LA PIAZZA DI GIOVINAZZO - GENNAIO 2020

prima

pagina LA REDAZIONE

Via Cairoli, 95 Giovinazzo 70054 (Ba) Edito da ass. La Piazza di Giovinazzo Iscr. Trib. di Bari n. 1301 del 23/12/1996 Telefono e Fax 080/3947872 Part. IVA 07629650727 E_MAIL:lapiazzadigiovinazzo@libero.it FONDATORE Sergio Pisani PRESIDENTE: Sergio Pisani DIRETTORE RESPONSABILE Sergio Pisani DIRETTORE EDITORIALE: Raffaella M.B.Direnzo REDAZIONE Agostino Picicco - Porzia Mezzina Donata Guastadisegni - Giovanni Parato Vincenzo Depalma - Onofrio Altomare Mimmo Ungaro - Mariangela Martinucci Enrico Tedeschi - Giangaetano Tortora Alessandra Tomarchio - Michele Decicco CORRISPONDENTI DALL’ESTERO Rocco Stellacci (New York) Giuseppe Illuzzi (Sydney) Grafica pubblicitaria: Rovescio Grafica Responsabile marketing & pubblicità: Roberto Russo tel. 347/574.38.73 Sergio Pisani tel. 080/3947872

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FINITO DI STAMPARE IL 17.12.2019

Anno 24 n°1. Questo leggerete sulla testata del giornale. Vedendo allineati tutti i 276 numeri (oltre 14mila pagine) sembra di poter affermare che è stato un cammino che valeva la pena tentare. Faticoso, vero, anche aspro all’inizio, come per tutte le sfide che escono dai sentieri già battuti. 24 anni de La Piazza, il giornale più longevo della storia di Giovinazzo. Più longevo del Bombàun anni ’60 fondato da Depergola, più longevo del Nuovo Tocco del Bombàun di Franco Andriano e del Messaggio di Lacandia.

Un’impresa che altri hanno sperimentato ma si sono poi fermati perché il paracadute s’è chiuso e i soldi sono finiti. Farlo senza paracadute, cioè senza gli «aiutini» che accompagnano quasi tutte le nuove imprese imparentate al colorato circo della carta stampata, è ancora più bello, più emozionante. E’ un rischio doppio e non calcolabile a priori. Per non parlare poi delle critiche o, senz’altro peggio, dei colpi bassi di soggetti dalla querela facile (o altro) che spesso hanno scoraggiato e ostacolato il già non facile cammino di chi cerca di attenersi ai fatti per riportarli alla gente. Niente di nuovo alla luce del sole, d’altronde, «tra Scilla e Cariddi» è questo alla fine il ruolo di chi vuole fare informazione, molto spesso costretti a porgere la verità, ma tra le righe

per evitare danni ingiusti a sé e al giornale. E comunque, bene o male, a 24 anni ci siamo arrivati e pure in buona forma. L’azzardo, anche se ahinoi solo moralmente, sta pagando. Ormai siamo un po’ come l’herpes simplex, «La Piazza» si è insinuata sulla bocca di tutti, giovinazzesi e non, e alla fine contagia quelli che, per una ragione o per un’altra, si trovano a leggerla. Come questo è potuto succedere dopo 24 anni di vita? Realizzando un cocktail dal sapore sempre nuovo e dove c’è di tutto di più. Qual è la ricetta? Partiamo allora dagli ingredienti di base, cioè pensieri e parole di un soggetto troppo innamorato della «bomboniera» del Nord Barese, nonché direttore (non fumatore) della spiccia e quotidiana orchestra di cori cittadini, cui vanno aggiunti gli zuccherosi bastimenti carichi di saudade della rispettata e riverita corte degli emigranti d’Italia, d’oltralpe (e d’oltreoceano) senza ovviamente dimenticare la gloriosa storia del nostro passato a puntate e pure qualche report esclusivo persino “fuori porta”. Procedimento: versa il tutto insieme all’attualità, filtra con dovuta lentezza il fioretto pungente dell’«Alfiere», aggiungi gli amarcord di «Amarcord» agli echi di un noto decano blasé; per concludere, la giusta spolverata di sport, politica e dosate spezie satiriche o le pagelle, al gusto spritz, sul glamour con le punture graffianti sull’outfit di una raffinata esteta della penna… A questo punto shakera il tutto, lasciando giusto lo spazio, dulcis in fundo e ciliegina sulla torta, all’originalissima, immancabile ed immarcescibile intervista irriverente siglata S.P. È o non è, cari lettori, poi questo il ritratto de La Piazza? Ovvero una bevanda energizzante, antiossidante di letture che, per i loro differenti effetti, possono anche tranquillamente sostituire gli esercizi di pilates o, a seconda dei casi, tisane varie e digestivi a vario titolo? Bando alle ciance, stavamo quasi dimenticando le copertine certamente più zuccherate di quelle di Famiglia Cristiana e forse più vicine ai calendari dei barbieri di una volta, ma tant’è: alla fine non hanno mai lasciato soli i nostri lettori e fatto sorridere gli imprenditori, i quali hanno fermamente creduto e continuano a credere in questa nostra bella avventura. Ed è agli inserzionisti, sì proprio a loro, che deve essere rivolto il nostro primo accorato ringraziamento per il loro imprescindibile sostegno in un patto di mutua solidarietà con noi: se è pur vero, per dirla alla Jobs, che «investire in pubblicità in un periodo di crisi è come mettere un paracadute mentre gli altri precipitano» e, dunque, far conoscere i propri prodotti e servizi significa promuovere oltre alla loro anche l’economia cittadina, è altrettanto vero che è grazie alle loro réclames che sopravvive la nostra rivista a più voci che porta Giovinazzo anche ben oltre i confini di casa. Un grazie speciale, naturalmente, ai nostri tanti lettori che si recano nelle edicole e nei punti vendita a comprare il giornale, oppure, soprattutto se lontani o all’estero, ci sostengono con i loro abbonamenti. Ah, impossibile chiudere senza la solita appendice polemica. Già, e anche quando si fa festa. Altrimenti saremmo un qualsiasi giornale di parrocchia. Un alleluia ai lettori, perciò, ma tre atti di dolore a un avvocato di facile carriera che, pensate un po’, ci ha chiesto 150mila euro per una news che non dovevamo dare?! E lo ringraziamo pure, non fosse altro perché ci ha fatto crescere l’autostima, manco fossimo il New York Times o il Giornalone di De Benedetti. Noi in ogni caso continuiamo a volare. Senza paracadute, ma a testa alta.

LA REDAZIONE

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COPERTINA

LIVE,

D’URSO MA IL BEFANA 2020, UN PO’ VOYEUR, UN PO’INVESTIGATIVA CHE HA SCELTO LA PIAZZA DI GIOVINAZZO NON È LA

SALOTTO DELLA

PER CONFESSARCI ALCUNE COSE VISTE DAL BUCO DELLA SERRATURA DEL

PALAZZO DI CITTÀ.

IN COPERTINA: FRANCESCA PISCIOTTA FOTOCOMPOSIZIONE: ROVESCIO GRAFICA DI ROSALBA MEZZINA

IL

CONTRAPPUNTO

dell ’alfiere

LA PIAZZA E’ LA REALTA’ PERCHÉ IL REGNO UNITO VUOLE LA BREXIT. Ho profondo, sincero rispetto per tutte le manifestazioni di piazza, quelle pacifiche, per tutte, nessuna esclusa. Sono una delle rappresentazioni della democrazia, fra quelle più evidenti e di immediata percezione. Il limite, però, per tutte è quello di dipingerle a uso e consumo degli organizzatori e dei supporter, più o meno numerosi a seconda del colore politico, e di offrirne una visione globale come se i partecipanti fossero o rappresentassero la maggioranza degli elettori. Vale in Italia e vale all’estero. Per lunghi mesi giornali e tv, commentatori puntuti e saccenti, politici italiani e non solo, hanno chiarito a noi, popolino ignorante, che in Gran Bretagna le manifestazioni contro la Brexit erano così numerose che bisognava svolgere un nuovo referendum che avrebbe sovvertito lo striminzito successo di quello che aveva sancito l’uscita, tormentata, della Gran Bretagna dall’Europa politica intesa come organizzazione degli Stati Europei. Il risultato delle elezioni nel Regno Unito ci ha offerto una realtà diversa. Il popolo, gli elettori hanno votato, in democrazia si usa così, esprimendo una larghissima maggioranza a favore dei conservatori di Boris Johnson favorevoli all’uscita dall’Unione Europea. Una maggioranza schiacciante in termini di eletti e di voti con un corollario poco sottolineato dai soliti numerosissimi, nei giornali e nei media italiani, e arroganti commentatori: l’affermazione della linea a favore dell’uscita dall’Europa sarebbe stata ancor più marcata se il partito pro Brexit di Nigel Farage non si fosse presentato e avesse fatto convergere i propri voti sui conservatori.

Altro aspetto da rimarcare è l’evidente differenza fra i nostri riti post - elezioni con consultazioni, lungaggini, perdite infinite di tempo rispetto alla rapidità della più antica democrazia. Premier e governo subito al lavoro senza che la democrazia risulti compromessa o ferita. Una lezione di democrazia e di libertà di fronte alle troppe chiacchiere. Entro il 31 gennaio il processo di uscita dovrebbe concludersi e l’Unione Europea non comprenderà più una Nazione fondamentale per gli equilibri non solo politici ma anche per il ruolo e il prestigio della Gran Bretagna. Il presidente francese Macron non vedeva l’ora che gli inglesi se ne andassero. La Gran Bretagna ha sempre contrastato l’asse franco-tedesco e i rapporti, soprattutto, con i francesi erano, per usare un termini edulcorato, dialettici.

AGLI IGNORANTI SI PARLA. Perdiamo una Nazione importante, importantissima, ma sembra che ai ‘governanti europei’ poco importi. Non ho ascoltato analisi serie e approfondite sulle ragioni che hanno spinto il popolo britannico a questa decisione.

Nè ascolto riflessioni sulle pulsioni, sui sentimenti anti-europeisti o critici che serpeggiano in tutta Europa, non solo in Italia. Solo affermazioni di principio sull’importanza dell’Europa, sulla stabilità economica e finanziaria garantita dall’euro, sull’importanza di negoziare al tavolo delle altre potenze economiche mondiali a nome delle tante Nazioni europee e non in ordine sparso. Tutto vero, in parte, ma se esistono queste posizioni, questo sentire, le domande sarebbero d’obbligo. Invece si preferisce ridurre tutto all’ignoranza, all’incapacità di “vedere oltre i propri interessi”, all’egoismo.

Insomma le soliti presuntuose considerazioni che sottendono un pensiero assai grave che riguarda la democrazia. Gli elettori sono buoni e bravi solo quando votano come vuole l’establishment, come vuole il potere che non vuole essere disturbato, come vogliono coloro che, nonostante tutto, hanno posizioni di potere ed ricchezze tali da non gradire che gli equilibri cambino. E stupisce che sia la sinistra a essere la sponda per chi considera il popolo un problema e la democrazia un intralcio. Ricordo le parole di un giornalista democratico per definizione come Gad Lerner che parlò, recentemente, di classi subalterne perché il popolo aveva votato il centro destra.

ELEZIONI IN PUGLIA? EMILIANO CERCA VOTA DA SINISTRA A DESTRA, AL CENTRO, IN OGNI DOVE. Questo fenomeno riguarda non solo l’Italia ed è una delle ragioni della sconfitta pesantissima dei laburisti in Gran Bretagna. E, infatti, a sinistra occultano i simboli del PD come in Emilia Romagna e anche a Giovinazzo la sinistra si presenta con altre sigle e con altre sfumature. Nonostante questo encomiabile tentativo, le elezioni regionali sono alle porte e questo necessariamente dovrà spingere tutte le anime della sinistra giovinazzese a riunirsi per appoggiare la candidatura Emiliano. Il presidente uscente, vero catalizzatore di consenso, non ha detto no a nessuno e, anzi, ha fatto una campagna acquisti globale e senza esclusione di colpi. Diciamo che non è stato schizzinoso, spaziando da sinistra a destra, al centro, in ogni dove.

Così a Giovinazzo avremo maggioranza, una parte, e minoranza che si troveranno sempre più coinvolti nella campagna elettorale regionale allo stesso tavolo e chissà che gli oppositori non decidano di abbassare i toni per non disorientare gli elettori. Le polemiche su tutto, forse, si attenueranno. L’anno che si chiude ne è stato pieno, anche oltre la normale dialettica democratica. Vedremo questo 2020 che mi auguro, come tutti, sia migliore di quello che stiamo per salutare. E non solo per le vicende della nostra comunità. Auguri a tutti per un sereno 2020. Evviva!

alfiere@giovinazzo.it

IL

CONTRAPPUNTO

storico

GLORIARSI DI UNA GLORIA CITTADINA UN MANIFESTO REMIX. TRE STEMMI, UNA DOPPIA INTESTAZIONE PER RISPETTARE UNA GERARCHIA?

TRE SOTTOSCRITTORI UNO DEI QUALI NON HA NESSUNA ATTINENZA CON LE INTESTAZIONI

Sono trascorsi ben quattro anni da quando il 21 marzo 2015 alla presenza del vescovo ormai defunto Luigi Martella nella sala Marano dell’Istituto Vittorio Emanuele, il noto studioso domenicano padre Gerardo Cioffari, su invito dell’Arciconfraternita del Carmine, attraverso una “Ricognizione storico-bibliografica” presentava all’uditorio la figura del Beato Nicola Paglia da Giovinazzo.

L’ente promotore dell’evento ha ben pensato di lasciarne traccia pubblicando il testo della conferenza del 2015, e ha anche pensato bene di unire ad esso un testo di un altro studioso domenicano ormai scomparso sin dal 2008, Gerardo Cappelluti, relativo alle virtù eroiche del Beato, lavoro utile per una eventuale prosecuzione del processo che potrebbe portare alla elevazione agli onori degli altari il nostro Glorioso Concittadino.

Fin qui “nulla quaestio”.

Lo scorso 14 dicembre nella chiesa di San Domenico, forse perché intitolata al fondatore dell’Ordine di cui faceva parte il Beato Paglia è stato presentato il testo: “QUAESTIO NICOLIANA”. Prospettive per il processo di canonizzazione del Beato Nicolò da Giovinazzo O.P. A causa di problemi di salute non interviene il curatore padre Gerardo Cioffari dei domenicani di Bari, ma due autorevoli studiosi anch’essi domenicani venuti da Roma: Luciano Cinelli e Llwellyn Muscat.

Chiesa abbastanza piena, prima della conferenza messa solenne celebrata dal vescovo diocesano mons. Cornacchia, segue una preghiera al Beato Nicola Paglia, abbondante prolusione del Parroco di S. Domenico …, saluto del Presidente dell’Arcicongrega del Carmine, con una lunga digressione circa l’attività di questo ente … ovvero elencare tutto ciò che esso ha promosso. Autoincensazione dinanzi al pubblico, si menziona uno dei suoi ex presidenti che avrebbe riordinato per l’edizione la seconda parte del testo, preso dall’emozione, il presidente confonde i nomi dei due autori del volume, è umano.

POI PARLANO I DUE FRATI. Padre Cinelli cerca di inquadrare la figura del beato Giovinazzese nel periodo storico in cui è vissuto: prima metà del XIII secolo, ottocento anni fa. Spiega che per la distanza di tempo le fonti documentarie certe sono ben poche, non è neppure certo che il cognome del Beato sia stato “Paglia”. Vengono aperti dei dubbi sui luoghi e sul periodo in cui il nostro Beato avrebbe compiuto il suo corso di studi. Vengono con-

fermati solo pochi dati certi. Si conclude con il mettere in dubbio anche quanto riportato nella prima parte del testo relativamente ad una collaborazione tra il Beato Giovinazzese ed un ebreo salernitano. Padre Cinelli, venuto da Roma, menziona uno studioso giovinazzese, nascosto tra l’uditorio, che attraverso un articolo sul Beato, apparso proprio su queste pagine 15 anni fa, e citato anche nel volume 80° del Dizionario biografico degli italiani curato dalla Treccani, avvallerebbe la sua tesi. E dulcis in fundo dolendosi dell’assenza del curatore del testo padre Cioffari, dice che se fosse stato presente tra di essi sicuramente si sarebbe aperto un dibattito.

Comincia a farsi tardi e qualcuno, a cui peraltro non è facile seguire un discorso scientifico, di tal fatta, comincia ad andar via.

stesso motivo, il tutto è stato tenuto nella parrocchia di S. Domenico?

Ma il Vescovo ed il clero cittadino, non dico diocesano, è veramente interessato alla promozione di questo culto? Come mai il Vescovo in primis, non partecipa alla processione in onore del Beato? Fino quando la si teneva durante la festa patronale in piena estate, faceva troppo caldo, ora che la si è spostata al giorno delle festa liturgia del Beato in pieno inverno, fa troppo freddo. Lo scorso 16 febbraio parteciparono alla processione solo il parroco della Cattedrale (molfettese) e quello di S. Domenico (terlizzese).

Eppure nel 1828 quando Nicola da Giovinazzo fu proclamato Beato, mons. Filippo Giudice Caracciolo vescovo di Molfetta (e sottolineamo di Molfetta, la sede di Giovinazzo era stata soppressa) donò personalmente alla nostra città la statua a mezzo busto di legno dorato, vera opera di intaglio napoletano, oggi dimenticata in Cattedrale.

Proprio quella statua una ventina di anni fa cominciò ad essere oggetto di discordia per il diritto vantato proprio da una confraternita di portarla a spalla. E proprio coloro che pretendevano tale diritto, giustificandolo con un legame con l’Ordine Domenicano a cui appartenne il Beato, ovvero i membri della arciconfraternita del Rosario non potevano farsi promotori di questa pubblicazione anziché pensare ai fragorosi fuochi pirotecnici della loro festa di ottobre?

Peraltro, cosa ancora più strana, è che la seconda parte del testo appena presentato è stata fornita alla confraternita del Carmine curatrice dell’edizione, proprio dal sacerdote molfettese (d. Saverio Minervini) che fino ad un paio di anni fa guidava l’Arciconfraternita del Rosario pretendendo i diritti di essa sulla festa del Beato.

PRENDE LA PAROLA PADRE MUSCAT, forse per rendersi comprensibile da tutto l’uditorio, illustra nel modo più semplice possibile, quali sono i passi che è necessario compiere perché un beato possa divenire santo. I primi passi per la beatificazione di Nicola da Giovinazzo nel 1828 furono compiuti dall’Ordine Domenicano. Il frate spiega che viste le nuove norme canoniche, non è da escludere che per una “eventuale” prosecuzione del processo, possano o meglio debbano essere le autorità ecclesiastiche dei luoghi in cui Egli è nato o dove è sepolto, che debbano istruire la pratica, che ha dei costi non indifferenti perché le ricerche possano esser portate a termine. Con molta umiltà e schiettezza conclude dicendo che è necessario dimostrare che il culto del Beato Nicola sia tutt’oggi vivo e venga sempre più divulgato. Io desumo: ben venga questo testo ma non è affatto sufficiente, le prove documentarie e il suo culto sono scarsi.

Ipotizzo malignamente: qualcuno della “Chiesa moderna”, ostile ai culti pubblici potrebbe anche dire: visto che non ha una tradizione radicata e sentita, non teniamone proprio conto.

ORE 21. LA CHIESA È SEMI DESERTA. Conclude il Vescovo con parole di circostanza, il Sindaco dice che si prodigherà per tale causa non escludendo di gemellare Giovinazzo con Perugia dove giace ancora una parte delle ossa del beato Nicola, interviene un cittadino dicendo (per quello che io ho capito) che il Beato ed il suo culto potrebbero CONCLUSIONI. Un po’ tutti “usano” o hanessere utilizzati per promuovere e rilanciare la no usato la figura di questo illustre figlio di città di Giovinazzo.

Giovinazzo per apparire, chi sotto l’aspetto cultuale, chi sotto quello culturale, ma in realtà RIFLESSIONI. Se è necessario che sia la lo- di lui ben pochi si ricordano realmente. Seconcale Autorità Ecclesiastica a promuovere un do me, esclusi i due illustri relatori, durante processo per una santificazione, come mai non l’evento del 14 dicembre il clero ed i laici proè stata essa in prima persona a curare la pub- motori, celavano tanta ipocrisia. blicazione del testo presentato il 14 dicembre? Beato Nicola, intercedi presso Dio perché i Il Vescovo sarà intervenuto per non mostrarsi tuoi paesani e soprattutto coloro che cercano indifferente davanti agli illustri relatori invitati di guidarli verso il cielo aprano gli occhi. ovvero per non dare poi tanto lustro a chi ha alfiere@giovinazzo.it voluto curare la pubblicazione? Forse per lo

l intervista

’

DI

GIOVANNI PARATO

CAPITANO ULTIMO: «La mafia non è affatto invincibile Benvenuto a Giovinazzo, da oggi come cittadino onorario. Città del collega Pignatelli, medaglia d’oro al valor civile, il cui nome ci porta indietro negli anni, ma che con la presenza del ‘Capitano Ultimo’, ci auguriamo che Luciano sia non solo un viaggio nel tempo, bensì un esempio di coraggio, un monito a osare, una speranza a credere. Ci proviamo?

Ho voluto scoprire il breve trascorso di Luciano, la sua Terra, le sue origini, e oggi eccomi qui, insieme a tutti voi e ricevere dal Sindaco Depalma tale riconoscimento mi fa sentire figlio di Giovinazzo e fratello dei Giovinazzesi.

Oggi vogliamo rivolgerci soprattutto ai ragazzi presenti nell’Auditorium Don Tonino Bello che ti hanno accolto con i colori dell’arcobaleno, in segno di buon auspicio dopo la tempesta. Non erano ancora nati all’epoca dell’uccisione del collega Pignatelli, e ora sono piccoli per comprendere chi sia il ‘Capitano Ultimo’ al secolo Sergio De Caprio e il suo

valore nel rappresentare la giustizia.

E’ un giorno di festa per me, un giorno sereno ed essere qui in mezzo a loro mi fa rivivere quella spensieratezza, quella voglia di fare. Andavo a letto e mi svegliavo al mattino con tanti sogni e una forte speranza che un giorno potessi realizzarli.

Indossando la divisa, ti ritrovi servitore della legalità, servitore dello Stato, in quella divisa si cerca aiuto, protezione, comprensione, sostegno morale, verità.

Il mondo è pieno di insidie, ogni giorno è un’incognita; la paura di non farcela, di essere un bersaglio vivente, la trasformi in adrenalina. Chi ha o sceglie noi a servizio dei cittadini, nel ruolo di geniOgni 4 dicembre sulla tomba di Lu- tori, moglie, fidanzata, figli, ha un prezciano Pignatelli viene adagiata una zo da pagare, convivere con i doveri prinuova corona, quasi a voler offusca- ma e poi i diritti di quella divisa. re per un attimo quella normalità che dopo una tragedia immane, ritorna I Carabinieri della stazione di ad agire da protagonista, trionfando Giovinazzo hanno interiorizzato trisu dolore, verità, rabbia, risentimen- stemente il silenzio che pian piano è to, delusione, incapacità di dimenti- calato su quanto accaduto, nonostancare. Si può sconfiggere l‘Indifferen- te il valore insignito con alta onorifiza e l’Omertà soprattutto tra i più cenza ad un concittadino, Luciano è giovani? morto 31 anni fa, appena 24enne. Noll male si può combattere, basta volerlo, nostante tutto a Giovinazzo, la fiamrestando se stessi, vivendo serenamen- ma che vediamo sul cappello dei te, immaginando e lottando per un’esi- Carabinieri arderà sempre, brillerà stenza migliore, genuina e ricca di tra- per orgoglio al solo nominare il colguardi, non oltraggiando la legalità, lega Pignatelli a cui la sua amata agendo onestamente con noi stessi e con Giovinazzo ha dedicato l’Associaziogli altri, rispettandosi e non abbassando ne Nazionale dei Carabinieri e la Sala mai la guardia.

Consiliare. Si può spiegare ai giovani l’orgoglio e la dedizione alla banLuciano è morto 31 anni fa, appena diera?

24enne. Di lui si dice che non amas- La nostra è una missione, disponibilità se oziare tra gli stanzoni della caser- verso i deboli, i bambini, gli anziani, lotma, ma essere pronto ad accorrere ta alla mafia, alle ingiustizie, all’illegalial bisogno. Per questo è stato insi- tà. Amare il proprio lavoro, essere fieri gnito di medaglia d’oro quale «Lu- dei successi, delle buone azioni nei conminoso esempio di elette virtù mili- fronti di chi crede in te, di chi ti affida la tari, ammirevole abnegazione al- propria Vita, e tu cerchi di esserci seml’esercizio spinta fino all’estremo sa- pre in virtù di quelle tre semplici parole crificio». Però la mamma di Luciano «nei secoli fedele». Fedele a quei colori. porterà per sempre il lutto, l’unica Fedele a chi prima di noi ha lottato in condannata all’ergastolo da quel nome dell’Uguaglianza, Fraternità, LeLontano 4 dicembre perché lei è pri- galità. gioniera del suo dolore, dolore che durerà tutta la vita. Una simile con- Domanda retorica. Da quel lontano danna silente è la sofferenza desti- 15 gennaio 1993 cosa è cambiato nel nata a tutti i cari dei colleghi marti- nostro Belpaese nella lotta a Cosa ri?

Nostra?

Ripristinare la legalità è possibile, fattibile con acume, analisi, dedizione, pazienza, collaborazione, coraggio, volontà e verità.

Dopo l’arresto che ha segnato la coscienza degli italiani, come si vive per 27 anni in clandestinità solo per aver servito le istituzioni?

Come si può vivere? In semilibertà, almeno hai gli occhi per guardare o meglio osservare, quando sei in mezzo agli altri. Si è costretti a vivere in assoluto anonimato, sono a repentaglio la mia famiglia, i miei figli, ma non bisogna arrendersi, e mai dimenticare chi sei e cosa fai.

Il suo ex comandante, il generale Mario Mori, è stato condannato a 12 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Ai giovani quali valori trasmettiamo? Che Cosa Nostra è ancora tra noi?

Ai giovani deve arrivare solo un messaggio, agire sempre onestamente, legalmente, la disponibilità di servire il prossimo con dedizione e convinzione. Il potere logora, domina, ma il coraggio della verità dev’essere il potere di ognuno con o senza una divisa, solo così potremmo combattere alla pari.

Per concludere, da come parla dei giovani il ‘Capitano Ultimo’ sembra ottimista. Per usare le parole di Falcone «La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine»?

Sappiamo perfettamente che a volte di un accadimento, azione diffusi a raggiera , è difficile stabilirne l’inizio, puoi supporre, dedurre, ma mettere la mano sul fuoco è poco probabile. Così la fine, puoi augurartela, osannarla, supporla, ma anche qui la certezza è un dato empirico, le variabili in gioco sono molteplici e non resta solo che avere la continuità delle proprie azioni e la speranza in un mondo migliore.

dedicato al DI DON PAOLO TURTURRO* capitano

ultimo

“BEATI GLI ULTIMI PERCHÉ SARANNO I PRIMI” Non sempre si può applicare il vangelo, ma per te diventa doveroso, tu che cammini tuttora nella solidarietà. Tu che hai rischiato di penetrare il covo dei mafiosi. A volte si cerca lontano chi proprio è vicino. La tua storia è la storia di tanti italiani che hanno sperato di cancellare per sempre nelle città dell’uomo la mafia. Caselli ti spronava e tu intuivi le indagini.

Erano i giorni di fuoco della nostra amata Palermo.

Anche i preti, come me, non solo dall’altare gridavano alla liberazione.

Anche attorno ai montarozzi del Borgo vecchio si nascondevano e dall’alto di certi palazzi si osservava ciò che avveniva all’Ucciardone.

Fu il primo lenzuolo di Dipingi la pace a liberare la coscienza di Palermo.

In quei giorni dinamici si riempivano le strade di speranza, le scuole adottavano la libertà, l’omertà purtroppo era un’araba fenice, pronta sempre a risorgere.

Per questo bruciammo armi e corruzione, per questo pregammo che le coscienze fossero libere e tu, come tanti carabinieri, sfondavi il famoso muro di gomma.

Non basta però arrestare un uomo per distruggere la mafia. E’ necessario, nell’essere noi ultimi, continuare a essere cocciuti nel pensare e nell’agire di essere totalmente liberi da ogni corruzione. Finalmente nessuno ha più il sasso in bocca. *PRETE ANTIMAFIA

il

caso

DI

ALESSANDRA TOMARCHIO

NATALE AMARO PER I DIPENDENTI DELLA NETWORK Ignorate di colpo tutte le tutele ai dipendenti nel contratto siglato tra Azienda, Regione e Sindacati La crisi se c’è si risolve mettendo la spesa sul conto dei dipendenti. E’ successo alla Network contacts, situata nella zona industriale di Molfetta, uno dei principali player nazionali nel settore dei servizi di BPO (business process outsourcing), CRM (customer relationship management), Digital Interaction e di Call & Contact Center con i suoi 1700 dipendenti (almeno 400 sono giovinazzesi). Prima gli esuberi, poi le ricollocazioni e infine - per scongiurare la paventata ondata di licenziamenti che l’azienda in nome di una crisi nei fatti non percepita dai lavoratori - lo scandaloso accordo tra Regione e Sindacati. I numeri aiutano a capire la proporzione sul territorio del fenomeno Network sull’impatto occupazionale caratterizzata da una forte presenza di giovani: il 40% degli occupati totali (interni + esterni) ha meno di 30 anni. E qui bisogna capirsi. Perché il nuovo riassetto non fa tanto clamore come quello dell’Ilva di Taranto. Azzardiamo una risposta. E non perché la situazione sia normalizzata: è solo scattato un meccanismo di abitudine.. Con i call center ormai è così. Per anni il mondo dei servizi via telefono o Internet è stato il simbolo del precariato, del lavoratore sfruttato e malpagato. Uno stereotipo perfetto, raccontato anche dal mondo dell’editoria e del cinema. Chi lavora in un call center riceve decisamente meno attenzione, fa meno audience di un operaio

dell’Ilva.

STIPENDI DA FAME. Natale amaro dunque per i 400 giovinazzesi circa che lavorano alla Network contacts. E no perché hanno perso il lavoro. Sono le nuove clausole che ci preoccupano, tolgono spazio alla speranza, vincolano i lavoratori privandoli di qualsiasi diritto. Di colpo sono state cancellate tutte le tutele crescenti. Nei dettagli, riduzione dei permessi retribuiti di diritto. Congelamento degli scatti di anzianità. Riduzione del 30% della tredicesima mensilità.

Facoltà, da parte dell’azienda, di richiedere fino a tre ore “volontarie” di lavoro supplementare e/o straordinario a settimana. Non erogazione dell’EGR Elemento di Garanzia Retributiva, pari a 260 euro lordi annui. Estensione da 12 a 35 mesi del livello retributivo di ingresso e blocco scatti di anzianità. Nessuna maggiorazione per il lavoro svolto nei festivi che, addirittura, cessano di essere tali, se cadono, come in quest’anno, nei giorni feriali. In sostanza un lavoratore della Network contacts non percepirà alcun compenso nelle giornate festive che ricadono nei giorni infrasettimanali oppure, per non perdere soldi in busta paga, sarà costretto a richiedere in quei giorni le ferie, il che vuol dire, per esempio, in questo mese di dicembre, bruciare numerose giornate di ferie solo per mantenere la propria busta paga con con-

I

LAVORATORI

NETWORK: «LO

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NAZIONALI NEL

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SERVIZI CONTA

BALLA, SI PUNTA

DIPENDENTI

SOLO AD OTTENERE INCENTIVI» seguente mancata possibilità di usufruire di un congruo numero di giorni di riposo feriale di fila una volta all’anno come la legge in realtà prevede. Riassumendo: il lavoratore della Network per mantenere il suo posto deve tollerare una decurtazione delle entrate e lavorare più di prima. Tradotto in soldoni, la media degli stipendi del settore è da fame. I più privilegiati con un contratto a tempo indeterminato porteranno a casa quasi mille euro. Senza retorica dei numeri elencati è sempre bene ricordarlo, ci sono dietro persone e famiglie.

LE PREOCCUPAZIONI DEL 1° CITTADINO. «Abbiamo seguito con attenzione e preoccupazione la vicenda che ha coinvolto i lavoratori della Network. A mio avviso tutte le parti in causa (impresa, sindacati, Istituzioni) hanno agito con buon senso. Tuttavia il problema è a monte: è mai

PLAYER SETTORE DEI

1700 (ALMENO 400 SONO GIOVINAZZESI)

possibile che non si riesce a intervenire sul mercato per tutelare una sana concorrenza che non metta a rischio le nostre imprese? Tra delocalizzazioni e ribassi insostenibili le nostre imprese sono costrette ad andare avanti riducendo al minimo ogni margine e spesso sono proprio i lavoratori che pagano le conseguenze di commesse il cui utile si avvicina quasi allo zero».

Il caso Network non è certo un caso isolato. «Ci preoccupano molto - aggiunge Depalma - i segnali che giungono dal management della Bosch e in passato ci sono state altre crisi simili. Il nostro territorio è già desertificato, non possiamo permetterci altre crisi, siamo davvero preoccupati». ha collaborato Sergio Pisani

natale

e

capodanno

ANCHE A GIOVINAZZO EVENTI E MERCATINI NATALIZI

2019-2020 DI MARIANGELA MARTINUCCI

Colori, luci e musiche nella centralissima Piazza e nel Centro Storico. Al buio la restante parte della città.

Spesa prevista 39.000 euro Eccoci qui. Dicembre è arrivato, ricco di novità e pronto a sfidare ogni minuto prezioso per vivere al meglio quell’atmosfera che, nonostante tutto, crea quella magia tanto attesa e tanto temuta, se delude le aspettative. Natale - Capodanno Giovinazzo 2019-2020 costerà 39.010 euro (23.950 euro per gli eventi in cartellone, di fianco in tabella). Quest’anno il Comune di Giovinazzo coinvolgerà adulti e piccini con incontri, iniziative, appuntamenti. A citarne qualcuno, il centro storico avrà il suo protagonismo, a dir poco fantastico, vista la bellezza di ogni suo angolo, ogni sua via, che può incantare affascinando chiunque vi passeggi.

La piazza anche se non è Milano Marittima o i Giardini della Fortezza avrà la sua pista di ghiaccio dove grandi e piccoli potranno cimentarsi in rocambolesche pattinate, e speranzose modiche cadute.

La villa secolare sarà nuovamente vivibile con un abito nuovo, pronta ad accogliere con suoni, luci, divertimento tutti coloro che trepidanti le diranno ‘bentornata finalmente’. «Quest’anno - sono parole del 1° cittadino Depalma - abbiamo deciso di puntare i riflettori sul nostro centro storico, uno dei borghi me-

glio conservati d’Italia. La nostra storia è iniziata qui e noi vogliamo raccontarla e farla vedere anche nella suggestione del clima natalizio».

Dello stesso pensiero l’assessore alla Cultura e al Turismo, Cristina Piscitelli: «Il percorso di luminarie servirà a donare, a un posto già magico di per sé, quel tocco di meraviglia in grado di esaltarne la bellezza» Come ogni medaglia ha il suo rovescio, anche Giovinazzo ha il suo. L’Amministrazione Comunale ha volutamente mirato al Centro storico e Centro cittadino con luci, addobbi, mercatini, concerti; il resto della città resterà al buio, il percorso di luminarie discriminerà alcuni operatori commerciali che hanno effettuato quasi una sorta di valutazione pecuniaria, considerando le condizioni economiche non vantaggiose a parer loro.

Non ci resta dunque che augurarci e augurarvi che ogni sforzo non risulti vano e possiate trascorrere giornate speciali in armonia, allegria, serenità.

MARIANGELA MARTINUCCI

Prima

Pagina

Regali, regali, regali alla nostra giunta. Già, ma quali regali? Un sellino rosa per il sindaco, un bel parrucchino per il suo fido-Sollecito, la pista Polistil per l’assessore all’urbanistica Stallone….

Salve signora Befana 2020, anno per di più a doppio numero e che quindi porta bene… Come sta e come va?

Salve a lei, diciamo bene e comunque grazie per avermi scelto per quest’anno, ma posso anche io fare una domanda a Lei prima di continuare con l’intervista?

Certo. Facci pure, per dirla alla Fantozzi!

Orbene, dopo aver visto una modella dal fisico strepitoso nei panni di Babbo Natale per il numero di dicembre, non è che ha poi optato per me come Befana 2020 perché, trattandosi appunto di un anno a doppio numero, la scelta può avere in qualche modo a che fare con la mia taglia non certo XS? Ma no, che dice, che va a pensare… Ci mancherebbe altro! L’abbiamo scelta perché per una Befana Live non potevamo che scegliere la Barbara D’Urso locale, cui tra l’altro non ha nulla da invidiare. E poi secondo lei potevamo interrompere la tradizione delle nostre Befane sempre e comunque un po’ sexy?

Mai sentito parlare, poi, delle curvy cui persino la moda sta facendo l’occhiolino?

DI

SERGIO PISANI

Ma certo che sì! Mi ha convinto Direttore, e non le nascondo che non mi sono certo sfuggiti pure gli sguardi di qualche ammiratore.

Naturalmente di nascosto, visto che non sono - e più che felicemente, come si sa libera.

Chapeau! E visto che senza volere abbiamo toccato più di un argomento e che lei è, oltretutto, l’indiscussa regina delle calze per tutti, mi posso permettere anche una domanda un po’ più personale al riguardo?

E ha bisogno per questo, di un’autorizzazione? È un’intervista o no, questa? Avanti perbacco mi faccia la sua domanda!

Beh, una calza “ad personam” per tutti, secondo i meriti, i gusti e le età, il 6 gennaio. Ma per il resto dell’anno la nostra Befana 2020, e cioè lei, quali sono le calze che preferisce, che sceglie per sé?

Ah birichino, eccoci all’insidia nascosta! Ma, un po’ per contratto e un po’ per sfida, non mi sottrarrò certo a questa domanda impertinente e, siccome la classe non è acqua, lo farò a modo mio e con un esempio. Le calze di una donna sono un po’ come le cravatte per un uomo: le indossa chiare o scure, secondo la circostanza e il look, ma senza disdegnare un’ elegante “farfalla” da esibire nelle occasioni veramente speciali. Capita l’antifona? In ogni caso sempre meglio le intramontabili elegantissime autoreggenti.

Wow, colpito ed affondato! Non c’è che dire. Ma me la sono proprio cercata, né poteva essere altrimenti con una Befana che per tutto l’anno è lì sui social e, non solo nel giorno a lei dedicato, e sa a chi distribuire caramelle e cioccolatini

Live, non è la D’Urso. Ma il salotto della Befana 2020, un po’ voyeur un po’investigativa che ha scelto la Piazza di Giovinazzo per confessarci alcune . cose viste dal buco della serratura del Palazzo di Città o carbone…

Pura verità! E poi oggi, proprio grazie ai social, tutto è molto più facile. Una volta dovevo andare in giro a ficcare il naso nelle case degli altri. Oggi faccio tutto dal mio PC, comodamente seduta. La gente posta di tutto sui social… Poi io, con i miei poteri, riesco pure a leggere anche certi messaggi che si scambiano più o meno privatamente.

Tornando al motivo per cui l’abbiamo interpellata, ma senza violare il segreto professionale del suo ruolo, può dirci almeno genericamente come sono i cittadini di Giovinazzo destinatari delle sue calze?

Beh, non molto diversi da quelli di qualsiasi posto o città, ci sono i buoni e naturalmente i monelli, il carbone se lo meritano tutto. E io, decarbonizzazione o meno, non posso non portarglielo!

Dal privato al pubblico, e questo in trasparenza come tutto ciò che li riguarda, chi, parlando per esempio della nostra Giunta Comunale, merita i dolci e chi il carbone?

Da chi cominciare allora se non dal primo cittadino? Beh lasciando da parte i dolci o il carbone, ho pensato piuttosto ad un sellino nuovo per la sua bicicletta.

Un sellino nuovo per il Sindaco. E perché?

Perché ho sentito dire che quei monellacci di PrimaVera Alternativa glielo avrebbero tolto dalla bicicletta. E non so se per metterci qualcos’altro o semplicemente per farlo cadere. Mi ricordava la scena di successo del ragionier Ugo Fantozzi. Qualcuno ha voluto che gareggiasse anche con la bici senza sellino... Ecco che ho dunque pensato a un sellino, e pure di colore rosa in onore del Giro d’Italia che passerà proprio da questo ridente paesello.

Vieppiù!

Tom come Fantozzi nella famosa Coppa Cobram va fortissimo in bicicletta. Ecco, aggiungi come regalola famosa “bomba” che beve per stravincere qualsiasi competizione e per indurre alla caduta libera i tanti avversari al curvone di Piazza Garibaldi come fosse La Trattoria al Curvone. E’ il caso di dire che non solo il Giro d’Italia ma anche la Coppa Cobram come per incanto sono qui, a Giovinazzo!

Regali, regali, regali. Al suo vice e vicario onnifacente?

Beh purtroppo per il solerte Michele, senza entrare nei meriti o eventuali demeriti, in ogni caso dolci assolutamente niente. Ordine perentorio del suo dentista. Nella calza gli farò allora trovare un bel parrucchino a mo’ della sospetta chioma del premier Conte, augurandogli la stessa fortuna in politica. Con la speranza che non debba falsificare (come il nostro Premier) le voci nel suo CV, per parere migliore di quello che è, ma che porti avanti un bagaglio “tutto frutto della sua calza”.

All’assessore all’urbanistica?

Anche per restituire dignità al suo nome di battesimo, Salvatore, una bella pista elettrica Polistil da montare in casa. Giusto per una ripassatina ai segnali stradali e magari pure una riflessione circa tracciati e pericoli. Ma in particolar modo per ripensare e pianificare una nuova pista ciclabile a misura di strade e, soprattutto, pensando all’incolumità dei vecchietti in giro che, poverini, iniziano ad essere davvero tanti.

All’Assessore alla Cultura e alla Promozione Turistica, invece?

Quant’è bellina quella! A lei che di Cinema sene intende e c’ha a che fare, invece un ciack, di quelli che si usano sui set e su cui scrivere “Giovinazzo volta pagina”. Quante grandi occasioni solo sfiorate, ma guardando il suo CV c’è davvero da sperare in un suo tocco

magico, da fatina turchina, che in nome della Cultura trasformi Cenerentola, la nostra Città, nella Principessa di Puglia e non solo.

Per l’Assessore ai Lavori Pubblici e Manutenzione, a cosa ha pensato?

Spero ci possa regalare lui giardini e parchi in ordine per quest’anno. L’ho sentito nelle preghierine dei bimbi, il tanto sospirato desiderio di giocare senza incespicare in una radice o in un mattone dissestato. Sa, signor direttore, io posso sentire anche le vocine più sottili, e quelle dei bambini desiderosi di giocare sono le più forti e le più insistenti di tutte.

Dolci o carbone, nella calza dell’Assessorealle Pari Opportunità?

Da donna, mamma, MILF, gradirei che questa fosse più una città a misura di donna. Troppo spesso il genere femminile viene bistrattato. Dobbiamo ancora, nel 2020 fare i conti con una vitalità violenta e maldicente. Le farò trovare nella calza tanto cameratismo femminile, tanto Girl power e tanto femminismo, da poter cambiare volto a questa città… e poi, chissà, un giorno avere anche un sindaco donna Davvero senza parole, vuole ora aggiungere qualcosa?

E che altro se un Buone Feste a tutti, tenendo il cuore sempre aperto alla speranza e andare avanti con l’ottimismo di voler veramente cambiare le cose per un futuro migliore?

Grazie Signora Befana, a questo punto a me e allo staff de La Piazza non resta che ringraziarla ed augurarle buon lavoro.

Grazie a voi, piuttosto. Meh, meh, ora andate via che devo finire ‘ste calze. Ho troppo da fare adesso per stare a parlare ancora.

Sciò,sciò. Sono una donna impegnata io, che vi credete. E statemi tutti bene!

SERGIO PISANI

la

lettera DEL DOTT. SAVERIO DACONTO*

QUELLO CHE I GIOVINAZZESI NON SANNO VIA GEN. OTTAVIO DACONTO, GIÀ II TRAVERSA MARCONI Carissima Piazza, nel 1943, dopo l’8 settembre, migliaia di militari rimasero senza ordini, ma, alcuni continuarono a combattere a differenza di quello che la vulgata ha sostenuto. Tutti i militari che si trovavano in Italia meridionale e, quindi nella parte liberata dai tedeschi, ebbero la possibilità di rimanere in attesa degli eventi.

Potevano attendere, dopo circa tre anni di guerra, che l’Italia fosse interamente liberata dagli anglo - americani. Molti, come mio padre, decisero che il dovere, l’onore, il rispetto per se stessi, l’amore per la Patria, il giuramento di fedeltà alla Nazione ed al Re e il riscatto della dignità di un’intera Nazione andavano preservati. Chi era rimasto intrappolato nei territori della Repubblica Sociale non aveva questa alternativa, o rispondere alla coscrizione obbligatoria e vestire la divisa di quell’esercito o darsi alla macchia e diventare partigiano. Nel Regno del Sud, invece, i giovani e meno giovani, volontariamente, ripresero le armi per dimostrare che a liberare l’Italia, dai nazi fascisti,c’erano anche loro, i soldati del Regio Esercito con la bandiera tricolo-

re. Lontano dallo stereotipo del tutti a casa, del nascondersi e attendere che la piena passi, del disimpegno, della furbizia italica, fra enormi difficoltà e diffidenze, ripresero a combattere e mostrarono il valore di combattenti e liberarono moltissimi paesi della dorsale adriatica e combatterono e morirono, a centinaia, per il riscatto di un’intera Nazione. Furono dimenticati dai libri di storia che, infatti, non ne parlano. È una storia che è giusto, sacrosanto, ricordare per non dimenticare chi non ha chiesto onori e prebende, non ha ottenuto riconoscimenti e celebrazioni pubbliche, ma, come mi ricordava mio padre, fece solo il proprio dovere di soldato e italiano.

Con mio padre, voglio ricordare tutti questi militari, soldati, sottufficiali e ufficiali, che nessuno ricorda ma a cui dob-

biamo, sicuramente, un pezzo di libertà, quella libertà anche di criticare e di dissentire che, oggi, sembra sia scontata e dovuta e, invece, non lo è affatto.

Insieme a mio padre, l’amministrazione comunale su proposta dell’ANMI, l'associazione Marinai d’Italia che ringrazio a nome mio personale e della mia famiglia, ha voluto ricordare quei soldati senza nulla togliere alla Resistenza e alle altre pagine della Liberazione dal fascismo *FIGLIO GEN. DACONTO

aspettando il giro

DI AGOSTINO PICICCO

DAVIDE CASSANI, CT DELLA NAZIONALE «POSSO DIRE CHE IL GIRO NON È SOLO UNA CORSA MA UN EVENTO CUL-

«Una bicicletta in più è una macchina in meno. La bici ci aiuta a essere migliori»

TURALE IN QUANTO C’È LA POSSIBILITÀ DI VEDERE TUTTE LE BELLEZZE NATURALI E ARCHITETTONICHE, CHE DI SOLITO NON FANNO PARTE DEI CONSUETI CIRCUITI PIÙ CONOSCIUTI.

LA

GENTE LO SA E SI SOFFERMA CON CURIOSITÀ SU QUESTE NOVITÀ.

IL PUBBLICO SEGUE IL GIRO ANCHE PER VEDERE I LUOGHI. SICURAMENTE È UNA BELLA PROMOZIONE DEL TERRITORIO.

E CONFIDO DI ESSERCI ANCH’IO NELLA TAPPA GIOVINAZZESE DEL

GIRO» Ciclista professionista dal 1982 al 1996, ha vinto due tappe al Giro d’Italia. Dal gennaio 2014 è CT della nazionale italiana maschile di ciclismo su strada. A Davide Cassani chiediamo cosa pensa di questa vita a contatto con le due ruote: «Mi ritengo una persona fortunata, ho una grande passione per la bicicletta che ho coronato prima come corridore, poi come commentatore e, ora, come commissario tecnico della nazionale italiana maschile di ciclismo. Insomma ho avuto modo di vedere il mondo del ciclismo da

più angolazioni».

Una passione per la bicicletta che diventa anche attenzione a quanto essa rappresenta nell’ambito della qualità della vita cittadina: «L’uso della bicicletta nella città è molto importante. Ogni bicicletta in più è una macchina in meno.

Le nostre città potrebbero essere luogo ideale per spostamenti in bici se questo concetto entrasse di più nelle abitudini della gente: se si pensa che nelle nostre città, i nostri spostamenti usuali sono nel raggio di tre o quattro chilometri, la bicicletta rappresenta il mezzo ideale, non inquina e contribuisce e tenere l’aria pulita».

Talvolta, soprattutto nelle grandi città, si vedono ciclisti sfrecciare sui marciapiedi con pericolo per i pedoni: «Questo capita perché non ci sono le piste ciclabili, cioè mancano le strutture per l’uso della bici, lo stesso vale quando i pedoni camminano sulle piste. La diffe-

renza la fa il rispetto. Se vado sul marciapiede a passo d’uomo, non faccio del male a nessuno».

Ma il mondo può essere a misura di ciclista? «Sì, ma non è tanto il mondo ad essere a misura di ciclista, quanto l’impegno dell’uomo a non rovinare il mondo, e la bici può aiutare ad essere migliori».

Del resto anche il mondo dell’economia è legato alla bici.

«E’ un settore che vale miliardi. Si consideri che l’Italia è il paese con maggior produzione di bici, un milione e settecentomila. Il cicloturismo è uno dei segmenti turistici che stanno crescendo: sei milioni di persone trascorrono una notte in albergo per andare in bici, quindi – con una battuta - noi parliamo di prodotto interno bici (pib) piuttosto che di prodotto interno lordo (pil)».

IL MONDO DEL CICLISMO OGGI NELLO SPORT Come valuta l’attuale impegno come commissario tecnico della nazionale? «Siamo reduci da una stagione positiva con risultati importanti, come la partecipazione ai mondiali e ai campionati europei. Il ciclismo in Italia è importante, magari non domina il mondo come quarant’anni fa, ma partecipiamo a tutti i maggiori eventi mondiali con una squadra italiana formata da validi professionisti».

Ricorda emozioni particolari della carriera ciclistica? «Le emozioni sono state tante, ma non desidero parlare di quando ero corridore, penso più all’oggi. E ricordo con emozione il campionato del mondo, la giornata più intensa della mia vita, con una squadra bella che ha operato alla perfezione, anche se non siamo riusciti a vincere. Ugualmente ho vissuto tante emozioni, abbiamo fatto tutto il possibile per vincere, ma nello sport – come anche nella vita- si vince o si per-

de. O meglio – come dico io – si vince o si impara qualcosa».

IL RAPPORTO CON GIOVINAZZO Che ne pensa Cassani della nostra bella città? «Conosco Giovinazzo e anche la Puglia. E’ una regione che adoro, sono venuto in vacanza, sempre con la bici al seguito. Apprezzo l’ottima cucina, le città fantastiche. E’ bello venire in bici in Puglia. Mi trovo molto bene.

Per quanto riguarda Giovinazzo ho un bel rapporto con il sindaco Depalma, ci conosciamo da tanti anni, molto prima che diventasse sindaco, conosco la sua passione per il ciclismo e ricordo il suo grande rapporto di amicizia con Ballerini».

Che ne pensa della tappa del Giro d’Italia di maggio a Giovinazzo? Può essere un buon volano di promozione turistica? «Certo, il Giro è uno spot permanente. Il Giro è una telecamera accesa sul mondo, le immagini vanno dappertutto, la gente non guarda solo il gruppo dei ciclisti, ama anche quello che è attorno al gruppo. Posso dire che il Giro non è solo una corsa ma un evento culturale in quanto c’è la possibilità di vedere tutte le bellezze naturali e architettoniche, che di solito non fanno parte dei consueti circuiti più conosciuti. La gente lo sa e si sofferma con curiosità su queste novità. Il pubblico segue il Giro anche per vedere i luoghi.

Sicuramente è una bella promozione del territorio. E confido di esserci anch’io nella tappa giovinazzese del Giro».

E noi saremo lieti di ospitare ancora una volta questi illustri estimatori della nostra città. Il Giro sarà utile anche per questo, oltre che per i validi motivi di promozione turistica e culturale così sapientemente indicati dal commissario tecnico Cassani.

AGOSTINO PICICCO

DI

ALESSANDRA TOMARCHIO

FOTO SERVIZIO Alessandra Tomarchio

echi

del

mese

DI

GIANGAETANO TORTORA

50° ANNIVERSARIO RECORD MONDIALE PROF. MASSARI 14 dicembre Meritata celebrazione dell’impresa del prof.

Gianni Massari nel 50° anniversario del record mondiale nel pattinaggio di corsa su strada sulla distanza del Miglio e del Mezzo Miglio, conquistato sulla statale tra Giovinazzo e Santo Spirito. Nel corso della manifestazione, organizzata dalla FISR (Federazione Italiana Sport Rotellistici) presso il Circolo Unione in Corso Amedeo n.4 sono intervenuti, tra gli altri, i campioni italiani di pattinaggio Michele Grandolfo, Nino Leali e Michele Vestito, nonché il presidente mondiale dei cronometristi di tutte le discipline sportive Michele Bonante. E’ stato possibile ammirare un’esposizione degli articoli giornalistici che all’epoca documentarono l’impresa e vari reperti storici. Durante la manifestazione, animata dagli interventi musicali del Prof. Felice Bologna, è stato anche proiettato un filmato del Prof. Massari al quale, nel momento clou della cerimonia, è stata consegnata una coppa.

21 novembre IL VICEPRESIDENTE DEL CONSIGLIO COMUNALE PIETRO SIFO ELETTO NEL DIRETTIVO NAZIONALE DI AVVISO PUBBLICO Il vicepresidente del Consiglio Comunale, avvocato Pietro Sifo, già referente del Comune di Giovinazzo di Avviso Pubblico, è stato eletto nel direttivo nazionale della suddetta associazione che dal 1996 riunisce gli Enti Locali contro le mafie e promuove la cultura della legalità e della cittadinanza responsabile. L’elezione del vicepresidente Sifo è avvenuta ad Arezzo, nel corso dell’assemblea nazionale di Avviso Pubblico che quest’anno, per la prima volta, si è svolta in contemporanea a quella dell’Anci (Assemblea Nazionale dei Comuni Italiani). Un modo, quest’ultimo, per rafforzare la

sinergica collaborazione con gli amministratori locali. L’avvocato Sifo resterà in carica per i prossimi tre anni.

2-3 dicembre TURISMO MARITTIMO E COSTIERO E GREEN BEACH: GIOVINAZZO AL MITOMED+ DI LIVORNO Due giorni livornese dedicata a Mitomed+, progetto europeo sul turismo sostenibile finanziato dal programma di cooperazione territoriale Interreg MED. Nella Conferenza Finale, riservata alla presentazione di esperienze e di elaborati realizzati, l’Asset Puglia (Agenzia regionale Strategica per lo Sviluppo Ecosostenibile del Territorio), rappresentata a Livorno dal Direttore Generale Elio Sannicandro, e i Comuni di Giovinazzo e Vieste, rappresentati dal sindaco di Giovinazzo Tommaso Depalma, hanno aderito al Memorandum of Understandings al fine di sperimentare i risultati del progetto sulle proprie realtà locali. Il progetto, il cui obiettivo generale era la realizzazione di un sistema per la misura dell’impatto del turismo marittimo e costiero, l’utilizzo dei risultati ottenuti per la pianificazione e il monitoraggio e la costruzione di politiche di sviluppo del turismo stesso, si conclude con diverse concrete realizza-

zioni testate attraverso azioni pilota a livello locale. Un modello di spiagge verdi, un modello di gestione delle destinazioni turistiche marittime e costiere sostenibili, una piattaforma di monitoraggio di indicatori legati alle destinazioni marittime e costiere sostenibili. L’Asset, con i suddetti Comuni di Giovinazzo e Vieste, ha aderito al partenariato coordinato da Regione Toscana e costituito da ANCI Toscana (Italia), Università di Girona (Spagna), Andalusia Region (Spagna), Institute of Agricolture and Tourism (HR), Larnaca District Development Agency (CY), NECSTour (BE), Conference of Peripheral Maritime Regions of Europe (CRPM) e CNR-IBIMET Institute of Biometerology (IT), al fine di rendere proficuo lo scambio di buone pratiche e applicare il modello di green beach già realizzato nei territori dei partner di progetto e poter a propria volta mettere a disposizione le esperienze positive già praticate in Puglia.

3 dicembre 800MILA EURO DALLA REGIONE PUGLIA PER IL CAVALCAFERROVIA DI VIA DACONTO Nel corso dell’approvazione dell’assestamento di bilancio, la Giunta della Regione Puglia ha reso disponibili risorse per il finanziamento di una serie di importanti e urgenti interventi di manutenzione straordinaria richiesti dal territorio, finalizzati a garantire la sicurezza e la fruibilità del territorio stesso, l’incolumità dei cittadini e il recupero di infrastrutture. Tra queste anche il cavalcaferrovia di via Daconto, per il quale la Regione ha stanziato 800mila Euro. Il finanziamento servirà per effettuare i lavori urgenti di manutenzione e consolidamento statico dell’infrastruttura, già interdetta al traffico dei mezzi pesanti, che presenta caduta di calcinacci e ossidazione del ferro dovute, oltre che all’usura e alla salsedine, anche al transito dei sempre più numerosi treni della linea adriatica di Trenitalia. Il ponte, sotto osservazione già dal 2017, nel 2018 è stato inserito dal Comune di Giovinazzo nella mappatura di viadotti, ponti e cavalcavia richiesta dall’allora Ministero delle Infrastrutture a seguito del crollo del Ponte Morandi di Genova.

del suo stesso padre che la decapitò finendo poi incenerito da un fulmine per punizione divina, è la Santa protettrice di vigli del fuoco, artificieri e dei marinai. Per onorare la propria Patrona, l’A.N.M.I. (Associazione Nazionale Marinai d’Italia) di Giovinazzo ha organizzato una giornata di festeggiamenti iniziata con la celebrazione della Santa Messa presso il convento dei Frati Cappuccini e conclusa con il conviviale al Pomodoro beach, location più che appropriata in quanto storico ristorante specializzato nella cucina di mare.

Nel riportare la notizia, cogliamo l’occasione per porgere un sincero grazie alla Marina Militare Italiana, orgoglio nazionale e pilastro della nostra sicurezza.

Alessandra Tomarchio

7 dicembre AGOSTINO PICICCO BENEMERITO DEL COMUNE DI MILANO In occasione della festa di Sant’Ambrogio, il “giorno dei milanesi” come ha affermato il Sindaco di Milano Giuseppe Sala, in una suggestiva cerimonia svoltasi nel Teatro Dal Verme 4 dicembre SANTA BARBARA - OMAGGIO ALLA sono stati consegnati i celebri Ambrogini ai cittadini distintisi MARINA MILITARE Santa Barbara, uno dei 14 Santi ausiliatori, martire per mano nel campo della cultura, delle

arti, dello sport e del volontariato.

Quest’anno è stato riconosciuto come cittadino benemerito il giovinazzese e n o s t r o redattore Agostino Picicco, per la multiforme attività culturale svolta a cavallo tra Milano e la Puglia. Negli scorsi anni era stato insignito di tale onorificenza per meriti di promozione sportiva il compianto giovinazzese Giuseppe Fasano, grande promotore ed estimatore del nostro periodico. Un riconoscimento, quello ad Agostino Picicco, che non affievolisce e anzi rafforza il legame con le sue radici e con la città di Giovinazzo. Un legame culturale a tutto tondo, tanto vero che nei giorni precedenti Picicco ha presentato il suo volume Comunicare e condividere alla Camera dei Deputati a Roma (avendo tra i vari parlamentari relatori anche un inedito Vittorio Sgarbi) e poi ha partecipato a Bari ai lavori del Consiglio Generale dei Pugliesi nel mondo, presieduto dal governatore Michele Emiliano, in cui ha tenuto un intervento relativo alla città di Giovinazzo, quale esemplare modello estivo di valorizzazione degli emigranti.

8 dicembre ACCENSIONE ALBERO E LUMINARIE PALAZZO DI CITTÀ…

Nella centralissima Piazza Vittorio Emanuele II accensione del grande albero di Natale e delle luminarie di Palazzo di Città ad opera della nota ditta salentina De Cagna Luminarie. PH. TRANI RELIGIOSA.IT Colonna sonora dell’evento, organizzato dall’Amministrazione Comunale, Jingle Bell Rock, eseguita con marcia sinfonica bandistica.

8 dicembre … E NATALE NEL BORGO ANTICO

FOTO

WWW.GIOVINAZZO.TV

Contemporaneamente nel centro storico, illuminato dalle luci realizzate dalla ditta Luminarie Artistiche Cipriani di Terlizzi, altra iniziativa organizzata dall’Amministrazione Comunale, con le esposizioni dei mercatini di Natale che saranno presenti anche nelle restanti domeniche di dicembre e domenica 5 gennaio. A corredo, la partecipazione di Babbo Natale in Piazza Costantinopoli e di vari artisti di strada.

Complice la bella giornata, molto buona l’affluenza da parte del pubblico.

8 dicembre STRAVAGANTE PROPOSTA DI MATRIMONIO Subito dopo l’accensione dell’albero, singolare proposta di matrimonio sempre nella centralissima piazza. Un ragazzo di 28 anni, Emanuele Carano, per chiedere la mano della sua ragazza Terry ha in- PH. ARCANGELO VALLA fatti organizzato una performance di 20 minuti, facendo esibire gli artisti Cosimo Scarlino e Mariangela Chirico, che danzando sui trampoli hanno inscenato un leggiadro ballo di coppia accompagnati da piccoli fuochi pirotecnici e grandi bolle di sapone. L’effetto è stato davvero coinvolgente, provocando gli applausi del pubblico in piazza. Alla fine della perfor-

mance, Emanuele, secondo tradizione, ha donato alla promessa sposa il classico anello. La coppia convolerà a nozze il 19 agosto del 2020, giorno dedicato alla Madonna di Corsignano. Il Sindaco Tommaso Depalma ha tratto l’occasione per invitare altre giovani coppie in odore di nozze a venire a Giovinazzo per le loro promesse di matrimonio.

dinarie, previo accordo, contattando il numero telefonico 339.84.26.459.

10 dicembre SHOCK DEFRONZO

8 dicembre INAUGURAZIONE MOSTRA PRESEPI AIAP GIOVINAZZO

La mostra di presepi artistici a cura dell’Associazione Italiana Amici del Presepio (AIAP) di Giovinazzo ha fatto tredici… E’ stata infatti inaugurata nella Sala Clessidra dell’Istituto Vittorio Emanuele II, alla presenza del Delegato Metropolitano IVE Nicola De Matteo e delle autorità locali, la 13^ edizione, avente quest’anno come titolo Il presepio testimonianza di fede. Tra le tante opere esposte, menzione speciale per il presepe maestoso (in tutti i sensi) che riproduce la Natività nel suggestivo scenario raffigurante via Marina e, in particolare, la nostra Concattedrale; opera realizzata dai 15 presepisti Nicola Pansini, Luigi Ribatti, Alberto Fiorentino, Giuseppe Lobasso, Angelo Sterlacci, Filippo Carrieri, Vincenzo Gagliardi, Vincenzo Colamaria, Leonardo Centrone, Angelo de Palma, Rossano Stufano, Angela Gagliardi, Rosaria Romano, Marco di Santo e Anna Vacca, con il coinvolgimento del dott. Michele Bonserio (cultore e studioso di storia locale). La mostra sarà visitabile fino al 6 gennaio, ogni sabato e domenica e nei giorni festivi dalle ore 18.30 alle ore 21, restando chiusa nelle giornate di vigilia del 24 e 31 dicembre. Prevista inoltre un’apertura straordinaria domenica 19 gennaio in occasione dei Falò di S. Antonio abate. Sarà infine possibile effettuare visite straor-

Giovinazzo sotto shock per la morte di Massimo Defronzo.

Impossibile non ricordare le sue grandi parate al campo sportivo Depergola e non solo, visto che è stato uno dei più forti portieri della squadra di calcio locale. Dopo aver contribuito a scrivere importanti pagine di storia biancoverde, ha pure giocato a Palese in prima categoria. L’incredulità generale è tanta, anche perché la sua generosità era sotto gli occhi di tutti. Tanto vero che, come ci ha confidato un suo ex compagno di squadra, “il suo unico dispetto era quello di arrivare all’ultimo momento, facendoci sempre stare con il patema d’animo prima delle partite…”. Sta però di fatto che ognuno di noi poteva fare di più, anziché limitarsi a celebrarlo post-mortem, per evitare l’accaduto…

10 dicembre CALENDARIO SU GIOVINAZZO Presentazione nella Biblioteca Dei Ragazzi Antonio Daconto del Calendario 2020 GIOVINAZZO a COLORI – Tra Mare e Terra… Questo interessante lavoro, che mette in risalto le bellezze del nostro territorio, è stato reso possibile grazie

all’Osservatorio della Comunicazione, alla Sun Flower di Gianfranco Stufano e agli sponsor che si sono fatti carico delle spese. Il calendario è disponibile gratuitamente presso Lo Scarabocchio Cartolibreria in via Giovaniello Sasso.

Alla presentazione è intervenuto il tele-cineoperatore Nicolai Ciannamea, autore dello scatto del dolmen realizzato nel 1985 per il programma di RAI3 La storia di Puglia e docente di giornalismo per immagini.

13 dicembre PREMIAZIONI CONCORSO POESIE DIALETTALI Arrecherdènne l’Addèure e le Guste de ‘na volte...a Scevenàzze: questo il tema della 6° edizione del concorso di poesie in vernacolo giovinazzese organizzato dall’associazione culturale Touring Juvenatium, con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale e la collaborazione della Fondazione Famiglia Piscitelli D’Agostino e con la partecipazione del Maestro Pasticcere Nicola Giotti. Durante la cerimonia di

premiazione presso la Sala San Felice, oltre ad ascoltare la declamazione delle poesie, è stato appunto rivelato il seguente esito del concorso: primo posto per Giuseppina Demartino; secondo posto per Myriam Maria Massari; terzo posto, ex equo, per Florinda Bavaro e Nicola Marolla; premio originalità per Elisabetta Raguseo e di merito per Rita Schino. E’ stato inoltre consegnato un attestato di partecipazione, con un omaggio, agli undici autori partecipanti. Gli autori sono stati tutti abili a tradurre in versi, con grande creatività, le proprie capacità sensoriali di olfatto e gusto derivanti dalle tradizioni di un passato che non deve essere dimenticato. Arduo quindi il compito della Commissione Cultura dell’associazione, chiamata a giudicare le opere.

GIANGAETANO TORTORA

eccellenze

di

casa

nostra

DI ALESSANDRA TOMARCHIO

NICOLA ZARRA, IMPRENDITORE «L’IMPOSTAZIONE DELLA RISTORAZIONE CHE SI RISCONTRA IN TERRA DI

BARI

È PROPRIO QUELLA CHE

«La vera università della ristorazione, la migliore produzione enogastronomica ce le abbiamo noi pugliesi»

BISOGNA MANTENERE COME MODELLO IN TUTTA LA REGIONE.

VA RICORDATO CHE

CI SONO ANCHE DELLE REALTÀ A LIVELLO SCOLASTICO DI ALTO LIVELLO, LE SCUOLE ALBERGHIERE OFFRONO IN QUESTA ZONA DAVVERO UN’OTTIMA FORMAZIONE, UN ESEMPIO È DATO DALL’ISTITUTO DI

ALBERGHIERO

MOLFETTA»

Questo mese, riprendendo il viaggio alla scoperta delle realtà imprenditoriali d’eccellenza presenti nel nostro territorio, abbiamo incontrato Nicola Zarra, tenace imprenditore salentino, che ha saputo affermarsi sia nell’ambito della ristorazione, promuovendo le eccellenze pugliesi, sia nell’ambito del Facility, cioè l’insieme dei servizi di supporto per le aziende, come pulizie, manutenzione, consegne ecc. Fare impresa, soprattutto oggi, fa pensare ad una lunga pianificazione strategica eppure Zarra, che oggi gestisce una società di servizi, un take - away a Roma e due ristoranti - pizzerie in Puglia, ci racconta che tutto è iniziato per caso.

«Non avevo progettato di fare l’imprenditore, tutto è nato per caso. Dopo la laurea in economia, ho iniziato a lavorare qui nel barese, in un’azienda di servizi, in seguito con un gruppo di amici decidemmo di metterci in proprio e così, nel 2004, iniziai a fare l’imprenditore ma, ripeto, per caso perché non c’era un progetto prestabilito ma fu un’idea improvvisa. Nacque così la prima società che si occupava di servizi per le aziende, società ancora attiva. A seguito dei buoni risultati ottenuti nel campo del Facility, maturò l’idea di investire in un’attività nuova e così, sempre in società, aprii un take away di prodotti pugliesi a Roma».

L’IDEA DI UN TAKE - AWAY DI PRODOTTI PUGLIESI. «Ci ha spinti la voglia di far conoscere e apprezzare i prodotti pugliesi al di fuori della nostra regione, intuimmo il potenziale che il nostro patrimonio enogastronomico possedeva. Poi, essendo andata bene, abbiamo deciso di investire

anche nel nostro territorio e devo dire che questa scelta ci sta dando molte soddisfazioni. Il nostro nuovo brand si chiama Bacio di Puglia, lo abbiamo inventato noi, uno dei due ristoranti si trova a Molfetta all’interno dell’outlet, l’altro, giustamente, nella mia terra d’origine, il Salento, a Santa Maria di Leuca».

Un’intuizione vincente, in linea con il successo che la nostra regione sta meritatamente riscuotendo da un po’ di anni a questa parte, e vincente può dirsi anche la scelta di puntare, nel lancio, su sua maestà il panzerotto, variamente declinato. Poi, man mano che questa prima attività gastronomica è cresciuta, l’offerta si è arricchita, di certo non poteva mancare qualcosa di salentino, viste le origini di Zarra. Nel ristorante a Molfetta ad esempio, si possono trovare i famosissimi pasticciotti della ormai nota e apprezzata pasticceria Martinucci, ma anche altri dolci famosi, come la golosa torta crepe.

Possiamo a giusta ragione definirla un pioniere nella promozione dei prodotti tipici pugliesi, oggi sempre più apprezzati, ci piacerebbe sentire da un uomo che sa guardare lontano quali possono essere le prospettive future per le nostre eccellenze.«Penso che la produzione enogastronomica pugliese sia una vera eccellenza, io che ho girato tutta l’Italia per lavoro, ritengo che la vera università della ristorazione sia qui e, massimamente nel barese, sia per qualità dei prodotti, che del servizio, non ci sono eguali. Per queste ragioni, io stesso, da salentino, ho potuto imparare molto dalla tradizione culinaria barese e, secondo me, l’impostazione della ristorazione che si riscontra in terra di Bari è proprio quella che bisogna mantenere come modello in tutta

la regione. Va ricordato che ci sono anche delle realtà a livello scolastico di alto livello, le scuole alberghiere offrono in questa zona davvero un’ottima formazione, un esempio è dato dall’Istituto Alberghiero di Molfetta.

Molti giovani si sono distinti a livello nazionale e non solo, vincendo anche premi importanti e divenendo chef affermati».

IL MADE IN PUGLIA. L‘imprenditore prosegue spiegandoci la sua visione del futuro in cui il Made in Puglia troverà sempre una maggiore diffusione sul territorio nazionale contribuendo a riportare la regione alla sua naturale vocazione: il turismo.

«Sto avendo grosse soddisfazioni nella ristorazione in Puglia, il turismo sta funzionando bene e posso dire che abbiamo grandi margini di crescita. Negli anni, grazie al contatto diretto con i numerosi turisti stranieri transitati nel mio locale romano, ho potuto constatare quanto la Puglia e il suo patrimonio non fossero affatto noti. I turisti conoscevano solo le più famose città d’arte italiane mentre della Puglia non sapevano nulla, a volte nemmeno ne conoscevano la collocazione geografica, tanto che dovevo mostrargliela sulla cartina posta sul retro delle etichette dei vini. Penso che la Puglia per molti, troppi, anni sia rimasta nell’ombra e sia stata sfruttata puntando su un’economia sbagliata.

Tutte le industrie chimiche e siderurgiche nate nel dopo guerra non hanno prodotto ricchezza per questa regione ma solo sfruttamento, un esempio è la Ferriera di Giovinazzo. Non è quella la nostra vocazione, dobbiamo puntare sulle nostre vere qualità, anzitutto su quell’accoglienza di noi gente del sud, e poi sul

grande patrimonio di cultura, storia, tradizioni e ovviamente buona cucina, senza dimenticare gli incantevoli borghi antichi da rivalutare.

Abbiamo davvero tutto e, pertanto, è giusto ritenere che la nostra sia una vera vocazione TURISTICA. Io sto avendo davvero delle grandi soddisfazioni in Puglia perché c’è un notevole ritorno, dovuto proprio a questo boom del turismo che finalmente sembra essere decollato».

In questa prospettiva ottimistica di crescita, qual è il consiglio che darebbe ad un giovane imprenditore interessato adinvestire in questo tipo di attività?

«Puntare sulla qualità, non sul prezzo concorrenziale, bisogna dare un prodotto buono e servito bene. Questo perché ormai le persone sono abituate ad un servizio di un certo livello e se mangiano bene e sono serviti bene, pur se pagano poco di più, sono contenti e ritornano. Risparmiare ma mangiare male, non fa tornare i clienti».

MANCA PERSONALE QUALIFICATO E VOLENTEROSO Come lei ha detto tutto è iniziato per caso ma cosa ha permesso di far crescere i suoi progetti e di far affermare il suo brand?

«Senza dubbio una forte determinazione e lo spirito di sacrificio, ciò che oggi manca. Essere imprenditori implica fatica e sacrificio, la stessa etimologia della parola ci rimanda all’idea di impresa ed evoca lo straordinario sforzo che, colui che accetta la sfida, deve compiere. Ogni volta che sento la famosa lamentela sulla mancanza di lavoro specialmente a sud, esprimo puntualmente il mio disaccordo. Non è vero che qui manca il lavoro, manca piuttosto la voglia di rischiare, di mettersi in gioco, e, soprattutto manca la qualificazione professionale. Da imprenditore posso dire che una delle

cose più difficili è trovare personale qualificato e volenteroso».

Di certo Nicola Zarra continuerà ad essere un esempio, proseguirà ancora continuando ad innovare ed arricchire le sue attività e infatti, sono già state avviate le prime novità: «Abbiamo iniziato a sviluppare il settore catering, anche questo un settore in espansione, abbiamo pensato di farloall’interno di location di prestigio, come le incantevoli masserie salentine».

A un uomo dotato di tanto spirito d’iniziativa non possiamo che augurare una nuova stagione di successi e nel ringraziarlo concludiamo riportando e condividendo il suo augurio: «Mi auguro che i progressi in questa regione proseguano e che i giovani colgano le opportunità che si stanno presentando fermando o quanto meno rallentando il loro triste esodo. È triste vedere una generazione costretta ad abbandonare la propria terra e lo è ancor più perché questa è una terra che merita di essere vissuta».

ALESSANDRA TOMARCHIO

storia

nostra

DI

DIEGO DE CEGLIA

L’EPISCOPATO DI MONS. BARNABA (1574 - 1579)

L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA Lo stesso titolo demmo ad un nostro articolo apparso su queste pagine una ventina di anni orsono, nel quale fornimmo informazioni relative alla Chiesa di Giovinazzo durante l’episcopato di Joannes Antolinez Brizianos de la Ribera (1549-1574) nel periodo del Concilio di Trento. Circa l’episcopato del suo successore Sebastiano Barnaba (1574-1579) sintetiche sono le notizie edite dal Marziani che nelle Istorie della città di Giovenazzo scrive vagamente: «Sebastiano Barnaba napoletano. Presentato costui da Filippo II venne eletto da papa Gregorio XIII con bolla del 25 luglio 1574.

Eresse una devota cappella al Santissimo Crocifisso assai miracoloso, ed ottenne dallo stesso Pontefice indulgenza perpetua per quei (che) la visitassero; molte altre opere fece a gloria di Dio e a bene delle anime lodevolissime. Dette opera ad immegliare la istruzione de’ giovani chierici, migliorò le terre della mensa vescovile, protesse e caldeggiò le istituzioni diverse di beneficenza, e dopo sette anni di regime dolcissimo, con massimo dispiacere dei diocesani, passo alla sede di Potenza a 30 ottobre 1581 ricordando sua memoria una epigrafe nel nostro episcopio». In nota Marziani aggiunge «Tra le altre notizie si legge avere quel nostro sindaco presentate talune insigni reliquie alla nostra Cattedrale a nome di mons. Barnaba che le inviava dalla nuova sede di Potenza. Questo vescovo fece pure a sue spese la magnifica vasca del battistero nella Chiesa Maggiore (foto 1), intorno alla quale vasca evvi tuttora scolpita “BARNABA EPISCOPUS IUVE(NACENSIS). A.D. MDLXXVII». Approfittiamo per rettificare la data riportata dal Marziani: infatti dopo la rimozione dei vari strati posticci di colore che ricoprivano l’intera vasca fino a quindici anni fa’, è oggi possibile leggere «MDLXXVIII» nonché intravedere (perché addossati alle pareti dell’absidiola che la accoglie) altri due ovali oltre a quello frontale con la Vergine e il Bambino: a sinistra vi è quello con lo stemma di mons. Sebastiano Barnaba; a destra quello con S. Tommaso apostolo patrono della città.

NUOVI RIFERIMENTI DOCUMENTARI Testi successivi a quello del Marziani e documenti recentemente rinvenuti, rettificano ed integrano quanto sopra riportato. La Hierachia Catholica (raccolta in nove volumi dell’elenco dei papi, cardinali e successioni episcopali in tutte le diocesi cattoliche del mondo), riporta infatti che la nomina di mons. Barnaba a vescovo di Giovinazzo avvenne il 25 giugno del 1574 ed attraverso una nota contabile del Capitolo Cattedrale, nella quale tra le altre sono annotate le spese sostenute per la realizzazione di un arco trionfale, dello stemma del nuovo prelato e dell’offerta elargitagli come dono per il suo insediamento, è possibile invece rilevare che egli fece ingresso ufficiale in città nel successivo mese di novembre 1574 (ADG, Capitolo, fald. 1, fasc. 4, doc. 120b). L’opera Viaggi in Abruzzo del domenicano Serafino Razzi (n. 1531- m. 1611) rivela che mons.

Barnaba doveva essere solito portarsi alle terme di Pozzuoli. Infatti nel maggio 1577 padre Razzi, nel descrivere il suo viaggio di predicazione, narra che presso il convento del suo Ordine che sorgeva fuori da quella città, come ad altri che usufruivano dei bagni termali, in quel momento i suoi confratelli avevano fittato una cella anche al nostro Vescovo per un prezzo di 7 ducati (p. 208); sempre la Hierachia Catholica, rettificando quanto scritto dal Marziani, attesta che la successiva nomina di mons. Barnaba alla nuova sede di Po-

STEMMA VESCOVILE DI MONS. SEBASTIANO BARNABA (DA: Registro dei battesimi, cresime e matrimoni della parrocchia Cattedrale di Potenza, a. 1600) tenza avvenne il 17 agosto 1579 e durò fino alla sua morte avvenuta il 19 giugno 1606. (Per completezza riportiamo il testo del frammento della sua lastra tombale presente nella Cattedrale di Potenza (foto 2), ringraziando la dott.ssa Simona Sagarese di quella Diocesi per avercene inviata foto, ed aggiungiamo che non è stato possibile approfondire se qualcuno ne avesse già fatto edizione prima della sua parziale distruzione: «D. […] SEBASTIANUS B[ARNABA …] / IN HAC URBE LUS[…] / HANC B. VIRGIN[IS … CE]/ LEBRATURO CUM […] / TRINITATIS CAP[…] / ANNO SUB DUCA[…] / MORTUUS EXIC[…] OB. MLXXXXI […

FE]/LICITER AMEN»).

L’OPERATO PASTORALE Lo storico Marziani non approfondisce il contenuto dei documenti consultati, infatti ad un più attento esame degli stessi, correlati al contesto storico generale, possiamo fornire un’altra lettura circa l’operato del vescovo Sebastiano Barnaba in Giovinazzo.

Relativamente ai seguenti incisi della biografia scritta dal Marziani «migliorò le terre della mensa vescovile» e «istruzione de’ giovani chierici», il riferimento è da ricercare negli interventi, di una sorta di politica economica, realizzati per garantire maggiori profitti e minori perdite per il Capitolo. Con atto del 15 ottobre 1577 (in ADG, Capitolo, fald. 6, fasc. 8, doc. 138b) egli infatti ridusse il numero dei canonici, soppresse alcune dignità come quella del tesoriere, assorbì alla Mensa vescovile le rendite dei canonici: maestro di cerimonie, penitenziere, maestro di grammatica, rendite che prima restavano a godimento esclusivo dei soggetti interessati. Nello stesso atto rela-

tivamente alla «istruzione de’ giovani chierici», il riferimento è in un inciso con il quale lo stesso Vescovo specificava che pur avendo soppresso la dignità di maestro di grammatica, che godeva di cospicue rendite da beni immobili e mobili, restava onere del Capitolo pagare 30 ducati annui ad un maestro da lui scelto perchè istruisse i fanciulli. Ad ogni buon fine si trascrive il passo del decreto vescovile: «Suspendimus et annullamus tesauraii dignitate ac etiam predicte masse communi reverendi Capituli applicamus et annexemus fructus redditus census et poxessiones penitentiarii cum onere tam solvendi per ipsum rev. Capitulum eiusque provisionem pro tempore annuos perpetuos ducatos triginta alicui sacre theologie magistro sacerdoti seculari aut regulari qui sacre scripture lectiones munus penitentiarii ad implere habeat iuxta ipsius penitentierie fundationem et rationem et solvendi esse annuos ducatos sex magistro ceremoniarum eligendi per ipsum Reverendissimum patrem dominum Episcopum sive eius reverendiussimum vicarium qui ceremoniarum magister sit obligatus ultra ad cerimonias ad docendum clericos parvulos dicte ecclesie versetur antiphonas et alia munia ecclesiastica et prebenda applicata pro magistro gramaticis omne onus erit reverendi Capituli qui similiter sit obbligatus ad ducatos triginta pro salario alicuius magister gramaticus arbitrio reverendissimi Episcopi».

L’affermazione del Marziani «protesse e caldeggiò le istituzioni diverse di beneficenza» va invece riletta attraverso un recente studio.

Sebbene nell’antico inventario dell’Archivio Capitolare in più di un documento il nome del vescovo Barnaba è accostato al Monte dell’Abbondanza senza offrire una dettagliata analisi del contenuto degli atti, dopo attento studio degli stessi documenti lo studioso Nicola Barile nel suo testo «Formare l’annona del popolo e impedire i monopoli in tempi di carestia»: i Monti frumentari in Puglia. Fonti, problemi e prospettiva di ricerca, apparso alle pp. 355-390 della miscellanea “I monti frumentari e le forme di credito non monetarie tra medioevo ed età contemporanea”, Bologna 2015, conclude che «nel 1579, il vescovo Barnaba decise di estinguere il Monte dell’Abbondanza.

Secondo il presule, infatti, la finalità del Monte era stata tradita, dato che gli amministratori non facevano che passare il loro tempo emendo, vendendo, mutuando, exigendo e occuparsi del Monte in modo «indecente» (indecentia administratrorum dicti Montis). Il Vescovo, dunque, ordinava che tutti i beni, i censi, i proventi, gli introiti, i diritti e le actiones del Monte venissero annesse alla massa comune del Capitolo della cattedrale che, a causa delle scarse entrate (tenuitatem proventum), non era florida».

Quando Marziani scrive poi del trasferimento di mons. Barnaba a Potenza «dopo sette anni di regime dolcissimo, con massimo dispiacere dei diocesani», il riferimento potrebbe essere all’intervento realizzato dal Vescovo, unitamente al clero, in favore della cittadinanza allorquando nel 1575 si operò per estinguere precedenti debiti contratti dall’Universitas (ADG, Capitolo, doc. sec. XVI, fald.

1, fasc. 4, doc. 117b); o quando nel 1578 concesse alla stessa un censo redimibile per consentirle di estinguerne altri (M. Bonserio, Le Conclusioni decurionali, p. 62).

La clemenza di mons. Barnaba è richiamata anche in una conclusione del Decurionato del 1579 nella quale si legge che «carestia e mancamento delle entrate» si registravano in città dopo che l’Universitas ebbe rinforzato le mura con pietre delle chiese fatte abbattere, e costruito artiglieria con il metallo delle campane. Per tali interventi a danno degli edifici sacri, l’Universitas avrebbe meritato la scomunica, ma il Vescovo -a proprie spese- chiese l’assoluzione pontificia ed ottenutala impartì la benedizione sulla città desolata, cui seguì miracolosamente un anno con grandi entrate e fertilità. In segno di gratitudine mons. Barnaba ed i suoi parenti in vita nonché i loro discendenti furono aggregati al seggio cittadino dei nobili (Idem, p. 63).

FOTO FOTO11

Barnaba nei confronti di Giovinazzo anche l’invio al Capitolo della Cattedrale di alcune reliquie di santi effettuato dopo il suo trasferimento a Potenza. Il 9 ottobre 1580 le reliquie furono consegnate al Capitolo da Andrea Saraceno, sindaco di Giovinazzo agente per conto di mons. Barnaba. L’atto notarile stilato per l’occasione, fatta eccezione per l’elenco delle reliquie, è scarno di particolari (ADG, Capitolo, fald. 8, fasc. 21, doc. 386b). Il primo libro delle Conclusioni capitolari rivela però tutti i retroscena di questo gesto.

La conclusione capitolare del 15 novembre 1579 riporta che il Vescovo partendo da Giovinazzo aveva illecitamente sottratto alla città quelle reliquie e che a richiesta già avanzata dal Capitolo Cattedrale, tanto il Sovrano da Napoli che il Pontefice da Roma, con proprie missive avevano dichiarato essere lecito farsele restituire, così come era lecita l’azione di rivalsa del clero nei confronti di mons. Barnaba, per la restituzione della rendita che tale Antonia Cappellana aveva lasciato alla Chiesa di Giovinazzo per la celebrazione di messe per la salvezza della sua anima. Con tale conclusione il Capitolo, volendo produrre istanza a «Papa Gregorio XIII et alla Congregatione de li illustrissimi et reverendissimi cardinali de’ vescovi» per ottenere un breve di scomunica contro chiunque in futuro avesse tentato nuovamente di portar via da Giovinazzo quelle reliquie, deliberava «che si proceda con ogni rispetto ed modestia conveniente con mons. reverendissimo Barnaba et spenderci tutta quella moneta che seria necessaria per tale recuperatione et breve apostolico».

Ulteriori dettagli sulla vicenda vengono dalla successiva conclusione capitolare del 20 dicembre 1579 dalla quale è chiara la collaborazione offerta al Capitolo da parte dell’Universitas, in essa infatti si legge che «trattandosi il fatto de le sante reliquie, per la conclusione fatta dalla magnifica Città in favor nostro …, da detta magnifica Città fu mandata littera al rev.mo Barnaba che amorevolmente ci voglia restituir dette sante reliquie et per detto reverendissimo (Vescovo) fu risposto volerle restituire et che mandarà a Roma dove RILETTURA DI UN DOCUMENTO PRIVO DI PARTI- l’a mandate dette sante reliquie … fu concluso che si vorrà far quatCOLARI tro deputati per più facilità et servigio di detto Capitolo dandoli Potrebbe essere interpretato come atto di benevolenza di mons. tutta quella potestà possibile di spendere, trattare et fare».

FOTO 2

I CONTRASTI CON IL CLERO Se anche da questo documento emerge la grande stima e riconoscenza riservata al Barnaba dai laici, la conclusione capitolare del 6 maggio 1580 rivela un ben diverso sentimento del clero nei suoi confronti. In essa infatti si legge che, stante la Sede di Giovinazzo ancora vacante, al Vicario capitolare era pervenuta voce «da Napoli che il reverendissimo monsignor Barnaba tratta (per) venire un’altra volta nella nostra chiesa (et) che habbia mandato a supplicarlo a sua maestà cattolica per venire, et che questo suo venire seria assai disapioso et malo per questo reverendo Capitolo per aver molte

lite con detto reverendissimo (Vescovo) sopra le sante reliquie tolteci et altri dinari levati, nei quali per forza per ciò ne seria senza grande disturbo a detto reverendo Capitolo essendo che manifestamente appare il maltrattamento che ci ha fatto». Sebbene l’atto non riporti i motivi della insoddisfazione di mons. Barnaba per la sede di Potenza, in esso invece si coglie chiaramente l’avversità del Capitolo di Giovinazzo al suo ritorno. Infatti si legge che il Capitolo era «di parere che sopra di ciò si desse memoriale alla excellentia de lo illustrissimo sig. Vicerè di Napoli che facesse intendere a sua Maestà che saria (di) gran disturbo et mal servigio a detta Chiesa (et) che quasi tutti li preti se ne andariano ad altri luochi per la terribilità di detto reverendissimo (Vescovo) quale a tutta questa città è manifesta». Per evitare questo tragico esodo il Capitolo supplicava il Re «che resti servita mandare altro (vescovo) quale a sua maestà piacerà, et per detto reverendo Capitolo fu concluso, pro maiori et seniori parte, che essendo il reverendo don Ottaviano de Risis canonico di detta chiesa andato in Napoli per certi suoi negozi, che li vogliano commettere che voglia dare detto memoriale conforme a detta conclusione a Sua Excellentia a tal che faccia quello intendere a sua maestà».

Mons. Barnaba non tornò a Giovinazzo né tantomeno abbandonò la sede di Potenza dove, stando a quanto da egli stesso riportato nelle periodiche relationes inviate a Roma, per sopperire alla mancanza del seminario in quella diocesi istituì una scuola di grammatica e nel 1593 celebrò un sinodo (cf. G. de Rosa, Storia della Basilicata, vol. 3, pp. 205-206, 259).

Purtroppo la documentazione oggi presente presso l’Archivio Diocesano di Potenza, gravemente danneggiato durante il secondo conflitto mondiale, non consente di approfondire i motivi dell’iniziale insoddisfazione di mons. Barnaba per la sua nuova sede; eventuali particolari però potrebbero emergere dagli atti dell’Archivio Segreto Vaticano e/o dell’Archivio General de Simancas che conserva i documenti della Corona spagnola alla quale, a seguito del trattato di Barcellona del 1529 tra Papa Clemente VII e re Carlo V, spettava la proposta dei candidati vescovi per ventiquattro sedi dell’Italia meridionale tra le quali anche Giovinazzo e Potenza.

DIEGO DE CEGLIA

diario «IO SONO UN CERCATORE DI AQUILONI»il Dmio P T * DI

«MI

ON

AOLO

URTURRO

BASTA UN FILO DI FEDE PER

La mia tesi sulla risurrezione del Cristo risorto nel corpo dello spirito fu uno scandalo. Ora tutti parlano del Corpo Glorioso. Io non ho mai visto una costola, reliquia di Cristo. Colpii il mondo delle reliquie, i fabbricatori di reliquie a Capranica Prenestina. Le reliquie e le indulgenze non accrescono la fede. Portano facilmente al mondo del denaro. Io sfuggo i fabbricatori di reliquie. Mi basta un filo di fede per volare in alto, come gli aquiloni. Io sono un cercatore di aquiloni. Mi fa tanto male vedere la costola di padre Pino Puglisi, sradicata dal suo petto.

San Pietro in Vincoli mi diede una forza dinamica nei muscoli del Mosè di Michelangelo. Anch’io gridai dinanzi all’estasi di santa Teresa D’Avila: «Se questo è amore, io lo conosco!». I Fori Imperiali mi facevano rabbrividire per il sopruso sui popoli resi schiavi dalle guerre. Sotto gli archi del Trionfo facevano passare martiri e schiavi ma liberi di amore e di pensieri. Nel Colosseo sentivo i canti dei martiri e le belve che prevedevo avrebbero aggredito anche me. Il coraggio non mancò a quei martiri e non mancherà mai a noi cristiani.

a Palermo: «Amiche, a Roma c’è la cappella Sistina, qui tra noi, c’è la cappella si stona». Si apre il sipario delle rimembranze. Vedo Michelangelo litigare con papa Giulio II. Qualche barattolo di colore nero gli cola sulla testa. Allora procediamo. Metto a confronto il Giudizio Universale di Michelangelo con quello dello Zoppo di Gangi. Vediamo: A Gangi il Giudizio Universale era sul palchetto della corale, in alto, dietro le spalle appena entri in chiesa. Poi fu trasferito sull’abside del presbiterio, ma non entrava tutto e allora fu sacrificato, tagliandolo in parte. Tuttavia la differenza tra i due giudizi è enorme. Lo Zoppo dipinge angeli con il volto negro e tutti in cielo, Michelangelo invece con gli occhi celesti e i capelli biondi in cielo e quelli neri in inferno. Lo Zoppo affresca i santi con le palme e con i volti africani, a Michelangelo i suoi santi sono gli amici bianchi del potere. Quante ossa nello Zoppo di Gangi e quanti corpi splendidi in Michelangelo. La volta del grande Michelangelo ci eleva di profeti e di patriarchi a sigillare per sempre le profezie di Dio. E’ la sala d’aspetto di Dio. E’ la sala regale dello Spirito. Nessuno però nella volta aspetta, tutti sono già in paradiso. Extra omnia, tutti fuori, lo Spirito non è per tutti. Sento nei vicoli di Trastevere le giovani donne litigare tra di loro, per essere scelte dal Caravaggio a immortalarsi da Madonne.

L’arte è infinita e il mio tempo per essa è finito.

LA ROMA VISTA DALLE SCARPATE DI MONTE MARIO. In teologia si studiava fino a tarda notte specie sotto gli esami, fino alle tre del mattino. A Roma le ottobrate erano un incanto e io preferivo ascoltare le conferenze di don Giovanni Franzoni, il ribelle delle intuizioni teologiche.

Studiavo e dipingevo. Partecipai a un corso del Ciac, sui sentieri di Pier Paolo Pasolini.

C’erano anche pomeriggi di riposo. Tutti allo stadio di domenica pomeriggio, a vedere la «Roma». Ma da dove? Dalle scarpate di Monte Mario. Quanti romani salivano a vedere le partite e don Luigi Paris era veramente felice nel distribuire bandiere. La statua della Madonna, su Monte Mario, splendida in oro, illuminava la città eterna. Quante discussioni sotto i suoi pini alla rotonda delle scuole professionali. Non si finisce di ricordare un evento che altre immagini riaffiorano alla mente. I ricordi non muoiono mai, sono incisi nello spirito. Ora mi sballotta la mente, si apre in me la cappella Sistina.

Io scherzavo nella mia chiesa di santa Lucia

HO TANTE COSE DA DIRE E PER IL MOMENTO NEANCHE L’ARTE è capace di sopportarle. Mi stanca il sangue vero con cui dipingeva Caravaggio. La mia poesia ha ali di spirito, anche se Alda Merini mi gridava a casa del canaletto che i suoi poemi erano brandelli di carne viva. Non sempre lo spirito è più forte della carne e un incontro particolare nell’estate a Terracina mi avvertì che l’amore è una fiamma che arde la carne. Si chiamava Aurora e dopo l’estate non la vidi più. Giunsi a Reggio Calabria e lassù gli angeli si chiamavano orfani abbandonati. In quel santuario compresi che per i superiori era più importante salvaguardare gli istituti che il carisma di don Orione. Così capitò che, perdendo gli istituti, non avendo più le rette comunali, si perse il carisma del santo degli orfanelli. Sul frontespizio leggiamo: «Pio orfanotrofio don Orione», senza più un bambino povero in casa. Cominciava a crollare il pianeta carità. Perduta la carità, si rischia di perdere il vangelo. Non restai molto a Reggio Calabria, a causa di una mia

VOLARE IN ALTO , COME GLI AQUILONI. IO SONO UN CERCATORE DI AQUILONI.

MI

FA TANTO MALE

VEDERE LA COSTOLA DI PADRE PINO

PUGLISI,

SRADICATA DAL SUO

PETTO»

ribellione. Passai lo stretto e mi recai a Messina in viale san Martino. Furono gli anni migliori della mia giovinezza apostolica. Gli anni del coraggio, gli anni dei sogni, gli anni di una comunità che pregava, lavorava e realizzava assieme il cammino di Dio. Messina, la capitale dei miei sogni. Insegnavo gioia e apertura mentale vera. I miei colleghi mi cercavano per consigli e capivo d’essere stimato più da loro che dagli allievi a cui sembravo severo. I ragazzi dell’Istituto si battevano con la cultura, sempre pronti nei compiti.

Non sembrava vero che un collegio potesse avere degli alunni intelligenti. Tra questi banchi nacque il sogno di Dipingi la pace. Studiai assieme agli allievi di tutte le classi, sei sezioni, la poesia: «Avevo una scatola di colori...». Qui i primi passi della pace, qui i primi arcobaleni che attraversarono tutte le scuole di Messina. Qui, in viale Europa, nacque la prima fiaccolata della pace. Il sogno s’infiammò e i ragazzi cominciarono a essere i protagonisti della prima e-mail della pace.

Fu l’allievo Giuseppe Candiano a inviarlo in Italia. Quelle aule, dense di progetti! Quelle aule aperte al mondo e a scoprire un mondo migliore. Il sogno della pace non si poteva interrompere. Così osai oltre la scuola.

Ideai le Borse di Studio don Luigi Orione per avviare nel mondo, come don Lorenzo Milani, i ragazzi di quella mia amata città.

L’ENTUSIASMO ALLE STELLE. Le navi della Tourist Ferry – Boat si aprirono alle conferenze e alla premiazione dei primi 100 alunni, con Borse di studio di un milione l’uno. Si iscrissero all’alberghiero, al Liceo Classico e allo Scientifico. Ora quegli allievi

lavorano sulle stesse navi della Tourist e della Caronte. Due di essi, i fratelli Napoli, aprirono una pizzeria a Parigi.

Il sogno oltrepassava i confini e i muri del sospetto cominciavano a crollare.

Cominciai il sogno senza essere ancora sacerdote. Mi aspettava un santo, mons.

Francesco Fasola. Fui l’ultimo sacerdote a essere consacrato da lui. Avvenne un fatto strano quella mattina, del 22 gennaio del 1978, nella chiesa della Consolata a Messina. Come in ogni ordinazione la chiesa è sempre gremita di fedeli. La mattinata era uggiosa e quando il vescovo impose le sue mani sul mio capo, da una finestra alta della chiesa un raggio squarciò le tensioni con un boato: «Ohhh…». Questo è normale per le giornate invernali di gennaio, ma non quello che avvenne nel cortile del don Orione, dopo la benedizione del vescovo. Tutti a baciare le mani del novello sacerdote, unte di crisma sacerdotale. Una donna gridò dinanzi a centinaia di persone: «Ho peccato! Ho peccato! Ho preso la comunione indegna e peccatrice». Io guardai il vescovo e lui con le mani mi accennò: «Assolvila!». «E io ti assolvo...». Fu la mia prima confessione di lacrime, la mia prima confessione di una donna che ora è santa in paradiso e dall’alto di certo mi protegge. Fu presente il mio più caro amico di Messina, Armando Sofia che mi avviò a farmi davvero degno dell’essere discepolo di Cristo. Non bastano queste pagine a sigillare l’animo di Armando. Mi guidò con la sua saggezza, lui il ricco prezioso di oro, di argenti e di diamanti. La carità diveniva la Parola che rendeva persone i poveri. Il cielo ci dà ragione nell’amare i poveri senza i soldi sporchi dello Stato. Il DNA di Dipingi la pace è la libertà di amare senza i soldi degli interessi e affari privati.

Io preferisco le verdure e il pesce messinese, ma non posso fare a meno dei cannoli di Piana Albanese. Lassù ci sono cannoli che non sparano mai. Forse sparano soltanto al fegato. Eppure quanta vergogna di pregiudizi sulla Sicilia, terra di mafia. Io prendo sempre distanza da coloro che offendono e sparlano degli altri.

Armando mi insegnò che fare del bene non significa pretendere una ricompensa. Compresi fin troppo bene questa tremenda realtà che emargina persino chi si sacrifica a fare del bene. Per fare del bene occorre molto silenzio ma il silenzio non è affatto solitudine. Mai *PRETE ANTIMAFIA

il

libro

DI

AGOSTINO PICICCO

MONSIGNORE RAGAZZINO Don Tonino Bello dal diario di un collaboratore Un nuovo libro di Renato Brucoli sul La nuova pubblicazione di Renato Brucoli, collaboratore, amico e studioso della figura di don Tonino Bello, a distanza vescovo di Molfetta di 26 anni dalla sua morte toglie il velo su alcune vicende personali degli anni in cui dirigeva Luce e vita ed era quotidianamente a contatto con il vescovo, supportandolo nel campo delle comunicazioni sociali e delle emergenze del settore Caritas. In quegli anni (seconda metà degli anni Ottanta) venne avvertita come rivoluzionaria, ma molto in linea con l’esortazione apostolica Christifideles laici circa la corresponsabilità dei laici alla vita della chiesa, la scelta di affidare ad un laico la direzione del settimanale diocesano.

Così Renato Brucoli dedicò capacità e determinazione nei settori a lui affidati con fiducia dal vescovo mettendoli in sinergia – come si evince dalla lettura del volume – ed offrendo se stesso a critiche che – come acutamente aveva notato don Tonino – in realtà miravano a colpire alcune scelte pastorali del vescovo (come quella per la pace o per gli ultimi).

Incomprensioni, o cattiverie, di cui ne faceva formalmente le spese il direttore di Luce e vita.

Renato non si tirò indietro e resistette a tutta una serie di attacchi, soprattutto da parte di taluni settori ecclesiali, attivandosi ancora di più per rispondere come laico ad una serie di urgenze di quel periodo storico e cogliendo una serie di sollecitazioni provenienti da don Tonino sui temi da trattare, sulla modalità, sulle persone da sentire per inchieste mirate (del resto don Tonino intendeva il suo ruolo come quello di direttore e inviato speciale allo stesso tempo).

Un rapporto di intensa collaborazione che il vescovo sapeva valorizzare anche con inedite attenzioni personali, rivolte a Renato e ai suoi familiari, proseguite in modo commovente fino a qualche giorno prima della morte.

Le pagine del diario di Renato sottolineano le priorità pastorali del vescovo ma danno anche atto in filigrana delle sue sofferenze per scelte non condivise, per i modi rozzi di taluni, per gli appesantimenti del ruolo, per le sacche di resistenza alle novità del suo magistero, per la tiepidezza di fronte alle sfide e ai problemi sociali, tra cui la preservazione del territorio dalla sua militarizzazione e l’accoglienza dei migranti.

Da qui tutta una serie di episodi che riguardano in prima persona l’autore, le cui certezze erano messe in discussione da vari episodi come quando, ad esempio, don Tonino fu (insolitamente) duro con un sacerdote della diocesi che di fronte ai danni compiuti dolosamente da alcuni migranti alle strutture di accoglienza, invitava a vedere il volto di Cristo in questi fratelli e a provare compassione per loro, e a non preoccuparsi per i danni materiali che le strutture o la comunità avrebbero sopportato. O quando in occasione di un evento conviviale con i migranti ospitati a Ruvo, don Tonino invitò a donare al proprio vicino quello che si aveva addosso di più caro, e l’autore donò al migrante sedutogli accanto una banconota da cinquemila lire, mentre il suo vicino gli diede la foto della fidanzata (e non mancò uno sguardo ironico di don Tonino al suo collaboratore …

Il volume si chiude con testi predisposti da Brucoli in occasione del 25° della morte di don Tonino e della visita del papa alla sua tomba, evento che ha visto l’autore molto attivo in testimonianze presso scuole, parrocchie e associazioni ben oltre il territorio pugliese.

In questi testi vengono sottolineati alcuni aspetti del magistero del vescovo e alcune omelie in occasioni particolari. Mi piace ricordare, anche come invito al lettore a farne tesoro nell’esperienza di vita quotidiana, questa frase tratta da un’omelia sulla parrocchia: “Siate accoglienti con tutti, arroganti con nessuno. Non giudicate, amate il mondo. Eccedete in tenerezza”.

Anche per questi spunti, molto opportuni in un mondo carico di invidie, litigiosità, mediocrità, siamo grati a Renato Brucoli che ancora una volta rende pubblici alcuni aspetti della sua feconda amicizia con don Tonino Bello.

AGOSTINO PICICCO

l’evento

DI

ALESSANDRA TOMARCHIO

GRAN GALÀ DELLA MODA 2019 quello di cultura brasiliana diretto da Samir Souza e la superba esibizione del coro Gospel diretto da Ketty Saponara.

La serata è stata presentata dalla celebre conduttrice tv Manila Gorio, nonché testimonial d’eccezione dell’emergente brand “Castelli in Aria” di Cinzia Berardi, ospite d’onore del Gran Galà, che, con i suoi due apartment store a Bitonto e Terlizzi, si sta pienamente affermando nel mondo del prêt-à-portere si sta facendo portavoce di questa importante innovazione nel campo della moda. Non è stata certamente casuale, ma piuttosto in linea con questa volontà di realizPromuovere la diversità e restituire alle donne zare un’inversione di tendenza la scelta delle la libertà di piacere e di esprimere la propria sue bellissime testimonial: Manila personalità, questa la mission possible del Gran Gorio,emblema della lotta per l’affermazione Galà della moda 2019 che si è svolto il 21 della diversità, e Anna Di Fonzo,volto noto novembre u.s., nella splendida e suggestiva sala della tv locale, anche lei una vera paladina diricevimenti Tenuta Virgilio, a Valenzano (BA), tale battaglia. Non possiamo infatti non ricorL’evento, organizzato da Lorenzo Pantaleo, dare il suo impegno nel concorso Miss ha permesso a molti stilisti locali di avere un’oc- Informissima, di cui è conduttrice, al fianco casione per mettere in risalto il loro talento e del patron Lorenzo Nanna,un concorso innola loro creatività. Finalità primaria di questo vativo, che, va ricordato, ha contribuito non imperdibile appuntamento, oltre la presenta- poco ad innovare il mondo delle competizioni zione di tutte le migliori tendenze per questa di bellezza,pure quello troppo fossilizzato, stagione invernale, è stata,soprattutto, l’impor- aprendolo a tutte le tipologie di donne. tante campagna di sensibilizzazione per il rin- «La moda deve essere per ogni donna»ha ribanovo del mondo della moda, ancora troppo dito Cinzia Berardi, quando è salita sul palco, a legato a vecchi stereotipi. Hanno così sfilato conclusione del suo défilé in cui hanno sfilato outfit di ogni genere, dall’elegante al casual, allo davvero tutti: bambine, donne di ogni età e stile country grunge, tantissimi modelli, diver- taglia, e persino ragazze in carrozzella, proprio samente declinati, e davvero per tutte le don- per dimostrare che tutti, tra pizzi, lustrini, pelne, fuori da quella rigidità di canoni che hanno licce e accessori unconventional, possono diportato negli scorsi decenni alla “dittatura del- vertirsi a interpretare se stessi. Un’idea che non si può non condividere poiché, si sa, la moda è la taglia 40”.

La moda di certo al centro della serata di gala un sogno e tutti hanno il diritto di sognare. ma non solo, ampio spazio anche al talento Hanno calcato la passerella anche le modelle espresso in altre forme, e così, tra un défilé e del Fashion Store by Valentina (Bari) che ha l’altro, il pubblico ha potuto apprezzare lo spet- proposto una serie di abbinamenti sorprendenti, tacolo coreografico dei New Impact Wedding, talvolta trasgressivi, in cui emergeva l’esube-

ranza di quella moda anni ’80 ritornata, benché rivisitata, di grande attualità. Dai colori metallici, ai laminati, alla pelle specchiata, dei grandi cult che hanno fatto epoca non mancava proprio nulla. Ad arricchire ogni outfit, i ricercatissimi occhiali della collezione ideata personalmente dall’ottica Luigi Remini (Bari), creatrice di un nuovissimo brand di sicuro successo. A conclusione di questo grande evento, non poteva non esserci un momento dedicato a quel romanticismo che, in fondo, non smette di far vagheggiare tutte le donne. Ecco così sfilare le creazioni di Le Spose di Carlotta (BA), abiti da cerimonia e per “il giorno più bello” che fanno davvero sognare, e che permettono a tutte le donne di sentirsi, almeno una volta, una vera principessa Anche questo brand che produce creazioni rigorosamente artigianali,ha voluto come testimonial la solare Anna Di Fonzo. La moda a 360° ma anche arte e momenti di spettacolo, non è dunque mancato assolutamente nulla in questo Gran galà di cui attendiamo già l’edizione 2020.

EMILY DEPALO, PILASTRO DELLA FEDE NEW YORK. Non so chi diceva che sono sempre gli umili che fanno la storia, che fanno grande una comunità. Riflettevo sul dinner - dance del mese scorso, il dinner - dance della memoriae delle lacrime che salutò Joe De Palo, l’apostolo di S. Antonio, il pioniere, l’antesignano, l’orgoglio dei giovinazzesi della Litlle Italy che ha portato in auge il Sant’Antonio in tutta New York. Si sa che nella Little Italy la vita e la fede non scorrono mai su binari paralleli. Chiederò anticipatamente scusa se vado ad accendere i riflettori a un umile servitore che vive nella pace di Sant’Antonio, coltivando il silenzio e il raccoglimento del cuore. Sto parlando di un altro Depalo, di un altro pilastro della fede, che in silenzio, senza grandi Alleluia, regala pillole di ossigeno ai giovinazzesi che ancora oggi credono nell’associazionismo.

Parliamoci chiaro. Senza il lavoro oscuro degli uomini (in questo caso parliamo di una donna) di buona volontà come Emily Depalo, senza il suo coraggio e la sua forza contrapposta alla consapevolezza dei limiti e le inadeguatezze della Grande Mela che impone anche dazi doganali salatissimi per professare il proprio atto di fede, saremmo qui a celebrare il de profundis anche per la Festa di S. Antonio in New York, la seconda festa italiana a Mulberry Street nella Little

ONORIFICENZE

LITTLE LITTLE italy italy DI ROCCO STELLACCI

Italy di New York dopo quella di S. Gennaro. Lo faccio sulle pagine di questo giornale che fa da ponte con i giovinazzesi all’estero. Dico Grazie centomila volte a Emily se mi sento vivo e forte nella Comunità che Jerry Scivetti tiene in piedi con enorme sacrificio. Spero che il mio abbraccio riesca a tramutarsi in parola per Emily, impegnata nei fatti in silenzio nel suo slancio pastorale che ha il profumo - parlando del Santo del miracolo del pane – appunto del pane condiviso, il calore di rinsaldare l’unione con la fede autentica. A Emily - è giusto rinsaldarlo come concetto - tutta la comunità di S. Antonio deve mostrare collaborazione in spirito di obbedienza e di servizio. Scusami Emily per aver interrotto il tuo silenzio. Grazie di tutto! E più di tutto grazie di esserci!

ROCCO STELLACCI

AUGURI

AUGURI MAURO TODISCO

3 dicembre 2019

A Grazia e Freddy Marino, a Francesca e Aniello Toscano, per la lorola loro attività nel sodalizio instancabile attività all’interno del sodalizio.

La Comunità di S. Antonio di New York

Arianna Sterlacci ha spento la 16ma candelina.

NEW YORK. Auguri di compleanno a chi accende la luce nel nostro cuore ogni volta che la vediamo I NONNI

I migliori auguri per i suoi 60 anni GLI AMICI

il tifoso n. 1

DI SERGIO PISANI

MARIANO L’IRRIDUCIBILE «Mariano facci un gol». Lo invocheranno adesso al palasport tutti i tifosi quando la palla non vorrà proprio saperne di entrare. Un po’ come fanno gli interisti con Peppino Prisco o i napoletani con Diego Maradona. La città, soprattutto lo sport giovinazzese, piange Mariano. La cosa più umiliante per lui, abituato a vivere da protagonista, dev’essere stata aspettare il trapasso a nuova vita, a tradimento, senza nessuno intorno, lui che amava essere lo spettacolo nello spettacolo. Addio Mariano, il cuore buono della nostra città, lo special one, il tifoso numero 1, l’invasore della staccionata. Amava Giovinao più di un sindaco. Una vita all’insegna di un tifo tutto particolare, vissuta non solo col cuore, in quel cuore che oggi lo sport fatica purtroppo a riconoscersi. Da tempo Mariano soffriva di cuore, non era più abituato a vivere le partite al cardiopalmo. Non poteva partecipare, agitarsi agli eventi sportivi, glielo aveva consigliato proprio il suo cardiologo. E siccome la storia del Giovinazzo è vertiginosa, con picchi sfavillanti e crolli verticali, Mariano ha seguito il consiglio del medico. Non ce la faceva più a sopportare le disgrazie e le ingiustizie e si è preso un anno di pausa. Lo ha fatto nella convinzione che il Giovinazzo risorgesse sempre dalle sue ceneri. Poi era ritornato puntuale a fare il Cavallo Pazzo più pazzo di prima finchè Dio gli lasciava la briglia sul collo. «Mariano

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facci un gol». I tifosi biancoverdi e il GS Giovinazzo calcio a 5 gli dedicheranno come per Onofrio uno striscione.

Buon viaggio cuore di questa città Mi raccomando, però.

Lassù regna il silenzio. Insieme a Onofrio e Vitino, Mariano, SERGIO PISANI non fare tanto baccano!

Del

Bari

Seguaci

DI SERGIO PISANI

GLI IRRIDUCIBILI La Bari è uno stato d’animo. Soprattutto quando incappi in “una meravigliosa stagione fallimentare” e cadi in Serie D. La Bari non si discute, si ama. E’un sentimento e i sentimenti non possono essere messi in piazza da nessun mercante FORTISSIMAMENTE UELINO, il Cavallo Pazzo di cato dal Presidente Matarrese e dall’ amministratore delegacasa nostra. A lui la copertina. «Mia moglie non vuole ma io to Ghirelli secondo solo a Bari Grande Amore di Sabino Bartolo.

vengo lo stesso». By Uelino. E’ lo striscione che ha fatto il giro delle tivù, è finito pure sotto i riflettori di Canale 5 nella la rubrica dedicata agli stadi italiani Striscia lo Striscione, classico appuntamento comicocalcistico del lunedì sera all’interno del programma di Antonio Ricci, Striscia la Notizia. Perché perché la domenica mi lasci sempre sola per andare a vedere la partita di pallone canzonava Cristiano Militello puntando i riflettori sullo striscione di Savino Maggio, storico ultras biancorosso di Giovinazzo che ama La Bari più della moglie. Alla moglie, martire, ci permettiamo di formulare un piccolo suggerimento. Lo stesso dell’amica di Angela, fidanzata con Checco Zalone nel film Cado dalle Nubi: «Annamaria, mo’ lo devi lasciare!».

ENZO CAMPOREALE, musicista. Ha avuto mille donne, da teatro e da tivù, tutte però meno importanti rispetto a una donna da strada, che oggi vive ai margini, in serie C ma resta la prediletta: La Bari. La musica sarà per Camporeale mistero glorioso, ma tifare Bari è gioia, follia, è il suo intellettuale artistico. L’unica nota stonata?

Il suo inno Alè Bari, per ragioni di partigianeria, giudi-

NICOLA TURTURRO. L’erede di Gianni Antonucci, dal Bari dei baresi, dei 6/ undicesimi nativi di Bari a oggi. Conosce tutti i tabellini, i giocatori, gli aneddoti, i torti arbitrali e i cospiratori di quel movimento in Lega «Per il Bari in A, il “no” degli arbitri».

Non poteva essere diversamente visto che suo padre Angelo (giocatore del Cosenza in C) gli ha trasmesso l‘idiosincrasia per la classe arbitrale e l’amore per la bandiera biancorossa che oggi trasmette a sua figlia.

NICO PISCITELLI. Venticinque anni vissuti sui binari tra Piacenza e Bologna aspettando la domenica. Un lavoro da ferroviere, un cuore vagabondo che regole non ha. Il giovinazzese più stakanovista negli stadi d’Emilia, ma forse di tutto il CentroNord. Oggi, uno dei suoi cori che gli scalda il cuore è «Passano gli anni ma la gente ti segue come sempre». Ebbene sì, lui la segue sempre e da sempre. La Bari è un sentimento, è amore. Già, è il caso di riscrivere la canzone della Carrà. Com’è bello far l’amore da Trieste in giù, l’importante farlo sempre con chi hai voglia tu. E si capisce con chi, con La Bari, che al contrario di una donna non ti lascia e non trovi problemi a trovarne un’altra più bella che problemi non ha.

SERGIO PISANI

il corsivetto

DI SERGIO PISANI

L’ultima pagina del giornale è riservata allo sport. Il lettore che incomincia a sfogliare La Piazza al contrario, dalla fine all’inizio, sa cosa cerca. Il titolo sembra accontentarlo, rimanda a qualche brasiliano del calcio a 5 di casa nostra. Non è proprio così. Ma se poi vogliamo giocare sulle assonanze artistiche, la scelta di sostituire in ultima pagina la bellezza del canto lirico a quella dell’arte della pedata ci sta tutta. Ritornando al titolo, quel titolo profuma di successo come il Cacao Meravigliao. Il successo è di una giovinazzese in Brasile che si è fatta apprezzare dalla platea perché ha fatto il Pablito contro la Selecao delle stelle Zico e Falcao. Lo ha fatto non però con la palla al piede nello stadio Morumbi ma con l’estensione della sua voce nel Teatro Simon Bolivar di San Paolo. Ladies and gentlemen - o forse è meglio dire - senhoras e senhores, ecco a voi Anna Maria Stella Pansini. Una spruzzata di campanilismo su La Piazza con il profumo dell’inchiostro di casa nostra ma anche una ventata di oblio per il soprano giovinazzese. E qui bisogna capirsi. Sentirla cantare davanti a un pubblico di 2000 astanti (sold out) incute tensione, trasmette un’energia da mettere i brividi. Vederla poi come nella foto di spalle, sul grande schermo, mentre va in diretta sulla Rede Internacional de Televisão ci deve inorgoglire. Il suo nome fa capolino nei cartelloni dei principali teatri mondiali. Alla fine, gli estimatori sono in fila per lei. Anche per strapparle autografi. Già, ma a Giovinazzo nessuno lo sa.

Bisogna andare a Chi l’ha visto? per capire che fine ha fatto Anna Maria Stella Pansini. Trent’anni fa qualcuno ricorda le sue apparizioni come corista nella Polifonica, intanto studiava musica e si diplomava al Conservatorio in pianoforte e in canto. E poi? Beh, senza portarla per le lunghe, Anna Maria Stella Pansini è diventata un soprano vero, nata per caso a Giovinazzo in via de Ninno ma ‘cittadino del mondo’, perché orbita nel grande circuito internazionale della lirica, parla persino in polacco e canta musiche concentrazionarie. A dasce nudde! – pronuncerebbero con sentimento da un angolino celeste mamma e papà Pansini, molfettesi trapiantati a

PANZINI DO BRAZIL!

Giovinazzo, che sanno, come i morti del Napoli prima dell’arrivo di Maradona, cosa si sono persi della loro figlia! My God it’s beautiful, un soprano di successo giovinazzese che gira il mondo e a Giovinazzo nessuno lo sa. Recentemente anche la CBS, l’emittente televisiva americana, ha dedicato un ampio speciale ad Anna Maria Stella Pansini che a Giovinazzo trova spazio solo in ultima pagina sul giornalino locale (invero è lei che ha minacciato di querela il giornale se avessimo aperto con BefAnna Pansini da copertina). Domanda. Che emozione può regalarci un soprano in copertina che dà voce alle partiture dei lager, ai lamenti striduli di chi ha perso la voce rispetto alla voce di quella ubriacona di Prosecco di Castelfranco veneto che ha fatto il botto a Giovinazzo insultando la vita con quel «Dammi una lametta che ti taglio le vene / Ti faccio meno male del trapianto di rene» ed è stata pagata pure 9 mila euro in una manifestazione di beneficenza? Proviamo a rispondere. La differenza è sostanziale, la differenza è di spirito e di cultura. E qui bisogna ancora capirci.

Non è che Anna Maria Stella Pansini stia ardendo una giornata solenne, un encomio trionfale al Palazzo di Città con lancio di fiori e con tanto di pergamena con il nostro sindaco.

Né una questuante particina da ritagliarsi a tutti i costi nell’estate giovinazzese o “alla Madonna”, lei che d’estate, nei Festival all’aperto, non si è esibita solo all’Arena di Verona.

Musica concentrazionaria – che barba, che noia! se provate ad ascoltarla – ma allora godetevi il Barbiere di Siviglia allo Sferisferio di Macerata, Madame Butterfly e Suor Angelica al Festival Puccini di Torre del Lago. Il fatto che non si parli di lei (lo scriviamo in grassetto ed evidenziato) è significativo per stigmatizzare quanta sensibilità e lucidità intellettuale sia mancata in tanti anni ai nostri amministratori nei confronti di un patrimonio del nostro tempo.

Appuntamento al 25 maggio, al Teatro Petruzzelli di Bari.

Sempre voce e musiche concentrazionarie. Che barba, che noia la Pansini!

SERGIO PISANI