finalmente acquisita la coscienza di se stessi. «Tutto ciò ha favorito una maggiore consapevolezza anche da parte di quelle donne che si sentono "diverse" e che desiderano maggiore rispetto in un mondo patriarcale ancora pieno di pregiudizi. È necessario, perciò, promuovere la cultura del RISPETTO fra tutti gli esseri umani, proponendo un modello di inclusione che realizzi quell'eredità profetica di Don Tonino Bello relativa alla "convivialità delle differenze» In questo modo si realizza un processo trasformativo di tutta la comunità Se Dio parlava per bocca dei profeti, l’intelligenza della fede


per l’avv. Roberta Positano non riuscirà però mai a prefigurare lo sfacelo che avrebbe fatto seguito alle reiterate violazioni sulla fraternità omosessuale. «Il ddl Zan ad esempio verte sulle misure di prevenzione e contrasto alla violenza e prevede che chi commette violenza possa avere una pena, addirittura fino a un anno e sei mesi di reclusione». E qui bisogna capirsi. In questo disegno di legge si chiede che vengano aggiunte delle parole sul sesso e sull’identità di genere che nella nostra Costituzione non sono contemplate. «Si condannerebbe, insomma, il reato di opinione, una norma secondaria che sussiste in un rapporto gerarchico alla nostra Costituzione». Già, la domanda nasce spontanea. Volendoci contare, classificare, quanti sono sotto questo cielo gli omosessuali? I numeri della demografia dell’orientamento sessuale ci spaventano. Ce li illustra lo psichiatra Antonello Taranto. «Negli anni settanta si stimava che fosse omosessuale 1 su 40mila. Ad occhio, coloro che soffrono di questo “disturbo” sono oggi il 5%». Lo psichiatra - psicanalista Carl Gustav Jung ci ricorda che non esiste un maschio completamente maschio e una femmina completamente femmina. «Esiste l’omosessualità latente. Jung specifica che la base ideologica è femmina, soprattutto dai resoconti clinici». Ma perché la necessità di una legge contro l’omofobia? «Per contenere la violenza. Troppi sono i reati a sfondo sessuale nel nostro paese, diventato sempre più violento, frettoloso, ignorante». E’ cambiata la nostra sessualità? «Sì, a partire da Tiresia, 3000 anni prima di Cristo (quando il transgender non era conosciuto), in alcune culture l’omosessualità veniva apprezzata, era intesa come arricchimento del talento personale. Altre volte era considerata una grave vergogna». L’omosessuale oggi è una persona che cerca l’amore ma so-

prattutto una espressione emotiva. «Perchè esiste la sessualità? Noi eravamo delle scimmie, ora abbiamo avuto una potente evoluzione grazie alla sessualità». E il potere fa il paio con violenza che oggi come non mai deve essere disciplinata. Fuori dal coro, anche se ben lungi da slogan che hanno fatto il Ventennio, senti nella parrocchia Immacolata la voce di Enrico Tedeschi e ti sembra di leggere i due libri di Marcello Veneziani: Dio, Patria e Famiglia e Dio, Patria e Famiglia dopo il declino. «Il ddl Zan è inutile, fuorviante, in cerca di consensi politici. Siamo in piena dittatura mediatica. La teoria gender è una teoria infondata. Considerando che il bimbo è una spugna, il pericolo di trasformazione di questa società è inevitabile. La sessualità è stata posta per un miglioramento della specie, per la procreazione. Con il ddl Zan corriamo il rischio di perdere la nostra identità, la nostra cultura». PADRE, SONO LESBICA. HO PECCATO? MA MI FACCIA IL PIACERE! Come nei film, l’epilogo del simposio finisce in bellezza e induce molti soloni a cospargersi il capo di cenere. L’amore vero, quello sacro e profano, ha un’anima e un cuore umile di ragazza di nome Anna. Ha ascoltato tutto, le anime antiche e progressiste che le hanno fatto rivedere il film dei suoi vent’anni. E’ arrivato il momento di svuotare la tempesta ormonale ed emotiva. «La mia posizione nei confronti dell’amore è diversa, ma non inferiore». La felicità di Anna è stato un sentiero difficile e tortuoso, per tutti quelli come lei che vivono in un Paese fondato sul pregiudizio, sullo stigma della diversità. Un posizionamento, quello di Anna, voce lesbica nel simposio e nei confronti della società che mette la parola FINE mentre lascia aperto e acceso il dibattimento parlamentare del ddl Zan. ha collaborato Valentina Bellapianta




echi

del

mese

DI

GIANGAETANO TORTORA

PROF.SSA ALESSANDRINI A QUOTA 100 100 candeline per un’istituzione cittadina 12 luglio Grandissimo traguardo raggiunto dalla professoressa Maria Luigia Alessandrini che ha infatti appena compiuto 100 anni! Questa ricorrenza davvero speciale per la professoressa Alessandrini (nota per il suo impegno sul territorio sin dalla fondazione, negli anni ’80, del Centro culturale prof. Michele Palmiotto dedicato al marito di cui era rimasta vedova) è stato festeggiato presso la propria abitazione in via Papa Giovanni XXIII in compagnia del sindaco Tommaso Depalma, del vice sindaco Michele Sollecito e del parroco di San Giuseppe don Luigi Caravella, oltre che naturalmente dei propri parenti. A dispetto dell’età, la professoressa Alessandrini continua tuttora a rivolgere un’encomiabile ed invidiabile attenzione alle dinamiche culturali e sociali della nostra città. Rappresenta, senza alcun dubbio, un modello per ogni cittadino e per questo anche noi le porgiamo tantissimi auguri di buon compleanno! 20 giugno ECODIALOGHI Le due associazioni di volontariato 2hands Giovinazzo e 2hands Molfetta, in collaborazione con Legambiente Trani e Legambiente Bitonto, hanno aderito al progetto Ecodialoghi promosso dal Csv San Nicola e organizzato dall’Associazione culturale La Maria del Porto. Prima tappa di una serie di appuntamenti, Giovinazzo con le operazioni di cleanup pres-

Ph Angie Sterlacci

so il tratto costiero adiacente al Mamas Beach. Nonostante la calda giornata i volontari delle suddette associazioni hanno aderito con grande entusiasmo all’iniziativa, rimuovendo 223,28 kg di rifiuti (nello specifico: 65,68 kg di plastica; 28,3 kg di reti di peschereccio; 11 kg di polistirolo; 44,3 kg di indifferenziato; 38,5 kg di vetro; 20 kg di legno e 15,50 kg di altri materiali). Ciò che più deve far riflettere è il numero, a parità di peso, di rifiuti raccolti


di plastica, polistirolo e reti. In modo particolare, la zona era 8 luglio PIAZZETTA STALLONE E piena di micro plastiche, le più dannose e pericolose ove VELOSTAZIONE FRANCO BALLERINI ingerite dai pesci. 2hands Giovinazzo è orgogliosa di essere stata parte di un progetto che ha visto coinvolte Associazioni diverse, ma unite dallo stesso scopo: difendere e valorizzare l’ambiente in un clima di condivisione e scambio reciproco. 4 luglio FESTA PARROCCHIALE SACRO CUORE

Ph GiovinazzoTv Per la processione bisognerà aspettare ancora, ma quest’anno in piazza S. Agostino primo passo verso la normalità con la festa parrocchiale in onore del Sacro Cuore di Gesù. Momento centrale, la grande novità della messa all’aperto celebrata dal parroco don Massimiliano Fasciano sul sagrato della chiesa, con la presenza dell’effigie del Sacro Cuore per l’intera durata della funzione religiosa. Effigie accolta all’uscita e poi accompagnata al rientro dalla tradizionale marcia del Mosè, eseguita dal Gran Concerto Bandistico Città di Giovinazzo. E proprio la banda con le sue sinfonie che tanto ci sono mancate in questo periodo di pandemia ha allietato i momenti successivi alla celebrazione, sotto le splendide luminarie della ditta Faniuolo light emotion di Putignano.

Cerimonia di inaugurazione, nei pressi della stazione ferroviaria, della piazzetta già intitolata a Padre Michele Stallone (missionario di Giovinazzo barbaramente trucidato in Kenya), appena riqualificata con nuove panchine e attrazioni per i bambini, e della nuova velostazione dedicata a Franco Ballerini (commissario tecnico della nazionale di ciclismo molto legato al nostro territorio, tragicamente deceduto undici anni fa) ossia uno spazio urbano interamente riservato agli amanti delle due ruote. Il tutto è stato reso possibile grazie al costante impegno da parte dell’assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Giovinazzo Gaetano Depalo e a un finanziamento di circa 230mila euro erogato dalla Regione Puglia, oltre a circa 70 mila euro provenienti dal bilancio comunale per un impegno complessivo di spesa pari quindi a circa 300mila euro. All’inaugurazione, preceduta dallo spettacolo teatrale di burattini Mikael e il drago e caratterizzata dalle videochiamate con la famiglia di Ballerini e non solo, sono intervenuti Paolo Bettini (campione olimpico e mondiale di ciclismo), Carmine Acquasanta (vicepresidente vicario della Federciclismo Puglia), il sindaco di Giovinazzo Tommaso Depalma con una larga rappresentanza dell’Amministrazione Comunale e le autorità militari. In conclusione il parroco di S. Agostino don Massimiliano Fasciano, dopo aver ricordato anche la figura di Padre Michele Stallone, ha impartito una benedizione.


11 luglio FESTA SAN FRANCESCO DA PAOLA

Messa all’aperto in occasione dei festeggiamenti in onore di San Francesco da Paola, a cura dell’Arciconfraternita di Maria SS del Carmine. La solenne celebrazione, in piazza Benedettine nel centro storico, è stata officiata da padre Francesco Depalo con la presenza anche in questo caso dell’effigie del Santo. Alla santa messa hanno partecipato i rappresentanti dell’Ufficio Locale Marittimo, dell’Associazione Vogatori Massimo Cervone (che, se non ci fosse stata l’emergenza sanitaria da covid-19, avrebbero portato l’immagine di San Francesco da Paola sulle proprie lance a remi nella tradizionale processione a mare) e dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia A. Molino di Giovinazzo.

16 luglio ROMANZO FUTILITA’ Presentazione alla Vedetta del Mediterraneo del romanzo Futilità del francesi sta Francesco Fiorentino (ed. Marsilio). Con l’autore napoletano (attualmente a Bari dove per diversi anni ha insegnato Letteratura Francese all’Università degli Studi di Bari A. Moro) ha dialogato il vicesindaco Michele Sollecito, mentre le letture sono state a cura di Teresa Lussone. Il romanzo di Fiorentino è appunto incentrato sulla futilità, intesa come dongiovannismo del mondo parigino (dal quale è pervaso il protagonista 12-13 luglio UN TORNEO Ugo, professore di Storia dell’Arte all’Università) e mondanità intellettuale PER MICHELE dell’Italia degli anni ’90 nel passaggio tra prima e seconda Repubblica. Futilità Questo il nome del torneo di calcetto or- in cui una generazione di intellettuali di mezza età si rifugia per non voler ganizzato dal Presidio Libera di diventare adulta. Nel romanzo non mancano inoltre attacchi al relativismo, in Giovinazzo presso la parrocchia Imma- particolare quanto al concetto di bellezza. colata in memoria di Michele Fazio, ucciso per errore venti anni fa dalla mafia a 18 luglio Bari vecchia in prossimità della sua abi- FESTA MADONNA tazione. Il torneo (il calcio era una delle DEL CARMINE NEL passioni di Michele) si è svolto lunedì 12 NOME DELLA MADRE luglio con la partecipazione di nove squa- Nella domenica conclusiva dre, ciascuna rappresentativa di un’asso- dei festeggiamenti in onore ciazione cittadina: ad aggiudicarsi la com- della Beata Vergine del petizione è stata la squadra dell’Azione Carmelo, sentitissimi nel rioCattolica della parrocchia S. Agostino, a ne San Giuseppe e non solo, punteggio pieno nel girone finale che si è svolto all’interno della comprendeva anche l’Arci Tressette e il parrocchia di via Dogali lo gruppo Agesci (rispettivamente seconda spettacolo Nel nome della e terza classificata). Martedì 13 luglio è Madre a cura della compastata invece la volta delle premiazioni gnia molfettese Teatro dei alla presenza di Pinuccio e Lella, genito- Cipis con letture di passi di ri di Michele Fazio, nonché della testi- Erri De Luca, Dante monianza resa da don Francesco Preite Alighieri e don Tonino Bello (sacerdote antimafia della parrocchia del dedicati alla Vergine e interRedentore di Bari). mezzi musicali a tema ese-


guiti dal giovinazzese Luca Marzella. Al termine dell’iniziativa, i ringraziamenti effettuati dal parroco don Luigi Caravella. Nessuna processione quindi della Madonna del Carmine per i noti motivi di emergenza sanitaria, ma comunque una bellissima occasione per meditare sulla centralità della figura della Madonna, imprescindibile punto di riferimento soprattutto in questo periodo di pandemia.

23 giugno FESTIVAL BLOW UP Una serie di appuntamenti, e tutti di altissimo livello, è solo un pubblico raffinatissimo quello che alla fine ha occupato le sedie del festival “Blow Up” che, in pieno ossequio delle regole di distanziamento, si è tenuto a fine giugno nella splendida cornice dell’atrio dell’Istituto Vittorio Emanuele II. E comunque troppi posti vuoti per delle kermesse che, in un altro qualsiasi altro teatro o arena, avrebbero meritato appieno un costo del biglietto decuplicato per quel che veniva offerto in termini di artisti, varietà e qualità dell’offerta. Un po’ la paura di non trovare posto auto per chi veniva da fuori, un po’ una certa disabitudine del pubblico locale a pagare sia pure una cifra simbolica per il teatro, il regalo che Elena Barucchieri e Maurizio Argàn (direttori artistici) insieme all’entusiastico staff di Rex Estensa hanno voluto fare a Giovinazzo e ai giovinazzesi, non è stato recepito come tale. Peccato per chi non c’era, soprattutto gli addetti ai lavori, considerando che al di là di uno spettacolo all’ennesima potenza, si sono persi pure delle vere e proprie lectio magistralis sulla coreografia tenute dalla Barucchieri che, inutile pure sottolinearlo, è una delle migliori e più affermate professioniste d’Italia nel settore. (ENRICO TEDESCHI) GIANGAETANO TORTORA



LA FERRAGNI E FEDEZ AFFACCIATI ALLA PERSIANA SUL MARE Tom il sindaco: «Questa è la Hollywood di Italia, la terra dei sogni» DI SERGIO PISANI Per alcuni è solo Tom Ricotta, il formaggino più cremoso che c’è. E niente più. Spieghiamo subito il perché. Discovergiovinazzo (disorienta subito con quella scelta iniziale dell’inglese), è il sito voluto da TomTom (dal 2012 resta per molti il navigatore più gettonato dei giovinazzesi) per guidarci alla scoperta di Giovinazzo. Un sito diventato però bersaglio burlesco dei grammatici e umanisti di paese: «Pieno di errori e castronerie». Il peggio arriva quando si inizia a navigare. «Menu inattivi, per cui se si vuole sapere dove “mangiare”, “dormire”, fare “shopping” si trova il nulla. E allora bisogna cercare cercare … e sotto la voce “diventa nostro ospite” si trovano tante voci mescolate alla rinfusa, distribuite tutte assieme in un gran calderone in cui bisogna ancora selezionare per orizzontarsi». La domanda nasce spontanea per bocca degli insigni linguisti facenti parte del Comitato della Salute cittadina (associazione che dovrebbe salvaguardare la sicurezza cittadina e - perché no! anche correggere i compiti in classe di Tom): possibile che personaggi che manifestano lacuna espressive tali da rasentare il ridicolo, possano arrivare ad occupare posti di potere? La risposta di Tom che sa anche filosofare (come l’altro Tom, Campanella) sulle origini del male non si fa aspettare: «L’invidia è una brutta bestia, soprattutto se in paese ti imbatti in questi campioni linguistici che si sono consegnati alla Treccani solo per le innovazioni espressive («decelluralizziamo la città») o all’Atlante geografico De Agostini (Giovinazzo? «Youngthug Locality»)». Ecco dunque la ricetta del dotto’ Tom (un appellativo che in paese si conferisce alle persone importanti anche se non hanno studiato) che sa trasformarsi in dottore della strada e della Chiesa come Tommaso d’Aquino per annichilire chi vuole sabotare le sue vittorie. Tom sa come difendersi dal disprezzo e dalla frustrazione linguistica. «Non è colui che critica a contare, l’onore spetta all’uomo pancia a terra nell’arena. All’uomo il cui viso è segnato dalla polvere, dal sudore e dal sangue. All’uomo che lotta con coraggio, che sbaglia ripetutamente, sapendo che non c’è impresa degna di questo nome che sia priva di errori e mancanze». Sembra di leggere l’Enciclica di Vialli e Mancini all’indomani del trionfo azzurro a Wembley. Invece sono parole di Tom, fortissimamente Tom, che come Tom Wolfe piace a David Letterman che lo avrebbe invitato al Late Night/Show sulla

GIOVINAZZO, FEDEZ E LA FERRAGNI, il post su Instagram diventato virale CBS. Gli basta una sola una telefonata per mettere subito a tacere i noiosi. «Chiara, Fedez dove siete? Mi fate un favore?». «Tom manco la bocca devi aprire. Dicci di che si tratta?». «Poca roba. Mi serve solo un vostro click, uno scatto, immersi nello splendore di questo affascinante borgo marinaro che mi appartiene, i cui professoroni non conoscono l’anima ma solo le scritture grammaticali». Giovinazzo ti da (così è scritto sul sito e cosi deve rimanere, senza accento alla faccia di chi sa solo blaterare perché ha perso il sorriso) il benvenuto. Una preghiera che si trasforma per la coppia più cool del momento in un’occasione per far soldi a palate con un post su Instangram. Tom è un’emozione non da poco sentirlo al telefono, sa fare anche l’Er Piotta con la sua oratoria musicale: «Venite a scattarvi una foto sulla nostra finestra spalancata sul mare». Pronto, Detto, Fatto. Manco al salotto di Rai1 della bitontina Bianca Guaccero se lo possono permettere. Il click - in esclusiva solo per noi de La Piazza - è di Tom Depalma che sa riscoprirsi non solo per le straordinarie enunciazioni linguistiche ma, come Oliviero Toscani, anche per la semantica delle sue foto. Fedez (impegnato in Puglia nello show di Battiti Live) e Chiara Ferragni, affacciandosi dalla persiana più bella di Puglia, hanno commentato così sul loro profilo Instagram: «Che bello, ci viene da piangere». E Chiara Ferragni lo ha fatto davvero: «Sono ormonale....». Chiara Ferragni e Fedez si sono poi regalati una notte da sogno nel b&b di casa nostra di Ciccìl Durm e Sugne per 40 euro a notte. Insomma dalla dolcezza di Cremona, la città del torrone della Ferragni, a quella delle cerulee onde dell’Adriatico. Tom ha poi incaricato il webmaster di aggiornare dopo un anno e mezzo il sito discovergiovinazzo, aggiungendoci nella home page lo spot Giovinazzo 2021. «Questa è la Hollywood di Italia, la terra dei sogni. Accorrete!». Vi attende una stagione di eventi sempre ricca grazie a un calendario studiato per accontentare tutti i gusti: concerti, mostre, sagre. In ogni momento dell’anno la città di Giovinazzo accoglie i propri visitatori in una veste sempre nuova. La parola di Tom cancella tutti i peccati. Veniali, originali e grammaticali! FAKE NEWS A CURA DELLA REDAZIONE


recensione

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IN ETÀ MEDIOEVALE....

NUOVI STUDI SUI VESCOVI DI GIOVINAZZO In supplemento al settimanale diocesano Luce e Vita dello scorso 30 maggio è stato pubblicato il numero dell’anno 2019 di Luce e Vita documentazione, il bollettino semestrale per gli atti di Curia della Diocesi di Molfetta-RuvoGiovinazzo-Terlizzi che, alle pp. 135-163, riporta un’interessante ricerca relativa all’antica diocesi di Giovinazzo e ad un antico documento che viene edito integralmente. Si tratta di un manoscritto seicentesco conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. La ricerca, che si apre con una breve premessa, è abbondantemente arricchita di note per correggere o segnalare, grazie a studi editi nell’arco di più di trecento anni, vari errori o imprecisioni relative ai dati riportati nel documento; diverse anche le note sia bibliografiche che archivistiche relative all’autore del manoscritto, a chi gli commissionò quest’opera e ad altri soggetti che in questa vicenda si inseriscono, tutti riletti nel proprio contesto storico. Il manoscritto edito altro non è che la relazione inviata nel 1655 da Giovinazzo all’abate Ferdinando Ughelli (1594-1670), per la composizione della sua Italia Sacra, un’opera geografica e storica che doveva attestare l’attività di tutte le diocesi d’Italia. Per poter scrivere quest’opera l’abate chiese a tutti i vescovi d’Italia di inviargli informazioni e documenti riguardanti la propria diocesi. A Giovinazzo, era allora vescovo Carlo Maranta che però era temporaneamente assente dalla città per alcuni contrasti sorti con il feudatario Nicolò Giudice, e che perciò incaricò il sacerdote Francesco Taurisano di raccogliere i documenti necessari e predisporre la debita relazione. Purtroppo del Taurisano si hanno solo dati anagrafici, e nessuna informazione si ha anche del sacerdote che egli designò come suo collaboratore, quindi non ci sono elementi che attestino la loro preparazione culturale. Lo storico Luigi Volpicella nel 1874 equiparava Francesco Taurisano a Ludovico Paglia e Luigi Sagarriga (autori di altre opere storiche relative a Giovinazzo), solo perché tutti e tre «ebbero cura di raccogliere le memorie della patria loro». Ma dopo la lettura del manoscritto e le varie imprecisioni in esso contenute, l’accostamento pare un po’ azzardato e se giova al Taurisano, non fa onore alla memoria di Paglia e Sagarriga. Taurisano infatti entra varie volte in contraddizione, e alcune volte fa voli pindarici per parlare ora di uno ora di un altro vescovo, così da apparire confusionario. Nella sua relazione Francesco Taurisano quando fa elenco di tutti i vescovi che guidarono la diocesi di Giovinazzo, dal X secolo fino ai suoi tempi, quando era in carica mons. Carlo Maranta, indica per alcuni i dati anagrafici, mai completi in verità, per altri fa cenno agli interventi pastorali, per altri ancora scrive delle opere di cui si fecero promotori, come l’edificazione, la consacrazione o il restauro di chiese o di alcuni loro arredi, come il fonte battesimale e le opere pittoriche o scultoree in esse contenute. È stato così possibile, pur se sono sintetici gli elementi offerti da Taurisano, spostare l’attenzione sulla città con le sue chiese ma soprattutto, ampliare lo sguardo su come doveva apparire la cattedrale di Giovinazzo alla metà del Seicento. Apprezzabile è la descrizione che egli fa di alcuni stemmi dei vescovi presenti in Cattedrale, nel palazzo vescovile e nel suo cortile, nonché delle lapidi tombali che egli ebbe modo di vedere personalmente. La trascrizione delle relative iscrizioni è fatta rispettando l’impostazione grafica del testo sulle lapidi, e questo particolare è particolarmente interessante per chi si occupa di epigrafia.

Attraverso le note di commento dell’autore della ricerca, nonché curatore dell’edizione integrale del manoscritto, è invece possibile circoscrivere con maggior precisione i limiti temporali degli anni di episcopato dei vescovi di Giovinazzo in età medievale. Un’ampia nota è dedicata infatti ai tre vescovi di nome Giovanni che si succedettero dal 1278 al 1322. Questa omonimia nel corso del tempo ha causato non pochi equivoci, che però grazie a documenti recentemente rinvenuti è stato possibile chiarire. Il documento che più di tutti fa luce su questi prelati è il così detto Obituario, prezioso codice pergamenaceo che, scomparso dall’Archivio Diocesano intorno alla metà del ventesimo secolo, è stato recuperato nel 2010 dal nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri. Già parzialmente edito in tre diversi articoli agli inizi del ‘900, dopo il suo ritrovamento, è stato meglio analizzato da Luigi Michele de Palma nel suo articolo: L’obituario trecentesco della Cattedrale di Giovinazzo, edito nel numero dell’anno 2016 della rivista di Studi italo-finlandesi «Settentrione» (testo consultato on line alla pagina https:// www.academia.edu/31956631/L_obituario_trecentesco _della_Cattedrale_di_Giovinazzo_in_Settentrione_Ri vista_di_Studi_italo_finlandesi). L’Obituario è una raccolta di annotazioni di nomi di defunti per i quali il clero della Cattedrale avrebbe dovuto celebrare messe in suffragio con i lasciti da loro disposti. Quindi, non contenendo i nomi di tutti quanti morirono nel periodo della sua compilazione e le date di decesso di ciascuno, non può essere considerato, come i registri parrocchiali voluti dal Concilio di Trento, una sorta di “antenato” dei


registri anagrafici imposti dall’autorità civile agli inizi dell’Ottocento. Dei tre prelati di nome Giovanni, il primo, di cui il Taurisano scrive che nel 1283 consacrò la Cattedrale, fu vescovo dal 1278 al 1304 ed era un francescano. Infatti in più di un documento di quest’arco temporale, conservato presso l’Archivio Diocesano di Giovinazzo, il suo nome appare accompagnato dal titolo di «frater», e conferma il fatto che egli lo fosse realmente la sua firma autografa, «Frater Iohannes Iuvenacensis Episcopus», apposta in calce ad un documento del 1295 conservato presso l’Archivio Diocesano di Bisceglie. In tutti questi documenti però il nome non è mai accompagnato dal locativo ma si può senza ombra di dubbio ora essere certi che si trattasse di fra Giovanni da Venezia. L’Obituario infatti, senza specificare giorno e mese, riporta che il decesso di fra Giovanni da Venezia avvenne nel 1304 quando Benedetto XI era al primo anno del suo pontificato. Questo il testo dell’annotazione: «Obitus domni fratris Iohannis de Venetiis Iuvenacensis episcopi, anno domini MCCCIIII, indictione secunda, pontificatus domni Benedicti pape undecimi anno I». Erroneamente però gli studiosi, che non avevano avuto modo di consultare de visu l’Obituario, l’abate Ughelli in primis e poi tutti gli altri che a catena a lui rimandano, appellano tale vescovo “fra Giovanni da Trani”, corretta è quindi solo la loro precisazione che fosse membro dell’ordine mendicante dei francescani.

Successore di fra Giovanni da Venezia fu Giovanni da Trani, vescovo dal 1304 al 1321, anche di questi al foglio 3 dell’Obituario, con le seguenti parole, è annotato il decesso avvenuto l’8 gennaio del 1321: «Obitus Iohannis de Trano Iuvenacensis Episcopi anno MCCCXXI octavo die mensis ianuarii». L’Obituario è peraltro l’unico documento che specifica la provenienza di entrambi i vescovi, infatti Giovanni da Trani nella pergamena n. 38 dell’Archivio della Cattedrale, datata 1313, atto in cui compare, appone la firma autografa «Nos Iohannes Dei gratia humilis Iuvenaciensis Episcopus» priva sia dell’aggettivo di locazione che dell’appellativo frater. Stessa cosa dicasi per la pergamena n. 170 edita alle pagine 222-225 del volume VII del Codice Diplomatico Barese, e datata 1309. Tutti gli elenchi dei vescovi, detti cronotassi, da quelli più antichi a quelli più aggiornati, fanno seguire ai primi due Giovanni, il nome di Giovanni Spinelli con l’unico riferimento cronologico della data di elezione avvenuta nel marzo del 1321, desumibile dalle pergamene n. X3 e X4 dell’Archivio diocesano di Terlizzi sulle quali si legge chiaramente anche il cognome del prelato. È questo il Giovanni che appare nella perg. n. 233 dell’Archivio Diocesano di Bari datata 15 agosto 1321 atto con il quale egli come vescovo di Giovinazzo, insieme a quelli di altre diocesi vicine, concesse l’indulgenza ai fedeli che avessero pregato nella cappella della Beata Caterina vergine, appena edificata nella cattedrale di Bari. DIEGO DE CEGLIA

FOTO STORICA

1947, la prima comunità di giovinazzesi d'America, unita dalla fede della Vergine di Corsignano


territorio

e

cultura di Enrico Tedeschi

NEL SEGNO DELL’ULIV0, ANCHE COME SIMBOLO DI CULTURA E RINASCITA Prendi le immagini dei quadri di Enzo Morelli, ovvero “il pittore degli ulivi” come ormai anche internazionalmente è definito, uniscile alle piccole storie di ben una ventina di autori conosciuti (Carlo A. Augieri, Pierfranco Bruni, Luca De Ceglia, Angela De Leo, Giuseppe Dimiccoli, Giovanni Dotoli, Piero Fabris, Zaccaria Gallo, Antonio V. Gelormini, Valentino Losito, Annamaria Monterisi, Antonio Moschetta, Marino Pagano, Nicola Pice, Agostino Picicco, Gerardo Placido, Anna Santoliquido, Mario Sicolo ed Enrica Simonetti) affida poi il tutto nelle mani del motivato Giuseppe Piacente della SECOP Edizioni, ed ecco in poche parole il libro “I RACCONTI DI ULIVO” ora in giro per le più importanti località pugliesi. Per iniziativa e sotto l’egida della prestigiosa Associazione Nazionale “Porta d’Oriente – Libero sviluppo del Mediterraneo”, a guida della volitiva prof. Cettina Fazio Bonina, un calendario voluto e che va ben al di là di un semplice tour di presentazione con tanto di importante vernissage a corredo: dietro il tema identitario ed unificante dell’ulivo, infatti, si tratta di una serie di appuntamenti che, attraverso incontri e confronti, intendono in realtà promuovere quella sinergia utile tra Enti, Associazioni e liberi cittadini che la politica, almeno finora, non ha dimostrato di essere riuscita granché a creare intorno alla Cultura, vista anche come volano di rilancio economico del territorio. Un proposito non certo sfuggito all’occhio attento della dr. Elena Saponaro che, nel suo ruolo e alla luce delle sue molteplici competenze ed esperienze specifiche, non ha esitato a dare il suo entusiastico supporto a questa iniziativa. Ecco così che, a ridosso del successo della visita dei delegati del G7 a Castel del Monte, è per Porta d’Oriente e le tele di Morelli che, questo 1 giugno, si sono riaperte le porte del “Castello più famoso del Mondo” (sito UNESCO) per ospitare un evento cui davvero non è mancato nulla. Ma non solo, nella stessa scia e “repetita iuvant”, una decina di giorni dopo (il 13, per l’esattezza) è stata la volta anche del Museo Nazionale Archeologico di Altamura. Un altro appuntamento riuscito, arricchito anche dal contributo del critico d’arte Caterina De Fusco, ma soprattutto l’occasione per riscoprire un luogo unico, imperdibile, dove poter fare un salto nel tempo fino alle nostre origini più lontane e persino incontrare di persona un nostro progenitore di 200 mila anni fa. Un’altra perla, questo Museo che, pressappoco misconosciuto, è già di sé la dimostrazione incontrovertibile che, accanto ad una Puglia “Regione più cool della Terra” soprattutto per le sue spiagge, vi è pure una Puglia di assoluta rilevanza planetaria per la sua archeologia e le testimonianze uniche di quando, nel Medioevo, fu “l’ombelico del Mondo”. Quanto basta e avanza, perciò, a pensare ad un turismo internazionale, colto e destagionalizzato, che dia ricchezza tutto l’anno. Quel turismo che sogniamo da sempre per

Giovinazzo, al posto della bagarre indistinta che oramai connota i tanti locali e localetti, come quelli spuntati come funghi dappertutto (e magari pure privi dei requisiti necessari) senza poi parlare dei dehors allargati a dismisura… e quasi tutti affollati all’inverosimile come se l’incubo del Covid fosse solo un ricordo lontano. E comunque, sempre a proposito della nostra Città, che consolazione sentir declamare in entrambi gli incontri, tra le pagine scelte e da un lettore d’eccezione, l’attore e regista Francesco Martinelli (nessuna parentela accertata con il nostro conosciutissimo preside centenario concittadino) un: «Sono un ulivo secolare e mi trovo nell’agro di Giovinazzo, verso l’interno, a pochi chilometri dal mare che pure vedo in lontananza dalle mie fronde più alte…». Quasi una poesia queste parole che sono l’incipit del racconto in questo libro – inutile pure presentarlo - del nostro Agostino Picicco. Ora non sappiamo se l’ulivo di cui parla è magari tra quelli che hanno visto anche la più grande battaglia del ‘700, nell’agro tra Giovinazzo e Bitonto, ma di certo rimane che questo libro ricco di immagini, con il suo titolo ed i suoi racconti, ricorda pure che l’ulivo è, e resta, un protagonista assoluto della nostra vita e della nostra economia. Siamo o non siamo nella terra in cui si produce il miglior olio del Mondo?


riflettendo

... di Enrico Tedeschi

I GENDER? E CHI SONO MAI QUESTI?

MA NOI CHI SIAMO? Questo l’interrogativo che da sempre tormenta l’uomo e ha mosso schiere di filosofi, scrittori e pensatori alla ricerca di una risposta che confermasse, o anche andasse al di là del racconto declinato dalle varie religioni. La domanda delle domande, insomma. Insieme alle tante di ogni giorno, sempre alla ricerca di una verità che ci aiuti a scegliere tra quello che è buono o utile, da ciò che è cattivo o ci danneggia. Un lavorìo pazzesco, considerando la massa enorme di informazioni che ci provengono dalla realtà e dalla galassia dei media, web compreso, dove ci trovi davvero tutto e il contrario di tutto e, di conseguenza, la manipolazione della verità è all’ordine del giorno. Già, e allora? Come non essere grati, perciò, all’occasione offertaci dalla presentazione di un libro (v. pagina accanto) che ci ha anche permesso una visita al dir poco imperdibile Museo Archeologico Nazionale di Altamura? È lì che in una passeggiata nel tempo, da quello più remoto fino alle soglie della nostra civiltà, che abbiamo trovato non solo la nostra vera storia come esseri umani, ma anche una luce che rischiarasse le nostre idee, a cominciare da quelle ultime. Fatale l’incontro di persona con un nostro progenitore di circa 200 mila anni fa, peraltro vanto e primato paleontologico nel mondo della Puglia. Un troglodita di nome e di fatto, e il più antico. Ma che da solo è bastato a fare ordine nei nostri pensieri e, soprattutto, ha spazzato via in un attimo alcuni dubbi che il politically correct del “pensiero unico” ci aveva pur instillato nella mente, grazie al bombardamento mediatico che cerca di avvalorare la fondatezza delle teorie gender accampando persino una (ma solo ipotetica) base genetica. Un vero e proprio battage ben sostenuto e studiato (v. Overton Windows) ma che, anno dopo anno, ha finito con lo stravolgere letteralmente il modo di pensare degli italiani, rendendoli persino timorosi di esprimere un qualsivoglia libero concetto sui gender, ma anche sulle altre diversità in genere. È questo il risultato di questa nostra passeggiata immaginaria con questo Homo neanderthalensis ritrovato nella Grotta di Lamalunga, e a pochissima distanza dal luogo dove sono pure presenti le impronte dei dinosauri che abitavano questo territorio. Alto per i suoi tempi (pur con il suo scarso 1 metro e 60) possente e con lo sguardo di “un uomo che non deve chiedere mai” era costui «quasi certamente un capo»… ossia un perfetto prototipo del “maschio alfa”: un uomo, cioè, in grado di proteggere e nutrire una donna e darle dei figli belli, sani e forti. La strada che la Natura ha scelto, attraverso una dura selezione dei più eccellenti, per garantire la continuazione e il miglioramento della specie, tanto da rendere l’Uomo così vicino a Dio, da farne il padrone assoluto della Terra. In poche parole stiamo parlando della teoria

dell’evoluzione, e di come è per selezione sessuale che ora siamo quelli che siamo. Ora «se sia la scienza che la filosofia cercano di rispondere alle domande che ci pone la realtà, è poi la scienza l’unica che può mettere fine ad ogni questione» dunque, almeno per noi, tutto il resto che circola è fuffa, quando non costruzione ideologica per chissà quali reconditi fini. Come non cogliere, infatti, la contraddizione che esiste nel fatto che, mentre è pressoché unanime la condanna agli OGM, invece sul tema delle rivendicazioni LGBT, non c’è altrettanta attenzione generale circa i pericoli concreti (e più che prevedibili) legati ad una manipolazione genetica che vada oltre quanto già si sta facendo sugli umani per “armonizzare il proprio corpo alla propria identità percepita”? Sorride silenzioso alla domanda, il nostro amico di Neanderthal. Lui è in regola con le leggi della natura e, paradossalmente, ancor più che attuale tutt’oggi, in virtù di quell’ancestrale richiamo all’accoppiamento che esercita subliminalmente sull’ io femmina: come spiegare altrimenti quell’attrazione fatale che porta donne speciali, persino le più ammirate ed attrezzate “profumiere”, alla scelta non sempre nascosta di partner a volte financo inquietanti e, in ogni caso, non certo all’altezza delle loro possibilità e ambizioni? Mistero svelato: la natura è natura, e questo non si può discutere! ENRICO TEDESCHI


PINO GRASSO


illis temporibus

DI

SERGIO PISANI

GIOVINAZZO E L’OMBELICO DELLA CARRÀ Testa china, penitente per i peccati degli altri, Don Filippo Roscini, negli anni ’80, non trovava pace durante le sue omelie nei confronti della popstar americana Madonna: «Quella è una sporcacciona, una donna amorale. Offende il nome della Vergine». Poi è morta la Carrà, e non dimentichiamo che anche lei è stata destinataria, vent’anni prima, della dura condanna da parte del pastore rigido della Chiesa giovinazzese. Don Filippo richiamava nelle sue omelie la gente alla purificazione sociale, eliminando le macchie di una futuribile impudicizia dei costumi. Come il Tuca Tuca, il balletto che scandalizzò in tv il mondo cattolico perchè lasciava scoperto l’ombelico. La Carrà stava ai varietà in bianco e nero come Madonna alla basfemia cattolica degli anni ’80. Vanzina arrivò al cinema negli anni ’90 – 2000 quando don Filippo (morto il 12 dicembre 1992) dormiva già il sonno dei giusti. Ma era la Carrà con la pancia e l’ombelico di fuori in TV a turbare il sonno in vita di don Filippo, soprattutto quando le ragazze giovinazzesi indossavano ancora calze spesse e coprenti e a mare il bikini era un sogno. Non solo durante le omelie in chiesa, ma durante le sue conferenze nel Circolo della Vela e nella Pro Loco (primo punto di risveglio culturale giovinazzese di cui don Filippo fu uno dei fondatori nel 1961), il giovedi sera, quando si discutevano i piccoli e grandi problemi di vita cittadina insieme a Gianni Pansini, Michele Bonserio, Teresa Camporeale, Enzo De Palma, Franco Biscardi, don Filippo prendeva posizioni drastiche in merito al “tuca tuca” e all’ombelico della Carrà. Lo fece fino a quando il Vaticano sdoganò il corredo di legittimazione di esposizione dell’ombelico. Il

DON FILIPPO ROSCINI contro l’ombelico del kitsch, prima che negli anni ’80 gli italiani scegliessero di diventare immorali nell’era del Partito Socialista mondo stava cambiando e anche le parole del censore giovinazzese non erano più in sintonia con un paese che la televisione stava contribuendo a liberare da pregiudizi e divieti, anche con i testi delle canzone della Carrà che inneggiavano al piacere di innamorarsi, di baciarsi o di collezionare tanti amanti per “fare l’amore da Trieste in giù”. Vinse la Carrà: durante l’estate, anche le ragazze cominciarono a girare in paese tutte con la pancia scoperta, con i bikini a mare e i pantaloni a zampa di elefante. Don Filippo morì senza poter contare i fagioli e le palline nel contenitore nella spazzatura della Raffaella nazionale. Senza potersi nemmeno asciugare per lo sdegno le lacrime per una donna che aveva spettacolarizzato il dolore degli italiani con Caramba che Sfortuna! SERGIO PISANI


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DI

FRANCESCA ROMANA PISCIOTTA

ASSEGNO UNICO FIGLI, DOMANDA AL VIA DAL 1° LUGLIO 2021 All’apertura del canale telematico per le domande dell’assegno unico per i figli minori, la circolare INPS n. 93 del 30 giugno 2021 illustra punto per punto come funziona, cosa cambia e quali sono i requisiti specifici richiesti ai beneficiari. In parallelo all’avvio dell’assegno unico, si ricorda, dal 1° luglio 2021 aumenta anche l’importo degli ANF, misura parallela al sostegno ponte riconosciuto per il momento solo ad autonomi e disoccupati, ossia a coloro che non percepiscono gli assegni al nucleo familiare. Chi può fare domanda per l’assegno unico temporaneo? L’importo spetta ai nuclei familiari con figli minori di 18 anni, inclusi i figli minori adottati o in affido preadottivo. Sarà poi fondamentale possedere un ISEE di valore non superiore al limite di 50.000 euro e, in ogni caso, il valore dell’ISEE sarà considerato anche per il calcolo dell’importo mensile spettante, pari ad un massimo di 167,5 euro per figlio (217,8 euro per i nuclei familiari con almeno tre figli minori). Come funziona l’assegno unico, cosa cambia rispetto ad oggi, e quali sono importi e beneficiari? Dal bonus bebè, fino agli ANF, l’assegno unico punta a diventare a regime, e quindi dal 2022, strumento onnicomprensivo per il sostegno alle famiglie con figli, in sostituzione delle misure frammentate ad oggi vigenti. Dal 7° mese di gravidanza - soppiantando il bonus mamme domani - e fino ai 21 anni di età, le famiglie avranno diritto ad un assegno economico d’importo calcolato in base al valore dell’ISEE. L’avvio dell’assegno unico per tutti porterà all’abolizione di alcuni dei bonus per le famiglie attualmente vigenti: assegni familiari, ANF, bonus mamme domani, bonus bebè e detrazioni figli a carico. Sono questi alcuni degli strumenti che consentiranno di reperire ulteriori risorse per l’assegno universale. Facciamo di seguito il punto su regole e requisiti per fare domanda dal 1° luglio al 31 dicembre 2021, sulla base delle indicazioni operative contenute nella circolare INPS n. 93 del 30 giugno. ASSEGNO UNICO FIGLI 2021, DALL’IMPORTO AI BENEFICIARI, COME FUNZIONA. LE ISTRUZIONI INPS Con la circolare n. 93 del 30 giugno 2021 l’INPS inserisce l’ultimo tassello necessario per la partenza dell’assegno unico per i figli, l’agevolazione temporanea in vigore dal 1° luglio 2021. È stato il Family Act approvato in Consiglio dei Ministri l’11 giugno 2020 a prevedere, tra le novità più rilevanti e di più immediata attuazione, l’assegno unico per i figli, sostegno universale di importo progressivo calcolato sulla base del modello ISEE. Come previsto dalla legge delega, il decreto approvato in Consiglio dei Ministri il 4 giugno 2021 stabilisce le regole specifiche per l’avvio dell’assegno unico. Nell’attesa dell’attuazione completa della legge delega, il testo del decreto attuativo denominato “Misure urgenti in materia di assegno temporaneo per figli minori” ha introdotto dal 1° luglio 2021 e fino al 31 dicembre 2021 l’assegno ponte, destinato alle famiglie con figli minori che non beneficiano degli assegni per il nucleo familiare. Dal 1° luglio si può quindi fare domanda per ottenere l’assegno ponte. Il nucleo familiare del richiedente, in caso di presenza di figli minori di 18 anni, deve essere in possesso di un ISEE inferiore a 50.000 euro annui. L’ISEE sarà anche il parametro per il calcolo dell’importo riconosciuto. Si evidenzia che rispetto a quanto previsto dalla legge delega, l’assegno per i figli temporaneo operativo dal 1° luglio 2021 spetta esclusivamente per i figli minori, e non fino al compimento dei 21 anni di età del figlio.

- essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea, o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno NEWS & permanente, ovvero essere cittadino TECH al di uno Stato non appartenente alvostro l’Unione europea in possesso del permesso di soggiorno UE per soggior- servizio nanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno semestrale; - essere soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia; - essere residente e domiciliato in Italia con i figli a carico sino al compimento del diciottesimo anno d’età; - essere residente in Italia da almeno due anni, anche non continuativi, ovvero essere titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno semestrale; - essere in possesso di un indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) in corso di validità e non superiore a 50.000 euro. Per quel che riguarda il requisito della residenza del richiedente con il minore, è necessario che il genitore che presenta domanda e il figlio siano coabitanti e abbiano dimora abituale nello stesso Comune. L’assegno potrà in ogni caso essere erogato nella misura del 50 per anche all’altro genitore in caso di affido condiviso dei minori. Il diritto all’assegno unico è esteso ai nonni per i nipoti minori a carico, qualora essi risultino presenti nell’ISEE e in caso di formale provvedimento di affido o in ipotesi di collocamento o accasamento etero familiare. Al contrario, se la famiglia anagrafica è composta da nonni e nipoti minorenni ma manca un provvedimento di affido, la regola generale prevede che per la composizione del nucleo familiare ai fini ISEE i minori siano attratti nel nucleo familiare del genitore. Tra le novità principali dell’assegno unico vi è il carattere di universalità. Come già evidenziato, spetterà anche ai titolari di partita IVA, accanto ai lavoratori inoccupati. Inoltre, come evidenziato dall’INPS nella circolare del 30 giugno 2021, l’assegno temporaneo spetta, nel rispetto dei requisiti generali, anche a chi beneficia degli assegni familiari (coltivatori diretti, coloni, mezzadri e titolari di pensione da lavoro autonomo), e a chi non beneficia degli ANF in quanto non possiede uno o più requisiti.

ASSEGNO UNICO PER I FIGLI: PER IL CALCOLO SERVIRÀ IL MODELLO ISEE L’ISEE sarà il parametro per calcolare l’importo dell’assegno unico per i figli. Bisognerà appunto presentare il modello ISEE minorenni che, si ricorda, in caso di nuclei familiari composti da genitori coniugati, coincide con l’ISEE ordinario. Non saranno tenute in conto le domande per le quali la DSU non risulta presentata, così come i casi in cui l’ISEE è scaduto o non contiene i dati del minorenne per il quale si richiede l’assegno unico. Guardando a limiti ISEE e importi, l’assegno ponte riconosciuto dal 1° luglio al 31 dicembre 2021 spetterà per ciascun figlio minore in base al numero dei figli stessi e alla situazione economica della famiglia attestata dall’ISEE. ASSEGNO UNICO FIGLI 2021, A CHI SPETTA? FOCUS SUI BENEFICIARI Nello specifico, l’importo dell’assegno mensile è dePer quel che riguarda i requisiti di accesso, l’assegno unico in avvio dal 1° luglio 2021 terminato come segue: è riconosciuto in favore dei nuclei familiari con ISEE fino a 50.000 euro, nel rispet- - con ISEE fino a 7.000 euro: 167,50 euro per ciascun figlio in caso di nuclei con uno o due figli, o to dei seguenti requisiti:


217,80 euro per figlio in caso di nuclei più numerosi; - con ISEE superiore a 7.000 euro e fino a 50.000 euro, l’importo spettante decrescerà progressivamente. Per ciascun figlio minore con disabilità, inoltre, gli importi sono maggiorati di 50 euro. Il beneficio medio riferibile alla misura per il periodo che va dal 1° luglio 2021 al 31 dicembre 2021 è pari a 1.056 euro per nucleo e 674 euro per figlio. A titolo di esempio, come illustrato dall’INPS, l’importo mensile dell’assegno unico temporaneo è così calcolato: - nucleo familiare composto da 4 figli minori di cui uno disabile, con ISEE fino a 7.000 euro, l’importo spettante sarà pari a 921,20 euro [(217,8 x 4) + 50]; - nucleo familiare composto da 2 figli minori con ISEE pari a 13.400 euro, l’importo spettante complessivamente è pari a 201 euro (100,5 x 2); - nucleo familiare composto da 2 figli minori disabili, con ISEE pari a 33.000,01, l’importo spettante è pari a 189,6 [(44,8x2) + 100]. DOMANDA ASSEGNO UNICO ALL’INPS, SCADENZA IL 30 SETTEMBRE 2021PER RICEVERE GLI ARRETRATI Bisognerà fare domanda all’INPS per richiedere l’assegno unico per i figli. L’invio potrà essere effettuato in modalità telematica dal contribuente ovvero tramite gli Istituti di patronato. Le regole per l’invio sono contenute nel messaggio INPS n. 2371 del 22 giugno 2021. I beneficiari dell’assegno unico avranno tempo fino al 30 settembre per fare richiesta al fine di ricevere anche le mensilità arretrate spettanti dal mese di luglio. Nel caso di invio successivo a tale termine, l’assegno spetterà dalla data di trasmissione della domanda. Deve essere inoltrata una domanda per ciascun figlio, attraverso le seguenti modalità: - portale web, utilizzando l’apposito servizio raggiungibile direttamente dalla home page del sito www.inps.it, se si è in possesso del codice PIN rilasciato dall’Istituto entro il 1° ottobre 2020, oppure di SPID di livello 2 o superiore o una Carta di identità elettronica 3.0 (CIE), o una Carta Nazionale dei Servizi (CNS); - Contact Center Integrato, chiamando il numero verde 803.164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06 164.164 (da rete mobile a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori); - gli Istituti di patronato, utilizzando i servizi offerti gratuitamente dagli stessi. L’importo dell’assegno unico per i figli sarà accreditato sull’IBAN del richiedente ovvero mediante bonifico domiciliato. In caso di affido condiviso dei minori, l’assegno può essere accreditato in misura pari al 50 per cento sull’IBAN di ciascun genitore. In presenza di genitori coniugati tra loro, genitori naturali di figli nati fuori dal matrimonio, genitore “solo” (ad esempio, vedovo/a, altro genitore che non ha riconosciuto il figlio, ecc.) ovvero che risulti affidatario in via esclusiva del minore, il pagamento è effettuato interamente al genitore richiedente che convive con il minore.

l’INPS con il messaggio n. 2332 del 17 giugno 2021, nel periodo di vigenza dell’assegno ponte, ovvero dal 1° luglio al 31 dicembre 2021, gli importi mensili degli assegni al nucleo familiare già in vigore sono maggiorati di: - 37,50 euro per ciascun figlio in favore dei nuclei familiari fino a due figli; - di 55 euro per ciascun figlio in favore dei nuclei familiari di almeno tre figli. ASSEGNO UNICO ANCHE PER I PERCETTORI DEL REDDITO DI CITTADINANZA L’assegno ponte è compatibile con il reddito di cittadinanza. Nella determinazione dell’importo del reddito di cittadinanza verrà tenuto in considerazione anche l’importo dell’assegno unico riconosciuto ai componenti di minore età presenti nel nucleo familiare. Nel dettaglio, l’INPS corrisponderà d’ufficio la somma spettante congiuntamente al reddito di cittadinanza, sottraendo dall’importo teorico spettante la quota di RdC relativa ai minori che fanno parte del nucleo familiare, calcolata secondo la scala di equivalenza di cui all’articolo 2, comma 4, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4. Il parametro della scala di equivalenza, si ricorda, è pari ad 1 per il primo componente del nucleo familiare ed è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di minore età, fino ad un massimo di 2,1, ovvero fino ad un massimo di 2,2 nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza, come definite ai fini dell’ISEE.

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SERGIO PISANI

UN ANNO SENZA GIOVANNI Caro Giovanni,

Un anno fa, il giorno della notte delle stelle cadenti, mi hai salutato consegnandomi l’anima della tua vita in un hard disk esterno, in una «Banca della Memoria». Ma non solo le nostre vite sono racchiuse in un barattolo di un pc, ci parlano d’amore anche attraverso le stelle (Anche le stelle cadenti raccolgono la nostra anima. Victor Hugo). Così il 10 agosto pv, spegnerò il pc, mi allontanerò dalle luci di città dirigendomi verso il casale della Madonna, raccontata da te in mille video (dai vecchi 8mm e Super8, poi digitalizzati in moderni DVD): cercherò di afferrare la scia luminosa della tua stella cadente. La tratterrò nel mio cuore come il barattolo del mio Pc: è l’anima de La Piazza che è stata capace di dare amore in questo paese. Nella vita bisogna sempre dare il meglio di noi stessi. Ma forse, caro Giovanni, il meglio l’ho raggiunto con te. Senza di te, oggi la carta stampata si avvia alla fase di declino, alla parabola discendente come tutti i giornali. La vita è strana. Ti avvicina alle persone che non pensavi di poter apprezzare e poi ti allontana da chi credevi di non poterne fare a meno. Ricordo come se fosse ieri, quando 25 anni fa, sul Palazzo di Città, in consiglio comunale si scatenarono nei tuoi confronti, autore del 1° cd «Conoscere Giovinazzo», le ire fierissime di guelfi e ghibellini. Questi ultimi puntavano il dito contro «i furti culturali» e la limitatezza ideologica a cui era stato allora condannato il Comune di Giovinazzo che patrocinò il lavoro di un vigile urbano. C’ero anch’io a fare arringa. Io che poi ti ho patrocinato dal 2008 (dopo una copertina su La Piazza per la tua meritata quiescenza «Parato ha detto stop!,ricordate?), un paio di libri sull’AFP, sulla Ferriera e un paio di DVD che digitalizzavano video e fotografie cittadine che ripercorrevano i piccoli e i grandi accadimenti di una Giovinazzo prima fascista, poi repubblicana. Se tutto questo patrimonio fotografico e video sfila davanti agli occhi dello spettatore attraverso i colori della venata malinconia, il merito è solo tuo, caro Giovanni, che hai cancellato con il pennello del photoshop la polvere al treno sbuffante che trasportava a destinazione i binari lavorati della Ferriera, all’americano delle truppe alleate innamorato di una giovinazzese povera ma bella che realizzava vicino alla fontana dei Tritoni il suo video-ricordo con una camera amatoriale da 8 mm e all’intervista goliardica di un diavolo di giornalista e l’acquasanta, lo storico don Filippo Roscini. Immagini e i filmati digitalizzati da te, caro Giovanni, che eri il pioniere del multimediale in paese, il maresciallo inerudito che forse poteva far scuola ad un informatico che conosce troppa teoria ma non sa mettere il cuore e la salsa sui maccheroni del computer. Tu, caro Giovanni, di salsa piccante sui maccheroni ne hai messa abbastanza, condita ogni tanto da un po’di formaggio dolce quando il computer non esisteva nemmeno al Palazzo di Città. Oggi sulla Rete delle Reti circola tanto tuo materiale. Conoscendoti, anche se avevi conservato quello scintillio un po’ smisurato delle stelline della divisa anche da pensionato, non ti saresti mai permesso di denunciare per raccogliere qualche like in più il «furto culturale» agli indebiti possessori. Conoscendoti, avresti conservato sulle labbra lo stesso lieve sorrisino di chi sapeva e fingeva di non farlo pesare ai copisti, ai ritaglieri di casa nostra. Un professionista, collezionista di tutto ciò che pulsa di

biancoverde (posso fare anche il nome, il dott. Beppe Casamassima), mi ha confessato che La Piazza è una montagna di informazioni con un’anima in meno: la tua! Come non dargli ragione. «Mancano le figurine allineate come in un album Panini dei medici condotti, dei preti con la talare, delle storiche guardie campestri e dei vigili urbani… Mancano le storie dei piccoli uomini come Tregnùle il banditore, Vitàngiue de l’acque maréine, Cappezzaune, Facce d’arginde Badoglie de la frutte». Uomini di ieri condannati alla damnatio memoriae. Insieme a ciabattini, sellai, cordai, sgangherati treruote di umili venditori: sono questi, alla fine, uno spaccato di vita giovinazzese che non c’era più e brillava, grazie a te Giovanni, alle tue immagini e ai tuoi racconti. Il 10 agosto proverò ad afferrare quella stella cadente per ereditare la tua anima. SERGIO PISANI

«RICERCARE L’IMPOSSIBILE PER TROVARE IL POSSIBILE» di Gianni Massari Una vita trascorsa al servizio dell’hockey pista. Così può essere sintetizzata la figura di Giovanni Parato. Oltre cinquant’anni dedicati a questa disciplina che gli sono valsi anche il massimo riconoscimento da parte del Coni che lo ha insignito nel 2015 con la Stella d’Oro


al Merito Sportivo. Parato si è appassionato all’Hockey già dal 1969, seguendo gli allenamenti nella pista del Parco Scianatico, invitato più volte dal sottoscritto ad arbitrare le partite amichevoli dell’AFP, alternandosi con Giuseppe De Girolamo. Con una conoscenza e competenza progressiva ha cominciato la carriera di arbitro nazionale di hockey pista nel 1976, scalando tutte le categorie e diventando internazionale, continuando poi a dirigere incontri fino al 1992. Tuttavia, già da subito, sulla base dei successi della AFP con lui e con De Girolamo programmammo la costituzione di una sezione locale di arbitri che lui sapientemente e con una tenacia e determinazione costituì, convincendo diversi appassionati dell’hockey ad iniziare l’attività arbitrale. Nei successivi anni Giovanni grazie alla sua determinazione riuscì a formare una sezione arbitrale a Giovinazzo, la più numerosa d’Italia, con n. 56 fischietti, tra cui il futuro Giudice Vincenzo De Palma e tanti altri. Tra gli arbitri avviati e formati 14 di questi sono divenuti internazionali. Giovanni Parato, ovvero un vulcano di originalità e creatività nel frattempo, nel 1990 prende l’iniziativa di voler scrivere un libro sulla attività arbitrale, volendo la mia condivisione e l’impegno della scrittura di un capitolo relativo alla preparazione fisico-atletica degli arbitri. Io esprimo dei dubbi circa il sostentamento delle spese per la pubblicazione, invece lui determinato e ossessivo come si deve, riesce a trovare dei fondi cumulando piccoli sponsor, per cui nel 1992 pubblica il testo “L’Hockey su Pista” le regole del gioco, unico in Italia. Nel frattempo, comprendendo che doveva essere al passo con i tempi si specializza da solo con una ferrea volontà in informatica, facendo passi da gigante, lasciandomi spesso basito. Nel 2005 scrive un altro testo sull’hockey “Arbitro non si nasce, si diventa”, nel quale anch’io scrivo il mio capitolo. Il connubio con Giovanni diventa granitico per cui questa volta prendo io l’iniziativa di scrivere un libro sulla tecnica nel 2017 e successivamente nel 2019 quello sulla tattica. Vi giuro, senza di lui non sarei riuscito a pubblicare nulla. Oltre 5.000 foto da lui scattate e selezionate, oltre 3.500 disegni, da me scritti su carta e da lui trasformati graficamente e riportati nei miei testi. E quando mi sgomentavo per non farcela era lui che era pronto a darmi sostegno e lottare sempre per raggiungere l’obiettivo. Migliaia di ore passate a casa sua davanti al P.C. a fare correzioni ed aggiustamenti. Insomma un vero vulcano di mente. Per lui nessun ostacolo era insormontabile: tutto era possibile da parte dell’uomo. Per questo tipo di comportamento scrissi il proverbio: «Ricercare l’impossibile per trovare il possibile» In questo Giovanni Parato è stato l’esempio del vero problemsolving. Ciao Giovanni, mi manchi molto, non solo a me, ma a tanti. GIANNI MASSARI

«SE DICEVI PORTAMI SULLA LUNA, GIOVANNI TI PORTAVA SULLA LUNA» di Giuseppe Degirolamo Sono legato alla Famiglia Parato (in particolare ai fratelli Gino e Giovanni) da una amicizia divenuta, nel corso degli anni, un legame

quasi di parentela. Con Giovanni ho condiviso tanti episodi di vita sportiva e non. Mi piace ricordare la sua intraprendenza, il suo estro, la sua praticità nel risolvere qualsiasi problema (se dicevi portami sulla Luna, Giovanni ti portava sulla Luna), magari in maniera non lineare, ma lui era il tipo che viaggiava a 300 km/h, tanto è vero che la diversità di carattere spesso ci portava a scambi di opinioni piuttosto vivaci ma alla fine si trovava sempre un punto d’intesa. Inutile parlare della sua carriera arbitrale, nella quale ha percorso tutte le tappe (mi piace ricordare - era Gennaio 1978- il suo esordio in Coppa Italia a Bari in Enel Bari-AFP Giovinazzo) fino alla nomina ad Arbitro Internazionale e, una volta appeso il fischietto al chiodo, Designatore Arbitrale. Ritengo, comunque, che il suo merito più grande sia stato quello di aver fondato la Sezione Arbitrale di Giovinazzo e aver lanciato oltre una trentina di Arbitri, alcuni dei quali molto dotati che sono arrivati anche loro alla nomina ad Internazionale: devono essere riconoscenti per tutti i consigli che Giovanni ha dato loro. Grazie Giovanni per tutto quello che hai dato. GIUSEPPE DEGIROLAMO

«DANDO UN PO’ A CIASCUNO, DIEDE MOLTO A TUTTI» di Angelo D. De Palma Pronto e disposto sempre ad aiutare gli altri, spesso si è trovato da solo a risolvere i suoi problemi, mentre gli amici del buon tempo si allontanavano. Accusato, molte volte ed a sproposito, di voler mettersi in evidenza senza alcuna ragione, ha insegnato a molti la soddisfazione che viene a ciascuno dal porsi a disposizione - e gratuitamente - della comunità in cui si vive. Preoccupato del futuro dei giovani, ha dato origine ad una vera e propria scuola, da cui sono stati formati numerosi giovani arbitri. Le persone, che più ha amato, non di rado gli hanno dato grandi dispiaceri. Questo, molto in breve, è stato Giovanni Parato sulla sua vita terrena. Sia scritto sulla sua tomba: «Dando un po’ a ciascuno, diede molto a tutti». ANGELO D. DE PALMA



INCARICHI

LA DOTT.SSA ANGELA VESTITO È IL NUOVO PRIMARIO DEL REPARTO DI

RADIOLOGIA SENOLOGICA DELL’OSPEDALE S. PAOLO «Con tenacia e dedizione arricchisci ogni giorno di più il tuo bagaglio professionale. Sei per noi un grande esempio! Congratulazioni» I tuoi genitori e i tuoi fratelli

LAUREA

17 GIUGNO 2021 EMILIA VESTITO LAUREA MAGISTRALE IN «La strada è stata lunga e piena di difficoltà, ma tu non hai mollato, inseguendo i tuoi obiettivi con tenacia e forza di volontà. Finalmente il tuo impegno è stato premiato» Congratulazioni dai tuoi genitori e dai tuoi fratelli


uomini

e

sport DI GIANNI LEALI*

I COLORI SOCIALI Quando giocavo a calcio io, quindi parecchi anni or sono, capitava spesso che un determinato calciatore veniva premiato dalla propria società per «attaccamento ai colori sociali». Solitamente la manifestazione si svolgeva press’a poco così: si indiceva un banchetto con larga partecipazione dei soci, si faceva sedere il festeggiato al tavolo delle autorità e, non appena si arrivava allo spumante, si estraeva la medaglia o la targa ricordo che il presidente donava al campione di fedeltà ai colori sociali, accompagnando il gesto con semplici e commosse parole di ringraziamento. Anche a me capitò una volta di partecipare ad uno di questi banchetti ed il festeggiato era, nientemeno, uno straniero. Si trattava di un’ottima persona sotto tutti gli aspetti, ma mi sembrò strano che l’attaccamento ai colori sociali fosse rappresentato da un personaggio non nostrano. D’altronde , a quei tempi, gli stranieri che giocavano nei vari campionati italiani non erano nemmeno così numerosi come ai tempi di oggi. Anzi, erano veramente pochi. Comunque, a parte questa considerazione incidentale, vediamo un po’ in che cosa consistono questi colori sociali. LA PRIMA SOCIETÀ SPORTIVA di cui ha fatto parte l’atleta rimane sempre, di solito, uno dei ricordi più belli della sua adolescenza. E’ lì che ha gustato la gioia della prima vittoria ed ha contemplato, commosso, la prima medaglia. Poi, per l’interessamento da parte di altre società sportive più importanti o di categoria superiore, ecco che inizia il passaggio da una società all’altra, dai colori sociali ad altri colori sociali. Una volta questi passaggi o trasferimenti durante l’intera carriera sportiva, anche a causa del vincolo a vita allora previsto dalle carte federali della FIGC, erano pochi. Oggi, invece, sono molto frequenti perché convenienti da un punto di vista economico sia per gli atleti che per le società sportive. ESEMPIO TOTTI. Certo sarebbe bello poter citare, come avveniva soprattutto in passato, il nome del club unito a quello del campione che per tutta la sua carriera sportiva ne ha indossato la maglia. La Juventus di Boniperti, l’Inter di Facchetti, il Milan di Rivera, di Paolo Maldini e Franco Baresi, il Cagliari di Gigi Riva, la Fiorentina di Antognoni, tanto per fare alcuni esempi. Oggigiorno, invece, è sempre più difficile trovare giocatori con la voglia di restare a vita nel club del proprio cuore. Contratti, trattative, procuratori, nel calcio moderno, prevalgono sui sentimenti. I giocatori bandiera tendono inesorabilmente a scomparire e proprio per questo motivo mi piace citare Francesco Totti che, invece, pur di rimanere fedele alla propria squadra e alla propria città, ha rifiutato proposte economiche stratosferiche e la possibilità di indossare la maglia di alcune delle squadre più forti e blasonate d’Europa. Totti è l’esempio più recente ed eclatante del calciatore di alto livello che ha dichiarato amore eterno ad una sola maglia. Dispiace allora che il suo incarico di dirigente della Roma sia durato solo un anno perché, a mio avviso, le società sportive, anche al termine della loro carriera sportiva, dovrebbero fare di tutto per non dividersi dai loro atleti più fedeli, continuando a tenerli legati quanto meno con incarichi di rappresentanza. Sarebbe senz’altro anche una cosa utile. I giovani imparerebbero ad amare i colori sociali e a non guardare la loro società con l’occhio diffidente di chi teme lo sfruttamento e l’incomprensione. I giocatori anziani non si farebbero ammaliare facilmente dalle ultime offerte allettanti di mediatori e uomini di mercato e non disdegnerebbero di concludere la loro carriera sportiva con la stessa società, consci di non essere abbandonati completamente da questa quando inevitabilmente appenderanno le scarpe al chiodo. I colori sociali, allora, ogni atleta li porterebbe nel cuore per tutta la vita, e non rimpianto ma tenerezza proverebbe nel riguardare i vecchi ricordi, le vecchie medaglie o le vecchie targhe, anche se non fossero d’oro.

C’ERANO UNA VOLTA LE BANDIERE. Il Milan di Rivera, il Cagliari di Gigi Riva

anche i successi ottenuti in campo scolastico, riuscendo a raggiungere il traguardo della laurea in Economia e Commercio con il massimo dei voti. Quanta differenza comportamentale con un altro grandissimo giocatore, uno dei migliori portieri al mondo e anch’egli uno dei principali artefici della vittoria della nostra Nazionale. Ovviamente mi riferisco a Gigi Donnarumma, che, all’età di 18 anni, già titolare del Milan con un lauto stipendio, preferiva una vacanza a Ibiza con la fidanzata piuttosto che completare il proprio ciclo di studi da ragioniere e da privatista, sostenendo l’esame di maturità. E ora, ad appena ventidue anni, ha deciso di salutare il Milan, il club che lo ha cresciuto e valorizzato e che gli offriva otto milioni di euro netti a stagione,più uno per il fratello, per accasarsi al Paris Saint Ger main per 12 milioni. Certamente Donnarumma, che è un idolo per tanti giovani, non ha dato loro un bell’esempio, snobbando la scuola e ha deluso, trasferendosi al PSG, tutti i tifosi rossoneri che, se pure molto giovane, ne avevano fatto già il giocatore simbolo del Milan.Ma, nel calcio moderno, le bandiere, cioè quei giocatori che legano tutta la loro carriera ad una sola maglia, come abbiamo già detto, tendono a sparire quasi del tutto. Al colore della maglia non viene attribuito alcun valore, per cui non importa niente se un anno giochi con la maglia del Milan e l’anno dopo con quella dell’Inter. Donnarumma è figlio dei tempi, di un calcio tutto basato sul profitto economico, sui soldi che sono più importanti dei sentimenti, della riconoscenza verso il club che lo ha cresciuto e valorizzato, dell’attaccamento ai colori sociali. PrendiaMA QUESTO, IN UN MONDO in cui i colori sociali praticamente non esistono più e mone atto e rassegniamoci. Peccato, però, soil fenomeno dei giocatori bandiera va inesorabilmente verso l’estinzione perché in aperto prattutto per i tifosi rossoneri. contrasto con i meccanismi del calcio di oggi,basato quasi esclusivamente sul business sia da parte dei calciatori e dei loro procuratori, ma anche delle stesse società calcistiche, mi *GIÀ DOCENTE DI rendo perfettamente conto che è pura utopia. Un sogno di un romantico dello sport, ancora legato a concetti ormai scaduti anche come luoghi comuni e ai quali, tranne rare eccezioTEORIA E ni, nessuno crede più. Infatti se prima trovare un calciatore fedele alla maglia per più di 5METODOLOGIA 6 anni era abbastanza comune, oggi invece rappresenta l’eccezione, soprattutto quando si DELL’ALLENAMENTO tratta di un top player, che è ovviamente corteggiato e conteso da molteplici club. E l’eccePRESSO LA SCUOLA zione emblematica attuale è quella di Giorgio Chiellini, il forte difensore della Nazionale Italiana vincitrice del recente Campionato Europeo, che non ha mai voluto cambiare la ALLENATORI DI COVERCIANO E maglia della Juventus anche quando nel 2006, per lo scandalo Calciopoli, il club bianconero PRESSO LA FACOLTÀ DI SCIENZE venne retrocesso in serie B con 9 punti di penalizzazione. Certamente un bell’esempio di MOTORIE attaccamento ai colori sociali da parte di un campione sportivo, di cui merita ricordare


candiamente

DI SERGIO PISANI

NUCCIO PALMIOTTO:

«BENEDETTA PENSIONE» E chi se lo dimentica: Nuccio Palmiotto, capelli neri, foltissimi da ragazzo sbarazzino, correva sui pattini come un treno. Ciò gli valse un posto da capotreno nelle FF.SS. E chi se lo dimentica: con la stecca in mano faceva le magie. Il gol più bello della storia dell’hockey giovinazzese porta la firma di Sebastianuccio (mamma mia quant’è lungo questo nome!), quando era ancora scostumato come Massimiliano per Troisi, quando non aveva nemmeno 16 anni. Così per fare prima gli amici cominciarono a chiamarlo Nuccio (come Ugo per Troisi, lo sentiva il nome). E’ il 1972. L’AFP sfida la Nazionale in amichevole al Parco Scianatico. Nuccio, sebbene agganciato dal difensore in area per la coscia, riesce a correggere in tuffo un tiro di Frasca che si insacca sotto la traversa di Fontana tra l’incredulità di tutti. Una vera volèe in tuffo che non la imparavi alla scuola del prof. Massari., un gol che non è riuscito nemmeno agli Imperatori dell’hockey. Il Panatta povero della stecca provò a inseguire i belli, ricchi e famosi però della pedata, riuscendoci a modo suo. Dopo Felice Mastropasqua (Foggia) e Dino Generoso (Bari e Matera in B), Nuccio Palmiotto è il terzo giocatore più quotato di casa nostra. Ha militato come terzino destro tra i semi professionisti sempre in IV Serie nel Bisceglie, Avigliano, Nardò e Manfredonia, conseguendo premi d’ingaggio interessanti che nell’AFP non gli sarebbero mai stati corrisposti. Volete sapere quale fu la fregatura? Subito dopo aver appeso le scarpe al chiodo, si era accorto, da un accertamento dell’Inps, che non gli era stato versato uno straccio di contributo. «Quel che è stato è stato. Basta» - diceva Troisi. E lo diceva anche Nuccio. Fino a ieri, si sentiva

il nonno dei nonni, il beato tra le ragazze di Trenitalia. A 66 anni, dal 1° agosto, Nuccio è in pensione, in barba alla quota 100 e alla Riforma Fornero: e fu così che la pensione da eldorado diventò una dannazione. Nuccio va in pensione cedendo al sottoscritto «la stecca». Auguri collega! SERGIO PISANI

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