LA PIAZZA DI GIOVINAZZO APRILE 2021

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don Andrea Azzollini, Parroco della Concattedrale




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Via Cairoli, 95 Giovinazzo 70054 (Ba) Edito da ass. La Piazza di Giovinazzo Iscr. Trib. di Bari n. 1301 del 23/12/1996 Telefono e Fax 080/3947872 Part. IVA 07629650727 E_MAIL:lapiazzadigiovinazzo@libero.it FONDATORE Sergio Pisani PRESIDENTE: Sergio Pisani DIRETTORE RESPONSABILE Sergio Pisani REDAZIONE Agostino Picicco - Porzia Mezzina Donata Guastadisegni - Giovanni Parato Vincenzo Depalma - Onofrio Altomare Mimmo Ungaro - Velentina Bellapianta Enrico Tedeschi - Giangaetano Tortora Alessandra Tomarchio - Michele Decicco CORRISPONDENTI DALL’ESTERO Rocco Stellacci (New York) Giuseppe Illuzzi (Sydney) Grafica pubblicitaria: Rovescio Grafica Responsabile marketing & pubblicità: Roberto Russo tel. 347/574.38.73 Sergio Pisani tel. 080/3947872

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DI

SERGIO PISANI

Don Andrea Azzollini, il parroco della nostra Concattedra le, che porta in processione una copia del quadro della nostra Patrona per benedire la Città: è questa la copertina che si è alla fine scelta per questo mese. Un’immagine forte anche perché ricorda il Papa sul sagrato della Basilica di San Pietro, davanti a una piazza deserta, che prega per la fine della pandemia. Non dunque una copertina a festa o la solita foto glamour di sempre, per questo numero, anche perché sarebbe risultata -assolutamente stonata e fuori luogo rispetto a ciò che stiamo vivendo qui come nel resto dell’Italia. Ormai tutti in permanente e precario bilico tra speranza e Speranza, cosa di meglio, allora, che un messaggio di aggregazione che coinvolga tutta la comunità cittadina in una preghiera alla nostra amata SS. Maria di Corsignano? Da un anno sembra che sia scesa la sera. La copertina ci mostra le tenebre che si sono addensate sulla nostra Piazza mentre la luce del cielo illumina la nostra Protettrice quasi a voler cancellare il silenzio assordante e il un vuoto desolante che paralizza ogni cosa al suo passaggio. Il coronavirus scuote le nostre esistenze, ci segna con la malattia e la morte, spesso lontana e isolata, di molti nostri famigliari e amici. Ci allontana gli uni dagli altri. Ha allontanato i nostri ragazzi dalla scuola e dai loro amici. Ha provocato nuove, gravi povertà. Soprattutto ha indebolito la nostra speranza. Né questa, che si è affacciata questo 21 marzo, si annuncia come una primavera, fosse anche per il solo spirito, per come è stata sempre o che, in qualche modo, riscattasse quella dell’anno scorso: dopo il Natale, persino la Pasqua e la Fede devono ancora una volta, ob torto collo, cedere il passo alle logiche della mera sopravvivenza terrena. Per molti, tutto ciò ha rappresentato una ragione sufficiente per allontanarsi dalla fede. Si è insinuata nelle nostre menti una forma subdola di materialismo ateo che ci ha fatto rivolgere alla scienza come all’unico approccio possibile per l’affronto del male. Mentre rinnoviamo il nostro grazie agli scienziati e ai ricercatori e li invitiamo a continuare nella loro opera, siamo assieme consapevoli che la scienza non detiene le chiavi ultime della vita. Ed in tal senso, pur nella massima


riconoscenza a scienziati, medici e operatori che si battono eroicamente sul fronte della malattia, perché non ricordare anche ciò che disse Rousseau a proposito di Dio? E cosa ci costa, alla fine, unirci almeno idealmente alla preghiera che ogni 19 del mese i giovinazzesi rinnovano nelle parrocchie alla Madonna, rivolgendosi a quel quadro miracoloso che ridiede la vista ad una donzella cieca e salvò la nostra città dal terribile terremoto del 30 luglio 1627? Un evento sismico, quello, con epicentro nel Gargano, il cui ricordo è giunto integro sino a noi attraverso le parole chiare ed inequivocabili della lingua dei nostri padri: «d(ivæ) Virgini de Corsignano praesentiss(imæ) patron(æ) / Civitas juvenatii a terremotu servata /Gratiæ rependit d(eo) o(ptimo)». Per concludere un’ultima considerazione generale presa a prestito: se è pur vero che la preghiera, qualsiasi preghiera, non può cambiare le cose intorno a te, di sicuro può però cambiare te rispetto alle cose SERGIO PISANI

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COPERTINA

CORONAVIRUS, UN ANNO DOPO. CHI NON SI È COMMOSSO VEDENDO DON ANDREA AZZOLLINI PORTARE IN PROCESSIONE UNA COPIA DEL QUADRO D E L L A N O S T R A

PATRONA PER BENEDIRE LA CITTÀ? FOTOCOMPOSIZIONE: ROVESCIO GRAFICA DI ROSALBA MEZZINA


IL

CONTRAPPUNTO

dell ’alfiere

EUROPEISTI E RESPONSABILI Il giornale unico del regime che prima aveva alzato barricate apparentemente inviolabili «O Conte o morte» aveva, immediatamente, rettificato con un sonoro «Viva Draghi e nessun altro». Il tutto condito con il solito refrain dell’Europa che ci vuole seri e disciplinati. Seri e disciplinati sicuramente come altrettanta serietà non ci vaccina e ha fatto in modo che non ci vaccinassimo. In tutte le trasmissioni televisive e su quasi tutti i giornali, giornalisti e politici di sinistra e del fu movimento del cambiamento, oggi della più oscura restaurazione(il già M5S), ci ricordavano che senza l’Europa non avremmo avuto i vaccini, senza l’Europa non sarebbe stato possibile firmare accordi vantaggiosi, senza l’Europa non avremmo ottenuto la tanto sospirata immunità necessaria per far ripartire non solo l’economia ma tutta la Nazione, nel senso più completo della ripartenza. Ricordo molto le solite stucchevoli passerelle di compunti e seriosi commentatori dare sulla voce non agli euro scettici ma semplicemente a chi evidenziava le tante zone d’ombra di questi accordi che, oggi, emergono anche in modo più massiccio e sospetto. Ma al solo esprimere dubbi e pacate critiche all’assetto di quest’Europa, ancora una volta naufragata, si passa sempre da trogloditi e ignoranti. Tanto ignoranti che si finisce sempre per aver ragione. Ancora una volta, tocca qui sottolineare che il sogno europeo è un obiettivo, una prospettiva che dovrebbe unire tutti i cittadini europei che sentono di appartenere a una stessa grande famiglia con culture e tradizioni diverse ma profonde comuni radici. Ma questo sogno non può essere appaltato e gestito solo da un Paese che pretende di comandare sulle altre Nazioni. Ricorderete come fu annunciato l’accordo di Malta sull’emigrazione. Una vittoria della solidarietà europea sull’egoismo leghista del governo Conte 1, subito corretto dal governo Conte 2, giornalisti schierati in picchetto d’onore e musiche di giubilo per il ritorno dell’Europa che avrebbe consentito la redistribuzione dei migranti clandestini nei Paesi europei. Fu subito detto che non era così, che l’accordo non impegnava nessuno ma era solo un protocollo di intenti non vincolante. Inutile, i giornali e i media di regime avevano imposto la narrazione dell’Europa civile e solidale: la vittoria dei partiti europeisti contro i barbari critici che non volevano piegarsi alla narrazione unica. I fatti hanno confermato l’assoluta inconsistenza di questo accordo. Nessuna redistribuzione dei migranti è stata attuata secondo l’accordo di Malta. E sui vaccini è accaduto la medesima cosa. Contratti scritti malissimo con falle incredibili già per il poco reso pubblico visti i numerosissimi omissis che non chiariscono molti punti degli accordi con la case farmaceutiche. Così continua la penuria di vaccini mentre in Gran Bretagna si sono vaccinati otre 28 milioni di persone su circa 66 milioni di abitanti. Sì, la Gran Bretagna di quel Boris Johnson considerato e dipinto dai giornali di regime come una macchietta, un personaggio da avanspettacolo. Infatti. Seri e compunti, europeisti e responsabili hanno ottenuto un successo strepitoso. In Italia siamo a 2.400.000 vaccinati con doppia

MOZIONE DI SFIDUCIA. CHIARO IL MESSAGGIO DEL CENTRO SINISTRA: IL CANDIDATO

- SINDACO

DOVRÀ ESSERE DI

PRIMAVERA ALTERNATIVA. MENO CHIARO INVECE UN ALTRO MESSAGGIO: SCOMPAGINARE LA MAGGIORANZA.

NON HA

SORTITO GLI EFFETTI SPERATI

dose e poco più di 5 milioni con la prima dose su 60 milioni di abitanti. ALL’INIZIO DELL’AUTUNNO, il commissario Arcuri era affaccendato a fare ancora le gare per le siringhe di un tipo inutile e costoso e per la realizzazione delle primule, le strutture da utilizzare per vaccinare i cittadini. A novembre era ancora impegnato a preparare le gare per i sanitari utilizzati per le vaccinazioni e via ritardando e perdendo tempo. Così mentre il “buffone” Johnson ai primi di dicembre era già pronto, i seriosi, acculturati europeisti discettavano ancora su chi coinvolgere per fare le vaccinazioni e le siringhe non erano ancora state approvvigionate. E sui vaccini? Beh, sui vaccini l’Europa ci aiuterà con la sua potenza di fuoco, così con il solito sopracciglio alzato delle persone serie e responsabili rassicuravano a reti unificate politici e commentatori governativi. Poi un giorno il risveglio. La Germania aveva comprato 30 milioni di dosi per i fatti suoi. La costernazione si è abbattuta sugli europeisti ma si sono subito ripresi. L’Europa ci garantirà i vaccini a prezzo modico non come in Israele che hanno speso quasi il 50% in più per acquistare le dosi. Quello stupido di Benjamin Netanyahu, pure del partito della destra israeliana Likud, ha avviato e quasi completato la campagna vaccinale. Qualche polemica fra i nostri compunti commentatori circa il prezzo pagato, troppo alto. Io che non sono responsabile, acculturato, moderno ed europeista senza se e senza ma, mi chiedo quanto sia il costo delle morti (incalcolabile) e dei ricoveri (calcolabile e molto più costoso). In Israele utilizzano tutti i luoghi possibili per vaccinare, in Italia il commissario Arcuri pensava alle primule il cui costo sarebbe stato per le prime 21 strutture di “appena” 8 milioni di euro. Ma sono ragionamenti ovvi, da uomo della strada, troppo semplici e senza una attenta valutazione e riflessione. Così mi ha bacchettato un conoscente inorridito dalla mia semplice e banale analisi. In tutto questo il riconfermato Ministro della Sanità in estate scriveva il suo libro sulla pandemia. Siccome è del giro giusto, il libro sarà stato di una profondità tale da renderlo incomprensibile al volgo e per questo è stato ritirato. I media di regime avevano fatto il lancio del libro definendolo «saggio». E del resto, l’ho detto, non poteva essere altrimenti. «Perché guariremo» il titolo benaugurante ma intempestivo visto che sarebbe stato venduto in piena nuova ondata post - estiva. Però è così bravo che lo


hanno riconfermato, a furor di partito. PERCHE’ LA MOZIONE DI SFIDUCIA? Intanto il Premier Draghi ha sostituito il commissario Arcuri e il capo della protezione civile Borrelli. E’ tornato Fabrizio Curcio già con Guido Bertolaso alla struttura per le emergenze ed è stato nominato il generale Francesco Figliuolo, commissario per l’emergenza covid. La nomina del generale ha scatenato polemiche, le divise non sono ben viste da buona parte dei media. Il tic di sempre, le divise scatenano cattivi pensieri nel mondo della sinistra e del pacifismo in salsa confessionale e laica. Che poi di cosa dovrebbero aver paura a sinistra se i vertici militari li nomina la politica e la sinistra è al governo da oltre 10 anni? Mistero. E, comunque, mi fido più dei militari per operare nelle emergenze. Del resto ai giovinazzesi basterà ricordare quante polemiche inutili si sollevarono nel mondo della sinistra pacifista e confessionale per la dedica del piazzale del Lungomare all’Aereonautica Militare e per il posizionamento di un pezzo di un aereo da caccia di un illustre militare giovinazzese. Inutili, fuorvianti e malevoli. Polemiche costruite per separare, per imprimere un solco nel comune sentire di una comunità. Quasi sembrava in quei giorni che chi fosse stato d’accordo con quella dedica e la sistemazione dell’ala del caccia sarebbe stato iscritto alla lista di proscrizione dei guerrafondai sanguinari. E così avviene in tutte le circostanze in cui legittimamente si hanno opinioni diverse. E questo avvelena la vita politica. A Giovinazzo, avviandoci alle elezioni amministrative del prossimo anno, la temperatura è già calda. La sinistra confessionale, un po’ ammaccata dal responsum firmato da Papa Francesco che dichiara illecite le benedizioni delle unioni gay, è ormai in perenne campagna elettorale e l’ex candidato sindaco si sente già vincitore con la sua coalizione. Ma quale sarà la sua coalizione? Questa volta faranno le cose sul serio, vogliono pescare

anche nell’elettorato non proprio di sinistra grazie all’ex candidato del centro destra accasatosi, di recente, nella coalizione di sinistra. Al di là del perché il centro destra non vinca le elezioni da molte competizioni - e questa è una delle ragioni - vedremo quanti voti porterà questa scelta operata nel nome della «coerenza». E a versare benzina sul fuoco ci hanno pensato i consiglieri di opposizione che hanno presentato una mozione di sfiducia contro il sindaco e la sua amministrazione. Se c’era la necessità a sinistra di serrare i ranghi e dare al PD il chiaro messaggio che il candidato - sindaco dovrà essere di Primavera Alternativa ci sono riusciti. Se invece pensavano di scompaginare la maggioranza, non ci sono riusciti. Parole grosse, offese pesanti hanno caratterizzato il consiglio comunale con strascichi anche sui giornali. Accuse e contro accuse di offese inqualificabili. Quando si trascende nessuno può chiamarsi fuori e tutti hanno contribuito allo spettacolo non edificante. Eppure a Roma i partiti di riferimento sono tutti insieme al governo. Ma oltre che perdere tempo e qualche soldo per un consiglio comunale solo “politico” non si è andati. Ma tant’è. In emergenza sanitaria era importante dare il segnale alla politica locale che l’opposizione esiste e lotta contro la maggioranza. Poi il tema dei ritardi, ad esempio Casa di Riposo, e dei problemi irrisolti, vedi la D1.1 non imputabile all’amministrazione attuale, è ancora sul tappeto e certo non poteva trovare risposta in un dibattito sulla sfiducia. A questo punto la domanda delle cento pistole, e non si offendano i pacifisti: «Non è troppo presto per la campagna elettorale, non è troppo presto per considerare le elezioni già vinte, non è troppo presto per dare la sensazione che tutto sia già deciso?». Eppure nella sinistra confessionale dovrebbero sapere che chi entra Papa in conclave ne esce cardinale. alfiere.2000@libero.it


le le

effemeridi effemeridi

dell’anno DI SERGIO PISANI dell’anno

UN ANNO DOPO, MEMORIE DELLA PANDEMIA Il diario di viaggio di un sindaco a distanza di un anno dall’inizio della pandemia. Rileggiamo quello che pensavamo sarebbe accaduto e cerchiamo di capire se le previsioni fatte quasi un anno fa si sono avverate

contro la paura l’Inno di Mameli e alla sua Protettrice. Ci siamo commossi vedendo il parroco della Concattedrale don Andrea Azzollini portare in processione una copia del quadro della nostra Patrona per benedire la città. Non è servito a nulla. Qualcuno dai social, un anno dopo, ironizza: «Adesso facciamo prima a gettarci dai balconi!»… (Sindaco Depalma): Questa vostra copertina strappa il cuore, è di una potenza incredibile. E chi non si è commosso davanti a quell’immagine? E’ stata dura, anzi durissima. E ancora lo è. Un anno fa, nessuno di noi era in grado di capire cosa stesse accadendo. Entravamo nella storia, a nostra insaputa, per scrivere una delle pagine più tristi di questo ultimo secolo. E ancora non ne siamo fuori da questo incubo che sembra non finire mai. E’ la fase più terribile dei miei quasi dieci anni a Palazzo di Città. Credo che qualunque rappresentante delle istituzioni, a tutti i livelli, abbia vissuto questo ultimo anno come il momento più crudele e sconvolgente del proprio mandato.

Marzo 2020. «TORNERÀ LA GRANDE BELLEZZA» titola La Piazza che esce in edicola con una ragazza – copertina da una finestra sul porto che aspetta, illuminata dal sole della speranza e baciata da Venere: guarda con mestizia il borgo più colorato d’Italia. Invece, continuiamo a farci troppo male, a perdere bellezza nei successivi mesi da incubo. Il Covid fa paura, ha la MARZO 2020. Musica dai balconi, e non faccia della morte. Anche a Giovinazzo il musica qualunque. Giovinazzo, chiusa 2020, bastardo e affamato, si diverte a porin casa a causa del coronavirus, canta tar via dai nostri cuori e dai nostri occhi le persone che sono state capaci di regalarci bellezza…. (Sindaco Depalma): Credo che l’hashtage #celefaremo sia stato quello più famoso del 2020 sui social. Oggi, a distanza di un anno, non possiamo ancora dire di avercela fatta. Certo, oggi rispetto a un anno fa, abbiamo a disposizione i vaccini. Spero che la campagna vaccinale vada avanti a passo sostenuto e che presto si possa riprendere a vivere. Perché, fino ad ora, abbiamo fatto finta. E niente e nessuno potrà farci dimenticare il terribile tributo di vittime che anche Giovinazzo ha pagato. Famiglie che hanno perso i propri cari senza neanche più poterli vedere e povere anime che sono volate via in solitudine. Ripeto, è stato un anno crudele, feroce, disumano APRILE 2020. «LA BELLEZZA PUÒ ATTENDERE». Ci eravamo sbagliati. Giovinazzo vive una pagina inedita della sua storia e così fa il giornale. Per ora se ne resta a casa ma la bellezza in copertina, con o senza mascherina, tornerà già dal mese prossimo. Nulla impedirà al sole di sorgere ancora. Invece … (Sindaco Depalma): Già, le mascherine, questi dispositivi di salvezza, gli unici in grado di


(Sindaco Depalma): Forse potrei dire che sia stata l’unica cosa bella che sono riuscito a regalare a mia moglie in questo anno infernale in cui a casa sono tornato praticamente solo per dormire. Anzi, ancora una volta, sento di voler ringraziare la mia famiglia per la pazienza e la comprensione che ha avuto anche in questa occasione. Dovevo e volevo essere vicino alla mia gente nel momento del maggiore bisogno. E’ stato il momento in cui le persone, forse per la prima volta in maniera così forte, si sono affidate ai loro rappresentanti istituzionali. Davanti alla paura, si è creato un rapporto umano e profondo. Ecco, quel bacio a mia moglie voleva essere un grazie a lei e un segnale di positività alla città, di speranza e della vittoria del bene e dei sentimenti autentici.

ripararci dal maledetto virus. Abbiamo perso i sorrisi, abbiamo perso la bellezza di una risata contagiosa, abbiamo perso. Da un anno a questa parte i nostri volti sono a metà. Però, come sempre accade in situazioni paradossali, abbiamo imparato a parlare con gli occhi, con gli sguardi. E io, in questo anno, ho letto tante cose negli occhi della mia gente: dolore, angoscia, speranza, paura, sollievo, sofferenza, fiducia. Una girandola di emozioni e di stati d’animo che non dimenticherò mai più. MAGGIO 2020. Baci in pausa, baci nostalgici e baci del futuro. Non scompariranno insieme agli abbracci, così come le strette di mano, perché fanno parte del nostro essere animali sociali. Il Sindaco fa la prova di forza, ci mette la faccia e i baci in copertina. «Baciami ancora… così». Secondo personaggi austeri di casa nostra, «la copertina de La Piazza (il bacio con la moglie), è stata l’unica cosa bella che il sindaco è riuscito a regalare ai giovinazzesi».

di pochissimo tempo. Ho sempre compreso quel senso di frustrazione, di tristezza e di angoscia vissuto nel lockdown così come riuscivo benissimo a comprendere quella voglia di vita che c’era in tutti, me compreso. Però, di qui a far finta che nulla fosse successo, che non avessimo pianto le persone che ci hanno lasciato a causa del Covid19 e che il virus fosse stato debellato, ce ne corre. Non è stata un’estate facile e non è stato un autunno semplice. Ed oggi, a quasi un anno dall’inizio di questa pandemia, ci ritroviamo al punto di partenza. Terapie intensive piene, zone rosse, grandi incertezze. Ripeto, l’unica speranza è il vaccino unito al buon senso di ognuno di noi. Ogni singola persona può fare una grande differenza.

AGOSTO 2020, PIANGE LA MAGIUGNO 2020, COMINCIA LA FASE DONNA. 77 anni dopo la fine della II 3. La normalità sembra ripristinata. Siamo tornati a incontrarci per scoprirci uguali e diversi. Siamo tornati a litigare, a scaldarci e scambiarci un sorriso togliendoci per un attimo la mascherina per chi ce l’ha e la porta. Einstein diceva che solo due cose, con certezza, sono infinite: l’universo e la stupidità umana. Quella stupidità che ci fa vedere assembramenti ovunque. Dai due lungomari alla passerella sotto il Palazzo ducale è quella la fotografia della Giovinazzo da bere ai tempi del coronavirus con qualche tavolino in più a occupare le strade e le piazze. Non si può far finta di nulla. Da qui il titolo de La Piazza: fase 39. Quel numero dice tutto in paese, colora parecchie situazioni di stupidità di alcuni soggetti. C’è chi è rimasta sul davanzale della finestra per paura di non lasciarsi travolgeGuerra Mondiale, non è venerata in prore dalla valanga della stupidità! cessione dai fedeli per ottemperare alle misure anti covid-19. Ma la notte no, cantandola alla Renzo Arbore. Nessuno che interviene sui luoghi di ritrovo stracolmi di persone nonostante gli ‘sconfinamenti’ autorizzati dei dehors, oppure si è accorto delle fila chilometrica di auto che riversano alla ‘trincea’ un popolo della notte ammassato e accaldato che balla fino al mattino al suono di altoparlanti che si sentono oltre i confini della città. Una ‘movida’ in piena ‘sregola’, più che regola… (Sindaco Depalma): Ho passato l’intera estate a parlare con i miei concittadini, ad andare nei luoghi della movida a parlare con i ragazzi, ho fatto ordinanze, ho fatto l’impossibile per evitare assembramenti, ma è stato difficilissimo. Ripeto, capivo la voglia di vivere e di rivivere che c’era in ognuno di quei ragazzi e di quelle ragazze, ma non capivo la (Sindaco Depalma): Non ne parliamo, sia- loro voglia di rischiare. Si sentivano invincimo passati dalla paura all’incoscienza nel giro bili perché erano giovani. Oggi, purtroppo, LETTERA FIRMATA


il Covid sta aggredendo anche i giovanissi- sangue non è acqua. Giovinazzo è nel suo mi. Questo deve essere il momento della vera cuore, lui nei nostri. Quanto al Giro, eravamo in un momento di calma sul fronte dei responsabilità collettiva. contagi. Ciononostante, sono state prese tutte le misure di sicurezza previste dal Governo. OTTOBRE 2020. Infatti, non c’è stato alcun contagio. Quanto alla Lucarelli, la invito a tornare a Giovinazzo non appena possibile, le faccio personalmente da guida. NOVEMBRE 2020, IL BANCO PIANGE. Alla pandemia sanitaria si aggiunge quella del risparmio gestito. Migliaia sono i risparmiatori giovinazzesi che vedono azzerare azioni illiquide e obbligazioni subordinate per il crac della propria Banca. Anche queste sono memorie della pandemia che non dimenticheremo….

Non potevamo scegliere testimonial migliore per la nostra copertina. Fu ospite a Che Tempo che Fa, il 13 ottobre 2019, l’attore giovinazzese John Turturro dopo il successo de Il Nome della Rosa su Rai1 nel ruolo di Guglielmo da Baskerville, vescovo di Giovinazzo. Come non dimenticare: mentre Fabio Fazio ricorda a tutti gli italiani «Tu sei un cittadino italiano, hai il passaporto italiano, hai ricevuto le chiavi di Giovinazzo, il paese di tuo padre…», John Turturro irrompe sul panegirico del presentatore alzando il braccio con il pugno chiuso e si lascia andare a quel Go Giovinazzo che ci unisce, ci fa sentire giovinazzesi dentro. Così quel Go Giovinazzo e la fotografia di quel braccio alzato con quel pugno chiuso diventano la fotografia di copertina, la nostra storia che si tinge di rosa. A Giovinazzo, sulla nostra piazza. Senza andare troppo lontano, a Roma, Milano o Canicattì. Il Giro d’Italia arriva il 10 ottobre ma con la 2^ ondata alle porte che ci divora l’anima non è una «vie en rose». Selvaggia Lucarelli (due mesi prima, in vacanza a Giovinazzo, sembrava di essere sul set della Grande Bellezza) schiuma di rabbia postando su Instagram un’immagine della Piazza in festa che diventa virale e accende subito l’inquietudine sociale da covid…. (Sindaco Depalma): Andiamo per gradi. John Turturro è stato il sogno inseguito per tanti anni, averlo realizzato è stato un momento meraviglioso. Vederlo sulla Rai dire ‘Go Giovinazzo’ è stata la conferma che le origini non si dimenticano mai, anche quando diventi un attore di Hollywood, e che il

(Sindaco Depalma): Ci sono pure io, fra i defraudati della Banca Popolare di Bari. Per fortuna, all’epoca acquistai solo 5.000 euro di quelle azioni, poi diventate quasi carta straccia. Ma questo della banca nostrana è solo un pezzo di una crisi latente che dal 2008 in poi ha distrutto le economie di tante nazioni “ex benestanti” e allargato la forbice fra i ricchi e i poveri (e non parlo del famoso trio musicale….), distruggendo buona parte della classe intermedia. Ora siamo al dunque. Le ingenti risorse europee (oltre 200 Mld di euro), devono soprattutto essere utilizzate per colmare l’enorme divario fra il P.I.L. del Meridione rispetto al resto della Nazione. Noi sindaci del Sud stiamo cercando di metterci insieme (siamo quasi 300 di 6 regioni) per far sentire la nostra voce. Mi auguro che le Regioni Meridionali e i Parlamentari del meridione tirino fuori gli attributi e combattano una battaglia giusta e sacrosanta. Bisogna riequilibrare diseguaglianze inaccettabili.

22.00 ALLE 6.00. Tutti devono restare chiusi in casa. Le cronache rimandano al 26 luglio 1943, una data storica che registra l’ultimo coprifuoco indetto dal Ministro Badoglio, succeduto a Mussolini. Allora le bombe cadevano in testa e ci si nascondeva nei rifugi di via Bitonto e di via A. Gioia. Oggi i giovani vogliono uscire e ritrovarsi, ma stare sotto le bombe o su un sofà sono due cose ben diverse…. (Sindaco Depalma): Infatti, direi che non è il caso di bestemmiare. Io non so cosa possa essere una guerra perché la mia generazione ha la fortuna di non averla vissuta, ma dai racconti di famiglia direi che è ben altra cosa dal chiedere ai giovani un po’ di senso del dovere in un momento che non sarà per sempre. Ho imparato che piccole regole, ma strette, alla fine regalano grandi libertà. C’È IL COPRIFUOCO. Il sindaco la sera esce tutto da solo tra la gente (senza bicicletta). E in mezzo a Piazza Porto, sotto il cielo nero di paura, prova a mettere su le grandi parole dei cantori dell’amore. Spalanca le ali come un angelo benedetto: «Il ciclismo è come l’amore, vince chi fugge». D’improvviso, non c’è più nessuno. Che commozione, che tenerezza. Ma l’indomani la storia si ripete… (Sindaco Depalma): Io ho un mio cruccio intimo e personale. Ovvero, rientrare a casa a fine giornata e avere la consapevolezza di aver fatto il possibile per fare le cose che ritengo giuste. Nessuno è infallibile, figurarsi i sindaci, con le decine di decisioni al giorno da prendere, ma sarebbe inaccettabile, non metterci la faccia e il cuore in un momento drammatico come questo. Io sento il dovere di far sentire la mia voce e mettere in guardia chiunque sui rischi che stiamo correndo. Dopo di che, ognuno è padrone della propria vita. Ma a quei psuedo - furbi e forti che mostrano stupidità e muscoli violando regole di buon senso, presterei per qualche minuto le lacrime e il dolore di chi ha visto i propri cari andare via col 118 e poi tornare in un urna mortuaria. Forse capirebbero per davvero la loro stupidità e rimediterebbero su certi comportamenti scellerati.

DICEMBRE 2020, BABBO NATALE HA L’AUTOCERTIFICAZIONE. Siamo nel pieno della seconda ondata. A Giovinazzo si contano altre vittime. Però dalla pandemia nascono storie anche di rara umanità: Giovanni e Giulia, due piantine che rompono l’asfalto, per il desiderio di vedere il sole… (Sindaco Depalma): Quanti storie potrei raccontare. Ho scelto due esempi opposti di voglia di vivere. Una bambina nata, dopo SCOPPIA IL COPRIFUOCO DALLE mille peripezie dei genitori, e un uomo che


poi? Tanta altra roba, tipo si esce poco la sera compreso quando è festa. Ci vorrebbe il Pablito dell’82 per vincere le grandi sfide giusto per continuare con gli amarcord dagli occhi tristi, con la retorica struggente da piazzisti delle riflessioni comuni. Ma la televisione ha detto che il nuovo anno, ci porterà la vaccinazione e tutti quanti stiamo già aspettando… (Sindaco Depalma): Le migliori medicine? La pazienza e il coraggio. Dovremo aspettare per essere vaccinati. Dovremo ancora lottare per riprenderci la nostra vita, ma non possiamo farci prendere dalla frenesia. Rischieremmo il baratro.

chi ci raccontano che apprezzano questa vera vicinanza umana, oltre che istituzionale. E abbiamo certezza che questi nostri concittadini sapranno lottare per riprendersi quel che si meritano. MARZO 2021. FATE PRESTO è il titolo che rinnova la paura. La Piazza

FEBBRAIO 2021. CORONAVIRUS, I NUOVI POVERI. Difficile stare die-

non si sente vinto da una malattia che ti toglie tutto, tranne la luce negli occhi. Sono un sindaco fortunato, perché tanti cittadini non mi hanno mai visto come uno “del Palazzo” o un Uomo di Potere, ma mi hanno sempre accettato per quel che sono. Ovvero uno di loro, che ha deciso di mettersi a disposizione per risolvere qualche problema (per semplificare il concetto) della comunità. Mi hanno sempre aperto le loro case e accolto con un amico o uno di famiglia. Solo così entri “dentro” le vite degli altri e capisci veramente tanto, rispetto a quanto puoi solo immaginare guardando le cose da lontano. Ora più che mai, in questa terza (altro che epilogo della seconda!) tremenda ondata, pur non andando in quelle case, io cerco di far arrivare la mia voce e i miei pensieri, al fianco di Giovanni e di tutti quelli che stanno superando difficoltà di tutti i tipi. Io sono con loro. Sempre. tro ai numeri quando si parla di stato di bisogno. La Piazza illustra l’intervento GENNAIO 2021, CARO AMICO TI del Fondo diocesiano che, in tempi di SCHIVO COSÌ NON MI INFETTE- crisi legata al coronavirus, ha triplicato RÒ. Come incipit non è male, o no? E nel 2020 il numero di ascolti Poi, nello specifico, ci sono gli interventi dell’Assessorato dei servizi sociali del Comune di Giovinazzo. I numeri dei nuovi poveri qualche impressione la comincia destare un po’ a tutti. Se non altro perché a mettere le mani sui sostegni sociali non è la solita carovana di extracomunitari, ma gente di casa nostra, magari dirimpettai di qualcuno che in questo momento sta leggendo questo giornale, gente con cui se mai ci hai fatto le elementari insieme, o saluti la mattina dal fruttivendolo o al mercato… (Sindaco Depalma): Amo quelle persone che con grande dignità stanno sopportando il cambio del loro modus vivendi. Loro, più di altri, sanno alzare il dito senza urlare, sanno ascoltare e capire che quel che facciamo è sempre il massimo possibile. E i loro oc-

pubblica i dati del Registro delle Imprese in attesa di capire l’evoluzione della crisi pandemica. Servono provvedimenti straordinari per far fronte a un’emergenza straordinaria che rischia di far scomparire un settore che dà lavoro a 1.372 tra addetti familiari e subordinati, oltre a rappresentare una componente essenziale dell’economia locale e dell’offerta turistica della nostra Città… (Sindaco Depalma): Sappiamo bene quel che sta accadendo. Ma sappiamo pure che come accaduto nell’estate / autunno 2020, Giovinazzo in quel comparto ha grandi energie per recuperare il tempo perso. Ciò detto, noi stiamo facendo tutto quanto le norme e le risorse ci permettono di fare. Ma ora serve un deciso cambio di passo del Governo Draghi rispetto a quanto accaduto finora. Meno post e conferenze stampa e più sostanza. Mi auguro che gli aiuti enunciati dal Presidente Draghi abbiano le caratteristiche da lui descritte. Immediatezza e giustezza. APRILE 2021. È passato più di un anno dall’inizio dell’emergenza Coronavirus nel mondo. E’ iniziata la terza ondata di contagi con le varianti. I numeri sono spietati. A Giovinazzo, ristoranti, bar, negozi, aprono e chiudono a seconda della cur va epidemiologica, gli spostamenti sono consentiti e poi vietati. A scuola si va e non si va. Ogni sindaco studia la via migliore per cercare di contenere l’emergenza e i decessi. Ma


il numero degli stupidi in circolazione non diminuisce. Bisogna recuperare alcune fondamentali considerazioni di Cacasenno ma continuiamo a pensare che la stupidità, soprattutto nel medio termine, è svantaggiosa per tutti. Non sono bastati ammonimenti, pattuglie di controllo dislocate per la città e nemmeno i pareri degli esperti che, seppur aprendo ad un cauto ottimismo per l’imminente immunizzazione, non smettono di sottolineare che il rischio è ancora dietro l’angolo. La stupidità è come una palla di neve che diventa valanga. Tutto è tornato come prima… (Sindaco Depalma): In realtà io giro la sera, prima di rientrare a casa e vedo una città spoglia, vuota. Certo gli imbecilli non mancano, ma sono ormai sparuti gruppi che è evidente che per prima cosa sono ignoranti (nel senso che ignorano) su di un tema ormai così evidente. Di certo non ci stancheremo di continuare a fare quanto nelle nostre possibilità. E a tal proposito, sento di dover ringraziare le forze dell’ordine di ogni corpo e grado che stanno dando l’anima per cercare di controllare quanto più possibile il territorio. E non posso certo dimenticare chi invece negli ospedali e nelle strutture sanitarie sta dando tutto di sé, pur di aiutare le migliaia di malati e contagiati. Io guardo i loro volti e le carezze che sanno dare per sentirmi in un sol colpo felice di essere italiano.

Il 18 marzo, giornata nazionale in memoria delle vittime del covid

cativo in un giorno che per sempre ricorderà la tragedia della pandemia e i lutti che ha causato. Il sindaco Depalma: «L’Italia piange tantissime vittime, anche Giovinazzo ha il suo triste bilancio. Affetti spezzati in modo brutale, solitudine, tristezza, angoscia: abbiamo bisogno di elaborare come comunità questa tragedia ancora senza fine. #Coronavirus #Covid19» A un anno di distanza purtroppo di coronavirus si continua a morire ma oggi abbiamo un’arma formidabile per combatterlo, il vaccino, e la speranza di sconfiggerlo definitivamente.

In occasione della prima Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia da coronavirus, alle ore 11, davanti al municipio è stato osservato un minuto di silenzio di fronte alla bandiera italiana esposta a mezz’asta. Un gesto signifi-

In basso, Coronavirus a Giovinazzo: mappa, dati e statistiche



terza

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ANTONELLO TARANTO, PSICHIATRA*

MA LA NATURA È UNA COSA MERAVIGLIOSA?

STORIA DEL SESSO E MALOSESSO 8 NOVEMBRE 2017 A Giovinazzo viene arrestata una coppia di genitori che abusava sessualmente de i propri figliuoli di 9 e 5 anni 9 FEBBRAIO 2017 Un 35enne giovinazzese è condannato per molestie sessuali ad una donna 48enne. L’accusa era di violenza ma l’avvocato difensore riuscì a dimostrare che il comportamento dell’accusato non era andato oltre la molestia. 4 MARZO 2015 Fermati e arrestati a Giovinazzo due bitontini che adescavano bambini 29 NOVEMBRE 2012 Un giovinazzese, sacerdote antimafia in Sicilia, viene prosciolto dalla condanna per pedofilia di cui era stato accusato 11 anni prima. «Non lo hanno ucciso con la pistola, hanno tentato di farlo con le parole». FRA IL 2007 E IL 2008 Esercizio in Giovinazzo di prostituzione consapevole e consenziente al servizio di illustri politici... Quante brutte cose accadono per colpa del sesso, eppure la natura è una cosa meravigliosa! Le prime forme di vita che comparvero sulla Terra, circa due miliardi di anni fa, furono dei microscopici esserini unicellulari, cioè formati da una sola cellula che, al suo interno, conteneva solo un filamento di DNA. Quelle povere cellule si nutrivano di quel che c’era nel brodo primordiale dell’esistenza; per il resto non si dicevano niente, non si cercavano, non sentivano le canzoni di Sanremo... Vivevano e basta. Quando diventavano troppo grandi, tipo 10 - 20 millesimi di millimetro, si dividevano in due e, così, si moltiplicavano. Da una cellula ne nascevano due perfettamente uguali. Quella era la riproduzione asessuata. Quindi non c’era alcuna fantasia, alcuna somiglianza da cercare. Insomma, una vita priva di emozioni, interessi, passioni. Ecco, allora, che la natura ebbe un’idea meravigliosa e creò la riproduzione sessuata. Prima di tutto duplicò i filamenti di DNA e li fece intrecciare in una doppia elica. Fu la prima forma di abbraccio, grazie al quale la riproduzione richiese una serie di operazioni complicate (l’RNA messaggero, la meiosi, la for-

mazione dei gameti ecc.) che permise alle primordiali forme di vita di assumere nuove forme, di specializzarsi in alcune funzioni, di differenziarsi in organismi afferenti a diversi regni, ordini e famiglie. Dopo qualche milione di anni dalla comparsa delle prime cellule la vita entrò nella forma di piante e di animali capaci di organizzarsi in gruppi, di diventare cacciatori o erbivori, di colonizzare il mondo acquatico, quello della terra e anche quello del cielo. La riproduzione diventò ancora più complessa perché, oltre ai due filamenti di DNA che dovevano abbracciarsi fra di loro per produrre il nuovo genoma, si rese necessario che i maschi e le femmine di ogni specie si riconoscessero fra di loro, si avvicinassero senza aggredirsi e riuscissero a trasferire il proprio materiale genetico dall’interno del proprio corpo all’interno del corpo del partner. Stava nascendo, dopo la riproduzione sessuata, il comportamento sessuale. Infatti possiamo immaginare che in quei tempi difficili ogni animale vedesse qualsiasi essere vivente, anche della propria specie, come se fosse una bella bistecca da mangiare o, nella migliore delle ipotesi, un nemico pronto a rubare la tua razione alimentare. Perciò la natura, attraverso stratagemmi ormonali e comunicativi, fece in modo che fra maschi e femmine della stessa specie ci fosse sempre qualcosa che riduceva l’aggressività, trasformandola addirittura in piacevole attrazione. E i maschi impararono a corteggiare le femmine e le femmine impararono a scegliere i partners con cui accoppiarsi. Alla fine di questa lunga fase evolutiva, circa 2 milioni di anni fa, un genoma (cioè l’insieme di geni contenenti tutto il DNA di un essere vivente) diede forma al primo animale chiamato “homo sapiens”. Questo nuovo ospite del pianeta, oltre ad abbracciare il proprio compagno o compagna, oltre a corteggiare, oltre a inserire i propri geni dentro al corpo della compagna dovette affrontare un altro problema: lo sviluppo di una considerevole intelligenza che compensasse la minore efficienza del corpo rispetto a quella dei numerosi predatori, imponeva

una crescita dei cuccioli molto più lenta e una fortissima e lunghissima collaborazione fra i genitori. Nacque così l’istituzione familiare. In essa i membri impararono a regolamentare il comportamento sessuale per evitare che avvenissero episodi sconvenienti sul piano genetico, come l’ incesto, e distruttivi sul piano sociale, come gli abusi. Si formò pertanto l’etica del comportamento sessuale. Gli uomini primitivi risolsero il problema della separazione delle pulsioni aggressive da quelle amorose creando il “totem”, primo germe di un pensiero religioso. Il totem era una scultura di legno o di pietra dall’aspetto terrificante e con un’indole al tempo stesso buona e cattiva. In esso confluivano tutti i pensieri e le fantasie malvagie degli umani; in esso, però, c’erano anche gli spiriti degli antenati che volevano essere venerati e ascoltati. Perciò, attraverso il totem, tornava ai membri della tribù l’eco dei pensieri rassicuranti. Quell’eco era il “tabù”, cioè la legge morale che governava la vita della tribù indicando ciò che era permesso e ciò che era vietato. Nella quasi totalità delle tribù studiate è presente il tabù dell’incesto. Se l’umanità si è sviluppata e ha conquistato il primato su tutte le altre specie viventi, probabilmente lo dobbiamo proprio all’esistenza di un’etica, di un pensiero di tipo religioso che sembra mancare ad ogni altra specie vivente. Ma è proprio in questa etica che si nasconde anche il pericolo. Infatti nei miliardi di persone che compongono l’umanità non c’è solo l’eventuale mutazione genetica (portatrice di malattie) ma c’è anche la probabilità di distorsioni del pensiero, della legge morale e dei comportamenti sessuali. Così capita che ci siano uomini che credono che l’amore equivalga a possedere il corpo della compagna, altri uomini credono di avere diritto di *Direttore vita e di morte sui proDipartimento pri figli, altri uomini creDipendenze dono che ogni buco sia Patologiche alcova per il proprio ASL Ba piacere.


visto

da... PADRE MARIANO BUBBICO*

PARLIAMO ANCORA DI OMOSESSUALITÀ? All’inizio dell’anno 2000 ero appenna andato in pensione dal Servizio di Igiene Mentale quando, un giorno, il figlio di un mio caro amico mi telefonò invitandomi ad una riunione, a Bari, di omosessuali (ragazzi e ragazze). L’incontro durò circa 3 ore: si parlò dei pregiudizi e della diffidenza della gente riguardo a questa problematica, cominciando dalle famiglie di origine e finendo agli ambienti ecclesiastici. Si parlò anche della vergogna e della emarginazione che alcuni degli interessati percepivano... L’incontro fu molto interessante: si mise in evidenza l’importanza dell’accettazione del proprio orientamento sessuale da parte di questi soggetti e del cammino che andava fatto a livello personale, familiare e di gruppo. Da quell’incontro sono passati molti anni e l’atteggiamento generale delle persone nei riguardi della omosessualità ha fatto molto cammino sia a livello legislativo, che a livello culturale e sociale. E’ però necessario fare ancora ulteriori passi (soprattutto nei paesi) sia a livello familiare che sociale e culturale. Attualmente alcuni, sin dall’adolescenza, fanno fatica ad accettarsi o dichiararsi omosessuali. Altri, con volontà, con fatica e con l’aiuto dei coetanei, riescono ad accettarsi. Altri si accettano e - a volte - tendono ad ostentare il proprio

comportamento.

Personalmente ho incontrato ed incontro persone omosessuali, soprattutto giovani, che con molto benevolenza accolgo e dialogo mettendo in evidenza: 1) L’omosessualità non è una scelta, come non è una scelta l’eterosessualità (è importante trovare compagni di viaggio sia a livello educativo che esperienziale per vivere senza difficoltà questo modo di essere). 2) L’Ordine degli psicologi in Italia, seguendo le indicazione dell’Organizzazione Mondiale della sanità, ritiene che l’omosessualità non è una malattia e che bisogna respingere le affermazioni di chi vorrebbe sperimentare strategie di vario tipo per affrontare questo comportamento. 3) Chi riconosce di avere un orientamento di tipo omosessuale sviluppa tale identità in modo armonico e integrato, rifiutando i pregiudizi di ordine morale, religioso e sociale. Qualora non si riceve aiuto significativo in famiglia o in ambienti educativi, è opportuno rivolgersi a uno psicologo per un sostegno adeguato per integrare pienamente tale orientamento nella propria personalità, sviluppando una positiva immagine di sé, superando i pregiudizi instillati dalla cultura che ancora in modo diverso - specie nei paesi - persiste.

E MOLTI MI CHIEDONO: P. Mariano, la Chiesa come si pone di fronte all’omosessualità? C’è un cammino che si sta facendo e che bisogna incrementare. Oggi serve l’ascolto delle persone, specie adolescenti e giovani in fase di ricerca di identità. Bisogna imparare ad ascoltare più che a giudicare. Quando nelle nostre comunità ecclesiali cominceremo a guardare le persone come le guarda Dio, allora anche le persone omosessuali cominceranno a sentirsi parte della comunità ecclesiale e insieme agli altri potranno effettuare un cammino esistenziale armonico e gratificante. A me piace camminare - a questo proposito - con Papa Francesco che afferma: «Ho accompagnato persone con tendenze omosessuali e anche con pratiche omosessuali. Tali persone si devono accompagnare come le accompagna Gesù. Quando una persona che ha questa tendenza arriva davanti a Gesù non gli dirà ‘Vattene via perché sei omosessuale’». E’ su questa via che ci dobbiamo mettere; se non siamo capaci di rispettare, di dialogare, di accompagnare, per lo meno non giudichiamo questi fratelli e sorelle. Accettiamo la diversità e andiamo avanti. *FRATE CAPPUCCINO


IMPRESE FEMMINILI GIOVINAZZESI FONTE Ufficio Settore e Territorio del Comune di Giovinazzo


attualita

DI

SERGIO PISANI

L’IMPRENDITORIA PARLA AL MASCHILE Quella femminile spesso fa da prestanome a padri, mariti, fratelli Le imprese femminili, per il momento, tengono. A dirlo i numeri. Nascono e chiudono in realtà poche imprese: il saldo ufficiale tra inizio e fine, alla data del 31 dicembre 2020, è di 2 unità in più (+17 iscrizioni e – 15 cessazioni). Danno lavoro a 226 addetti familiari e 550 addetti subordinati (il 23 % degli occupati). L’attenzione però è rivolta all’evoluzione della pandemia nei prossimi mesi e alla capacità di adattarsi e cambiare velocemente secondo gli scenari. Il dato delle imprese attive femminili a Giovinazzo è lievemente migliore di quello maschile (che vede una flessione dello 0,9 % rispetto all’anno precedente). Le imprenditrici si confermano comunque alla guida di attività nei settori commercio, agricoltura, alloggio e ristorazione, servizi vari. I NUMERI. Sono per la precisione 332 le imprese femminili iscritte (301 quelle attive) e incidono per il 25% sul totale delle aziende (1331). Sono così distribuite: 84 Commercio all’ingrosso dettaglio; 54 Agricoltura, silvicoltura, pesca; 49 Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione; 14 Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese, 19 Costruzioni, 13 Attività manifatturiere; 9 Servizi di informazione e comunicazione; 8 Attività artistiche, sportive, di intrattenimento; 7 Attività professionali, scientifiche e tecniche; 6 Attività finanziarie e assicurati-

ve; 4 Attività immobiliari; 4 Servizi di informazione e comunicazione; 4 Sanità e assistenza sociale; 1 Istruzione; 1 Trasporto e Magazzinaggio; 38 Attività di servizi alle imprese; 18 Imprese non classificate (imprese che nascono senza codice relativo all’attività economica svolta, ma poi se le cose vanno bene si perfezionano attribuendosi un codice di attività distribuendosi fra i vari settori di attività economica). FUNGONO ANCHE DA PRESTANOMI. Secondo la forma giuridica, la tipologia imprenditoriale maggiormente presente con più del 60% è l’impresa individuale (n. 202). Seguono le società di capitale (15 nelle costruzioni e 10 nel settore commercio), le società di persone. Senza lasciarsi abbagliare dalle statistiche e notoria l’esistenza di una superficiale imprenditoria femminile che fa da prestanome a padri, mariti, fratelli ai quali nessuna banca fa più credito come anche si sa degli elenchi gonfiati delle lavoratrici segnate tra gli addetti familiari. Ad oggi non ci sono in città né Emma Marcegallia né donne manager. Il loro banco di prova resta l’associazionismo cattolico e politico (Fidapa) all’interno del quale si svolgono discussioni che somigliano a vere prese di coscienza. Ma il rapporto non riguarda che un numero troppo esiguo di donne. Il sogno di una donna sindaco a Giovinazzo resta ancora lontano a venire. SERGIO PISANI


il corsivetto

di Sergio Pisani

LA DONNA? CHI L’HA VISTA! La storia, la produzione artistica e letteraria di Giovinazzo, parlano al maschile. Eccezion fatta per qualche “donna eccezionale” Nobili, marchesi e signori. I blasoni gentilizi scolpiti sugli eleganti edifici del borgo medioevale raccontano la fortuna dei Lupis, dei Brayda, gli Spinelli, i De Turcolis, gli Zurlo, i Marchesi di Rende. Sono loro ad aver scritto la storia di Giovinazzo. La storia della città dei dolmen è maschia. E maschia è anche la toponomastica. Piazze, vie (eccezion fatta per Giuseppina Pansini, Sabina Anemone, Vita Rosa Palmiotto), palazzi, bifore, archi, scalinate, cortili segreti, ville pensili, conservano intatto il vanto di grandi uomini di questa città nel corso dei secoli. E la donna? Chi l’ha vista! Nessuna ricerca, nessun libro, nessuno storico dal Lupis al Roscini raccontano di strateghe in gonnella che muovevano eserciti, di diplomazie femminili che hanno guidato le sorti della città, di first lady in odor di potere. Eccezion fatta nel 1531 per Isabella di Capua, grande feudataria di Campobasso, Apricena, Serracapriola e di Giovinazzo, e donna Eleonora Giudice Caracciolo, morta a Roma nel 1770, l’ultima duchessa, feudataria di Terlizzi, Cellamare e Giovinazzo, (I feudatari di Giovinazzo dal 1521 al 1770 - de Ninno storico). La storia della donna di Giovinazzo è una storia marginale, sempre soffocata dai grandi uomini. Anzi, c’è di più. Il Roscini accenna ad una donna che non fa affatto onore al gentil sesso: Rosa de Pantaleo. Un’imbrogliona, una truffaldina del 1600 che praticava la magia nera prosciugando i portafogli dei giovinazzesi più creduloni. La Vanna Marchi giovinazzese gestiva anche una casa di prostitute, il mestiere - non a caso - più antico del mondo. Fu processata per truffa e meretricio. Fu poi condannata dal Tribunale ecclesiastico e rinchiusa nel carcere vescovile di Molfetta. Morì il 26 aprile 1676 cadendo dalla finestra del carcere durante un tentativo di fuga alla Vallanzasca (le lenzuola an-

nodate si sciolsero?). ANCHE PER LA NOSTRA DIOCESI la storia di Giovinazzo è maschia. La donna compare nei registri battesimali solo nella metà del Cinquecento. Maschia è anche la produzione artistica e letteraria. E questo perché alle donne non è mai stato permesso di esprimersi liberamente nel campo dell’arte e della cultura. Pur tuttavia la figura femminile nella letteratura e nell’arte ha avuto un ruolo di primaria importanza. Ma a Giovinazzo, dallo Spinelli al De Musso, la presenza della donna ispiratrice di canti o di pitture non si avverte. C’è una sola Laura giovinazzese ad aver ispirato alcuni sonetti del canzoniere del Lupis: la dolce-amara Maurizia, ispiratrice ed unica dea, che poi si sarebbe rivelata “horribil angue, velenosa spina”. Ma niente di più. Bisogna attendere il Novecento perché il rapporto della donna con la storia cambi. La donna protagonista - se così si può parlare è nata tra la fine degli anni trenta e gli inizi degli anni cinquanta. Il nodo della loro formazione e il quadro di riferimento storico sono gli anni cinquanta e l’eredità della guerra. Le donne conquistano il diritto di voto nel 1946, ottengono la parità formale sul mercato del lavoro, entrano in alcuni casi in politica. Solo allora la condizione della donna comincia a cambiare e si può parlare di donne “in movimento”. Incominciano a nascere organizzazioni e associazioni di donne che si uniscono per combattere assieme contro tutte le discriminazioni della società misogina che da secoli le opprime. Giovinazzo ricorda alcune donne in politica. Lina de Palma, consigliere provinciale e volano politico della segreteria provinciale della D.C. Angela Labombarda, insegnante e 1^ donna a sedersi nelle fila del consiglio comunale per il partito della D.C. Isabella Calia, assistente sociale, anche lei consigliere

Autoritratto Giuseppina Pansini comunale. DONNE ECEZIONALI. Sono solo una goccia in un mare fatto di energumeni. A metà Novecento, la cultura in generale propende al femminile ma le sue alte sfere sono “nettamente maschilizzate”. Gli uomini continuano ad avere il controllo della cultura e della produzione artistica, eccezion fatta per qualche donna eccezionale: Giuseppina Pansini, pittrice giovinazzese, cresciuta culturalmente affianco i grandi maestri dell’arte napoletana. Ha lasciato una produzione artistica troppo invitante perché il Comune di Giovinazzo continui ad ignorarla. E’ l’unica power woman (unitamente alla prof. Vita Rosa Palmiotto, 1^ donna preside della scuola media Buonarroti) in città a dispetto di una cultura evangelica della donna, sempre al centro di un’ideologia tradizionale della famiglia dove essa è vigile ai suoi doveri di madre e di sposa. Solo alla fine degli anni Sessanta questo quadro e questa immagine sono destinati a cambiare. La seconda industrializzazione, il “miracolo economico” degli anni Sessanta, comporta una ripresa e una crescita del lavoro femminile, che si diversifica e si qualifica accompagnandosi anche ad una crescita dell’istruzione. E’ in questo quadro che nei primi anni settanta si sviluppa la nuova protesta delle donne. Sono le prime donne protagoniste di un accesso di massa all’istruzione, sembra che abbiano a portata di mano le promesse dell’emancipazione ma alla fine restano sempre escluse dai posti di potere. Il sogno di una donna sindaco a Giovinazzo resta ancora lontano a venire SERGIO PISANI


Angelo D. De Palma*

8 MARZO IN DECLINO? Approfittiamo per parlare delle donne ed amarle Secondo il vario e diverso punto di vista, è stata, nel tempo, definita come «l’angelo che conduce al Paradiso» o «il più perfido strumento del diavolo» o «giardino delle mille delizie» o «ricettacolo immondo» ed ancora «l’altra parte del cielo» o la persona capace di ogni perfidia, che «con un solo pelo tira un intero bastimento al mare» o quella che, al volante, è un pericolo costante (con le varianti: «donne e motori: gioie e dolori» e «il pericolo numero uno»): è la donna. Anche quest’anno, con manifestazioni molto parche quando addirittura non virtuali, l’abbiamo celebrata il giorno 8 marzo. In ogni caso, con una modifica non trascurabile, si è parlato, quasi ogni dove, solo di «femminicidio». Non che il fenomeno non esista! Esiste ed è grave e ne sentiamo parlare, fra le notizie di cronaca, ogni giorno (quasi sempre con il paradigma: lei lascia lui, avendone trovato un altro migliore; lui la uccide e poi si suicida). Ragion per cui, proprio nella detta giornata avremmo potuto farne a meno; ed approfittare dell’occasione per ringraziare la nostra compagna di esistenza per tutto quanto di bello e di buono lei ci ha sempre dato e continua a darci. Mantenerci l’un contro l’altro armati serve solo a coloro, ed oggi sono purtroppo in tanti, che hanno dichiarato guerra all’altro sesso, dimenticando che l’uomo non esisterebbe senza la donna e la donna non esisterebbe senza l’uomo e che entrambi sono indissolubilmente la rappresentazione costante del genere umano. UN GIORNO, AD UN SIMPOSIO DI DONNE. Qualche anno fa, chi scrive venne invitato a svolgere un breve intervento presso una delle tante «feste della donna». Arrivato in ritardo alla manifestazione, si sedette nell’ultima fila e, da lì, seguì le relatrici, una dopo l’altra nello svolgimento dei loro interventi. Un’esibizione para-politica in grande stile: dottoresse in medicina, psicologhe, giuriste. Tutte con un unico finale: l’uomo è poco meno di un impenitente “killer” sociale, assetato del sangue della sua compagna. Sicchè, ad un certo punto, l’interlocutore scomodo si alzò facendo attenzione a non provocare rumori con la sedia. Dopo di che, si allontanò, all’inglese, dal locale, con lo sguardo volto verso il pavimento. Ripensando a quell’episodio, forse sarebbe stato meglio in quell’occasione chiarire a quelle signore infervorate che, per la norma dell’art. 27 della nostra Carta Costituzionale, la responsabi-

LA PIAZZA DI GIOVINAZZO. Marzo 2002, Viva le donne lità penale è personale, ciò che equivale a dire che ciascuno risponde per gli atti che compie, sia uomo sia donna e che la società umana odierna tutto è tranne che “umana”: nella giungla di ogni giorno, tutte le persone deboli vengono aggredite, e spesso pure senza ragione. Basti pensare a quanti bimbi spariscono nel nulla ogni giorno nel mondo. La donna, quando è più debole, anch’essa soccombe; quando è più forte, aggredisce anche lei ed uccide pure. COME AFFERMA LA SCRITTURA (Genesi: 1,27), «Dio creò l’uomo (= il genere umano) a sua immagine; li creò maschio e femmina». E Gesù, messo ancora una volta alla prova dai farisei, chiarisce: «Dio li creò maschio e femmina. Perciò l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà con sua moglie e i due saranno una sola carne» (come in Genesi: 2,24). Dunque l’uno e l’altra - indispensabili entrambi - in un’unica entità inseparabile, della quale l’amore è il collante universale ed immancabile. Per chi non crede, ricorderemo Gaio Valerio Catullo, il poeta della «sancta amicitia», nel carme 5: «Vivamus mea Lesbia, atque amemus». Dunque noi uomini siamo chiamati ad amare le donne. Sì. Tutte le donne, quelle che amano gli uo- * GIA’ AVVOCATO GENERALE DELLO mini. STATO A VENEZIA


big

power

women

LA FORZA DELLE DONNE Un omaggio alle donne giovinazzesi Dopo la Festa della Donna, celebrata l’8 marzo, abbiamo interpellato alcune donne in qualche modo legate a Giovinazzo: per nascita, per residenza, per professione, per impegno. Storie di donne diverse: per sensibilità, per età, per tipo di attività, per condizione di vita ma caratterizzate da grande determinazione e dalla profonda coscienza della loro identità e del loro ruolo umano, sociale, professionale.

di successo delle estati giovinazzesi, ci dedica una partecipata riflessione sulla condizione della donna nel campo artistico, con particolare riferimento all’ultimo periodo pandemico che ha paralizzato il mondo dello spettacolo ma presenta ancora occasioni di ripresa.

MARIALUISA CAMPOREALE ha vissuto l’infanzia e l’adolescenza a Giovinazzo, eÌ neo-laureata in Economia e gestione dei beni culRORAIMA ANA ANDRIANI, turali e dello spettacolo all’UniversitaÌ Cattolica di Milano, frequenta la Scuola di Scrittura ed Editoria Belleville Typee ed eÌ social media manager e copywriter di Fiuminarso, un progetto di rigenerazione sociale e culturale per il Sud Italia. E’ un esempio di “cervello in fuga” che riesce però a rendere utili le sue compedirettore INTERPOL della Direzione tenze anche per il Sud avvalendosi del Cooperazione globale e Supporto Regio- suo amore per la letteratura. nale, legata a Giovinazzo per vincoli familiari e per avervi trascorso infanzia e FRANCESCA GALIZIA, adolescenza, oltre che con lo scritto ci parla con la forza delle sue foto: in giro per il mondo, accanto a donne di varie etnie o a congressi e tavoli di lavoro dove … è l’unica donna presente: Anche per questo è importante riflettere sulla condizione della donna oggi, non solo nei Paesi in via di sviluppo, ma anche nei cosiddetti Paesi del Primo Mondo. ELISA BARUCCHIERI, ballerina, coreografa, fondatrice e direttrice artistica di ResExtensa, animatrice di eventi parlamentare del nostro collegio eletto-

A CURA DI

AGOSTINO PICICCO rale, propone il suo pensiero e la sua testimonianza di donna nelle istituzioni democratiche e nell’impegno politico.

Anche l’INTERPOL può contribuire all’affermazione della parità di genere

La gioia vera di un successo personale e professionale è nella verifica di aver contribuito con l’impegno quotidiano a tracciare un sentiero utile per l’affermazione dell’inclusione, della diversità e della parità di generi. L’energia e la determinazione che ho messo in campo non mi avrebbero dato gratificazione se non fossero state messe al servizio di un futuro di opportunità per le giovani colleghe, portatrici di valori e professionalità provenienti dagli angoli più remoti del mondo.

Roraima Ana Andriani

Riparare un oggetto rotto con l’oro, rendendolo


più prezioso: fare così con la nostra vita, dopo il Covid

Penso che tutti siamo ancora molto influenzati da inutili, banali e dannosi pregiudizi, sia voi uomini che noi donne. Ed ogni discriminazione è un inciampo, un’occasione sprecata per tutta l’umanità, un blocco che danneggia tutti, ed è nutrimento per l’ottusità umana, banalizzante e retrograda. Non siamo ancora capaci di svincolarci da gerarchie, e siamo molto distanti dalla capacità vera di valutare modi di essere differenti in maniera paritaria. È bellissimo essere differenti, con i nostri modi di percepire, di pensare, di agire! Le distinzioni di genere sono fondamentali per un arricchimento globale. Penso che tanti di noi, abbastanza da definire un numero critico sociale, siano attenti e stiano lavorando per una vera parità, anche nel migliorare sé stessi, ma sono anche convinta di tanti problemi ancora troppo presenti, in ciascuno di noi. Ogni occasione per parlarne ed arricchire il nostro pensiero è fondamentale. Il paradigma maschile determina ancora troppo il modo di pensare e valutare il valore di ogni cosa, siamo ancora sedotti da una vittoriana scala, secondo il quale, il ‘forte’, ‘lineare’, ‘produttivo’, ‘giudicante’ sono sempre migliori del ‘sensibile’, ‘esteso’, ‘sentito’, ‘accogliente’, solamente per menzionare alcuni punti. Questo influenza anche la nostra percezione dei lavori, e, chiaramente, i mestieri delle arti dal vivo sono in bassissi-

ma stima. Ovviamente: non producono beni materiali, non sono bellici e non generano scale di potere! Di nuovo, un sistema che definisce la produttività attraverso parametri da rivoluzione industriale sta influenzando un mondo che ormai è globale, tecnologico, virtuale. Ma la pandemia ha portato tutto ad uno stop forzato. Forse potremmo sfruttare le occasioni che ci offre. In questo momento noi lavoratori dello spettacolo siamo ‘fermi’ da un anno. Abbiamo avuto qualche piccola riapertura, ma siamo tra le categorie più danneggiate dalla pandemia, tra molti paradossi assurdi. È difficile, ma è anche la prima volta che sento così tanta attenzione per il nostro settore. Io penso che da questa crisi siano emersi due punti favorevoli: - tutti hanno compreso il valore delle arti tutte, necessarie per l’umanità. Senza di queste, saremmo impazziti durante il lockdown. La gente ha sentito quanto era importante emozionarsi insieme dinanzi a uno spettacolo; - tutti hanno compreso che siamo una categoria di lavoratori, e anzi che il nostro è un lavoro molto impegnativo e molto poco stimato, con una legislatura vigente che non rispecchia per niente il panorama articolato di artisti, tecnici e organizzatori. Penso che si siano poste le condizioni per una riorganizzazione dell’intero sistema, e tutta la società ne trarrà giovamento profondo. Penso di nuovo alle differenze di genere, e tornano i labirinti misteriosi dell’essere umano. Io ho scelto particolarmente bene, tra le arti, scegliendo la danza. Non solo la danza è stimata e sostenuta meno delle sue sorelle prosa e musica, ma il paradosso è che nella danza, tra i pochi campi con una maggioranza schiacciante al femminile, un pregiudizio, spesso anche mal celato, fa sì che le donne siano meno valutate come interpreti, e ancora di meno come creatrici e direttrici. Basta guardare le firme di opere, regie, coreografie, per non parlare di direzioni artistiche, per capire che c’è ancora molto

da fare, ed è difficilissimo per le donne. Di questo non si parla ancora abbastanza, ma anche qui qualcosa sta cambiando, e con la rivalutazione necessaria per una giusta ripartenza abbiamo una grande occasione per rimodulare le basi sulle quali costruiamo il nostro futuro. Ecco, io penso che sia ancora un momento difficile sotto troppi aspetti, ma penso anche che da queste crisi nascano delle grandi occasioni per migliorare, per noi stessi e per questo meraviglioso mondo nel quale viviamo. Come con il Kintsugi, che ripara un oggetto rotto con l’oro, rendendolo più prezioso, curato e unico di prima, così noi ora potremmo fare con tutta la nostra vita. Grazie per aver posto le condizioni per mettere un po’ di oro nelle crepe umane.

Elisa Barucchieri

Leggere autrici contemporanee ci aiuta a superare le divisioni e le ingiustizie

Il 22 novembre 2020 Alessandro Laterza, direttore della storica casa editrice barese che porta il suo nome, pubblica un pensiero su twitter per denunciare l’assenza, in Italia, di valide scrittrici contemporanee. È bufera. Il direttore si scusa e con un altro paio di tweet la faccenda si chiude. Io però, ancora oggi, faccio fatica a dimenticarla. Faccio fatica perché non riesco più ad entrare in una libreria Laterza


senza avvertire dentro me una sorta di tradimento. E non perché sia una donna, una scrittrice in erba o una rivendicatrice dei diritti di genere, ma perché sono una lettrice, una forsennata amante della letteratura italiana e straniera. Per me le librerie sono templi sacri, gli editori sacerdoti, e molti scrittori, di qualsiasi genere siano, divinità. Le parole sono battesimo, fonte di umanitarismo, universalità e uguaglianza. È il tradimento di questa purezza che non riesco a tollerare, a dimenticare. A maggior ragione, non riesco a farlo in questo periodo pandemico, in cui, casualmente, è stata proprio la lettura di testi di donne a salvarmi, a farmi tenere fisso lo sguardo sulla luce che ci sarà alla fine delle lande nere di cocci (di noi stessi) che stiamo smarrendo. In estate Simone de Beauvoir mi ha insegnato che la perseveranza è la panacea dei rimorsi; in autunno Virginia Woolf che la solitudine è l’esordio della poesia; in inverno Bernardine Evaristo che l’esagerazione è il contrario dell’eversione; e (quasi) in primavera Marguerite Yourcenar che lo studio sta alla base di ogni capolavoro. La letteratura non ha genere e, come la pandemia, ogni giorno ci aiuta a disimparare le distinzioni, le divisioni, le ingiustizie sociali. Non ci resta quindi che ricordarlo leggendo, anche, e soprattutto, le donne contemporanee.

Marialuisa Camporeale

LE DONNE: non una categoria ma uno strumento di ambiamento Fortunatamente a livello mondiale negli ultimi anni c’è stato un incremento della presenza femminile nei luoghi istituzionali e, dunque, anche nelle posizioni politiche di leadership, sebbene le donne siano ancora sottorappresentate nei parlamenti e nei governi nazionali. Si è compreso finalmente quanto la presenza femminile all’interno dei luoghi nei quali si decidono le sorti di un paese sia fondamentale, perché fondamentale e concreta è la sua visione della vita. Nel nostro Parlamento c’è forse per la prima volta una rappresentanza significativa di donne che hanno tutte voglia di battersi perché il mondo sia più a dimensione femminile.

Indubbiamente il ruolo politico per una donna è assai più complesso da gestire rispetto all’uomo. Io personalmente spesso affronto ritmi massacranti, districandomi tra famiglia, lavoro e politica, ma fortunatamente posso spesso delegare avendo un supporto familiare ben organizzato. Mi ritrovo di sovente ad essere multitasking, riuscendo a fare più cose contemporaneamente, sorprendendomi io stessa delle numerose cose svolte in una sola giornata. Le donne sono così: esseri straordinari, dotate di coraggio, determinazione e forze sconfinate. Ciononostante, le vite, le passioni, le scelte lavorative di molte donne sono state per anni sacrificate ed ora ancora una volta, in nome della logica emergenziale, esse stanno subendo, per certi versi più di altri, gli effetti devastanti della pandemia: la crisi da Covid19 ha messo a nudo i limiti di un sistema, svelandone disuguaglianze sistemiche di genere. Come donna e mamma credo fortemente che si debba cambiare rotta e fare tutto il possibile perché nel nostro Paese la donna possa ricevere più dignità, rispetto, attenzione, opportunità. Dobbiamo liberare tempo per le donne e rendere possibile lo sviluppo di un’occupazione femminile più estesa, qualificata e adeguatamente retribuita, un obiettivo che deve però ben rapportarsi con quelli per la famiglia, per i servizi sociali, per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, per una maggiore presenza delle donne ai livelli decisionali. Tra non molto grazie alle risorse europee del Recovery Fund e al riordino della spesa nazionale avremo un’occasione incredibile per liberare il potenziale professionale delle donne, che non dovranno essere più considerate una categoria, ma dovranno rappresentare uno strumento prezioso di cambiamento sul quale investire.

Francesca Galizia


UN DIALOGO SULLE DONNE

«Buongiorno ragazzi - esordì il professore in classe - oggi vorrei proporvi come argomento il dialogo sulle donne». «Importante» - risposero gli alunni. Meno interessate le ragazze. «E’ finito febbraio come un raggio di luce oscura - incalzò il professore. Mancano pochi giorni alla festa delle donne». «Io non voglio parlare delle ragazze - gridò la spilungona. Qui al Borgo vecchio le ragazze sono ancora delle serve. Preparano il pranzo e la cena al padrone di casa, come una volta con il ‘vossia’ e con il baciamani. Le nostre donne sono sempre in cucina, tra fornelli, pentole e lavandini». «E’ una buona occasione per riflettere su come gli uomini o i ragazzi devono trattare le donne e le ragazze». «Non c’è niente da fare - s’irritò la più grande. Le ragazze vogliono soltanto i pantaloni. Qui le ragazze a 14 anni fuggono di casa». «Io non voglio fuggire da mio padre - intervenne Grazia - come una mia amica che, per scansare suo padre padrone, è finita nelle mani di un drogato. Ora ha due figlie e quello scansafatiche è finito in carcere. Io non mi butto nelle braccia di chi mi venera all’apparenza e poi mi riempie la faccia di sberle. Io mi faccio bella non per nascondere le sberle degli uomini». «Hai assolutamente ragione assentì il professore. Allora che dite possiamo riflettere su questa situazione? Possiamo discutere sull’amicizia e non più sulla schiavi-

il mio diario DI DON PAOLO TURTURRO*

tù di fuggire di casa per fidanzarsi e per attendere un bambino prima del tempo. Io vorrei proporre questo tema: La donna è vita». «Professore - disse un’alunna - quando si diventa donna?» «Come vedete siete davvero interessate. Non si è donna perché a 14 anni si partorisce un figlio. Come consideri tua madre, cara Gisella?». «Mia madre si sacrifica ogni giorno. E’ in piedi dall’aurora a mezzanotte. Sa discutere con suo marito e pretende da mio padre che noi figli siamo trattati con rispetto. Ci tiene alla nostra crescita e alla nostra maturità umana. «Mia madre - rispose Giovanna - è tutta l’opposto. Lascia i piatti da lavare e se noi figlie non interveniamo si rischia in casa un colera. «Mia madre - gridò Maria - urla sempre. Pensa di aver ragione gridando. Mio padre è sordo e non ci fa caso. In casa regna l’incomprensione totale. «Io reputo - corresse il professore - che ogni madre ha il proprio da fare in una famiglia, dove non ci sia dialogo. Ecco, ragazzi e ragazze, è necessario crescere in dialogo. Tu, caro Giuseppe, riesci a dialogare con la tua amica?. «Non ha amiche, sghignazzò il vagabondo della classe. «Tra me e la mia amica c’è un’armonia di intese - rispose Giuseppe. Non ci manifestiamo con quisquilie e con affetti svenevoli. Io ho appreso da mio padre la serietà dell’amore con mia madre. «Il dialogo, cari allievi, diventa sempre più interessante e il meglio deve ancora arrivare. Che ne pensate di questa festa? Sapete come è nata?. «Certo, professore - rispose Gisella. Si bruciò una industria a New York, dove lavoravano sole donne. Morirono tutte. Non ci fu niente da fare. Salvare donne, poi, non è stile degli uomini, né di allora e né di oggi. Dinanzi all’industria tessile c’era un albero di mimosa. I passanti strapparono rami di mimosa e riempirono il marciapiede pieno di quei profumi. La tradizione resta ancora, come se le donne dovessero oggi essere bruciate o scannate per amore. L’uomo è possessivo e la sua violenza lo fa divenire bestia.

«Non offendiamo gli animali - gridò la spilungona e continuò: «L’amore è sincerità, è rispetto, è attesa, è dono per l’amata per tutta la vita». «Molti matrimoni - commentò Maria - sono nulli, perché costretti da varie situazioni». «Ecco - riprese il professore - siamo arrivati al dunque. Molte mamme sono preoccupate per lo spaccio di droga nel nostro quartiere. Alcune sono venute da me per proporre una giornata per bruciare la droga nella piazza del nostro quartiere. Voi che ne dite?». «Figurati se le nostre mamme escano di casa a protestare per la droga, sbuffò Giuseppe. Bene, siamo arrivati al primo scoglio. Uno scoglio non può arginare il mare. Ma tanti frangiflutto possono spaccare le bustine. Inviterò nella prossima lezione le vostre mamme. Non si presenterà nessuna - ironizzò Nicola il ‘colapesce’. Non fu così. Si presentarono tante e dal professore quelle donne furono nominate: mamme coraggio. Intanto per tutta la settimana gli allievi disegnarono in classe molti inviti inneggianti alle donne. Ben duemila disegni distribuiti nella festa dell’8 marzo, in mezzo alle strade. Fu così che i giornali ne parlarono, tanto che la prima rete TV nazionale organizzò una diretta sull’iniziativa di bruciare la droga al Borgo vecchio di Palermo. Furono le mamme a incoraggiare gli allievi, loro figli, che avevano preparato cartelloni con siringhe e spinelli, a bruciare il tutto con una fiamma nuova nelle case di queste famiglie. Gli allievi, l’indomani, ritornarono a scuola con la certezza di essere guidati da mamme forti, dinamiche e coraggiose. Gisella scrisse un cartellone all’entrata della scuola: La donna è vita. Rimase appeso per tutto l’anno scolastico. Il preside rimase contento del dialogo avviato tra gli alunni e le loro famiglie. In quell’anno le ‘fuitine’, le scappatelle, furono pochissime, grazie al dialogo avviato in classe da quel professore. C’era una volta la scuola e ora? *PRETE ANTIMAFIA




echi

del

mese

DI

GIANGAETANO TORTORA

FATE PRESTO SUCCEDE SOLO ASembrava GIOVINAZZO un allarme. Ma era solo il titolo della nostra copertina 24 febbraio Quando la realtà supera l’immaginazione! Non c’è che dire: la copertina di marzo del nostro giornale, intitolata FATE PRESTO, ha davvero fatto rumore... Talmente rumore da provocare il panico negli avventori dell’edicola della stazione ferroviaria, che leggendo la scritta FATE PRESTO si sono appunto affrettati a chiedere spiegazioni alla titolare dell’esercizio. Come porre rimedio a questo esilarante equivoco? Semplice: la titolare dell’edicola ha fatto presto…a modificare la copertina con un foglietto bianco (come si può notare dalla foto). Succede solo a Giovinazzo! 21 febbraio «TI SBATTONO A DIRIGERE IL TRAFFICO A GIOVINAZZO» Giovinazzo alla ribalta nella prima puntata della fiction di Raiuno Le indagini di Lolita Lobosco, girata a Bari e dintorni. «Ti sbattono a dirigere il traffico a Giovinazzo» è stata infatti la frase pronunciata dall’ispettore di Polizia, nel tentativo di spegnere le velleità investigative della vice questore Lolita, interpretata da Luisa Ranieri. In poco tempo la frase è diventata virale su Facebook, suscitando ironie, speranze di avere effettivamente un giorno la protagonista della fiction a Giovinazzo, ma anche qualche polemica. A nostro avviso, non si è certo trattato di uno sfregio nei confronti del paesello, il cui nome è invece e in ogni caso rimbombato nei televisori di milioni di italiani.

L’associazione 2hands Giovinazzo non si ferma più: 25 volontari sono stati impegnati in località Pietre Rosse, nel primo cleanup ufficiale organizzato dalla detta Associazione nell’agro giovinazzese. Un’operazione quanto mai opportuna, considerato che la zona Pietre Rosse si trovava in uno stato di vero degrado. I volontari, nel rispetto ovviamente delle misure anti-Covid, sono infatti arrivati a raccogliere ben 1052,08 kg di rifiuti (60,86 kg plastica; 384,67 kg indifferenziato; 199,5 kg vetro; 350,7 kg gomma; 32 kg ceramica; 24 kg ghisa e 0,34 kg polistirolo). Data la criticità dell’area, 2hands Giovinazzo è stata affiancata dall’Azienda Agricola DepaloOLEA, la quale ha prestato il proprio aiuto nell’operazione di pulizia mettendo gentilmente a disposizione il trattore e il rimorchio aziendale. Nonostante l’elevato numero di rifiuti raccolti, la zona presenta ancora degli angoli in condizioni critiche, angoli sui quali l’Associazione 2hands Giovinazzo prevede di intervenire prossimamente. Sempre nell’ottica della tutela del bene comune e restando aperta a ogni forma di collaborazione.

22 febbraio IL GRANDE CUORE DEL GRUPPO FRATRES, TRA DONAZIONI E VACCINAZIONI Mai come in questo periodo di emergenza sanitaria i membri del direttivo del gruppo FRATRES Luigi Depalma Giovinazzo O.d.V. non sono rimasti inerti, anzi. Loro sensibilizzano alla cultura della donazione e i nostri concittadini rispondono presente… Non solo: il gruppo FRATRES (come da delibera del Consiglio direttivo del 22 febbraio) ha anche fornito al distretto socio-sanitario 1 Giovinazzo21 febbraio INTERVENTO 2HANDS GIOVINAZZO Molfetta la disponibilità della propria sede di via Marconi per effettuare le vaccinazioni anti-covid. Un modo ulteriore, questo, per PIETRE ROSSE privilegiare la cura e l’attenzione della salute del prossimo. Noi siamo certi che i giovinazzesi di ogni età, seguendo l’invito FRATRES, continueranno a donare ancora… 2 marzo REGOLAMENTI CANONE UNICO PATRIMONIALE Con deliberazioni di Consiglio Comunale nn.6 e 7 del 2 marzo 2021, il Comune ha approvato i regolamenti relativi al canone unico patrimoniale che


sostituisce la tassa di occupazione, l’imposta di pubblicità e il canone mercatale. L’Amministrazione Comunale ha affiancato quotidianamente l’ufficio fiscalità locale nella redazione dei regolamenti, proponendo diverse integrazioni (esoneri, riduzioni e sconti finalizzati alla ripresa economica) non previste per legge o da precedenti regolamenti.

riusciti a risalire all’identità del proprietario dell’auto e ad elevargli la sanzione prevista. 13 marzo MARINELLA FALCA ELETTA NEL DIRETTIVO CONI PUGLIA La 34enne atleta giovinazzese di ginnastica ritmica Marinella Falca, medaglia di argento alle Olimpiadi di Atene nel 2004 e vincitrice di

6 marzo INDOVINA CHI VIENE A (S)CENA AL TEATRO ODEION

Ha fatto tappa anche al teatro Odeion di Giovinazzo, sede della Fondazione Defeo-Trapani, il format in streaming Indovina chi viene a (s)Cena, ideato per il fine settimana dal Teatro Pubblico Pugliese in collaborazione con vari Comuni, tra cui proprio il Comune di Giovinazzo, Pugliapromozione, Pugliesi nel mondo e Inchiostro di Puglia. Al teatro Odeion sono andate in scena due diverse rappresentazioni visibili gratuitamente da casa previa prenotazione. Dapprima Reggimento Carri | Teatro robertocorradino e poi è stata la volta della compagnia Senza Piume Teatro con la rappresentazione L’anniversario in collaborazione con Bembé Arti Musicali e Performative, in quest’ultimo caso con l’attore concittadino Damiano Nirchio abile a raccontare aneddoti riguardanti Giovinazzo e suoi personaggi noti come don Saverio Bavaro.

prestigiosi titoli sportivi internazionali, è stata eletta nel direttivo del CONI Puglia come rappresentante degli atleti. Un grande riconoscimento ai meriti appunto sportivi ma anche alla grande abnegazione di Marinella, sempre sugli scudi persino quando ha dovuto ingoiare bocconi amari come la perdita dell’amata mamma. La sua elezione è stata accolta con soddisfazione dal sindaco Tommaso Depalma, con queste parole: “E’ una notizia che ci riempie di orgoglio perché Marinella Falca ha rappresentato Giovinazzo e l’Italia nel mondo. Siamo sicuri che, così come è stata una grande atleta, sarà anche una grandissima dirigente del CONI. E le diciamo che Giovinazzo farà sempre il tifo per lei, qualunque cosa faccia”. 16 marzo RFI E COMUNE DI GIOVINAZZO INSIEME PER RIQUALIFICAZIONE STAZIONE FERROVIARIA

12 marzo ABBANDONO RIFIUTI: FOTO TRAPPOLE BECCANO UN ALTRO INCIVILE

Prosegue senza sosta la lotta del Comune di Giovinazzo all’abbandono illegale dei rifiuti tramite le foto trappole di volta in volta installate in varie zone della città. Nuovo trasgressore, l’incivile beccato sulla strada provinciale Giovinazzo-Bitonto. Come si vede dalla foto, la persona a bordo dell’auto è stata immortalata mentre lancia un sacchetto di rifiuti dal finestrino. Gli agenti del Comando di Polizia Locale di Giovinazzo, grazie alle foto della targa, sono

Siglato dalla responsabile della Direzione Stazioni di Rete Ferroviaria Italiana Sara Venturoni e dal sindaco di Giovinazzo Tommaso Depalma un protocollo d’intesa per valorizzare l’ex scalo merci e il piazzale della stazione. L’accordo prevede la realizzazione di un nuovo parcheggio pubblico intermodale gratuito e il ridisegno della piazza con ampi spazi pedonali e aree verdi, elementi di arredo urbano innovativi e sostenibili e stalli per auto, bus e bici, in continuità con la pista ciclo pedonale green way prevista dal Comune. I lavori saranno eseguiti da RFI con un investimento pari a 1,3 milioni di Euro. Il Comune, a sua volta, si impegnerà a migliorare la viabilità urbana, anche ciclopedonale, e i percorsi TPL da e per la stazione nonché a promuovere, nelle aree riqualificate, servizi di interesse collettivo, oltre a garantire la manutenzione ed il de-


coro degli spazi in gestione. RFI ha già avviato nello scalo ferroviario la riqualificazione di marciapiedi, pensiline e sottopasso oltre all’installazione di due ascensori per rendere la stazione più accessibile, confortevole e funzionale al pubblico. Il totale investimento (comprensivo della suddetta somma di 1,3 milioni) è superiore a 4 milioni di Euro. L’intero iter dell’accordo con RFI è stato seguito direttamente dall’assessore ai lavori pubblici e patrimonio Gaetano Depalo.

Queste le decisioni, che resteranno in vigore fino al 6 aprile: - per ora è sospesa l’attività del mercato settimanale del venerdì in zona 167; - prosegue, invece, l’attività del mercato ortofrutticolo giornaliero dove si continueranno ad adottare tutte le misure per evitare la diffusione del virus e continuerà il controllo dei vigili urbani; - per le attività di ristorazione (bar, ristoranti, pizzerie) l’asporto sarà possibile fino alle ore 22.00; - il cimitero comunale resterà chiuso nelle giornate di sabato e domenica; - le attività di open shop dovranno chiudere alle ore 18.00.

21 marzo COMITATO FESTE PATRONALI: LA QUARTA VOLTA DI GAETANO DAGOSTINO Con decreto firmato dal nostro Vescovo mons. Domenico Cornacchia è stato ufficialmente rinnovato per il quarto anno consecutivo a Gaetano Dagostino l’incarico di presidente del Comitato Feste Patronali. La presentazione del gruppo che avrà quindi il compito di organizzare i festeggiamenti in onore della Madonna di Corsignano è avvenuta in Concattedrale, al termine 17 marzo RIUNITO IL COC, della santa messa celebrata dal parroco don Andrea Azzollini. GIANGAETANO TORTORA MISURE ADOTTATE DAL COMUNE FINO AL 6 APRILE Riunione a Palazzo di Città del COC (Centro Operativo Comunale) per adottare nuove misure, ulteriori rispetto a quelle già disposte dal governo nazionale per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19. All’incontro hanno partecipato il sindaco Tommaso Depalma, l’assessore con delega alla Protezione Civile Natalie Marzella, l’assessore con deleghe allo Sviluppo Economico e Polizia Locale Salvatore Stallone, il comandante della Polizia Locale di Giovinazzo Ivano Marzano e il presidente del Ser Molfetta Salvatore Delvecchio.



storia

nostra DI D IEGO

DE

C EGLIA

NELL’ANNO DEDICATO A SAN GIUSEPPE

NIENTE ALTARINI! Era il 2000 quando su queste pagine a corredo dell’articolo I Santi intercedono per noi pubblicammo una vecchia foto in bianco e nero della tela ovale, che sovrasta il primo altare in cornu evangelii della nostra Cattedrale, raffigurante San Giuseppe e Santa Teresa d’Avila. La santa il 31 marzo 1657, unitamente all’Immacolata Concezione e a San Francesco Saverio, era stata eletta ulteriore protettrice di Giovinazzo con voto fatto dalla città «per gli imminenti pericoli del contagio che ha toccato diverse città». Una pestilenza, famosa per le innumerevoli vittime che mieté, in quel periodo aveva infatti infestato tutta la penisola. Riproponiamo su questo numero l’immagine di quella tela per diversi motivi: 1°) l’opera è recentemente tornata in Cattedrale dopo il restauro ed è ammirabile in tutto il suo splendore, possiamo perciò riproporne l’immagine fotografica a colori; 2°) in essa è raffigurato, oltre a Santa Teresa, anche S. Giuseppe al quale il Papa ha voluto dedicare l’anno 2021 poiché ricorre il 150° anniversario di elezione di detto Santo a patrono della chiesa Universale, 3°) al detto Santo la città di Giovinazzo, o meglio alcuni giovinazzesi, erano e sono legati da una particolare devozione caratterizzata da una tradizione forse folcloristica ma di grande impatto visivo e religioso ovvero l’allestimento nelle abitazioni private di altarini aperti per la visita e la preghiera al pubblico, con distribuzione di pane, “coretti” e tarallini benedetti pregni di un potere taumaturgico per chi li preparava e per quanti li ricevevano in dono. Questa tradizione anche quest’anno,

CATTEDRALE DELL’ASSUNTA Tela ovale che sovrasta il primo altare raffigurante San Giuseppe e Santa Teresa d’Avila come lo scorso 2020, non si potrà rinnovare a causa della dilagante pandemia. Della immagine che qui offriamo, possiamo fornire solo scarne informazioni: l’opera, olio su tela, del XVIII secolo, è attribuibile alla bottega del pittore giovinazzese Saverio De Musso (n. 1681- m. 1763); certamente il committente doveva avere un forte legame devozionale con San Giuseppe infatti proprio sull’altare dove è esposto quel quadro alcuni cittadini, avevano disposto che fossero celebrate delle messe in suo onore; vi è una correlazione tra i due santi effigiati. Sebbene dalla Bibbia ben poco si conosce dell’operato di San Giuseppe, è certo che egli fu padre putativo di Gesù, per questo il giorno in cui la Chiesa solennizza il suo nome è stato dedicato anche a tutti i padri di famiglia (festa del papà), festa che, con tutta la confusione ormai dilagante sui ruoli dei vari membri della Famiglia (con la “F” maiuscola), speriamo sopravviva e non venga soppressa, così


come, nel 1977, venne abolita come precetto la festa di S. Giuseppe (che quindi non fu più giorno festivo dal lavoro). Di San Giuseppe, trattano nei primi secoli del cristianesimo già i padri della Chiesa come S. Gregorio Nazianzeno (IV secolo d.C.), ma colei che per prima ha cominciato a divulgare tra il popolo la devozione verso questo Santo è stata proprio Santa Teresa d’Avila (1515-1582) come possibile rilevare dalla sua autobiografia della quale riportiamo alcuni stralci:

ca ed essergli devoti. … Chi non avesse maestro da cui imparare a far orazione, prenda per guida questo Santo glorioso, e non sbaglierà… Egli, da quegli che è, mi ha dato di potermi alzare da letto, raddrizzarmi e camminare…».

Sicuramente oggi per un credente, in questa grave situazione di emergenza socio-sanitaria in cui viviamo, proprio noi giovinazzesi che ogni anno ci portavamo devoti per le vie della città, di casa in casa, per visitare gli altarini di S. Giuseppe e ricevere i tarallini benedetti per farne a nostra volta distribuzione fra parenti e amici, penso che dobbiamo pregare detto Santo, perché si avveri quanto detto da S. Teresa:

«Quando vidi lo stato in cui mi avevano ridotta i medici della terra e come fossi tutta contorta in così giovine età, decisi di ricorrere ai medici del cielo … Ecco qui il nostro errore: non voler rimetterci in tutto nelle mani di Dio che sa meglio di noi quello che ci conviene. Cominciai «Qualunque grazia si domanda a San Giuseppe verrà cera far celebrare messe e a recitare orazioni approvate. … tamente concessa, chi vuol credere faccia la prova afpresi per mio avvocato e patrono il glorioso S. Giuseppe, finché si persuada». e mi raccomandai a lui con fervore. Questo mio Padre e Non è un caso quindi che S. Giuseppe sia effigiato insieme a Protettore mi aiutò nella necessità in cui mi trovavo e in Santa Teresa d’Avila nella tela della cattedrale. molte altre più gravi in cui era in gioco il mio onore e la DIEGO DE CEGLIA salute della mia anima. Ho visto chiaramente che il suo aiuto mi fu sempre più grande di quello che avrei potuto sperare. Non mi ricordo finora di averlo mai pregato di una grazia senza averla subito ottenuta. Ed è cosa che fa meraviglia ricordare i grandi favori che il Signore mi ha fatto e i pericoli di anima e di corpo da cui mi ha liberata per l’intercessione di questo Santo benedetto. Ad altri Santi sembra che Dio abbia concesso di soccorrerci in questa o in quell’altra necessità, mentre ho sperimentato che il glorioso S. Giuseppe estende il suo patrocinio su tutte. Con ciò il Signore vuol farci intendere che a quel modo che era a lui soggetto in terra, dove egli come padre putativo gli poteva comandare, così anche in cielo fa tutto quello che gli chiede. Ciò han riconosciuto per esperienza anche altre persone che si sono raccomandate al suo patrocinio… Non ho conosciuto persona che gli sia veramente devota e gli renda qualche particolare servizio senza far progressi in virtù. Egli aiuta moltissimo chi si raccomanda a lui. È già da vari anni che nel giorno della sua festa io gli chiedo qualche grazia, e sempre mi sono vista esaudita. Se la mia domanda non è tanto retta, egli la raddrizza per il mio maggior bene…. Chiedo solo per amore di Dio che chi non mi crede ne faccia la prova, e vedrà per esperienza come sia vantaggioso raccomandarsi a questo glorioso Patriar-


DANIELE DE GENNARO SUPER CONCORRENTE DI ‘Chi vuol essere milionario’

DI SERGIO PISANI

La scalata al milione è lunga, perigliosa e piena di domande insidiose. Riuscirà il nostro Principe del Foro, il nostro fiero oppositore del Governo cittadino, il futuro 17° (sic!, proprio 17) sindaco della città di Giovinazzo, il “so-tutto-io”, ad arrivare in fondo? Scopriamo le domande, molte, suggerite dal Tommaso Bartezzaghi di casa nostra

1) Tom ha mal di testa. Il dottore gli dà 9 pastiglie e gli dice di prenderne una ogni tre quarti d’ora. Sono le 11. A che ora Tom prenderà l’ultima? Se le pasticche per il mal di testa gli fanno lo stesso effetto di quelle prese prima del consiglio comunale sulla sfiducia del 26 febbraio, meglio che non ne prenda neanche una!

sizione l’ho creata io!» 4) E’ un mezzo capopopolo ma non siede in Consiglio Comunale Girolamo Capurso è molto più che un mezzo capopopolo: è un ferroviere che ci condurrà come un treno ad alta velocità sui binari della vittoria!

5 ) Il politico giovinazzese che sta riscrivendo insieme a Draghi il Recovery Fund per il Sud 2) Lapanza, notissimo indipenden- Sono addirittura due! Il Sindaco, ora anche assessore al Bilancio, e il consite giovinazzese Ne girano tanti di indipendenti alla gliere Iannone, Presidente della ComLapanza, specie in questo periodo… missione Bilancio. 3) É ritornato al “sano” ruolo di 6) Il politico locale, sempre trombato alle elezioni, sempre opposizione Come direbbe Pippo Baudo: «L’oppo- sospeso tra Che Guevara e il com-


pagno Nichi Nichi Vendola le elezioni le ha sempre vinte… 7) Noto giornalista locale, che, in mancanza di meglio, apre i sacchetti dell’immondizia e fa Nome e Cognome degli inzivosi Difficile che qualche giornalista voglia «sporcarsi le mani». 8) La bicicletta con cui Tom va al Gabinetto del Presidente della Regione Emiliano Non so la marca. So solo che è rigorosamente caricata sui mezzi comunali! 9) Fanno più male delle bombe delle sei del pomeriggio Le BALLE SPAZIALI di PrimaVera Alternativa 10) Lo è il contrappunto dell’Alfiere Duro con me! Sempre e comunque.

le 8.00? Troppo giovane per saperlo! Non ero ancora nato quando indossava la fascia tricolore! Ma sono quasi certo che non 11) Indossa sempre un outfit riciclato con zatteroni più andasse anche lui a contare le buche presenti per strada. adatti a una spiaggia che a una celebrazione solenne Tanto più il giorno di Natale. quale la processione della Madonna L’ULTIMA DOMANDA PER DIVENTARE MILIOSono un gentleman ed un avvocato: mi avvalgo della facoltà di non rispondere, perché ogni dichiarazione potreb- NARIO. La più infida. Prima però ci sveli, Avv., cosa farà con 1mln di euro vinti? be essere usata contro di me! 12) Il Maradona povero di casa nostra, piccolino di Non mi raddoppierò l’indennità! corporatura e famoso per le sue scintille d’estro con il 15) L’iscrizione lasciata da un writer sotto il numero civico 93 di via Cairoli, sede de La Piazza di sinistro magico Mimmo Ungaro! Chi ha la mia età gli ha visto fare cose al Giovinazzo? (Chiedi l’aiuto da casa a Tom, al pubblico di PVA o fai 50 e 50?) Campo Marconi, durante i tornei della Madonna, che Ho la risposta. La Piazza mon amour, ovviamente! Preferisco neanche Messi sarebbe capace di fare! 13) Lo psicofarmaco da somministrare a Matteo Salvini non avvalermi dell’aiuto di nessuno. 50 e 50 poi rinnova la Il siero della verità! Visto che un giorno dice una cosa ed il paura del ballotaggio del 25 giugno 2017.... giorno dopo il suo esatto contrario! Chissà che non ci dica - È la tua risposta definitiva? L’accendiamo? Sì, mi sono recato sul posto con la mia Graziella. Ho la foto. anche i nomi dei suoi sostenitori in Consiglio comunale a L’accendiamo. Cerchiamo piuttosto di spegnere i roghi Giovinazzo. accesi da alcuni eretici della cosa pubblica che bruciano 14) Perché il sindaco Scivetti usciva di casa alle 5.00 del mattino e raggiungeva il Palazzo di città solo dopo come punizione nei cuori della gente! SERGIO PISANI

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il

ricordo

A CURA DELL’ARCH.

MICHELE CAMPOREALE*

NICOLA DOLCIAMORE, ARCHITETTO E PROTOMAGISTER SPECIALISTA IN RESTAURI Curò il recupero del casino Montedoro, del Monastero delle Benedettine, del Casale San Martino La recente scomparsa di Nicola Dolciamore non passa inosservata sia per quello che rappresenta il suo lavoro sul piano materiale, che per le implicazioni sul piano civile. Come architetto ne ricordo sommessamente la figura anche per ragioni anagrafiche oltre che per il mio rapporto personale. Aveva 75 anni e per età rappresentava il decano degli architetti che operano a Giovinazzo, anche se negli ultimi anni per ragioni familiari era andato a vivere a Bari. Occorre pertanto raccoglierne l’eredità anche in termini di responsabilità, pensando che questa professione come accaduto nel ’900 ha implicazioni etiche. In quanto della formazione e sensibilità di un architetto parlano anche le cose realizzate, perché diventano permanenti e dialogano con il loro contesto edilizio ed urbano, e come tali comportano una responsabilità pubblica oltre che estetica. Credo che Nicola nella sua opera avesse a mente questa implicazione.

SPECIALISTA IN RESTAURI. Nicola per la mia conoscenza ha avuto un grande ruolo nel campo del restauro di fabbriche storiche locali, impegnando ingenti risorse personali e familiari in questa sua visione. Vorrei ricordare in merito il recupero del quattrocentesco casino fortificato Montedoro in agro di Giovinazzo, che ha condiviso come abitazione privata, il monastero romanico delle Clarisse più noto come Monastero di San Giovanni Battista o delle Benedettine, oggi albergo S. Martin. E non ultimo il complesso cinquecentesco di San Martino sulla via per Terlizzi, più noto come Villa del Vescovo. Sono interventi di recupero di fabbriche importanti per la storia ed il contesto di Giovinazzo, in cui Nicola ha tradotto conoscenze ed esperienza professionale riconosciute dalla Soprintendenza, e riportate anche in due pubblicazioni di cui è stato editore oltre che autore, una delle quali dedicata al restauro del monastero dal titolo Il Restauro del Monastero di S. Giovanni Battista in Giovinazzo. L’altra, alle ipotesi sulla origine della città di Giovinazzo dal titolo I Peuceti in Terra di Bari. Il mio rapporto personale con l’architetto Dolciamore si è intensificato soprattutto nel corso degli anni ’90 durante la mia breve esperienza assessorile durata due anni, in cui ponemmo al centro della azione amministrativa il rilancio del recupero materiale del centro antico della città. In quegli anni il quadrilatero che comprendeva il Monastero di San Giovanni Battista tra la via Spirito Santo, la piazza delle Benedettine ed il percorso antemurale risultava transennato ed interdetto alla fruizione pubblica per lo stato di avanzato degrado e rischio incipiente di crollo delle parti murarie. È stata quella l’occasione in cui gli ho prospettato la necessità di un impegno personale per il monastero, senza il quale la città avrebbe perso questa importante testimonianza del suo passato: la sua competenza ed esperienza ha permesso di salvaguardarne l’integrità e restituirne la


A PROPOSITO DEL RESTAURO DEL MONASTERO DI S. GIOVANNI BATTISTA «.Dedicato ai Giovinazzesi, non solo residenti a Giovinazzo, ma anche a quelli che nei secoli passati, per avverse condizioni socio – economiche della terra in cui vivevano, sono stati costretti ad emigrare all’estero….» NICOLA DOLCIAMORE

qualità architettonica impiegando maestranze sapienti nelle tecniche di restauro lapideo, con il conforto e vigilanza assidue della Soprintendenza. Ricordo come se fosse ieri, il primo sopralluogo congiunto in cui ci siamo arrampicati con scale a pioli fin sul terrazzo del terzo livello, con grande rischio, riscontrando le difficoltà dell’intervento di restauro e la gravosità delle risorse da impegnare. È stata mia cura successivamente assisterlo nelle transazioni per acquisire le varie particelle, perché la proprietà risultava estremamente frammentata, ed il suo temperamento e passione mal si conciliavano con trattative lunghe ed estenuanti. Era stata probabilmente questa frammentazione all’origine del degrado e dei mancati interventi, insieme al carattere specialistico delle opere di restauro di un immobile giustamente vincolato. Senza la sua passione ed intervento diretto non sarebbe stato possibile ridare carattere unitario al suo restauro, non senza ansie da parte sua e della famiglia. Cito sempre dalla prefazione del libro le sue considerazioni in merito: «L’operazione di restauro del complesso

conventuale di San Giovanni Battista è stata ardua, faticosissima, costosissima; ma questi aspetti non sono stati assolutamente avvertiti durante la fase dei lavori, perché la gioia della scoperta di una moneta, di un capitello, di un’ornia, di un pavimento ritrovato metri al di sotto dell’iniziale piano di calpestio, hanno fatto dimenticare fatica, amarezze, difficoltà economiche, perché si coagulavano certezze su siti antichi, di cui avevano parlato scrittori antichi, ma di cui non vi erano prove documentarie». E’ superfluo riportarvi la mia meraviglia quando per la prima volta con i restauri in corso, mi ha condotto all’interno del chiostro riportato alle sue vestigia originarie perché liberato dalle superfetazioni che ne occludevano gli archi e le volte portanti, o sotto la volta circolare ribassata in pietra al primo piano di origine romanica, ed al cospetto dei conci di tufo che rappresentano la porta urbica di accesso dalla cinta romana. IL SUO IMPEGNO CON IL FAI. Il mio sodalizio con lui ha vissuto una ulteriore stagione fertile in quest’ultimo decennio, in cui accanto al mio ruolo di capogruppo in rappresentanza del Fondo Ambiente Italiano per il territorio di Giovinazzo, Molfetta, Terlizzi e Bitonto si è reso partecipe alle nostre iniziative nazionali di conoscenza del patrimonio storico ed architettonico di Giovinazzo. Questo ha permesso di far conoscere a migliaia di cittadini dandone riscontro sulle cronache nazionali in occasione delle Giornate FAI di Primavera, l’importanza e la qualità architettonica del casale di San Martino, documentandone le varie fasi di restauro che aveva avviato e concluso. Partecipava direttamente come Cicerone ad illustrare la storia e il restauro dei manufatti. In più occasioni ha accolto i nostri visitatori ed iscritti nel monastero di San Giovanni Battista sempre a titolo volontario e gratuito sottraendo tempo e domeniche alla famiglia, e tenendo lezioni formative ai nostri ciceroni presso il Liceo Spinelli: come capogruppo sono stato onorato di sottoscrivergli la tessera di socio sostenitore del FAI. Tuttavia Nicola va ricordato andando oltre il suo impegno coerente a tutela del patrimonio storico. La sua testimonianza ha avuto riscontri sul piano civile sempre al servizio della comunità. Ricordo la sua esperienza di presidente della locale sezione della Pro Loco, in cui ha regalato alla città alcune opere degne di nota come il Monumento al Marinaio posto all’imbocco del viale che conduce al cimitero monumentale, o la cancellata in ferro che protegge quello che comunemente viene indicato come il Casale di Corsignano. E ed ancora l’altare in legno ora rimosso che era presente in Cattedrale, testimonianza di un ecclettismo e capacità di indagine che affrontava anche la scala del design. In questi casi, pur non condividendone gli esiti formali mi sono chiesto quali fossero le matrici ideologiche e culturali della sua formazione, ritrovando un riferimento comune nel restauro e nella sua opera a tutto quello che richiama il mondo e la cultura materiale del mondo religioso e cattolico. Io conservo un testo sulla Chiesa di San Giovanni Battista opera dell’architetto Giovanni Michelucci proveniente dalla libreria di Nicola. Mi testimonia evidentemente la sua formazione e riferimento ad una certa tradizione che un po’ semplicisticamente veniva definita “neorealismo in architettura” di cui il maestro Michelucci che ho avuto il privilegio di conoscere a Firenze insieme alla sua architettura (vedasi la stazione, la borsa merci, la sua fondazione, etc..) è stato interprete, andando oltre. Uno degli ultimi cantieri che Nicola ha seguito in questi ultimi anni è stata la realizzazione di una chiesa contemporanea dalle parti di Corato, di cui andava molto orgoglioso, e prima ancora negli anni ’80 la chiesa di Sant’Achille a Molfetta. D’altronde per Nicola il destino aveva presentato una carriera che da giovane seminarista l’avrebbe condotto senz’altro ad un ruolo di rilievo nelle gerarchie ecclesiali per le sue capacità ed intelligenza. La formazione al politecnico a Torino ha fatto il resto, e mi piace pensare che questa sua frequentazione seminariale non sia stata casuale nel ridare vita alle fabbriche ed ai conventi religiosi. Per chi come me crede nella epigenetica, forse il destino dell’arch. Nicola Dolciamore al di là delle sue origini in una famiglia di piccoli commercianti di tessuti, non poteva essere altrimenti. Insieme alla responsabilità di ricordarne l’esempio, vi è il rammarico che * CAPOci abbia lasciato anzitempo per le sue condizioni di salute, GRUPPO per cui avrebbe avuto ancora molto da fare e raccontare a chi FAI DI visiterà le sue fabbriche in odore di religiosità. Grazie Nicola. GIOVINAZZO


l’angolo del lettore di ALESSANDRA TOMARCHIO

DALLE IMMAGINI AL VIDEO, IL RACCONTO DI UN PAESE

PASQUALE NACCI: «FERMARE IL TEMPO CON LE IMMAGINI» CHI NON HA MAI DESIDERATO FERMARE L’ASTIOSO TEMPO? QUELL’INSOLENTE CHE CORRE E NON SI ARRESTA MAI COME NON HANNO MANCATO DI SOTTOLINEARE GRANDI POETI DI OGNI EPOCA.

TUTTI AVREMMO

VOLUTO FERMARE QUEGLI ATTIMI DI FELICITÀ COSÌ INEBRIANTI E RARI, QUEGLI ATTIMI IN CUI QUALCOSA TI APPARTIENE MA GIÀ PASSATI.

PURTROPPO LE LEGGI DELLA FISICA NON LO CONSENTONO MA IL MONDO SEGUE ANCHE LE LEGGI DELL’ANIMA CHE,

FOTOGRAFIA, MICHELE DECICCO

ATTRAVERSO LA MEMORIA, PUÒ RIVIVERE, ALMENO IN PARTE, QUEI MOMENTI E SALVARLI DALL’OBLIO.

«HO FOTOGRAFATO PER NON DIMENTICARE» DICEVA DANIEL PENNAC RICORDANDOCI IL POTERE DI UN’IMMAGINE.

OGGI CHE

STIAMO SCRIVENDO UNA PAGINA IMPORTANTE DELLA STORIA, DOVREMMO ESSERE PIÙ CONSAPEVOLI CHE MAI DI CIÒ, COME DA SEMPRE LO È STATO UN NOSTRO ILLUSTRE CONCITTADINO, IL PROF.

NACCI,

CHE DA

PASQUALE SEMPRE PRO-

VA A SFIDARE LO SCORRERE DEL TEMPO, DAPPRIMA CON LE PELLICOLE, POI CON GLI STRUMENTI DIGITALI. GRAZIE AL SUO LAVORO POSSIAMO RISCOPRIRE VICENDE IMPORTANTI DELLA STORIA DI QUESTA CITTÀ ED EMOZIONARCI RIVEDENDO UN MONDO ORMAI SCOMPARSO

Pasquale Nacci è stato un vero reporter, ma per hobby, una specie di youtuber ante litteram poiché la sua vera professione era quella di docente, vanta infatti alle sue spalle una lunghissima carriera, durata ben 40 anni, fino al 2012, anno della pensione. «Ho insegnato economia aziendale in diversi istituti e, negli ultimi vent’anni, ho ricoperto ininterrottamente anche la vicepresidenza presso l’ITC di Bisceglie. Posso dire di aver visto più di una generazione di studenti, con alcuni di loro grazie alle nuove tecnologie social, riesco anche a mantenere un contatto. Chat e social mi hanno anche supportato nella diffusione del mio patrimonio di immagini e video, frutto della mia passione di sempre». In quattro decenni di insegnamento avrà visto sicuramente la scuola cambiare profondamente «i cambiamenti sicuramente ci sono stati, soprattutto nell’ambito del rapporto docenti – alunni, anche se io, forse, sono stato un precursore dei tempi, in quanto ho sempre cercato di instaurare un rapporto di fiducia e di reciprocità ben diversi da quelli degli standard dell’epoca. Certamente il rispetto era sempre alla base, ciò che oggi purtroppo sembra venir meno, ma non di-

mentichiamoci che va guadagnato. Devo dire che la scuola mi ha dato grandi soddisfazioni, ho sempre amato il mio mestiere, al punto da decidere di rifiutare di tentare il concorso per dirigente, non sono stato capace di accettare l’idea di staccare il contatto diretto con i ragazzi». LA PASSIONE PER LA FOTOGRAFIA E LE RIPRESE «Forse il tutto è nato un po’ grazie a mia madre che ha favorito l’incontro con un fotografo, attivo sul territorio quando ero bambino, nonché mio omonimo e poi per l’influenza di mio zio il quale da estimatore, quasi ogni sera andava al cinema e mi portava con sé, contribuendo a far crescere l’amore per quest’arte. Privilegiavo il cinema americano che allora viveva l’epoca d’oro, quelle pellicole comunicavano ottimismo e incantavano con le immagini dei fasti d’oltreoceano. Avevo anche degli zii in America che non mancavano di farci visita e, quando venivano, amavano registrare i loro soggiorni in patria e così finivano con l’affidare a me le riprese. Ricordo bene la prima cinepresa tra le mani e il primissimo insegnamento: “Pasquale non ti muovere


LOCALITÀ TRINCEA, ANNI ’50

troppo!” , con quella cinepresa non era semplice come con i cellulari! Negli anni a seguire, proprio nell’ambito della scuola questa passione è cresciuta ed ha trovato terreno fertile, soprattutto per quanto concerne la fotografia, visto che le videocamere non erano di uso comune. Ho tenuto anche dei corsi per i miei studenti cercando di abituare i ragazzi alla scelta delle giuste inquadrature e dei soggetti. Volevo che imparassero a riprendere non solo le situazioni abituali e le persone vicine ma che volgessero l’attenzione anche a soggetti differenti, per imprimere un ricordo pieno e non parziale, per fermare una scena anche in un momento apparentemente poco significativo ma a cui il tempo sa attribuire un valore inaspettato». Questo è un insegnamento che deriva dalla diretta esperienza, la curiosità e la voglia di sperimentare hanno dato origine ad un patrimonio di memorie forse non del tutto preventivato. «Con l’avanzare del tempo, in effetti mi sono reso conto sempre più che questa mia passione aveva generato una sorta di eredità di ricordi, e non solo legati alla mia vita, ma a quella di tutta la nostra comunità, pertanto da condividere. Ad esempio, ho ritrovato immagini della località trincea, dalla così detta “torretta” alle “piramidi”, in cui ancora sono visibili i terrapieni e i resti delle strutture militari della seconda guerra mondiale che poi ne hanno dato il nome. Non bisogna perdere la memoria di quello che è stato il nostro territo-

infatti il prof. Pasquale Nacci, insieme alla sorella Damiana, come uno dei protagonisti della grande stagione del volley giovinazzese a cui abbiamo dedicato già uno speciale qualche numero fa. «Tutto nasce dalla voglia di condividere e di stare insieme agli altri e ancor più di fare qualcosa con e per loro, per la comunità, così che si possa crescere tutti insieme».

IL SOGNO NEL CASSETTO «Creare un vero percorso della memoria, grazie anche alla ricostruzione artificiale e virtuale. Riprodurre i luoghi più caratteristici del paese così com’erano oltre mezzo secolo fa, un po’ come si è fatto a Roma nella zona dei fori imperiali e per la domus aurea. Sarebbe bello se il comune convogliasse un po’ di risorse per realizzare questo progetto che poi per la nostra regione sarebbe un unicum nel suo genere». Per il momento il patrimonio di video e di immagini è fruibile attraverso la grande piattaforma YouTube, al canale “Prof. Pasquale Nacci”, dove ultimamente, in occasione della festa di San Giuseppe, ha caricato un video in cui possiamo rivedere la celebrazione del 1995 e qualche giorno fa quello imperdibile sulla Cocevola, in cui ci invita a riscoprire la nostra tradizione contadina. Ma i sogni non si esauriscono in rete. «Ho ancora un altro progetto, nato da un’idea anche del prof. Volpicella e questa volta riguarda l’impiego dell’Istituto Vittorio Emanuele quale luogo ideale per collocare un istituto malacologico con mostra permanente. Si tratta di una mostra di esemplari anche rari di conchiglie, una vera attrazione turistica capace di risvegliare grande interesse per la nostra città» Non possiamo che auguraci che queste idee divengano un giorno non lontano realtà e balzino allo sguardo attento dell’amministrazione che avrebbe facoltà di realizzarle. Per ora possiamo solo ringraziare il prof. Nacci per questo suo impegno e seguirlo su Youtube dove contiNON SOLO SCUOLA E IMMAGI- nuerà ad emozionarci. ALESSANDRA TOMARCHIO NI ma anche sport e grande impegno HA COLLABORATO MICHELE DECICCO per il progresso della città, ricordiamo rio e l’immagine ne garantisce la persistenza». Grazie alla sua dedizione possiamo infatti vedere molto di un mondo che non c’è più e scoprire anche tante curiosità sulla toponomastica ancora in uso, ma sconosciuta a molti. Scopriamo così che la zona delle quattro fontane deve in realtà il suo nome ad una sola fontana, «sì, vi era una grande fontana monumentale, dotata però di quattro bocche da cui fluiva l’acqua; è stata distrutta da tempo, forse per damnatio memoriae dopo il ’45, in quanto era stata costruita durante il Regime per commemorare la vittoria italiana nel primo conflitto mondiale. Potrei continuare a lungo, per esempio: dov’era la vecchia piazza del pesce? esattamente dove sorge ora il Bar Canaruto. Ecco ciò che mi ha sempre guidato, l’idea di FERMARE IL TEMPO. In tutto ciò che ho fatto il desiderio di fondo era questo: immortalare ciò che non può ritornare, se non con il ricordo. Un vero pioniere perché, se oggi siamo abituati all’idea della condivisione e del salvataggio di ogni nostra azione, fotografiamo il cibo, i vestiti, i nostri percorsi, li condividiamo e li salviamo, all’epoca, pensare in questi termini era da visionari. «In qualche modo sono stato un po’ visionario, non ho certo progettato materialmente nuovi strumenti ma la pratica mi suggeriva e mi lasciava immaginare molte delle innovazioni che poi di lì a poco sono state realizzate, prima fra tutte l’introduzione delle vhs che semplificarono moltissimo l’attività di reportage»


vita

da

liceale

DI MIMMO

UNGARO

FILONE A SCUOLA Ma non avevamo fatto i conti con il temutissimo prof. Salvemini Un flash anni ’90. Quell’uomo che cammina verso di me con le buste della spesa nelle mani è il professore di matematica che fino a pochi anni prima ci incuteva paura. «Buongiorno professore, come sta?». «Ah Ungr” (proprio così alla molfettese). Mi fa piacere che si ricordi ancora di me…». L’ho temuto, ma sempre rispettato. Forse perché aveva il cognome di un grande storico (e di una scuola) o più prosaicamente dell’allenatore del Bari, ma gli ho sempre voluto bene. Già, perché in un ambiente di professori e studenti un po’ snob qual era il liceo Spinelli, era l’unico che ogni tanto buttava lì qualche frase o proverbio in dialetto. Certo un po’ sadico lo era. Come quando entrava in classe nel silenzio generale, si sedeva e cominciava. «Allora vediamo... oggi interroghiamo... interroghiamo…». Il suo dito, nel gelo siberiano, cominciava a scorrere su e giù per l’elenco alfabetico, e poi ancora dal fondo su in alto. «Interroghiamo…interroghiamo…No, spieghiamo!» e vai col sospirone di sollievo. Era temuto, amato forse no, ma mai odiato e oggi ripenso a lui con dolcezza ed un sorriso, come ci si ricorda delle cose belle come l’anno di militare. Ma, come diceva Pasolini, io so... io so i nomi dei responsabili, io so i nomi del gruppo… Conosco i nomi e le facce di coloro che all’epoca (io, piccolo virgulto del terzo anno o primo liceo come si chiamava allora) hanno fatto recapitare a sue spese, a casa sua, un’intera enciclopedia (allora si poteva fare)… Conosco i nomi di coloro che nell’androne delle scale legarono la sua porta di casa con una fune al corrimano in ferro in modo che non si aprisse. Aggiungi tanto di “zippo” al campanello… Io li conosco e hanno i nomi e le facce dei grandi del 5° anno. Ma lui non diede loro soddisfazione. «Io so chi è stato - disse in quella classe - ma non ho le prove». E finì lì. Conoscendolo ci rimase male, forse più per l’enciclopedia. Però, diciamolo, se studiavi non dovevi avere paura, ma se ti puntava erano dolori. Ne sapeva qualcosa Savino De Palo, mio compagno di banco, cui sarò sempre grato perché in epoca Righeira e Duran Duran mi ha fatto scoprire i Beatles e Simon & Garfunkel, ma che poteva evitare qualche gol in più in porta. Era un continuo stuzzicarsi tra loro, finché un giorno non accadde….Era una di quelle belle giornate primaverili che è un peccato sciuparle in classe, specie se avevi quattro ore di italiano, latino e greco con la professoressa Masi. Con Savino, il mitico Orazio Bonvino e l’eclettico Antonio Nisio avevamo deciso di fare uno di nostri “rarissimi” filoni. «Però cerchiamo di non farci sgamare, perché non so mio padre dove ha il cantiere» - precisò Savino. Così mentre attraversavamo la villa comunale, ecco in lontananza stagliarsi, come ectoplasma materializzatosi all’improvviso, la figura inconfondibile del professor Antonio Salvemini con le sue buste della spesa. «Ragazzi ci ha visti!». «No, è lontano non può averci visto». «Io ti dico di sì!». Allora in tre, io, Orazio Bonvino e Antonio Nisio decidiamo di andargli incontro e salutarlo, mentre Savino, terrorizzato, si nascose dietro il tronco di una quercia. «Buongiorno professo’» Lui sembrò sorpreso, fece un cenno e continuò per la sua strada. Scena prima: il giorno dopo

eravamo impauriti. Savino invece sembrava stranamente tranquillo. «De Palo, vein, vein… e accussì come a nu codard non hai nemmeno il coraggio di fatte vedè e ti nascondi, al contrario dei tuoi amici che sono più educati di te e mi hanno anche salutat». Interrogato. Quattro. Ça va sans dire. Ma non finisce qui. Eravamo a metà maggio, ormai l’anno stava per finire (e già, perché prima fino a fine maggio ci andava solo chi doveva recuperare). Che fare? Quattro ore di Masi più due della professoressa di chimica Stellacci o filone? Neanche testa o croce facemmo. Di nuovo noi quattro. «Ma stavolta si va verso il paese vecchio, così non corriamo rischi». Ecco là, chi ti sbucò proprio vicino al porticciolo da una stradina laterale? Proprio lui, Salvemn, ma senza buste della spesa. Era un po’ lontanuccio per averci visti, quella volta eravamo sicuri, così ci infrattammo dietro a un vicolo del paese vecchio. Ma Savino che fece? «No, ragazzi, sono sicuro che ci ha visti, ma questa volta gli faccio vedere io chi ha il coraggio». E così, novello Don Chisciotte, gli va incontro e lo saluta. Lui quasi non lo degna di uno sguardo. Scena seconda: il giorno dopo. «De Palo, alzati in piedi…quindi famm capaie.. mentre i tuoi compagni hanno avuto almeno il pudore di nascondersi perché hanno saltato la scuola, tu invece si accusì sfrondat che m salut pure.. vein, vein dò alla cattedra». Interrogato. Quattro. Ma anche Savino a modo suo gli ha voluto un gran bene, perché i miti si possono anche temere, ma non si dimenticano mai. E così è, come un attimo sono passati quasi quarant’anni. Mi addolora solo sapere che passeggiando per le vie di Giovinazzo non potrò più incontrarlo con le sue buste della spesa e inconsciamente ancora chiedermi «gli vado incontro e lo saluto o mi nascondo dietro un albero?». Ciao professo’. MIMMO UNGARO

VINCENZO DE GIGLIO Il 28 gennaio ha spento la sua 90ma candelina «90 anni sono quasi un secolo: un traguardo davvero invidiabile che siamo felicissimi di aver festeggiato con te il 28 gennaio scorso. 100 di questi giorni! e auguri dalla moglie Marta, dai figli, dalla nuora, dal genero e dai nipoti vicini e da quelli lontani, Vincenzo e Valentina residenti a Manerbio (Bs). Auguri».


ai tempi del coronavirus

DI AGOSTINO PICICCO

LA BENEDIZIONE DELLE CASE DI QUALCHE ANNO FA L’inizio della primavera coincide con varie devozioni legate all’anno liturgico. Si pensi al pio esercizio della Via Crucis durante le settimane della Quaresima, all’adorazione eucaristica durante le Quarantore a turno nelle varie chiese cittadine, agli altarini di san Giuseppe nelle abitazioni e … alla benedizione delle case da parte dei sacerdoti della parrocchia. In tempo di pandemia tale benedizione è stata sospesa o si è avvalsa di modalità più consone alle norme sanitarie. E negli ultimi anni si è arricchita di attenzioni e cautele legate alle nuove esigenze sociali, in considerazione della diffidenza a far entrare gente in casa, del fatto che gli orari del mondo del lavoro o delle attività post scolastiche si sono dilatati e quindi in certe fasce orarie in casa non c’è nessuno, dell’assenza di quella religiosità diffusa per cui la benedizione era sempre accettata da tutte le famiglie. Si tratta di tante difficoltà che l’hanno resa più complicata da gestire rispetto alla spontaneità di qualche decennio fa. Ed è a quel periodo che va il mio ricordo. Tra i bambini che facevano i chierichetti in parrocchia con più assiduità e più dedizione era un onore essere scelti – muniti di secchiello con l’acqua santa, aspersorio e immaginetta con il testo della preghiera da recitare comunitariamente - per accompagnare nel pomeriggio il parroco, ovviamente dopo aver fatto i compiti, nella benedizione delle case di determinate strade del quartiere, nelle cui cassette della posta il giorno prima, al termine del giro di benedizioni, era stato posto un avviso. Il sacerdote, vestito con i paramenti sacri, compiva il giro del quartiere in base ai condomini volta per volta programmati. La benedizione della casa (ma soprattutto degli abitanti della casa) consentiva di incontrare le famiglie sia pure in modo rapido (era occasione per rompere il ghiaccio, poi si faceva sempre in tempo a programmare qualche incontro più lungo). E le famiglie attendevano questo momento, soprattutto per una parola di conforto a chi era nella malattia, nel lutto, nella solitudine. Per gli abituali frequentatori delle attività parrocchiali era una gioia poter ospitare in casa il sacerdote, con il piacere di offrire una bevanda e qualche biscotto. Se il prete era più schivo nell’accettare, i chierichetti non disdegnavano. Era poi consuetudine fare un’offerta per la parrocchia (che consentiva alla fine delle benedizioni di acquistare qualcosa per le necessità della chiesa). E ai chierichetti, che ritiravano materialmente le offerte, quando – al rientro nell’ufficio parrocchiale – contavano i soldi prima di consegnarli, veniva spontaneo il confronto con quelle del giorno precedente. Talvolta è

capitato che qualche anziana volesse offrire delle uova, frutto dell’antica usanza, quando le disponibilità economiche erano misere e per gratificare il sacerdote si offriva quello che si possedeva in casa, come appunto le uova, prodotte da galline lì stazionanti, peraltro consone al periodo pasquale. Ricordo ancora quei pomeriggi di primavera, in cui un sole tiepido rendeva più lieta la passeggiata con il parroco per il quartiere. AGOSTINO PICICCO


LA FOTO DEL MESE

ANNO1950, PESCHERIA PUGLIESE Piazza Piazza Umberto Umberto

Ho rinvenuto questa foto nello scrigno della mia memoria, pensando di farne cosa gradita a voi lettori. Da sin: Angelo Discioscia, al centro della foto Nicola Camporeale (Colin La Ciol, scusate il francesismo) unico ancora in vita. I due parroci Don Nicola Illuzzi e Don Nicola Melone (M. de Cicco)


Una strada all’architetto Vincenzo Stellacci L’istanza avanzata dal già Procuratore della Repubblica di Bari Spett.le redazione del periodico La Piazza, quale cittadino che, provenendo da altri luoghi, ha scelto di vivere in questo centro storico per la bellezza del contesto, avanzo una modesta proposta. Si rileva dalla foto allegata quale era la condizione di degrado dell’attuale Vico Freddo: le costruzioni erano tutte pericolanti e, per la sicurezza delle persone, l’accesso al vicolo era murato. Si deve all’intelligenza di un tecnico capace, colto e di larghe vedute, il risanamento del luogo, ritenuto oggi da molti, l’angolo più bello della città. Pur nativo di Bitonto, l’architetto Vincenzo Stellacci, aveva scelto di vivere a Giovinazzo, apprezzandone il valore storico e le bellezze del “paese vecchio”. Solo un artista e sognatore poteva vede-

VIA VICO FREDDO, ieri e oggi re in prospettiva il fascino che avrebbero, ristrutturate, emanato quelle che, al momento, erano soltanto costruzioni dirute. Il sogno si realizza nel momento in cui un gruppo di amici si fidò dell’intuito e del gusto dell’architetto. E così, sul finire degli anni ’80, iniziarono i lavori che resero il vicolo recuperato un gioiello tuttora ammirato da visitatori e turisti. Il 20 luglio 2020 l’artefice di tale miracolo urbanistico è venuto prematuramente a mancare. La città gli è fortemente debitrice, anche perché la sua opera detta il là a numerosi altri interventi di recupero nel centro storico, che altri tecnici ed altri proprietari, per lo più provenienti da altre città, realizzarono. Rifiorì e nacque a nuova vita “il paese vecchio”, oggi meta di visitatori incantati. Giovinazzo ha per queste ragioni un grande debito verso quel tecnico sognatore e lungimirante. Propongo che gli venga intitolato l’attuale Vico Freddo (denominazione che potrebbe restare, indicata facendola precedere dal “già”). confidando nella sensibilità degli Amministratori, porgo deferenti ossequi. GIUSEPPE VOLPE


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DI

FRANCESCA ROMANA PISCIOTTA

SPID: SISTEMA PUBBLICO D’IDENTITÀ DIGITALE Cos’è e come fare per richiederlo? L’Identità Digitale, dal 1° marzo 2021, diventa strumento obbligatorio per accedere ai servizi pubblici online. Vediamo di seguito come si ottiene, con le istruzioni da seguire passo per passo SPID, CHIAVE UNICA DI ACCESSO AI SERVIZI PUBBLICI ONLINE DAL 1° MARZO 2021. Come da tabella di marcia, è partito di fatto l’obbligo di dotarsi dell’Identità Digitale per usufruire di molti servizi online e di seguito vedremo cos’è e come fare per richiedere le credenziali Spid. Sono pochi e semplici i passaggi per richiedere lo Spid, credenziali uniche per l’accesso ai servizi della Pubblica Amministrazione, che è di fatto obbligatorio avere dal 2021 per accedere, ad esempio, al sito dell’Agenzia delle Entrate o dell’INPS. Sebbene fino al mese di settembre sia previsto un periodo transitorio per consentire a tutti di adeguarsi alla novità, richiedere lo Spid per tempo sarà fondamentale per poter accedere ai servizi pubblici online. Di seguito una guida passo passo su come fare, e le istruzioni dettagliate su cos’è e come richiedere le credenziali Spid. COSA È SPID E COSA CAMBIA DA QUEST’ANNO Lo Spid è il Sistema Pubblico di Identità Digitale. Si tratta di un username e di una password unica, che consente di accedere ai servizi online di tutta la Pubblica Amministrazione. Sulla base delle novità introdotte dal decreto Semplificazioni, entro il 1° marzo 2021 tutte le PA dovranno adeguare i propri sistemi per renderli accessibili tramite Spid e CIE (la carta d’identità elettronica). Gradualmente spariranno le password differenziate per i vari servizi pubblici. Il termine ultimo è fissato al 30 settembre 2021, data in cui finirà il periodo transitorio durante il quale sarà possibile usare le credenziali già in possesso e non ancora scadute L’INPS, così come il Ministero del Lavoro l’INAIL e l’Agenzia delle Entrate, si sono già adeguati alla novità, prevedendo la graduale dismissione delle credenziali in uso ed il progressivo passaggio allo Spid. Quali sono le novità previste per i cittadini? Servirà un’unica password per accedere a tutti i servizi pubblici, e l’autenticazione tramite SPID verrà equiparata all’esibizione di un documento di identità. Lo Spid è il “passepartout” che facilita l’accesso dei cittadini ai vari servizi digitali della Pubblica Amministrazione. SPID, PER COSA SI USA? Grazie allo Spid l’accesso ad alcuni servizi pubblici è già stato semplificato notevolmente. Infatti, è possibile usare l’Identità Digitale per gestire alcuni servizi dell’Inps, come ad esempio la richiesta degli assegni familiari. Ce ne sono molti altri dell’Agenzia delle Entrate (come la dichiarazione dei redditi), ma grazie allo Spid si può fare richiesta anche di prestazioni sanitarie e pagare alcune tasse pubbliche come la Tasi o il bollo auto. Senza contare che si può accedere anche ai servizi del Miur, quindi si può utilizzare lo Spid anche per iscrivere i propri figli a scuola. Lo Spid è la chiave anche per partecipare al bonus bancomat, il meccanismo di cashback in partenza in via sperimentale dall’8 dicembre e a regime a partire dal 1° gennaio 2021.

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Per richiedere lo Spid bisogna rivolgersi ad uno dei tanti Identity Provider autorizzati. Per la richiesta è sufficiente avere: · un indirizzo e-mail; · il numero di linea mobile; · un documento di identità valido (Carta di identità, passaporto, patente, permesso di soggiorno); · la tua tessera sanitaria con il codice fiscale. LA REGISTRAZIONE, INVECE, CONSISTE IN TRE DIFFERENTI STEP: · inserimento dati anagrafici; · creazione credenziali Spid; · riconoscimento (di persona, online o tramite CIE, CNS o firma digitale). Come anticipato, si può richiedere lo Spid presso diverse società. Non ci sono differenze tra gli Spid attivabili presso i vari Identity Provider e per questo spetta al cittadino a scegliere il gestore che preferisce. PER RICHIEDERLO VI BASTA ANDARE SUI SITI UFFICIALI DELLE AZIENDE E CLICCARE SULL’AREA SPECIFICA DELLO SPID. A questo punto vi viene chiesto di compilare un form con i vostri dati anagrafici come nome, cognome, codice fiscale e data di nascita. Dopo averne fatto richiesta riceverete le credenziali del vostro Spid tramite raccomandata o per email. Nel dettaglio, per richiedere lo Spid bisogna registrarsi presso uno dei siti dei soggetti abilitati al rilascio del Pin unico per l’Identità Digitale. Ecco quali sono al momento gli otto Identity Provider presso i quali è possibile richiedere lo SPID: · Aruba SpidID (3 livelli di sicurezza); · Infocert ID (2 livelli di sicurezza): · Intesa ID (2 livelli di sicurezza); · Namirial ID (2 livelli di sicurezza); · Poste ID - Poste Italiane (2 livelli di sicurezza); · Sielte ID (2 livelli di sicurezza); · Spid Italia (2 livelli di sicurezza); · TIM ID (2 livelli di sicurezza).

COME FARE SPID: ECCO COME RICHIEDERE La scelta dell’Identity provider è libera; alcuni di questi consentono di ottenere le credenziali Spid gratuitamente, in altri casi è L’IDENTITÀ DIGITALE


previsto invece il pagamento di una somma minima. Il nostro consiglio, quindi, è di analizzare singolarmente i piani degli Identity Provider e vedere qual è il più affine alle vostre esigenze; dovete sapere, ad esempio, che ognuno prevede delle modalità di riconoscimento differenti (dal riconoscimento - a pagamento nella maggior parte dei casi - via webcam, a quello tramite Carta d’Identità Elettronica), quindi preferite quello più comodo per voi. TEMPI PER RICEVERE LO SPID: FACCIAMO CHIAREZZA Come abbiamo appena visto ci sono diverse aziende che permettono di attivare un proprio codice Spid, ma nessuna di queste è in grado di farvelo ricevere in tempi rapidi. Solitamente bisogna aspettare circa una settimana per ricevere i dati di accesso per la propria Identità digitale. È vero infatti che si può fare la richiesta per lo Spid in 5 minuti e comodamente seduti sulla propria scrivania, come molte agenzie promettono, ma non sempre viene specificato che per ricevere il codice di accesso bisogna attendere la conclusione delle attività di verifica delle informazioni inserite.Le attività di controllo d’altronde sono necessarie per evitare un furto di attività, e per questo richiedono diverso tempo. Bisogna interrogare le banche dati e tutte le agenzie devono farlo; ecco perché non esiste nessuno che può consegnare lo Spid immediatamente. Ad esempio, con TIM dopo aver impiegato circa 20 minuti per fare la richiesta ci si trova davanti al seguente messaggio:“Hai completato tutte le fasi per richiedere la tua Identità Digitale Tim id. Stiamo verificando i dati che ci hai fornito. Entro 5 gg lavorativi ti comunicheremo l’esito della richiesta”. Per ricevere lo Spid quindi ci vogliono circa 5 giorni lavorativi; ricordatevelo prima di effettuare la registrazione a pagamento solo perché credete che in questo modo vi verrà consegnato immediatamente. È OBBLIGATORIO? Richiedere lo SPID non è obbligatorio, ma è fondamentale se si vuole accedere ai servizi messi a disposizione dalla Pubblica Amministrazione. Entro il 1° marzo 2021 tutti gli enti pubblici dovevano adeguare i propri portali, per consentire l’accesso esclusivamente tramite SPID o la CIE (la carta d’identità elettronica). Per il periodo di emergenza coronavirus sono diversi i provider del servizio che consentono di ottenere le credenziali gratuitamente. Ed è per questo che, sebbene non obbligatorio per legge, avere lo SPID diventa obbligatorio per continuare ad accedere ai servizi online

messi a disposizione dalla Pubblica Amministrazione. È il cittadino a decidere se richiedere la propria Identità Digitale e come abbiamo detto è lui stesso a scegliere il gestore che preferisce. È SICURO? È stata data molta importanza alla sicurezza dei dati personali dei cittadini. Infatti, lo Spid è disponibile in tre diversi livelli di identità e ad ognuno di questi è correlato un diverso sistema di sicurezza. Nel dettaglio, nel primo livello per l’autenticazione è sufficiente inserire il proprio ID e la password (che va cambiata ogni sei mesi), mentre nel secondo si aggiunge una password aggiuntiva (di tipo one time). Nel terzo livello, previsto solo da chi richiede lo Spid con Aruba o Poste Italiane, invece è prevista l’aggiunta di una smart card, che in alcuni casi potrebbe essere proprio la Carta d’Identità elettronica. Inoltre, lo Spid non fornisce le credenziali del cittadino, a meno che questo non ne dia il consenso esplicito. A queste tutele si aggiunge quella per cui i gestori delle identità dovranno gestire le informazioni personali dell’utente rispettando i criteri di sicurezza decisi da Agid. SPID, QUALI SONO I VANTAGGI? Come anticipato, questo permette di “ridurre i tempi di attesa per l’ottenimento di servizi e informazioni”, ma anche di dare più fiducia ai cittadini nei servizi Internet. Inoltre, grazie allo Spid si cercherà di risolvere il problema criminale del furto d’identità. A questi vantaggi si aggiungono la riduzione dei costi “derivanti dalla possibilità di recuperare spazi fisici necessari per uffici, sportelli ed archivi” e degli impatti eco-ambientali “grazie alle minori esigenze di spostamenti.”.

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DI

GIANNI LEALI*

LA GINNASTICA NON E’ UNA MATERIA Questo è un aneddoto che mi raccontò una sera d’estate un mio amico, mentre, sulla terrazza di casa sua, stavamo godendoci il fresco notturno dopo una lunga ed assolata giornata di fine luglio.... Un giorno capitò anche a lui, insegnante di ginnastica, di sentirsi dire dal custode della scuola che la madre di un alunno voleva parlargli. Era la sua ora di ricevimento, in cui di solito leggeva tranquillamente il giornale aspettando clienti che non arrivavano mai, per cui quel giorno, data l’eccezionalità del caso, rimase alquanto allibito, tuttavia si guardò bene dal declinare l’invito. La signora, senza troppi preamboli, gli chiese delucidazioni sulla insufficienza riportata da suo figlio e, dopo averlo ringraziato delle spiegazioni ricevute, gli disse: «Professore, alla fine dell’anno la sufficienza gliela darà, vero? «Non si preoccupi, signora - le rispose il mio amico - Se per lei la sufficienza è tutto, sono pronto a dargliela fin da ora. Cerchi piuttosto di stimolare suo figlio verso il moto e la vita attiva, verso gli esercizi fisici ed i giuochi. La sufficienza verrà da sé ma, quel che più conta, suo figlio crescerà sano e robusto». La signora, un po’ sorpresa dalla risposta, assicurò che avrebbe fatto tesoro dei consigli offertile ed aggiunse, congedandosi: «Per me, professore, la ginnastica è una materia come tutte le altre». Evidentemente era sua intenzione fare un complimento al professore, il quale però, non avendo voglia di spiegare a lei come

la ginnastica non fosse, né potesse essere, una materia come tutte le altre, la salutò frettolosamente senza nemmeno ringraziarla. Questo fu il racconto del mio amico di quella bella sera d’estate, sul quale ora vorrei esternare alcune considerazioni e riflessioni strettamente personali. Anch’io non ritengo la ginnastica una materia come tutte le altre. E nemmeno la considero una mezza materia, o tre quarti di materia, od altri frazionamenti più o meno cervellotici. Infatti, se si intende per materia quel ramo di scienza in cui, per mezzo di interrogazioni o di prove scritte, è necessario raggiungere, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, la sufficienza per accedere alla classe superiore, ebbene la ginnastica non si può considerare assolutamente una materia. In Educazione Fisica non si può fare la sgobbata finale, non si può copiare, non si può suggerire e se non si possono fare tutte queste cose, che razza di materia è? CERTAMENTE NON È UNA MATERIA COME L’ITALIANO, la matematica, la storia o la geografia, bensì una sorta di momento sì formativo, ma prevalentemente di tipo ricreativo, avulso quindi, in un certo senso, dall’insegnamento scolastico vero e proprio. Il nome di materia le è stato dato dalla sua inclusione nei programmi didattici, ma senza attribuirle la valenza delle altre materie, tanto più importanti quanto più difficoltose nell’ottenerne la promozione. E proprio per la minore considerazione che ad essa viene attribuita all’interno del curricolo scolastico, è raro trovare un insegnante di Educazione Fisi-

ca (o ginnastica che dir si voglia) che si senta in diritto di bocciare un alunno o di precludergli la possibilità di diplomarsi perché non è riuscito ad imparare ad eseguire correttamente determinati esercizi o prove di ordine fisico. Come pure, per lo stesso motivo, è raro trovare famiglie che si interessino del rendimento scolastico dei loro figli in Educazione Fisica. Quindi una materia di secondo ordine o, come io sostengo, nemmeno una materia nel senso comune della parola. MA, SE LA GINNASTICA NON È UNA MATERIA, di che cosa in effetti si tratta e come potrebbe essere meglio definita? Essa, possiamo dire, è un’attività prevalentemente ludico motoria, che svolge però, a differenza di coloro che la sottovalutano, un ruolo importante per la formazione dell’individuo in quanto si rivela utile non solo per una migliore vita fisica, ma anche mentale, sociale ed emotiva. Trattasi, allora, di un’attività di grande importanza educativa, almeno pari a quella dell’insegnamento cognitivo e perciò, giustamente, prevista da tutti i sistemi scolastici dell’Unione Europea. Peccato però che nella scuola italiana, soprattutto per carenza di impianti e di ore di insegnamento, l’Educazione Fisica non possa assolvere in pieno al suo compito istituzionale. DUE ERANO LE ORE SETTIMANALI NEL 1872 quando dall’allora ministro della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia fu introdotto l’insegnamento dell’Educazione Fisica, due sono rimaste ancora oggi. In pratica, non è


JULIO VELASCO: «L’Italia ha un triste primato per quello che riguarda l’attività motoria nella scuola elementare: è l’unico paese in cui non esiste l’insegnante di educazione fisica laureato in Scienze Motorie, la popolazione manca dunque della base motoria necessaria per eccellere nelle discipline meno spontanee»

cambiato nulla. Peraltro l’Italia è l’unico Paese in Europa a non avere docenti di scienze motorie alle scuole elementari. Per carità, non ho nessuna avversione contro gli insegnanti o le insegnanti della Scuola Primaria: sono molto bravi a insegnare l’italiano, la matematica o altre materie, ma per quanto riguarda l’Educazione Fisica «c’entrano poco», semplicemente perché hanno scelto percorsi di studio diversi. Chiudo con un pensiero di Julio Velasco, l’allenatore-psicologo della Nazionale italiana di pallavolo, a cui si deve la nascita della “generazione dei fenomeni”: «L’Italia ha un triste primato per quello che riguarda l’attività motoria nella scuola elementare: è l’unico paese in cui non esiste l’insegnante di educazione fisica laureato in Scienze Motorie, la popolazione manca dunque della base motoria necessaria per eccellere nelle discipline meno spontanee». L’auspicio è che il progetto di legge di riforma dell’insegnamento dell’Educazione Fisica partito dell’ex ministro Marco Bussetti possa trovare finalmente attuazione con l’attuale governo Draghi, in modo che la scuola primaria, come quella secondaria, abbia i suoi insegnanti di Educazione Fisica specializzati. Ciò al fine di favorire lo sviluppo di una cultura sportiva già nei bambini e di incentivare e migliorare la prati- *GIÀ DOCENTE DI ca dell’attività fisica, che ,riba- TEORIA E METODOLOGIA disco, ha una funzione DELL’ALLENAMENTO formativa importante in quan- PRESSO LA SCUOLA to mira al miglioramento tota- ALLENATORI DI le dell’organismo, nelle sue esCOVERCIANO E PRESSO LA senziali componenti fisiche e FACOLTÀ DI SCIENZE MOTORIE psichiche.


profili strapaesani

DI

SERGIO PISANI

I MERITI NON HANNO NÈ CONFINI NÈ COLORI. Il ‘terrone’ Michele Poli insignito dal leghista Gianni Stefani, ex Presidente del G.S. Hockey Trissino

Voilà, il terrone che è riuscito a far mangiare le orecchiette al papà di Erika Stefani (ministra leghista del Governo Draghi). Non era riuscito nemmeno a Checco Zalone nella commedia che lo consacrò sul grande schermo

Michele Poli? Non so chi sia!? Forse... Se dovessi parlare di Frasca e Marzella, la coppia più bella, avrei dieci incipit. Di lui ne basta uno: la sua impronta digitale. Ovvero un quadro d’opera che non è riuscito neanche a Checco Zalone in Cado dalle Nubi. Metto le risate in pausa, anche se ci scappa il risolino. Michele Poli è “il terrone” che è riuscito a far mangiare le orecchiette al suo Presidente Stefani (sua figlia Erika è oggi, per la Lega, Ministra per le Disabilità nel Governo Draghi), la cui giacca brillava di oro e di orgoglio leghista per la spilla appuntata di Alberto da Giussano, il simbolo dell’allora Carroccio. Sono queste la cifra di Michele Poli, il suo stile cosmopolita che vale più di tante stecche d’oro da giocatore o scudetti vinti a suon di gol in panchina. Ora capite perché Mister Poli non è certo una pernacchietta triste sul nostro Almanacco dell’Hockey? Semplice: quello raccoglie solo il freddo inchiostro di casa tua, fatto di numeri e statistiche, è un calendario senza cuore che non tiene in considerazione l’algoritmo - oggi si dice così? -

dello stile degli allenatori che non hanno le stesse impronte dei padroni. Michele Poli, allora davvero che «non so chi sia?». Eh, no. Adesso nemo propheta in patria non lo è più. Almeno per stigmatizzare chi a Giovinazzo molfettese non è, ma a Molfetta sul Corso o a Palazzo Trissino lui «sì que vale»: i suoi meriti e l’affetto si possono accarezzare dentro un album di foto senza tempo. Parliamoci chiaro. Michele Poli di scudetti (al femminile) a Molfetta ne ha vinti tanti, ha plasmato Gina Martina, la ragazza italiana di hockey più forte di tutti i tempi, ha trasformato tanti pattinatori che si schiantavano contro la staccionata perché non sapevano frenare nemmeno alla cristiana in hockeisti da seria A. E qualcuno si è pure vestito d’azzurro! C’è una costante nella vita da allenatore di Michele Poli: le sfide senza tempo, l’impegno, la parola data ai signori delle piste che non hanno sulla maglietta o sul parquet di gioco la scritta Pavesi, bensì Pasta Riscossa, cose che valgono più di tanti scudetti vinti in pista quando, con un manipolo di promettenti giovanotti, riesci a regalare sfumature d’amore di antico splendore. Quello dell’allenatore non è un mestiere per tutti. Quando e come lo ha fatto Michele Poli era un mestiere per pochi. C’è chi ha inventato l’hockey, lo ha insegnato e ha vinto più di tutti - e ci siamo capiti - e c’è chi l’hockey non lo ha nemmeno giocato a grandi livelli ma, come un mezzo capo popolo, “ha ricevuto le tavole” grazie alle quali poter dire anche no alla dittatura di un padre - padrone che alla maniera di un Berlusconi ti facesse la formazione da scendere in campo. Quel padrone grazie a Michele col tempo ha imparato a non bastarsi da solo e i suoi figli a rialzarsi nella vita e combattere più forte di prima anche dopo una cristiana caduta. Roba da Gesù di Nazareth! SERGIO PISANI




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