LA PIAZZA DI GIOVINAZZO SETTEMBRE 2010

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Via Cairoli, 95 Giovinazzo 70054 (Ba) Edito da Ass. Amici della Piazza Iscr. Trib. di Bari n. 1301 del 23/12/1996 Part. IVA 05141830728 Iscr. al REA n.401122 Telefono e Fax 080/394.63.76 IND.INTERNET:www.giovinazzo.it E_MAIL:lapiazza@giovinazzo.it Fondatore Sergio Pisani direttore responsabile Sergio Pisani redazione Porzia Mezzina - Agostino Picicco - Alessandra Tomarchio - Damiano de Ceglia - Marianna La Forgia - Daniela Stufano Vincenzo Depalma Angelo Guastadisegni - Onofrio Altomare - Diego de Ceglia - Michele Carlucci - Mimmo Ungaro - Pino Lisi - Gabriella Marcandrea corrispondenti dall’estero Vito Bavaro - Nick Palmiotto Giuseppe Illuzzi - Rocco Stellacci stampa - Nuova Poligrafica (Modugno) progetto grafico - Ass. Amici della Piazza Grafica pubblicitaria: C. Morese responsabile marketing & pubblicità: Roberto Russo tel. 347/574.38.73

ABBONAMENTI Giovinazzo: 10 Euro Italia: 20 Euro Estero: 60 Euro Gli abbonamenti vengono sottoscritti con c.c postale n.80180698 o con vaglia postale o assegno bancario intestato ad:

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Finito di stampare il 25/08/2010

editor La villa nella foto è intitolata alla memoria di Padre Michele Stallone, missionario che portò il Vangelo a Baragoi, nel Kenya del Nord, ricevendo in cambio la morte in un luogo dove vagavano pastori nomadi del deserto. Cambiano i luoghi e i tempi. Non siamo in Kenya, non c’è da cristianizzare l’Africa. Siamo nel Terzo Millennio, c’è da cristianizzare qualche cittadino che ci ha impiantato una tenda selvaggia su un luogo della memoria, promossa da tempo immemore a cacatoio pubblico per cani a cielo aperto e a ricettacolo di rifiuti di risto-bar. Da oggi piazza Stallone è anche un luogo dove ci si accampa la notte impunemente. Il campeggiatore abusivo si è nascosto tra i pini convinto di sfuggire alla vista di qualche passante e al nostro click. Noi de La Piazza (in questo caso anche di Piazza Stallone), sempre vigili con le nostre antenne per fare piazzate anche senza uniforme bianca e fischietto, gli abbiamo contestato la violazione per il campeggio abusivo che prevede una sanzione di 155 euro e il tapiro del vituperio sulle prime pagine di questo giornale. Se volessimo sbizzarrirci nell’inventario delle inciviltà in paese, l’elenco sarebbe impossibile. Ne vediamo di tutti i colori. Per non annoiarvi, registriamo solo qualche pillola di inciviltà di questa estate che non è sfuggita al nostro click, che poi è il click comune di tanti giovinazzesi incolleriti perché l’inciviltà è un istituto che appartiene a molti e non c’è nemmeno bisogno di sforzarsi per andarla a fotografare. Basta semplicemente bighellonare per la città, e giù click a go-go. Si

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SERGIO P

UNA TEN viola il divieto di balneazione in Località Belluogo e in Località Cappella nelle vicinanza dello scarico di emergenza dell’impianto di sollevamento della fogna nera e dello scarico pluviale. Si infrangono le barriere d’accesso impiantate dal Comune per mettere in sicurezza il Lungomare Marina Italiana tra via Venturieri e Cala Crocifisso, in attesa di appaltare i lavori. Insomma, si passeggia e si fa il bagno laddove il comune lo impedisce. Lo fa chi ha sempre pensato che quel questo posto glielo ha dato Dio e guai a chi lo tocca! L’Avvocato con il suo tipico sarcasmo graffiante diceva che la politica è un lavoro difficile. Come dire che non sempre i politici svolgono il proprio lavoro nel migliore dei modi. Giovanni Agnelli alludeva all’inciviltà del cittadino SALE CON VISTA MARE

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NDA BLU che rende difficile l’azione di ogni governo. Ma se questa inciviltà è al centro di ogni strategia di governo, si riesce con un colpo d’ala a contrastare le piccole ma diffuse illegalità quotidiane. Già, facile a dirsi. Ma perché la civiltà possa fiorire e vegetare, si deve innaffiare la pianta anche di lacrime e sangue. E allora? Ben venga qualche contravvenzione in più per i centauri e le macchine che scorrazzano impazzite nei luoghi del silenzio. Se invece il Comune chiude al traffico veicolare Piazza Vittorio Emanuele ed il centro Storico, nel quartiere Libertà si impedisce il parcheggio ai non residenti senza garantire un valido piano veicolare e del parcheggio alternativo, allora è sempre la storia del cane che si morde la coda.

Non serve più mettere un vigile in ogni marciapiede perché ad un’azione di sorveglianza che impegna il cittadino con i suoi diritti e doveri corrisponda una politica di attenzione da parte del Comune nel soddisfacimento di coloro che chiedono più servizi perché non si infranga la legge. E qui entrano in campo le tante anime che compongono la città. Ne scegliamo quattro non a caso: gli operatori commerciali che vogliono più libertà nella circolazione stradale perché la cosa si riflette sui consumi, i bevitori di birra e il popolo degli affamati automuniti e gitanti per una sera, i residenti dei luoghi del silenzio che reclamano più silenzio perché qualcuno glielo ha portato via, i cittadini amanti delle aeree pedonali (molti di loro sono anche amanti delle salcicce dei nostri ristoranti e dell’auto a seguito). Nella giungla dell’ipocrisia, il colore della democrazia finisce col creare opportunità per comportamenti illegittimi per chiunque. Morale: non chiediamo al Comune di accamparsi in Piazza Stallone con la propria tenda blu da campeggio anche perché in paese non ci sono aree verdi dipinte da strisce blu. Ci sono due camping con 290 piazzole attrezzate. Non chiediamo nemmeno di erigere una bella cancellata laddove c’è la segnaletica di «Benvenuti a Giovinazzo, città dell’Olio» perché scriveremmo la parola «game over» nei luoghi della movida. E allora? Ci vorrebbe un po’ di politica dell’armonia? Ma come si fa a mettere d’accordo tante anime contrapposte? Finisco qua perché la pasta è già in tavola. SERGIO PISANI

AVVISO AI LETTORI PER ASSOLUTA MANCANZA DI SPAZIO, ALCUNE NEWS, I FATTI, LE IMMAGINI, I RACCONTI DI AGOSTO SONO VISIBILI ONLINE SUL NOSTRO SITO ALL’INDIRIZZO WWW.GIOVINAZZO.IT

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SETTEMBRE 2010


l’inchiesta DI

PORZIA MEZZINA

... E IO ENTRO LO STESSO

Costa erosa, divieto di balneazione, piazza chiusa , ztl e strisce blu. DUE CHIACCHIERE NELLA SEDE DEL COMANDO DI POLIZIA MUNICIPALE

Estate. Caldo. La serale brezza marina ci invita a passeggiare sul lungomare. Donne, uomini, mogli, mariti, bambini al seguito, passeggini, qualcuno si riposa sulle panchi-

ne o si appoggia alla balaustra prima di riprendere il cammino: tutti si godono il bel tempo e l’odore del mare. Al mattino si posteggiano le bici o le moto, si scende in

spiaggia con asciugamani pinne fucili ed occhiali, bottiglie di acqua per placare l’arsura. Niente di strano... se non fosse che queste scenette le vediamo anche nella zona del Lungomare di Ponente (Marina Italiana) «interdetta» al nostro passeggio e alle nostre abluzioni dall’ordinanza del sindaco numero 85 del 7 maggio 2010. Un’ordinanza emanata non perché l’amministrazione sia diventata così sadica da rovinarci l’estate, ma «a tutela della pubblica incolumità». Infatti un sopralluogo del 15 marzo 2010 da parte dell’Autorità del Bacino della Puglia ha «accertato lo stato di potenziale pericolo del tratto di costa compreso tra Via Venturieri e Cala Crocifisso», c’è un «avanzato stato di degrado del tratto di muro di contenimento alla pubblica viabilità esistente lungo la costa – Lungomare Marina Italiana – tra via Venturieri e Cala Crocifisso, causato dall’azione erosiva del mare». Praticamente, detto terra terra, chi ci amministra ci dice che lì non ci conviene andare perché il mare si è mangiato la roccia a forza di sbatterci contro nel corso dei secoli, e se n’è mangiata così tanta che ora la strada potrebbe pure crollare, facendo sprofondare chi cammina sul marciapiede e rompendo la testa a chi prende il sole o si fa il bagno davanti alla spiaggia sottostante. E’ dura da mandare giù, ma la natura – e non c’è bisogno di andare a scomodare Leopardi - non guarda in faccia nessuno. Non ha in antipatia questo o quel ristorante, questo o quel bar, quella particolare pizzeria. La natura non è di destra né di sinistra né di centro. Fa il suo corso e basta. Come però, è triste constatare, non di rado accade, quelli che rispettano leggi e regolamenti sono sempre i poveri fessi. Si passa anche se il semaforo è rosso, non si rallenta in prossimità delle strisce pedonali, non si usa il casco sulle moto, si imbocca una via contromano, si parcheggia sulla pista ciclabile... Solo per restare al codice della

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strada. Ed ecco che chi cammina dal lato del lungomare predisposto per i pedoni è pure lui ‘un povero fesso’: crede per davvero che lo scoglio stia franando? Così, col sopraggiungere della bella stagione, abbiamo visto aprirsi varchi sempre più ampi e sempre più numerosi nella recinzione che dovrebbe proteggere la nostra incolumità. In un punto la base che serve a tenere in piedi i pali della recinzione è stata addirittura spaccata. Dalle varie aperture (da due a tre, dipende da quanto veloce è l’amministrazione a riparare e da quanto altrettanto veloci sono i vandali a riaprirsi un varco) entrano ed escono non soltanto ‘ragazzacci’, ma intere famigliole, qualcuno direbbe le ‘persone per bene’, non solo quelle ‘per male’. Purtroppo, se la recinzione si rompe, bisogna ripararla, coi soldi dei contribuenti, di noi cittadini. Ovviamente sono previste sanzioni per chi rompe, sempre che venga colto in flagrante, altrimenti «possiamo solo fare una denuncia contro ignoti», ci dice l’assessore alla Polizia Municipale Agostino Albrizio che esterna addirittura la preoccupazione che l’Ufficio Tecnico Comunale possa decidere di riparare la recinzione prima della Festa Patronale, visto che in quella posizione i fuochi pirotecnici si vedono bene e forse tanti romperebbero di nuovo tutto per scegliersi un bel posto, in barba alle regole e senza pensare alle conseguenze: «Aumentando le persone sul marciapiede, aumenta il peso e dunque aumenta il rischio di crollo», ci spiega l’assessore che prosegue dicendo che «ci sono paletti anche sugli scogli per segnalare il pericolo anche a chi arriva dal mare». L’ordinanza prevede delle multe per chi contravviene al divieto. Il comandante della

Polizia Municipale Michele Cassano ci snocciola alcuni numeri. Se un pedone viene sorpreso dentro la zona interdetta rischia una sanzione penale (articolo 650 del codice penale) per violazione del divieto di stazionamento sul mare e sul marciapiede che arriva fino a 206 euro. Da quando è in vigore l’ordinanza fino al giorno del nostro colloquio nella sede del comando di Polizia Municipale (lo scorso 13 agosto), i Vigili Urbani hanno fatto due denunce penali. E’, insomma, un vero e proprio reato. Certo, sarebbe necessario che il pedone leggesse i cartelli. Abbiamo dovuto sentire anche questa frasetta, la sera di Ferragosto; un signore, guardando la recinzione ed essendo infastidito dalle auto che sfrecciavano sulla strada, non riuscendo a fare lo sforzo di spostarsi sul marciapiede di fronte, ha esclamato, in tutta buona fede: «Ah, ma questa allora l’hanno fatta per i pedoni!». No comment!

Da anni un’altra ordinanza pare restare solo sulla carta. E’ la numero 88 emanata il 20 maggio anche di questo 2010 che vieta di farci il bagno alla Cappella, in cala Porto e in località Belluogo. Ma numerose sono le persone che vi si immergono ogni giorno specie alla Cappella e soprattutto quest’anno, visto che su un lungo tratto del Lungomare Marina Italiana non si può (o, meglio, non si potrebbe) andare! Sanzioni sono previste anche in caso di non rispetto di questa ordinanza, ma fino al 13 agosto i vigili urbani non ne avevano comminate neppure una. A controllare c’è anche la Capitaneria di Porto. CHIUDITI SESAMO. Sono decisioni contestate all’amministrazione anche quelle delle chiusure estive al traffico. La numero 90 del 21 giugno 2010, che ricalca quella dell’anno scorso, vieta il transito alle auto in piazza Vittorio Emanuele e indirettamente anche al primo tratto del Lungomare Marina Italiana dove possono accedere solo i residenti del quartiere Libertà e del Centro Storico (Zone a Traffico Limitato). A con-

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STRISCE BLU. In ogni caso, sul Lungomare Marina Italiana i parcheggi sono presenti, nonostante sia stata ristretta una parte della carreggiata a causa della recinzione del tratto eroso. E a lamentarsi sappiamo sono anche gli automobilisti e di conseguenza i ristoratori. Pagare un parcheggio è un’operazione che non si vuole fare. Certo è che, se siamo disposti a spendere 1020 euro per una pizza e bibita, non ci dovrebbe pesare molto spendere 60 centesimi o un euro e 20 per una o due ore di sosta, evitando la sanzione di 38 euro se beccati senza il bigliettino sul cruscotto. Sanzione che tante volte arriva, perché, sappiamo anche questo, gli ausiliari del traffico piombano come falchi quando meno te l’aspetti e riescono a farci arrabbiare più dei vigili urbani, gli unici che possono invece farci la multa se parcheggiamo l’auto sulla pista ciclabile (78 euro). Per decongestionare il traffico in città, gli anni scorsi si era sperimentato il bus navetta che permetteva agli automobilisti di parcheggiare alla Zona Mercatale ed essere portati in piazza gratis, «un esperimento fallito e quindi non l’abbiamo più riproposto», dice Albrizio.

STORIE DI QUOTIDIANA INCIVILTÀ. Si parcheggia la moto e ci si siede alla panchina!!! testarla sono alcuni ristoratori del Lungomare che ritengono che il calo di lavoro sia tutta colpa del divieto di transito. L’assessore Albrizio fa notare che «un commerciante deve sapersela coltivare la clientela. Come mai – domanda retorica – in alcuni locali del centro storico, dove questo divieto vige da anni, se non si prenota, non si riesce a sedersi?». Sottolinea anche che non si pensa che è in atto ovunque, non solo a Giovinazzo, una crisi economica che porta a una riduzione delle spese, prima di tutto quelle voluttuarie. E poi riflette se sia proprio necessario arrivare in auto proprio sotto il locale che ci interessa: «Passeggiando incontriamo persone, parliamo, coltiviamo i nostri rapporti. Se andiamo in auto, non parliamo con nessuno. La ZTL del quartiere Libertà, per esempio, – continua – è l’ultimo quartiere di Giovinazzo dove ancora si sta fuori dei sottani a parlare come una volta». E ricorda tutto l’iter, difficilissimo, che ha portato alla sua istituzione: «Lì giravano macchine di continuo rendendo l’aria irrespirabile. L’esigenza è venuta dagli stessi cittadini». Ammette però che il grosso problema è quello del controllo. «A breve – ci informa – partirà la gara per installare nel Centro Storico le telecamere abilitate a sanzionare chi entra nella ZTL senza averne il permesso». Dunque addio definitivo ai pilomat «che venivano di continuo rotti dai vandali e che bisognava sempre riparare, con continuo esborso di soldi».

LIBERALIZZAZIONE. Il comandante Cassano ricorda la recente decisione da parte dell’amministrazione di liberalizzare le licenze per l’apertura dei locali nel Centro Storico. La direttiva europea è del 2006, recepita quest’anno col Decreto Legislativo 59. Il Comune, però, ha messo dei paletti: liberalizzare sì, ma con giudizio. I locali devono avere dimensioni di almeno 40 metri quadri per la cucina e altrettanti per l’area di somministrazione; devono essere insonorizzati e devono avere l’aria condizionata; devono permettere l’accesso ai disabili; infine non si possono aprire discoteche, sale giochi, circoli privati che fanno somministrazione. Il riscontro è stato positivo e a oggi c’è stata una sola richiesta di apertura. Ovviamente, restano come sono i locali che già esistono.

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il

fatto

DI PORZIA MEZZINA

La «Mafia pulita» del Procuratore Laudati Passare col semaforo rosso, non chiedere lo scontrino, non pagare le tasse, assumere in nero... Fesserie? No, comportamenti sbagliati che possono favorire fenomeni ben più gravi, come quelli mafiosi. Se n’è parlato venerdì 30 luglio nell’incontro che si è svolto al Fronte del Porto sul tema della criminalità organizzata. Giovinazzo ha ospitato il Procuratore della Repubblica di Bari Antonio Laudati che ha presentato il libro «Mafia pulita», scritto insieme a Elio Veltri (Longanesi Editore). Alla serata, moderata da Raffaele Lorusso, presidente Assostampa Puglia, hanno preso parte il sindaco Antonello Natalicchio, l’avvocato Francesco Mastro, l’imprenditore giovinazzese Tommaso Depalma. La Puglia più pericolosa di Palermo? Sembrerebbe di sì, se è vero che in quest’ultimo anno a Palermo non ci sono stati omicidi (soltanto tre in provincia), mentre in provincia di Bari ce ne sono stati 59, di cui 11 a Bitonto dove ci sono 5 casi di lupara bianca. Per non parlare della provincia di Foggia con i suoi 141 omicidi, 70 dei quali irrisolti, al primo posto in Italia per le estorsioni. Sono dati che impressionano. Eppure, esordisce Laudati, «non se ne parla». Non c’è neppure una letteratura o una produzione cinematografica che tratti dell’argomento. Di mafia e camorra, invece, se ne sono occupati e se ne occupano scrittori, registi, giornalisti. Secondo Laudati manca in Puglia una sinergia tra il lavoro degli intellettuali e quello degli investigatori, manca la reazione della società civile. Anche se qualche iniziativa è stata presa: per esempio la recente manifestazione di giovani a Manfredonia. Due sono gli errori, secondo il Procuratore, quando si sente parlare di mafia: l’enfatizzazione (la mafia c’è sempre stata e ci sarà sempre) e la

marginalizzazione (cioè la sottova lutazione del fenomeno). La differenza tra il fenomeno criminale pugliese e le altre mafie sta nella storia: la criminalità organizzata pugliese è giovane, ma non per questo meno forte delle altre, anzi, al contrario, proprio per questa sua mancanza di storia è più pericolosa, perché non è caratterizzata da rigidità nelle strutture gerarchiche. Il sindaco Antonello Natalicchio parla della necessità per l’amministratore pubblico della trasparenza, cioè della disponibilità a seguire procedure normate. Lamenta, però, che è difficile fare della cultura della trasparenza una cultura diffusa. Da anni, secondo il sindaco, si è sommersi da una cattiva propaganda per la quale tutto quello che è procedura diventa burocrazia, quindi perdita di tempo. E fa un esempio, quello della messa in sicurezza del lungomare soggetto a erosione, per i cui lavori sono stati stanziati due milioni di euro. I tempi per la realizzazione dell’opera sono però lunghi (tra pubblicazione del bando, gara d’appalto...) ed è difficile per il primo cittadino farlo capire alla popolazione che spesso coglie in ciò che si fa non il valore di protezione, ma l’inefficienza. Ci trasporta quindi nel V secolo a.C., nell’Atene di Cleofonte, del quale si diceva fosse un ladro, ma che lasciò alla sua morte una famiglia poverissima. «Le accuse gratuite – dice il sindaco – allontanano l’attenzione dai problemi reali. A forza di dire che sono tutti ladri, poi si fa difficoltà a capire dove è il

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vero ladro». Tommaso Depalma sottolinea l’importanza del ruolo che ognuno di noi deve avere nella società. A Giovinazzo è stato uno dei pochi a denunciare il furto dell’automobile, vittima del cosiddetto ‘cavallo di ritorno’. «La gente mi dava del matto – spiega – ma noi siamo riusciti a beccare il ladro». Espone le difficoltà che incontra nel suo mestiere anche quando desidererebbe lavorare con le pubbliche amministrazioni ed esclama che «il pesce puzza dalla testa». Anche l’avvocato Francesco Mastro porta esempi del suo lavoro quotidiano anche come consulente del sindaco di Bari per l’Autorità Portuale. Ritiene che la mafia non sia una malattia esterna che si debella con un antibiotico, ma è un cancro, una figlia della società. Il cittadino può fare molto partendo da semplici comportamenti e non accettare chi gli propone le scorciatoie. E punta il dito sul fenomeno del voto di scambio. Laudati conclude spiegando che l’obiettivo della società moderna è trovare una comune idea di giustizia, perché non ne abbiamo più una radicata e condivisa. E per lui è importante che la giustizia sia partecipata. Ecco perché accetta sempre volentieri incontri di questo genere, proprio per confrontarsi con i cittadini. Sperando che venga meno «il silenzio degli onesti».

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l intervista DI

PORZIA MEZZINA

L’epicureo L’epicureo sindaco sindaco preside preside

Antonello Natalicchio ANCHE

QUEST’ANNO ALLA FINE DELL’ESTATE ABBIAMO POSTO

ALCUNE DOMANDE AL SINDACO

ANTONELLO NATALICCHIO. CHE

D’ORA IN POI POTREMO INCONTRARE PIÙ DI FREQUENTE PER LE

PRESIDE A MODUGNO E NON PIÙ A GATTICO. CHI SI CANDIDERÀ PER IL CENTRO-SINISTRA LOCALE ALLA FINE DEL SUO MANDATO? ANCORA NON SI SA. VIE CITTADINE DATO CHE FARÀ IL

Sappiamo che ha ottenuto il trasferimento. Dove? A Modugno, presso la scuola media statale San Francesco d’Assisi. Sarà quindi più presente a Giovinazzo? Il fatto che mi si potrà vedere e incontrare con maggiore frequenza cambierà forse la percezione dei cittadini in relazione al mio impegno amministrativo. In realtà continuerò ad occuparmi dell’amministrazione comunale ogni giorno come ho fatto finora. Ha chiesto l’aspettativa o continuerà comunque a dividersi tra i due impegni? Svolgerò la doppia funzione.

A settembre faremo il punto sugli effetti che i nuovi, pesantissimi tagli del governo agli enti locali producono sul programma amministrativo. Riformuleremo, se sarà necessario, il programma di fine mandato. Nell’ambito di questo lavoro decideremo se e come modificare la giunta. Tre mesi fa c’era uno striscione all’inaugurazione del Nuovo Mercato Ittico: “Grazie Natalicchio. Magarelli sindaco 2012”. Anche il più grande amore brucia come un fuoco di paglia? La metafora erotica è inappropriata. L’interruzione della collaborazione amministrativa con il gruppo del consigliere Magarelli è avvenuta sulla base di divergenze profonde emerse in sede di bilancio di previsione 2010. Questo non credo abbia compromesso i rapporti personali né la capacità di confrontarsi sui temi amministrativi. Per quanto riguarda l’episodio dello striscione, credo che in politica sia legittimo nutrire aspirazioni ed anche organizzare colpi di mano per renderle pubbliche. Magarelli ha approfittato di una cerimonia ben partecipata per una scenografica autocandidatura. Voi giocate ad alimentare le sue ambizioni. Noi assistiamo divertiti alla rappresentazione.

La maggioranza in Consiglio Comunale a Giovinazzo gode di buona salute? Sì. Quando finiranno le ferie estive, avremo un nuovo o un vecchio Presidente del Consiglio Comunale? Il prof. De Palma ha inteso con le sue dimissioni sollecitare una riflessione sul funzionamento delle procedure di formazione delle decisioni nella rete costituita dagli uffici, dalla Giunta e dal Consiglio. Il chiarimento era necessario e c’è stato. Ora intendiamo proporre la rielezione del prof. De Palma. Quando finiranno le ferie estive, avremo due nuovi assessori allo sport e al Raccolta differenziata: il nostro Comumarketing territoriale?

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ne è in calo (dal 13% al 9% circa). Come la mettiamo? I nostri programmi di igiene ambientale sono fermi perché il passaggio alla raccolta differenziata spinta ha un costo aggiuntivo di circa un milione di euro e comporterebbe un conseguente aggravio della tassa rifiuti. Inoltre non siamo certi che la differenziazione in raccolta si traduca oggi in un corrispondente recupero, perché la filiera del trattamento dei rifiuti urbani nel nostro territorio continua ad avere dei problemi, soprattutto per il compostaggio della frazione umida. Sicché si rischia di spendere soldi a vuoto. Chiederemo sacrifici ai cittadini quando saremo certi del fatto che hanno un senso preciso. Giro d’Italia. Non ha provato invidia per Azzollini che ha mostrato le bellezze della nostra vicina di casa quando ha visto che la Rai mandava la pubblicità al passaggio dei ciclisti da Giovinazzo? Il tempo del passaggio del giro attraverso Giovinazzo è stato corrispondente a quello di uno spot. Sostenere che pochi secondi di inquadratura televisiva di scorci di una città come scenario di una telecronaca sportiva abbiano un qualche significato di promozione territoriale è una sciocchezza. Non ha provato invidia per Azzollini quando è diventato noto in tutta Italia


per un refuso, poi smentito da Tremonti, perché quello un refuso non era, ma la più grande rifor ma del sistema pensionistico? La barzelletta di Antonio e Giulio messa in scena da Azzollini e Tremonti rivela le doti artistiche del sindaco di Molfetta e lo spessore eversivo del governo in carica. È stata varata una riforma delle pensioni senza nessun dibattito pubblico né parlamentare ed è stata comunicata ai cittadini, a cose fatte, attraverso uno sketch mediatico recitato dal presidente della commissione bilancio e dal ministro. La cosa è stata resa possibile dalla destrutturazione di due pilastri dell’architettura istituzionale su cui si fonda il nostro sistema democratico. Il primo è la scomparsa dei parlamentari scelti dai cittadini, a beneficio di quelli scelti dal capo, a seguito della legge elettorale “porcata” varata dal centrodestra nel 2006. Il secondo è il controllo dell’informazione attraverso il presidio del 90% dell’informazione televisiva e l’uso spregiudicato a scopi intimidatori e diffamatori di alcune testate giornalistiche, i cui titoli vengono amplificati dalle rassegne stampa televisive. Ha funzionato l’iniziativa del bus navetta per condurre i nostri vicini bitontini, terlizzesi, molfettesi alla Sagra del Panino della Nonna? Abbiamo trasportato 16 gruppi di visitatori, che hanno partecipato alla festa e hanno pure visitato il nostro centro storico. Perché non si tiene aperta l’aera mercatale durante le ore serali, così da

permettere agli automobilisti di buona volontà di andarci a parcheggiare? L’area è chiusa perché noi non siamo riusciti a trovare qualcuno interessato a sfruttare l’area in senso commerciale in cambio del servizio di apertura e perché l’esperienza degli scorsi anni ci ha dimostrato che non esistono automobilisti di buona volontà. Passare col rosso è diventata la norma. A quando i T-red? Non mi risulta un aumento delle statistiche degli incidenti ai semafori. Attenzione a non scambiare la propria percezione delle cose con la realtà. Nichi Vendola vuole fare il leader del centro-sinistra. Sindaco, è favorevole o no alle primarie? Secondo me, se un governo tecnico promulgasse una nuova legge elettorale restituendo ai cittadini il potere di scegliere i parlamentari e ripristinasse un equilibrio nell’informazione, circolerebbe una bella ventata d’aria fresca nelle stanze chiuse del potere di controllo organizzato, a scapito della democrazia italiana, da PdL e Lega. Se invece dovessimo andare alle urne, bisognerà trovare un accordo su un equilibrio delicato per tenere insieme tutti coloro che si oppongono all’eversione organizzata di PdL e Lega. Accordi di questo genere non possono essere raggiunti a colpi di clava celebrando in fretta e furia delle primarie a scapito della discussione e del ragionamento politico. Se poi il punto è

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quello di avere un capo, allora vuol dire che Berlusconi ha vinto nelle nostre teste. Se è così, non sono interessato alla vicenda. Come sta lavorando il centro-sinistra giovinazzese per decidere chi dovrà essere il candidato sindaco postNatalicchio? Al momento sembra che io sia l’unico a pormi la questione. A meno che non vogliamo pensare che gli striscioni folcloristici e le autocandidature siano un modo per occuparsene. Lungomare di ponente: chi paga i danni della rottura della recinzione che ci protegge dal crollo della scogliera? Paghiamo gli interventi con gli oneri di urbanizzazione, a scapito di altre opere. Tuttavia mi sento di dire che i Giovinazzesi hanno dimostrato un grande senso civico di fronte a questa temporanea amputazione e che i danni recati all’infrastruttura di protezione sono stati, tutto sommato, poco rilevanti. Ha un profilo su Face-Book? Non ce l’ho. Come mai? Perché sono troppo preso dalle relazioni reali per cercarne di virtuali. Perché sono antico e trovo freddo e triste l’alfabeto relazionale di Facebook. Perché sono un epicureo fedele al principio del vivere nascosto, nonostante questa parentesi amministrativa possa far pensare il contrario. PORZIA MEZZINA

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IL

CONTRAPPUNTO d e l l ’a l f i e r e

Montecarlo è lontana Da alcune settimane alcuni organi di stampa, in particolar modo ‘Il Giornale’ di Vittorio Feltri, stanno scandagliando con dovizia di particolari, testimonianze e documenti, la questione della vendita di un appartamento di Montecarlo di proprietà di Alleanza Nazionale finito, per ragioni tutte da chiarire, in uso al fratello della compagna del Presidente della Camera Gianfranco Fini. Un’estate difficile per l’ex leader della destra italiana che aveva deciso lo scioglimento, prima del MSI, poi, circa tre anni or sono di AN per confluire nel PDL. L’appartamento fu donato dalla contessa Colleoni per ‘le giuste battaglie’ della destra italiana che all’epoca (siamo alla fine degli anni novanta) aveva il nome di Alleanza Nazionale. Il segretario, o meglio, il presidente era Gianfranco Fini. Quell’appartamento rimase inutilizzato per molti anni finchè qualche anno fa fu decisa la vendita ad un prezzo, 300.00 euro, molto al di sotto anche delle stime più basse effettuate da esperti del settore. L’appartamento, situato in zona centrale, fu venduto ad una società con sede ai Carabi e rivenduto ad una altra società che – pare - l’abbia concesso a Giancarlo Tulliani «cognato di Fini». Questi i fatti, scarni, che ho tentato di sintetizzare per non annoiarvi. Sulla vicenda, i cui risvolti giudiziari non mi interesano, ho ascoltato le opinioni di alcuni ex militanti del MSI e di AN. E’ venuta fuori una storia che evidenzia la rabbia e la delusione di un popolo che aveva creduto ciecamente nel suo leader tanto da averlo sempre seguito pur

non condividendo le sue scelte, molte sue recenti esternazioni. Lo smarrimento e l’ira nascono dalle storie di tanti anni di militanza vera fra enormi sacrifici morali ed economici. Vi furono tempi lontani ma non lontanissimi in cui il vecchio MSI non riusciva ad ottenere in fitto i locali per le sezioni, soprattutto, nelle grandi città. Nessuno voleva affittare ai ‘fascisti’. Così molti militanti mettevano mano al portafoglio, proprio come la contessa Colleoni, per consentire al ‘partito’ di avere un luogo dove permettere agli iscritti ed ai simpatizzanti di riunirsi per discutere e magari litigare. Dove preparare i manifesti ed i volantinaggi, dove preparare i comizi e gli interventi in consiglio comunale. Insomma dove la «base» costruiva il consenso, a livello locale, e quella credibilità che ha consentito a molti di sedere «dimentichi» nelle aule parlamentari o, addirittura, in Consiglio dei Ministri. Ecco che nella memoria di alcuni, non più giovani, è riaffiorata la storia di Michele Cassano che vendette la sua abitazione per consentire l’acquisto dell’appartamento di Bari, in via Piccinni, che fu sede prima del MSI, poi di AN ed ora del PDL. Con Michele Cassano versarono il loro cospicuo obolo anche Lorusso, Pintucci, Iannone e tanti altri che l’anziano attivista del MSI mi ricorda con puntiglioso orgoglio ed evidente rabbiosa delusione. «Questo

era il partito» - mi dice. « Partito in cui in cui ho militato senza chiedere ed ottenere. Non seguirò Fini in questa nuova avventura, in questa casa in costruzione. Troppe case nuove in cui si respira aria sempre più maleodorante e poi Montecarlo è lontana in tutti i sensi». L’ho scritto. Non si discutono gli aspetti giudiziari, gli eventuali reati connessi, no. Sconcertano le testimonianze sui comportamenti, carichi di supponenza e di arroganza, di Giancarlo Tulliani, la disinvoltura della compagna del Presidente Fini, la compravendita effettuata con una società off shore. Forse Gianfranco Fini voleva compiere l’ultimo strappo con il ‘suo’ popolo e liberarsene per non esser di intralcio alle sue ambizioni. Forse non ha mai amato quella gente, forse ambiva a diventare leader di un qualcosa che superasse la destra e la sinistra. Forse… Di sicuro ha scelto il modo peggiore, fra case e cognati e compagne e società caraibiche.

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SETTEMBRE 2010


candidamente DI

BRUNO LANDO

ESCLUSIVO /Operazione Saponificio TUTTO

SUL NUOVO FILONE DI INDAGINE DELLA

IN CITTÀ.

LE INTERCETTAZIONI

PROCURA

SCOTTANTI DELLE PIÙ

ALTE CARICHE CITTADINE

OGNI RIFERIMENTO A FATTI E/O A PERSONE È DA RITENERSI PURAMENTE CASUALE E/O INVENTATO DI SANA PIANTA Il mese scorso mi è stato impedito dalle autorità giudiziarie e dall’ordine dei giornalisti di esercitare il mio ruolo di «voyeur» ovvero di informatore che spia dal buco della serratura per poi pubblicare tutto su La Piazza e sui giornali del gruppo Cairo Editore. Chiedo venia ai lettori che non hanno potuto leggere le verità nascoste nel Palazzo di Città. Questo mese ho tolto il bavaglio della vergogna che attenta alla libertà di informazione perché ho tutto un fascicolo da riportare. Intercettazioni bollenti che solleticano la vostra pruderie dei giovinazzesi. Ringrazio anticipatamente il coraggio del direttore Pisani che mi ha concesso carta bianca per questo mio servizio. Ringrazio anche il gip che mi ha aperto il fascicolo della «Operazione Saponificio» (anticipo anche il nome della maxi operazione che seguirà). Chiaro è il riferimento ad una località di Giovinazzo, oggetto di una discussione prima politica, poi amministrativa, che ha portato a grandi smottamenti all’interno della maggioranza e conclusi con le dimissioni ‘semi irrevocabili’ del Presidente del Consiglio prof. Angelo Depalma. Le intercettazioni vengono riportate con le iniziali dei personaggi in

questione così che l’ingegnere Antonio Berardi sarà citato con A/B, Antonello Natalicchio A/N, Angelo Depalma A/D. Insomma, ho già sciolto il più stretto riserbo sull’identità dei protagonisti. Venerdì 2 luglio ore 9.40 intercorre una telefonata tra il Presidente Depalma e il nostro Sindaco: A/D «Ciao Antonello, tutto bene?». A/N - «Diciamo di sì, sto bene finchè non sento la voce di Tempesta…». I due ridono di gusto, si concedono delle imitazioni sul personaggio per un decina di minuti. Poi A/N chiede: «Novità? Temi che devono indurci a convocare un Consiglio Comunale?» A/D - «No, nulla di rilevante. Non ci saranno Consigli Comunali nelle prossime settimane, stai tranquillo. Pensa a chiudere le sessioni di esami. Qui me la vedo io». Finisce la comunicazione tra le due più alte cariche cittadine. Ore 10.20, A/ N chiama l’ingegnere A/B. A/N - «Antonio non ci sono consigli comunali a breve. Come vedi la storia del Saponificio è campata in aria, stai tranquillo». A/B - «Mah… e a me hanno detto che si

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sta muovendo qualcosa … Vabbè, grazie Antonè a presto. Cia’». Mattina dopo esplode la sorpresa. Il Presidente Angelo Depalma convoca tutti i vertici del Partito Democratico perché ci sono ben 8 punti da portare in un Consiglio Comunale da indire con carattere di urgenza. Già solo 24 ore dopo aver rassicurato tutti che non c’erano «foglie che si muovevano». Telefonata immediata dell’Ingegner A/ B al Sindaco A/N. A/B - «Antone’ non avevi detto che non c’erano Consigli Comunali? Cosa è questa storia di addirittura 8 punti da discutere ed approvare!? Ma voi le decisioni le prendete di notte?». A/N - «Antonio non so che dirti.. Credimi. Non so cosa stia combinando Angelo. Mi ha detto che sono punti ordinari, presumo non ci sia nulla sul Saponificio». Ma così non fu. La sera in consiglio comunale si accendono gli animi. Il Presidente del Consiglio espone ai componenti (consiglieri e vertici di partito) gli 8 punti e tra questi, pro-


prio l’ottavo, è il punto del famigerato Saponificio! L’ingegnere chiede lumi su un punto così delicato ma spuntato all’improvviso e gli arriva una risposta tra i denti del Presidente Depalma. I presenti riferiscono «molto pesante». L’ira di A/B, che chiede di discutere come primo punto quella benedetta area che dovrebbe sviluppare un zona di costruzioni, si taglia a fette. Si apre il fascicolo tra impropri ed offese. Ma ecco l’ennesimo colpo di scena. Il fascicolo è imbottito di carta straccia, nulla che riguardi realmente il Saponificio. Si insegue la strada delle scuse, si incolpano gli uscieri che avrebbero sbagliato a fare le fotocopie. Tutto finisce in accuse e sospetti dichiarati. All’indomani, seguono le dimissioni di Angelo Depalma per avvenuta mancanza di fiducia con il resto delle istituzioni. Gode Magarelli che subentra in quanto vice, gioisce l’assessore Stufano in quanto diventa unico papabile per la prossima candidatura di Sindaco. Si sente male Antonello al quale vanno i miei migliori auguri di pronta guarigione. Ultimo colpa di coda dell’ ex Presidente Depalma che tenta strade istituzionali, impercorribili, per ritornare al suo posto di seconda carica istituzionale. Tra l’altro generosa di uno stipendio di più di mille euro al mese. Ma la frittata è fatta e «dietro alla Madonna» per lui non c’è più posto. C’è posto per Magarelli che affianca il sindaco Natalicchio in pole position. E’ finita la stagione Depalma. Finita anche l’estate giovinazzese. Nulla di

Via Torino, 12 70054 Giovinazzo (Ba) Tel/Fax: 080.394.28.46 Sito: www.climadoc.it Mail: climadoc@libero.it nuovo anche questo anno. Abbiamo parlato del corteo storico e dei tradimenti ora evoluti in scambi di coppie. Abbiamo parlato della festa Patronale che è stata di giovedì piuttosto che di sabato. Abbiamo parlato dei bitontini e terlizzesi che ci sporcano le spiagge. Abbiamo detto che fare la fila alla Sagra del Panino della Nonna per la pisticchia non vale la pena... Abbiamo detto che il lungomare «incamiciato» è un’indecenza. Abbiamo detto che un’estate così calda e torrida non la si vedeva da anni. Abbiamo detto e ridetto le stesse cose, che diciamo da anni, per riempire un’estate davvero vuota. Ma tanto ora arriva l’inverno e finalmente ritroveremo il parcheggio sotto casa. BRUNO LANDO

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passerella

Ladies and gentlemen, ecco a voi Miss Bella d’Italia

Una vigilia di ferragosto caratterizzata da musica e bellezza. In Piazza Vittorio Emanuele II vanno in scena le prime selezioni pugliesi delle aspiranti miss per il Concorso Nazionale di bellezza Miss Bella d’Italia 2010. Le vincitrici parteciperanno alla finale di Viareggio in settembre. Un concorso di bellezza che si è inserito nel programma dell’estate giovinazzese all’ultim’ora. Non siamo qua a snocciolare questioni ostiche e complesse, passate e recenti del Palazzo di città. Un dato è certo: è estate e la piazza reclama anche eventi allegri e goderecci contornati da bellezze nostrane e tanta musica. Ladies and gentlemen, ecco a voi «Miss Bella d’Italia». Presenta Carmen Martorana (responsabile e coordinatrice per la Puglia). Un evento che incarna il desiderio recondito di tantissime ragazze che vorrebbero entrare nel mondo dello spettacolo attraverso un gioco, una particina, un posto al sole anche attraverso un concorso di bellezza come questo. Serata ricca di personaggi noti al pubblico nel mondo del cinema e dello spettacolo. Uno su tutti: Michele Placido. A lui il non facile compito di coordinare la giuria tecnica e formulare sentenza. Presenti anche Alina Liccione fomodella, Antonella Bavaro attrice giovinazzese che vedremo prossimamente in Distretto di Polizia 10, Saba Loconsole e Silvia Viterbo, giornalista di moda. C’eravamo anche noi de La Piazza che avevamo salutato l’evento con «Il sole a mezzanotte» in copertina. Ma non siamo stati buoni profeti perché la vincitrice Marilena Frisari di Molfetta bella lo è eccome! Ma non è bionda, come il sole a mezzanotte stampato in copertina.

Le aspiranti miss del concorso hanno avuto l’occasione di incedere eleganti sulla passerella in occasione di due momenti moda. Hanno indossato abiti da sera e da sposa dell’Atelier Glamour di Giovinazzo e hanno sfilato con gli accessori Jais di Libera Martinetti di Andria sotto gli occhi attenti della giuria tecnica. L’evento è stato inframmezzato anche dai ballerini dell’Illuzzi Dance School di Giovinazzo, dal Dj Mc Jerry, partecipante alle nuove proposte di San Remo 2010 e dall’emergente Sonia Lacalamita, giovane cantante che si è fatta apprezzare dalla platea di casa. L’attore Michele Placido, (dopo una breve ma calda intervista ai microfoni di Carmen Martorana di cui riportiamo affianco), ha sciorinato pillole di grande recitazione. Il concorso si è concluso con la premiazione delle prime cinque ragazze più votate. Eccovi i nomi. Monica Vessio di Bari 5^ classificata (premiata da Antonella Bavaro, attrice). Maria Francesca Bove di Giovinazzo 4^ classificata (premiata da Alina Liccione, modella). Alessia Paparella di Terlizzi 3^ classificata (premiata da Saba Loconsole, attrice comica). 2^ classificata e prima tra le

BELLEZZA BELLEZZA DI DI CASA CASA NOSTRA: NOSTRA: 2^ 2^ classificlassificata e e pripricata ma ma tra tra le le giovinazzzesi giovinazzzesi Elena Sifo Sifo Elena di di Giovinazzo Giovinazzo giovinazzzesi Elena Sifo di Giovinazzo (premiata da Silvia Viterbo, giornalista di moda della Condè Nast). Vincitrice della tappa giovinazzese Marilena Frisari di Molfetta incoronata dal consigliere comunale Giuseppe Altieri in rappresentanza del Comune di Giovinazzo accompagnato da Miss Dela Ware U.S.A. Ci auguriamo che il sogno delle giovinazzesi continui. In fondo, Viareggio non è poi così lontano. ANGELO GUASTADISEGNI

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intervista

Motore, silenzio, ciack. Parla Michele Placido Placido LA PUGLIA

E IL CINEMA. L’ATTORE PUGLIESE AI MICROFONI DI CARMEN MARTORANA

La Puglia è ormai il set naturale di importanti e recenti produzioni cinematografiche. Che cosa pensa di questo interesse che molti registi stanno rivolgendo alla nostra regione? In Italia ci sono tre regioni molto gettonate per le produzioni: il Piemonte, il Friuli e la Sicilia. Negli ultimi tempi si è affiancata anche la nostra regione con le sue bellezze naturali. E’ stata scoperta tardi ma in realtà è territorio ideale per un set: basti pensare che per 360 giorni all’anno splende il sole. Recentemente ha affascinato anche Ferzan Ozpetek che ha ambientato il suo ultimo film. Grazie al cinema ora anche gli americani stanno apprezzando molto la nostra terra. Placido, un nome, una garanzia. Dove nasce la passione del cinema in questa famiglia pugliese di Ascoli Satriano? La passione è stata involontariamente scritta nel nostro DNA. I miei fratelli e sorelle ce l’hanno anche sempre avuta. Mia sorella, ad esempio, è una mancata attrice perché ha preferito scegliere la strada dell’insegnamento. Mio fratello Gerardo ha fatto un po’ di fortuna con il teatro. A me è andata meglio. Insomma, ognuno di noi poi si scrive il proprio destino. La stessa cosa vale per i miei figli. Mio figlio, Marco Brenno ha rinunciato addirittura al mio cognome per non confondersi nella carriera e potersi affermare in piena autonomia. Sta scalando pian piano la via del successo ed ha partecipato recentemente alla fiction «Tutti pazzi per amore». Mia figlia Violante invece, è già quasi arrivata in vetta. Ha iniziato la sua carriera a 18 anni da sola, in America, senza alcun supporto ed ora sta per girare un film in veste di attrice protagonista con George Clooney.

re sacerdote e sono stato fuori per 5 anni. Poi ho cambiato idea e sono ritornato. Il mio destino anche per me era di andare fuori. Successivamente la passione per la recitazione me lo ha permesso. Però in famiglia non è cambiato nulla. Ora viviamo quasi tutti tra Roma e Milano ma la domenica conserviamo l’abitudine di riunirci tutti in famiglia. E’ da 25 anni che rispettiamo il rito del pranzo della domenica. E che pranzo! Vi dicono niente i rigatoni con il ragù di braciole o le lasagne al forno con le polpettine? Un appuntamento irrinunciabile per il quale tutti noi torniamo alle origini, spogliati di qualsiasi ruolo. E così è facile sentire mia madre che dice «Vieni, qui Michelì, siediti a mangiare le orecchiette, altro che attore!».

Lei è un attore versatile, ha interpretato tantissimi personaggi: dal Commissario Cattaneo de «La Piovra» alla figura di San Pio, un personaggio che ha fatto discutere il mondo. Con quale spirito ha interpretato la vita del Santo? San Pio è stato un uomo che oltre ai miracoli ha realizzato tante opere concrete ed importanti. Ho creduto moltissimo in questa figura. Lo ha capito troppo tardi anche la Chiesa. Oltre alle omelie e ai miracoli, la Chiesa ha capito che si smuovono le folle soltanto con lo spirito di umiltà e carità necessari a concretizzare i principi cristiani. La famiglia Placido è particolarmente Oggi c’è un gran desiderio di una Chiesa attaccata alle tradizioni, forse perché che possa soccorrere ed aiutare gli indigenti ha sempre avuto radici robuste e soli- senza perdersi in vaghe filosofie. de. E’ quindi ancora un onore essere un pugliese, rappresentare il calore del Che cosa consiglia ad un giovane artista che oggi vorrebbe intraprendere la Sud? Sicuramente lo è, anche se la gente del Sud carriera cinematografica? è stata costretta e lo è ancora a cercar da- Io dico sempre che oltre al talento ci vonaro e fortuna altrove. Quando ero io bam- gliono ‘le palle’. Per un attore può essere bino c’era davvero poco da fare nei nostri più facile raggiungere il successo che manpaesini. Per quanto mi riguarda, io all’età di tenerlo. Ci vuole molta forza e caparbietà nove anni sono già andato via per diventa- per resistere negli anni senza andare nel

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dimenticatoio. Qualcuno non ce la fa. Recentemente anche Lino Banfi, ad esempio, ha cercato di sostenere in pieno l’attrice Laura Antonelli che rappresenta uno di quei personaggi che si è lasciata andare negli anni fino a soccombere, nonostante la bravura. Lei non è un politico però mi piacerebbe avere una sua opinione sulle idee di Tremonti nei confronti del nostro Sud. E’ troppo semplice a volte esprimere opinioni su un popolo senza conoscerne le radici e la storia. Io voglio solo dire che bisogna ammettere che il Nord continua a conservare molti privilegi ma mi preme anche sottolineare che, negli anni ’60, la gente del Sud ha fatto il nord con la propria manodopera qualificata. Quindi prima di esprimere qualsiasi considerazione, ripeto, bisogna esaminare bene la storia perché nel mondo molti ruoli di prestigio sono ricoperti da persone delle nostre terre. Tantissimi film, un successo di caratura internazionale. Ma da grande Michele Placido cosa vorrebbe fare se improvvisamente dovesse decidere di smettere di recitare? Le potrei dare una risposta scontata. Forse il politico! Ma ad una sola condizione. Che qualcuno mi deve far capire seriamente perché le culture del Sud vengono penalizzate sul mercato del lavoro. Mi piacerebbe proprio impegnarmi e lavorare su questo aspetto. SETTEMBRE 2010


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lettere

alla

piazza

Cittadini di serie A e di serie B LA PROTESTA DEI RESIDENTI DI VIA BISANZIO LUPIS E DI VIA CIALDINI Di certo la mia non vuol essere una delle solite proteste contro questo o quello, ma i fatti sono quelli che sono e le differenze tra i cittadini le potrete valutare leggendo quello che dirò in seguito. Conclamata a forza di non so quali motivazioni la ZTL, a tutti non sono sfuggiti gli agguerriti vigili che a suon di verbali tengono ‘pulita’ la zona vip della città. Chiunque lasci la macchina o transiti nelle ore non previste, deve mettere in conto un verbale senza tentennamenti da parte degli operatori. Bravi i vigili, fanno il loro dovere! E’andata così. Pertanto i residenti potranno farsi la loro dormita, magari sedersi ai sottani comodamente e parcheggiare la macchina vicino alla porta di casa. E va bene. Un però c’è sempre nei miei pensieri: esistono cittadini di serie A e cittadini di serie B. Gradirei infatti avere gli stessi diritti dei cittadini delle «Quattro fontane». In questi giorni di calura, dove il sonno è un miraggio e si cerca di riposare quando è possibile, compatibilmente con gli impegni lavorativi, in via Bisanzio Lupis e via Cialdini, una ditta come è noto sta lavorando per la sistemazione della fogna bianca. Tutto regolare sembrerebbe. Vero? Invece qui nascono i problemi: infatti i lavori con martelli pneumatici dovrebbero cessare alle 14,00 e riprendere, se non siamo in Cina, alle 16,00. Invece pare, anzi confermo che questo non accade e che imperterriti dalle 7,00 della mattina i lavori cessano dopo le 16,00. Ragion per cui tra rumori assordanti e traballamenti dei vetri, quelle poche ore di sonno pomeridiane vanno a farsi benedire. Innumerevoli le telefonate ai vigili urbani, che - udite udite - a quell’ora non possono intervenire, in quanto non dotati di organico (e i quattro nuovi?) e quindi tutte le chiamate degli abitanti e le proteste dei sonnambuli non servono come quelle che fanno i residenti della ZTL. Ma non potendomi arrendere a questo disservizio di una legge è bene ricordarlo, ho chiesto di avvisare gli operai di far cessare i lavori nell’ora prestabilita. Cosa che garbatamente i VV.UU hanno fatto, ma senza sortire nessun effetto. Ora la domanda è questa: dalle 14,00 alle 16,00 è lecito tutto. Senza controllo, si possono devastare le ville, si può defecare in villa, si possono rompere lampioni, si può portare via la fontana dalla piazza magari pezzo pezzo o si possono indire rave party. E chi deve prestare servizio notturno in ospedale? Se la fa in manicomio. Il rispetto della legge lo pretendo dal Comandante dei Vigili, che preso da altri impegni forse non sa che esistono anche le leggi da far rispettare a chi con paga regolarmente le tasse e permette che esistano anche i soldi in bilancio per pagare i Vigili in una città. Anche i cittadini che non risiedono nella ZTL pagano le tasse ed hanno diritto al quieto vivere!Appongo in calce la mia firma a questa lettera partorita quando la notte è alta e il mio sonno turbato da auto che scorazzano o sostano vicino ad esercizi commerciali (anche noi ce li abbiamo). Per fortuna trovo sollievo per un’oretta nel pomeriggio, quando l’OPUS GAS non lavora

FILIPPO BONVINO

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I MALANNI DI UNA CITTA’ di PINO LISI Vi siete mai chiesti come mai non funziona niente in questa città? Specifichiamo meglio. Qualcosa a dir la verità funziona! Volete mettere? Ad esempio si può viaggiare con il treno dalle ore 7,00 alle ore 12,30 e dalle ore 16,30 alle ore 19,30 salvo i festivi e quasi tutto il mese di agosto. Peccato però che procurarsi i biglietti in fasce orarie diverse è davvero un’avventura! E per chi malauguratamente decide di diventare mamma, ragazzi ma che impresa partorire!Se qualcuno non lo vuole fare in casa deve attrezzarsi ed affrontare un viaggio non inferiore a 15 km purché motorizzato e con la speranza di trovare poi un posto letto disponibile. Per la spesa al mercato invece come ci si comporta? Se qualcuno non vuole alzarsi all’alba deve forse fare l’abbonamento al posteggio auto e magari risparmiare qualcosa che possa servire al completamento del budget familiare. Idem per qualcuno che vuole fare una fuga al mare e sfuggire un attimo alla morsa del caldo e per qualcun altro che (magari in dolce compagnia) vuole trattenersi fino ad una certa ora sul lungomare (occorre in questa sede ricordare che soltanto in questa città i parcheggi sono a pagamento fino alle 23). Viviamo nell’era dello sport e del perfezionamento fisico? Benissimo! Si comincia dalla piccola età. Attrezzature ed impianti sportivi: c’è dunque l’imbarazzo della scelta tra Villa Spada e la Villa Comunale. Salvo decidere di praticare la pallavolo, l’hochey o il nuoto a pagamento o le palestre di danza.Lo sport nazionale è il calcio ma a Giovinazzo sembra proprio il contrario. Lo stadio comunale è in piena depressione e il terreno di gioco è in condizioni davvero pessime. Le scuole di calcio sono alquanto gettonate per il tesseramento ma i bambini dai 5 ai 12 anni in realtà non hanno spazi per giocare. Mi risulta che ci si arrangia con strutture “di fortuna” dove le litigate fra i dirigenti sono all’ordine del giorno. Che consolazione per i ragazzi oltre dodici anni laddove c’è sempre l’ex campo sportivo. Non vado oltre. Mi fermo qui. Sapete cari lettori, non è una cosa bellissima descrivere i malanni di una città! PINO LISI SETTEMBRE 2010


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festa DI

patronale

AGOSTINO PICICCO

La Madonna di Corsignano incontra i suoi giovinazzesi Giovedì 19 agosto, festa liturgica di Maria Santissima di Corsignano, ancorché giorno feriale nel pieno della settimana, il miracolo dell’incontro tra la Madonna e il suo popolo prediletto di Giovinazzo si è ripetuto ancora. Anno dopo anno, come da diversi secoli. Magari cambia la data della celebrazione (di domenica o in settimana, come quest’anno), ma l’incontro di Maria di Corsignano con i suoi ‘protetti’, i cittadini di Giovinazzo, si realizza sempre con il consueto spirito di festa, di gioia, di attesa, di cordialità partecipata. I cliché della festa seguono uno schema consolidato, forse poco propenso a cambiamenti o ritocchi. La processione di giovedì ha visto il lento snodarsi delle confraternite cittadine nella fierezza dei loro abiti caratteristici, l’onore offerto dalla presenza del gonfalone comunale portato dai vigili con la nuova alta uniforme e seguito dagli amministratori locali, e poi i graduati, i rappresentanti di associazioni, gli emigranti, per lo più d’oltreoceano, che anche con la loro presenza visibile certificano l’affetto mariano. E Maria, oggetto delle premure della serata, circondata e onorata da cotanto apparato, incastonata in esso grazie alla forza dei robusti portatori, si avvia nel suo ampio manto color del mare, cullandosi attraverso le stradine del centro storico mentre riceve petali di fiori dai balconi e il rintocco delle campane delle chiesette davanti alle quali passa, prima di ergersi maestosa nell’ingresso trionfale nella piazza principale. Sicuramente è contenta nel vedere la città

parata a festa per lei, le luminarie, il lancio di palloncini, le composizioni floreali, l’omaggio delle livree e dei galloni. Attende tutto l’anno di poter uscire dalla grande porta della concattedrale – dopo perigliosa manovra dei portatori – per innalzarsi nel cielo colorato del tramonto che si riflette sul mare, ricevendo il saluto e l’entusiasmo degli amati giovinazzesi il quale si manifesta nell’applauso che sale spontaneo dalla folla, nella musica della banda, nel rintocco festoso delle campane. Ascolta il suono delle marcette che si fonde con la recita del rosario di coloro che la accompagnano. E ritrova accanto a sé la varia umanità dei suoi protetti. Quelli che vivono lontano e ritornano in agosto a Giovinazzo per amore del paese e della sua festa. Gli amministratori ai quali non far mancare il sostegno della gente e il coraggio di scelte lungimiranti. I preti della città chiamati a testimoniare la fede in spirito di comunione e concordia. Gli adolescenti che le sono legati da vincolo di personale de-

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vozione ma talvolta guardano con distacco un cerimoniale che non avvertono vicino alla propria sensibilità. I giovani che hanno timore di ‘guastarle la festa’ invocando la sua intercessione per il lavoro precario, per una solidità di scelte durature, per una santità di vita. E lei, Maria, con lo sguardo della tenerezza, attraversa le strade della sua città e medita nel suo cuore i pensieri del cuore di tutti. Ne intuisce le necessità, le aspirazioni, le attese, i sogni, le stanchezze, e sa che lo sguardo della sua icona resterà impresso negli occhi dei giovinazzessi, anche oltre la festa e oltre i confini del paese, perché è madre e li porta tutti con sé, e si attiverà per dare un nuovo slancio alla loro vita o per mitigare e rendere feconda la sofferenza dei suoi figli. Ormai le tempeste marine – ricordate nell’inno che il popolo a lei eleva - non sono qui così frequenti, e così la cieca donzella e altre disgrazie. Ma ci sono altre cecità, altre povertà, altre tempeste di carattere spirituale ed esistenziale che colpiscono l’uomo. Anche su di esse Maria stende la sua protezione. Mentre continua a ondeggiare attraverso il popolo giovinazzese e il suo incedere diventa una carezza dolce che rivolge al paese. Anche per il dono di questa carezza, grazie Maria.

SETTEMBRE 2010


anni

DEL PROF. MIC

Avere tra le mani le pagine ingiallite di un vecchio programma della festa patronale della nostra città non è emozionante solo per le note particolari che esso racchiude ma anche per quei riferimenti del nostro piccolo mondo antico ormai scomparse per la omologazione dei modi di vivere globalizzanti. Fra pagine sparse del nostro Archivio Diocesano e nella ricca biblioteca del compianto gen. Ottavio Daconto il dott. Diego de Ceglia ha rinvenuto alcuni programmi degli anni ’50, ’60, ’70, 80 della nostra Festa Grande e le sue dita hanno quasi preso fuoco. Forse c’è qualcuno a Giovinazzo che avrà la serie completa dei programmi, io suggerirei di consegnarla all’Archivio Diocesano affinchè i posteri possano farne buon uso storiografico. Una serie completa dal 1946 al 1975 l’aveva Gaetano Labombarda, più volte cassiere della Festa, che la donò ad un devoto americano in cambio delle diapositive che questi produsse nella festa del 1975. Non si dimentichi che i sigg. Messere conservano un programma del 1897 che fu riprodotto da Franco Andriano nel suo Il nuovo Tocco del Bom Baun. Il dottor Diego de Ceglia mi concede l’onore di analizzare il programma del 1952 per la vicinanza di esso di esso ai successivi che da me sono stati vissuti con molta coscienza e che pertanto posso interpretare meglio sotto taluni aspetti. Intanto diciamo che, finchè non emergeranno altri programmi, questo del 1952 è il più antico del secondo dopoguerra che viene alla luce. I festeggiamenti di quell’anno ebbero durata dal 21 al 26 agosto. I concerti musicali invitati furono quello della città di Conversano diretto dal Grand’Ufficiale Gioacchino Ligonzo (a cui oggi è intitolata una delle due bande da giro di Conversano) e quello di Sturno, diretto dal Grand’Ufficiale F. Aufiero. Fermiamoci a considerare che entrambi i complessi bandistici suonarono per tre giorni (23-24-25), che vuol dire proporre un nutrito e variegato programma ai fruitori. L’ultima volta che Giovinazzo ha ospitato una banda con tale copertura di giorni è stato nel 1975 con il Gran Concerto di Pescara diretto dal maestro Terra. E oggi possiamo affermare con orgoglio che la Giuseppe Verdi di Giovinazzo è una delle poche Bande che potrebbe dare una tale copertura. Nel 1952 il giorno 26 Giovinazo ospitò la grande Orchestra Lirico Sinfonica Città di Taranto diretta dal Grand’Ufficiale Dino Milella. I pirotecnici furono cinque: Cortese di Bitonto, Spano di Grumo, Lorusso di Capurso, Trifone Bruno di Adelfia, Illuzzi di Giovinazzo. Altra considerazione: a Cortese per lo più veniva affidata cittadinanza bitontina ma talvolta, soprattutto negli ultimi anni in cui ha sparato (forse si trattava di discendenti) era catalogato come

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I festeggiamenti i SS di Corsign

giovinazzese. Per le luminarie quell’anno fu chiamata la ditta Faniolo di Putignano che nella seconda parete degli anni ’50 portò a Giovinazzo rivoluzionarie luminarie a base di tubi a neon. Si pensi che la famiglia Faniolo era ed è talmente brava che ad Adelfia per la festa di S. Trifone la chiamano ininterrottamente dal 1945. L’addobbo in Cattedrale, che in quegli anni era totalmente coperta di drappi che adornavano i pilastri e formavano cinque ‘archi’ (sostenuti da anime di legno appese ad argani conficcati nella volta) che in prospettiva prendevano forma di galleria di stoffe che dirigevano gli occhi verso la Madonna collocata sempre sull’altare maggiore nella nicchia lignea opera dell’intagliatore Goffredo che

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CHELE

CARLUCCI

in onore di Maria nano nel 1952

stella ed al centro di essa il volto della Madonna di Corsignano dipinto da lui; l’ispirazione gli venne dal canto con le parole di S. Bernardo «Alzando gli occhi e mirando una stella». Quella emozione fu di particolare suggestione. L’opuscolo-programma del 1952 è arricchito da un intervento storiografico del prof. Beniamino Andriani che riprende la leggenda delle origini del culto della Madonna di Corsignano così come fu pubblicata a stampa nel 1856 dai fratelli Cannone di Bari. Per tanti anni agli interventi storiografici si è preferito (e si continua) pubblicare i nomi dei devoti che da terre lontane mandano la propria offerta per i festeggiamenti. Nell’ultimo decennio si è presa la bella abitudine dei vari saluti che arrichhiscono l’opuscolo. Quest’anno è stato particolarmente felice quello del Sindaco che la dice lunga sull’attaccamento dei Giovinazzesi alla Protettrice. Un’altra nota prima di proseguire: col terzo millennio finalmente il programma viene diffuso con un congruo anticipo sulla festa. Per decenni c’è stata l’abitudine di stamparlo alla vigilia di essa e di consegnarlo il giovedì della festa quando quasi a Molfetta era pronto il programma per i festeggiamenti della Madonna dei Martiri (quest’anno già distribuito il 10 agosto). Entriamo ora nel diario 1952. Alle 18 di giovedì 21: Lancio di razzi a devozione dei Ferrovieri (pirotecnico Illuzzi). Pensate un po’: a Giovinazzo una piccola categoria di dipendenti statali era in grado di sostenere un fuoco pirotecnico per quanto economico fosse. Negli anni ’60 l’emigrato sig. Cervone con la moglie offrirono per diversi anni il fuoco d’apertura, se non erro, della domenica, giorno centrale della festa. Ore 19: Triduo e panegirico della Vergine in Cattedrale celebrato dal rev.mo can. prof. Antonio Belsito. Il triduo naturalmente non esclude la novena ma le si sovrappone anche se questo fatto dalla semplice lettura del programma non lo si capisce bene. Il programma per venerdì 22 non prevedeva nulla mentre per il sabato 23: ore 7: Lancio di razzi; ore 8: Giro per la città dei tre concerti musicali (pensate che allora il percorso da fare era fino a via Bari, via Bisanzio Lupis, via Bitonto e Agostino Gioia, dintorni del Calvario e via Molfetta e Quattro Fontane. Il percorso tra la parte antica della città e la nuova veniva effettivamente coperto, quindi pensate a come doveva essere piena di musica la città prima che le tre bande si soffermassero per il matiné in piazza Vittorio Emanuele e piazza Costantinopoli. Alle 12,30 del 1952, ma anche di quegli anni, ci fu un Lancio di razzi a devozione dei fruttivendoli. Alle 18 riprendeva il programma musicale delle bande, in orchestra in piazza Vittorio Emanuele II. A quei tempi le orchestre erano due: quella grandiosa e più bella della ditta delle luminarie ed una più semplice della ditta giovinazzese Girolamo De Candia (sicuramente di origine

oggi ospita la statua di S. Tommaso, fu affidato, come quelli di tanti altri anni, alla ditta barlettana De Bitonto. Drappi bianchi coprivano le tele di Carlo Rosa. Prima che questa bella tradizione finisse con i restauri degli anni ’80, ad addobbare la Cattedrale erano chiamati i fratelli bitontini Abbondanza, succeduti ai De Bitonto. In passato fu addobbatore anche il nostro pittore-decoratore Filippo Nisio che qualche volta fu chiamato ad addobbare anche la nostra Cattedrale e ricordo che agli inizi degli anni ’60 con drappeggio bianco, rosso e giallo creò una bella galleria, gli venne la felice intuizione di creare sotto la volta dell’ingresso da ponente un cielo con al centro una grande

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molfettese) detto Popè (del cui soprannome non sono mai riuscito a capire l’origine o il significato. Che fosse un adattamento dialettale di Braccio di ferro – Popeyée dovuto a qualche sua caratteristica?). Alle 18,15 Tradizionale processione a divozione di Marinai del Manto della Protettrice dall’Istituto S. Giuseppe alla Cattedrale. Allora i marinai erano veramente tali anzi i marittimi. Ora il circolo dei marinai è frequentato per lo più da simpatizzanti. All’arrivo in piazza fu incendiata una batteria a devozione dei concittadini marinai residenti negli U.S.A.. Questa tradizione di sparare in piazza è stata pian piano cancellata con l’accresciuta sensibilità verso il problema della sicurezza negli anni ’80 e con l’arrivo in città del gas metano. Ore 19,30 Vespri pontificali in Cattedrali – ore 24,30 (naturalmente al termine del servizio musicale) Incendio di un’artistica batteria a dev. dei concittadini residenti a Montreale (Canadà) – Pirotecnico Illuzzi. Domenica 24 ore 6,30 Lancio di Razzi – 8,30 Giro per la città dei concerti musicali – ore 10,00 In Cattedrale solenne messa pontificale celebrata dall’amatissimo Vescovo S. E. Achille Salvucci, con l’assistenza del rev. Capitolo Cattedrale e con la partecipazione della Schola Cantorum “don Cesare Franco” di Bari diretta dal M° Giuseppe Piccininni. Considerazioni: peccato che oggi parlando del proprio Vescovo non si scriva più l’aggettivo assoluto «amatissimo», al contrario per quanto si è precisi nello scrivere Concattedrale si continua ad inserire nel programma «pontificale con l’assistenza del rev. Capitolo Cattedrale» in re-

altà sono anni che non si vedono più i canonici in cotta e mozzetta seduti negli stalli del coro (ormai inesistenti) a rispondere in latino, … altre emozioni. Il Capitolo infatti (collegio di sacerdoti nato per affiancare il Vescovo oggi avente meri fini liturgici), oggi esiste solo per la Cattedrale di Molfetta (centro della Diocesi) e per chi volesse gustare l’ascolto di vespri cantati (parte anche in latino) basterebbe portarsi la ogni domenica pomeriggio nella deserta Cattedrale di Molfetta. La presenza del coro di Bari ci dà l’idea che da un lato forse Giovinazzo non disponeva di un coro presentabile e dall’altro che si andasse in cerca del meglio per onorare la propria Patrona in una circostanza così importante. Infatti in un passato più remoto in occasione della festa patronale addirittura si componevano poemi lirico - sinfonici che venivano eseguiti per l’occasione. Curiosa l’omonimia tra il maestro del 1952 e l’attuale giovanissimo ‘direttore’ del coro della Concattedrale. A proposito di don Cesare Franco: fu un sacerdote compositore di musiche sacre nostro conterraneo e curiosamente il suo nome e cognome sono la traduzione italiana del compositore francese di origine belga César Franck il famosissimo autore del ‘Panis Angelicus’ di largo uso nelle messe solenni.

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Ma torniamo al programma: ore 10,15 – Musiche in piazza Vittorio Emanuele e in Piazza Porto – ore 13: Grandioso lancio di razzi a fumo colorato in competizione tra i VaccaiBovolani (Pir. Bruno Trifone) e Proprietari-Coltivatori diretti e Braccianti Agricoli (Pir. Spano) e un gruppo di concittadini residenti a Little Falls negli U.S.A. (pir. Lorusso). Ecco un’altra tradizione finita nel nulla. Pian piano nel tempo i fuochi divennero due (sempre a competizione) e poi uno. Ora non si spara più per non sottrarre scogliera e sicurezza ai bagnanti. È emozionante leggere la parole “Vaccai” e “Bovolani” indicazione di categorie che oggi sono totalmente scomparse che avevano la loro roccaforte nelle stalle sulla via che porta alla vecchia colonia di marina di epoca fascista dove oggi ha sede il Pronto Soccorso. Ma c’erano anche altre piccole fattorie nell’immediata periferia della città sparse qui e là. Restando nell’argomento allevamento: il prof. Francesco Andriano scrisse negli anni ’70 sulla Gazzetta del Mezzogiorno, di cui era corrispondente, un bell’articolo sugli epigoni dell’attività pastorizia a Giovinazzo. I concittadini di una certa età ricorderanno ‘il rosso’ che portava il suo gregge al pascolo per la campagna. Ore 18. Musiche in Orchestra in piazza Vittorio Emanuele quindi la processione dell’edicola All’uscita della sacra Immagine dalla Cattedrale fu incendiata una batteria della ditta S.O.M. (pir. Illuzzi). La batteria veniva incendiata sullo spiazzo di via Marina ove oggi si raduna tanta gente per vedere l’uscita dell’edicola. Negli anni ’60-’70 questo sparo si tramutò in lancio di bombe carta dalla Trincea - Cala Crocifisso. Durante il precorso della Patrona in piazza Vittorio Emanuele ci fu un lancio di razzi colorati a devozione della commissione ed un lancio tradizionale di artistici palloni (le mongolfiere che un anno per il forte vento finirono tutte sui tetti intorno alla piazza e di cui entrarono (finalmente) in possesso i bambini per farne oggetto di gioco). Subito dopo il ritiro della processione furono incendiate due grandiose ed artistiche batterie (lancio di bombe) in competizione tra i Celibi (pir. Lorusso) e Proprietari Colt. Diretti e Braccianti (pir. Spano) con l’assegnazione di una medaglia d’oro al vincitore. È da notare come venivano considerati come “categoria” i celibi, ma per il loro status familiare in sè, ma perché come lavoratori senza carichi di mogli e figli (erano tempi duri con famiglie numerose nelle quali lavorava solo il padre) erano di grado di poter dare congrue offerte per i festeggiamenti. Ore 23: Ripresa del programma musicale – Ore 2 (non erano tempi di movida e si finiva sempre alle 3, 4 per portare

a temine il programma di tre bande) incendio di altre due batterie in competizione, con medaglia d’oro al vincitore. Lunedì 25 ore 7: Lancio di razzi – ore 8: Giro per la città dei concerti musicali – ore 9: Amministrazione del sacramento della cresima da parte di S.E. mons. Vescovo nella chiesa di S. Domenico – ore 10,30: Tradizionale processione del Beato Nicolò Paglia gloria cittadina” – ore 12,30: Lancio di razzi colorati a devozione della Carovana Facchini (col termine carovana si indicava un’associazione). Nella serata continuava il programma musicale, il manto della Madonna veniva riportato all’Istituto S. Giuseppe e il tutto si concludeva ore 24: Fuochi pirotecnici a div. del sig. Comm. Nicola Palmiotto Presidente del Comitato Festeggiamenti (pir. Cortese). L’opuscolo - programma è chiuso dall’avviso che il parco divertimenti è nella Villa Comunale (e così è stato fino agli anni ’60).

PROF. MICHELE CARLUCCI

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DI GABRIELLA MARCANDREA

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ph: Nico Mongelli


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storia DI DIEGO Raffaele De Gaetano nel suo libro Vele di Giovinazzo a p. 32 scrive che nel XVII secolo la situazione commerciale di Giovinazzo era pressoché insussistente anche perché il vicerè di Napoli aveva bloccato con massi e relitti i porti pugliesi per frenarne le iniziative mercantili. Ma i marinai non stettero a guardare e lentamente ripresero in mano la situazione. Di certo a questa ripresa contribuì la intraprendenza di quei giovinazzesi che si costruirono, comprarono da terzi o semplicemente noleggiarono imbarcazioni per consentire che merci locali raggiungessero i lidi di altre città. Sempre gli atti notarili ci consentono di ricostruire la storia della città di Giovinazzo, e dei suoi abitanti, ma anche di altre cittadine portuali. Nel 1606 Plinio Dedato di Molfetta residente in Giovinazzo figura in un atto notarile con Nicola Antonio Capece Zurlo di Napoli che aveva noleggiato una imbarcazione per portar grano da Manfredonia a Bari (ASBa, Piazza di Giovinazzo, sk. 9 not F. Vallone, vol. 72, f. 212, atto del 14 giugno 1606). Fra gli artigiani, particolare prestigio avevano i falegnami, «mastri d’ascia», che sapevano fabbricare barche; a Giovinazzo ce n’erano di certo, ma se si desiderava copia d’un particolare modello più facile era rivolgersi allo stesso artigiano artefice del manufatto da imitare. Possiamo supporre che fu questa la motivazione che nel 1629 indusse Ioannes Benedictus Gaetanus di Giovinazzo a rivolgersi al falegname Nicolaus Nandi de Giesueo di Bari perché questi «habbi da fare una barca lunga di palmi 29 simigliante a quella di Colantonio Introna di Bari fatta da esso medesimo mastro con un banco dell’arbore, e paglioletto di poppa tutto finito, e cerata di tertrame». Trattandosi di un contratto di prestazione d’opera era d’obbligo l’atto notarile che fu rogato in Giovinazzo il 23 dicembre 1629 dal notaio Marino Gregoriano per precisare anche i termini economici dell’accordo «et questo per ducati ventidoi de li quali… ducati sei in cinque cinquine et patacche et altre monete ducati dieci detto Giovanni Benedetto l’habbi da pagare per tutto gennaro, nel qual tempo habbi da esser finita detta barca, alias sia tenuto a tutti danni spese et interessi, et se prima detto mastro mecterà detta barca in cantina subito esso Giovanni Benedetto sia tenuto sborsar detti ducati 10 acciò possa comprar le tavole e robbe che ci mancassero, in pace li altri ducati 6 per tutto febbraro prossimo» (ASBa, p.za di Giovinazzo, sk. 12, vol. 121, f. 61). Di valore superiore, ovvero ducati 45, era la barca «con remi, vele, capi ferri, et altri ordegni necessarii» che Angelantonio la Pombarda di Giovinazzo in comunione con Antonio di Molfetta alias de Strippoli comprarono da Francisco di Gravina. La barca era stata «così stimata per Cicco Lombardo presente <alla rogatio> de quo pretio, quali ducati 45 detti Antonio e Angelantonio promettono pagarsi da mo e per tutto il mese d’agosto prossimo dell’intrante anno 1637» (ASBa, p.za di Giovinazzo, sk. 12, vol. 132, f. 32, atto del 28 ottobre 1636). Nel caso che segue la barca assume il carattere di garanzia per un prestito chiesto il 1 ottobre 1633 da Gregorio, Giovanni Tommaso e Francesco Fiorentino, padre e figli, a tale Francesco Buttafuoco; quest’ultimo infatti aveva prestato ai Fiorentino 25 ducati di moneta corrispondente alla metà del valore della «eorum cymbe acte ad itinerandum et navicandum». Il debito contratto a «condizione

COMMERCIO VIA MARE NEL SEC. XVII:

Costruzione, acquisto e noleggi di imbarcazioni che da oggi essi padre e figli habbiano da dare la mezza parte del guadagno che faranno con detta barca e sian tenuti ogni volta che usciranno con detta barca darli reale conto del guadagno e darli il guadagno che li spetta per la mezza parte et promettono ... restituire detti ducati 25 ... et sin a detto tempo saria obligati dare da guadagno» doveva essere estinto entro il maggio del 1639. Ma nel 1638, morto Gregorio Fiorentino, un altro dei suoi figli, Carlo, volle estinguere il debito paterno ed insieme ad un nuovo socio, tale Carlo de Pinto, si portò dinanzi al notaio Francesco Antonio Riccio dove «stantibus presentis, dictus Franciscus <Buttafuoco> relaxavit dictis de Florentino et de Pinto in solidum dicta medietate quam habet supra dicta barca ut supra cedens omne ius». Così oltre i propri diritti sulla barca il Buttafuco rilasciava ai nuovi soci quietanza liberatoria dei 25 ducati ricevuti (ASBa, p.za di Giovinazzo, sk. 13, vol. 184, f. 46, atto del 18 ottobre 1638). Nella stipula di contratti a carattere economico, è d’obbligo che le parti si tutelino con clausole chiare onde evitare eventuali liti e contestazioni. Chiarissimo è l’atto rogato dal notaio Marino Gregoriano il 30 luglio 1659 per il noleggio da parte di Nicola Antonio Vernice di Giovinazzo di una imbarcazione e precisamente una tartana di proprietà di Gaspare Raniero che avrebbe dovuto trasportare mandorle a Napoli. «detto dr. Colantonio Vernice … deve evadere da questo porto per infr[…] per Napoli […] le debite spedizioni delle Regia Camera, sacche n. 30 d’amendole sopra il vascello seu tartana di padron Gasparro Raniero quale dovrà venire a caricare in questo porto et il carico dovrà seguire per tutto li 16 dell’intrante mese di agosto. Perciò il detto dr. sig. Colantonio s’obbliga al detto padron Gasparre absente et per esso a me notario recipiente et stipulante di pagare il nolo di dette saccarie conteggiato a ragione di carlini 15 et ½ il sacco condotto dentro il porto di Napoli, qual tempo elasso et non eseguito … il detto dr. Colantonio sia tenuto pagare al detto padrone absente et per esso a me notaro presente il voto di detti sacchi per pieno. Et per la conseguenza di detta si possa il presente instrumento invocare in omni curia … obligando se e suoi beni» (ASBa, p.za di Giovinazzo sk. 12, vol. 163/I, f. 60). Pattuendo non solo il costo a sacco pieno, ma in caso di mancata raccolta, anche il noleggio della imbarcazione per sacchi vuoti (per pieni), il

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nostra DE CEGLIA

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io Raniero era sicuramente tutelato, al contrario, a favore di Colantonio Vernice non era stata prevista nell’atto alcuna clausola di garanzia. Il nome di un altro giovinazzese Giovanni Antonio d’Ambrosio proprietario di imbarcazione (la tipologia non è chiaramente definita) emerge da un atto conservato presso il grande Archivio di Stato di Napoli e prodotto a fini fiscali a seguito della presa del carico di quella barca da parte di due galee veneziane (ASNa, Processi antichi, Pandetta nuovissima, b. busta 2050, fascicolo 54684, Per cassazione di pleggeria). Sulla barca di Giovanni Antonio d’Ambrosio infatti «Giuseppe de Massar et Giuseppe Antonio Tertella a 29 de luglio 1617 fero caricamento di botte 17 di vino et cantara 11 de riso nel porto d’Ortona per quelli immettere et discaricare in Regno come con effecto fecero le debite provisioni con aver dato pleggeria (garanzia dell’adempimento ndr) in potere del Regio mastro Portolano di Apruzzo di produrre il debito responsale» dell’avvenuto scaricamento. Ma «alli 10 del mese di agosto del detto anno due hore avanti giorno sopra l’acque di Giovenazzo a tempo che andava a scaricare in Bari, fu presa detta barca con tutte le sopradette robbe dalla armata veneziana come per informatione presa per la Corte del Mastro Portolano di Bari». Quest’ultimo avuta informazione del fatto, ordine della Real Camera aveva ascoltato varii testimoni tra i quali i sindaci di Giovinazzo che avevano così dichiarato: «Noi sottoscritti generali Sindaci della città di Giovenazzo … facciamo piena ed indubitata fede per come alli 10 del corrente, giorno di S. Lorenzo, essendono comparse sopra l’acque di questa città due galere quale s’intendevano essere veneziane se intese dire et se diceva pubblicamente che avevano presi certi vascelli fra li quali vi era la barca di padrone Giovanni Antonio d’Ambrosio di Giovinazzo carica di vino, quale fu presa fra l’acque di Bari et di questa città a tempo andava terra via per andare a discaricare detto vino. Onde 19 agosto 1617 – F.to Francesco Saraceno – Francesco Restaino». Il fascicolo era stato aperto in quanto Giuseppe de Massar avendo subito tale «depredamento senza colpa d’esso povero supplicante» aveva rivolto istanza alla Real Camera della Sommaria affinchè ordinasse al «Mastro Portolano delle Provincie d’Apruzzo

et suo luogotenente in solidum che constandoli il fatto essere passato dal Mastro predetto, non vogli molestare esso supplicante nè suoi pleggi» ovvero il denaro lasciato a garanzia che la merce non sarebbe stata esportata fuori dal Regno in quanto a «lui non è restato rimetterlo in Regno dove era destinato ma per detto disastro detta estrattione non poterno haver l’effetto…». Non conosciamo con precisione come si concluse la vicenda in quanto non abbiam avuto modo di consultare gli atti della Real Camera della Sommaria, che però in forma molto sintetica sono riportati sulla camicia del fascicolo, ovvero di accertarsi dell’avvenuto, attraverso testimonianze che lo stesso fascicolo racchiude prima di svincolare la pleggeria. Ma se alla Real Camera nel 1617 si era ricorso affinché non incamerasse una garanzia prestata, la stessa autorità nel 1649 interveniva al fine di sanzionare i giovinazzesi Nicola Palombella e Carlo Fiorentino per illeciti commessi nelle acque del Porto di Giovinazzo. Anche di questo processo non conosciamo gli epiloghi ma solo la cronaca dei fatti come descritti in Arch. Stato Napoli, R. Camera della Sommaria, Processi, Pandetta generale o seconda, b. 551, fasc. 18518, Giovinazzo , avviso al vicerè di un contrabando nella marina di detto comune. La supplica presentata a Napoli è genericamente sottoscritta dagli «Umilissimi servi il Popolo di Giovinazzo» riporta: «La vigilanza è zelo col quale V.S. si degna al governo di questo Regno ci spinge a rappresentarLe come questi mesi addietro dal porto di questa città di Giovenazzo nella Provincia di Bari fu caricato un vascello di notte in contrabbando carico di grano, ceci et oglio del che avendone avuto notitia la Regia Audientia di Trani, ha proceduto questi giorni addietro a pigliarne informatione, nella quale consta persone di detta città che l’hanno commesso, le quali come potenti et denarose han oprato e van oprando tuttavia di far occupare in detta Regia Audientia detto processo et che non venga all’orechie di V.E. che come principe così giusto non ordinasse quell’esemplare castigo che merita simil delitto, per la penuria di grano che si è esperimentata l’anno passato». I tempi non sono mai cambiati. In tempi di calamità chi poteva cercava di approfittarne, e gli altolocati, accusati, colpevoli o innocenti che fossero non lo erano per un solo reato ma per varii. I cittadini di Giovinazzo infatti oltre a temere che la decisione del Tribunale potesse essere manovrata, «han per dubio che la presente non capitasse a V.E.» ed inoltre scrivevano che i quei contrabbandieri «dopo commesso il suddetto contrabbando noto alla Regia Audientia ne hanno commesso un altro del quale non notitia detta Regia Audientia» ovvero il carico di merce «asportato per il padrone Cola La Palombella sopra il vascello di Carlo Fiorentino tutti duoi di questa città di Giovenazzo». Vista l’istanza dei Giovinazzesi, il 10 dicembre 1649 la Real Camera della Sommaria scriveva al Tribunale della Sacra Regia Audienza di Trani «perché in questa Regia Camera si è ricevuta detta infortatione, vi dico et ordino che per detta Regia Audientia si debbia pigliare diligente informatione del detto altro contrabbando che si dice essere commesso asportando dal padrone Cola Palombella sopra il vascello di padron Carlo Fiorentino di detta città di Giovinazzo con riferirsi il tutto per servizio del Regio Fisco».

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pillole di agosto DI

ANGELO GUASTADISEGNI

Riconoscersi e Ricordare

Alle radici della nostra Meridionalità

RACCONTI E TESTIMONIANZE IN UN FESTOSO REVIVAL DEGLI OSPITI E DEGLI OPERATORI DELL’ISTITUTO VITTORIO EMANUELE

Gianni Ruccia il magistrato pugliese riscopertosi poeta

Mentre qualcuno carica le foto su facebook, qualche altro fa sul serio. Si anima di tanta buona volontà e rinnova l’appuntamento in quell’atrio di qella piccola cittadella che ha raccontato la storia della nostra città. Stiamo parlando degli ex allievi e degli ex dipendenti del glorioso Istituto vittorio Emanale II. Anni di memoria cittadina in cui educatori e ospiti nella ossequiosa osservanza dei rispettivi compiti e doveri operavano con spirito di amicizia, stima e rispetto reciproco, alloggiando, studiando ed imparando arti e mestieri che avrebbero permesso loro di vivere una vita dignitosa. C’è chi strappato dalla strada, da una vita bruciata e c’è l’ha fatta, oggi occupa un posto di eccellenza all’interno del mondo del lavoro. Nell’«Ospizio di Giovinazzo» disciplina, studio e lavoro erano il pane quotidiano, il vangelo educatore per molti ospiti. La formazione avveniva attraverso una full- immersion all’interno di quella struttura in cui non mancava proprio nulla. Dalla fonderia all’officina meccanica, dalla falegnameria al teatro per esprimere arte e recital. Non dimentichiamo che il primo documento tipografico della storia di Giovinazzo veniva dato alle stampe all’interno dell’IVE. Sempre nell’Ive dalla falegnameria si creavano oggetti di arredo ricercatissimi nello stile tanto che oggi sono stati presi in consegna dalla Provincia di Bari e arredano l’aula della Presidenza. Prima di terminare il racconto di questa felice rimpatriata bisogna aggiungere un piccolo aneddoto che fa palpitare all’unisono i cuori di tutti coloro che hanno trascorso quasi tutta la loro vita lavorativa o buona parte educativa piccoli aneddoti. Tutti ricordavano tutto. Cosa? «L’Inno ufficiale dell’istituto Vittorio Emanuele» composto dal M° Giove e completato dal testo del prof. B. Volpicella. Lo hanno cantato tutti col cuore. A memoria. La rassegna fotografica, testimonianze spontanee delle esperienze vissute da educatori o da ospiti, facevano da cornice all’evento. 33

Tra il rispetto del codice e il continuo aggiornamento in materia giudiziaria, il magistrato Gianni Ruccia riesce ha ritagliarsi uno spazio nel quotidiano per coltivare la sua antica passione: la poesia, ovvero «anelito di vita – sono parole del magistrato – frutto dell’esperienza lavorativa». Tante sono le produzioni in libreria. Le citiamo tutte: «Poesie (2005)», «Anelli (2007)», «Gocce che riflettono (2009)», «Il libro sulla giustizia di Poesie, Aforismi, massime, saggi, articoli». La lettura dei versi di Giovanni Ruccia aiuta a mettere in luce le potenzialità di un genere poetico, quello dell’aforisma, che, per la sua natura di riflessione concisa e diretta, può contribuire ad aprire spiragli sul mondo, sui più svariati aspetti della nostra sfaccettata realtà contemporanea, compresi quelli che non riguardano direttamente il nostro ego; senza che ci sia impedito di ritirarci poi seraficamente in noi stessi, e spingerci più oltre a meditare. L’incontro, «Alle radici della nostra Meridionalità», organizzato dal Centro Studi Meridionali del dott. Giuseppe Tulipani, s’inquadra in un contesto di più ampio respiro. In un Paese in cui l’ideologia e le cariche dello Stato scatenano oggi come non mai le ire di politici federalisti, c’è una Puglia di letterati e di uomini duri che ci onora fuori regione e che supera gli steccati di fautori di beceri divisionalismi. Intervenivano il dott. Vito Savino ( Presidente del Tribunale di Bari, il magistrato di casa Angelo De Palma, il sindaco di Giovinazzo Antonello Natalicchio, Trifone Altieri (Vice Presidente Amministrazione Provinciale), Waldemaro Morgese (Direttore ‘Teca del Mediterraneo’). Ricordiamo che il magistrato-Poeta Ruccia nasceva a Molfetta nel 1932 e la sua dimora estiva è la nostra città. Sua Nonna era giovinazzese. SETTEMBRE 2010


I FIGURANTI DEL CORTEO STORICO cl ick Enr ico Ted esc hi

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restauro

LA

CHIESA RURALE DELLA

MADONNA

DI

CORSIGNANO

Una gemma che torna a brillare in occasione della Festa dell’Eterno Padre Per i giovinazzesi è la Chiesa del Padre Eterno. Per la diocesi, gli storici De Ninno, Bonserio e de Ceglia è la chiesa rurale della Madonna di Corsignano che ha poi mutato nome per meri scopi di lucro e senza mai ricevere una formale approvazione di tale cambiamento di titolo da parte dell’Autorità Ecclesiastica. E pare ridicolo che volendo divulgare cultura si continui a parlare proprio agli studenti di un affresco effigiante il Padre Eterno Dio invisibile, quando quella è la classica iconografia del Cristo Pantocratore. Ma tant’è. Rivedere l’antica chiesa della Madonna di Corsignano, il 6 agosto, traboccante di fedeli (il rito della Santa Messa può essere celebrato solo all’esterno considerata l’esiguità dei banchi in legno) dopo l’accurato restauro che si è protratto per più di un lustro tra reperibilità di fondi, affidamenti ed esecuzione dei lavori, è una meravigliosa rivelazione. Niente è più come prima. Le luci, l’arredo, la pietra e gli affreschi hanno ricreato la primigenia armonia dei colori. Oggi la Chiesa rurale della Madonna di Corsignano è una gemma che torna a brillare: risplendono le pitture murali rinvenute all’indomani dei restauri del 2003-2004, l’abside e la lunetta all’interno della torre di accesso, la controfacciata della chiesa, l’altare. La Chiesetta è stata sempre aperta al pubblico dei fedeli nonostante i lavori in corso. Anche se la si apre solo il 6 agosto. Della descrizione dei lavori di restauro è stata fornita ampia stesura da parte della dott.ssa Valentina Picerno nel numero scorso. C’è sempre però, un’appendice da aggiungere. I committenti dei lavori di restauro, del risanamento conservativo. Perché fare nomi e cognomi è cosa buona e giusta? Semplicemente perchè la Diocesi per alcune chiese, a volte anche rurali, riesce a reperire i fondi per il restauro, mentre qui siamo di fronte al classico caso di lavori sponsorizzati in toto dai privati. Come dire che l’antica Chiesa della Madonna non sa-

Ph:Nico Mongelli

rebbe stata oggi la gemma di cui parliamo se non ci fosse stata la mano dei volontari, i cui nomi sono incisi su una lastra in marmo sulla parte laterale destra, in prossimità dell’ingresso. Allora ricostruiamo le tappe dei lavori. Corre l’anno 2004. Il Comitato Feste Patronali del 2002-2003 presieduto da Luciano Minervini, riconsegna ai fedeli la chiesetta di Santa Maria di Corsignano 36

dopo i lavori di restauro di 1° intervento che lo stesso comitato aveva finanziato alla restauratrice Gabriella Pinto. Seguono i lavori per eliminare infiltrazioni d’acqua, condensa, umidità. La stessa chiesetta per i due anni successivi alla riapertura continua a riempirsi d’acqua ogni volta che piove: è priva di infissi alle finestre. Infatti è bene


Ph:Nico Mongelli

dirlo, appena insediatosi il Comitato Feste Patronali 2007 dispone di infissi metallici le finestre della chiesetta. Si attrezza di impianto di illuminazione, si attrezza di un altare nuovo offerto da don Benedetto Fiorentino, parroco della Cattedrale. Tommaso Depalma il Presidente del Comitato Feste 2007-2008 sottoscrive poi il contratto per terminare i lavori di restauro degli affreschi venuti alla luce sulle pareti laterali della chiesetta mentre la Sovrintendenza provvede su interessamento della locale Fidapa a restaurare l’abside della stessa chiesetta la cui policromia risulta alterata dalla ridipintura del 1952. Al fine di poter veder quanto prima concluse le operazioni di restauro si aggiungono le somme fatte pervenire dagli organizzatori della Sagra del Panino della nonna del 2007. Dimenticavamo l’architetto Dolciamore: predispose gratuitamente il progetto generale di consolidamento e restauro della Chiesetta approvato dalla Sovrintendenza alle Belle Arti sin dal 2004 curandone pure la direzione dei lavori. 2010: fine dei lavori di impermeabilizzazione su interessamento dalla signorina Depalma e fam. Cortese. La chiesa è stata ristrutturata mantenendo la primigenia bellezza dell’antica chiesa rurale. Luciano Minervini, l’autore dell’affidamento dei lavori di restauro lancia un’idea: «Una Chiesa che conserva affreschi del ‘300 potrebbe divenire meta anche di amanti dell’arte che ne apprezzano l’incommensurabile bellezza rurale. Non si può aprirla solo il giorno della ricorrenza dell’Eterno Padre. Spero che la locale Pro loco e la parrocchia della Cattedrale che ha in affidamento la chiesa, siano forieri di questa mia istanza».

L’ABSIDE DOPO IL RESTAURO. LA SUA

POLICROMIA

ERA STATA

ALTERATA

DALLA RIDIPINTURA DEL

1952

Ph:Nico Mongelli

Sotto gli auspici di Mons. Luigi Martella Vescovo e del clero locale, questa chiesa è stata restaurata per volontà, cura e finanziamento del Comitato Feste Patronali 2002 e 2003. PRESIDENTE: Luciano Minervini DIR. LAV.: Arch. Nicola Dolciamore IMPRESE: Depalma Raffaele e Tommaso RESTAURI: Gabriella Pinto Lavori ultimati maggio 2004

LA NICCHIA DELL’ETERNO PADRE In via Bitonto, al civico 58, fa bella mostra di sè la nicchia dedicata al Padre Eterno meta annuale, per la recita del triduo(3 4 5/8), di tanti devoti, continua a mantenere in vita questa tradizione la professoressa Antonella DePalo figlia di Francesco e Maria DePalo. Quest’anno ha voluto ricordare i suoi genitori con l’inaugurazione di una pergamena in pietra inaugurata e benedetta dal parroco di San Giuseppe Don Raffaele. Breve cronistoria del sito. Già dal 1947 esisteva una piccola nicchia di campagna con l’effigie dell’Eterno Padre; nel 1958 fu ristrutturata per la prima volta dai nuovi proprietari dell’immobile i sigg. DePalo; fu ristrutturata per la seconda volta nel 1978 dal maestro locale di pittura Filippo Nisio. Oggi appare ai fedeli in tutta la Sua bellezza. 37

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U uagnaune de la petté

VINCENZO DEPALMA

DI

VIETATO SPUTARE PER TERRA

Finalmente, anche quest’anno, è stata posta la parola fine all’anno scolastico. Agli stessi insegnanti, ai ragazzi, gli ultimi giorni di frequenza sembravano interminabili per cui alunni e docenti hanno quasi le ore finali, i minuti terminali che mancavano al suono dell’ultima campanella che è stato accolto con un grido festoso. Anche le mamme erano tutte in trepida attesa sia per conoscere i risultati scolastici dei figli e anche perché finalmende cudde figghie si pote ripesé ne picche! Poveri figli! Vu mette a li timbe meje! Le preoccupazioni dei nostri genitori non erano quelle di come programmare le vacanze ai loro bambini, ma andavano esattamente nella direzione opposta. L’estate si lavorava più delle altre stagioni; in campagna perché tanti padri di famiglia partivano per la pugghie, ossia per la raccolta del grano nel foggiano per cui le necessità famigliari ricadevano sulle spalle di chi restava e poi, quando ritornavano, c’erano da raccogliere le mandorle che poi avevane scherzuè, spannele o baule sopa a le rachene, la mattina e ritirarle la sera, raccogliere il cotone, snocciolarlo, cogliere i pomodori e fe’ la salze. Senza parlare delle altre attività che venivano incrementate, in tutti i settori, per l’avvento della buona stagione. Così, noi, invece di riposarci, eravamo un problema per i nostri genitori che si preoccupavano de levange da menze a la strete. Con questa scusa e con il pensiero di fatte m’bare’ nu mistire, ci piazzavano presso qualche artigiano, amico di famiglia o conoscente, perché fossimo loro di aiuto e perché facessimo apprendistato dandoci anche la possibilità di guadagnarci una piccola paghetta. I nostri genitori arrivavano addirittura a passare di nascosto la corresponsione della nostra davvero misera paghetta al datore di lavoro felici di

toglierci dai piedi durante le vacanze scolastiche senza preoccuparsi di sapere dove stessimo. Noi, innocenti ed incoscienti, eravamo quasi contenti e con sussiego parlavamo del misero compenso e del mestiere che stavamo imparando. Cosa facevamo durante il periodo di apprendistato? Dipendeva dai settori in cui eravamo in- SPUTACCHIERE. seriti. Se ti mandavano dal falegname il Illustrazione di Vincenzo Depalma nostro compito era quello di scartavetrare pezzi di legno facendo attenzione a non sprecare la cartavetrete e poi preparare ringrazio mia madre di non avermi mai inpentolini di colla. All’epoca non esisteva il dirizzato all’apprendimento di quella attivinavil e la colla si preparava con matto- vità. Le sale da barba dei miei tempi erano nelle di colla-pesce. Il nostro compito era completamente diverse da quelle attuali e di ridurre a pezzetti le mattonelle, sistemarli concepite per funzioni oggi inimmaginabili. jnde a la callaredde, accendere il fuoco, ag- In casa non c’erano rasoi elettrici e pochi giungere acqua e rimestare fino a quando erano quelli che azzardavano a radersi con si otteneva un’ottima colla. Ogni tanto il gli affilatissimi rasoi a mano. Le sale da pentolino andava rimesso sul fuoco quan- barba erano sempre piene. Si pagavano gli do la colla cominciava a rapprendersi. Ci abbonamenti. C’era sempre molto da facevano assistere ai loro lavori e quando aspettare. In alcuni saloni c’erano anche piallavano o segavano eravamo impegnati istruttori di mandolino, di chitarra, di fisara raccogliere li frambugghie. Ci facevano monica e c’era anche chi praticava iniezioportare anche u trainette quando c’erano da ni, cavava denti o applicava magnattue sanportare tavole alla segheria di Maldari, drete guisughe ai malati e questo significava fare lunghe attese per aspettare il tuo turno. Si o fusse. era rassegnati e si ingannava l’attesa sfoglianDal sarto imparavamo a mette li punde, e si do le pagine della Domenica del Corriere, raccomandavano: Mi raccomande, tutte suzze! con le sue bellissime illustrazioni o converDal fabbro e dallo stagnino ci facevano sando su tutti i fatti di cronaca locale. Le girare la manovella della ventola o mano- sale da barba erano autentiche centrali di vrare il mantico che alimentava il fuoco gossip. Compito du uagnaune du varivire era dove c’era sempre da aggiungere carbon quello di stare sempre con la scopa in mano coke per avere un fuoco sempre vivido per togliere dal pavimento i capelli appena per scaldare metalli o saldatori, oppure ci tagliati talvolta abitati da Cavalieri, data la facevano reggere, fermo sull’incudine, con scarsità di igiene dei miei tempi, buttare nella le tenaglie, ferro arroventato che loro mo- spazzatura le carte sulle quali i barbieri avedellavano con martelli fra mille scintille. Il vano depositato la rasatura immersa in nupiù del tempo, però, lo si passava con la vole di sapone, e, quando eri considerato lima in mano ad assottigliare o a lucidare sufficientemente valido, fare la nzapenete a metalli. L’apprendistato più obbrobrioso qualche paziente vecchietto che si compliera però quello du uagnaune di varivire. Io mentava per il timido e tremebondo

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lavoretto. Ma, compito veramente ingrato, era quello di andare a ripulire, sotte a la fendene, le sputacchiere. Ai miei tempi gli anziani avevano sempre in bocca pipe o sigari toscani e avevano sempre bisogno di sputacchiare in continuazione. Ai lettori più delicati di stomaco, consiglierei di evitare la lettura dei piccoli dettagli relativi alle pulizie delle sputacchiere. Se proseguite nella lettura lo fate a vostro rischio e pericolo! L’inverno, la mancanza di riscaldamento faceva aumentare il catarro nei bronchi degli anziani, ma anche d’estate non mancavano i colpi d’aria ed i bronchi degli anziani erano sempre pieni di catarro. Nelle sale da barba, agli angoli, erano sistemate sputacchiere in ferro smaltato bianco circondate da segatura, acido fenico o creolina. Sopra di esse il cartello: «VIETATO SPUTARE PER TERRA» come se sputare per aria non avesse provocato gli stessi effetti. Purtroppo gli espettorati non sempre riuscivano a centrare la sputacchiera. Santoro, menze a la chiazze de Sanda Michele, Cervone, in Piazza come tutti gli altri barbieri, avevano sempre nelle immediate vicinanze una fontanella pubblica per cui il povero apprendista aveva il compito di dare una sciacquata, sotto l’acqua corrente, di questi rivoltanti contenitori. È divertente chiudere per un attimo gli occhi ed immaginarsi la faccia di uno dei nostri ragazzi intento a ripulire sotto le fontanelle questi orripilanti contenitori, e, sempre per un attimo, pensate anche ai poveri disgraziati che andavano ad attingere acqua dalle stesse fontanelle poiché, ancora pochi, erano i possessori di rubinetti di acqua corrente in casa e percé l’acque de la fendene jave chiù fresche. Ai sopravvissuti a questo orrore non mi rimane che sperare che abbiano notata l’abissale differenza tra le nostre supposte vacanze e quelle delle generazioni attuali. Voglio però augurare a tutti i fortunati ragazzi di ora: BUONE VACANZE! e dare loro qualche consiglio. Se qualche genitore vi propone un periodo di apprendistato nan gi site credenne, anzi ditegli chiaramente ca chidde timbe hanne passete!

LAUREA GIANGREGORIO MAURO il 22 luglio si è brillantemente laureato in Chimica e Tecnologia Farmaceutica presso l’Università degli Studi di Bari – Facoltà di Farmacia. «L’augurio che la tua vita futura sia foriera solo di soddisfazioni». I genitori e la sorella Stella

AUGURI 24 luglio 2010

IVAN AMATO ha compiuto due anni. Tanti auguri a mamma e figlio da nonna Francesca e zia Porzia.

culle ALESSIA CAMPOREALE venuta al mondo il 4 maggio scorso non dice ancora mamma e papà ma canta Alè Bari di zio Vincenzo

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precisazioni

L’avvocato ci scrive

Giovinazzo in bianco e nero

‘Errata corrige’ o meglio smentita! IN MERITO ALLO SCRITTO PUBBLICATO NEL GIORNALE - PERIODICO LA PIAZZA DI GIOVINAZZO (ANNO 13 N. 9 SETTEMBRE 2009, PAG. 27 - STORIA NOSTRA), A CURA DI DIEGO DE CEGLIA L’Avv. Gennaro Zurolo (Cavaliere di Malta - S.M.O.M.) di Castellammare di Stabia, n. q. di studioso - ricercatore, discendente della Casata Zurlo seu ZUROLO del ramo di Giovinazzo, risponde allo scritto del Dr. Diego de Ceglia, per significargli quanto segue: - che dal documento d’Archivio (atto notarile del 22 marzo 1633, per notar Francesco Antonio Riccio) pubblicato ut supra, non si evidenzia alcun riconoscimento e/o disconoscimento dei fratelli - germani Capece Zur(o)lo da parte del loro legittimo genitore Francesco; - che dall’atto notarile si desume soltanto la presenza delle parti (ossia i germani: Giovanni, Giacomo e Giuseppe Capece Zurlo) innanzi al predetto notaio; - che dal documento de quo si evince in modo lapalissiano ed inequivocabile che i detti fratelli sono i figli legittimi e naturali di d. Francesco Capece Zur(o)lo; - che d. Francesco Capece Zur(o)lo, risulta nel mentovato atto notarile quale Prepositum Collegiatae Ecclesiae Spiritui Sancti Iuvenatii, cioè dignitario preposto-prepositum a reggere il Collegio dei religiosi (al di fuorii della gerarchia ecclesiastica ufficiale o regolamentare) della Collegiata chiesa dello Spirito Santo di Giovinazzo; e non di certo, come erroneamente divulgato (o meglio romanzato) dal de Ceglia, come prete o sacerdote; - che la moglie di Francesco Capece Zur(o)lo era la nobildonna Lucrezia Chiurlia di Giovinazzo (figlia di Simone ed Olimpia Salzano); - che ab antiquo (1621-1631) non vi è mai stata sospensione a divinis di Francesco Capece Zur(o)lo, così come erroneamente riportato dal de Ceglia, in quanto dallo scritto dello stesso emerge soltanto una cosa, l’esistenza del documento d’Archivio del 22 marzo 1633, rogato dal notaio Francesco Antonio Riccio. Pertanto, l’Avv. Zurolo. in riferimento di quanto sopra esposto, con il presente scritto CHIEDE al Signor Direttore p. t. del giornale mensile de LA PIAZZA DI GIOVINAZZO di voler pubblicare, alla luce dei documenti inediti e delle fonti bibliografiche*, tale smentita. Nel ringraziare, invio i miei migliori saluti. Castellammare di Stabia (Napoli), 15 giugno 2010

DE

Risponde l’autore Diego de Ceglia

Egr. Avvocato, faccio seguito alla sua del 15 giugno u.s. mi scuso per aver leso la sua sensibilità con il mio scritto apparso sul numero di settembre 2009 de “la Piazza”. Ammetto di essere stato molto superficiale nell’ipotizzare che Francesco Capece Zurlo avesse compiuto un illecito generando e riconoscendo i figli Giovanni, Giacomo e Giuseppe, e la ringrazio poiché il suo appunto mi ha dato occasione di approfondire le ricerche sul personaggio. Il III° libro dei battesimi della Cattedrale conferma che Lucrezia Chiurlia era madre dei tre germani e moglie di Francesco Capece Zurlo che solo nel 1623 divenne Prevosto dello Spirito Santo. Del titolo o meglio della carica di “Prevosto” o “Preposito” che Francesco Capece Zurlo ricoprì, devo però rammentarLe, venivano investiti i presbiteri della Chiesa Cattolica, con particolari giurisdizioni, come appunto quella della chiesa dello Spirito Santo di Giovinazzo che era S. Sedis immediate subiecta, ed in alcuni casi tale carica era addirittura accompagnata dal privilegio della mitra. Nel Liber Ordinationum (volume mutilo aa. 16121625) conservato nell’Archivio Diocesano di Giovinazzo (fondo Curia Vescovile, s.c.) al f. 18 è registrata l’ammissione dello Zurlo alla prima tonsura avvenuta il giorno 14 dicembre 1619 (die 14 mensis decembris 1619 - Franciscus Capitius Zurlus ex platea Capuanae Neapolis ad primam tonsuram); il giorno successivo la sua ammissione ai quattro ordini minori da parte del Vescovo di Giovinazzo Giulio Masi (Die 15 dicti mensis decembris - Franciscus Capitius Zurlus ad quattuor minores ordines cum dispensatione) ed il 21 dello stesso mese la sua ordinazione a suddiacono (die XXI mensis decembris 1619 Iuvenatii in saccello palatii sabbato quattuor tempora post festum s. Lucie idem Franciscus Capitius Zurlus ad sacrum subdiaconatus ordinem, ad titulum participantis). L’incompletezza del volume non ci consente di conoscere altri dati. Il tutto avvenne nella legalità in quanto Francesco Capece Zurlo il 28 settembre di quello stesso 1619 era rimasto vedovo di Lucrezia Chiurlia madre dei suoi figli come risulta dal f. 81v del I° Libro dei morti della Cattedrale di Giovinazzo (1619, die XXVIII septembris, Lucretia Chiurlia obiit et in ecclesia divi Francisci extra moenia cum salterio grada sepulta). Pri*Bonserio Michele, volume unico, Regestario; va di fondamento è quindi la mia supposizione Archivio di Stato di Napoli, volume IV, Ta- di suspensio dello Zurlo come riportavo nello scritvole Serra di Gerace to di settembre 2009.

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Il mese di agosto avevamo avuto piacere di offrire in abbinamento al giornale il dvd «Giovinazzo in bianco e nero» ispirato dalle tavole dei più begli scorci della nostra cittadina di Vincenzo Depalma. Mi pregio di dirlo solo ora e mi scuso pubblicamente per l’inavvedutezza. Le didascalie alle tavole appartengono al dott. MICHELE BONSERIO, archivista e storico giovinazzese. Un’ulteriore «scusa» per custodire ancora più forte nello scrigno dei ricordi «Giovinazzo in bianconero». Un dvd che è un pensiero d’amore per la nostra città, una cartolina spedita ai nostri concittadini emigrati in vari paesi dell’Italia e del mondo, è un modo per tramandare i ricordi dei luoghi più belli, come erano prima del traffico che congestiona ormai Giovinazzo. Mi premuro ringraziare altresì l’ass. Libero Pensiero che attraverso il proprio gazebo ha devoluto in beneficenza l’incasso della vendita dei dvd. Chiunque voglia acquistare una copia del dvd al prezzo di 2,50 euro, può farlo contattando questa redazione al n. 080.394.63.76. Il ricavato sarà devoluto in beneficenza. Sergio Pisani

LUTTO MARIALIBERA DE VENUTO ( ved. Colamaria) n.08.05.1923 - m.28/07/2010

Nessuno muore sulla terra finchè vive nel cuore di chi resta


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il

corsivetto

Orfani di Moda e Spettacolo in Tour 2010 del noto regista Alessandro Mondelli Agosto 2010. Gli stilisti non si accapigliano più per sfilare con le loro modelle nella centralissima piazza o nella splendida cornice di Piazza Duomo. C’era una volta Moda e Spettacolo in Tour del noto regista Mondelli. C’era una volta, appunto. Giovinazzo ha perso le sue sfilate. L’ultima sfilata di Alessandro Mondelli ce la ricorderemo per confrontarci con le sfilatine cittadine. Non solo per fare la rima ma anche per puntare l’indice contro chi ha voluto che la carovana dell’elite del fashion non ci fosse più solo per questioni di beghe di Palazzo. Ecco allora gli improvvisati giornalisti, i testimonial presi dalle fiction del noir, le sfilate sponsorizzate dalle ditte dei pomodori. Un j’accuse, questo, contro la classe dirigente nella speranza che le cose possano cambiare. Ma anche un appello per salvare un po’ la qualità delle sfilate sotto le stelle. Orfani di Moda e Spettacolo in Tour 2010 del noto regista Alessandro Mondelli, fino all’anno scorso presente nell’estate giovinazzese con il suo evento di moda che vide sfilare le collezioni degli stilisti internazionali Roberta Scarpa e Olga Bolanos e come protagonista assoluta la ex miss Italia, Danny Mendez. Un evento glamour polverizzato dal Palazzo di Città che ha oscurato Giovinazzo dai palcoscenici fashion e anche dalla visibilità mediatica che i network specialistici offrivano sui canali satellitari di Sky. Orfani di Moda e Spettacolo in Tour 2010 e del famoso regista Alessandro Mondelli che annoverava nel suo cast firme come Gai Mattiolo, Roberta Scarpa, Mariella Burani, Italian Fashion Show e modelle

TI

PORTO SEMPRE NEL CUORE ,

FELICE

eccezionali (tra le quali Miss Puglia 2009, Gaia Variale e Miss Carabobo per Miss Venezuela Maria Josè Ginestre). In assenza di sfilate sotto le stelle, sono andate in scena le ‘sfilatine’ di piazza. Tante sfilatine di piazza messe insieme costano quanto quelle di Alessandro Mondelli. Il problema era solo uno: ritornare al passato, al vecchio provincialismo di fare le cose per accontentare un po’ tutti con il cioccolatino. Orfani di Moda e Spettacolo in Tour 2010 del noto regista Alessandro Mondelli. Anche se illuminava il commercio. Anche se era diventato il luogo di passaggio per i turisti. Anche se riempiva le piazze, ci mandava in tivù, sul satellite con Maria Rita Piersanti di Sky Channel e Maria Liuzzi di TeleNorba. ANGELO GUASTADISEGNI

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Ti ho conosciuto circa venti anni fa e non potrò mai dimenticare le tue battute, le tue risate e i bei momenti colmi di spensieratezza trascorsi insieme. Le scorazzate sulla moto o al mare e le nottate in Piazza ad aspettare l’alba fanno parte del mio album dei ricordi e non potranno mai essere cancellati. La notizia agghiacciante della tua malattia ha sortito in me un effetto devastante paragonabile ad un grosso macigno tanto difficile da spostare. Poi ad ottobre la corsa in ospedale per un difficile intervento ed è stato allora che ti ho visto per la prima volta piangere come un bambino e in quel momento ho pensato che il mondo ci stava crollando addosso e la vita ci stava innalzando barriere insormontabili. Le lacrime iniziarono a sgorgare a fiumi e inutilmente cercavamo di darci conforto. Tutto però appariva inutile. Ora forse tu sei in pace. Lassù hai smesso di piangere e hai finalmente incontrato un’altra serenità. Sì, sono proprio convinto che stai facendo ridere gli angeli e ormai so per certo che i migliori uomini sono quelli deputati a lasciare per primi la terra. Per te ci sarà ogni giorno uno spazio nel mio cuore perché dentro di me hai lasciato una traccia indelebile che non cancellerò mai. Un amico per sempre amico

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storie

nelle valigie balletto

Giovinazzo - Sydney e ritorno: Giuseppe Illuzzi Storia dentro le valigie. Storia di Giuseppe Illuzzi partito ‘per terre assai lontane’ non perché viveva in una casa umilissima o in ristrettezza economica ma solo perché a Giovinazzo non voleva ereditare la responsabilità della fabbrica dei fuochi d’artificio del padre. Nella terra dei canguri, nel paese dell’abbondanza ha conosciuto un futuro migliore. Poi dopo anni, come è successo per parecchi giovinazzesi d’Australia, si ritorna alle origini, alle nostre radici, alla casa di un tempo, al paese. E tutto ci lascia di nuovo sorpresi perché si ritrova quello che abbiamo lasciato. Così successe a Giuseppe che dall’Australia ritornò perché qualcuno gli aveva garantito un lavoro in Ferriera. La storia sembra giungere al capolinea? Macchè, punto e a capo. Non appena respirò le avvisaglie della crisi siderurgica in Ferriera ripartì in cerca di fortuna. Sempre in Australia. E la storia ricomincia. Erano gli anni del boom economico, le industrie, i cantieri lavoravano a pieno ritmo, sabato e domenica compresi, 24 ore al giorno. Se avevi voglia di realizzarti e tanto sacrificio si faceva subito a farsi apprezzare dal padrone. A Giuseppe furono consegnate tutte le chiavi dei cantieri in costruzione tanta era la fiducia che riponeva in lui l’industriale dei capannoni. Beh, andare avanti significa ripercorrere

il sentiero di tutti quegli emigranti che ce l’hanno fatta, che hanno coronato il proprio sogno d’oltreoceano. Ci fermiamo qua perché il nome di Giuseppe Illuzzi invece è legato ad altro, alla fiamma della giovinazzesità che arde nel proprio cuore. Al primo gemellaggio con Leichhardt e la città di Giovinazzo, alla nascita del Comitato della Madonna di Corsignano in Sydney. Quando si abbracciano nuove tradizioni e nuove vite qualcuno può pensare che si perde il senso di appartenenza del posto, ci si sradica da tutto, si diventa cittadini del mon-

do, internazionali e senza patria. Non fatevi sentire da Giuseppe che ha fatto della Madonna di Corsignano l’icona di una memoria indelebile. Quella Madonna la cui bellezza a Sydney unisce sempre i giovinazzesi, si rimane sempre devoti ad essa, risplende negli occhi di tutti i giovinazzesi. Per quella Madonna, Giuseppe risponde sempre presente al richiamo dal suo paese natale, si sobbarca 24 ore di aereo per venerare il suo culto. Giuseppe lavora da anni anche a favore della comunità dei pugliesi di Sydney, è il Presidente Filef (Federazione Italiana Emigranti Famiglie). La sua figura non può passare inosservata: un pezzo d’uomo, una specie di ‘gigante buono’ che ispira fiducia, con un sorriso bonario stampato in volto. Instancabile, si sposta continuamente tra la piazza assolata, il Comitato e il Comune, sempre alla ricerca di un amico, di qualche giovinazzese del mondo. La festa dell’emigrante è il suo chiodo fisso. Festa che per Giuseppe non deve essere un dinner-dance o un luogo per nutrire la pancia. Ma un luogo della memoria dove gli emigrati parlano tutte le lingue del mondo ma alla fine comunicano in giovinazzese. SERGIO PISANI

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festeggiamenti

Jerry Scivetti, il nuovo Presidente di S. Antonio

Nelle foto tutti i membri del Comitato e «the la queen of the feast on Mulberry Street in Little Italy»

NEW YORK. La locandina l’abbiamo pubblicata a giugno. Poi la festa è arrivata e sono arrivate anche le foto. Sant’Antonio è stato portato in processione con immenso giubilo del popolo della Little Italy di Manhattan. Festeggiamenti solenni che riempiono i cuori del sodalizio di S. Antonio di New York. Nei giorni della festa si assiste nelle strade di Little Italy ad un’esplosione di colori, suoni e profumi che offrono a migliaia di turisti che giungono da ogni parte del mondo un ottimo motivo per passeggiare tra le strade ‘italiane’ in cui il caos della metropoli cede il passo all’allegra confusione tipica delle feste patronali delle città del mezzogiorno italiano. Le bandiere tricolori e a stelle e strisce, i festoni e gli addobbi floreali rompono la monotonia del grigio dei palazzi; sulle bancarelle, oltre alla solita merce da fiera, i prodotti tipici della nostra Puglia profumano l’aria e stuzzicano l’olfatto di chi passeggia in Mulberry Street, Mott street, Broome e Spring Street mentre la processione sfila accompagnata dalle note della banda che, dopo aver intonato l’Inno di Mameli e quello americano di God bless America, suona gli inni religiosi inneggianti al Santo di Padova. Ma la notizia è un’altra. Il Presidente passa la mano. Joe Depalo, il presidente che per sessant’anni ha fatto grande la fe-

sta di S. Antonio, ha messo su il sodalizio, ha fronteggiato con i denti il pressing della confinante China Town che diventa sempre più grande e fa sentire il fiato sul collo alla comunità italiana, ha ceduto il posto al suo discepolo Jerry Scivetti. Ricordiamo i nomi dei primi soci fondatori: Joseph De Palo, Andrew Di Bari, Michael D’Angelico, Pasquale De Palma, Tommaso Pappagallo, Vito D’Angelico, Luigi De Palo, Antonio Illuzzi, Angelo Bavaro ed Emanuele Giampalmo. Il vecchio e il nuovo. Oggi il nuovo sodalizio è composta da Giuseppe Palmiotto,Giuseppe Bonvino, Luigi Serrone, Mike Serrone, Jerry Scivetti, Frank Sterlacci, Nicola Giangregorio, Joe Ruggieri. A loro l’arduo compito di conservare intatto il fascino e il culto del Santo di Padova a New York. E si spera anche nei loro 46 figli che proseguiranno sulla via tracciata dai padri.


little DI

italy

NICK PALMIOTTO

La moschea della discordia! NEW YORK. Ground zero torna a far parlare. Questa volta per il progetto di costruzione di una moschea a pochi passi dal luogo in cui sorgevano le Torri gemelle. Un mare di polemiche che suscita il progetto della Società americana per la promozione della religione musulmana di aprire un grande centro islamico nel cuore del quartiere finanziario di New York. Per Feisal Abdul Rauf, Imam della Grande Mela e promotore dell’iniziativa, il grande centro islamico di 13 piani, che oltre alla moschea comprenderà impianti sportivi, una piscina e un teatro, farà in modo che gli americani possano avere un punto di vista diverso sui musulmani. L’inizio dei lavori è previsto per l’anno prossimo, in occasione del decimo anniversario degli attentati dell’11 settembre. Tantissimi cittadini della Grande Mela hanno deciso di protestare su un sito Internet perché considerano tale decisione un affronto alle vittime dell’11 settembre. In realtà il progetto in questi giorni ha ottenuto l’approvazione. La Commissione della New York City Preser vation ha negato lo statuto di monumento alla vecchia palazzina che un’organizzazione islamica vorrebbe trasformare in moschea, dando di fatto il via libera alla realizzazione del nuovo centro. A prendere posizione contro il progetto nei giorni scorsi era stata anche la Anti-Defamation League, principale organizzazione ebraica per la lotta all’antisemitismo e al razzismo. L’ex governatrice dell’Alaska, Sarah Palin, aveva anche definito il progetto un “inutile provocazione”. La moschea verrebbe ospitata appunto in un vecchio edificio della metà dell’Ottocento chiuso dopo i danni subiti l’11 settembre. Ad appoggiare il progetto è da sempre stato il sindaco di New York, Michel Bloomberg, che ha più volte ribadito l’importanza della tolleranza e dell’apertura religiosa di New York. Gli oppositori sostengono che è inutile continuare a riaprire una dolorosissima ferita su una location che andrebbe ora solo rispettata nella memoria delle vittime e ad essi si contrappongono coloro che sostengono che non si possono effettuare discriminazioni per motivi religiosi, in quanto gli autori dell’atroce evento dell’11 settembre costituiscono soltanto un gruppo contenuto di estremisti che continueranno ad essere condannati nella mente di tutti. Non è mai facile quando si presenta una disquisizione sulle religioni trovare una soluzione equa per tutti. In realtà penso che molti, effettivamente si chiederanno per quale motivo oggi sono state nuovamente alimentate polemiche su un argomento che meritava un silenzioso rispetto da parte di tutti, visto che la ferita è ancora aperta. Sono convinto che quell’atroce episodio ha lasciato un segno indelebile nel cuore dell’America e pur ricoprendo una posizione neutrale nei confronti della possibile costruzione della moschea, ritengo comunque che, prima di qualsiasi forma di divergenza di idee su un argomento alquanto delicato, debba essere sempre rispettato il dolore delle famiglie delle vittime che sicuramente continua ad essere ancora vivo.

little DI VITO

italy BAVARO

Antichi profumi d’agosto Potrebbe essere retorica. Ma non lo è. Potrebbero essere frasi fatte. Ma non lo sono. Inutile dire che il mese più caldo dell’anno è atteso da tutti con grande ansia. È il mese dedicato alla nostra Protettrice e così ciascuno di noi potrebbe accampare tutte le scuse di questo mondo ma non può rinunciare alla tradizione annuale dell’adorazione della Vergine. Cosa si può dire in merito? Che i nostri avi, sebbene vivessero in povertà hanno sempre festeggiato con calore e passione, anche nei periodi delle guerre. La festa della Madonna di Corsignano è stata sempre vista come il “Natale” della stagione estiva. Era quindi l’occasione per indossare l’abito appena confezionato con le mani sapienti di mamme e nonne, il giorno per preparare un pranzetto luculliano dimenticando la fame quotidiana e il momento giusto per addobbare i balconi con una pletora di fiori e una passerella di coperte colorate che solo in quei giorni venivano tirate fuori dall’armadio con l’odore della naftalina. Non si risparmiava nemmeno in Cattedrale, laddove i fiorellini abbondavano e venivano combinati in mille forme, si faceva a gara per raggiungere i risultati più raggianti. Da ieri a oggi cosa si può dire? Che tutto è cambiato, che ormai si fa festa tutti i giorni. E che nell’occasione dei festeggiamenti si preferisce creare mille eventi che fanno da contorno alla processione piuttosto che concentrarsi sul rito religioso e su poche performance. Non è più possibile oggi, per esempio, ascoltare quelle famose bande musicali che, nei giorni della festa attraversavano la città in lungo e in largo. Erano anche forestiere e riuscivano ad affascinare gli amanti della musica che si recavano numerosi in Piazza Porto per ascoltarle. E poi tanti fuochi d’artificio mentre oggi bisogna ricercarli con il lumicino. Si preferisce investire in spettacoli ed altro. E che dire della tradizione dei meloni rossi e gialli? In quei giorni si vendevano nelle piazze principali ed era uno spasso vedere che tanta gente, dopo aver ascoltato la buona musica delle bande, acquistava questi enormi frutti che poi finivano a casa, nelle vasche di acqua fredda. Si arricchiva così la tavola e rappresentavano il completamento di un pranzetto luculliano che mamme e mogli si apprestavano a preparare sin dal primo mattino, nel giorno della festa. Alla fine della festa si iniziava la raclata delle mandorle.Noi ragazzini, giocavamo per strada e spesso aiutavamo a sbucciare le mandorle, in cambio di un gelato. Dovevamo stare attenti a dividere le mandorle buone dalle “monache”, mandorle più piccole, con la buccia sottile, scura e attaccata al guscio.Quelle piccole, sicuramente vuote, venivano buttate, quelle grandi, sarebbero state schiacciate per “il frutto” da conservare per i dolci. Si riempivano i secchi di mandorle buone e si buttavano sui teli, stendendole con i rastrelli, o facendole scivolare, leggere, con i piedi. Mi piaceva passeggiare sulle mandorle, oscillando, cercando di non perdere l’equilibrio. Faceva male cadere su quei gusci pieni e puntuti. Oggi, nonostante queste tradizioni siano andate perse, un fatto è certo: l’emigrante non deve dimenticare il giorno più bello della stagione estiva, è più facile che si possa dimenticare il giorno del compleanno di una persona cara che quello della nostra Protettrice. Certe tradizioni non devono mai essere dimenticate e occorre lasciare alle nuove generazioni lo stesso rispetto che hanno avuto i nostri antenati. Affinché il senso religioso e la necessità di una sacra protezione possa essere sentita da tutti noi giovinazzesi. VITO BAVARO

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i

racconti del pescatore DI ONOFRIO ALTOMARE

Ferie amare!!!

Che bei ricordi che riaffiorano alla mente quando il vento caldo dell’estate attanaglia il nostro corpo! Senza soldi e senza vacanze fuori, il ferragosto ricorda un periodo di fame particolare: adoravo andare in mountain-bike (tanto non costa niente) abbronzato e rosso rosso come il guscio delle aragoste. Pedalavo e pedalavo sotto il solleone con una sottile malinconia al pensiero dei numerosi vacanzieri che in quel giorno erano intenti a fare il pieno di bagni di sole e di mare nelle più famose località balneari nostrane! Mi darete sicuramente ragione. Cosa potevo fare senza monete se non iniziare a sognare? E poi immaginare, nel mentre mi inoltravo nelle stradine sperdute di campagna, di cavalcare un cavallo bianco anziché la mia umile bicicletta. Perché almeno a ferragosto è consentito sognare. O no? E poi cosa c’era di male ad ingozzarsi di ‘pistazze’ per combattere la noia e ad abbandonarsi all’ombra fresca di un maestoso carrubo a un bel sonnellino ristoratore? I miei sogni erano così colorati da immagini di stenti e fame, proprio come prima accadeva durante le guerre, allorquando tutta la gente per non morire di fame si recava in campagna a raccogliere i pistazze e i chiaconi. E poi pensate, riuscivo anche a vedere tanti santi, forti appassionati di questo frut-

to giovinazzese amato da tutti. Ho sognato San Domenico ma anche Santa Caterina che scendeva dall’albero con un rosario fatto di noccioli di pistazze e lo utilizzava come protezione contro i malvagi. Mi apparve anche S. Francesco che era circondato da colombe e semi sani di questa famosa pianta e che si portava verso di me porgendoli con gioia e poi spargendoli addosso. A un certo punto, nella nebulosità dei sogni, vidi anche un vecchio barbone, Re Silvio... Era proprio lui con un folto gruppo di bipedi affamati di pistazze e tra loro mi sembrava di riconoscere qualche volto che siede in Parlamento (chissà se veramente potrebbero essere disposti a scambiare qualche loro indennità con una manciata dell’umile frutto...). Nei sogni, si sa, non possono mancare

i parenti. E così è apparsa anche la figura di un mio bisnonno che passava con tre piccoli carri carichi di carrube e mi invitava a salirci su. Quelle carrube che mi propinava io usavo donarle al convento dei monaci che, in cambio, mi offrivano della birra ed era tutto uno scambiarsi di cibi genuini, anche quella bevanda aveva un sapore diverso da quello di oggi (non so perché non mi faceva addormentare come mi succede invece solitamente!). In questo clima ferragostano quindi, io un consiglio mi sento di concederlo ai giovinazzesi che a settembre saranno costretti all’ozio forzato, frutto della disoccupazione. Ripiantate quei begli alberi di carrubo, rivalutateli e formatene un patrimonio culturale e turistico che possa così portare nelle vostre tasche un po’ di soldini (vi ricordate Giovinazzo...mangia pistazze). Tornate a produrre la birra nera e chiamatela ‘Johannisbrotbau’ che significa ‘albero della birra di Giovinazzo’. Forse così si potranno risolvere i problemi atavici dell’economia locale giovinazzese. Che sogni, ragazzi! Quante immagini bucoliche che erano affiorate nella mia mente per quella piccola pennichella sotto l’albero! Quando mi risvegliai mi ritrovai guardato a vista da un grosso ragno che pendeva dall’albero e mi apparve un celeste cherubino che mi mostrava il viso di mia madre nel cimitero. Una dolce immagine che mi procurò un senso di sollievo esaltato dal frinire delle cicale d’agosto che ridevano alla vita onofrio@giovinazzo.it

RUBINI Ero ubriaco, ubriaco fradicio, e sotto il carrubo un’illusione... Un porco nell’orto con gli occhi color rubino e ignudo. ONOFRIO ALTOMARE 49

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il DI

ricordo

SARINO MONDINI

«Addio mio Capitano» CI HA N. 10

LASCIATO PINUCCIO DELLA GLORIOSA US

MASTROPASQUA, GIOVINAZZO

IL

PINUCCIO MASTROPASQUA

GIOVINAZZO - CONVERSANO, ANNO 1967, CAMPIONATO DI PROMOZIONE In alto a sx: Felice Mastropasqua, Enzo Maldarella, Nicola Sassanelli, Giovanni De Palo, Raffaele Pansini, Di Cuonzo. In basso: Leonardo Generoso, Piero Ragonese, Pinuccio Mastropasqua, G. Lacarra, Sarino Mondini

Si dice che nella simbologia cristiana il tre è il numero perfetto. Pinuccio era nato il 3/3/33. Ancora. Nella simbologia cristiana il dieci è la perfezione ordinale. Pinuccio indossava la maglia numero 10. Insomma, la perfezione a Pinuccio gliela aveva data Dio. E mai nessuno gliela porterà via adesso che riposa in cielo. Se esistesse un campo di calcio anche in paradiso, Pinuccio starebbe a richiamare i suoi col piglio del capitano al grido di battaglia: «Non arrendetevi mai, giocate fino alla fine senza risparmio di energie». Perché in terra, sul campo polveroso di battaglia, lui era così. Da quando il calcio è il calcio, la maglia n.10 appartiene al giocatore più rappresentativo. Pinuccio Mastropasqua era il n. 10 della gloriosa US Giovinazzo, simbolo di classe, estro, fantasia. Era il numero 10 contro il calcio di oggi, sempre più intaccato dalle degenerazioni del business, del marketing e degli orrendi numeri da football americano che molti giocatori scelgono in campionato. Era umile, laborioso e sincero. Dopo il suo ritiro è iniziata la parabola discendente della US Giovinazzo. Pinuccio Mastropasqua resterà una stella irraggiungibile del nostro calcio. Si fece conoscere ed apprezzare sul campo e nella vita negli anni ’50. Nel calcio di quegli anni dire Pinuccio Mastropasqua era come dire Giovinazzo perché quella maglia biancoverde (eccezion fatta per una breve parentesi fuori Giovinazzo, a Palo) non se la è mai tolta dall’esordio all’addio al calcio. Aveva anche la fascia da capitano. Dire Mastropasqua, il n. 10, faceva anche pensare subito a Mazzola e Rivera dei poveri, dei campi polverosi. Non gli mancava niente rispetto a questi ultimi. Semplicemente non aveva avuto la loro stessa fortuna. Era la bandiera della mitica US Giovinazzo. Alla sua città era affezionato molto. Tanto da rimanerci anche dopo aver appeso le scarpe al chiodo come educatore-allenatore per le giovani leve. Non aveva figli ma è come se ne ha educati centinaia col vangelo del pallone. E’ stato per tanti un padre. Ha formato atleti che poi sarebbero diventati importanti nel calcio A5, disciplina che lui non aveva mai amato. Cito alcuni nomi: Pino Milella, Mauro e Nicola Bavaro, Vincenzo Ronchi, Tonello Marrano, Vincenzo Bove, Marolla, Mimmo Ungaro e tanti altri. L’elenco è lunghissimo. Fatico a ricordarlo. So solo che tante volte è stato chiamato per rimediare agli errori dei suoi predecessori. Lui lo faceva con garbo, silenzio, anteponendo il lavoro al rosario dei cattivi giudizi. Già, anche quello, unito al mestiere del formular sentenza che sono diventati il nettare per noi addetti ai lavori, non apparteneva a Pinuccio. Perchè era un gentlemen in campo e anche fuori. Da lui potevi ricevere solo le tavole dei buoni sentimenti. Con l’avvento del calcio moderno si tirò fuori dalla mischia e iniziò a macinare chilometri la domenica pomeriggio con la sua fedele bicicletta. Lo faceva per dare un calcio metaforicamente a quel mondo che non gli andava giù. Al sottoscritto che non ha mai avuto il patentino di allenatore con un sorriso penetrante trasmetteva fermezza: «Non ti preoccupare per la patente che non hai, guidi meglio di un fuoristrada rispetto ad un patentato con la 500!». Addio condottiero dei poveri. Da quando il calcio è il calcio, la fascia di capitano non si abbandona mai. Addio mio capitano. L’ultimo capitano! SARINO

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calcio

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Pino Milella è il nuovo allenatore del Futsal Giovinazzo

UFFICIALE L’INGAGGIO DELL’EX GUIDA TECNICA DEL FUTSAL CARMENTA CHE, IN PANCA, SARÀ AFFIANCATO DA DIEGO IESSI. IL NEO TECNICO È FELICE: «IL MIO OBIETTIVO? COSTRUIRE UNA SQUADRA PER AMBIRE AI MASSIMI LIVELLI» Certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano. Pino Milella è il nuovo allenatore del Futsal Giovinazzo. Sarà affiancato in panca da Diego Iessi, il tecnico della promozione in B e della successiva salvezza in terza serie. Di sangue giovinazzese, 45 anni, Pino Milella (nella foto) non è nuovo nel panorama nazionale e si rituffa nel clima meridionale dopo circa due decenni trascorsi prima come giocatore e poi come allenatore, tra Lombardia e Veneto con il Palmanova, il Verona, il Milano, il Brescia e infine il Futsal Carmenta. E lo scorso 28 aprile, quando il suo Carmenta si arrese alla Cogianco ai calci di rigore della strepitosa sfida di Coppa Italia vinta dai genzanesi (che due giorni dopo avrebbero alzato al cielo il trofeo tricolore), Pino Milella tutto si sarebbe immaginato fuorché che quella partita sarebbe stata l’ultima di un ciclo. Antonio Meneghello aveva cominciato già a fare le sue considerazioni per affrontare il campionato di serie A2, percependo quelle difficoltà nel reperire le risorse che sarebbero state poi le effettive cause della decisione di non iscrivere più il Carmenta al campionato di seconda divisione nazionale. Pino Milella è rimasto così in attesa. Sino a quando «Pino Milella è stato contattato - racconta il diesse Gianni Lasorsa - con la possibilità di portare a Giovinazzo un bagaglio importante. Abbiamo proposto a mister Diego Iessi di lavorare in simbiosi con Pino Milella. E così entrambi dirigeranno il Futsal Giovinazzo». Pino Milella, dun-

que, accanto a Diego Iessi, sarà il nuovo uomo guida del nuovo sodalizio di Antonio Carlucci e Nino Mastandrea. Troppo forte il richiamo della panchina per quello che è considerato uno dei tecnici migliori nel panorama del futsal italiano ed altrettanto energica la spinta da parte della società intera. «Il nuovo mister - continua - darà nuova linfa ad un collettivo composto solamente da atleti del posto e avrà un unico obiettivo ovvero quello di rivalutare i giovinazzesi e far crescere la società e l’intero movimento cittadino». I risultati dell’ultima stagione (soprattutto quelli dell’ormai defunto Atletico Giovinazzo, ndr) hanno portato la luce di tanti riflettori sul futsal giovinazzese. «Adesso - conclude Gianni Lasorsa - ci aspetta il compito più importante: gettare le basi per un futuro dignitioso. E siamo certi che con l’aiuto di Pino Milella in panchina ci riusciremo». Dei tanti riflettori, uno è puntato soltanto su di lui: ex bandiera del calcio a cinque giovinazzese negli anni ’80 e ’90 e adesso nuovo coach del neonato Futsal Giovinazzo. Da parte sua però Pino Milella accetta l’incarico con la solita umiltà e riavvolge il nastro di una trattativa che, lui stesso, definisce «inaspettata perchè - continua - si è concretizzata in poco tempo». Intanto la stagione 2010/2001 per il Futsal Giovinazzo davvero un nuovo corso dopo la fusione estiva: «Il mio obiettivo - dichiara il nuovo coach - sarà quello di far crescere un gruppo di ragazzi del mio paese, rinsaldare la fusione e costruire una squadra che,

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nei prossimi anni, possa ambire a grandi traguardi».Riguardo all’organico della squadra, Pino Milella non si sbottona troppo. «Aiuterò il lavoro certosino che viene svolto alla base - dice - e costruirò, assieme a Diego Iessi, una squadra che possa ambire ai massimi livelli. E le basi per far questo, a Giovinazzo, ci sono tutte». Ecco perchè «non oso immaginare - rivela il nuovo allenatore biancoverde - cosa sarà la gara d’esordio quando sarò a dirigere per la prima volta la squadra del mio paese». Pino Milella la definisce una «sfida stimolante. Anche perchè - conclude - io in primis sono stato uno dei fautori di questa unione storica tra il Giovinazzo Calcio a 5 e l’Atletico Giovinazzo. E poi son certo di un aspetto: ci giocheremo tutte le nostre carte e ci toglieremo le nostre soddisfazioni». Parola di Pino Milella. La leggenda è tornata. Nicola Miccione Addetto Stampa G.S. Giovinazzo Calcio a 5

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«GAME OVER» OVER» «GAME THE WINNER IS SAN GIUSEPPE I BIANCOVERDI STRAVINCONO LA

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EDIZIONE DEL

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«Game over», the winner is San Giuseppe. Ancor prima che il Palio dei Rioni iniziasse. Strano ma vero. I tifosi di San Giuseppe l’avevano rammentato alla platea accorsa. Lo avevano fatto con una scritta verde su uno striscione bianco. «Game over», the winner is San Giuseppe, appunto. La vittoria era nell’aria. Lo annunciavano i palloncini biancoverdi della speranza lasciati librare in cielo prima dell’inizio dell’agone cittadino. I tifosi biancoverdi avevano dipinto cielo e terra di biancoverde, i colori del successo. La vittoria era nell’aria. La scena, la piazza era di San Giuseppe ancor prima che si desse «fuoco alle polveri». Il rione San Giuseppe assoluto protagonista prima e dopo il«campo di battaglia». C’erano anche tamburi e grancassa ad accompagnare il ritmo della cavalcata trionfante. E i tifosi degli altri rioni? A guardare il fenomeno S. Giuseppe con il naso all’insù. La disfida tra i cinque rioni giovinazzesi è stata decisa prima della corsa in mare, prima del gioco dei fiscoli, della corsa con i sacchi. Se la forza dei contendenti al Gamberemo si misura nei giri di una piazza, allora San Giuseppe ha doppiato S. Agostino, tanto per dare l’idea della sua prova di forza. Un macchina allestita per vincere. Solo la parrocchia Immacolata è stata

capace di resistere in principio alla marea di entusiasmo e di forza dei biancoverdi. Ma è stato solo l’inizio. E’ stato solo alla corsa con i pattini e alla corsa con il remo. E Sant’Agostino, la regina del Palio con i suoi sette titoli? Bisogna telefonare a «Chi l’ha visto». C’era una volta l’aquila bicipite. Una parabola discendente che preoccupa i curati della fede. Manca la spruzzata di gioventù felice e vincente. Mancano i giovani cannibali. I vecchi possono raccontare la storia un po’ come l’hanno raccontata per Lance Armstrong, il «cannibale» texano ritornato in sella per farsi pestare al Tour de France come una bistecca dal pupo Contador, dopo essere salito in vetta al monte Ventoso per farsi consacrare sette volte direttamente da Dio. Così il Dottore della Grazia Sant’Agostino lo abbiamo lasciato tre edizioni fa, nel 2007, al settimo cielo a gongolarsi i sette trofei del Gamberemo. E lì è rimasto e non ha fatto più ritorno in terra. Ha vinto San Giuseppe. Hanno vinto i più forti. La parrocchia San Giuseppe ha colorato il cielo di fuochi d’artificio dopo la vittoria. Ha fatto poker. Era già tutto scritto. Non ce n’è per nessuno. Tutti a casa. «Game over». Il divertimento è finito. SERGIO PISANI

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