La fine deLLa storia? considerazioni suL futuro deLLa democrazia
ACCADE OGGI
La Legge deLega di riforma tributaria
OSSERVATORIO SULLA GIUSTIZIA media sociaLi e tuteLa deL consumatore di aLimenti
OSSERVATORIO SULLA GIUSTIZIA
QuaLe raPPorto tra i.a. generatiVa e diritto d’autore?
Quadrimestrale di legislazione, giurisprudenza, dottrina e attualità giuridica
Anno XV - N° 2 - 2024
Autorizzazione del Tribunale di Roma nr. 445 del 23 novembre 2010
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L’EDITORIALE
La fine deLLa storia? Considerazioni suL futuro deLLa demoCrazia neLL’era deLL’inteLLiGenza artifiCiaLe 5 di Stefano Amore
ACCADE OGGI
La LeGGe deLeGa di riforma triButaria: tra aGoGnate amBizioni di sistema e PerVasiVo Potenziamento deLLa Gestione teCnoLoGiCa 13 di Valeria Mastroiacovo
DIRITTO E AMBIENTE
Comunità enerGetiChe. una Lettura seCondo iL PrinCiPio deLLo sViLuPPo sosteniBiLe 25 di Andrea Giordano
La PoLitiCa aGriCoLa Comune: sosteGno aL reddito e difesa deLL’amBiente 35 di Luca Stella
DOVE PENDE LA BILANCIA
iL nuoVo sistema di Gestione deLLe frontiere esterne deLL’area sChenGen: liason tra modernità e siCurezza 45 di Stefania Bortolotti
La Gestione deLLa siCurezza informatiCa neLLe orGanizzazioni PuBBLiChe e PriVate 53 di Ciro Di Leva
OSSERVATORIO SULLA GIUSTIZIA
media soCiaLi: sorVeGLianza, trasParenza e tuteLa deL Consumatore di aLimenti
67 di Stefano Masini
COMITATO SCIENTIFICO
PRESIDENTE:
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Vice presidente della Corte costituzionale, Professore Emerito di Diritto del Lavoro
COMPONENTI:
Carla Andreani
Professore Ordinario di Fisica Applicata
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Guido Calvi
Avvocato, già Componente del C.S.M.
Giorgio Cantelli Forti
Presidente dell’A.N.A., Professore Emerito di Farmacologia e Farmacoterapia
Fausto Cardella
Magistrato, già Procuratore Generale di Perugia
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Notaio
Giuseppe Celeste
Notaio
Giuseppe Chiaravalloti
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Adolfo de Rienzi
Notaio, Presidente dell’Accademia del Notariato
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Consigliere della Corte dei Conti
Angela Del Vecchio
Professore Ordinario di Diritto dell’Unione Europea
Andrea Giordano
Consigliere della Corte dei Conti
Ignazio Leotta
Notaio
Filiberto Palumbo
Avvocato, già Componente del C.S.M.
Giorgio Rizzo
Notaio
Piero Sandulli
Professore di Diritto Processuale civile
quaLe raPPorto tra inteLLiGenza artifiCiaLe GeneratiVa e diritto d’autore? 75 di Eugenio Prosperetti
I TEMPI DEL DIRITTO
Per un CodiCe nazionaLe dei Crimini internazionaLi
di Alberto Landolfi
ANALISI E PROSPETTIVE
L’imPatto deL termaLismo suL miCroBiota umano
di Giuseppe Merra
PER NON DIMENTICARE
siena, PiCCoLa ma Grande storia
di Mario Ascheri
JAMES ENSOR, Ensor circondato dalle maschere
Stefano Amore Magistrato, Direttore della rivista “Nova Itinera”
La fine della Storia?
Considerazioni sul futuro della democrazia nell’era dell’intelligenza artificiale
Lo sviluppo delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale rappresenta il nuovo punto di partenza della storia dell’uomo?
Parlo di punto di partenza, piuttosto che di fine della storia, perché anche soltanto immaginare una fine della storia mi sembra poco realistico in questo primo scorcio del XXi secolo.
Ce lo rammentano le guerre, la scarsa stabilità, economica e sociale, delle nostre società e gli innumerevoli fallimenti a cui siamo andati incontro nella prospettiva di edificare migliori sistemi di governo. tra gli approdi possibili, continua, comunque, ad avere maggiore verosimiglianza la “fine” della storia disegnata da aldous huxley, nel suo distopico “Brave new World”, pubblicato nel 19321, che non quella immaginata, più recentemente, da francis fukuyama2 e fondata sull’idea di una definitiva affermazione nel mondo dei sistemi di democrazia liberale naturalmente, sono consapevole di quanto precisato nel 2018 da fukuyama che, denunciando di essere stato profondamente frainteso, ha fornito un’interpretazione autentica dell’espressione, da intendere come lo scopo o l’obiettivo della storia e non come la sua conclusione, e utilizzata, quindi, solo per esaminare la questione del punto terminale dello sviluppo umano e del processo di modernizzazione3 .
si tratta, evidentemente, bisogna convenirne con fukuyama, di una prospettiva ben diversa rispetto a quella di hegel e di marx, che hanno forgiato il concetto, e di tutti quei pensatori che, sulla loro scorta, hanno preconizzato, in alcuni casi con certezza messianica, il “paradiso” di una società senza classi, punto finale della storia, che avremmo dovuto raggiungere attraverso la dittatura del proletariato, preceduta dalla rivoluzione sociale in tutte le nazioni del mondo. sappiamo bene come sono, invece, andate le cose. La storia non è finita e il determinismo dello storicismo appare, sempre di più, come una pericolosa fiaba per bambini ingenui.
Ben più profonda e duratura si annuncia, invece, la rivoluzione delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale che, abbattendo barriere temporali e spaziali, consentono non solo l’immediata interazione tra soggetti, ma fondano, anche, un approccio nuovo alla formulazione dei problemi e alla loro soluzione. È facile immaginare, lo riscontriamo quotidianamente, il sempre maggiore impatto che questi strumenti avranno sull’organizzazione sociale, sul governo delle nazioni e sulla politica, oltre che, evidentemente, sulla ricerca scientifica e sulla cultura. tanto da poter sostenere che l’instancabile ricerca della verità condotta da socrate, il suo metodo che ha improntato profondamente il
mondo e la cultura occidentale, può contare, oggi, su un nuovo attore: l’intelligenza artificiale a irrompere sulla scena del Convito di Platone non è più soltanto alcibiade4 , ma anche una, almeno in apparenza, molto sobria intelligenza artificiale che, però, non sappiamo ancora cosa potrà produrre nelle dinamiche della nostra storia. euripide, nelle Baccanti, rappresenta dioniso come un dio potentissimo, mettendo in scena la contrapposizione tra il logos ordinato della città di tebe e l’istinto irrazionale che vive nell’animo umano e a cui non si può sfuggire. ma è veramente singolare come l’immagine della testa di Penteo, issata sul tirso della madre agave, ricordi lo spettacolo delle teste innalzate sulle picche dai rivoluzionari francesi più di 2000 anni dopo5 .
in entrambi i casi, però - ecco il tratto comune - ad essere protagonista non è l’individuo, ma la folla, la massa. È un gruppo di menadi a fare a brani Penteo. È la folla a fare a pezzi e ad issare sulle picche le teste dei nobili e dei sostenitori dell’ordine costituito. dioniso non è, infatti, un dio dell’individuo, ma il dio della massa, delle pulsioni inconsce più profonde..
Gustave Le Bon, alla cui opera si ispirò anche freud, descriveva la folla come un’entità unitaria, esaltata dal punto di vista emotivo, dotata di forza distruttiva e totalmente priva di controllo6 .
L’ai appare espressione della più gelida razionalità, ma possiamo escludere che il suo sviluppo non la possa portare anche ad esprimere e interpretare i nostri istinti più profondi?
dioniso, nell’epoca contemporanea, ha assunto, sempre di più, il valore paradigmatico della dimensione religiosa delle nostre paure che la recente esperienza di una pandemia irrefrenabile ha rafforzato, inducendo una parte
della popolazione mondiale a identificare, con un processo mentale che sa molto della maschera continuamente mutevole del dio, il virus con il vaccino, il veleno con l’antidoto.
naturalmente dioniso non si rivela, si mostra sotto mentite spoglie e sotto altri nomi, ma, possiamo esserne certi, è presente anche nelle nostre società, ben lontane dall’aver raggiunto un’organizzazione razionale. non si tratta di semplici suggestioni letterarie, perché, come giustamente notava Giorgio Colli nel suo libro sulla “sapienza greca”7 , se apollo è la divinità della sapienza trasmessa agli uomini attraverso le leggi, principio dell’ordinamento della società, dioniso è la divinità della sapienza intesa come forma di comprensione esaustiva ed intuitiva della realtà analizzando la tradizione orfica, Colli spiega come la distinzione sia, nello stesso tempo, anche espressione di unità: da una parte apollo, come conoscenza ordinata di un corpo di regole, dall’altra dioniso, come conoscenza esoterica del fondamento del mondo e dell’essere. La maschera di apollo nasconde il volto di dioniso e anche l’ai, che oggi noi studiamo analiticamente, per meglio comprenderne le prospettive e le possibilità, potrebbe, un giorno, assumerne le fattezze. fukuyama ha sostenuto come sia ben difficile ipotizzare «una fine della storia senza fine dello sviluppo tecnologico», rilevando come le possibilità di manipolazione del comportamento umano aumentano sempre di più a motivo del progresso delle scienze della vita e che, se con l’ingegneria genetica o con droghe psicotrope, questa natura venisse deliberatamente alterata, tutte le partite sarebbero, allora, nuovamente aperte8 . in realtà l’innovazione tecnologica ha già riaperto tutte le partite. dobbiamo esserne consapevoli.
si tratta proprio di quanto preconizzato in “Brave new World” da huxley, che narrava di un pianeta sotto il potere di dieci coordinatori e di una società gestita tramite pratiche scientifiche, come la manipolazione genetica degli embrioni e l’utilizzo sistematico di droghe. “o wonder! How many godly creatures are there here! How beauteous mankind is! o brave new world, that has such people in’t”, esclama miranda nella tempesta di shakespeare e l’ironica citazione di huxley sembra, veramente, illuminare un possibile futuro nel “mondo nuovo” di huxley ogni memoria del passato, e tutti i libri, sono stati distrutti e gli individui sanno solamente che il pianeta è uscito da una lunga e devastante guerra, che ha spazzato via ogni tipo di organizzazione preesistente.
si tratta di una prospettiva quasi ingenua rispetto alle possibilità offerte oggi dall’innovazione tecnologica, che mette a disposizione strumenti e modi più sottili ed efficaci per distruggere la cultura e la memoria. in un palazzo immenso, di cui nessuno conosce l’architettura, potrebbero essere nascosti tesori, ma nessuno sarebbe in grado di trovarli. È una metafora della rete che nasconde già di tutto, lecito od illecito che sia, ma in cui pochi hanno gli strumenti culturali per cercare e trovare. Per umberto eco sarebbe stato, naturalmente, relativamente semplice aggirarsi nella grande biblioteca di internet e ritrovare autori e volumi che già conosceva9. ma per chi si aggira nel mondo privo di un’adeguata cultura e, magari, non è mai entrato in una biblioteca, diventa un’impresa veramente ardua in questa situazione l’intelligenza artificiale giuoca un ruolo di primaria importanza
Perché può divenire quel punto di riferimento capace di correggere i nostri errori e
di stimolare una maieutica sistematica, altrimenti impossibile.
L’ai potrebbe, cioè, consentire di descolarizzare la società10 , sostituendo finalmente un’educazione autentica ai rituali dell’educazione di massa. Come potrebbe, invece, divenire, in breve tempo, il soggetto che accentra tutti i poteri, trasformandosi nel governo unico di huxley (senza la necessità di alcuna articolazione e dei dieci coordinatori immaginati dal grande scrittore).
La politica, per ora, con tutte le sue incongruenze, continua ad essere il regno dell’uomo, ma non è realistico immaginare che possa venir sottratta, per molto tempo ancora, all’innovazione tecnologica e alle possibilità che questa offre.
Le democrazie liberali tradizionali non si sono affermate definitivamente nel nostro mondo e ritengo che non riusciranno mai a farlo. ma la democrazia può trovare, con la rete e l’ai, nuovi modi e forme per diffondersi adeguatamente nelle nostre società.
nel nostro futuro, come è possibile il “mondo nuovo” di huxley, è possibile, pure, una effettiva evoluzione dei sistemi democratici. ma come fare per garantire un vero dibattito politico, che coinvolga tutti, e permetta ad ognuno di esprimere il proprio punto di vista? Come far progredire forme di democrazia “tecnologica”, che ci consentano di implementare, significativamente, sia le usuali forme di rappresentanza che i meccanismi di partecipazione diretta alle decisioni degli organi pubblici? L’ai può offrire un reale contributo per salvaguardare le prerogative costituzionali dei cittadini?
La risposta è sì, ma non con certezza non mancano, infatti, i rischi e le tentazioni, già evidenti in questo primo scorcio del XXi secolo. esaminiamo il caso delle nuove opportu-
nità che l’innovazione tecnologica offre alla comunicazione tra individui.
indubbiamente, oggi è possibile, e con estrema facilità, aprire un sito sul web o avviare una mailing list o una chat su specifici temi, raccogliendo, in breve tempo, migliaia di persone interessate. anzi centinaia di migliaia, se si affrontano esperienze e problemi di carattere generale, legate agli argomenti che incidono in modo più significativo sulla nostra vita quotidiana.
ma se i tradizionali ostacoli alla comunicazione e al dibattito sulle idee, la distanza e i vincoli linguistici, sono già, in buona parte, superati, altri vincoli e ostacoli sono sorti e stanno sorgendo
La mobilitazione telematica è, oggi, una rea l tà , ma gl i strumenti a dis p osizione risentono, in modo significativo, del tendenzia l e c ontro ll o de ll a rete da p arte dei g o v erni e de ll e s c e l te dei g randi o p eratori tecnologici. i rischi e i limiti del nuovo approccio alla politica sono, pertanto, evidenti e lo spauracchio del Grande fratello, o del leader carismatico che si appropri della rete e di tutti i strumenti di comunicazione, non è venuto meno. La tragica esperienza del passato ci insegna che i regimi totalitari si fondano, innanzitutto, su attente strategie di comunicazione e che il controllo dei media è la loro prima preoccupazione. nonostante ciò, le possibilità della partecipazione alla politica offerte dall’innovazione tecnologica sono enormi e, indubbiamente, a fronte del declino, inevitabile e sotto gli occhi di tutti, delle tradizionali democrazie rappresentative, ciò consentirebbe di realizzare senz’altro forme di democrazia maggiormente partecipative.
sinora le realizzazioni sono state mirate, almeno in italia, soprattutto alla semplificazione dell’esistente (si pensi alla raccolta delle
firme digitali per i referendum e i progetti di legge di iniziativa popolare), ma è chiaro che le tecnologie digitali e l’ai aprono nuove prospettive.
né, la gran parte delle critiche legate a queste innovazioni sembrano cogliere nel segno, considerato che anche il tradizionale sistema di raccolta delle firme si prestava ad abusi e che l’introduzione della firma digitale non implementa, di per sé, la manipolazione dell’opinione pubblica, rendendo, invero, solo più agevole e veloce il processo di raccolta delle sottoscrizioni
quanto alla reale consapevolezza di quanto si fa e ai rischi di automatismo che le nuove tecnologie portano, indubbiamente, con sé, è evidente che si tratta di problematiche non nuove e a monte dell’utilizzo degli strumenti informatici. in italia, come noto, la Costituzione prevede gli istituti della petizione (art. 50 Cost), dell’iniziativa legislativa popolare (art. 71 Cost.) e del referendum, sia abrogativo (art 75 Cost.) che confermativo (art. 138 Cost), in buona parte ripresi dagli statuti delle regioni ordinarie e speciali in particolare, l’esperienza regionale ha visto l’affermazione di forme ulteriori del referendum, rispetto a quello abrogativo tradizionale, quali il referendum consultivo, quello approvativo e quello propositivo quest’ultimo, in particolare, in alcune previsioni, sembra assumere i caratteri più che di un referendum, di un vero e proprio procedimento legislativo popolare, in cui ad approvare il testo di legge è, direttamente, il corpo elettorale. si tratta di una prospettiva di straordinaria modernità, anche se affidare l’approvazione delle leggi al corpo elettorale, potrebbe obiettare qualcuno, rischia di incrementare, ancora di più, il populismo che già caratterizza i nostri sistemi, andando, inoltre, incon-
tro a difficoltà di carattere tecnico.
Guardando ad esperienze radicate in altri ordinamenti, molti di questi ostacoli sembrano, tuttavia, facilmente superabili. emblematica l’esperienza dell’inghilterra in cui il Parliamentary Counsel office, istituito nel 1867 alle dipendenze del Primo ministro, svolge, in via ufficiale ed esclusiva, il compito di predisporre i testi normativi e di presentarli ai Comuni a nome e per conto del Governo11 . a differenza di quanto accade in italia, infatti, in inghilterra i singoli ministeri non possono redigere autonomamente progetti di legge, ma solo inviare documentazioni e richieste al Parliamentary Counsel.
sebbene l’esperienza inglese risenta delle peculiarità del sistema in cui si è affermata, è indubbio che la centralizzazione delle attività di redazione normativa permette non solo di soddisfare le esigenze di omogeneità e qualità del linguaggio giuridico, ma appare un elemento indispensabile per consentire di affidare l’approvazione delle leggi direttamente al corpo elettorale.
Va, poi, considerato che il sempre più importante ruolo svolto dalle tecnologie informatiche nelle società contemporanee ha condotto a creare specifiche discipline ed applicazioni, capaci di migliorare il reperimento, la conoscenza e la stessa produzione dei testi normativi.
Con riferimento, in particolare, all’applicazione delle tecnologie informatiche al processo di formazione e redazione della legge, l a s p e c ifi c a dis c i pl ina c he se ne o cc u p a , sorta negli anni ottanta dello scorso secolo, ha assunto i l nome di l e g imati c a , termine frutto de ll a c rasi tra “ l eg isla z ion e ” e “ in f o rmatica”.
La legimatica si occupa, in particolare, della “modellizzazione del ragionamento e delle procedure relative alla produzione legislativa, rispetto alla re-
dazione dei testi legislativi, all’ attività politico-decisionale, all’analisi di fattibilità, alla verifica d’ef-
ficacia. si rifà alla teoria normativa del diritto, uti-
lizza metodologie logiche, linguistiche e pragmatiche (in particolare le tecniche legislative) per l’analisi dei testi normativi. Ha per scopo l’informatizzazione del processo di produzione normativa. si propone
di offrire conoscenze e strumenti informatici alle assemblee legislative e più in generale a tutti i produttori di norme”12 .
L’intelligenza artificiale può implementare in modo si g nifi c ati v o questi strumenti di drafting normativo, consentendo di sottoporre al voto dei cittadini testi normativi formalmente ineccepibili. si tratta, naturalmente, di applicazioni ancora da sviluppare e non esenti da rischi, in grado però di correggere una serie di gravi disfunzioni collegate al bicameralismo italiano, che hanno reso sempre più defatiganti i procedimenti legislativi ordinari, favorendo l’abuso di strumenti alternativi, come i decreti-legge e la pratica di porre la questione di fiducia sui maxi-emendamenti.
La possibilità di affidare alla popolazione l’approvazione delle leggi, su proposte predisposte tecnicamente dall’intelligenza artifi c ia l e , natura l mente assistita da es p erti giuristi, permetterebbe, almeno in specifiche materie, di coinvolgere velocemente i c ittadini su s c e l te si g nifi c ati v e c he , a l trimenti, i meccanismi politici attuali rischiano di compromettere e di intorbidare.
L’alternativa, anche essa facilmente realizzabile, considerati gli strumenti che offre oggi la rete, potrebbe essere quella di rendere sistematico il ricorso alla consultazione popolare, in modo da acquisire spunti e di confortare con l’opinione del corpo elettorale, ancorché non vincolante per i governi e le assemblee legislative, le scelte politiche più significative. il 21 maggio 2024 è stato approvato e pub-
blicato sulla Gazzetta ufficiale dell’unione europea del 12 luglio 2024 l’artificial intelligence (ai) act, che classifica i diversi tipi di intelligenza artificiale in base ai rischi che comportano. mentre i sistemi di ai che presentano un rischio limitato vengono assoggettati a obblighi e requisiti non particolarmente pregnanti, i sistemi di ai considerati ad alto rischio possono essere autorizzati, ma risultano soggetti a una serie di significativi requisiti e obblighi per ottenere l’accesso al mercato dell’ue.
risultano poi vietati, tra gli altri, i sistemi di classificazione biometrica basati su caratteristiche sensibili e l’estrapolazione indiscriminata di immagini facciali da internet, o dalle registrazioni dei sistemi di telecamere a circuito chiuso, per creare banche dati di riconoscimento facciale. Come pure i sistemi
che valutano i cittadini attraverso parametri online e offline, assegnando un punteggio in base ai loro comportamenti individuali
È sicuramente questa la strada da percor-
rere. un percorso di cautele e di regole per sfruttare appieno le possibilità che ci offre
l’ai. e per scongiurare la profezia di un nuovo totalitarismo, pronto ad emergere
dalle rovine di un sistema democratico inefficiente e, in buona parte, superato. nella prefazione a Brave new World, aldous huxley ha scritto: «non vi è, certo, alcuna ragione secondo cui il nuovo totalitarismo debba assomigliare al vecchio. (...) Uno stato totalitario davvero efficiente è quello in cui l’onnipotente esecutivo dei capi politici e i loro eserciti di manager controllano una popolazione di schiavi che non debbono venir costretti perché sono giunti ad amare il loro giogo»13, ben scorgendo i rischi del futuro e il possibile approdo politico dell’innovazione tecnologica sta a noi scongiurarli e fare del futuro un mondo migliore.
2 francis fukuyama, “La fine della storia e l’ultimo uomo”, prima edizione italiana rizzoli, 1992
3 francis fukuyama “trent’anni dopo, ritorno su La fine della storia?, pubblicato sulla rivista “Vita e Pensiero” 2018, numero 3, pag. 10 e ss
4 Platone, tutte le opere, a cura di Giovanni Pugliese C arrate ll i , s ansoni editore , 1974. il C on v ito , XXX, pag. 450 e ss.: “Ed ecco, un momento dopo, si sente nel vestibolo la voce d’alcibiade, ubriaco fradicio, che strepitava”.
5 euripide, Le Baccanti, nella traduzione di edoardo s an g uineti , p u bbl i c ate da f e l trine ll i e , p i ù re c entemente, da se srl, furono messe in scena a Genova, in un memora b i l e a ll estimento , da ll a c om p a g nia de l teatro stabile nel marzo 1968.
6 Gustave Le Bon, Psicologia delle folle, trad italiana di Lisa morpurgo, tea ed., 2004.
7 Giorgio Colli, La sapienza greca, i, dioniso - apollo - eleusi - orfeo - museo – iperborei - enigma, milano, adelphi, 1990, 9ª ediz
8 francis fukuyama, op. ult. cit, p. 17.
9 da vedere il bellissimo documentario “Umberto Eco: la biblioteca del Mondo” di davide ferrario
10 ivan illich, descolarizzare la società, arnoldo mondadori editore, milano, 1972.
11 stefano amore, digesto delle discipline pubblicistiche utet, “atti normativi (tecnica di redazione)”.
12 C os ì L osano , C orso d ’ informati c a g iuridi c a , m ilano, 1984; Biagioli-mercatali-sartor (a cura di), Leg imati c a : informati c a p er l e g iferare , a tti de ll a Giornata di studio Legimatica: informatica per legiferare. L’informatica al servizio degli organismi legislativi in europa e in italia, firenze, 25-11-1994, citati da stefano amore, op. ult. cit
13 “there is, of course, no reason why the new totalitarianism should resemble the old. a really efficient tota l itarian state w oul d b e one in w hi ch the a ll-p owerful executive of political bosses and their army of managers control a population of slaves who do not ha v e to b e c oerc ed , b e c ause the y l o v e their ser v itude”, così aldous huxley, Brave new World, Penguin Books, forward, 1958, p. Xii.
PHILIPPE DE CHAMPAIGNE, Ritratto di Jean-Baptiste Colbert
Valeria Mastroiacovo
Professoressa Ordinaria di Diritto Tributario
La legge delega di riforma tributaria: tra agognate ambizioni di sistema e pervasivo
potenziamento della gestione tecnologica
1. Stato dell’arte dell’attuazione della legge delega n. 111/2023 di riforma tributaria
a poco più di un anno dall’entrata in vigore della legge 9 agosto 2023, n. 111 di delega al Governo per la riforma fiscale, sono già una dozzina i decreti legislativi attuativi pubblicati in Gazzetta ufficiale e altri ancora sono in attesa del varo definitivo da parte delle Commissioni competenti.
Posto che la delega concerne tutto il sistema tributario: dalla disciplina sostanziale a quella procedimentale, processuale e sanzionatoria, il Governo ha scelto di partire dalla fiscalità internazionale, in particolare per una rinnovata nozione di residenza fiscale delle persone fisiche e giuridiche e per il recepimento delle norme europee in materia di Global minimum tax (d.lgs. n. 209/2023), per poi procedere sul fronte interno alla riforma dello statuto del contribuente (d.lgs n. 219 del 2023). a seguire si è intervenuti sui procedimenti accertativi finalizzati a sollecitare l’adempimento spontaneo dei contribuenti mediante l’ampliamento dell’ambito di applicazione dell’adempimento collaborativo (d.lgs n. 220/2023), la modifica della disciplina dell’accertamento tributario e l’introduzione del concordato preventivo biennale per le imprese e i lavori autonomi di minori dimensioni (d.lgs. n.
13/2024). sono state introdotte misure per razionalizzare e semplificare le norme in materia di adempimenti tributari con riferimento alla dichiarazione per i contribuenti, i sostituti d’imposta e la relativa modulistica, gli adempimenti connessi al pagamento dei tributi con riguardo anche alla riorganizzazione delle scadenze dei pagamenti e delle dichiarazioni (d.lgs. n. 1/2024). sono stati riformati interi settori: la materia dei giochi (d.lgs. n. 41 del 2024), delle sanzioni amministrative e penali (d.lgs. n. 87/2024), della riscossione (d.lgs n. 110/2024), dell’imposta di registro, imposta sulle successioni e donazioni, imposta di bollo e altri tributi indiretti diversi dall’iVa (d.lgs. n. 139/2024), delle accise (d.lgs. n. 141/2024).
molti interventi sono finalizzati a una mera cristallizzazione di interpretazioni ormai consolidate nell’ordinamento (frutto dell’evoluzione della giurisprudenza e, talvolta, della dottrina o, ancora, della prassi amministrativa) con valenza di semplificazione e certezza del diritto. salvo rare eccezioni (come nel caso della disciplina dei giochi, che costituisce fonte di entrata) i decreti già in vigore riguardano, dunque, interventi di sistematizzazione della disciplina procedurale e processuale. diverse le ragioni al fondo di questa scelta. Prima tra tutte, in attuazione dei principi generali della
delega, rifondare il rapporto tra fisco e contribuente in una prospettiva che attenui l’atavica conflittualità nell’attuazione del rapporto tributario, anche attraverso l’introduzione di un principio generalizzato del contraddittorio endoprocedimentale e il potenziamento di strumenti deflattivi del contenzioso. seconda, poi, fare in modo che le modifiche introdotte non aggravino la spesa pubblica, anzi contribuiscano direttamente o indirettamente all’acquisizione di maggiori risorse (certo senza aumentare i tributi, ma attraverso forme di sollecitazione dell’adempimento spontaneo dei contribuenti di quanto ordinariamente dovuto, razionalizzazione del sistema della riscossione e delle sanzioni, semplificazione degli adempimenti). il Governo ritiene infatti che solo all’esito di positive “vicende di ritorno” sul fronte dell’attuazione (sia spontanea che in accertamento) sarà possibile ipotizzare il prospettato intervento in diminuzione sulla disciplina sostanziale dei tributi e, in particolare la cosiddetta flat tax sull’imposizione sui redditi e la risistemazione dell’iva. del resto, pressocché a costo zero, sono state sia la revisione della disciplina delle accise, che degli altri tributi indiretti diversi dall’iva e alle medesime ragioni di spesa va verosimilmente ricondotta l’esclusione del principio del favor rei alla riforma delle sanzioni amministrative tributarie.
Va poi detto che, a corredo di questi decreti attuativi che attengono alla fase iniziale della riforma, già risultano in dirittura di arrivo alcuni testi unici1 (in particolare sanzioni aG 192 e contenzioso tributario aG 193) che costituiscono la seconda parte della riforma (regolata sulla base dei principi e criteri direttivi di cui all’art. 21, comma 1, della legge delega) e preludono all’ultimo atto del progetto complessivo che dovrebbe trovare compimento mediante l’adozione di un codice tributario2 .
un’unica legge delega e tre tappe, con tempi serrati, per raggiungere l’obiettivo della codificazione e sistematizzazione della materia tributaria, da sempre agognato e promesso dal susseguirsi dei governi di ogni schieramento politico e mai effettivamente perseguito.
2. Ipertrofia normativa e ambizioni di sistema: fallimenti delle passate riforme fiscali
ed infatti, aspirazioni di riforma con ambizioni di sistematizzazione connotano il diritto tributario dalla fine dell’ottocento: un’esigenza concreta denunciata fin dal susseguirsi dei primi innesti normativi repentini e scomposti, operati a ridosso dell’unificazione nazionale, per fronteggiare nuove situazioni nell’evoluzione degli scambi commerciali o, ancora, in conseguenza di eventi bellici o emergenziali3. Già i risalenti interventi normativi confezionati da sella e da minghetti, definiti dagli storici «“un provvisorio fiscale” mai terminato»4, hanno reso ardua la possibilità di una successiva sistematizzazione della legislazione tributaria, continuando a costituire, nonostante tutto, l’ossatura del nostro sistema tributario almeno fino alla riforma degli anni settanta5 . La denuncia di una complessità normativa sovrastante la conoscibilità delle fonti in vigore ha risuonato costantemente. erano gli anni Venti e la dottrina lamentava che «[n]on è a stupirsi come non soltanto i contribuenti, ma gli avvocati stessi ed i professionisti in genere siano, salvo rare eccezioni, completamente all’oscuro delle disposizioni tributarie e non riescano ad orientarsi in mezzo al dedalico ginepraio. Ciò spiega le rapidissime fortune accentrate in pochi esperti in materia in questi ultimi anni, quando il contribuente, assillato dalle conti-
nue richieste del fisco, spaventato perché completamente all’oscuro dei suoi doveri e dei suoi diritti, vedeva in coloro che possedevano la conoscenza dell’intricata materia quasi dei taumaturghi che potessero riuscire a salvarlo da oscure sciagure»6. il Governo auspicava una ‘rieducazione tributaria’7: «l’individuo non deve concepire lo stato come un nemico, il contribuente non deve considerare come completamente sciupate le somme che paga al fisco e d’altro canto lo stato non deve considerare il cittadino come un nemico, il contribuente come un frodatore»8.
ancora trent’anni dopo, nonostante l’approvazione della Costituzione, tale “pacificazione era lontana da compiersi” e la dottrina c ontinua v a a denun c iare c he
«l’ordinamento tributario italiano risulta da un coacervo di norme legislative e complementari succedutesi e quasi annullatesi nel corso del tempo, tra le quali non è sempre agevole orientarsi non soltanto per gl’inesperti contribuenti, ma neppure per coloro che per ragioni di studio e di professione o d’impiego, dovrebbero avere chiara la visione dell’insieme e dei particolari9». Continuava a trattarsi di una complessità normativa che pesava negativamente sia al fine del riconoscimento della materia come scienza (e non già come mera tecnica)10, sia nel percorso di superamento dell’influenza dell’esperienza tedesca di un rapporto tributario radicato nella contrapposizione degli interessi e inteso quale relazione di supremazia speciale e autoritativa manifestazione di sovranità11 .
EL GRECO, Cristo scaccia i mercanti dal Tempio
e del resto, anche allargando lo sguardo sulle altre materie, «[d]a tempo il diritto è venuto perdendo man mano, anzi sempre più, la sua duplice funzione, di certezza e di giustizia»: così negli anni Cinquanta denunciava Carnelutti al Convegno su “La crisi del diritto” con la sua relazione intitolata “la morte del diritto”12. quel diritto, che «pareva un miracolo» di sintesi di certezza e giustizia e in cui si era «creduto», aveva, invece, perso «man mano, anzi sempre più» quella duplice funzione a causa dell’«ipertrofia della legge» e della «quantità dei processi» e smarrito il margine «che separa la regola dall’eccezione». nelle conclusioni l’illustre giurista constatava che «[c]erto, il diritto non è morto ancora anzi, a chi lo giudica dalle apparenze, e perciò considera la quantità delle leggi e dei giudizi, può sembrare che non sia mai stato vivo come ora. ma questa illusoria vitalità è più veramente la febbre che lo consuma»13
tornando allora alla materia tributaria, facile constatare che se la complessità delle fonti normative e il crescente aumento dei processi pendenti sono indici di misurazione del relativo stato di salute, nonostante le numerose ambizioni di sistematizzazione la febbre non ha trovato una cura. siamo al cospetto di un diritto estremamente vitale quanto al contingente, ma moribondo quanto alla intrinseca funzione. si tratta dell’unico ambito dell’ordinamento giuridico in cui è lo stesso legislatore a prendere atto di tale complessità prevedendo sia una disposizione sui requisiti e sull’efficacia della legge di interpretazione autentica (a tutela degli eventuali abusi da parte del legislatore futuro)14, sia ben tre15 disposizioni che, in differenti contesti, disciplinano gli effetti dell’obiettiva incertezza normativa. del resto, nonostante l’intera normativa (p re v i g ente e in v i g ore ) sia o gg i re p eri b i l e
attraverso un sistema gratuitamente accessi b i l e on l ine c he è in g rado di e v idenziare l’intricato concatenarsi delle successive modifi c azioni , resta an c ora attua l e l’ esi g enza de ll a sistematizzazione de ll e di v erse fonti del diritto tributario sotto molteplici punti di v ista . L’ a cc identa l ità de ll’ e v o l uzione delle norme tributarie, secondo meccanismi di approvazione a volte estemporanei nella dinamica parlamentare degli emendamenti, c ontinua a c ostituire un duro b an c o di prova per l’interprete che pur nell’evidenza de ll e dis p osizioni susse g uitesi ne l tem p o deve districarsi tra antinomie e reviviscenza di norme. sono trascorsi esattamente cento anni dalla prima attribuzione parlamentare dei pieni poteri al Governo giustificata proprio allo specifico scopo di riformare la pubblica amministrazione quale prodromo essenziale per una contestuale riforma del sistema tributario16 , ancorché poi senza esiti decisivi. ne sono passati cinquanta dalla storica riforma dei tributi degli anni settanta17 , attuata secondo «uno schema teorico abbastanza razionale, anche se inefficace alla prova dei fatti»18, incentrato su una cosiddetta “doppia solitudine”19: ex ante, quella del contribuente nella autodichiarazione degli imponibili, anche in ragione di una tenuta generalizzata della contabilità per tutti i titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo, quali strumenti ritenuti funzionali a una rilevazione effettiva della ricchezza tassabile, ed ex post, quella dell’amministrazione finanziaria procedente ad un esiguo numero di controlli solo in parte giustificabili in forza della previsione di rilevanti sanzioni amministrative e penali in casi di accertata irregolarità. e ne sono trascorsi esattamente venti dalla legge delega a firma del ministro tremonti20 che aveva auspicato una codificazione della materia tributaria da attuare
anche tenendo conto di un importante potenziamento delle garanzie dello statuto dei diritti del contribuente, l’attenuazione della progressività21 e la reintroduzione a regime del concordato per imprese e lavoratori autonomi22 senza che, negli anni a seguire, tali principi direttivi abbiano mai trovato una concreta attuazione
ma, in particolare, ne sono passati ormai quasi dieci dalla legge delega a firma del ministro Padoan23 che, in effetti, ha costituito l’inizio di quella che è stata appunto definita una rivoluzione copernicana24 nella gestione del rapporto fisco-contribuente per affrontare il rischio fiscale anticipatamente rispetto all’adempimento (così da rafforzare la competitività delle imprese e da fare recuperare all’amministrazione finanziaria il proprio ruolo istituzionale di garante dell’applicazione della legge tributaria attraverso l’esercizio imparziale dell’azione amministrativa) e superare l’incertezza normativa (anche attraverso la sistematizzazione dell’istituto dell’interpello: elevato, in occasione del relativo decreto delegato, a vero e proprio “diritto”25).
eppure “riforma fiscale” è da sempre un sintagma ambiguo quanto basta a evocare, al contempo, radicali rivoluzioni e mere sistemazioni e che, per questo, ha costituito un fiorente terreno di campagne elettorali, che hanno fruttato diverse leggi di delegazione di portata generale. in una materia solitamente così avviluppata nel groviglio delle contingenze legislative, la legge di delegazione costituisce, infatti, un privilegiato punto di osservazione; i principi di delega raccontano il «voler essere»26 del diritto tributario e consentono di scrutare inusuali linee sistematiche di programmazione a lungo termine (che dovrebbero essere intelligibilmente connotate da scelte politiche), ancorché, poi, spesso inattuate. A
3. La legge delega n. 111 del 2023 e i principi e criteri sulla gestione tecnologica: uno sguardo al futuro del diritto tributario
nella prospettiva appena enunciata intendiamo allora qui prendere le mosse dai principi e criteri direttivi della legge delega n. 111 del 2023, per verificare se dal loro insieme possa emergere anche una prospettiva ulteriore a quella di una razionalizzazione della materia per un diritto tributario amministrato dagli uomini in modo certo e giusto.
Proviamo a verificare se tale ipotesi può considerarsi fondata ripercorrendo in una prospettiva differente i principi generali della legge delega. i primi tre articoli della legge n. 111 recano principi generali della riforma; tutti gli altri dispongono criteri direttivi e principi specifici dei singoli ambiti cui si riferiscono: dallo statuto dei contribuenti, ai tributi, ai procedimenti e alle sanzioni.
L’art. 2, in particolare, disegna un sistema attuativo di una fiscalità di massa che per «prevenire, contrastare e ridurre l’evasione e l’elusione fiscale» deve incentivare la piena utilizzazione dei dati che affluiscono al sistema informativo di anagrafe tributaria, disciplinare il potenziamento dell’analisi del rischio mediante il ricorso alle tecnologie digitali e alle soluzioni di intelligenza artificiale, promuovere la piena utilizzazione dei dati resi disponibili dalla fatturazione elettronica e dalla trasmissione telematica dei corrispettivi, nonché la piena realizzazione dell’interoperabilità delle banche di dati. La razionalizzazione e semplificazione del sistema tributario sono assunti a criteri direttivi generali da perseguire tramite «l’utilizzazione efficiente, anche sotto il profilo tecnologico, da parte dell’amministrazione finanziaria, dei dati ottenuti attraverso lo scambio di informazioni».
tali principi delineano, dunque, un fisco che deve essere ordinato nei riferimenti formali, semplificato nelle modalità di adempimento (attraverso modelli dichiarativi e procedure informatizzate), strutturato su una gestione di dati integralmente digitalizzati (interrogabili su più livelli), orientato alla riduzione del contenzioso. quanto a quest’ultimo profilo, il medesimo art. 2, prevede il rafforzamento di una pluralità di strumenti deflattivi, attraverso una varietà di moduli procedimentali di definizione dei tributi, e l’introduzione di istituti, anche premiali volti a favorire forme di collaborazione tra l’amministrazione finanziaria e i contribuenti che promuovano – in ogni fase dell’attuazione antecedente alla riscossione coattiva, anche in sede conteziosa – l’adempimento “spontaneo”. si aggiunga che il successivo art. 4 nel disporre la revisione dello statuto pone quale specifico principio l’introduzione generalizzata del contraddittorio endoprocedimentale, salvo che si tratti di atti automatizzati o sostanzialmente automatizzati e di pronta liquidazione: cosicché l’ampiezza del riconoscimento del diritto al contraddittorio sembrerebbe direttamente proporzionale al margine del rischio di contenzioso
in linea generale emerge un quadro di regolazione preventiva piuttosto che sanzionatoria, strutturato mediante una serie di incentivi (in termini di regimi premiali in senso lato) che rendano decisamente residuale il ricorso al giudice. Così sintetizzate le principali direttrici operative della legge delega sembrerebbe emergere un quadro di razionalizzazione all’insegna dell’efficienza: tecnologico, semplificato, orientato a un’ottimizzazione dei costi pubblici per un’acquisizione certa di somme alle casse dello stato27 , anche a scapito di una ragionevole ed equa ripartizione delle pubbliche spese.
sorge allora un dubbio: perché questo risultato proprio oggi?
in un futuro in buon parte tutto da immaginare, infatti, sembra opportuno quantomeno chiedersi se e in che termini un tale progetto di riordino (secondo le tre tappe sopra illustrate: decreti attuativi, poi riversati in testi unici e infine sistematizzati in un unico codice) sia anche (o piuttosto) servente al cosiddetto technological management28. ovverosia una gestione tecnologica dei procedimenti che, nelle più recenti riflessioni dei teorici del diritto29 , se estremizzata nelle conseguenze operative, condurrebbe alla morte del diritto. si tratterebbe però di una morte per una nuova e diversa via da quella descritta da Carnelutti e cioè non per il fallimento della funzione di diritto per l’impossibilità di dare certezze e dunque perseguire la giustizia, ma – immaginando uno scenario futuribile – attraverso una radicale sostituzione della funzione del diritto o, forse, più verosimilmente, una sproporzionata riduzione delle modalità di attivazione della tutela giuridica dei soggetti deboli di fronte a tecniche di gestione sostanzialmente automatizzate.
in termini certamente solo dubitativi si vuole ipotizzare – alla distanza nel tempo di almeno cinque lustri, che corrispondono a una generazione – un fenomeno (da evidenziare non in termini di “evento”, ma di “processo”, e, dunque, come esito di un cambiamento qualitativo, concettuale e addirittura sociale: che fissa un “prima” e un “dopo”) in cui la tecnologia, anche potenziata da strumenti che utilizzano sistemi di intelligenza artificiale, assume un ruolo determinante. si tratta peraltro di un ruolo che l’attuale prospettiva legislativa di protezione in ambito europeo considera non già in termini di alto rischio30 , quanto piuttosto di opportunità per la corretta attuazione dei
tributi e comunque rientrante in quei profili derogabili del regolamento del GdPr col solo limite del necessario rispetto del principio di proporzionalità quanto alla possibilità di imporre obblighi e restrizioni ai diritti e alle libertà dei privati sanciti dalla disciplina europea che non siano strettamente necessari per il raggiungimento degli scopi fissati dallo stato membro (artt. 22 e 23 del regolamento generale sulla protezione dei dati ue/ 2016/679).
se cerchiamo di proiettare questo programma operativo in un sistema tributario del futuro, razionalizzato quanto ad ogni ambito della disciplina sostanziale, oltre che procedimentale, con chiari referenti normativi per ogni istituto – ferma l’incomprimibile complessità del diritto, conseguenza ontologica dell’intrinseca potenzialità dell’interpretazione giuridica – l’ipotesi è che il nuovo margine di certezza, stabilità e semplificazione del diritto tributario che potrà scaturire dai decreti attuativi e poi ancora di più dai testi unici ed eventualmente dalla codificazione non sarà solo per gli individui, ma anche (e soprattutto) per far funzionare le macchine e, in una prospettiva ancora da venire, per farle funzionare da sole attualmente i sistemi di funzionamento gestionale di qualsivoglia procedura sono pervasi di dati che per produrre effetti necessitano solo essere ordinati e coordinati. se è vero che da sempre nella storia del diritto tributario il legislatore cerca soluzioni operative efficienti – che assicurino l’ottimizzazione dei costi dell’azione amministrativa – per l’attuazione dei tributi e per questo attribuisce ruoli decisivi a soggetti estranei al presupposto d’imposta che intercettano però dati utili a consentire un incrocio di dati oggi la tecnologia potenziata dall’intelligenza artificiale seleziona dati che consentono di costruire reti di dati con effetti rilevanti ai fini
dell’attuazione dei tributi. e se il diritto dovrebbe continuare a svolgere un ruolo di protezione del contribuente, in prospettiva tale ruolo rischia di non essere sufficientemente chiaro ed efficace tenuto conto di un attuale approccio di regolazione – in particolare a livello europeo – come se si trattasse di un qualsiasi ambito di produzione e di consumo, soprattutto, come già accennato, quanto ai margini di derogabilità delle regole e alla definizione di principio di proporzionalità. Per quanto paradossale e certamente regressivo in termini di civiltà giuridica, si allude a esperienze su cui stanno già ragionando studiosi di altri settori (perlopiù in assetti gestiti da privati)31, ma che potrebbero non essere estranee al diritto tributario, già uso a una modulistica regolata da esasperanti (in punto di diritto), quanto efficienti (dal punto di vista della funzionalità operativa del programma) errori bloccanti32. in tale prospettiva già ora (a maggior ragione nella prospettiva dell’orizzonte temporale ipotizzato) non sarebbe difficile immaginare ambiti interamente rimessi a una gestione tecnologica (technological management). una gestione tecnologica che, dal punto di vista di un efficiente programmatore, «è principalmente una questione di proibizione ed eliminazione, volta ad impedire, rendendole impossibili, certe forme di condotta o di azione»33. Cosicché, in questa prospettiva, la forma migliore di risposta a qualsivoglia problema sociale «è garantire che il problema stesso non si presenti affatto»34 ovverosia, dal punto di vista giuridico rendere impossibile la violazione di legge in nome della semplificazione del rapporto pubblico-privato (fisco-contribuente).
Certo, il presupposto di questo modello teorico ricostruttivo è quello di una società che per superare gli aspetti patologici del di-
ritto (i.e. incertezza da ipertrofia della legge e da eccessivo ricorso al processo) scelga di risolvere le situazioni di conflitto attraverso tecniche di gestione e non già in sede giurisdizionale. si tratta di un modello che distante dal nostro sistema di principi giuridici, in quanto improntato a una logica sociale che si basa su un modello di efficienza di produzione e consumo, piuttosto che a una logica di giustizia. Parte dei teorici sostiene che il diritto, come sistema di assoggettamento umano al governo delle regole, non venga menomato dalla mancanza del contenzioso poiché vi sarebbero altre modalità di risoluzione delle dispute sulle medesime regole e, in particolare, «l’opzione disponibile più audace [sarebbe] rendere tali controversie impossibili, progettandone l’inesistenza. se potessimo rendere impossibile l’inosservanza delle norme giuridiche e garantire che i contratti non possano essere violati, o le autovetture non possano superare il limite di velocità, lo spazio per le controversie sull’interpretazione e sull’applicazione delle norme giuridiche si contrarrebbe, forse addirittura scomparirebbe. La gestione tecnologica è, quindi un mezzo per eradicare dal diritto la dimensione patologica»35 data in particolare dall’eccesso di litigiosità. e tuttavia a voler considerare una tale teoria in funzione del diritto tributario vi sono una serie di elementi che non debbo essere sottaciuti e che rendono urgente creare argini a tutela delle posizioni giuridiche dei contribuenti. Primo tra tutti va tenuto conto di una nozione ancora piuttosto radicata di interesse fiscale alla pronta ed efficace acquisizione dei tributi secondo parte della dottrina direttamente desumibile da principi della Carta costituzionale36 .
È bene precisare fin d’ora che una tale provocazione teorica non intende mettere in discussione l’inesauribilità del diritto e la sua
irriducibilità alla funzione di un algoritmo; essa si colloca invece su un piano diverso, procedurale (i e di costruzione di algoritmi gestionali finalizzati a eliminare la possibilità di violare la legge), dunque a valle di una data interpretazione delle norme sostanziali, e produce effetti sul comportamento dell’individuo il quale si troverebbe di fronte alla necessità di conformarsi al modello per accedere a un determinato regime. ammettere una tale prospettiva significa rendere unico e necessario un percorso interpretativo trasformato in linguaggio tecnologico tramite sistemi di compilazione automatica, pena l’inaccessibilità a un determinato regime. Ciò sarebbe – allo stato – legittimo nella misura in cui ancora risulti proporzionato alle finalità del legislatore, salva comunque la possibilità di accedere al contenzioso37. nella prospettiva che si propone tale evenienza dovrebbe invece addirittura venire meno in conseguenza dell’autocompimento del diritto: non sorgerebbe la lite perché il risultato raggiunto attraverso il procedimento è pienamente soddisfacente per entrambi i soggetti del rapporto e tuttavia il timore è che le posizioni dei soggetti coinvolti non siano tra loro adeguatamente equilibrate. in tale prospettiva entrano infatti in gioco anche diversi fattori comportamentali che non possono essere sottovalutati: la pigrizia umana e i paradigmi di comodità offerti dalla tecnologia, l’effettività in termini di protezione giuridica che possono dare flag di accettazione o di convalida da parte degli utenti (contribuenti), la strategia di check & ballance nelle valutazioni contingenti della convenienza delle scelte del singolo in un contesto di legislazione che promuove, agevolandoli, schemi attuativi di standardizzazione della rilevazione degli imponibili, di prefigurazione dei presupposti, di conver-
genza su schemi di accertamenti sempre più spesso frutto di elaborazione su base algoritmica cui prestare adesione
4. Necessità di mantenere alta la vigilanza umana sul rapporto fisco-contribuente
e tuttavia, ciò che è fattibile in concreto, e che è una soluzione a problemi operativi e che può essere inteso addirittura come una modalità efficace di risoluzione di alcune patologie del diritto, costituisce esso stesso una fondamentale questione giuridica: può esserci diritto senza volontà dell’individuo, senza la capacità di critica e di dissenso38 , senza – appunto – possibilità di accedere a un contraddittorio procedimentale e nemmeno a una tutela giurisdizionale?
il diritto tributario deve a questi fenomeni dall’ambito privilegiato della riserva di legge (art. 23 Cost.) per valutare se un tale scenario possa considerarsi compatibile col nostro stato di diritto, con il nostro sistema delle garanzie costituzionali (artt. 2, 3 e 53 Cost.) e stabilire quanta consapevolezza e vigilanza39 ci sia rispetto a tali scenari in un prossimo futuro. oggi appare innanzitutto impellente valutare se procedimenti interamente automatizzati, solo perché volontariamente accettati dal contribuente e definiti dal legislatore nei contenuti essenziali (si pensi, da ultimo, alla disciplina del concordato preventivo biennale), possano considerarsi compatibili col nostro stato di diritto e con le relative garanzie costituzionali, non solo in termini di capacità contributiva, ma anche di tutela. occorre restare desti affinché i paradigmi di comodità spesso correlati all’evoluzione tecnologica, le prospettive di semplificazione connesse a sistemi di tassazione medio ordinaria, l’ottimizzazione dei costi dell’azione
amministrativa e l’obiettivo della riduzione del contenzioso non giustifichino, né in diritto, né nella pubblica opinione, scelte sproporzionate del legislatore che pur voglia farsi forte delle potenzialità della tecnologia. e c’è da vigilare per un diritto dei tributi quale strumento di reale pacificazione sociale e fondativo della Comunità di appartenenza in modo equo e giusto, cosicché, come presagiva il cantautore, «[q]uando la morte mi chiamerà forse qualcuno protesterà»40.
6 in questi termini a. uckmar, il Diritto tributario, in dir. prat trib., 1926, 5, nt. 17.
7 sia consentito il rinvio a V. mastroiacovo, il diritto tributario alla prova del regime tra urgenze di guerra e ambizioni di sistema, in Birocchi-Chiodi-Grondona (a cura di), La costruzione della “legalità” fascista negli anni trenta, atti del Convegno dell’istituto Betti del 29 novembre 2019, roma, 2020, 141-176 (open access in https://romatrepress uniroma3.it).
8 Così G. Curato, il contribuente ed il fisco, prolusione al Corso libero di scienza delle finanze nella r. università di napoli, in «diritto e pratica tributaria», 1929, pp. 159-168.
9 Così s. scoca, Un tentativo di codificazione delle leggi tributarie, in studi in onore di achille donato Giannini, milano, 1961, 819.
note
1 si tratta di un tema che ha destato discreto interesse nell’ambito della dottrina; per tutti si rinvia a a. fedele,
Testi unici e codificazione nella legge delega, (dattiloscritto letto per gentile concessione dell’autore, destinato alla pubblicazione degli atti del convegno di napoli, “L’attuazione della riforma tributaria”, 10-11 maggio 2024); a. Giovanardi, Testi unici e codice tributario, una strada da percorrere con convinta determinazione, in quotidiano ipsoa, 14 marzo 2024; m. Basilavecchia, Testi Unici della
riforma fiscale vs Codice tributario: qualche considerazione va fatta, in quotidiano ipsoa, 22 marzo 2024. 2 da ultimo in argomento sia consentito il rinvio a V. mastroiacovo, testi unici, codice tributario e technological management: prospettive di un sistema strutturalmente intricato, in rass. trib., 2024, 635 ss 3 Per un’analisi ragionata dell’evoluzione storica del diritto tributario si rinvia a G. marongiu, la politica fiscale dell’italia liberale, torino, 2019; idem, il fisco e il fascismo, torino, 2020; da ultimo m.C. fregni, italy, in history and taxation, the dialectical relationship between taxation and the political balance power, iBfd, 2020, 397 ss.; per un esame anche di diritto comparato nella prospettiva storica si rinvia a d. stevanato, Forme del tributo nell’era industriale, ascesa dell’imposta sul reddito e segni di un declino, torino, 2021, passim
4 u. allegretti, Profilo di storia costituzionale italiana, Bologna 1989, 522, «di questo provvisorio – durato ben più a lungo di lui – sella è il primo alfiere, mentre minghetti col suo piano finanziario del ’63 cercò, ma non seppe, porvi rimedio».
5 Così conclude G. marongiu, storia del fisco in italia, i. la politica fiscale della destra storica (1861-1876), torino, 1995, 380.
FRANCESCA CENCETTI,“Eliofili e Umbratici”, olio su tela 70x50.
10 senza voler in questa sede riaprire il dibattito sul metodo di studio del diritto tributario, si riportano le pungenti osservazioni di L. einaudi, Come studiare il fenomeno finanziario, in La riforma sociale. rivista critica di economia e di finanza, 1932, 683, «quando una schiera di giuristi veri, affinati nell’uso della tecnica giuridica nel campo del diritto privato e di quello pubblico, avrà affrontato la materia del diritto tributario, ricavandone soddisfazioni intime di scoperta di terreni ignoti e suggerimenti forse atti ad arricchire le più antiche branche del diritto, anche il diritto tributario, che oggi costituisce la quintessenza della noia per docenti e per discenti, potrà aspirare alla dignità, oggi esistente solo sulla carta, di disciplina atta ad essere insegnata da cattedra universitaria. finora siamo nello stadio dei tentativi».
11 La progressiva frammentazione anche della disciplina dell’accertamento, della riscossione e del contenzioso per ogni singolo tributo contribuirono a rendere il fisco una mala bestia (così dal secolo XiX, 12 aprile 1927, in il contribuente e il fisco, riprodotto in diritto e pratica tributaria, 1927, 55) «onde qualunque artificio, qualsiasi menzogna o finzione da parte del contribuente per evadere un contributo è considerato, anche dalle persone più oneste, come un mezzo correttissimo di legale e legittima difesa».
12 f. Carnelutti, la morte del diritto, in la crisi del diritto, a cura della facoltà di Giurisprudenza dell’università di Padova, Padova, Cedam, 1953, 177.
13 tutti virgolettati riportati in questo capoverso sono tratti da f. Carnelutti, ult. op. cit., 190.
14 il riferimento è all’art. 1, comma 2, della legge n. 212 del 2000, statuto dei diritti del contribuente, da leggere
– nel suo pieno significato – in relazione all’art. 3, comma 1, della medesima legge, quanto alla conseguente efficacia naturalmente retroattiva.
15 il riferimento è: i) all’art. 8 del d.lgs n. 546 del 1992, che attribuisce al giudice tributario il potere di disapplicare le sanzioni amministrative previste dalle norme tributarie, qualora la violazione sia giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce; ii) all’art. 6, comma 2 del d.lgs. n. 472 del 1997, che prescrive la non punibilità dell’autore della violazione allorché essa sia stata determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria; iii) all’art. 10, comma 3 del citato statuto dei diritti del contribuente, il quale, ribadendo la non applicabilità delle sanzioni in caso di incertezza normativa, chiarisce ulteriormente che «in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza, la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria». 16 si tratta della legge 3 dicembre 1922, n. 1601, con cui il Parlamento delegava i pieni poteri al Governo del re giustificandoli proprio «per il riordinamento del sistema tributario e della pubblica amministrazione»; sia consentito il rinvio a V. mastroiacovo, “il diritto tributario alla prova del regime tra urgenze di guerra e ambizioni di sistema”, cit., 141 ss 17 Legge 9 ottobre 1971, n. 825 delega legislativa al Governo della repubblica per la riforma tributaria, in forza della quale sono stati emanati i numerosi decreti attuativi relativi a tutti i principali tributi dell’ordinamento tributario italiano che mantengono ad oggi sostanzialmente l’impianto allora stabilito
18 Così la Corte dei conti, indagine sugli effetti dell’azione di controllo fiscale in termini di stabilizzazione della maggiore tax compliance, 20 novembre 2014, pagina 26.
19 il riferimento alla doppia solitudine è ispirato dalle considerazioni di m. Basilavecchia, “La determinazione concordata della ricchezza”, in Riv. trim. dir. trib., 2015, 583.
20 Legge delega 7 aprile 2003, n. 80 recante delega al
Governo per la riforma del sistema fiscale statale, che, riprendendo, nella struttura, il progetto vanoniano, ipotizzava un codice tributario formato da una parte generale di principi e una parte speciale con cinque tributi
21 art. 3, comma 1, della legge delega n. 80 del 2003, che muoveva i principi di riforma dell’imposta sul reddito dall’«obiettivo di ridurre a due le aliquote» e più precisamente il 23 e il 33 per cento. 22 art. 1, comma 1, lettera e) relativa alle semplificazioni da introdurre nella disciplina dell’imposta sul reddito al numero 5 della medesima legge delega n. 80 del 2003 prevedeva, tra le altre misure, l’«introduzione del concordato triennale preventivo per l’imposizione sul red-
dito d’impresa e di lavoro autonomo anche in funzione del potenziamento degli studi di settore». misura definita un «ingegnoso espediente di “condonare il futuro” […] in cui la definizione preventiva non è basata sulle caratteristiche strutturali dell’attività, bensì su aumenti forfettari dei redditi dichiarati negli anni passati», così r. Lupi, “autotassazione, modelli culturali e condoni fiscali”, in Rass. Trib., 2004, 153. 23 Legge 11 marzo 2014, n. 23 delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita, che in una direzione nuova rispetto a quella intrapresa con la legge delega di riforma degli anni settanta, ha attribuito centralità alla fase dialogica e al confronto preventivo con il contribuente. L’ampiezza dell’attuale letteratura sul tema rende opportuno in questa sede un rinvio a G. ragucci, Gli istituti della collaborazione fiscale: dai comandi e controlli alla coregulation, torino, 2023 (seconda edizione), anche per riferimenti bibliografici. 24 d. Conte, Dal controllo fiscale sul dichiarato al confronto preventivo sull’imponibile. Dall’ accertamento tributario alla compliance, milano 2017, 4. 25 si tratta della riforma della disciplina dell’interpello introdotta con il d.lgs n. 156 del 2015; per tutti G. fransoni, il diritto potestativo d’interpello. Fattispecie, procedimento, effetti e tutela, Pisa, 2020; si sofferma sulla modifica della rubrica da “interpello del contribuente” in “diritto d’interpello” d. Conte, ult. op. cit., 76.
26 V. mastroiacovo, Procedimenti accertativi e nuovo rapporto tra fisco e contribuente nella legge delega di riforma tributaria, in rass. trib., 2023, 482.
27 «È il trionfo del dato e della sua efficienza su base tecnologica: sembra il futuro inarrestabile di un fisco funzionale, che nel dissolvere il mito della tassazione effettiva del reddito (su base contabile), rischia tuttavia di promuovere profonde disuguaglianze nell’apprezzamento degli imponibili in ragione delle caratteristiche dei singoli contribuenti». Così V. mastroiacovo, Procedimenti accertativi, cit., 501.
28 r. Brownsword, in the year 2061: from law to technological management, in Law, innovation and technology, 2015, 7 (1), 1–51; precisa l’autore che «it suffices to conceive of technological management as the use of a technological fix (applied to the design of products or places) so that it is not possible do some act x which, in the absence of this strategy, might be subject only to rule regulation».
29 W. Lucy, The Death of law: another obituary, in Cambridge Law Journal, 2022, 81, 109 – 138; ora tradotto da J. Volpi, (W. Lucy), la morte del diritto ancora un necrologio, in L’europa del diritto, 23, Collana dei seminari del dottorato di ricerca in ordine giuridico ed economico europeo, università degli studi “magna Grecia”
di Catanzaro, napoli, 2023, 7 e ss. È opportuno precisare che il tema della morte del diritto consegue all’adesione al modello teorico del cosiddetto technological management; si tratta cioè di considerazioni alle quali l’autore giunge dopo che, l’anno precedente, a commento dello scritto di r. Brownsword (citato alla nota precedente) aveva pubblicato uno scritto in cui aveva provato a immaginare le facoltà di diritto del 2061 (cioè a cento anni dalla pubblicazione dell’opera fondamentale di h. hart, The Concept of law, 1961) in quelle giurisdizioni che avessero adottato un technological management come risposta ai problemi di governance della società (W. Lucy, law school 2061, in the modern Law review, 2021, 84, 1-15). Per meglio comprendere cosa si intende con questa espressione in conseguenza dell’adesione al cosiddetto technological management si rinvia oltre ai paragrafi 4. e 4.1.
30 al Considerando 38 dell’ai act può infatti leggersi che «[i] sistemi di ia specificamente destinati a essere utilizzati per procedimenti amministrativi dalle autorità fiscali e doganali non dovrebbero essere classificati come sistemi di ia ad alto rischio utilizzati dalle autorità di contrasto a fini di prevenzione, accertamento, indagine e perseguimento di reati».
31 si rinvia alle considerazioni sul tema di L. amannati, Regolatori e supervisori nell’era digitale: ripensare la regolazione, in Giur. Cost., 2023, 3, 1453. 32 si pensi ad esempio al modello telematico di dichiarazione di successione (strutturato con una serie di errori bloccanti con funzione di guida semplificata nella compilazione), che in attuazione dell’art. 10, comma 1, lettera b) della legge delega n. 111 del 2023 sembrerebbe destinato a confluire su un sistema di autoliquidazione di imposta (in luogo dell’attuale liquidazione da parte dell’ufficio fiscale); ciò con il probabile effetto di una liquidazione del tributo in via cautelativa nella misura suggerita dal sistema, salvo valutazioni di convenienza per eventuali richieste di rimborso e, se del caso, accesso al processo 33 W. Lucy, la morte del diritto, cit., 16. L’autore cita l’esempio della produzione generalizzata di macchine che non sono strutturalmente abilitate a superare il limite di velocità fissato per legge; a ciò si potrebbe ad esempio aggiungere il sistema di riconoscimento facciale automatizzato per l’imbarco in aeroporto o i passaggi alla frontiera. si tratta di costruire meccanismi di produzione di beni e servizi che non consentono di per
sé la violazione di determinate condotte poiché determinano una condotta univoca corrispondente a quella conforme alla regola posta, in un dato tempo, nell’ordinamento
34 W. Lucy, ult. op. cit., 16.
35 W. Lucy, op. cit., 34.
36 P. Boria, l’interesse fiscale, torino 2002; id., il potere tributario. Politica e tributi nel corso dei secoli, Bologna, 2021.
37 Peraltro è il caso di segnalare che eventuali contestazioni sul funzionamento della procedura che abbia ripercussioni sulla posizione del contribuente potrebbero rientrare nella giurisdizione del giudice ordinario e non già di quello tributario laddove appunto non sia in contestazione l’ammontare di un tributo spunti di riflessione in tal senso possono trarsi dal principio di diritto della Cassazione s.u. n. 34851 del 13 dicembre 2023 relativamente al cosiddetto scarto telematico ovverosia diniego del contributo a fondo perduto previsto dall’art. 25 del d.l. n. 34 del 2020 a favore dei soggetti colpiti dall’emergenza epidemiologica “Covid-19”, adottato dall’agenzia delle entrate 38 t. Gazzolo, Che cos’è la forza della legge?, in dir. pubbl., 2023, 3, 861 ss.; l’autore, constatato che «[r]ispetto al passato, oggi ci troviamo, pertanto, di fronte alla possibilità di disporre – grazie alla tecnologia – di norme inviolabili o, meglio ancora, di norme che sono in grado di causare direttamente la condotta voluta, senza richiedere l’intervento, l’adesione e la conoscenza stessa delle regole da parte dei soggetti. di trasformare, diremmo, il dover-essere proprio delle prescrizioni (sollen) in una necessità causale (müssen)» si chiede a che condizioni «la libertà, la libera determinazione della volontà, diviene il limite che occorre, necessariamente, presupporre, per poter definire ciò che la legge può e non può fare?».
39 nella prospettiva di segnalare l’urgenza di una vigilanza rispetto a un ruolo pervasivo della tecnologia in genere e dell’intelligenza artificiale in nome del cosiddetto interesse fiscale, quale “cavallo di troia” per incidere sensibilmente sui diritti del contribuente, si segnala il saggio di a. Giovannini, note controvento su interesse fiscale, cit., 46. Per considerazioni sul tema anche in una prospettiva comparata si segnala C. francioso, automated decision making by tax authorities and the protection of taxpayers’ rights in a comparative perspective, in riv. trim di dir trib., 3/2023, 541-558.
40 f. de andrè, Testamento, 1966.
Andrea Giordano Magistrato della Corte dei conti, vice Capo Gabinetto del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica
Comunità energetiche. Una lettura secondo il principio dello sviluppo sostenibile
1. Introduzione
Le comunità energetiche1 concretano il principio dello sviluppo sostenibile2
Citizen Energy Communities e Renewable Energy Communities consentono ai componenti della collettività di svolgere attività di produzione, distribuzione, consumo, condivisione, accumulo e vendita dell’energia autoprodotta.
La sostenibilità è, pertanto, ambientale, date le esternalità positive sull’ecosistema; economica, vista la riduzione degli oneri che alla costituzione di comunità si correla; sociale, posto che le Communities promuovono la cittadinanza attiva, realizzando quell’imperativo di inclusione che è pilastro dello stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza. quella sostenibilità che invera il senso profondo delle comunità energetiche è potenziale parametro di valutazione delle stesse.
L’attività di controllo è terreno fertile per una verifica sulla reale effettività del modello.
2. Le comunità energetiche
Le comunità energetiche affondano le radici nel diritto unionale
Gemmata, in parte qua, dai semi dell’Clean
Energy Package for all Europeans, la direttiva (ue) 2001/2018, sulla promozione dell’uso
dell’energia da fonti rinnovabili, è, tra l’altro, improntata alla ratio di promuovere la partecipazione attiva dei clienti finali3 .
L’articolo 21 prevede, invero, che gli stati membri provvedono affinché i consumatori siano autorizzati a divenire autoconsumatori di energia rinnovabile, producendo energia rinnovabile, anche per il proprio consumo, e ricevendo una remunerazione per l’energia elettrica rinnovabile autoprodotta che immettono nella rete.
Coerentemente, il successivo articolo 22 garantisce ai clienti finali il diritto di partecipare a comunità di energia rinnovabile che possano produrre, immagazzinare e vendere l’energia rinnovabile, nonché scambiare l’energia rinnovabile prodotta dalle unità di produzione detenute dalle medesime comunità produttrici/consumatrici di energia rinnovabile, fatto salvo l’accesso a tutti i mercati dell’energia appropriati in modo non discriminatorio
alla sostenibilità del paradigma concorrono l’elemento teleologico, preservato con l’espresso divieto di partecipazioni che costituiscano l’attività commerciale o professionale principale4 , e la democratica apertura dello schema, garantita dal divieto di condizioni o procedure ingiustificate o discriminatorie5
Così, la direttiva (ue) 944/2019 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (iem), ha seguito analogo percorso
ha rimarcato che il mercato interno dell’energia elettrica persegue lo scopo di offrire a tutti i clienti finali una reale libertà di scelta, contribuendo anche alla sicurezza degli approvvigionamenti e allo sviluppo sostenibile6 , e delineando un comune tessuto di principi che gli stati membri sono chiamati a rispettare
ha disciplinato le comunità energetiche dei cittadini, prevedendo il carattere aperto e volontario della partecipazione, il diritto dei membri o soci di uscire dalle comunità, la doverosa soggezione delle configurazioni a procedure e oneri non discriminatori, equi, proporzionati e trasparenti e a oneri di rete parimenti non pregiudizievoli7
La normativa interna non ha tardato a dare seguito ai moniti unionali
Già nella c.d. fase transitoria (art. 42- bis, d.l. 30 dicembre 2019, n. 162), sono state possibili sperimentazioni con specifici limiti territoriali e di potenza (il disposto si riferiva ai soli impianti medio-piccoli di potenza complessiva non superiore a 200 kW).
era fatta salva la necessità di realizzare benefici ambientali, economici e sociali, piuttosto che profitti finanziari8 , nel contesto di comunità ispirate alla più ampia partecipazione di clienti finali9 , destinati a mantenere i loro diritti e facoltizzati a liberamente recedere dalle configurazioni di autoconsumo10 .
Con il d.lgs. 8 novembre 2021, n. 199, il disegno ha trovato compiuta realizzazione. dal modello unionale di sostenibilità discendono lo scopo principale dell’apporto di benefici ambientali, economici e sociali, abbinato al divieto di partecipazioni che costituiscano l’attività commerciale e industriale principale11; l’apertura e volontarietà della partecipazione12; il riconoscimento del diritto di recesso13; il conferimento di poteri di controllo ai soli membri o soci che siano persone
fisiche, Pmi, associazioni con personalità giuridica di diritto privato, enti territoriali e autorità locali14 il perimetro incentivabile delle configurazioni di autoconsumo per la condivisione di energia rinnovabile (CaCer) è stato esteso dalla cabina secondaria a quella primaria; è stata notevolmente ampliata la dimensione massima degli impianti (da 200 kW a un 1 mW); si è previsto che le comunità energetiche possano avere, come massimo, il 30% della potenza complessiva da impianti già esistenti
il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha concorso allo scopo. nella cornice della missione 2 “Rivoluzione Verde e Transizione ecologica ”, Componente 2 (m2C2), tesa al raggiungimento dei target strategici di decarbonizzazione, si inquadra l’intervento 1.2, che ha, come finalità programmata15, la diffusione della sperimentazione dell’autoproduzione di energie rinnovabili, sostenendo, a tal fine, le configurazioni di autoconsumo per la condivisione di energia rinnovabile (CaCer) e le comunità energetiche rinnovabili (Cer), situate nel territorio dei comuni con meno di 5.000 abitanti, in cui sono ubicati gli impianti di produzione. significativo è, in proposito, il meccanismo di incentivazione, che si concreta nella concessione di un contributo in conto capitale pari al 40 per cento dei costi ammissibili, cui si aggiunge la tariffa incentivante, sulla quota di energia condivisa per gli impianti a fonti rinnovabili
Come, infatti, prevede il decreto del ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica 7 dicembre 2023, n. 41416, la tariffa incentivante17, per un periodo pari a venti anni, è cumulabile con il contributo in conto capitale nella misura massima del 40 per cento, nel rispetto del principio del doppio
finanziamento di cui all’art. 9 del regolamento (ue) 241/202118.
3. L’effettività del paradigma nel prisma della sostenibilità
L’effettività delle Communities può essere vagliata attraverso il prisma della sostenibilità.
3.1. il principio dello sviluppo sostenibile
La sostenibilità19 fa dialogare le esigenze di protezione dell’ambiente con gli obiettivi di sviluppo economico
La salvaguardia dell’ambiente non impone di arrestare lo sviluppo; è, piuttosto, compatibile con quest’ultimo, nella misura in cui soddisfi i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri
La formula del rapporto Brundtland20 , che mette in relazione ambiente e sviluppo, bisogni e limiti, generazione presente e gene-
razioni future, dà corpo a una nozione di sviluppo sostenibile connotata da una pluralità di concorrenti dimensioni il principio implica, anzitutto, l’uso equo e sostenibile delle risorse naturali; si traduce, quindi, nell’equità inter-generazionale, laddove impone uno sfruttamento lungimirante delle risorse, a presidio delle generazioni future, e in quella intra-generazionale, che bilancia le esigenze del singolo stato con quelle degli altri Paesi della comunità internazionale, in sintonia con il principio delle responsabilità comuni ma differenziate21
sviluppo sostenibile è, infine, integrazione.
Come risulta dal Principio 4 della dichiarazione di rio, la tutela dell’ambiente (e –come deve, per estensione, ritenersi – degli interessi correlati alle fonti energetiche) deve costituire parte integrante del processo di sviluppo e non può essere considerata separatamente da questo. i piani e programmi di sviluppo economico vivono in stretta connessione con le esigenze di tutela dell’interesse ambientale (ed energetico).
La stessa esigenza di integrazione è sottesa
FRANCISCO GOYA, I disastri della guerra
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ai 17 sustainable Development Goals (sDGs), approvati a new York il 25 settembre 2015. essi efficacemente bilanciano crescita economica, inclusione sociale e tutela dell’ambiente, dando luogo alla reciproca e osmotica integrazione di tali essenziali componenti.
Gli obiettivi di sviluppo sostenibile hanno avuto importanti seguiti nel diritto europeo e in quello nazionale.
se il trattato di maastricht ha promosso «una crescita sostenibile, non inflazionistica», il trattato di amsterdam ha disegnato gli strumenti per la piena realizzazione della sostenibilità ambientale e la Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea ha previsto la necessaria integrazione, nelle politiche dell’unione, di un livello elevato di tutela dell’ambiente e del miglioramento della sua qualità, da garantirsi in armonia con il principio dello sviluppo sostenibile22 . quest’ultimo trova, del resto, menzione espressa, oltre che nell’art. 3 del trattato sull’unione europea, nell’art. 11 del trattato sul funzionamento dell’unione europea, secondo cui «le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile». evidente è la sintonia del disposto con il Principio 4 della dichiarazione di rio
L’integrazione rappresenta una delle cangianti dimensioni dello sviluppo sostenibile23; impone che le esigenze ambientali siano sempre considerate24 nel processo di sviluppo, costituendone parte integrante
Le «esigenze connesse con la tutela dell’ambiente» (e, come ritenersi, con la protezione degli interessi correlati alle fonti energetiche) coincidono con gli obiettivi e i criteri per l’esercizio dell’azione in materia ambientale di cui – in particolare – all’art. 191 del trattato sul funzionamento dell’unione europea25
Lo sviluppo sostenibile ha trovato, più di recente, solido ancoraggio nel Green Deal europeo e, quindi, nel next Generation E.U. La sostenibilità ha fatto ingresso anche nel diritto interno. oltre al Codice dell’ambiente (secondo cui «ogni attività umana […] deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future»26), lo dimostra la recente riforma degli artt. 9 e 41 della Costituzione, che salda la sinergia tra ambiente, energia, società e attività economiche. tale relazione è il fulcro della sostenibilità; come lo è il richiamo, pure compiuto dalla riforma costituzionale, alle generazioni future una Costituzione che guarda al futuro inaugura, con vigore, la stagione di un diritto e di una economia sostenibili, in consonanza con i sustainable Development Goals; orienta, come una stella polare, l’intero ordinamento (si pensi, tra gli altri, ai recenti piani e programmi preordinati alla ripresa economica –non da ultimi, la strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile e il Piano nazionale di ripresa e resilienza – e agli stessi documenti di bilancio, arricchiti dall’ “Ecobilancio” – allegato alla relazione illustrativa al disegno di Legge di Bilancio – e dall’ “Ecorendiconto dello stato ” , allegato al rendiconto generale dello stato che illustra le risultanze delle spese ambientali delle amministrazioni centrali dello stato ovvero le spese aventi per finalità la protezione dell’ambiente e l’uso e gestione delle risorse naturali27).
3.2. la sua rilevanza nell’ attività di controllo
il principio dello sviluppo sostenibile, per come declinato, orienta l’esercizio delle plurime funzioni della Corte dei conti, consentendo la verifica di effettiva compatibilità
delle comunità energetiche con i principi.
dal controllo preventivo di legittimità (art. 3, comma 1, legge n. 20 del 1994) a quello sulla gestione (art. 3, comma 4, legge n. 20 del 1994) a quello esercitato sugli enti cui lo stato contribuisce in via ordinaria (legge n. 259 del 1958), non sembrano difettare i presupposti di una Corte testimone e garante della sostenibilità. del resto, la virata in senso ‘giurisdizionale’ dei controlli28 , all’esito della costituzionalizzazione dell’equilibrio di bilancio e della ‘sostenibilità’ del debito, ha reso più pervasiva la relativa funzione della Corte, la cui attività comporta la produzione ipso iure di precisi effetti giuridici sulle amministrazioni controllate29 . non difettano i momenti di confronto dialettico con le amministrazioni, nel contesto di quel controllo sulla gestione, «anche in corso di esercizio»30, che, nell’era del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha dimostrato e dimostra la rilevanza del ruolo della
Corte nella protezione degli interessi metaindividuali che ai beni comuni si correlano31 . il performance audit può garantire la virtuosità di un’azione amministrativa compatibile con i principi della transizione ecologica32 .
Lo stesso, al servizio dello stato-comunità, promuove la corretta gestione delle risorse collettive sotto il profilo dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità; si concreta in un raffronto ex post tra gli obiettivi da raggiungere e i risultati, in concreto, conseguiti; accompagna l’azione della p.a nel suo farsi: alla dinamicità dell’attività dell’amministrazione si correla un controllo «anche in corso di esercizio», come è quello delineato dall’art. 3, comma 4, della legge n. 20 del 1994 e dall’art. 7, comma 7, del decreto-legge n. 77 del 2021.
si atteggia a controllo di integrazione (più che di conformazione33), che permette un
monitoraggio – anche “real time”34 – capace di innescare processi di autocorrezione. nulla sembra più idoneo, pertanto, alla verifica, in corso d’opera (e non solo a chiusura di esercizio) dell’aderenza dell’azione pubblica agli obiettivi internazionali ed europei di sviluppo sostenibile. un nuovo scenario per la verifica del grado di sostenibilità lo dischiude l’art. 5, comma 3, d.lgs. n. 175 del 2016, che disciplina il controllo della Corte sugli atti deliberativi di costituzione di società e sugli acquisti di partecipazioni societarie35 diversamente dal previgente schema della “pubblicità notizia”, il disposto, come novellato, conferisce – ad onta della sua testuale formulazione – una funzione di controllo, pur peculiare36 , secondo il parametro di sostenibilità finanziaria e i canoni di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa
3.3. Gli orientamenti in materia di comunità energetiche
Le recenti delibere in tema di comunità energetiche inverano il principio di sostenibilità
in sede di controllo ex art. 5 tusP, la Corte ha vagliato la coerenza della forma giuridica adottata rispetto alle categorie unionali e interne di riferimento.
Con la deliberazione della sezione regionale di controllo per la toscana, n. 77/202337, ha ritenuto inidonea la forma della società consortile ex art. 2615- ter c.c. siccome incompatibile con il carattere aperto e volontario della partecipazione alle comunità energetiche.
La società consortile è, invero, struttura a capitale fisso, potendo l’ingresso di nuovi soci avvenire soltanto con il trasferimento della partecipazione già in circolazione o con apposita delibera di aumento del capitale so-
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ciale; cosa limitativa del «principio della partecipazione aperta e volontaria»38.
Con altra deliberazione39, la Corte ha evidenziato la necessità di un «attento monitoraggio dell’operazione societaria affinché mantenga nel tempo i presupposti finalistici nonché di sostenibilità e convenienza oltre che di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa».
in sede di controllo sulla gestione, la Corte ha delibato l’adeguatezza delle risorse umane tese all’attuazione dell’investimento Pnrr sulle comunità energetiche e la razionalità economica delle stesse misure incentivanti, così scrutinando altre complementari facce del poliedro della sostenibilità
Con la deliberazione n. 55/202340, la sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello stato ha dato atto del mutato finanziamento Pnrr, originariamente consistente in prestiti a tasso zero, a copertura fino al 100 per cento dei costi ammissibili per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, accoppiati a sistemi di stoccaggio dell’energia
La trasformazione della misura in contributo in conto capitale, a fondo perduto, fino al 40 per cento dei costi ammissibili ha arginato il rischio di sovracompensazioni.
La Corte ha, quindi, rimarcato le criticità in punto di risorse umane, rilevando l’insufficienza delle stabilizzazioni gemmate dall’art. 4 del d.l. 24 febbraio 2023, n. 13 e l’inadeguatezza dei corsi di formazione in fieri41 .
La successiva deliberazione n. 35/202442 ha consentito alla sezione di nuovamente soffermarsi sulle risorse umane; nel rilevare un trend di potenziale miglioramento nella dotazione di personale, ha evidenziato la situazione di «grave carenza di professionalità» a fronte dell’elevata componente tecnologica della materia. se la sostenibilità presuppone la realizza-
zione di obiettivi di inclusione sociale e promozione ambientale, con un oculato dispendio di risorse economiche, non sono accettabili comunità energetiche che ostino alla piena partecipazione degli utenti o diano spazio a interessi particolari di questo o quel partecipante; come non sono accettabili Communities che beneficino di risorse economiche ingiustificate.
neppure può ammettersi che amministrazioni pubbliche partecipino a comunità energetiche in difetto dei presupposti, o che lo facciano in spregio ai canoni di sostenibilità finanziaria. il razionale impiego delle risorse disponibili, il principio di massima partecipazione e, in definitiva, il tasso di democrazia energetica delle comunità trascolorano in assenza di un sistema coerente di controlli.
Gli ampi spazi della norma primaria, che sembra consentire checchessia comunità, non adottando scelte preferenziali per l’una o l’altra forma giuridica43, vanno colmati dagli organi di controllo, custodi dello sviluppo sostenibile; perché le iniziative emulative di pochi non segnino battute di arresto su quel percorso di transizione ecologica che, con il coraggio della responsabilità44 , siamo chiamati a intraprendere. note
1 su cui, in particolare, C. CandeLise - G. ruGGieri, status and Evolution of the Community Energy sector in italy, in Energies, n. 13/2020, p. 1; e. Cusa, il diritto dell’Unione europea sulle comunità energetiche e il suo recepimento in italia, in Riv. trim. dir. ec., n. 2/2020, p. 287; L. Giani - G. iaCoVone - a. iaCoPino, Commoning e territori: brevi spunti sulle potenzialità delle comunità energetiche, in Dir. e soc., n. 4/2022, p. 643; C. iaione - e. de niCtoLis, le comunità energetiche tra democrazia energetica e comunanza d’interessi, in Dir. e soc., n. 4/2022, p. 589; C. mari, le comunità energetiche: un nuovo modello di collaborazione pubblico-privato per la transizione ecologica, in
Federalismi, n. 29/2022, p. 111; r. miCCù - m. Bernardi, Premesse ad uno studio sulle energy communities: tra go-
vernance dell’efficienza energetica e sussidiarietà orizzontale, in Federalismi, n. 4/2022, p. 603; V. PePe, le “comunità energetiche” come nuovi modelli giuridici di sviluppo sostenibile. Prime note sull’esperienza francese, in ambienteDiritto.it, n. 3/2022, p. 1; r. PiseLLi, le comunità energetiche tra pubblico e privato: un modello organizzativo transtipico, in Dir. e soc., n. 4/2022, p. 775; C. faViLLi, Transizione ecologica e autoconsumo organizzato di energia rinnovabile. la questione della forma giuridica delle comunità energetiche, in Resp. civ. e prev., n. 2/2023, p. 385; G. sPina, CER come modello strategico gestionale di sviluppo sostenibile, in ambiente & sviluppo, n. 8-9/2023, p. 530.
2 su cui v., per tutti, oltre ai riferimenti bibliografici di cui infra, f. fraCChia, lo sviluppo sostenibile. la voce flebile dell’altro tra protezione dell’ ambiente e tutela della specie umana, napoli, 2010.
3 V. L. ruGGeri, la protezione del consumatore energetico nel quadro regolatorio italo-europeo, in s. montiCeLLi - L. ruGGeri (a cura di), la via italiana alle comunità energetiche, napoli, 2022, p. 9.
4 V. l’art. 22.1 della direttiva (ue) 2001/2018: «Gli stati membri assicurano che i clienti finali, in particolare i clienti domestici, abbiano il diritto di partecipare a comunità di energia rinnovabile, mantenendo al contempo i lori diritti o doveri in qualità di clienti finali e senza essere soggetti a condizioni o procedure ingiustificate o discriminatorie che ne impedirebbero la partecipazione a una comunità di energia rinnovabile, a condizione che, per quanto riguarda le imprese private, la loro partecipazione non costituisca l’attività commerciale o professionale principale». 5 V. l’art. 22.4 della direttiva (ue) 2001/2018: «Gli stati membri forniscono un quadro di sostegno atto a promuovere e agevolare lo sviluppo delle comunità di energia rinnovabile. tale quadro garantisce, tra l’altro, che: […] f) la partecipazione alle comunità di energia rinnovabile sia aperta a tutti i consumatori, compresi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili; […] i) siano disponibili norme per assicurare il trattamento equo e non discriminatorio dei consumatori che partecipano a una comunità di energia rinnovabile».
6 in termini, il Considerando n. 2 della direttiva (ue) 944/2019.
7 V. l’art. 16 della direttiva (ue) 944/2019, che altresì prevede che il pertinente gestore del sistema di distribuzione cooperi con le comunità energetiche dei cittadini per agevolare i trasferimenti di energia al loro interno, previo pagamento di un’equa compensazione valutata dall’autorità di regolazione
8 V. l’art. 42- bis, comma 3, lett. c), d.l. n. 162 del 2019:
«l’obiettivo principale dell’associazione è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera la comunità, piuttosto che profitti finanziari».
9 V. l’art. 42- bis, comma 3, lett d), d.l. n. 162 del 2019:
«la partecipazione alle comunità energetiche rinnovabili è aperta a tutti i consumatori ubicati nel perimetro di cui al comma 4, lettera d), compresi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili».
10 art. 42- bis, comma 5, d.l. n. 162 del 2019: «i clienti finali associati in una delle configurazioni di cui al comma 2: a) mantengono i loro diritti di cliente finale, compreso quello di scegliere il proprio venditore; b) possono recedere in ogni momento dalla configurazione di autoconsumo, fermi restando eventuali corrispettivi concordati in caso di recesso anticipato per la compartecipazione agli investimenti sostenuti, che devono comunque risultare equi e proporzionati; c) regolano i rapporti tramite un contratto di diritto privato che tiene conto di quanto disposto alle lettere a) e b) e che individua univocamente un soggetto delegato, responsabile del riparto dell’energia condivisa. i clienti finali partecipanti possono, inoltre, demandare a tale soggetto la gestione delle partite di pagamento e di incasso verso i venditori e il Gestore dei servizi energetici (Gse) spa».
11 V. l’art. 31, comma 1, d.lgs. n. 199 del 2021: «i clienti finali, ivi inclusi i clienti domestici, hanno il diritto di organizzarsi in comunità energetiche rinnovabili, purché siano rispettati i seguenti requisiti: a) l’obiettivo principale della comunità è quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità e non quello di realizzare profitti finanziari [… ] c) per quanto riguarda le imprese, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non può costituire l’attività commerciale e industriale principale».
12 V. l’art. 31, comma 1, lett d), d.lgs n. 199 del 2021: «la partecipazione alle comunità energetiche rinnovabili è aperta a tutti i consumatori, compresi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili, fermo restando che l’esercizio dei poteri di controllo è detenuto dai soggetti aventi le caratteristiche di cui alla lettera b)».
13 V. l’art. 32 d.lgs n. 199 del 2021.
14 ivi incluse le amministrazioni comunali, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale nonché le amministrazioni locali contenute nell’elenco delle amministrazioni pubbliche divulgato dall’istat. in termini, l’art. 31, comma 1, lett. b).
15 secondo la decisione di esecuzione del Consiglio (Com (2021) 344), come modificata dalla decisione ecofin 1291 dell’8 dicembre 2023. D
16 La pubblicazione sul sito del ministero risale al 23 gennaio 2024.
17 si veda il titolo ii del d.m. 7 dicembre 2023.
18 art. 6 d m. 7 dicembre 2023.
19 sul principio dello sviluppo sostenibile, per la prospettiva sovranazionale, v. a. BoYLe - d. freestone, international law and sustainable Development. Past achievements and Future Challenges, oxford, 1999; P. fois (a cura di), il principio dello sviluppo sostenibile nel diritto internazionale ed europeo dell’ ambiente, napoli, 2007; h. C. BuGGe - C. VoiGt, sustainable Development in national and international law, Groningen, 2008; m. montini, Profili di diritto internazionale, in P. deLL’anno - e. PiCozza (a cura di), Trattato di diritto dell’ ambiente. Principi generali, Padova, 2012, p. 37. Per la prospettiva di diritto interno, v. f. fraCChia, lo sviluppo sostenibile. la voce flebile dell’altro tra protezione dell’ ambiente e tutela della specie umana, cit.; id , sviluppo sostenibile e diritti delle generazioni future, in Riv. quad. dir. ambiente, n. 0/2010, p. 13 ss.; id , Principi di diritto ambientale e svi-
luppo sostenibile, in P. deLL’anno - e. PiCozza (a cura di), Trattato di diritto dell’ ambiente. Principi generali, cit., p. 568; id., il principio dello sviluppo sostenibile, in G. rossi (a cura di), Diritto dell’ ambiente, con aggiornamento a cura di a. farì, torino, 2021, p. 181; a. Giordano, introduzione alla tutela del clima come bene comune, napoli, 2024. V., di recente, anche m. antonioLi, la sostenibilità dello sviluppo tra princìpi del diritto, proceduralizzazione, eticità e crescita economica, in Riv. trim. dir. pubbl. com., n. 1/2017, p. 17; G. de GiorGi Cezzi (a cura di), Gestione delle coste e sviluppo sostenibile, roma, 2017; G. rossi, Dallo sviluppo sostenibile all’ ambiente per lo sviluppo, in Riv. quad. dir. ambiente, n. 1/2020, p. 4 ss. in particolare, sui tre tipi di rapporti tra interesse all’ambiente e interesse allo sviluppo («sviluppo contro l’ambiente»; «sviluppo sostenibile» e «ambiente per lo sviluppo»), v. G. rossi, la “materializzazione” dell’interesse all’ ambiente, in G. rossi (a cura di), Diritto dell’ ambiente, cit., p. 21 e id , Dallo sviluppo sostenibile all’ ambiente per lo sviluppo, cit., p. 4. Più in generale, sul rapporto di biunivoca interdipendenza tra sviluppo economico-sociale e ambiente, v. m. monteduro, Diritto dell’ ambiente e diversità alimentare, in Riv. quad. dir. ambiente, n. 1/2015, p. 92. si vedano, altresì, quale ultimo approdo sul tema, i 17 sustainable Development Goals (sDGs), approvati a new York il 25 settembre 2015, che bilanciano crescita economica, inclusione sociale e tutela dell’ambiente; essi sono: povertà zero; fame zero; salute e benessere; istruzione di qualità; uguaglianza di genere; acqua pulita e igiene; energia pulita e accessibile, lavoro dignitoso e crescita economica; industria, innovazione e infrastrutture; ridurre le disuguaglianze; città e comunità sostenibili; consumo
e produzione responsabili; agire per il clima; la vita sott’acqua; la vita sulla terra; pace, giustizia e istituzioni forti; partnership per gli obiettivi. 20 rapporto Brundtland “our Common Future” (1987). Per gli sviluppi del principio, v. anche la dichiarazione di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile del 2002. si vedano, quindi, quale ultimo approdo sul tema, i 17 sustainable Development Goals (sDGs), approvati a new York il 25 settembre 2015, che bilanciano crescita economica, inclusione sociale e tutela dell’ambiente; essi sono: povertà zero; fame zero; salute e benessere; istruzione di qualità; uguaglianza di genere; acqua pulita e igiene; energia pulita e accessibile, lavoro dignitoso e crescita economica; industria, innovazione e infrastrutture; ridurre le disuguaglianze; città e comunità sostenibili; consumo e produzione responsabili; agire per il
clima; la vita sott’acqua; la vita sulla terra; pace, giustizia e istituzioni forti; partnership per gli obiettivi
21 V. il Principio 7 della dichiarazione di rio.
22 V. l’art. 37 della Carta
23 su cui si veda, insieme ai disposti del t.f.u.e., l’art
3 t.u.e.
24 secondo m. montini, Unione Europea e ambiente, in s. nesPor - a. L. de Cesaris (a cura di), Codice dell’ ambiente, milano, 2009, p. 72, in modo non necessariamente prioritario o prevalente. sul carattere non vincolante delle esigenze ambientali, v. m. renna, ambiente e territorio nell’ ordinamento europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 3-4/2009, p. 674. Per una diversa ottica, v. la direttiva (ue) 2023/2413 (c.d RED iii), che in particolare prevede che la procedura di rilascio delle autorizzazioni, la pianificazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia rinnovabile, la connessione di tali impianti alla rete, la rete stessa e gli impianti di stoccaggio debbano essere considerati di «interesse pubblico prevalente».
25 il cui secondo comma recita: «La politica dell’unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’unione. essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”».
26 Così l’art. 3- quater, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006.
27 di momento appaiono, altresì, gli indicatori di Benessere equo e sostenibile, che hanno lo scopo di valutare il progresso della società non solo dal punto di vista economico, ma anche sotto l’aspetto sociale e ambientale; dal 2018, gli stessi rientrano tra gli strumenti di programmazione e valutazione della politica economica nazionale
28 V. G. CoLomBini, la progressiva giurisdizionalizzazione del controllo nel codice della giustizia contabile: limiti e pro-
spettive, in Riv. Corte conti, 1-2/2017, 723 ss. 29sui poteri sanzionatori e repressivi che possono esplicarsi nei confronti degli enti territoriali controllati, G. riVoseCChi, i controlli sulla finanza pubblica tra i diversi livelli territoriali di governo, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 3/2019, p. 740 ss. di integrazione della funzione giurisdizionale e di quella di controllo ha, del resto, parlato Corte cost., 14 febbraio 2019, n. 18. Più in generale, sul controllo di legittimità-regolarità, v. f. CaPaLBo (a cura di), il controllo di legittimità-regolarità della Corte dei conti, napoli, 2018.
30 V. l’art. 3, comma 4, legge n. 20 del 1994 e l’art. 7, comma 7, decreto-legge n. 77 del 2021 («La Corte dei conti esercita il controllo sulla gestione di cui all’articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994 n. 20, svolgendo in particolare valutazioni di economicità, efficienza ed efficacia circa l’acquisizione e l’impiego delle risorse finanziarie provenienti dai fondi di cui al
Pnrr. tale controllo si informa a criteri di cooperazione e di coordinamento con la Corte dei conti europea, secondo quanto previsto dall’articolo 287, paragrafo 3 del trattato sul funzionamento dell’unione europea. La Corte dei conti riferisce, almeno semestralmente, al Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr, in deroga a quanto previsto dall’articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20)». V. anche l’art. 22 decreto-legge n. 76 del 2020 («La Corte dei conti, anche a richiesta del Governo o delle competenti Commissioni parlamentari, svolge il controllo concomitante di cui all’articolo 11, comma 2, della legge 4 marzo 2009, n. 15, sui principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale, ad esclusione di quelli previsti o finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, di cui al regolamento (ue) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, o dal Piano nazionale per gli investimenti complementari, di cui al decreto-legge 6 maggio 2021, n 59, convertito, con modificazioni, dalla legge l° luglio 2021, n. 101. L’eventuale accertamento di gravi irregolarità gestionali, ovvero di rilevanti e ingiustificati ritardi nell’erogazione di contributi secondo le vigenti procedure amministrative e contabili, è immediatamente trasmesso all’amministrazione competente ai fini della responsabilità dirigenziale ai sensi e per gli effetti dell’articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165»), di cui si veda anche il dettato antecedente al decreto-legge n. 44 del 2023 («1. La Corte dei conti, anche a richiesta del Governo o delle competenti Commissioni parlamentari, svolge il controllo concomitante di cui all’articolo 11, comma 2,
della legge 4 marzo 2009, n. 15, sui principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale. L’eventuale accertamento di gravi irregolarità gestionali, ovvero di rilevanti e ingiustificati ritardi nell’erogazione di contributi secondo le vigenti procedure amministrative e contabili, è immediatamente trasmesso all’amministrazione competente ai fini della responsabilità dirigenziale ai sensi e per gli effetti dell’articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. 2. il Consiglio di presidenza della Corte dei conti, nell’esercizio della potestà regolamentare autonoma di cui alla vigente normativa, provvede all’individuazione degli uffici competenti e adotta le misure organizzative necessarie per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e nell’ambito della vigente dotazione organica del personale amministrativo e della magistratura contabile»). in tema, v. a. Peta, i controlli della Corte dei conti: il c.d. controllo concomitante, in a. Giordano (a cura di), il procedimento amministrativo tra regole e responsabilità, milano, 2021, p. 553.
31 Per un recente esempio, v. C. conti, Collegio del controllo concomitante presso la sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello stato, 15 marzo 2023, n. 8.
32 sui controlli della Corte dei conti in materia ambientale, v. m. V. ferroni - m. V. Lumetti - e. PiCozza, la tutela giurisdizionale dell’ ambiente, in e. PiCozza (a cura di), nozioni fondamentali di diritto dell’ ambiente, roma, 2016, p. 247.
33 G. d’auria, i controlli, in s. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo generale, milano, 2003, p. 1384.
34 in linea con il trend internazionale (intosai development initiative, audit service sierra Leone (assL), General auditing Commission of Liberia (GaC), african organisation of french-speaking supreme audit institutions (Crefiaf), accountability in a time of crisis
How supreme audit institutions and development partners can learn from previous crises and ensure effective response to Covid-19 in developing countries, aprile 2020, in www.intosaicbc.org).
35 art. 5, comma 3, d.lgs n. 175/2016: «L’amministrazione invia l’atto deliberativo di costituzione della società o di acquisizione della partecipazione diretta o indiretta all’autorità garante della concorrenza e del mercato, che può esercitare i poteri di cui all’articolo 21-bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e alla Corte dei conti, che delibera, entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento, in ordine alla conformità dell’atto a quanto disposto dai commi 1 e 2 del presente articolo, nonché dagli articoli 4, 7 e 8, con particolare
riguardo alla sostenibilità finanziaria e alla compatibilità della scelta con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa. qualora la Corte non si pronunci entro il termine di cui al primo periodo, l’amministrazione può procedere alla costituzione della società o all’acquisto della partecipazione di cui al presente articolo». in tema, v. a. Giordano, i controlli sulle società pubbliche dopo la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021. il particolare della riforma nell’universale del sistema, in ambienteDiritto.it, n. 4/2022, p. 1; m. sCoGnamiGLio, l’articolo 5 del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica nel diritto vivente, in a. Giordano - e. Guarna assanti (a cura di), Diritto delle società pubbliche, Pisa, 2024, p. 297. 36 in termini, C. conti, sez riunite in sede di controllo, 3 novembre, 2022, n. 16: «nel senso dell’attrazione alla funzione di controllo sembrano concorrere vari elementi. in primo luogo, può richiamarsi la rubrica dell’art. 12 della legge n. 118 del 2022 che ha introdotto la disciplina qui all’esame. tale norma è intitolata “modifica della disciplina dei controlli sulle società a partecipazione pubblica” e in tali termini si esprime anche la relazione illustrativa all’iniziale disegno di legge, esplicitando la voluntas del legislatore in questa direzione in secondo luogo, in base alla novella normativa, il pronunciamento della Corte dei conti interviene non prima (come per l’attività consultiva), ma dopo che l’amministrazione abbia perfezionato l’atto deliberativo di costituzione o di acquisizione della partecipazione (diretta o indiretta), per la traduzione del quale nelle forme del diritto societario, tuttavia, la legge richiede il decorso di un predeterminato lasso temporale, sessanta giorni, funzionale all’esame da parte della Corte dei conti. La disciplina, introdotta dalla legge n. 118 del 2022, inoltre, va letta in chiave sistematica, considerando il complessivo ruolo assegnato alla Corte dei conti in materia di società a partecipazione pubblica; quest’ultima è chiamata a pronunciarsi, con funzione di controllo, fra gli altri, sulle revisioni periodiche ex art. 20 tusP (nonché, in precedenza, sulla razionalizzazione straordinaria ex art. 24 tusP). Peraltro, la verifica sugli atti di costituzione o acquisizione di partecipazioni societarie era stata qualificata, in vigenza dell’abrogato articolo 3, commi 27 e 28, della legge n. 244 del 2007, in termini di controllo (cfr., per esempio, sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 44/2012/Prse, n 263/2011/Prse e n. 830/2011/Prse). Coerentemente la citata deliberazione di queste sezioni riunite in sede di controllo n. 1/ssrrCo/aud/22, ai paragrafi 3.3 e 3.4, aveva ricondotto la funzione nell’ambito dell’attività di controllo. in questa sede, tuttavia, non può es-
sere trascurato che l’espressa qualificazione della pronuncia della Corte dei conti, da parte del legislatore, quale “parere” ha conferito una fisionomia atipica ad una funzione di controllo su un atto specifico e concreto, di cui la norma individua anche i parametri di riferimento. tale qualificazione dell’esito della pronuncia in termini di parere, invero, appare funzionale all’obiettivo del legislatore di ottenere un vaglio tempestivo, da parte della Corte dei conti, sull’operazione di costituzione o acquisto della partecipazione societaria, senza, tuttavia, attribuire effetti preclusivi a quest’ultimo (diversamente, quindi, da quanto sarebbe accaduto in caso di richiamo agli schemi tipici del controllo preventivo di legittimità o al controllo successivo con effetti interdittivi). infatti, da un lato, il pronunciamento della Corte dei conti deve intervenire entro un arco temporale predeterminato (sessanta giorni), con facoltà, in difetto, per l’amministrazione di procedere ugualmente; dall’altro, ove il parere della Corte dei conti sia “in tutto o in parte negativo”, l’amministrazione, previo onere di motivazione rafforzata (“analitica”), evidenziando le puntuali ragioni che l’abbiano indotta a discostarsi, può ugualmente costituire la società o acquisire la partecipazione. in conclusione, la pronuncia esitante nel parere previsto dall’art. 5, comma 4, del d.lgs n. 175 del 2016 postula l’espletamento di una peculiare attività di controllo di cui il legislatore individua i tempi, i parametri di riferimento e gli esiti».
37 C. conti, sez. regionale di controllo per la toscana, 30 marzo 2023, n. 77.
38 C. conti, sez regionale di controllo per la toscana, n 77/2023, cit.
39 C. conti, sez regionale di controllo per il friuli-Venezia Giulia, 23 maggio 2023, n. 52.
40 C. conti, sez. centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello stato, 20 luglio 2023, n. 55. 41 È, in merito, significativo il confronto con l’esperienza giuridica spagnola, ove una quota delle risorse del Plan de Recuperación, Transformación y Resiliencia è destinata a finanziare il c.d Ecosistema de apoyo, nel cui contesto spiccano le oficinas de Transformación Comunitaria, spazi fisici o virtuali in cui svolgere corsi di formazione o incontri di informazione/sensibilizzazione in materia
42 C. conti, sez. centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello stato, 12 febbraio 2024, n. 35. 43 in tema, v. C. faViLLi, Transizione ecologica e autoconsumo organizzato di energia rinnovabile. la questione della forma giuridica delle comunità energetiche, cit., p. 385.
44 V. h. Jonas, il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica (1979), torino, 1990.
Luca
Stella Comandante del Gruppo Carabinieri Forestali di Cuneo
La politica agricola comune: sostegno al reddito e difesa dell’ambiente
1. Le ragioni e gli obiettivi della PAC
alla fine degli anni ’50 il comparto agricolo dei sei stati fondatori della Comunità economica europea era caratterizzato da un forte intervento statale, dovuto alla specificità di un settore altamente dipendente dai rischi climatici e fortemente soggetto a squilibri sistemici tra domanda e offerta e, di conseguenza, caratterizzato da una forte volatilità dei prezzi e dei redditi. La nascita della PaC, già menzionata all’art. 3 del trattato di roma del 19571, si rendeva necessaria in un contesto socioeconomico europeo caratterizzato da scarsità di approvvigionamenti alimentari e arretratezza rurale L’introduzione di una politica pubblica che potesse garantire, da una parte un sostegno pubblico nel settore agricolo e dall’altra coniugare tali aiuti con i principi di libera circolazione delle merci, avrebbe potuto assicurare un reddito adeguato agli agricoltori e aumentare inoltre la produzione agricola. tutto ciò nella consapevolezza che ieri come oggi il sostegno del comparto agricolo avrebbe permesso uno sviluppo equo e stabile di tutti i paesi europei. Gli aiuti alimentari americani nell’immediato dopoguerra avevano certamente alleviato il peso delle privazioni ma nel contempo avevano dimostrato con chiara evidenza la dipendenza europea nel campo dell’approvvigionamento alimentare. terminate le vicende belliche, nel clima della guerra fredda, il ricatto alimen-
tare poteva diventare uno strumento di pressione sui governi europei e di condizionamento per le loro scelte. in tale contesto socio-economico, nel quale ciascuno degli stati europei premeva per far prevalere i propri interessi economici e dei propri agricoltori a discapito degli altri, nasce la PaC2. il trattato sul funzionamento dell’unione euroepa (tfue) disciplina dall’art. 38 al 44 la Politica agricola Comune. in particolare l’art. 39 stabilisce gli obiettivi specifici della
PaC:
a) incrementare la produttività dell’agricoltura, sviluppando il progresso tecnico e assicurando un impiego ottimale dei fattori di produzione, in particolare della manodopera;
b) assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola; c) stabilizzare i mercati; d) garantire la sicurezza degli approvigionamenti;
e) assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori
Come si vede si tratta di obiettivi che sono al tempo stesso economici e sociali, intesi a tutelare gli interessi dei produttori e dei consumatori. La loro flessibilità e capacità di adattarsi alle diverse epoche storiche hanno consentito di renderli sostanzialmente immutati rispetto alla loro formulazione originaria, nonostante le successive riforme che avrebbero interessato la PaC, soprattutto a partire dagli anni ottanta. accanto agli obiet-
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tivi specifici della PaC, stabiliti dall’articolo 39 del tfue, numerose disposizioni del trattato aggiungono altri obiettivi applicabili all’insieme delle politiche e delle azioni dell’ue. in tale quadro la promozione di un elevato livello di occupazione (articolo 9), la tutela dell’ambiente nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile (articolo 11), la protezione dei consumatori (articolo 12), le esigenze in materia di benessere degli animali (articolo 13), la protezione della salute umana (articolo 168, paragrafo 1) e la coesione economica, sociale e territoriale (articoli da 174 a 178) diventano obiettivi della PaC a pieno titolo.
2. L’evoluzione della PAC: le riforme, l’impatto sul bilancio e le prime misure ambientali
Grazie all’introduzione della Politica agricola vengono di fatto abbattute le barriere doganali preesistenti e viene attuata l’unità di mercato all’interno della Comunità europea. La necessità, condivisa dagli stati membri, di sostenere i redditi degli agricoltori attraverso il c.d. prezzo minimo garantito3 se, da un lato, permise agli agricoltori di migliorare le condizioni di vita e avvicinare il reddito medio degli stessi a quello degli altri lavoratori, dall’altro causò la rincorsa continua alla produzione. Le conseguenze furono innanzitutto l’aumento dell’offerta dei prodotti agricoli, in particolare cereali, al di fuori di ogni logica economica in funzione del mercato, la formazione di eccedenze produttive e, infine, l’inefficienza stessa della politica dovuta alla distorsione del mercato. La sopravvenuta necessità da parte della Comunità europea di sostenere i prezzi ed un sistema di pagamento dalla PaC commisurato alla produzione, incise profondamente sull’equilibrio del bilancio comunitario 4 tra
la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta l’impatto del budget dedicato all’agricoltura raggiunse i due terzi dello stesso (sopra il 70%). Per limitare la produzione ed evitare un calo eccessivo del reddito degli agricoltori, conseguente al successivo crollo dei prezzi dei prodotti agricoli in eccedenza, nel 1984 l’unione europea introdusse il sistema delle “quote latte”, ossia una sorta di autorizzazione a commercializzare il latte entro un determinato quantitativo, per non incorrere in caso di superamento, nel pagamento di una penale 5 nel 1992 la “riforma mac sharry”, dal nome dell’allora Commissario all’agricoltura, attraverso una riduzione significativa del sostegno dei prezzi ed il loro allineamento al mercato mondiale, condusse ad un’evoluzione decisiva verso la liberalizzazione del mercato comunitario6. Per compensare la conseguente diminuzione dei redditi degli agricoltori venne introdotto un indennizzo con dei pagamenti diretti ad ettaro svincolando, in tal modo, il pagamento alla produzione. inoltre, per la prima volta dalla nascita della PaC, furono previste delle misure agro-ambientali, le c.d. “misure di accompagnamento”, premianti per gli agricoltori che ponessero attenzione all’impatto dell’agricoltura sull’ambiente, attraverso l’erogazione di incentivi in caso di comportamenti eco-compatibili. 7 La riforma mac sharry, nonostante i meriti riconosciuti e le novità introdotte, non affrontava adeguatamente alcune situazioni di squilibrio tra prodotti, tra settori e stati membri e neppure quelle tra politiche di mercato e politiche strutturali. fu quindi necessario aggiornare la PaC e indirizzarla verso una nuova riforma, la c.d.“agenda 2000”8. tale documento introdusse una serie di nuovi obiettivi volti a indirizzare la Politica agricola Comune verso il futuro, tra i quali rientrano il supporto alla multifunzionalità agricola, il
sostegno al reddito attraverso misure di sviluppo rurale, le misure di sostenibilità ambientale e la valorizzazione della sanità e della salubrità degli alimenti prodotti. L’innovazione più importante riguardava l’introduzione del c.d. secondo pilastro, il Psr o Piano di sviluppo rurale, dividendolo dal primo pilastro dedicato al sostegno al reddito. 9 La scelta di organizzare la PaC in due pilastri permise di raggiungere un equilibrio di bilancio tra i due sistemi e, allo stesso tempo, di poter rispondere positivamente alle future esigenze con un’unica politica di sostegno dei redditi e di salvaguardia dell’ambiente. i primi anni del nuovo millennio sono caratterizzati da una rinnovata sensibilità ambientale anche a livello europeo con l’approvazione della c.d. “strategia Göteborg”10 che costituisce un rafforzamento dell’impegno in materia ambientale, nello specifico fissando dei limiti massimi di emissione in atmosfera di alcuni inquinanti quali zolfo, ammoniaca e azoto. soprattutto vengono introdotte due importanti riforme: la riforma fischler del 2003 e il c.d. health Check del 2010. La prima viene considerata come la più importante riforma della politica agricola europea in sessant’anni di storia, per le numerose novità introdotte11 , anche in parziale discontinuità con il passato12 , soprattutto per il passaggio dallo strumento del sostegno diretto al mercato al sostegno diretto ai redditi, avvantaggiando in tal modo sia produttori che consumatori. essa portò alla riduzione del 70% dei sussidi all’agricoltura
che avevano causato distorsioni del mercato ma, soprattutto, consentì di scongiurare ulteriori stravolgimenti nella configurazione dei bilanci comunitari futuri.
La “valutazione dello stato di salute” (in inglese c.d. health Check) del 2010, che può essere considerata un completamento della riforma fischler, era basata sull’eliminazione
progressiva degli ultimi pagamenti accoppiati alla produzione integrandoli nel regime del pagamento unico all’azienda. inoltre vennero rimodulati, seppur parzialmente, i fondi del primo pilastro in favore dello sviluppo rurale ed, infine, vennero semplificate le regole in materia di intervento pubblico e di controllo dell’offerta per evitare di frenare la capacità degli agricoltori di reagire ai segnali del mercato. in ordine cronologico l’ultima riforma della PaC prima di quella attuale fu la riforma Ciolos del 2013, dal nome dell’allora Commissario all’agricoltura dell’unione europea, i cui tratti distintivi erano riconducibili innanzitutto all’obiettivo di ottenere una produzione alimentare sostenibile attraverso
l’aumento della competitività del settore agricolo e la redditività delle produzioni. Voleva inoltre assicurare una gestione sostenibile delle risorse, per garantire la produzione di beni pubblici e il contrasto agli effetti del cambiamento climatico. infine mirava ad uno sviluppo territoriale equilibrato per valorizzare la differenziazione delle agricolture e delle aree rurali
3. La PAC 2023 - 2027: più attenzione all’ambiente e al clima
sin dall’inizio dei negoziati per la nuova PaC, la Commissione ha posto al centro della propria attenzione gli impegni internazionali che l’unione europea ha sottoscritto sui cambiamenti climatici (accordo di Parigi: CoP21) e sullo sviluppo sostenibile (i diciassette sustainable Development Goals delle nazioni unite)13nonché gli impegni derivanti dalla nuova strategia del Green Deal Europeo14 , al fine di raggiungere la neutralità climatica prima del 2050. Le modalità per proseguire verso una politica agricola sempre più verde avviene attraverso un mecca-
nismo di “condizionalità ambientale” nella percezione dei pagamenti, sia del primo che nel secondo pilastro della PaC. in concreto gli agricoltori potranno beneficiare di talune misure di sostegno al reddito al raggiungimento di obiettivi di tutela ambientale e protezione della biodiversità, dovendo pertanto porre in essere una buona gestione agronomica e ambientale, il mantenimento del benessere animale e misure di sicurezza alimentare all’interno delle loro aziende. i tre regolamenti che costituiscono la base normativa della PaC individuano i 10 obiettivi strategici da raggiungere, incentrati su aspetti sociali, economici e ambientali e che costituiscono la base su cui i paesi dell’ue hanno elaborato i loro piani strategici. dall’analisi di tali obiettivi, si conferma innanzitutto il sostegno del reddito per gli agricoltori (già previsto anche dall’art. 39 del trattato di roma) ma si indicano anche tre obiettivi “verdi” sui dieci totali previsti: proteggere le risorse naturali, porre un limite ai cambiamenti climatici e migliorare la biodiversità.
La strategia “From Farm to Fork” ha inoltre previsto che entro il 2030 il 25% dei terreni dovranno essere coltivati con il metodo dell’agricoltura biologica. quasi 11 miliardi di euro tra il primo e il secondo pilastro, sono destinati ad interventi con chiare finalità ambientali a cui si aggiungono gli altri interventi che concorrono alla transizione ecologica del nostro sistema produttivo. Le altre fondamentali novità si possono riassumere nella riduzione del sostegno di base al reddito (c.d. Pagamento unico), nel ricalcolo dei titoli di pagamento (diritti all’aiuto), nel sostegno complementare per i Giovani agricoltori, nell’innalzamento della soglia dei pagamenti minimi, nei sostegni accoppiati rinforzati e infine nella condizionalità rafforzata. 15 i due fondi finanziatori, ossia il fondo europeo agricolo di Garanzia (feaGa) utilizzato per i pagamenti diretti di sostegno al
reddito degli agricoltori ai mercati e il fondo europeo di sviluppo regionale (feasr), finalizzato alla salvaguardia dell’ambiente e del territorio, nella nuova PaC sono completamente integrati fra loro. questo consente di creare un’economia circolare con impegni nel Psr in materia di clima, ambiente, vincoli naturali e territoriali, investimenti sull’irrigazione e sulla raccolta acque, cambio generazionale, cooperazione e scambio di conoscenze. tutti elementi atti a supportare la crescita virtuosa delle imprese agricole rafforzandone la reddittività e mirando anche all’obiettivo della transizione ecologica voluta dall’ue.
4. La nuova PAC: un’analisi critica
Come anticipato nel precedente paragrafo, la consistente redistribuzione dei fondi elargiti, i nuovi impegni per il raggiungimento della sostenibilità climatico-ambientale e l’introduzione della condizionalità sociale sono solo alcune delle novità introdotte con la nuova PaC 2023-2027. a questo occorre aggiungere che l’adozione del new delivery model, come modello di attuazione che porta al superamento di una politica basata sulla “compliance”, ossia sulla conformità a regole e requisiti dettagliati e l’evoluzione verso un modello improntato alla “performance” e ai risultati, ha determintato lo spostamento delle incombenze istruttorie e di controllo dall’unione agli stati e il conseguente passaggio da una PaC fondata sugli adempimenti ad una decentrata e basata sulla verifica dei risultati. in tal senso, tra le istituzioni dell’unione europea, risulta particolarmente significativo il ruolo svolto dalla Commissione che, attraverso lo strumento del Green Deal, non si è limitata come in passato a mediare e proporre ma anche a sollecitare ed orientare i singoli stati membri
PIERRE-AUGUSTE RENOIR, Due sorelle
tali significativi cambiamenti dell’impianto della PaC, seppure considerati da molti autori come un importante evoluzione verso il futuro16 , non hanno tuttavia impedito di sollevare alcune critiche nella valutazione complessiva delle nuove regole introdotte. in particolare, sin dall’originario testo di proposta della PaC, la Commissione fa menzione più volte del fatto che con il new delivery model si persegue un maggior grado di sussidiarietà e questo “consentirebbe di te-
nere conto più specificamente delle condizioni ed esigenze locali”17. tuttavia, anche se il principio di sussidiarietà18 contemplato dall’art. 5 del t.u.e. consente un margine di flessibilità nell’allocazione delle competenze, con la nuova politica agricola siamo evidentemente di fronte ad un trasferimento di poteri decisionali ed attuativi dal centro agli stati tale da chiedersi se questo corrisponda ad una corretta applicazione di quel principio e di quel criterio19. in particolare il rischio
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è duplice: da una parte che decisioni di singoli stati non siano conformi ad obiettivi ed ambizioni unionali e dall’altro, che permangano responsabilità ed oneri di bilancio per finalità a livello europeo – come il sostegno dei redditi – che sono invece di competenza nazionale20. in tal senso sarebbe stato opportuno non un semplice travaso di funzioni ma una ridefinizione e riattribuzione delle competenze tra le due sovranità, quella degli stati e dell’unione, riassegnando in rapporto ad essi le specifiche dotazioni e responsabilità finanziarie
un’altra criticità che potrebbe porsi è la possibilità che la Commissione riesca, nell’immediato futuro, a coordinare la PaC evitando possibili distorsioni di mercato, se riuscirà inoltre a valutare pienamente e incontestabilmente i risultati prodotti dalle politiche messe in atto e se sarà capace, infine, di sanzionare gli inadempimenti degli stati membri. Già nel corso delle negoziazioni per la PaC 2023 – 2027 i controlli, rispetto alle proposte originali, sono passati da annuali a biennali, gli indicatori alla base della “performance review” sono stati ridotti da 38 a 22 ed il margine di tolleranza rispetto ai target intermedi all’atto del primo “esame biennale dell’efficacia dell’attuazione” previsto per il 2025 è stato accresciuto dal 25% al 35%. È inoltre cresciuto a due anni il tempo concesso allo stato membro per risolvere gli inadempimenti prima della eventuale sospensione dei pagamenti21 . un altro punto molto controverso è riferito alla c.d. condizionalità rafforzata, adottata per raggiungere ed orientare il settore agroalimentare verso la creazione di una filiera attenta alla salute del consumatore e alla conservazione delle risorse naturali. seppure gli obiettivi della conservazione e della tutela degli ecosistemi siano cruciali, il legislatore europeo non sembra aver tenuto conto delle diverse realtà
agroindustriali nei vari stati membri, timori poi sfociati, all’inizio dell’anno 2024, in numerose proteste da parte di diverse organizzazioni agricole nei confronti della nuova PaC. tali manifestazioni di protesta sono solo in parte riconducibili al mutato contesto socioeconomico mondiale, caratterizzato dalle diverse tensioni geopolitiche, all’incertezza lavorativa e ai bassi profitti causati dai fattori climatici. infatti i numerosi vincoli derivanti dal rispetto della c.d. condizionalità rafforzata22 hanno acuito il malcontento perché sono difficilmente raggiungibili, soprattutto dagli agricoltori che non dispongono di grandi superfici coltivabili e di fondi per introdurre nuove tecniche colturali. mentre le grandi realtà industriali della Grande distribuzione organizzata (Gdo) dispongono di fondi e dell’organizzazione per attuare la transizione verso modelli di sviluppo sostenibile, le piccole realtà locali improntate alla c.d. “agricoltura di prossimità” ne sono sprovviste e rischiano di non poter beneficiare dei fondi stanziati nell’ambito della nuova politica agricola. 23 in senso contrario gli agricoltori più giovani, maggiormente istruiti e propensi all’informatizzazione, andrebbero supportati diversamente rispetto ai fondi stanziati per l’imprenditoria giovanile che, seppure previsti, hanno scarsa rilevanza sul totale dei finanziamentil. a ciò va aggiunto che la difficile interazione tra i vari livelli istituzionali coinvolti rende tortuoso il percorso da adottare per favorire un effettivo insediamento dei giovani24 .
Conclusioni
nel cercare di analizzare i contenuti della PaC in chiave critica, emerge come la stessa abbia avuto negli anni la capacità di mantenere sostanzialemente inalterati gli obiettivi
originari. Le numerose riforme introdotte, soprattutto a partire dagli anni ottanta, hanno consentito di adattarla al mutare dei tempi e alle nuove esigenze socioeconomiche e ambientali. in questo solco si collocano le novità definite come “green architecture”, fondate sulle tre misure, condizionalità rafforzata, ecoschemi e misure agroambientali della politica di sviluppo rurale, che richiedono un maggior impegno per l’ambiente da parte degli agricoltori. L’adozione di queste misure, associate ad un crescente disagio del comparto agricolo dovuto all’incertezza lavorativa, ai bassi profitti causati dai fattori climatici e agli shock macroeconomici, ha provocato un generale malcontento negli agricoltori sfociato nelle recenti proteste in quasi tutti i paesi europei. a tali manifestazioni e alle successive istanze agli stati membri e all’ue, è seguita l’introduzione di misure di allentamento dei vincoli per agevolare gli agricoltori, nella consapevolezza che il ruolo ricoperto da questi ultimi è centrale per la filiera agricola e non solo. La PaC pertanto si dimostra, ancora oggi, strumento di programmazione flessibile e imprescindibile, capace di modificarsi nel tempo, rivestendo un ruolo che ha spesso travalicato gli obiettivi di settore, per legarsi al destino stesso dell’unione europea.
BiBLioGrafia
- Commissione europea, il futuro dell’alimentazione e dell’ agricoltura, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Bruxelles, 29.11.2017 Com (2017) 713 final, 10; - fanfani, r. (1996). sviluppo della politica agricola comunitaria. Carrocci editore, 1996 - G. Laschi, la Politica agricola Comune (PaC), in: e. Calandri, m.e. Guasconi, r. ranieri, storia politica e economica dell’integrazione europea. edises, 2015; - m. metta “super Trilogue Weakens Result-oriented CaP”, arC2020, agricultural & rural Convention, heinrich-Böll-stiftung european union, Brussels 2020;
- Pareglio s., agricoltura, sviluppo rurale e politica regionale nell’Unione europea: profili concorrenti nella programmazione e nella pianificazione dei territori rurali (Vol. 574).
franco angeli, 2007; - Pupo d’andrea m.r., Le novità della PaC 2023-2027, in agriregionieuropa n. 1, agriCalabriaeuropa, 2021: https://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/57/le-novita-della-pac-2023-2027 (12-06-2024); - sotte f., la politica agricola europea. firenze universityPress, 2023; - Vantaggiato f., la PaC. origine, evoluzione e prospettive dell’ agricoltura. Parma economica, 2010;
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note
1 trattato che istituisce la Cee, art. 3 lett. d): l’instaurazione di una politica comune nel settore dell’agricoltura, roma 25 marzo 1957.
D
2 il trattato di roma mirava a creare un libero mercato tra tutti i Paesi membri, fondato sulle cosiddette “4 libertà”: libera circolazione dei mercati, delle merci, delle persone e dei capitali. L’obiettivo era di giungere ad un’unione doganale avente come obiettivo un libero mercato, con un’agricoltura forte e solida in grado di ristabilire gli equilibri tra gli stati membri dopo il conflitto mondiale. tutto ciò non sarebbe stato possibile senza una Politica agricola Comune che aveva inserito tra gli obiettivi della PaC la “stabilizzazione dei mercati” e i “prezzi ragionevoli per i consumatori”.
3 tale strumento consisteva nel fissare un prezzo “indicativo garantito” a livelli massimi su tutto il territorio comunitario che fosse conveniente per tutti gli agricoltori europei. a seguito di queste misure adottate, la situazione degli agricoltori europei e italiani andò migliorando. sebbene il trattato non contemplasse per la PaC la fissazione di un prezzo minimo garantito dei prodotti, tale elemento costituirà, almeno fino agli anni ‘80, il tratto distintivo della Politica agricola Comune 4 fanfani, r. (1996). sviluppo della politica agricola comunitaria. Carrocci editore, 1996. 5 solo successivamente vennero proposte delle compensazioni agli agricoltori per lasciare la coltivazione delle terre e limitare le eccedenze di prodotti. inoltre, vennero introdotti degli stabilizzatori finanziari finalizzati a ridurre i prezzi nelle annate successive, ogni qual volta la produzione comunitaria avesse superato le quantità garantite. Cfr. Vantaggiato, f. (2010). la
PaC. origine, evoluzione e prospettive dell’ agricoltura Parma economica, 2010.
6 G. Laschi, la Politica agricola Comune (PaC), in: e. Calandri, m.e. Guasconi, r. ranieri, storia politica e economica dell’integrazione europea edises, 2015.
7 tali misure sono introdotte attraverso tre regolamenti Comunitari: il reg. Cee 2078/1992 che introduce premi agli agricoltori per incentivare metodi di coltivazione a basso impatto ambientale per la salvaguardia delle risorse naturali, il reg. Cee 2079/1992 introduce misure di prepensionamento, finalizzate ad abbassare l’età media degli agricoltori e il reg. Cee 2080/1992 che per la prima volta è stata introduce la politica forestale, precisamente una misura relativa alla forestazione, per favorire la conversione di aree coltivate in aree boschive.
8 La Commissione europea presenta “agenda 2000”. Per un’Europa più forte e più ampia https://ec.europa.eu/commission/presscorner/api/fi les/document/print/it/ip_97_660/iP_97_660_it.pdf , pag. 9-11 (consultato 26.07.2024)
9 Pareglio, s. (2007). agricoltura, sviluppo rurale e politica regionale nell’Unione europea: profili concorrenti nella pro-
grammazione e nella pianificazione dei territori rurali (Vol. 574). franco angeli
10 Commissione europea “sviluppo sostenibile in eu-
ropa per un mondo migliore: strategia dell’unione europea per lo sviluppo sostenibile. Proposta della Commissione per il Consiglio europeo di Göteborg”. Bruxelles,15.5.2001Com (2001)264:
htt p s :// eur -l e x. euro p a eu /l e g a l- ontent / it/tXt/Pdf/?uri=CeLeX:52001dC0264 (2024-03-06).
12 si fa qui riferimento al “regime unico di pagamento” erogato in modo disaccoppiato alla produzione, spezzando quindi un legame vizioso tra erogazione dell’aiuto e produzione oggetto dell’aiuto, ma condizionato alla buona conservazione dei terreni (CGo), al rispetto degli standard ambientali di benessere animale e di sicurezza alimentare (BCaa). La riforma ha anche il merito, con l’aumentare dei finanziamenti nel “secondo pilastro”, ossia lo sviluppo rurale e non più solo al “primo pilastro”, di estendere la PaC nell’interesse di tutta la società e non solo degli agricoltori. 13 united nations, Department of Economic and social affairs, https://sdgs un org/goals (26.07.2024)
14 Commissione europea. 2019. “il Green deal europeo”. Com (2019) 640 final. Bruxelles, 11.12.2019. htt p s :// eur -l e x. euro p a eu / resour c e htm l? uri =c e ll ar :b828 d 165-1c22-11 ea -8c1 f -01 aa 75 ed 71a1.0006.02/doC_1&format=Pdf (09.03.2023)
15 Costituita da una condizionalità ambientale, che prevede: il mantenimento dei prati permanenti, protezione zone umide e torbiere (dall’anno 2025), rotazione delle colture, destinazione del 4% della superficie aziendale a seminativi per usi non produttivi, divieto di conversione e aratura dei prati permanenti; e una condizionalità sociale, obbligatoria dal 2025, che prevede: buone e sicure condizioni di lavoro per gli addetti all’agricoltura e sicurezza di macchine e attrezzature. La violazione alla condizionalità comporterà sanzioni amministrative, con riduzione dei pagamenti diretti sino alla perdita dell’intero contributo.
16 Ex multis m.r. Pupo d’andrea, le novità della PaC 2023-2027, in agriregionieuropa n. 1, agriCalabriaeuropa, 2021: https://agriregionieuropa.univpm.it/ it /c ontent / arti cl e /31/57/l e - no v ita - de ll a -p a c-20232027 (12-06-2024).
17 Commissione europea, il futuro dell’alimentazione e dell’ agricoltura, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Bruxelles, 29.11.2017 Com (2017) 713 final, 10.
18 trattato sull’unione europea, art. 5 co. 3 “in virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua
competenza esclusiva l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’ azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli stati membri, né a li-
vello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a
motivo della portata o degli effetti dell’ azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione”.
19 f. sotte, la Politica agricola Europea firenze university-Press, 2023.
20 tale criticità era già stata segnalata nel rapporto sapir del 2003 e prima ancora nel rapporto Padoaschioppa del 1987.
21 m. metta “super Trilogue Weakens Result-oriented CaP”, arC2020, agricultural & rural Convention, heinrich-Böll-stiftung european union, Brussels 2020.
22 si fa qui riferimento alle nuove misure introdotte “Criteri di gestione obbligatori” (CGo) e “Buone condizioni agronomiche e ambientali” (BCaa), previste all’allegato iii del reg. ue 2115/2021 e disciplinate dai provvedimenti di ciascun stato membro, particolarmente gravose da raggiungere per le piccole aziende agricole. 23 dai dati del Censimento dell’agricoltura dell’anno 2020, risulta che oltre il 57 per cento dei conduttori ha più di 60 anni e fra questi aumentano gli ultrasettantacinquenni, che gestiscono ancora oltre un quinto delle aziende agricole 24 r. fanfani – e. montesor, Giovani agricoltori, in rivista il mulino, novembre 2023, 1, https://www.nuoveri g enerazioni eu / ima g es /G io v ani a g ri c o l tori .p df (12-06-2024).
Stefania Bortolotti
Vice Questore della Polizia di Stato
Il nuovo sistema di gestione delle frontiere esterne dell’area Schengen:
liason tra modernità e sicurezza
1. La novità dell’Entry Exit System (EES)
secondo l’attuale cronoprogramma europeo, nei prossimi mesi 27 Paesi dell’unione europea, oltre alla svizzera, al Liechtenstein, alla norvegia e all’islanda, i cc.dd. Paesi schengen associates, attiveranno il nuovo sistema informativo Entry Exit system (ees) introducendo, all’unisono, il rilevamento automatizzato dei transiti dei cittadini dei
Paesi terzi all’attraversamento delle frontiere esterne
L’ees è il nuovo sistema europeo di gestione delle frontiere rivolto ai cittadini extraue che intendono entrare nello spazio schengen per raggiungere uno stato membro. Più precisamente, tramite l’ees saranno registrati i dati dei cittadini dei Paesi terzi che, in possesso di un visto o esentati da tale obbligo, saranno ammessi per soggiorni di breve durata1 nello spazio schengen. tra le novità principali introdotte, si annovera che i viaggiatori provenienti dai Paesi terzi (extra-schengen) dovranno fornire, oltre alle consuete informazioni anagrafiche personali quali il nome, la nazionalità e i dati del documento di viaggio, anche i propri dati biometrici (impronte digitali e immagine del volto).
Come previsto dal regolamento (ue) 2017/2226 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 20172 che disciplina l’ees, tutte le informazioni acquisite e registrate confluiranno in fascicolo informa-
tico che, nel tempo, andrà a sostituire il passaporto cartaceo con le relative timbrature3 tutti i dati personali acquisiti ed anche i dati del visto, del giorno e del luogo di ingresso o di uscita dall’area schengen riguardanti i cittadini di Paesi terzi che attraverseranno le frontiere esterne (ovvero i dati del rifiuto d’ingresso), saranno condivisivi in tempo reale tra tutti gli stati membri attraverso il sistema informativo centrale di strasburgo coordinato dall’agenzia dell’unione europea per la gestione operativa dei sistemi it su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-Lisa).
in punto di sicurezza interna dei Paesi dell’unione è evidente l’importanza strategica di poter conoscere individualmente gli ingressi e la permanenza dei cittadini dei Paesi terzi nel territorio comune all’interno del quale deve essere assicurato il diritto alla libera circolazione, oltre alla possibilità di individuare, puntualmente ed in tempo reale, chiunque si trattenga nel territorio unionale eccedendo i termini del visto di breve durata, i cc.dd overstayers al riguardo, se da un lato il maggior numero di informazioni acquisite innalzerà il livello di sicurezza dell’area schengen, dall’altro i tempi necessari alle operazioni di registrazione alle frontiere potrebbero generare dei momenti di criticità soprattutto nella prima fase di avvio in esercizio del nuovo sistema ees.
Per tali motivi sono state studiate e sa-
ranno messe in campo delle soluzioni tecnologiche volte a mitigare il rischio di collasso delle zone aeroportuali e a semplificare, a regime, il lavoro degli operatori di frontiera: si tratta di misure compensative consistenti nell’installazione di acceleratori di processo quali i self-service Kiosk (ssK) e nel potenziamento del numero dei varchi elettronici automatizzati (e-gates). non di minore importanza sarà il sistematico impiego di facilitatori appositamente selezionati dalle società di Gestione portuali e aeroportuali: questi sono specificamente addestrati per assistere i viaggiatori di varie nazionalità all’utilizzo delle nuove tecnologie, anche fornendo indicazioni in lingue diverse i sistemi ssK sono delle postazioni messe a disposizione dei passeggeri per la registrazione anticipata dei propri dati in modalità self-service. allocate in un’area situata in prossimità della prima linea di frontiera e supervisionata da operatori di polizia, queste postazioni consentiranno ai passeggeri, opportunamente coadiuvati dai predetti facilitatori, di procedere alla registrazione dei propri dati anagrafici, biometrici (impronte digitali e immagini del volto) e del documento di viaggio creando così un pre-fascicolo elettronico che successivamente sarà controllato e confermato dalla Polizia di frontiera nel corso delle consuete verifiche di competenza. inoltre, tramite i Kiosk, i passeggeri in ingresso dovranno rispondere ad un questionario a risposta multipla. a seguito delle informazioni inserite dagli utenti, i processi automatizzati di back office dei ssK consentiranno non solo la mera acquisizione dei dati, la loro registrazione e il loro aggiornamento nel sistema di ingressi e uscite, ma anche l’esecuzione, in pochi secondi, di una complessa serie di verifiche quali, ad esempio, quelle concernenti l’autenticità del docu-
mento di viaggio e il possesso dei requisiti richiesti per l’ammissibilità nell’area schengen
Presto sarà anche disponibile una specifica applicazione4 informatica che permetterà ai viaggiatori di effettuare tramite il proprio smartphone sia la compilazione del questionario sia la memorizzazione dell’immagine del volto, il tutto al fine principale di stimolare la collaborazione dell’utenza per ridurre le attese e il tempo delle operazioni sulla linea di frontiera.
Gli e-gates, ossia i varchi automatizzati, sono degli innovativi strumenti ad alta tecnologica che, grazie a sofisticate routine5, consentono di svolgere in tempi ristretti efficaci verifiche di frontiera per un numero elevato numero di viaggiatori. il passeggero che si presenta al varco automatizzato posiziona autonomamente il proprio passaporto (elettronico) su uno scanner. Contestualmente una telecamera acquisisce l’immagine del volto per confrontarla istantaneamente con l’immagine presente nel chip del passaporto al fine di verificare che il viaggiatore sia l’effettivo titolare del documento di viaggio. a questo punto, grazie al collegamento interattivo con le banche dati di polizia, in pochi secondi saranno svolte numerose verifiche riguardanti l’integrità del documento, i parametri biometrici nonché l’assenza di motivi ostativi al transito. ad oggi possono utilizzare gli e-gates i titolati di passaporti europei (ue, see6, Ch) nonché i cittadini di Città del Vaticano, stati uniti d’america, Canada, Giappone, australia, nuova zelanda, Corea del sud, israele, Principato di monaco, taiwan, singapore, san marino, regno unito, andorra e sovrano militare ordine di malta, i titolari di carta di identità elettronica e di permesso di soggiorno nazionale; l’elenco delle persone abilitate all’utilizzo dei varchi elettronici sarà
ulteriormente ampliato proprio con l’avvio in esercizio dell’ees.
Le innovazioni introdotte, oltre a consentire lo svolgimento delle procedure di controllo in tempi inferiori rispetto ai controlli tradizionali, presentano ulteriori vantaggi quali il decongestionamento di possibili situazioni di stallo nelle sedi portuali/aeroportuali e l’ottimizzazione delle risorse umane da impiegare ai punti di attraversamento delle frontiere (Border Crossing Points – BCs).
2. La genesi del nuovo sistema EES
il nuovo sistema ees trae la sua origine dall’esigenza di migliorare e rendere più efficaci i controlli alle frontiere nel più ampio obiettivo di migliorare la sicurezza dell’unione.
del resto la sicurezza è da sempre una tematica prioritaria per l’unione: infatti nel tempo la Commissione ha investito considerevoli risorse7 per sviluppare linee politiche per un’efficace “unione della sicurezza”.
tali concetti sono stati stigmatizzati nell’agenda europea sulla sicurezza del 28 aprile 20158 e nella Comunicazione9 della Commissione “sistemi d’informazione più solidi e intelligenti per le frontiere e la sicurezza” del 6 aprile 2016, ove il nuovo sistema ees si inserisce nel più ampio quadro dell’interoperabilità dei sistemi informativi unionali10 .
L’attuazione del sistema di ingressi e di uscite ha posto sfide importanti. Prima fra tutte la progettazione e la realizzazione di un sistema informativo completamente nuovo e senza modelli di riferimento precedenti. La complessità tecnica implementativa su larga scala ha poi dovuto combinarsi con il differente indice di innovazione tecnologica, di sicurezza informatica ed infrastrutturale dei 27
stati membri. anche la pandemia di CoVid19 ha inciso profondamente sulla tempistica attuativa dell’ees a causa delle difficoltà di reperimento di materie prime necessarie per la creazione di alcune componenti tecniche di sistema. ora che siamo prossimi al go live dell’ees possiamo comunque guardare con molta soddisfazione ai significativi benefici di cui potranno fruire tutti i Paesi dell’area schengen.
Per prima cosa sarà certa l’identità di chi entra o esce dall’area schengen: infatti le impronte digitali e le immagini del volto costituiscono i principali elementi biometrici di identificazione, fondamenti in grado di rendere certa l’identità di una persona. disponendo di tali elementi sarà pertanto agevolata anche l’emersione dei casi di mistificazione e di “fronde d’identità”.
altri dati certi saranno il luogo e l’ora di ingresso e di uscita dalla stessa area grazie ai quali la Polizia di frontiera (cd. autorità competente) e le forze di Polizia che operano sul territorio potranno verificare la durata del soggiorno dello straniero nello spazio schengen. Ciò significa che non occorrerà più controllare i timbri apposti sul documento di viaggio, facilmente soggetti a contraffazione, ma sarà possibile consultare l’ees per avere in tempo reale il timestamp11 e la durata del soggiorno che sarà elaborata automaticamente. La procedura informatica, dunque, evidenzierà i dati relativi agli overstayers. in aggiunta, in ees saranno registrati anche i respingimenti dei cittadini di Paesi terzi non ammessi per soggiorni di breve durata nello spazio di libera circolazione. tutto questo innegabilmente si traduce in un significativo rafforzamento dell’azione di contrasto all’immigrazione irregolare al generale obiettivo dell’Entry Exit system di rafforzare la sicurezza interna e pre-
D ove pende la bilancia
CHARLES RÉMOND, Vista del Colosseo e dell’Arco di Costantino dal Palatino
venire la migrazione illegale, si affianca anche quello di intensificare la lotta contro il terrorismo e le forme gravi di criminalità, fornendo alle autorità nazionali designate12 e ad europol l’accesso allo storico dei viaggi dei cittadini di Paesi terzi, a condizioni rigorosamente definite13 . La realizzazione di questo progetto è stata una sfida per tutti i Paesi membri che doveva essere affrontata in maniera congiunta e sinergica in quanto la sicurezza di uno stato membro è anche la sicurezza di tutti gli stati membri; ciascuno si è dovuto misurare con le proprie potenzialità, le proprie procedure e capacità organizzative, la propria dotazione infrastrutturale ed informatica.
3. L’Italia nel contesto europeo
sul tema del controllo dei flussi migratori, l’unione si è da sempre rivolta con grande attenzione all’italia: non si può infatti tacere che l’italia, per le sue caratteristiche geogra-
fiche e sociopolitiche, è un Paese che svolge un ruolo cruciale per la sicurezza dell’area schengen in ragione della sua ubicazione nel mediterraneo, della sua proiezione verso il nord dell’africa, della sua caratteristica di paese turistico e anche per il considerevole sviluppo costiero. infatti, posta al centro del mar mediterraneo, l’italia da sempre rappresenta un crocevia fondamentale per tutti i flussi migratori, siano essi leciti che illeciti, nonché per i traffici illeciti di varia natura. L’assenza di frontiere esterne di tipo terrestre nel nostro Paese è compensata dai 7914 Km di costa con 111 valichi di frontiera marittimi. tra i citati 111 valichi di frontiera marittimi, 82 sono dotati di un presidio di Polizia di frontiera e 61 presentano un traffico passeggeri. di questi scali, “solo” 1614 hanno un traffico di passeggeri extra-schengen.
secondo una analisi dei flussi dei viaggiatori effettuata dalla direzione Centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere
del dipartimento della Pubblica sicurezza si è evidenziato che:
- la quasi totalità dei porti sul mar tirreno è interessata da collegamenti con il nord africa; in questi porti si è rilevato che circa l’80% dei viaggiatori risulta titolare di permesso di soggiorno e quindi esente da obbligo di registrazione ees;
- i porti ubicati sul mare adriatico sono interessati essenzialmente da collegamenti con l’albania o con Paesi dell’area Balcanica; in questo caso il 60% dei viaggiatori sono già titolari di permesso di soggiorno e quindi anch’essi esenti da obbligo di registrazione ees.
inoltre, si è anche rilevato che nel 2023 il volume di passeggeri che ha interessato gli scali marittimi nazionali è stato di 70.849.072 di individui, di cui il 5% proveniente dall’area extra-schengen, mentre il volume di passeggeri riferito agli scali aeroportuali è stato di 197.194.004 soggetti, di cui 25% extra-schengen. raffrontando poi il periodo omogeneo dei primi cinque mesi del 2023 e dei primi 5 mesi del 2024 si è potuto constatare un incremento pari al 18% di traffico di passeggeri extra-schengen negli aeroporti nazionali s e ai dati so p ra ri p ortati si a gg iun g ono altri rilevanti elementi quali la progressiva crescita dei collegamenti aerei a lungo ragg io , l’ in c remento dei f l ussi c ro c ieristi c i e l’ a pp rossimarsi de ll’ anno g iu b i l are (2025), si c om p rende c ome tutto c i ò a bb ia c ontrib uito a rendere l’i ta l ia p ro b a b i l mente l o s tato ma gg iormente attenzionato da ll’unione circa la realizzazione del progetto ees, e non solo. fin dall’avvio del Programma nazionale di attuazione dei regolamenti unionali dell’interoperabilità, rappresentanti della Commissione europea e dell’agenzia dell’unione europea per la gestione operativa dei sistemi
it su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-Lisa) hanno richiesto diversi incontri finalizzati a monitorare lo stato di implementazione della nuova architettura dei sistemi informativi afferenti all’interoperabilità. uno degli incontri15 era incentrato ad esaminare lo stato dell’adeguamento infrastrutturale e delle nuove procedure di controllo negli aeroporti per il progetto dell’Entry Exit system.
4. Focus sull’implementazione nazionale
il positivo esito da parte della Commissione ha senz’altro contribuito alla progettazione di un sistema flessibile che prevede l’impiego di efficaci misure compensative e scelte organizzative16 tali da ridurre le code dovute ai tempi di attesa prima del controllo; inoltre, fondamentale è l’attiva collaborazione con le società di Gestione degli aeroporti le quali, con riferimento alle attività di adeguamento, hanno assicurato il procurement delle nuove tecnologie. in particolare, l’implementazione dell’ees ha richiesto, in italia, un adeguamento infrastrutturale dei porti e degli aeroporti che ha comportato, ad oggi, l’installazione di n. 273 varchi automatizzati (cc.dd. e-gates (aBC17)) e n. 756 postazioni di self-service Kiosk (ssK). anche le cc.dd. postazioni manuali (mBC18) sono state notevolmente incrementate: complessivamente sono state predisposte ulteriori n. 1.100 postazioni di cui 543 di 1^ linea, n. 202 di 2^ linea e n. 355 postazioni trasportabili.
Le fasi finali dell’implementazione del sistema stanno quindi procedendo a passo serrato.
dall’11 marzo al 24 maggio 2024 si sono svolti i test “tecnici” di funzionalità del sistema: l’italia ha eseguito complessivamente
la bilancia
n. 348 test conseguendo una positività degli esiti pari al 100%.
in vista dell’Entry in operation (eio), secondo quanto previsto dall’attuale cronoprogramma europeo, a partire dal mese di settembre 2024 gli stati membri dovranno presentare la Declaration of Readiness19: al ricevimento delle dichiarazioni di avvenuto approntamento da parte di tutti gli stati membri, la Commissione procederà ad ufficializzare la data di entrata in funzione del sistema ees pubblicando la relativa decisione nella Gazzetta ufficiale dell’unione europea. senza dubbio si tratta di una importantissima sfida a dir poco epocale
a livello nazionale si è registrata una significativa “onda d’urto” verso tutte le zone aeroportuali che ha anche scatenato considerevoli criticità logistiche-organizzative negli aeroporti di dimensioni medio-piccole e anche nelle svariate e diversificate aree portuali presenti nel nostro territorio
mentre per le specifiche criticità logistiche ciascuno stato membro dovrà dotarsi di proprie misure di mitigazione, per le possibili problematiche di carattere info-procedurali sono state predisposte alcune “facilitazioni”
a livello europeo fra cui, ad esempio, l’introduzione della possibilità che l’acquisizione dei dati biometrici avvenga in modalità progressiva20 , e anche la diffusione si una intensa campagna informativa che, promuovendo la collaborazione dei viaggiatori alle operazioni, possa evitare eccessive congestioni dei flussi dei passeggeri
5. La nuova architettura dell’interoperabilità in breve
il sistema di controllo di ingressi e uscite dall’area schengen è parte del più ampio
progetto della nuova architettura dell’interoperabilità dei sistemi informativi dell’unione, appositamente pensata per rispondere all’esigenza di un’efficace gestione delle frontiere e di cooperazione nell’attività di controllo della migrazione attraverso le frontiere esterne dell’ue.
il progetto dell’interoperabilità, la cui realizzazione informatica è stata affidata all’agenzia eu-Lisa dopo aver all’uopo ampliato il suo mandato21, consentirà, mediante la realizzazione di alcune specifiche componenti tecniche22, la proficua interazione tra le banche dati europee già esistenti23, comunque soggette a specifica reingegnerizzazione, e quelle nuove di prossima attivazione24 . il processo di attuazione dell’interoperabilità ha messo a segno il suo primo risultato il 7 marzo 2023 con l’avvio dello schengen information system reingegnerizzato (sis recast). quel giorno Ylva Johansson, Commissario europeo home affairs, ha affermato “The start of operation of the renewed sis marks a clear step forward in the management of our external borders and our common schengen area it is a key milestone in making Europe a safer place for
its citizens”25
L’italia ha superato brillantemente questa prima sfida tanto da essere stata riconosciuta nelle sedi europee come paese “top player” delle attività prodromiche all’avvio in esercizio del sis recast risultando, tra l’altro, uno dei Paesi che hanno volontariamente svolto la fase di pre-esercizio (rehearsal) nei due mesi precedenti e, fra questi, l’unico autorizzato ad effettuare attività di inserimento di dati reali in ambiente “operativo”. inoltre, è stata tra i primi paesi26 a presentare la “Declaration of Readiness” avendo superato i test di funzionalità in anticipo rispetto al cronoprogramma europeo e, quale Pilot Country (Paese Pilota), ha direttamente partecipato27
alle attività di Eio (cd. test “live” con attività di inserimento e di interrogazione) presso Centro di Controllo dell’agenzia eu-Lisa di strasburgo. ampliando l’orizzonte temporale oltre l’ees, si può vedere l’approssimarsi della successiva sfida concernente l’avvio in esercizio del sistema etias previsto a distanza di soli 6 mesi dell’Eio dell’ees. se pur l’etias si pone tra i sistemi informativi di nuova concezione, questo avrà il vantaggio di utilizzare una parte dell’infrastruttura informatica messa a punto per l’ees e alcune unità organizzative già in azione anche per il sis-recast, oltre a beneficiare dell’esperienza maturata nelle fasi prodromiche, di carattere tecnico e procedurale, che precedono la fase di stabile funzionamento dei sistemi
sul territorio schengen del third country citizen 4 si tratta dell’applicazione app4ees in fase di realizzazione da parte dell’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (meglio nota con l’acronimo di fronteX). il prototipo realizzato è stato già sperimentato con successo, su base volontaria, dai viaggiatori in transito presso gli aeroporti di schipol (amsterdam) e aarlanda (stoccolma).
5 La routine in informatica è sequenza di istruzioni che consentono di eseguire un’operazione di frequente esecuzione
6 see : spazio economico europeo
7 il Presidente Juncker ha creato uno specifico portafoglio per l’unione della sicurezza (v. Com 2016/670 final del 12 ottobre 2016)
8 Com(2015)185 final - L’agenda europea sulla sicurezza finisce il quadro generale di azione, focalizzando le carenze strutturali connesse ai sistemi d’informazione
9 Com (2016) 205 final - delinea il piano d’azione per realizzare la nuova architettura dell’interoperabilità
note
1 i viaggiatori che necessitano di un visto per entrare nel territorio di uno o più dei paesi dell’area schengen, possono richiedere il visto per un soggiorno di breve durata che consentirà loro di effettuare un soggiorno continuativo ovvero diversi soggiorni consecutivi, la cui durata complessiva non sia superiore a 90 giorni nell’arco temporale di sei mesi dalla data di primo ingresso nello spazio schengen (Visto schengen uniforme” - Vsu).
2 il regolamento istituisce un sistema di ingressi/uscite per la registrazione dei dati di ingresso e di uscita e dei dati relativi al respingimento dei cittadini di Paesi terzi che attraversano le frontiere esterne degli stati membri inoltre determina le condizioni di accesso al sistema di ingressi/uscite a fini di contrasto e modifica la Convenzione di applicazione dell’accordo di schengen e i regolamenti (Ce) n. 767/2008 e (ue) n. 1077/201.
3 il passaporto cartaceo è stato considerato un documento da superare in quanto strumentale ad una procedura obsoleta e poco sicura per l’accertamento della durata dei soggiorni di breve durata in area schengen. inoltre, il passaporto cartaceo essendo soggetto a “smarrimento” (più o meno casuale), a deterioramento ed a contraffazione, comporta non poche difficoltà circa l’identificazione e la verifica della legittima presenza
10 nella convinzione che il rafforzamento della sicurezza interna dell’unione passi necessariamente per una migliore gestione delle frontiere esterne, la Commissione istituì nel giungo del 2016 un gruppo di esperti ad alto livello per approfondire i molteplici aspetti connessi ai sistemi informativi dedicati al settore della gestione e della sicurezza delle frontiere. il gruppo riscontrò, tra latro, evidenti lacune nei sistemi informativi unionali che andavano colmate: occorreva non solo reingegnerizzare i sistemi esistenti ma anche creare dei sistemi informativi del tutto nuovi. 11 il dato certo del momento di attraversamento della frontiera esterna viene registrato automaticamente e conservato in un sistema “terzo” centralizzato gestito dall’agenzia eu-Lisa presso il centro elettronico unionale di strasburgo 12 art. 29 del regolamento (ue) 2017/2226 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2017
13 artt. 32 e 33 del regolamento (ue) 2017/2226 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2017.
14 n.13 valichi di frontiera con traffico regolare e n. 3 con traffico saltuario
15 si tratta dell’incontro svoltosi il 9 novembre 2022 cui hanno partecipato, oltre alla delegazione della Commissione, rappresentanti dell’agenzia eu-Lisa, dell’airport Council international (Consiglio internazionale degli aeroporti) e delle società aeroporti di roma e sea aeroporti di milano; inoltre, per il dipartimento della Pubblica sicurezza, hanno partecipato i direttori del servizio Polizia della frontiere,
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degli uffici di Polizia di frontiera presso gli scali aerei di roma fiumicino e milano Linate, il Project manager ees e i dirigenti dell’ufficio del Programma nazionale per l’implementazione dell’interoperabilità dei sistemi u.e dell’area Gai.
16 ad esempio mediante l’utilizzo di facilitatori di flusso, di soluzioni idonee a dare priorità ai soggetti
vulnerabili, ecc.
17 aBC : automated Border Control
18 mBC : Manual Border Control
19 La Declaration of Readiness (DoR) è un questionario attraverso il quale la Commissione acquisisce le dichiarazioni di ciascuno stato membro circa il livello di implementazione delle diverse fasi progettuali e quindi il livello di prontezza all’avvio del sistema.
20 nella prima fase di avvio del sistema, in caso di congestionamento, l’acquisizione dei dati biometrici potrà non essere massiva ma graduale, fino al raggiungimento, a regime, del 100% dei passeggeri
21 regolamento (ue) 2018/1726 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018 relativo all’agenzia dell’unione europea per la gestione operativa dei sistemi it su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-Lisa), che modifica il regolamento (Ce) n. 1987/2006 e la decisione
2007/533/Gai del Consiglio e che abroga il regolamento (ue) n. 1077/201 22 in brevissima sintesi le componenti dell’interoperabilità sono:
EPS – European Search Portal: il portale europeo di ricerca centralizzata per la ricerca simultanea di dati su più sistemi; sBMS -shared Biometric Matching System: il servizio di abbinamento biometrico condiviso per la ricerca di dati biometrici (impronte digitali e immagini facciali) provenienti da diversi sistemi centrali;
CIR – Common Identity Repository: l’archivio comune dei dati di identità biografica e biometrica di cittadini di Paesi terzi presenti nei sistemi dell’interoperabilità;
MID – Multiple Identity Detector: l’identificatore di identità multiple
23 sistemi informativi esistenti soggetti a reingegnerizzazione:
Sistema d’Informazione Schengen (SIS): contiene segnalazioni di persone (rifiuto d’ingresso o di soggiorno, mandati di cattura ue, persone scomparse, assistenza giudiziaria, ecc.) e oggetti (compresi l’identità smarrita, rubata o invalidata o documenti di viaggio)24
EURODAC: dati relativi alle impronte digitali dei richiedenti asilo e dei cittadini di Paesi terzi che attraversano le frontiere esterne in modo irregolare o che soggiornano irregolarmente in uno stato membro.
VIS: sistema di informazione visti con dati sui titolari di visti per soggiorno di breve durata 25 sistemi informativi di nuova concezione:
Entry-Exit System (EES): sistema che registrerà i passaggi alla frontiera (in ingresso ed in uscita) di tutti i cittadini di Paesi terzi che si recano nello spazio schengen per un soggiorno di breve durata, per i viaggiatori che hanno l’obbligo di visto, per quelli che ne sono esentati e per coloro che soggiornano con il nuovo visto di circolazione
European Travel Information and Authorization System (ETIAS): sistema informatico automatizzato di autorizzazione al viaggio nello spazio schengen di cittadini di Paesi terzi esenti dall’obbligo di visto
European Criminal Records Information System –Third Country Nationals (ECRIS-TCN): sistema centralizzato per individuare gli stati membri in possesso di informazioni sulle condanne pronunciate a carico di cittadini di Paesi terzi e apolidi
26 “l’entrata in funzione del sis reingegnarizzato segna un chiaro passo avanti nella gestione delle nostre frontiere esterne e dello spazio schengen comune. si tratta di una pietra miliare fondamentale per rendere l’Europa un luogo più sicuro per i suoi cittadini”
27 insieme all’olanda e al Lichtenstein
28 L’italia ha partecipato alle attività in presenza assieme con i rappresentanti di soli rappresentanti di norvegia, olanda e danimarca mentre tutti gli altri Paesi erano collegati da remoto
Ciro Di Leva
Direttore in funzione di staff presso il Servizio Regolazione dell'Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale
La gestione della sicurezza informatica nelle organizzazioni pubbliche e private
Introduzione
il C hief i nformation s e c urit y o ffi c er (Ciso) è di v entato una fi g ura di fondamenta l e im p ortanza ne ll’ attua l e c ontesto azienda l e , s p e c ia l mente c onsiderando l’ aumento de gl i atta cc hi cyb er e l e c res c enti ri c hieste normati v e a l i v e ll o europ eo e naziona l e . n onostante l e g randi aziende c on b ud g et si g nifi c ati v i a bb iano meno diffi c o l tà ne ll’ istituire questa p osizione , l a ne c essità di un Ciso è tras v ersa l e a tutte l e or g anizzazioni , sia p u bbl i c he c he p ri v ate , data l a c res c ente ne c essità di rafforzare l a p ostura di si c urezza informati c a .
La direttiva nis 2 (1) ha ampliato l’obbligo di adottare misure di cybersicurezza a un am p io s p ettro di entità . d i c onseguenza, i soggetti coinvolti dovranno organizzarsi per gestire queste misure in modo efficace e coordinato. sarà quindi necessario, laddove non previsto, sviluppare strutture dedi c ate a l g o v erno e a ll a g estione de ll a si c urezza informati c a , s p e c ifi c ando ruo l i e res p onsa b i l ità in maniera c hiara e definita . d’ a l tra p arte , in i ta l ia , i dati de l
Politecnico di milano del 2019 rivelano che il 37% delle aziende non ha ancora una figura espressamente dedicata alla sicurezza informatica.
La posizione del Ciso nelle aziende che hanno istituito questa figura varia notevolmente: l’8% di questi professionisti riporta
direttamente a l c onsi gl io di amministrazione, il 60% è inserito all’interno della direzione iCt e ri p orta al C hief information o ffi c er (Cio), mentre i l rimanente 32% si distribuisce tra funzioni di sicurezza aziendale, compliance legale, gestione dei rischi o operazioni. La situazione attuale sembra leggermente migliorata rispetto al 2019, difatti se c ondo a lc uni studi (2), i l 53% de ll e im p rese ha istituito forma l mente i l Ciso, p re v a l entemente in c ardinato ne ll a d irezione it (37%). La situazione è meno rosea p er l a P u bbl i c a a mministrazione , c he si è dimostrata c arente in ris p oste org anizzative, limitandosi spesso solo alla protezione dei dati personali. L’ im p ortanza di a v ere un referente dedi c ato a ll a si c urezza informati c a , c ome i l Ciso, è p arti c o l armente v ita l e . q uesto è sotto l ineato an c he da ll a l e g is l azione ital iana c he c on l’a rt . 8 de ll a l e gg e 28 G iug no 2024, n . 90 re c ante “d is p osizioni in materia di rafforzamento de ll a Cyb ersi c urezza naziona l e e dei reati informati c i ”(3), ha p ro vv eduto es pl i c itamente a ll’ o bbl i g o di una fi g ura simi l e . il Ciso è essenzia l e non so l o p er g arantire l a notifi c a de gl i in c identi di si c urezza , ma an c he p er l’ im pl ementazione di misure di p rotezione ade g uatamente ro b uste , g arantendo c os ì una ris p osta effi c a c e a gl i atta cc hi informati c i e i l ris p etto de gl i standard di si c urezza im p osti da ll e normati v e v i g enti
Legge 28 Giugno 2024, n. 90 – Istituzione del referente e dell’ufficio per la sicurezza informatica
La Legge 28 Giugno 2024, n. 90 recante “disposizioni in materia di rafforzamento della Cybersicurezza nazionale e dei reati informatici”, rappresenta un passo significativo verso il rafforzamento della sicurezza informatica in italia. il testo legislativo punta a intensificare le difese contro i reati informatici e a migliorare la resilienza delle infrastrutture critiche e delle pubbliche amministrazioni, soprattutto quelle che al momento non rientrano nel Perimetro di sicurezza nazionale Cibernetica il nostro focus sarà particolarmente ri-
volto alla figura del referente per la sicurezza informatica, essenziale per implementare e supervisionare le strategie di sicurezza nelle organizzazioni pubbliche e private. nello specifico, però, l’articolo della citata norma concernente il referente per la Cybersicu-
rezza stabilisce l’obbligo solo per:
le pubbliche amministrazioni centrali individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, - le regioni e le province autonome di trento e di Bolzano,
- le città metropolitane, - i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti e, comunque, i comuni ca-
poluoghi di regione,
- le società di trasporto pubblico urbano con bacino di utenza non inferiore a 100.000 abitanti,
- le società di trasporto pubblico extraurbano operanti nell’ambito delle città metropolitane
- le aziende sanitarie locali.
Le pubbliche amministrazioni sopra citate devono individuare, utilizzando risorse esistenti, una struttura dedicata a:
- sviluppare politiche e procedure di sicurezza delle informazioni.
- Creare e aggiornare sistemi di analisi preventiva e piani per la gestione del rischio informatico.
- definire ruoli e organizzazione del sistema di sicurezza delle informazioni.
- elaborare e aggiornare un piano programmatico per la sicurezza di dati, sistemi e infrastrutture.
- Pianificare e attuare interventi per potenziare le capacità di gestione dei rischi informatici
- adottare le misure previste dalle linee guida dell’agenzia per la Cybersicurezza nazionale
- monitorare e valutare continuamente minacce e vulnerabilità per un aggiornamento tempestivo della sicurezza.
Presso tali strutture deve operare un referente per la cybersicurezza, scelto in base a specifiche competenze. se non disponibile internamente, può essere nominato un dipendente di un’altra amministrazione, previa autorizzazione. il referente agisce come punto di contatto unico con l’agenzia per la Cybersicurezza nazionale, e il suo nominativo deve essere comunicato all’agenzia. Le strutture e i referenti possono coincidere con l’ufficio e il responsabile per la transizione al digitale previsti dal Codice dell’amministrazione digitale. i compiti possono essere esercitati in forma associata, come previsto dal Codice. L’agenzia per la Cybersicurezza nazionale può inoltre definire modalità di coordinamento e collaborazione tra le amministrazioni e i referenti per facilitare la resilienza delle pubbliche amministrazioni.
La norma specifica, inoltre, i soggetti che non rientrano nell’applicazione di questi nuovi obblighi, tra cui quelle già incluse nel
perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e gli organi dello stato preposti alla sicurezza e alla difesa, come il dis, l’aise e l’aisi. queste esclusioni riguardano entità per cui sono già previste normative specifiche in materia di sicurezza informatica
Per capire meglio la portata dell’art. 8, è essenziale analizzare la figura del Chief information security officer (Ciso) tipica delle aziende private. questo modello ci aiuterà a comprendere meglio il ruolo e le responsabilità del referente per la cybersicurezza, come delineato nella normativa, e a chiarire come questa figura possa essere integrata efficacemente all’interno delle strutture organizzative pubbliche
La funzione della sicurezza informatica nell’era digitale odierna, dove le minacce informatiche si evolvono costantemente e gli attacchi cyber diventano sempre più sofisticati, garantire la sicurezza delle informazioni è diventato un imperativo per ogni organizzazione.
L’implementazione di una struttura organizzativa robusta per la gestione della sicurezza informatica è fondamentale per
proteggere i dati sensibili e assicurare la continuità delle operazioni.
La sicurezza informatica non è più solo una questione tecnica, ma un aspetto critico che permea tutti i livelli organizzativi, richiedendo un approccio olistico che integri tecnologia, processi e risorse umane.
La struttura di seguito delineata in questo articolo è il risultato di uno studio (4) svolto dalla Carnegie mellon university riguardante i dipartimenti e le agenzie statunitensi.
da questo studio è emerso che le funzioni dell’organizzazione della sicurezza informatica sono articolate in quattro aree principali: la Gestione della sicurezza, l’ingegneria della sicurezza, il Centro operazioni di sicurezza (soC) e il Comando operazioni di emergenza e Gestione degli incidenti.
tale organizzazione come avremo modo di esaminare non si discostano molto dai compiti tipici di un Ciso previsti da isaCa (5).
Ciascuna di queste aree gioca un ruolo vitale nel rafforzare l’assetto della sicurezza informatica dell’organizzazione, garantendo
Figura 1
non solo la protezione contro le minacce esistenti ma anche la prontezza a rispondere efficacemente agli incidenti
questo approccio strategico è essenziale per navigare il paesaggio digitale in continuo cambiamento, proteggendo gli asset e mantenendo la fiducia dei portatori di interesse.
La struttura organizzativa della sicurezza informatica presentata è progettata pensando alle esigenze delle grandi organizzazioni, dove la complessità e l’ampiezza delle operazioni richiedono un approccio dettagliato e stratificato alla sicurezza delle informazioni. questa organizzazione è ideale per entità che gestiscono una vasta gamma di dati sensibili e sono esposte a un alto livello di rischi di sicurezza, offrendo una risposta completa e multilivello alle minacce informatiche moderne.
Comunque, per le organizzazioni di medie e piccole dimensioni, questa struttura potrebbe risultare eccessivamente complessa e onerosa in termini di risorse. Pertanto, è essenziale che tali organizzazioni riconsiderino e adattino il modello proposto per allinearne le capacità e le risorse con le proprie realtà operative
Le medie e piccole imprese possono beneficiare di una versione semplificata di questa struttura, concentrando le loro risorse sui settori più critici per la loro sicurezza informatica e integrando soluzioni scalabili che possono crescere in base alle loro esigenze specifiche. adattare la struttura della sicurezza informatica alle dimensioni e alle specificità dell’organizzazione non solo ottimizza le risorse ma consente anche una risposta più agile e focalizzata agli incidenti di sicurezza. in ultima analisi, ogni organizzazione, indipendentemente dalle sue dimensioni, deve porsi l’obiettivo di sviluppare una strategia di si-
curezza informatica che sia proattiva, gestibile e, soprattutto, efficace nel proteggere i suoi asset critici in un ambiente digitale sempre più insidioso.
Chi è il CISO
il ruolo del Ciso è di vitale importanza all’interno di ogni organizzazione moderna, il Ciso, data la prevalenza e la gravità delle minacce informatiche, si posiziona come il custode principale della sicurezza delle reti, dei sistemi informativi e servizi informatici, svolgendo una serie di funzioni cruciali per la sicurezza informatica dell’organizzazione. uno degli aspetti fondamentali del ruolo del Ciso è la progettazione e l’implementazione di efficaci misure di sicurezza per proteggere l’organizzazione dagli attacchi informatici. questo implica non solo l’identificazione e la mitigazione delle vulnerabilità esistenti, ma anche la previsione e la prevenzione di potenziali minacce future. il Ciso ha anche la responsabilità di gestire costantemente le minacce informatiche e di ridurre i rischi associati, un compito che richiede un monitoraggio continuo e un aggiornamento costante delle minacce emergenti e delle relative strategie di sicurezza un altro pilastro del ruolo del Ciso è garantire la conformità normativa dell’organizzazione. in un panorama regolatorio sempre più complesso e in evoluzione, il Ciso deve assicurare che l’organizzazione non solo rispetti le normative sulla privacy e la sicurezza, ma rimanga anche aggiornata rispetto ai cambiamenti legislativi che potrebbero influenzare le pratiche di sicurezza questo include l’adattamento delle politiche e delle procedure dell’organizzazione per ri-
Figura 2
manere in linea con gli standard legali e regolamentari, garantendo così una protezione continua dei servizi essenziali e dei dati sensibili.
il Ciso serve anche come principale referente per tutti gli aspetti concernenti la sicurezza informatica all’interno dell’organizzazione . q uesto ruo l o di c oordinamento è essenziale per un’efficace risposta alle minacce, poiché permette al Ciso di lavorare in collaborazione con diverse funzioni dell’org anizzazione , assicurando che l a sicurezza sia integrata in tutte le operazioni dell’organizzazione.
inoltre, il Ciso ha il compito di comunicare efficacemente con i vertici dell’organizzazione riguardo agli aspetti critici della sicurezza, agendo come un collegamento vitale tra la tecnologia e la gestione strategica dell’organizzazione. infine, il ruolo del Ciso comprende una forte componente di leadership e di strategia. questo aspetto del lavoro richiede la definizione di una visione chiara per la sicurezza informatica dell’organizzazione, lo sviluppo
e l’attuazione di politiche e procedure, e la garanzia che tutto il personale sia adeguatamente formato per affrontare le minacce cibernetiche. un altro compito essenziale è la gestione delle risorse, sia umane che tecnologiche, necessarie per attuare queste strategie. questo richiede un approccio globale e proattivo per garantire che l’organizzazione continui a essere protetta e adattabile di fronte alle sfide informatiche in continua evoluzione importante è sottolineare che la struttura organizzativa della sicurezza informatica diretta dal Ciso dovrebbe essere indipendente dall’it e posizionata, vista la strategicità della funzione, alle dirette dipendenze del vertice dell’organizzazione. idealmente, il Ciso dovrebbe essere anche membro del consiglio di amministrazione, riflettendo l’importanza della sicurezza informatica nel governare le strategie di rischio e operatività dell’organizzazione. inoltre, il Ciso può diventare l’interlocutore privilegiato con l’agenzia della Cybersicurezza nazionale, guidando verso soluzioni
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condivise che migliorano la sicurezza a livello nazionale.
Compiti
secondo isaCa, un’autorità riconosciuta nel campo della sicurezza informatica, il Ciso ha responsabilità ben definite che si articolano in quattro principali domini, ciascuno dei quali comprende specifici compiti e conoscenze essenziali1 per una gestione efficace della sicurezza delle informazioni: (6)
- Governo della sicurezza delle informazioni: il Ciso è responsabile dello svi-
luppo e del mantenimento di un quadro di riferimento che supporti la strategia di sicurezza delle informazioni, assicurando che sia in perfetto allineamento con gli obiettivi e gli scopi organizzativi. questo include la definizione di politiche, la supervisione della loro implementazione e la verifica della loro aderenza alle normative vigenti. - Gestione del rischio: Compito fondamentale del Ciso è la gestione dei rischi informatici, valutandoli in modo continuativo e assicurando che siano mantenuti a livelli accettabili rispetto all’appetito2 di rischio dell’organizzazione. questo processo richiede un’analisi dettagliata delle potenziali minacce e la realizzazione di strategie di mitigazione appropriate.
- sviluppo e Gestione del Programma di sicurezza: il Ciso deve sviluppare e mantenere programmi che identifichino, gestiscano e proteggano gli asset informativi dell’organizzazione. È sua responsabilità assicurare che tali programmi siano efficaci e allineati tanto alla strategia di sicurezza quanto agli obiettivi dell’organizzazione, contribuendo a creare una solida configurazione di sicurezza. - Pianificazione e Gestione degli incidenti:
un altro aspetto fondamentale del ruolo del Ciso è pianificare e gestire le risposte agli incidenti di sicurezza, garantendo che l’organizzazione sia preparata a rilevare, investigare e rispondere efficacemente agli incidenti, minimizzando così l’impatto sulle operazioni dell’organizzazione
La posizione del Ciso è strategica per integrare la sicurezza delle informazioni nelle attività quotidiane dell’organizzazione, educare i dipendenti sui rischi di sicurezza, promuovere una cultura della sicurezza informatica e garantire che la sicurezza delle informazioni e l’erogazione dei servizi it sia mantenuta come una priorità continua. inoltre, il Ciso deve lavorare a stretto contatto con altri dirigenti per assicurare che la sicurezza delle informazioni supporti e faciliti gli obiettivi dell’organizzazione piuttosto che ostacolarli
Competenze del CISO
La formazione e le competenze richieste per questa posizione sono ampie e variegate, coinvolgendo aspetti tecnici, gestionali e strategici della sicurezza informatica. di seguito sono elencate, in linea di massima, le conoscenze richieste per ricoprire la posizione di Ciso: - conoscenza delle tecniche per sviluppare strategie di sicurezza, come l’analisi sWot3, l’analisi dei divari e la ricerca di minacce, che aiutano a identificare le forze, le debolezze, le opportunità e le minacce relative alla sicurezza informatica; - comprensione di quadri di rifermento di governance disponibili e dei principi fondamentali della governance come applicati alla sicurezza delle informazioni; - metodi per valutare, pianificare, progettare e implementare un quadro di gover-
nance del rischio di sicurezza delle informazioni;
- conoscenza delle normative legali, regolamentari e organizzative relative alla sicurezza delle informazioni;
- capacità di pianificare e gestire la capacità di rilevare, investigare, rispondere e recuperare da incidenti di sicurezza delle informazioni;
- metodi per ottenere l’impegno dalla leadership senior e per comunicare efficacemente con la leadership e altri portatori di interesse;
- tecniche per valutare gli asset informativi e per identificare e valutare l’impatto degli eventi interni o esterni su questi asset;
- conoscenza dei metodi per stabilire e utilizzare canali di reporting e comunicazione e per selezionare e interpretare metriche chiave di sicurezza delle informazioni. in sintesi, un Ciso efficace deve possedere una combinazione di competenze tecniche approfondite e capacità di gestione strategica per allineare le politiche di sicurezza delle informazioni con gli obiettivi più ampi dell’organizzazione. deve essere proattivo nel prevedere le minacce e resiliente nel gestire gli incidenti, garantendo al contempo che le pratiche di sicurezza siano aggiornate e in linea con le migliori prassi e i requisiti regolamentari globali.
La formazione continua e l’aggiornamento delle competenze sono pertanto essenziali per mantenere l’organizzazione sicura e conforme alle normative in vigore.
Come si diventa
La posizione di Ciso richiede una combinazione unica di competenze tecniche e ca-
pacità manageriali. esistono diversi percorsi attraverso i quali uno può arrivare a ricoprire questo ruolo, riflettendo la varietà e la complessità delle carriere nel campo della sicurezza informatica. tradizionalmente, molti Ciso iniziano la loro carriera con una formazione accademica nelle discipline stem (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica), seguita da molti anni di esperienza lavorativa nel settore della sicurezza informatica. durante questo periodo, accumulano esperienze in ruoli di crescente responsabilità, sviluppando sia competenze tecniche che capacità gestionali fino a raggiungere la posizione di Ciso.
un altro percorso comune include professionisti che, partendo da una formazione tecnica, si muovono verso la sicurezza informatica attraverso master o certificazioni riconosciute come CissP (Certified information systems security Professional) o Cism (Certified information security manager) dell’isaCa. questo percorso è indicativo di una transizione da ruoli tecnici a ruoli manageriali che richiedono una forte competenza in gestione
È anche possibile per professionisti senza una formazione accademica in stem diventare Ciso, soprattutto se hanno acquisito esperienza significativa nell’it o specificamente nella sicurezza informatica, arricchita da formazione specifica e certificazioni nel campo della sicurezza informatica. inoltre, alcuni Ciso possono provenire da carriere nelle forze dell’ordine o militari, portando con sé un’esperienza in strategie di difesa e sicurezza che è particolarmente apprezzata in ambiti aziendali privati. indipendentemente dal percorso seguito, è essenziale che i candidati Ciso abbiano un’ampia esperienza in sistemi informativi, reti e sicurezza informatica, completata da capacità di leadership e certificazioni perti-
la bilancia
Figura 3
nenti. La versatilità e l’adattabilità sono fondamentali in questo campo, data la rapida evoluzione della sicurezza informatica e la costante necessità di aggiornare le competenze per affrontare nuove minacce e sfide tecnologiche
Formazione
di seguito è delineato il percorso formativo ideale per chi aspira a questa posizione, evidenziando i titoli di studio e le specializzazioni necessarie per prepararsi efficacemente a questa sfida professionale.
La formazione di base può essere conseguita attraverso una tra le seguenti lauree: sicurezza informatica, ingegneria dell’informazione, informatica
un master in sicurezza informatica è fondamentale per acquisire una comprensione approfondita delle problematiche legate alla protezione delle informazioni digitali e per sviluppare competenze avanzate in crittogra-
fia, sicurezza delle reti e gestione delle vulnerabilità. il dottorato in sicurezza informatica o in campi affini consente di raggiungere l’eccellenza nella gestione delle complessità tecnologiche e organizzative, contribuendo spesso alla ricerca avanzata e allo sviluppo di nuove soluzioni nel campo della sicurezza. È indispensabile per un Ciso aggiornare e perfezionare continuamente le proprie competenze tecniche attraverso corsi specifici, i quali possono includere: sicurezza delle reti e gestione della sicurezza, crittografia e protezione delle applicazioni, conformità normativa e gestione degli incidenti, sicurezza delle informazioni e analisi delle minacce, gestione delle identità e degli accessi. La formazione di un Ciso deve essere completa e continuamente aggiornata, combinando conoscenze teoriche con competenze tecniche avanzate. solo attraverso un impegno costante nel proprio sviluppo professionale, un Ciso può sperare di proteggere efficacemente le risorse informatiche
della propria organizzazione dagli attacchi sempre più sofisticati dell’era digitale.
Certificazioni
Le certificazioni Ciso dell’eC-Council e Cism di isaCa rappresentano traguardi prestigiosi nel campo della sicurezza informatica, entrambe riconosciute per elevare le competenze dei professionisti che puntano a ruoli di leadership nella protezione delle infrastrutture it. queste certificazioni non solo validano l’esperienza in ruoli chiave della sicurezza informatica, ma offrono anche una base solida per la gestione e il disegno della sicurezza organizzativa, con un’enfasi particolare sull’etica professionale e la formazione continua entrambe richiedono che i candidati dimostrino un’esperienza significativa nel settore, con l’eC-Council che si focalizza sui professionisti destinati al ruolo di Ciso, mentre isaCa si concentra su chi gestisce e supervisiona la sicurezza delle informazioni a un livello strategico. La certificazione Cism richiede 4-5 anni di esperienza specifica, mentre il Ciso impone criteri severi di leadership nella sicurezza
Gli esami per entrambe le certificazioni sono rigorosi e progettati per testare la profondità e l’applicabilità delle conoscenze in scenari reali, con Cism che copre una gamma strategica e operativa più ampia attraverso questioni di gestione. i costi variano geograficamente per il Ciso, e si attestano tra 700 e 800 euro, escluse le tasse annuali di mantenimento. entrambe le certificazioni richiedono l’adesione a un codice etico e l’investimento in formazione continua per garantire che i professionisti restino aggiornati sulle evoluzioni del settore e mantengano un impegno etico nei confronti della loro pratica professionale.
in conclusione, l’adozione di tali certificazioni migliora non solo le capacità individuali ma anche la posizione professionale dei certificati nel mercato globale, rendendoli candidati desiderabili per ruoli avanzati in sicurezza informatica e contribuendo significativamente alla postura di sicurezza complessiva delle organizzazioni che li impiegano.
Le sfide
il panorama della sicurezza informatica è in costante evoluzione, presentando sfide sempre nuove e complesse per le organizzazioni che cercano di proteggere i loro dati e sistemi
una delle questioni più critiche riguarda la conformità normativa e la gestione dei rischi, che devono essere bilanciati con risorse spesso limitate. La capacità di una organizzazione di implementare misure di sicurezza adeguate senza superare il proprio appetito e la propria capacità4 di rischio è una delle sfide più delicate da gestire
Vediamo più in dettaglio come queste dinamiche si sviluppano all’interno delle organizzazioni.
Le minacce informatiche sono in costante evoluzione, con attacchi sempre più sofisticati che emergono regolarmente. questo richiede che le organizzazioni siano continuamente aggiornate sulle ultime tattiche e vulnerabilità, richiedendo investimenti continui in tecnologia e formazione. La capacità di anticipare e rispondere a queste minacce è vitale per la protezione degli asset digitali e fisici dell’organizzazione.
Le risorse finanziarie dedicate alla sicurezza informatica sono spesso limitate, soprattutto in contesti in cui le priorità finanziarie possono essere rivolte verso altre
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aree operative o di sviluppo. questo limita la capacità delle organizzazioni di investire in soluzioni di sicurezza avanzate o in personale altamente specializzato, costringendole a fare scelte strategiche su quali rischi mitigare in base alla loro probabilità e al potenziale impatto. La sicurezza informatica non è un’isola all’interno dell’organizzazione, ma richiede una stretta collaborazione con diverse funzioni dell’organizzazione. L’integrazione di pratiche di sicurezza con le operazioni quotidiane, le politiche hr, le strategie legali e di conformità, e la gestione delle tecnologie è fondamentale. questa collaborazione aiuta a garantire che la sicurezza sia una componente integrata e funzionale dell’intera organizzazione il rapporto tra il Ciso e il data Protection officer (dPo) è particolarmente importante in contesti regolamentati. mentre il Ciso si concentra sulla sicurezza delle informazioni e delle infrastrutture it, il dPo assicura che le pratiche di trattamento dei dati personali siano conformi alle normative sulla privacy, come il GdPr. una collaborazione efficace tra questi ruoli è essenziale per garantire che
la sicurezza e la privacy siano gestite in modo coerente e complementare.
L’aderenza alle normative stabilite da enti come l’agenzia per la Cybersicurezza nazionale è cruciale per evitare sanzioni che possono avere impatti finanziari significativi sull’organizzazione. nondimeno, il costo delle misure di sicurezza richieste per raggiungere o mantenere la conformità deve essere bilanciato con l’appetito di rischio dell’organizzazione. non sempre è possibile o pratico implementare tutte le misure previste dalla normativa, specialmente se il costo di queste misure supera il beneficio percepito o se pone un onere finanziario insostenibile sull’organizzazione
Criticità e proposte
fino ad ora abbiamo esplorato vari aspetti relativi alla figura del Ciso, discutendo le competenze e le conoscenze che dovrebbe possedere, le responsabilità che dovrebbe assumere e come si potrebbe formare adeguatamente per tale ruolo abbiamo inoltre delineato una struttura organizzativa che il Ciso dovrebbe essere in grado di dirigere, e le relazioni fondamentali tra questa figura e la direzione dell’organizzazione, nonché con le altre funzioni dell’organizzazione. nondimeno nell’attuazione dell’art. 8 della citata norma emergono alcuni aspetti che richiedono particolare attenzione, specialmente all’interno della pubblica amministrazione nonostante la figura del Ciso sia già presente in molte organizzazioni private, sebbene in percentuali basse e principalmente nei grandi player, nella pubblica amministrazione questa figura risulta ancora largamente assente. questo divario evidenzia una differenza nell’adozione di pratiche di sicurezza informatica tra il settore privato e quello pubblico. tanto la pubblica amministrazione quanto le imprese private si caratterizzano per una notevole diversità in termini di dimensione, complessità organizzativa e di missione. questo si riflette nella varietà dei sistemi informatici e delle reti utilizzate. un altro elemento da considerare è la cronica carenza di personale qualificato nel settore della sicurezza informatica. questa situazione porta molte medie e piccole organizzazioni a dover scegliere tra assumere figure meno esperte o esternalizzare questa funzione fondamentale, il che può influire sui costi operativi
La carenza di personale qualificato e la limitatezza delle risorse economiche possono essere affrontate efficacemente mediante
l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (ia) e di programmi formativi mirati. Per quanto riguarda l’implementazione del ruolo del referente della sicurezza informatica e la creazione di una struttura adatta, è possibile optare per il riadattamento di strutture esistenti e il reimpiego di figure professionali affini, o con movimenti orizzontali di personale tra le Pa. di seguito, analizziamo in dettaglio queste soluzioni.
L’impiego dell’intelligenza artificiale (ia) nella sicurezza informatica sta emergendo come soluzione vitale di fronte alla crescente e complessa natura della minaccia delle attività criminali informatiche nonché alla scarsità di esperti nel settore. L’ia offre l’opportunità di automatizzare e ottimizzare le funzioni di sicurezza che tradizionalmente richiederebbero intervento umano, migliorando così la capacità di difesa delle organizzazioni. tipici compiti che possono essere svolti con l’ausilio dell’ia includono: rilevazione delle minacce, risposta agli incidenti, analisi forense, gestione della vulnerabilità nonostante i benefici, l’uso dell’ia solleva questioni di bilancio, etica e affidabilità. sebbene l’investimento iniziale in ia possa essere elevato, il potenziale di riduzione dei costi a lungo termine attraverso l’automazione è significativo, estendendo le capacità di sicurezza oltre i limiti delle sole risorse umane.
L’adozione dell’ia solleva preoccupazioni etiche, specialmente riguardo alla privacy e al rischio di falsi positivi. È cruciale stabilire linee guida etiche chiare per l’uso dell’ia, assicurando il rispetto dei diritti individuali e minimizzando gli errori. inoltre, l’ia, pur aumentando l’efficienza, non può sostituire il giudizio umano; è essenziale mantenere una supervisione umana adeguata a gestire situazioni complesse.
Per colmare invece, la carenza di professionisti qualificati, è fondamentale proporre
percorsi formativi accessibili anche a chi non ha una formazione tecnica pregressa. questi programmi di formazione possono essere strutturati su tre livelli - base, intermedio e avanzato - per garantire un apprendimento graduale che si adatti alla complessità organizzativa e alla diversità degli asset da proteggere
al livello base, i corsi introducono i fondamenti della sicurezza informatica, come la protezione dei dati e delle reti, e coprono le minacce comuni, le strategie di sicurezza essenziali, e la normativa vigente, inclusa la direttiva nis 2. al livello intermedio, l’attenzione si sposta sulla gestione del rischio, l’analisi delle vulnerabilità e la pianificazione della risposta agli incidenti, integrando queste competenze nella gestione dell’organizzazione globale. il livello avanzato si concentra su scenari di sicurezza più complessi, la gestione delle crisi, il recupero da disastri, e le competenze di leadership essenziali per un Ciso, come la comunicazione strategica e la gestione delle squadre di sicurezza.
L’obiettivo di questi corsi è fornire una comprensione approfondita dei principi di base della sicurezza informatica, offrire un’ampia panoramica sulle normative e sviluppare competenze pratiche per formulare strategie di sicurezza, implementare misure di sicurezza adeguate e gestire gli incidenti di sicurezza. inoltre, i corsi mirano a preparare i partecipanti a svolgere il ruolo di punto di contatto con l’agenzia della Cybersicurezza nazionale (aCn) e a supportarli nel conseguimento di certificazioni professionali riconosciute nel settore.
Per massimizzare l’accessibilità e la flessibilità, i corsi possono essere proposti completamente in modalità fad (formazione a distanza), includendo lezioni interattive, materiali didattici digitali, progetti pratici, e sessioni di discussione. L’approccio formativo è
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progettato per trasformare i principianti in professionisti qualificati, capaci di gestire la sicurezza informatica in modo efficace e conforme alle normative vigenti. infine, riguardo alla soluzione che propone il riadattamento di strutture esistenti e il reimpiego di figure professionali affini, è importante sottolineare che molte organizzazioni già adottano questa strategia per contenere i costi operativi. ad esempio, in alcuni casi, il dPo estende le proprie responsabilità riutilizzando le risorse, sia umane che strumentali, già a sua disposizione. in altri contesti, invece, le funzioni di sicurezza informatica vengono integrate all’interno della funzione it esistente. Per quanto attiene alla possibilità che la norma indica per le Pubbliche amministrazioni di far coincidere il referente con il responsabile per la transizione digitale (rtd), si evidenzia che questa scelta presenta vantaggi e svantaggi che meritano un’analisi approfondita, specialmente considerando le best practices che prevedono che la sicurezza it sia una funzione indipendente dall’it e posta al vertice dell’organizzazione
L’integrazione della figura del rtd con il referente per la cybersicurezza può semplificare la struttura organizzativa, riducendo il numero di ruoli dirigenziali e potenzialmente accelerando i processi decisionali questo approccio può facilitare la gestione delle risorse e migliorare l’efficienza operativa. inoltre, la transizione digitale e la sicurezza informatica sono strettamente interconnesse. affidare entrambe le responsabilità a un’unica figura può garantire una visione integrata e coerente, allineando le strategie di sicurezza con gli obiettivi di digitalizzazione. un ulteriore vantaggio di questa fusione dei ruoli è rappresentato dai risparmi significativi, soprattutto in un contesto di risorse limitate, che è particolarmente rilevante per le amministrazioni
pubbliche che spesso operano con budget ristretti.
Comunque, unificando i ruoli, si rischia di compromettere l’indipendenza del controllo sulla sicurezza informatica, poiché il responsabile della transizione digitale potrebbe avere interessi contrastanti. Le best practices internazionali raccomandano infatti che la sicurezza it sia indipendente dall’it e posta al vertice dell’organizzazione. inoltre, il rtd potrebbe non possedere le competenze specifiche necessarie per affrontare le complesse minacce informatiche. La cybersicurezza richiede una conoscenza approfondita delle tecniche di difesa, delle normative e delle strategie di mitigazione dei rischi, che potrebbero non essere presenti in un ruolo tradizionalmente focalizzato sulla digitalizzazione. Concentrare troppe responsabilità su un’unica figura può anche portare a un sovraccarico di lavoro, riducendo l’efficacia e l’attenzione dedicata a ciascun compito. questo potrebbe compromettere sia la qualità della transizione digitale che la sicurezza informatica. in conclusione, l’integrazione della figura del responsabile per la transizione digitale con il referente per la cybersicurezza nelle pubbliche amministrazioni presenta sia opportunità che rischi. da un lato, può portare a una maggiore coesione strategica e a una riduzione dei costi; dall’altro, può compromettere l’indipendenza e l’efficacia delle funzioni di sicurezza informatica. È necessario valutare attentamente queste dinamiche per assicurare che le pubbliche amministrazioni adottino un approccio equilibrato e che garantisca la massima sicurezza e resilienza nel contesto digitale.
Va osservato che questa soluzione, benché praticabile e talvolta necessaria per limitazioni di fondi, non è in linea con le migliori pratiche di sicurezza informatica. Le linee guida del settore raccomandano che la fun-
zione di sicurezza informatica sia mantenuta come entità indipendente all’interno dell’organizzazione e risponda direttamente alla direzione, per garantire l’imparzialità e l’efficacia nella gestione delle minacce alla sicurezza. infine è importante ricordare che è
sempre necessario trovare un compromesso tra l’ideale e il necessario fare, bilanciando le aspirazioni con le risorse e le circostanze concrete di ciascuna organizzazione
Conclusioni
La figura del Ciso è fondamentale all’interno delle organizzazioni non solo per proteggerle dalle minacce esterne, ma anche per promuovere una cultura interna basata sulla sicurezza, garantendo l’integrazione delle migliori pratiche a tutti i livelli
inoltre, il ruolo del Ciso è notevolmente complesso e multidimensionale, estendendosi ben oltre la semplice gestione tecnolo-
gica per abbracciare la gestione del rischio, la leadership organizzativa e la pianificazione strategica, fungendo da collegamento essenziale tra la tecnologia dell’informazione e gli obiettivi strategici dell’organizzazione
L’adozione dell’ia nella sicurezza informatica si presenta come una soluzione efficace per colmare la carenza di esperti, migliorando le capacità di rilevamento, risposta e analisi delle minacce a costi sostenibili. È cruciale, tuttavia, bilanciare l’uso di queste tecnologie con rigorose considerazioni etiche e di affidabilità, per prevenire violazioni della privacy e garantire l’accuratezza delle operazioni di sicurezza. implementando le politiche e i controlli appropriati, l’ia può svolgere un ruolo chiave nel potenziare le difese informatiche delle organizzazioni in un contesto di sfide sempre più complesse
L’istituzione di corsi di formazione per Ciso rappresenta un passaggio chiave per rafforzare la sicurezza informatica nelle
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aziende, specialmente in quelle regolate dalla direttiva nis.
questi corsi offrono una preparazione completa e accessibile, equipaggiando i professionisti con gli strumenti necessari per affrontare efficacemente le sfide della sicurezza informatica moderna e garantire la protezione delle informazioni critiche
Le certificazioni Ciso dell’eC-Council e Cism di isaCa ra pp resentano dei b enchmark di eccellenza nel settore della sicurezza informatica. queste certificazioni non solo migliorano le competenze individuali, ma anche rafforzano la posizione professiona l e dei tito l ari ne l merc ato gl o b a l e , rendendo l i p arti c o l armente qua l ifi c ati e ricercati.
infine, il bilanciamento tra la necessità di sicurezza informatica, le risorse disponibili e i requisiti di conformità normativa è un compito complesso che richiede una valutazione continua e dettagliata dei rischi. È vitale che le organizzazioni sviluppino strategie di sicurezza che siano non solo conformi alle normative, ma anche sostenibili e allineate con la loro capacità di gestione del rischio
L’adozione capillare della figura del Ciso, sia nelle organizzazioni pubbliche che private, è un fattore di successo per migliorare la strategia di cybersicurezza a livello nazionale, elevando gli standard di protezione e di gestione delle minacce informatiche. i Ciso diventano di fatto gli interlocutori privilegiati con l’agenzia della Cybersicurezza nazionale, indirizzando verso soluzioni condivise e rafforzando ulteriormente le difese contro le minacce informatiche.
BiBLioGrafia
1. DiRETTiVa (UE) 2022/2555 DEl PaRlaMEnTo EURoPEo E DEl ConsiGlio relativa a misure per un livello comune elevato di cibersicurezza nell’Unione, recante modifica del regolamento (UE) n. 910/2014 e della direttiva (UE) 2018/1972 e che abroga la direttiva (UE. 2022.
2. osservatorio Cybersecurity e data protection Cybersecurity verso un fronte comune. milano : Politecnico di milano, 2023.
3. Legge 28 Giugno 2024, n. 90 – disposizioni in materia di rafforzamento della Cybersicurezza nazionale e dei reati informatici
4. Julia h. allen Gregory Crabb, Pamela d. Curtis, Brendan fitzpatrick nader mehravari,. structuring the Chief information security officer organization s.l. : Carnegie mellon university, 2015.
6. Peter h. Gregory. all in onE:Certified information security Manager. s.l. : mcGraw hill, 2023.
7. martin, Phil. EssEnTial CisM Exam Guide Updated for the 15th Edition Review.
note
1 isaCa individua complessivamente 38 compiti e 72 conoscenze.
2 L’appetito per il rischio si riferisce al livello di rischio che un’organizzazione è disposta ad accettare nel perseguire i suoi obiettivi aziendali
3 L’analisi sWot è uno strumento strategico utilizzato per valutare i punti di forza (strengths), debolezze (Weaknesses), opportunità (opportunities) e minacce (threats) di un’organizzazione, progetto o situazione.
4 La capacità di rischio in sicurezza informatica si riferisce alla quantità massima di rischio che un’organizzazione può sopportare in relazione alle sue risorse, alle sue capacità e ai suoi obiettivi. È un concetto complementare all’appetito del rischio, che indica quanto l’organizzazione è disposta a rischiare, mentre la capacità di rischio valuta quanto rischio l’organizzazione è effettivamente in grado di gestire
Stefano Masini
Professore ordinario di Diritto Agrario e Diritto Alimentare
Media sociali: sorveglianza, trasparenza e tutela del consumatore di alimenti
1. Stili di vita alimentari e canali di vendita alimentari
il cambiamento negli stili di vita alimentari si afferma gradualmente e può dirsi legato al successo della formula della distribuzione moderna, in grado di mettere a disposizione del consumatore prodotti ad alto contenuto di servizio, tramite la modifica del packaging, rispondendo a bisogni differenziati e non più riconducibili alla cultura tradizionale della preparazione del pasto in famiglia.
L’ a p ertura de l p rimo su p ermerc ato risa l e , in v ero , a ll a fine de l 1957, s c ontando una serie di resistenze amministrati v e a fronte dell’opposizione dei venditori al dettaglio, ma incontrando subito il favore del pubblico per i bassi prezzi ottenuti tramite una razionale organizzazione di vendita e, sopra tutto, per l’abbondanza e la varietà di p rodotti dis p oni b i l i c on i l sistema de l s e l f s erv i ce . «q ua l unque merc e p u ò ora essere esaminata, trovata, confrontata, manipolata – e potenzialmente posseduta»1. ma, ancora nel 1960, si contava su una diffusione limitata di ta l i eserc izi : «16, sa l iti a 1538 ne l 1970, c on i l 3 p er c ento de ll e v endite , e a 1959 nel 1982, con il 10 per cento delle vendite. Perché ci fosse una crescita un po’ più consistente si dovette arrivare agli anni ottanta e novanta…»; mentre «gli ipermercati erano solo 2 nel 1972; nel 1991 sono saliti a 188, con il 3 per cento delle vendite» 2 .
fino ad allora, tra l’altro, i prodotti immessi in commercio presentavano una prevalente differenziazione locale, sedimentata da una marcata adesione a indici culturali che cominciavano ad essere lambiti, nella ricerca di bisogni differenziati, dalla pubblicità televisiva. elettrodomestico necessario alla dimensione di vita urbana, la televisione ha esercitato, per lungo tempo, attraverso una narrazione soft, composta da giochi di parole, invenzioni comiche, canzoncine e ritornelli, uno stimolo convincente e persuasivo nell’allestimento della tavola.
2. Tecniche di formazione del contratto in un mercato «muto»
Ciò che, tuttavia, occorre mettere in rilievo rispetto a quel modello è il profilarsi di una particolare tecnica di formazione del contratto, che rimanda alla prossimità conquistata dal consumatore con lo scaffale, sia pure a prezzo della rinuncia del contatto personale, emotivamente formato nella trattativa. L’autore che ha saputo descrivere, con maggiore chiarezza, il meccanismo di transazione del consumatore qualunque, ha parlato di accordi senza dialogo. «magazzini e centri commerciali sono macchine, che garantiscono la suprema univocità e l’assoluta calcolabilità. L’uomo non incontra l’altro uomo, ma la visibile fisicità delle cose. egli non parla e non dialoga: sceglie cose, cioè preferi-
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sce l’una all’altra delle merci esposte. Venditore e compratore non si conoscono: così i rapporti raggiungono l’estrema funzionalità dell’anonimia e del silenzio. il dialogo linguistico è sostituito dalla realità dei due atti; l’esposizione e la preferenza»3.
Per quanto possa apparire convincente, sul piano teorico, la critica all’avvenuta disumanizzazione del contratto – dato che l’art. 1329 cod. civ. non sembra richiedere «trattative, dialogo e neanche espressione linguistica, più o meno dominante o dominabile»4 – è indubbio che, dal punto di vista sostanziale, la mancanza di comunicazione si risolva in una accettazione unilaterale, in base all’alternativa, prendere o lasciare, ponendo la necessità di ripristinare elementi di libertà e consapevolezza del consumatore5. e il terreno di elezione per la ricomposizione delle asimmetrie resta perimetrato dalle regole di etichettatura, funzionali a riabilitare lo schema di transazione ad un agire informato, almeno ad un livello che, riguardo agli alimenti, non si risolve nella divulgazione di semplici contenuti nutrizionali, per la considerazione di essi come fattori di conoscenza anche di aziende, territori, mestieri e tradizioni
accanto alla proposta di prodotti genuini e a prezzi accessibili prende, via via, consistenza la ricerca di qualità, mentre diventano apprezzabili personalità e caratteristiche di prodotti che gli appassionati trovano sugli scaffali ma, sopra tutto, hanno possibilità di negoziare in un nuovo luogo di incontro, rappresentato dal mercato dello spazio virtuale. i social network rappresentano, infatti, le piattaforme digitali per concludere contratti a distanza, socializzando informazioni e proiettando sul mercato le richieste che suscitano la navigazione online: «non solo si acquistano prodotti e servizi che il consumatore può acquistare nel mondo ma-
teriale. i contenuti digitali creano nuovi consumi, e nuove tipologie di acquisto»6 .
3. Ruolo della rete e forme di comunicazione personalizzata
non si dubita che lo sviluppo di modalità di consumo dematerializzate tramite i media sociali abbia impresso una nuova e significativa svolta, definita – nel gergo del giornalismo – la fine dei centri commerciali 7 . essi presentano, più che una contrazione delle vendite, la sostituzione, nell’immaginario del consumatore, del ruolo di fulcro della vita economica, fatta salva l’offerta di un numero di prodotti specialmente seriali ai prezzi più bassi possibili8. Grazie alla diffusione della rete internet il sito prende figurativamente il posto della bottega9 e basta il possesso di un altro apparecchio della tecnologia domestica – se pure dotato di indefinite applicazioni – per concludere un acquisto, dopo aver scorso le immagini di un assortimento, allestito sul video, difficilmente ripetibile nella ordinaria organizzazione commerciale, confrontando i prezzi e acquisendo molteplici informazioni di dettaglio attraverso speciali filtri di ricerca. d’altra parte, il passaggio, nella comunicazione di massa, da un format tradizionale della televisione come Carosello – che esponeva la responsabilità dell’operatore commerciale al controllo della correttezza dei messaggi capaci di diventare un repertorio ricercato di storie – all’invenzione di formule liquide, che transitano nei canali digitali, oltre a modificare l’attitudine mediatica delle persone, richiede un sostanziale cambiamento nelle forme di tutela10 . in un mercato privo di fisicità, in cui le relazioni tra le parti si riducono alla mera trasmissione di segnali si pone, cioè, l’esigenza
di assicurare un’atmosfera di fiducia essenziale per lo sviluppo delle transazioni11. ad esempio, la diffusione di dispositivi mobili ha generato modalità di relazioni che spostano l’attenzione dal prodotto all’utente, in una prospettiva di ricercata personalizzazione, dato che la motivazione del dialogo è rivolta al reperimento di informazioni utili sugli stili di vita, i bisogni, i desideri. e, sempre più spesso, il ruolo esercitato dai così detti influencer, chiamati ad intrattenere relazioni continuative in canali di comunicazione a cui inviare valutazioni e condividere esperienze, diventa difficilmente riconoscibile12. Con il rischio che la fiducia indotta dall’immagine possa indurre i consumatori a compiere scelte di acquisto non desiderate, come è recentemente accaduto nel caso deciso dall’autorità garante della concorrenza e del mercato (aGCm) – che ha suscitato sentimenti di particolare biasimo da parte dei followers – in ordine alla promozione del Pandoro Pink Christmas accompagnata da una strategia comunicativa posta in essere da una nota influencer e diretta a convincere il pubblico della finalità benefica – in realtà inesistente –connessa all’acquisto del Pandoro caratterizzato da un packaging contenente uno spolvero (zucchero a velo) di colore rosa e gli identificativi del marchio «Chiara ferragni»13.
4. Obblighi informativi e aspetti problematici della circolazione degli alimenti
il mercato on line ha, dunque, conosciuto una crescita esponenziale e, complici anche le più recenti vicende sanitarie destinate a modificare in profondità le modalità di acquisto, l’utilizzo dei siti web si presenta necessario nell’organizzazione commerciale di aziende motivate dall’abbattimento delle barriere geografiche per eliminare handicap
di localizzazione e promuovere possibilità di incontro con un pubblico indeterminato di consumatori
ad avvicinarci alle tecnologie digitali sono, sopra tutto, le imprese condotte da giovani muniti di un elevato grado di formazione professionale e accesso ai gradi superiori di istruzione, interessati a mostrare immagini di luoghi periferici con le relative caratteristiche naturali e paesaggistiche, anticipando un itinerario di degustazione. ma la stessa vivacità è misurabile anche nell’allestimento strumentale di aziende collegate strettamente al mercato con gli altri canali distributivi.
diverse sono, quindi, le forme sviluppate di vendita on line: dall’allestimento di botteghe virtuali (così detti: e-shop) in grado di sfruttare l’estensione della rete, sia pure val orizzando l a v i c inanza c on gl i utenti tramite l’ offerta di c onfezioni di p rodotti a domi c i l io c on p ro p ri mezzi di tras p orto , a ne g ozi di v i c inato , c he funzionano c ome magazzini virtuali, facenti capo ad intermediari specializzati. «fare shopping in giro per il mondo senza muoversi da casa»14 diventa una formida b i l e o pp ortunità c he ri c hiede , p iuttosto , di a pp restare un quadro di misure ade g uate a rimuo v ere ritardi e resistenze, da parte dei potenziali consumatori, c reando c onsa p e v o l ezza dei diritti c he ad essi sono ri c onos c iuti quando si c o ll e g ano alla rete e perfezionano un acquisto.
La disciplina sulla vendita a distanza conclusa on line, prevista da disposizioni di fonte europea15 provvede, in questo senso, ad introdurre strumenti chiave di tutela del consumatore di alimenti, riconoscendo l’effettiva possibilità di ordinare le proprie preferenze agli stili di vita imposti da una società digitalizzata. Proposte ingannevoli o fraudolente, approdate anche all’esame del giudice, vengono a mettere in discussione il normale
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affidamento dei fornitori di collegamenti ipertestuali e, insieme, degli stessi soggetti che dispongono dei servizi di server. ad esempio, è assai conosciuta la messa in commercio dei così detti wine kit: imballaggi contenenti mosto, tappi, etichette, ordinati on line dal consumatore interessato alla fabbricazione artigianale di vini a indicazione geografica. quando, però, ad essere fornito dal venditore in base a segni espliciti di origine (le effigi della bandiera italiana e del Colosseo) sia un mosto di cui si accerti la provenienza cinese, risulta integrata la violazione dell’art. 517 cod. pen. 16 .
5. Responsabilità dell’intermediario digitale
al di là della rilevanza di condotte penalmente sanzionate occorre, in generale, richiamare l’attenzione sulla disciplina riservata alla vendita mediante tecniche di comunicazione a distanza17 .
infatti, «le offerte commerciali, sempre più personalizzate grazie all’elaborazione automatica dei dati relativi a preferenze e abitudini di acquisto e a consultazioni di siti commerciali, spiegano la propria azione di condizionamento in una fase ancora precedente rispetto al processo di decisione e acquisto, cioè in quella di formazione del bisogno»18 così che sia proprio l’acquisita familiarità digitale a creare le occasioni di vulnerabilità della consapevolezza negoziale. Con riguardo alla serie delle indicazioni obbligatorie da presentare ai fini dell’offerta sono, dunque, previste modalità accessorie di comunicazione in grado di tener conto della debolezza digitale in cui venga a trovarsi l’utente. Perciò, le stesse informazioni – ad eccezione del termine minimo di conservazione o della data di scadenza – devono risultare disponibili prima della conclusione dell’acquisto e riprodotte sul modulo d’ordine con facilità di reperimento. Così come, al momento della consegna devono essere di
MARINUS VAN REYMERWALE, Il cambiavalute
nuovo disponibili ai fini della conferma della pattuizione in modo che l’utente possa ricorrere all’apparato rimediale previsto nel caso in cui il prodotto risulti difforme dalle condizioni di durabilità e di prezzo su cui si era già formato il consenso. d’altra parte, si osserva come tecniche di comunicazione particolarmente efficaci abbiano consentito ai gestori delle reti commerciali di influenzare il comportamento degli utenti, avvalendosi di un continuativo e unilaterale monitoraggio degli accessi in rete, in grado di rivelare attitudini, preferenze e bisogni. La viralità della rete ha, ad esempio, messo in evidenza i presupposti di gravità ed urgenza dell’intervento dell’autorità garante della concorrenza e del mercato, nella situazione di emergenza sanitaria riconducibile alla diffusione della pandemia, con riguardo a pratiche di vendita on line di prodotti presentati come dispositivi medici, o, comunque, caratterizzati da proprietà preventive e curative da contagio del virus19
oltre a determinare un rafforzamento delle sanzioni applicabili, occorre, dunque, prevedere ulteriori modalità di controllo basate sull’uso del web e delle tecnologie digitali
Purtroppo, nonostante l’entrata in vigore del regolamento (ue) n. 2022/2065 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022, il sistema di attribuzione della responsabilità in capo agli intermediari digitali, per quanto riguarda il contrasto dei contenuti illegali, la disinformazione e altri rischi inerenti alla circolazione dei prodotti, risulta ancora insufficiente in relazione alla neutralità del trattamento tecnico e automatico delle informazioni e, cioè, escludendo che «il prestatore di servizi intermediari svolga un ruolo attivo atto a conferirgli la conoscenza o il controllo di tali informazioni» (considerando n. 18 reg. cit.). non c’è alcun sistema interno di com-
pliance congegnato per vagliare l’effettiva affidabilità dell’accesso ad una piattaforma o la qualità delle performance di un motore di ricerca, mentre la promessa di una condotta diligente stabilita a carico del prestatore di servizi non trova una reale traduzione in termini di incremento di garanzia. L’unica clausola di organizzazione che sia rivolta, sia pure indirettamente, a rafforzare il contrasto di contenuti illegali, è quella che prevede l’attuazione di notifiche da parte dell’utente, ma la sospensione del servizio può essere disposta solo in base alla frequenza della fornitura di contenuti illegali.
6. Competenze digitali e ricomposizione delle asimmetrie informative
se il complesso delle regole appare diretto ad evitare che l’acquirente cada nei tranelli di uno scambio alternativo all’usuale presenza in un luogo fisico, l’inesorabile sviluppo di servizi on line sembra, però, dipendere dalla soddisfazione che la maggior parte dei consumatori ricava dalla formula L’acquisto non viene ad esaurirsi nella sequenza simultanea proposta-accettazione, ma consacra, a livello intermedio tramite un dialogo oggettivo e tecnicizzato, la ricerca di una serie di elementi rilevanti per una consapevole decisione negoziale20. in generale, «per il moderno consumatore, mangiare, il mangiar bene, trascende ampiamente il palato. La ricerca della naturalità, l’attenzione alla salute, la riscoperta delle radici, l’interesse per la zona di provenienza, la sensibilità alla componente storico-antropologica, il loisir, la dimensione estetica si sommano, e interferiscono, con la gratificazione orale nell’apprezzamento di molti cibi»21
Per questo, la scelta di acquisto di un alimento assume una forte valenza sociale e definisce in modo rilevante la sfera esistenziale
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del consumatore sempre più fornito di linguaggio tecnico e dotato di cultura degustativa. e sociale significa che ne parla, rivendicando la gratificazione per l’acquisto in termini di qualità e conferma della attesa, con un forte bisogno di rassicurazione in circuiti sempre più ampi di comunicazione, avvalendosi di internet e dei dispositivi mobili connessi alla rete, fino a tradurre una esperienza di natura individuale in una prassi all’insegna di una dimensione etica e culturale da condividere in chat e blog. i consumatori che si avvalgono dell’offerta di prodotti sui mercati on line attraverso recensioni e raccomandazioni esprimono opinioni di rilevante impatto nell’orientamento del consenso sull’acquisto – in un mercato, comunque, condizionato dal gusto degli altri, dalle guide e dai consigli interessati di esperti – tanto da indurre il legislatore europeo a prevedere una ulteriore forma di slealtà riguardo a pratiche commerciali che inducono erroneamente a ritenere che la pubblicazione sia eseguita da chi abbia effettivamente fatto l’acquisto anche valutandone l’attendibilità sul piano personale22 Così come è fatto divieto di pubblicare raccomandazioni o recensioni false, postando, ad esempio, il simbolo di interazione like – mi piace sui media sociali a fini promozionali ovvero veicolando un giudizio positivo formulato in un contesto narrativo diverso da quello digitale a cui è destinato.
note
1 Così e. scarpellini, la spesa è uguale per tutti. l’avventura dei supermercati in italia, Venezia, 2007, 8-9.
2. sul punto, si rinvia alla documentata ricerca di V. zamagni, l’evoluzione dei consumi fra tradizione e innova-
zione, in storia d’italia, annali 13, l’alimentazione a cura di a. Capatti, a. de Bernardi e a. Varni, cit., 202.
3 È la tesi espressa da n. irti, scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1988, 354.
4 in argomento, v. G. oppo, Disumanizzazione del contratto, in Riv. dir. civ., 1998, i, 525.
5 si veda, ancora, f. Bocchini, squilibrio e buona fede nei contratti per adesione nel volume curato dall’a., Diritto dei consumatori e nuove tecnologie, vol. i, Gli scambi, torino, 2003, 73.
6 sono parole di V. franceschelli, Consumatori e nuove tecnologie. Cittadini nell’era digitale, in la tutela dei con-
sumatori in internet e nel commercio elettronico. Contratti – Responsabilità – Rimedi a cura di e. tosi, tomo i, milano, 2012, XXXi.
7 Così f. rampini, la fine dei centri commerciali. il simbolo
degli stati Uniti sconfitto nell’e-commerce. E le città cambiano faccia, in la Repubblica, martedì 11 luglio 2017.
8 ampie osservazioni sulle forme più attuali di vendita si devono a m. d’addezio, Vendita a distanza e altre mo-
dalità di vendita diretta di prodotti agricoli e alimentari: mol-
teplicità di questioni giuridiche e di interessi coinvolti, in
Dir. agroal., 2020, n. 1, 23.
9 in argomento, v. G. Parisi, il commercio elettronico, in
Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione
a cura di s. sica e V. zeno-zencovich, milano, 2007, 333. 10 in argomento, cfr. G.L. falabrino, Pubblicità serva pa-
drona. i protagonisti, la storia e i retroscena del mondo della comunicazione, milano, 1989.
11 Cfr. m. taddeo, Fiducia online: rischi e vantaggi, in Manuale di informatica giuridica e diritto delle nuove tecnologie a cura di m. durante e V. Pagallo, torino, 2012, 419.
12 si rinvia al mio Piattaforme online e motori di ricerca: sul rischio di accesso del consumatore digitale di alimenti,
in Dir. agroal., 2023, 257.
13 Cfr. autorità garante della concorrenza e del mercato, provv. n. 31002 (Ps12506) 14 dicembre 2023, Balocco –sostegno all’ospedale Regina Margherita, in Boll., 18 dicembre 2023, n. 48.
14 Così f. di Ciommo, voce internet 1) Responsabilità civile, in Enc. giur., agg., roma 2001, 9.
15 il rinvio è alla direttiva 2011/83/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio modificata dalla direttiva (ue) 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori e, successivamente, dalla direttiva (ue) 2024/825/ue del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 febbraio 2024, che modifica le diret-
tive 2005/29/CE e 2011/83/UE per quanto riguarda la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione su cui v., in dottrina, ex multis, anche per i riferimenti bibliografici s. Bolognini, Regole dell’ ecommerce per i prodotti alimentari, in Trattato di diritto
alimentare italiano e dell’Unione europea a cura di P. Borghi, i. Canfora, a. di Lauro e L. russo, milano, 2024, 288.
16 Cfr. Cass. pen., sez. iii (15 gennaio 2020) 9 marzo 2020, n. 9357, in wwwdejure.it
17 Cfr. f. aversano, sulla circolazione degli alimenti nel virtuale e nel metaverso. intersezioni e modelli possibili, in Dir.
agroal., 2024, n. 2, 265.
18 Così C. Punzi, Verso un consumatore digitalmente avveduto? l’intelligenza artificiale e le nuove frontiere della tutela del consumatore, in lo scaffale dell’inganno. Marketing cooperativo e regolamentazione della pubblicità a mia cura per i tipi dell’editore franco angeli, milano, 2021, 99.
19 il rinvio è alle delibere dell’autorità Ps11732-oxy-
store – Vendita on line prodotti emergenza sanitaria, provv. n. 28444, del 10 novembre 2020, in Boll. n. 47/2020 e Ps
11723-Farmaco coronavirus.it-kaletra, provv. n. 28389, del 13 ottobre 2020, in Boll. n. 43/2020.
20 in argomento, v. e. tosi, le asimmetrie e le forme della contrattazione telematica nel commercio elettronico. il con-
tratto virtuale con i consumatori, in la tutela dei consuma-
tori in internet e nel commercio elettronico. Contratti –
Responsabilità – Rimedi a cura dell’a., cit., 142 e seg.
21 Così G. fabris, Dimensione ed evoluzione dei consumi
alimentari, in la Cultura italiana diretta da L.L. Cavalli
sforza, Vi volume, Cibo, gioco, festa, moda a cura di C.
Petrini e u. Volli, cit., 173.
22 il riferimento è alla già citata direttiva (ue)
2019/2161 e, in specie, all’art. 3 con riguardo alle mo-
difiche all’art. 7 della direttiva sulle pratiche commer-
ciali sleali, su cui v. amplius s. Bolognini, la vendita a
distanza dei prodotti alimentari fra innovazione del mercato
agroalimentare e regime della tutela, cit. 402-403.
www.factorit.it
www.bps-suisse.ch
www.bntbanca.it
Eugenio Prosperetti
Avvocato in Roma, docente di Informatica Giuridica e Diritto Commerciale, Università “LUISS” Roma
Quale rapporto tra intelligenza artificiale generativa e diritto d'autore?
1. Un creatore inconsapevole
negli ultimi tempi molte sono state le testimonianze e notizie di uso di sistemi di ia generativa nell’ambito dell’opera creativa: generazione di musica, immagini, fotografie, testi di fantasia e scientifici, programmi per elaboratore, filmati ed altro ancora abbiamo assistito alla composizione da parte dell’ia della decima sinfonia “di Beethoven”1 , al completamento di canzoni lasciate incompiute da John Lennon, alla generazione di foto improbabili del Papa, dell’ex presidente trump e di altri noti personaggi, a volte addirittura sono stati generati video e discorsi in realtà mai esistiti sono balzati alla cronache i casi di notizie inventate di sana pianta da sistemi ia e diffuse tramite siti creata, altrettanto di sana pianta, da sistemi di intelligenza artificiale2 .
Le università, i quotidiani, le imprese e, addirittura, gli studi legali, si interrogano sulle modalità con le quali integrare il lavoro dell’ia generativa nei loro processi: un avvocato americano si è trovato in difficoltà perché un atto depositato in un giudizio e redatto grazie all’ia, citava giurisprudenza integralmente inventata3 , numerosi docenti universitari hanno notato un uso massiccio dell’ia generativa nelle tesi e componimenti dei propri studenti, le software house si domandano se in un futuro prossimo sarà possibile fare a meno dei programmatori… insomma l’era dell’ia
generativa è decisamente iniziata - anche se a livello di mercato sussistono ancora seri dubbi su quale sia il “modello di business” applicabile a queste tecnologie - ed è innegabile che tale strumento stia a c quisendo p o p o l arità e diffusione ogni giorno che passa, ben oltre la cerchia degli appassionati di tecnologia. quali sono dunque i limiti, le accortezze e le criticità di cui essere consapevoli nel valutare le modalità dell’impiego di tale innovativo strumento nell’ambito di attività autoriali e creative in genere?
numerosi studiosi si sono lungamente interrogati sulla possibilità di attribuire dal punto di vista autoriale la creazione di un’opera direttamente all’intelligenza artificiale4 .
tale ragionamento non coglie tuttavia quello che, ad avviso di chi scrive, è il tema centrale e prioritario da risolvere, quando si parla di rapporto tra ia e opera creativa, nonché il convitato di pietra di qualsiasi dibattito sull’intelligenza artificiale: come si rapporta l’addestramento del sistema ia dati protetti dal diritto d’autore che siano utilizzati
È ormai conoscenza comune che l’intelligenza artificiale per svolgere le proprie funzioni abbia necessità di un approfondito addestramento , un p ro c esso ne l qua l e i l sistema ana l izza g randi quantità di dati relativi ia problemi che sarà chiamato a risolvere, ne internalizza il contenuto e le
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correlazioni ed elabora un sistema di sinapsi artificiali - indecifrabile anche dai propri stessi sviluppatori - tarato per rispondere in maniera coerente con le suddette correlazioni, an c he o v e p resentato c on dati nuo v i e sconosciuti. quanto più un sistema sarà chiamato a compiti di generazione il cui risultato astrattamente rientra nel dominio autoriale (immagini, testi, video, musica, disegni, foto, partiture, ecc.) o, addirittura, dell’invenzione industriale (brevetti, design), o, ancora di opere quali il software - anche esso protetto dal diritto d’autore - tanto più dovrà essere intensa l’esposizione del sistema ad opere simili a quelle che esso dovrà essere chiamato a generare. il problema è anche che l’ia, di per sé, non ha la più pallida idea che sta emulando autori umani: è come uno studente che impara alla perfezione a realizzare alcuni tipi di opere e poi perde la memoria e non si ricorda più come ha fatto ad imparare e cosa ha studiato rimanendo però perfettamente capace di eseguirle. C’è inoltre il fatto che l’ia generativa è differente da un motore di ricerca: il suo scopo non è catalogare e aiutare a trovare l’esistente, ma generare ex novo risposte pertinenti alla domanda ricevuta: nulla ci assicura che siano vere, il sistema adempie il suo scopo anche solo fornendo risposte verosimili. Chi scrive, ad esempio, ha provato a chiedere una bibliografia sul tema diritto e intelligenza artificiale, ricevendo in risposta una ventina di interessanti riferimenti il problema è che erano tutti inventati combinando titoli plausibili, titoli di riviste simili a quelle esistenti e nomi reali di autori che si sono occupati della materia. nel caso in cui un sistema di intelligenza artificiale, sia addestrato per emulare l’opera di Van Gogh, dei Beatles o di Beethoven, di
rembrandt, possiamo allora dire che l’opera generata dal sistema sarà originale e chi potrà essere considerato in tal caso autore? in via astratta si potrà dire che il lavoro ha
una sua originalità perché è nuovo… occorre però considerare che l’ia lo ha potuto generare in tanto in quanto ha “imparato” analizzando opere esistenti (spesso tutte le opere esistenti di un certo autore). il fatto che l’addestramento sia stato compiuto ricavando caratteristiche e percorsi logicorealizzativi da opere di autori umani, porta allora a considerazioni molto diverse n e l diritto d ’ autore hanno mo l ta importanza le norme relative alle opere c.d. “derivate”: queste sono - in sintesi - le opere nelle quali rimangono riconoscibili gli elementi di altre opere protette, che ne costituiscono p arte essenzia l e e p re v a l ente . P er l a produzione, comunicazione e circolazione di ta l i o p ere è norma l mente ne c essaria l’ autorizzazione de ll’ autore de ll’ o p era originaria: ia sensi dell’art. 18 della Legge su l d iritto d ’a utore (L. 633/41 e s . m . i .) l’autore ha il diritto esclusivo di introdurre nell’opera qualsiasi modificazione; esercitando il c.d. “diritto morale” l’autore può, anche dopo la cessione dei diritti stessi (quindi anche dopo aver autorizzato la creazione dell’opera derivata) sempre rivendicare la paternita’ dell’opera ed opporsi a qualsiasi deformazione , muti l azione od a l tra modifi c azione , ed a o g ni atto a danno de ll’ o p era stessa , c he p ossano essere di p re g iudizio a l suo onore o a ll a sua reputazione. questo potrebbe avvenire, ad esempio, se l’opera risultante utilizzi gli elementi creativi dell’opera originaria abbinati ad elementi che la denigrano o denigrano l’ autore o , an c ora , c he siano da ll’ autore reputati offensivi o inappropriati
È dunque evidente che, laddove l’ia generi un’opera che presenti icto oculi caratteristiche
riconoscibili di un’opera creativa pre-esistente e che ancora non sia in pubblico dominio, l’ autorizzazione de ll’ autore de ll’ o p era originaria è necessaria; nulla cambia che l’opera sia stata “generata” mediante processi automatizzati dall’intelligenza artificiale… in fondo se il sistema ha imparato a dipingere “come Van Gogh” è perché ha potuto visionare e studiare le opere del genio olandese, senza le quali non avrebbe potuto acquisire tali capacità. anche se l’opera di partenza fosse già in pubblico dominio, l’ia (o, meglio, il suo realizzatore) non potrebbe reclamare diritti autoriali: l’autore (passato a miglior vita) non
potrebbe opporsi… ma nemmeno l’ia potrebbe reclamare diritti esclusivi, salvo quanto si dirà più avanti sul tema delle condizioni contrattuali che regolano l’uso dell’ia.
tema diverso, invece, è se l’ia genera un’opera nuova trovando dei percorsi nuovi ed originali rispetto a quanto ha analizzato: in sostanza se l’ia compone (come ha fatto) una pretesa decima sinfonia di Beethoven, contenente stilemi e struttura tipica del maestro o compone invece una sinfonia dove non sono riconoscibili ad orecchio esperto apporti da opere esistenti perché la rielaborazione è stata talmente profonda che
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PAUL GAUGUIN, Donne di Tahiti sulla spiaggia
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il risultato si può dire originale; mentre nel primo caso, se l’opera è protetta, occorre l’autorizzazione dell’autore, nel secondo caso potrebbe non essere necessaria e il dibattito è se la “macchina” possa allora essere considerata autore o l’autorialità spetti in ogni caso al creatore del sistema di ia. il fatto che l’ia debba essere addestrata introduce però una ulteriore complessità: nel c aso in c ui l’ o p era risu l tante non sia chiaramente riconoscibile come derivata da un’opera esistente, potrebbero comunque essere state uti l izzate o p ere p rotette p er l’addestramento: è necessaria l’autorizzazione de ll’ autore p er uti l izzare l e o p ere de l medesimo per addestrare un modello di ia? ad esempio, un editore potrebbe utilizzare tutto il proprio catalogo per addestrare una ia a scrivere?
La questione qui è spinosa: i contratti di edizione - che regolano i rapporti tra l’autore e il suo editore - generalmente non prevedono un ’ es p ressa autorizzazione de ll’ autore a c onsentire a ll’ editore usi de ll’ o p era ad alimentare sistemi di ia: nel diritto d’autore il principio è che l’autore ha il diritto esclusivo di autorizzare ogni tipo di utilizzo dell’opera da parte dell’editore. È però anche vero che i l diritto d ’ autore tute l a so l amente l e utilizzazioni in concorrenza con l’interesse e c onomi c o de ll’ autore da una p arte , e , dall’altra, il diritto morale (essere identificato come autore, integrità dell’opera, reputazione) e, dunque, nel caso di specie, occorrerebbe determinare se la finalità per la quale sia autorizzato il modello di ia sia o meno lesiva p er l’ autore , sotto gl i as p etti a pp ena menzionati. ad esempio, riterrei non sarebbe inibito dal diritto d’autore l’utilizzo di opere per addestrare un modello di ia dedito ad ottimizzare la catalogazione di una biblioteca o org anizzare una c o ll ezione musea l e o , ancora, imparare a identificare un’opera falsa
perché l’uso dell’opera nell’impostazione del sistema non sarebbe volto alla creazione di altre opere ed avrebbe un fine certamente non lesivo per gli interessi dell’autore.
2. L’attuale normativa sul diritto d’autore e le relative eccezioni
il diritto d’autore prevede alcune eccezioni - che sono particolari casi previsti dalla Legge in cui le opere possono essere utilizzate senza autorizzazione dell’autore. non è questa la sede per passarle tutta in rassegna ma è bene ricordarne alcune, ad esempio il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico, effettuati per uso di critica, di discussione, di insegnamento o di ricerca scientifica, il tutto nei limiti giustificati da tali fini e purché non in concorrenza all’uso remunerato dell’opera da parte dell’autore; è inoltre previsto che vengano menzionati titolo dell’opera, l’autore, l’editore e, nel caso in cui si tratti di traduzione, del traduttore. altra eccezione degna di nota è quella relativa alle utilizzazioni dell’opera svolte nell’ambito ed entro i limiti dell’esercizio del diritto di cronaca e dello scopo informativo ovvero del fine di pubblica sicurezza, di opere o materiali protetti utilizzati in occasione di avvenimenti di attualità, di discorsi su argomenti di interesse politico o amministrativo tenuti in pubblico, nonché di estratti di conferenze aperte al pubblico; anche in questo caso, a condizione che si indichi la fonte, il nome dell’autore, oltre a data e luogo dell’avvenimento e, ancora, la parodia, la caricatura o il “pastiche” (l’uso di varie opere per crearne una totalmente diversa, come avviene ad esempio nel collage).
Peraltro l’ultima direttiva ue sul diritto
d’autore - arrivata dopo oltre 20 anni dalla precedente - introduce una eccezione sul c.d.
text and data mining: prelevare massivamente testi e dati da internet per utilizzarli nei propri servizi e questa potrebbe - in teoriaservire per acquisire le opere e contenuti per l’addestramento dell’ia.
ma può l’opera generata dall’ia effettivamente beneficiare di queste eccezioni sottraendosi al dominio autoriale?
salvo l’uso in ambito didattico, in cui l’eccezione potrebbe operare e consentire di generare opere ad uso didattico/educativo e il text and data mining effettuato allo stesso scopo, esse normalmente non sono applicabili.
uno dei motivi è che quasi nessun sistema di intelligenza artificiale è progettato per citare la fonte, cosa richiesta perché possa essere validamente applicata una eccezione. Come si è detto, l’intelligenza artificiale impara da contenuti esistenti ma, da questi, deriva i propri processi logici senza ricordare la fonte; non ricorda da dove ha preso la “ispirazione” e non saprebbe citare l’autore, cosa necessaria per poter beneficiare della gran parte delle eccezioni. Per ricostruire il percorso generativo e, in ultima analisi, citare la fonte, occorrono sistemi progettati appositamente (c.d. selfexplainable). incidentalmente si può notare che questo costituisce anche un problema serio laddove l’ia sia chiamata a prendere decisioni amministrative o contrattuali che impattano i diritti delle persone: infatti - specie per la Pubblica amministrazione - una decisione che non possa essere motivata è solo per questo annullabile dal giudice anche la sopra ricordata eccezione di text and data mining sconta il fatto che, laddove
lo scopo per cui viene estratto il contenuto non sia educativo, di ricerca o di tutela del patrimonio culturale, essa può essere esclusa dall’autore, semplicemente dichiarando sul sito che il contenuto non può essere
assoggettato a tecniche di estrazione (noto La diega, 2018).
il sistema delle eccezioni utilizzato nel diritto d’autore europeo è tassativo: non si possono introdurne di nuove interpretando la Legge. negli stati uniti, invece, il sistema, chiamato fair use è flessibile e la possibilità di usare liberamente contenuti soggetti a copyright dipende dal verificarsi di alcune condizioni generali che - nei casi più complessi - richiedono accertamento da parte del giudice; le condizioni di fair use prevedono la verifica di quattro ambiti: il fine e la natura dell’uso dell’opera, la natura dell’opera che si intende utilizzare, la quantità e importanza della parte utilizzata in relazione all’opera nel suo complesso e, non ultimo l’effetto dell’uso sul mercato e sul valore dell’opera protetta. se si dimostra che l’uso non è pregiudizievole per l’opera, tenendo conto di tutti i criteri si può usare l’opera in assenza di autorizzazione del titolare del copyright (da ricordare peraltro che, a differenza del diritto d’autore, che sorge automaticamente in capo a chi crea l’opera, il copyright sorge in capo a chi la va a registrare e solo se la stessa viene registrata).
ebbene, secondo recenti studi, il sistema del fair use è nettamente più favorevole all’opera generata da ia rispetto al sistema europeo delle eccezioni e non sarebbe molto complesso, in situazioni che verrebbero vietate in ue dimostrare che sussiste diritto di fair use di opere autoriali per generare contenuti mediante ia5 ma è positivo che si riesca ad utilizzare le opere protette nell’ambito dell’ia generativa e stigmatizzare la ricostruzione rigorista che vede l’opera creativa dell’ia “costretta” a render conto e chiedere permesso agli autori? sono forse immotivate le proteste degli sceneggiatori usa contro l’utilizzo dell’ia
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generativa? in realtà, esistono seri motivi per i quali uno scenario in cui l’ia “genera” senza limitazioni rispetto all’uso dell’opera umana non sarebbe desiderabile. se l’ia fosse in grado di liberamente inondare le reti di materiale creativo fatto per “assomigliare” alle originali creazioni autoriali e generato utilizzando le stesse come canovaccio, ben presto nessuno sarebbe più in grado di distinguere cosa effettivamente sia creazione umana e cosa sia imitazione artificiale. La potenza dell’ia è in grado infatti di generare miliardi di nuovi contenuti in pochissimo tempo. in una tale situazione, ben presto, i modelli generativi dell’ia inizierebbero ad essere addestrati anche con una larga parte di contenuti generati dalla stessa ia e si avrebbe una sorta di gatto che si mangia la coda: avremmo enorme capacità di replicare ma sempre più difficoltà a inserire spunti originali nel processo creativo. aggiungiamo che i contenuti generati dall’ia devono anche seguire le regole di base del sistema, che filtrano i contenuti per evitare responsabilità del produttore e, oltre tutto, scontano il bias, il pregiudizio involontario che - come gli attuali modelli di ia stanno dimostrandoviene ingenerato per motivi statistici analizzando grandi quantità di contenuti. il ra pp orto tra ia ed o p era c reati v a funzionerà se saranno c hiaramente indi v idua b i l i gl i e l a b orati de ll’ia, resi distinguibili rispetto ad elaborati originali umani. i modi per farlo ci sarebbero: ad esem p io c ontrasse g nando c on un c. d “watermark”, una segnatura digitale indelebile, il prodotto dell’ia, similmente a come avviene per le fotocopiatrici a colori, che sono per Legge programmate per scrivere “fac simile” se viene fotocopiata una banconota, in maniera che non ci sia il rischio che esse vengano utilizzate per creare soldi falsi. Vedremo tra
poco che, in realtà già oggi - spesso senza saperlo - chi usa sistemi di ia generativa ha in genere una obbligazione contrattuale di dichiararlo e se si troverà un modo per tarare in maniera accettabile regole e filtri. non mancano, peraltro, casi in cui gli autori di contenuti utilizzati massivamente per l’addestramento dei sistemi di ia generativa reclamano per le vie legali l’uso non autorizzato degli stessi. un caso interessante su questo tema vede microsoft, con la sua filiale Github, e il suo partner commerciale openai presi di mira in una proposta di azione legale collettiva in cui si sostiene che la creazione di Github Copilot, l’assistente alla programmazione dotato di intelligenza artificiale, si basa su una “pirateria software su scala senza precedenti” (Claburn, 2023). La class action sostiene che, addestrando i loro sistemi di ia su repos¬ti pubblici di Github (anche se, in base alle loro dichiarazioni pubbliche, forse molto di più), i difensori hanno violato i diritti legali di un vasto numero di creatori che hanno pubblicato codice o altro lavoro sotto determinate licenze open-source su Github e che, per questo motivo, le aziende che hanno creato i sistemi di ia devono essere ritenute responsabili.
Gli sviluppatori hanno pubblicato materiali protetti da copyright (software sviluppato da ciascun utente) su Github, rendendoli così pubblicamente disponibili sulla piattaforma, ma solo in base ai termini e alle condizioni di licenza applicabili: una delle condizioni più importanti poste dalle licenze di Github era che qualsiasi utilizzo dei materiali disponibili richiedeva l’attribuzione al titolare del copyright. microsoft ha infine acquisito Github e
avrebbe utilizzato il codice software presente su Github, caricato dagli utenti in base alle licenze Github, per addestrare un modello
di intelligenza artificiale denominato Copilot, che dovrebbe assistere gli utenti di Github nello sviluppo di nuovo codice. La prima domanda da porsi è se l’utilizzo per l’addestramento sia in violazione della licenza Github, dato che il sistema non è stato addestrato per considerare e dare un’attribuzione al codice che ha reso come output; la seconda domanda è se l’utilizzo per l’addestramento sia in violazione del diritto d’autore, mentre la terza domanda da porsi è se l’output di CoPilot possa essere considerato un’opera derivata dal codice utilizzato per l’addestramento del sistema. se la licenza vieta espressamente tale uso si avrebbe una violazione del contratto tuttavia, se consideriamo solo il problema del copyright, per quanto riguarda le opere protette eventualmente utilizzate come “dati” per l’addestramento - estratti da un database o reperiti localmente - come abbiamo detto sopra non possiamo stabilire sempre ed automaticamente che l’uso e la riproduzione di dati protetti da copyright nel contesto delle operazioni di addestramento comportino una violazione del copyright e sarà dunque interessante seguire il caso in questione
3. Criticità delle condizioni d’uso dei sistemi IA generativi
nelle considerazioni sin qui svolte c’è un convitato di pietra: il contratto che lega l’utente del sistema di ia al suo sviluppatore
Per utilizzare un sistema di ia generativa dobbiamo prima accettare un contratto.
È superfluo aggiungere che nessuno normalmente legge tali condizioni d’uso prima di azionare il famigerato pulsante “accetto”.
È invece opportuno leggere con attenzione
le condizioni d’uso di un’ia generativa? Ci sono differenze tra i vari sistemi o cose da sapere?
un recente esame comparativo6 di alcuni dei più diffusi servizi di ia generativa ha rivelato che essi concedono all’utente l’utilizzo, quando non addirittura la proprietà intellettuale, di quanto viene restituito nelle interazioni con l’ia. q uanto ai dati immessi da ll’ utente nell’interazione con il sistema, se è vero che non ci sono condizioni d’uso che prevedono che il fornitore del servizio ne acquisisca la proprietà, quasi tutte asseriscono il diritto di utilizzo dei medesimi per usi ulteriori rispetto alla contestuale generazione dell’output attesto dall’utente: ad esempio per l’addestramento, l’ ana l isi , i l mi gl ioramento dei ser v izi , l a diagnosi dei malfunzionamenti, ecc. sul punto va detto che dopo che il Garante privacy italiano ha bloccato per varie settimane ChatGPt in italia per carenze nei consensi al trattamento dei dati p ersona l i e ne ll e informati v e rese , i l sistema è stato “aggiornato” per prevedere che l’uso dei dati personali immessi per l’addestramento del sistema sia solo facoltativo (o, meglio, che ci sia la possibilità di escluderlo, il c.d opt-out) ma, a guardare le condizioni d’uso aggiornate vigenti al momento in cui si scrive, sembrerebbe che il problema sia stato solo parzialmente risolto: l’ordine del Garante privacy italiano riguarda - ovviamente - solo i dati p ersona l i p er c h é ta l e ente non è competente per regolare l’uso di contenuti so gg etti a l diritto d ’ autore ; non stu p is c e p ertanto c he op en ai a bb ia adem p iuto precisando che, in caso di richiesta di non uti l izzare i dati p er l’ addestramento / cancellazione, il sistema cancellerà (dopo 30 giorni) i contenuti inseriti a meno che non sia riuscito a rimuovere con successo i dati personali ivi presenti (de-identification).
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questo sembra voler dire che la eliminazione e la scelta di vietare l’uso per l’addestramento non si applica a contenuti protetti dal diritto d’autore.
Le condizioni di Chat-GPt al riguardo
sono piuttosto laconiche, ma contengono una serie di chiare indicazioni che si possono così sintetizzare: (i) l’utente dichiara di avere la titolarità (own) su tutti dati immessi nel sistema (chiamati input), mentre openai concede ogni diritto su quanto venga generato in risposta (output) ma ciò solo a condizione che l’utente rispetti il contratto stipulato per l’uso del sistema. questo comporta una conseguenza che sembra enormemente sottovalutata quando si prefigura l’uso massivo di ia generative in applicazioni di vasta diffusione, per servizi della pubblica amministrazione, dedicati alla didattica, all’impresa, ecc. ogni contenuto generato non è ceduto in proprietà all’utente: esso è concesso solamente in licenza revocabile (le condizioni prevedono la libera recedibilità da parte openai) e openai ne conserva la virtuale proprietà. a questo punto, poco importa che sia un contenuto proteggibile o meno dal punto di vista del diritto d’autore perché esso viene trattato dal contratto come un “bene” qualsiasi ed è grazie al contratto che openai conserva la proprietà
Per comprendere questo meccanismo immaginiamo il servizio delle audioguide disponibile in un museo: il museo ci concede di usare le cuffiette e i contenuti dell’audioguida mentre effettuiamo la visita in base a delle condizioni d’uso che vengono esposte al pubblico ma ne mantiene la proprietà, tanto che all’uscita dobbiamo restituire l’apparecchio; anche se, per ipotesi, i contenuti dell’audioguida non fossero protetti dal diritto d’autore, l’utente non ne potrebbe comunque fare una copia per il
semplice motivo che non ha mai avuto la proprietà dell’oggetto. altro esempio (poco noto) è quello relativo all’uso di e-book ottenuti dalle più diffuse piattaforme di editoria digitale o streaming: generalmente non si ha alcuna proprietà dei l i b ri , ri v iste e musi c a fruiti da queste piattaforme, neppure se essi sono ottenuti a pagamento. Ciò consente ad alcuni distributori elettronici di stabilire contrattualmente che, una volta chiuso l’account utente, vengono revocati i diritti di utilizzare i libri acquistati… cosa che avviene anche in caso di passaggio a miglior vita dell’utente. È dunque molto difficile l as c iare ia p ro p ri p osteri una b i bl iote c a composta di e-book se così è, ogni volta che si usa l’ia generativa per produrre un contenuto o per contribuire alla sua produzione, si assegna un “potenziale” diritto contrattuale sull’opera non all’intelligenza artificiale, ma al produttore della stessa e lo stesso potrebbe esercitarlo in futuro, ad esempio togliendo il contenuto dalla circolazione. al tro im p ortante v in c o l o – an c h ’ esso sottovalutato – che condiziona ai sensi della licenza di openai ogni possibilità di utilizzo de ll’ out p ut , è que ll o de ll’ o bbl i g o di comunicare che il contenuto è stato generato uti l izzando i l ser v izio e di fornire ta l e informazione in modo che l’informazione sia chiara e strutturata e che nessun fruitore de l c ontenuto p ossa non notar l a o non c om p render l a . s ussiste ino l tre l’ asso l uto divieto di dichiarare che il contenuto ottenuto tramite i l ser v izio sia stato g enerato interamente da umani. L’inadempimento a questi obblighi dichiarativi, in virtù di quello c he si è detto p rima , fare bb e p erdere l a licenza d’uso del contenuto stesso all’utente. È inoltre obbligatorio dichiarare chi sia l’utente c he ha “g enerato ” i l c ontenuto . È infine o bbl i g atorio ri v edere e c ontro ll are o g ni
contenuto generato, giocoforza assumendosene la responsabilità. L’avvocato che ha usato l’ia p er s c ri v ere l e p ro p rie difese avrebbe dovuto dunque anche informare il giudice che esse non erano farina del suo sacco e, in base alle condizioni contrattuali, egli si è assunto la responsabilità per tutto quanto è stato generato dal sistema; non potrà contestare a Chat-GPt di aver inventato le sentenze citate.
4. Minime conclusioni
La frontiera dell’utilizzo dell’ia generativa per creare contenuti si è appena aperta sarebbe assurdo condannare a priori questi sistemi o, addirittura vietarne l’uso essi possono dare un grande aiuto in molte situazioni. d’altra parte è principio consolidato nel diritto delle nuove tecnologie che la tecnologia, di per sé, non è né buona né cattiva, tutto dipende da come e per quale motivo si usa. non è però peregrino l’invito all’uso con prudenza e nella misura minima indispensabile, almeno finché il regolatore non riuscirà a meglio definire il rapporto tra opera autoriale e ia generativa, occupandosi del complesso tema dell’addestramento del sistema con contenuti protetti. il tema è affrontato solo di sfuggita nel recente regolamento europeo sull’intelligenza artificiale7 .
in usa registriamo già alcuni casi in cui l e autorità federa l i hanno ordinato l a rimozione della programmazione del sistema ia ottenuta uti l izzando c ontenuti non autorizzati.
sarà interessante, nei prossimi mesi e anni, comprendere come evolverà la giurisprudenza sulla questione che - come avvenuto per il diritto d’autore digitale sulle reti - dovrà portare a un ragionevole compromesso tra esi g enze de gl i autori , esi g enze de gl i sviluppatori ed esigenze degli utenti di sistemi di ia generativa
3 Cfr. J. BrodKin, lawyers have real bad day in court after citing fake cases made up by ChatGPT, ars technica, 2023, htt p s :// arste c hni c a .c om / te c h -p o l i cy/2023/06/ lawyers-have-real-bad-day-in-court-after-citing-fakecases-made-up-by-chatgpt/; t. CLaBurn, GitHub, Microsoft, openai fail to wriggle out of Copilot copyright
lawsuit, the register, 2023
4 Cfr tra i molti s. Guizzardi, la protezione d’autore dell’ opera dell’ingegno creata dall’intelligenza artificiale, aida - annali italiani del diritto d’autore, 2018, 42; J.C. GinsBurG - LuKe aLi BudiardJo, authors and Machines, Columbia faculty scholarship archive, 2019, https://scholarship.law.columbia.edu/cgi/viewconte nt.cgi?article=3327&context=faculty_scholarship; L. Chimienti, Diritto di autore 4.0. l’intelligenza artificiale crea?, Pisa, 2020.
5 Cfr. B. soBeL, a Taxonomy of Training Data, in JYh-an Lee, reto m hiLtY, KunG-ChunG Liu (a cura di), artificial intelligence and intellectual Property, oxford university Press (2021); G. noto La dieGa, artificial intelligence and Databases in the age of big machine data, aida, 2018, 93.
6 Cfr. e. ProsPeretti, ChatGPT ed altri tool di ai. Condizioni di utilizzo, questioni di proprietà intellettuale e privacy, in diritto di internet, 2023, 245.
7 Cfr. G. Ghidini, L’europa e la regolamentazione dell’intelligenza artificiale, dimt . diritto mercato e tecnologie, 2021.
O sservatorio sulla giustizia
DOMENICO DI MICHELINO, Dante Alighieri con la Divina Commedia
Alberto Landolfi
Sost. Procuratore della Repubblica presso la D.D.A. di Genova
Per un codice nazionale dei crimini internazionali
I crimini internazionali in generale
La dottrina più moderna, il cui antesignano è stato il filosofo Jürgen habermas, teorico del superamento dell’attuale democrazia rappresentativa a favore di quella deliberativa, ha propugnato la tesi della necessaria costituzionalizzazione dell’ordinamento internazionale, in coerenza con il principio kantiano per cui il diritto non è altro che “l’insieme delle condizioni per le quali l’arbitrio di uno può accordarsi con l’arbitrio dell’altro, in base a una legge universale della libertà”1. nella sostanza, sarebbe necessaria una politica interna mondiale, pur senza un governo mondiale, in modo tale da avviare sul piano generale delle norme vincolanti come quelle in vigore nei singoli stati, dividendo però i tre elementi che nel singolo stato sono sovrapposti: la costituzione politica, l’impianto amministrativo e la coscienza della solidarietà fra i cittadini. il diritto internazionale nasce su base consuetudinaria e ancora oggi trova un ampio riconoscimento a mezzo della consuetudine2), se pur di portata limitata rispetto al diritto pattizio, e ciò avviene, se pur in misura ancor più ridotta, anche per la cooperazione giudiziaria, la quale si fonda quasi del tutto sulla convenzionalità. attualmente assume nella nostra società una sempre maggiore rilevanza la giurisdizione internazionale, forse la forma più alta di cooperazione giudiziaria. in tal caso la rinuncia alla piena giurisdizione statale ha
come scopo il superamento del contenzioso tra stati in diversi campi o, ancor di più oggi, il perseguimento di crimini ai quali viene conferita una natura sanzionatoria sovranazionale e con una conseguente giurisdizione universale, per altro ancorata il più delle volte alla mancanza di volontà o di possibilità del singolo stato interessato a perseguire tali crimini aventi natura internazionale resta il fatto che la funzione di accertamento giudiziario del diritto internazionale permane con caratteristiche tipicamente arbitrali: essa si fonda sulla necessaria competenza pattizia del giudice ma l’argomento che ancora oggi è da considerarsi il più spinoso in materia, soprattutto con riferimento alla cooperazione giudiziaria, è quello di come garantire l’osservanza delle norme internazionali. queste hanno certamente caratteristiche sovranazionali (consuetudinarie o pattizie) ma non sono frutto di una vera e propria manifestazione giuridica, con efficacia impositiva per il singolo stato. il diritto internazionale si caratterizza per una compagine orizzontale e non piramidale, come avviene nel diritto interno di ogni singolo stato, per cui tutti i soggetti partecipi sono sovrani3 e agiscono su un piano paritario, senza la presenza di un’autorità superiore. il rispetto del diritto internazionale si fonda quindi sull’impegno degli operatori giuridici interni di ogni stato che impiegano gli strumenti che il diritto statale offre per garantire l’applicazione della norma sovranazionale e quindi far prevalere le istanze internazionalistiche su quelle nazio-
nalistiche. da ciò il giudizio di alcuni studiosi sulla non effettività e non certezza del diritto internazionale4
La sempre maggiore diffusione della giurisdizione internazionale induce a ritenere sempre più fondata la teoria di una personalità internazionale delle persone fisiche e giuridiche. La tutela pattizia dei diritti fondamentali dell’uomo e il riconoscimento sempre più diffuso al ricorso a organi internazionali dimostrano l’esistenza di un potere di azione in capo al singolo5 .
La personalità, invece, delle organizzazioni internazionali è da considerarsi piena e riconosciuta da oltre 40 anni dalla giurisprudenza internazionale e dalla comunità internazionale6: sono soggetti di diritto internazionale, p osse gg ono a pp arati istituziona l i e sono quindi titolari di diritti e obblighi internazionali, pur avendo competenze limitate dal trattato istitutivo7. Con tutti i limiti propri, non potendo certamente paragonarsi il singolo agli stati che sono soggetti internazionali a pieno titolo, attualmente vige quindi un circoscritto riconoscimento di personalità internazionale per l’individuo. un problema può però sorgere in relazione all’adattamento del diritto interno al diritto internazionale: senza il conformarsi della legislazione nazionale rispetto agli obblighi internazionali, non vi sarebbe possibilità d’azione da parte dell’individuo. tale tesi è solo parzialmente corretta perché attualmente in molti casi le norme internazionale trovano immediata applicazione in caso di responsabilità scaturente per la commissione di gravi crimini internazionali (cd. crimina juris gentium: contro la pace, contro l’umanità o di guerra): in tale ipotesi gli individui-autori sono destinatari di norme sanzionatorie di diritto internazionale. ma anche il riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, dai quali consegue una limitata legittimazione attiva (oltre quella
generale passiva) nei procedimenti giurisdizionali internazionali8 , finisce col confermare la tesi in questione
ma ancor prima di discutere della praticabilità di un codice dei crimini internazionale avente una natura universale, oppure dell’adozione da parte di ogni singolo stato di una codificazione avente rilevanza nel diritto interno, andrà concentrata l’attenzione sulla pratica applicabilità a livello sovranazionale del compendio normativo sostanziale. attualmente esistono due organi giurisdizionali internazionali: la Corte di internazionale di giustizia dell’aja, risalente al 1945 e organo dell’o.n.u., che sostanzialmente dirime le controversie tra gli stati partecipanti all’organizzazione, nonché la Corte penale internazionale dell’aja, in vigore dal 2002, la quale non è un organo dell’o.n.u. e la sua competenza riguarda, come già accennato, i crimini internazionali più gravi (cd crimina iuris gentium) come il genocidio, i crimini contro l’umanità e il crimine di aggressione9. fortemente voluta dall’assemblea generale dell’o.n.u. che nel 1994 elaborò l’intento di formulare un codice sui crimini e uno statuto per la Corte penale internazionale, cd statuto di roma, Corte poi entrata in vigore esattamente l’1/7/02 (lo statuto è stato in seguito parzialmente modificato nel 2010), con una competenza di carattere accessorio (cd. principio di complementarità, art. 17): ciò sta a significare che essa interviene solo se gli stati interessati non agiscono per punire i crimini internazionali10. essa ha quindi abbracciato la già vigente norma consuetudinaria internazionale, in uso dagli inizi degli anni 90, secondo la quale i crimini internazionali più gravi possono essere puniti anche a mezzo dei tribunali interni delle singole nazioni: si tratta della nozione di giurisdizione internazionale universale. si è sviluppata a livello internazionale la
consapevolezza che il godimento effettivo dei diritti umani è indissolubilmente legato alla loro concreta protezione e non semplicemente alla loro mera enunciazione formale. tale giurisdizione diffusa permetterebbe a qualsiasi nazione di processare criminali stranieri che avrebbero commesso dei crimini internazionali di maggiore gravità, come il genocidio e i crimini contro l’umanità, cioè in base alla particolare disapprovazione dell’intera collettività umana rispetto a tali violazioni e la conseguente necessità che l’autore venga sottoposto giudizio indipendentemente dal luogo in questo commesso il fatto, dalla nazionalità del presunto autore e ovunque egli si trovi11. È necessario riflettere sul fatto che lo statuto della Corte di giustizia internazionale è stato ratificato fino a oggi da 124 nazioni, ma la russia, la Cina, israele e gli usa (unitamente ad altre 28 nazioni) avevano aderito nel 2017, per poi rifiutare di ratificarlo ma, attenzione, senza però mai lasciare la Corte, quindi restando al suo interno quantomeno con un piede. È poi significativo che l’ucraina, pur non facendo parte ancora oggi della Corte, già nel 2014 e 2015 e da ultimo il 26/2/22 ha prodotto elementi, se pur tutti da approfondire, atti a dimostrare come la russia abbia manipolato e falsamente utilizzato le strumentali accuse di genocidio, in tal modo accettando la giurisdizione internazionale ancora prima di ogni adesione formale e con una condotta equipollente (art. 12 dello statuto). un codice dei crimini internazionali è il fondamento del moderno diritto internazionale umanitario: ha come scopo essenziale la protezione dei civili durante i conflitti armati, sia quelli che non partecipano o non partecipano più alle ostilità, e garantire che coloro che commettano atrocità durante la guerra siano ritenuti responsabili delle loro azioni. esso deve necessariamente contenere
una serie di norme fondamentali stabilite da convenzioni internazionali, come le quattro convenzioni di Ginevra del 1949 e i loro protocolli aggiuntivi del 1977 e del 2005, la Convenzione dell’aia del 1907 e altri strumenti legali internazionali, primo tra tutti lo statuto di roma. La definizione dei crimini internazionali è alquanto generica: vengono definiti tali quelle condotte lesive di beni particolarmente protetti dal diritto internazionale, comportamenti che arrecano un grave pregiudizio agli interessi indispensabili dell’intera comunità internazionale. La prima fonte del diritto internazionale è senz’altro l’art. 6 dell’accordo di Londra dell’8/8/45 che istituiva il tribunale di norimberga e che distingueva i crimini contro la pace, i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità. ancora dopo possiamo annoverare le 4 convenzioni di Ginevra del 1949 e il protocollo addizionale del 1977.
in effetti lo statuto di roma offre una definizione del tutto sintetica dei crimini internazionali all’art. 5 e ss.:
a) crimine di genocidio;
b) crimini contro l’umanità;
c) crimini di guerra;
d) crimine di aggressione
È evidente che le quattro categorie elencate riguardano condotte che si sviluppano tutte in un ambito belligerante interno o esterno a un paese, con la specificazione, se pur sintetica, per cui:
a) il genocidio è diretto a distruggere un gruppo specifico di persone12;
b) i crimini contro l’umanità sono un largo, sistematico e gratuito attacco violento contro la popolazione civile, sotto molteplici forme;
c) i crimini di guerra contengono in sé tutti gi altri elencati e si caratterizzano in quanto commessi per lo più in occasione di un conflitto armato tra stati e da una con-
dotta, nel corso delle operazioni belliche, di gratuito abuso nei confronti della popola-
zione e degli stessi militari belligeranti, tralasciando ogni valutazione dell’origine del conflitto che può essere anch’essa abusiva;
d) il crimine di aggressione quale uso della forza armata ingiustificato al fine di ledere la sovranità di un altro stato, addebitale, per sua struttura, alla persona fisica, a chi ha
le leve del comando (cd. responsabilità di comando) e si è quindi reso responsabile della prevaricazione internazionale13 .
nonostante la puntuale elencazione, resta difficile sintetizzare in poche parole le azioni che devono essere considerate crimini di guerra, ma possiamo includere con facilità:
L’omicidio, la tortura o il trattamento inumano di prigionieri sia di guerra, sia civili; l’utilizzazione di armi chimiche o biologiche.
Gli attacchi deliberati (gratuiti?) contro civili o obiettivi protetti come ospedali, scuole o strutture religiose (cd. abuso ai danni della popolazione)14
1. il saccheggio o la distruzione ingiustificata di proprietà civili.
2. L’attacco a beni culturali
3. L’utilizzazione di civili come scudi umani
4. L’utilizzazione di bambini-soldato.
5. Le gravi violazioni delle norme umanitarie internazionali
Con riguardo, infine, al crimine di aggressione è da soffermare l’attenzione sul fatto che nel 1945 fu proprio la russia a volere e pretendere che nella Carta delle nazioni unite fosse stabilito solennemente che il ricorso alla guerra era proibito se non in due eccezionali ipotesi: autodifesa o autorizzazione dell’onu all’uso della forza 15. Consegue che c’è sempre aggressione, al di fuori delle due condizioni prima precisate. e, si noti bene, la responsabilità come detto è soprattutto individuale e non solo del singolo
stato. infatti, la norma prevede che sia tale “la pianificazione, la preparazione, l’inizio o l’esecuzione, da parte di una persona in grado di esercitare effettivamente il controllo o di dirigere l’azione politica o militare di uno stato, di un atto di aggressione che, per il suo carattere, gravità e portata, costituisce una manifesta violazione della Carta delle nazioni unite”. e nessuna immunità può essere eccepita innanzi alla C.i.P. un ultimo argomento oggetto di disputa in ambienti dottrinari è quello della violazione del principio universale di natura consuetudinaria secondo il quale “nullum crimen sine lege”. La maggioranza degli interpreti ha sancito la non violazione di tale principio in considerazione della diffusa consapevolezza, da oltre 30 anni, della condotta sanzionabile a livello internazionale per gli autori di tali crimini in quanto recepita da norme consuetudinarie; la rappresentazione specifica in testi scritti di quanto già discendente da fonti consuetudinarie, finisce solo per procurare un maggior aiuto all’interprete.
Un codice nazionale dei crimini internazionali
una raccolta di norme finalizzata a conformare le condotte aventi rilevanza penale internazionale e che devono essere sottoposte alla giurisdizione nostrana è un obbligo imposto di fatto con la sottoscrizione del trattato istitutivo della C.P.i. proprio in ragione della previsione in statuto del già detto principio di complementarità: senza un codice non sarebbe possibile l’esercizio della giurisdizione. L’adeguamento del nostro ordinamento discende direttamente dalla previsione ex art. 10 comma 1 della Costituzione. ovviamente una raccolta di norme cri-
THOMAS LAWRENCE, Lady Maria Conyngham
minali del tipo non potrà non tener conto di quanto già indicato in generale nello stesso statuto in tema di principi generali del diritto penale adattati alla natura sovranazionale della Corte e alle pene infliggibili e di quanto indicato negli accordi e nelle norme del diritto internazionale consuetudinario16
La fissazione sistematica di nuove norme penali non può discostarsi dal c.p. che resta il quadro di riferimento chiamato a fornire la disciplina di carattere generale e a garantire la fondamentale unità dogmatica dell’intero diritto penale, in virtù del principio della priorità delle norme del c.p. (ex art. 16 c.p.). ed è l’individuazione della cd dosimetria della pena forse l’esercizio più difficoltoso nella redazione di un tale codice, non tanto per proporzionare il disvalore delle varie
condotte, ma per coniugarle con i reati che hanno una certa corrispondenza nel nostro c.p. e così evitare un giudizio costituzionale di irragionevolezza. nessun problema può sorgere in punto di giurisdizione in considerazione della chiara previsione ex art. 7 n. 5 del c.p.: i crimini internazionali sono reati che per una specifica disposizione internazionale (statuto di roma) sono soggetti all’applicazione della legge penale italiana anche se commessi all’estero da un cittadino o da uno straniero. La deroga al principio di territorialità rende irrilevante la presenza nel territorio dello stato del cittadino o dello straniero responsabile, non richiedendosi la concorrenza di altre condizioni17. diventa quindi preponderante il cd. principio di giurisdizione univer-
sale, di cui sopra, fatto proprio dallo statuto di roma e la subordinazione della presenza del reo sul territorio dello stato finirebbe proprio col minare tale fondamentale idea sarà necessario anche predisporre la codificazione normativa di clausole di salvezza rispetto a due ipotesi di esenzione dalla giurisdizione: la non punibilità del reato politico e l’immunità. nessun reato politico può essere ravvisato a seguito della commissione di un crimine internazionale: la ratio del divieto, la quale trova a livello costituzionale una sua conferma con il divieto d’estradizione, ex art. 10 comma 4 per lo straniero ed ex art. 26 comma 2 per il cittadino, è quella di proteggere i valori di libertà costituzionalmente garantiti ed è una diretta conseguenza di quanto stabilito dagli artt. 13 e ss. della Costituzione. d’altra parte, per reato politico va inteso quello che viene perseguito in base a finalità di sopraffazione politica, con esclusione di qualsiasi condotta che si ponga in contrasto con i principi della Costituzione (vedasi la precitata nota n. 12). ma v’è di più in punto di estradizione, la quale come detto sarebbe ostativa nel caso di una contestazione di un reato politico, è da considerarsi che nello statuto di roma non viene usato il termine “estradizione”, ma si parla sempre e solo di “trasferimento” (transfer) e “consegna” (surrender), proprio per sottolineare la diversa portata dell’obbligo ivi previsto, rispetto a quello di ottemperare ad una tradizionale richiesta di estradizione proveniente da un altro stato18. Consegue che l’unico sistema per evitare che un proprio cittadino sia rimesso al giudizio della C.P.i. è di avvalersi del principio di complementarità, giudicando al proprio interno il cittadino e tenendo ben fermi i limiti del divieto del “ne bis in idem” di cui parleremo in seguito. Per quanto riguarda il recepimento dei singoli crimini elencati nello statuto, tenendo presente che già 6 anni fa il nostro legislatore
ha provveduto a sanzionare ogni condotta potenzialmente diffusiva di propaganda, istigazione o incitamento del genocidio, dei crimini contro l’umanità e di guerra (escluso il crimine di aggressione).
1. Genocidio = (da ghénos, “razza”, “stirpe” e dal latino caedo “uccidere”) come detto, esso è, genericamente, una condotta diretta a distruggere un gruppo specifico di persone; nel 1941 Churchill ne diede una prima definizione “a crime without a name” e il 18/10/45 il termine fu specificamente utilizzato a livello giuridico per la prima volta nel corso del processo di norimberga; il 9/12/48 fu approvata la convenzione o.n.u. per la prevenzione e la repressione del “delitto” di genocidio, al cui art. 2 è così descritto:
“Per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come
tale:
(a) uccisione di membri del gruppo; (b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; (c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; (d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo;
(e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.” trattasi certamente di un reato di pericolo con un evidente dolo specifico (il fine distruttivo proprio); la demolizione del gruppo specifico di individui può essere realizzata sotto molteplici forme: dall’eliminazione fisica a quella di sopraffazione del gruppo dominante a mezzo di ulteriori forme, come quella culturale con l’annullamento e la cancellazione dell’identità del gruppo aggredito al fine d’assimilarla a quella del gruppo do-
minante (cd. etnocidio), oppure la costrizione ad atti sessuali.
2. Crimini contro l’umanità = il largo, sistematico e gratuito attacco violento contro la popolazione civile può anch’esso assumere molteplici forme, come la segregazione razziale, in genere tutte quelle variegate condotte di atti inumani estesi a un numero indeterminato di persone, tali da provocare una generale condanna, come commessi in danno dell’intera umanità; in effetti tali crimini, secondo un principio di continenza, assimilano tutti gli altri crimini internazionali e costruiscono una norma di chiusura per punire ogni altra condotta ai danni dell’umanità (il genocidio è di per sé un crimine contro l’umanità); il dolo specifico andrà richiesto in genere per qualificare ogni fattispecie astratta di reato da configurare, mentre le singole condotte assumono, come detto, le più svariate configurazioni, a volte assorbendo in sé o confondendosi con il genocidio; tra le più rappresentative, che andranno quindi appositamente sanzionate, troviamo lo stupro di guerra, la deportazione, la sparizione forzata, la tortura e lo schiavismo.
3. Crimini di guerra = genericamente sono definibili come una condotta, nel corso delle operazioni belliche, di gratuito abuso nei confronti della popolazione civile e militare; prima di tutto andrà osservato che se la guerra stessa è “azione criminale”, come stabilito nella Carta delle nazioni unite, il termine “crimine di guerra” perde una propria efficacia; già previsti dal nostro c.p.m.g., andrebbe estesa la loro configurazione a condotte recentemente apparse, come il reclutamento nelle truppe dei minorenni, i bombardamenti alle infrastrutture indispensabili per la popolazione e tali da realizzare un clima diffuso di terrore tra i civili, il trasferimento forzato dei minori sottratti alle famiglie, l’esecuzione sommaria dei militari
arresisi, l’uso di armi vietate anche oltre a quanto stabilito dalle convenzioni, da intendersi quelle che per la loro natura colpiscono in modo indiscriminato o causano afflizioni inutili (es. munizionamento dirompente); nella storia anche l’italia si è macchiata di crimini di guerra (Libia, Grecia, russia, Balcani) e subito dopo la Germania nel corso del secondo conflitto è stata la russia a rendersi protagonista di centinaia di migliaia di uccisioni e deportazioni tra la popolazione civile tedesca.
4. Crimine di aggressione = si configura come un uso illegale della forza e si fonda quindi sulla prevaricazione internazionale e sull’uso della forza armata ingiustificato al fine di ledere la sovranità di un altro stato; è sull’ingiustificatezza dell’intervento armato che si gioca la configurabilità concreta della fattispecie astratta: è chiaro che un intervento armato va soppesato, anche in caso di legittima difesa cd. preventiva, rispetto alla sua estensione, al suo scopo reale e alla sua connessione con l’esigenza di diretta difesa del paese aggressore, la quale deve essere limitata allo stretto necessario e autorizzata dal consiglio di sicurezza dell’o.n.u.; gli elementi essenziali del reato, tanto discusso a livello internazionale, sono i seguenti:
a) un atto di attacco armato contro un altro stato che non trova giustificazione nell’autodifesa o nell’autorizzazione del consiglio di sicuranza dell’o.n.u.;
b) un reato proprio, ascrivibile a colui che abbia una posizione di comando e controllo:
c) vigendo la cd. clausola opt-out (di recesso) la giurisdizione della Corte è limitata ai 35 stati che hanno aderito all’emendamento che introduce tale crimine e gli stessi restanti 88 stati aderenti hanno sempre la possibilità di rinunciare, preventivamente, alla giurisdizione19 . ulteriori due delicati problema che dovrebbero necessariamente affrontare un co-
dice sono quelli del regime delle immunità e della posizione di garanzia gerarchica. si tenga presente che la dottrina maggioritaria ritiene che la commissione di crimini internazionali possa costituire una deroga all’immunità solo quando venga meno la funzione per la quale era stata concessa l’immunità, quindi al termine del mandato20 ma lo statuto afferma un principio di irrilevanza della qualifica ufficiale21 con una sua applicazione “erga omnes” e con la non esenzione per coloro che abbiano una qualifica ufficiale per conto di uno stato, ciò evidentemente in relazione a ogni fase processuale, compresa quella cautelare. sarà quindi necessario predisporre delle norme specifiche di esonero dall’applicazione delle immunità, la quale dovrebbe venir meno anche in caso di esercizio della giurisdizione interna proprio perché questa è alternativa a quella della C.P.i., la quale prevede espressamente la non esenzione in ragione dell’immunità22 . Per quanto riguarda la posizione di garanzia civile e militare23, la previsione dello statuto, finalizzata a eliminare incertezze sul piano della responsabilità dei superiori gerarchici, rende necessaria una regolamentazione a livello codicistico: nel nostro ordinamento la posizione di garanzia trova numerosi riscontri nel campo penale, ex art. 40 comma 2 c.p., quale obbligo giuridico di impedire l’evento e che fonda la responsabilità in ordine ai reati commissivi mediante omissione. essa è ingenerata non solo da investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante mediante un comportamento concludente dell’agente, consistente nella presa in carico del bene protetto. nel diritto internazionale si sostiene già da circa 80 anni che la commissione di un crimine internazionale resta pur sempre un illecito governativo perché l’atto è comunque imputabile allo stato in considerazione del mancato dovere
di prevenzione e repressione24. de iure condendo sarebbe opportuno formalizzare una regolamentazione della posizione di garanzia gerarchica in adesione alle specifiche previsioni dello statuto, non tralasciando però di adottare i due principi fondamentali acquisiti a livello internazionale riguardanti la punibilità dell’esecutore materiale25:
1) un’esimente è applicabile se l’esecutore materiale non avesse avuto la possibilità di disubbidire;
2) un’esimente è adottabile se l’esecutore materiale non avesse potuto ragionevolmente conoscere che stava commettendo un crimine internazionale.
Gli assetti da introdurre dovranno riguardare l’omesso impedimento e controllo doloso o colposo, nonché la mancata adozione di misure preventive e repressive.
andrà anche regolamentata la causa di estinzione del reato prevista dalla prescrizione: già le due convenzioni o.n.u. del 1968 e quella europea del 1974 prevedevano l’imprescrittibilità dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità, mentre l’art. 29 dello statuto enuncia espressamente l’imprescrittibilità di tutti i crimini internazionali. in ambito circostanze del reato, fortemente opportuna sarebbe l’introduzione di una circostanza attenuante finalizzata a evitare che l’attività criminosa sia portata a conseguenze ulteriori, proprio sulla falsa riga dell’art. 416 bis c.p., prevedendo una riduzione di pena per colui che si adoperi per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, con esclusione del riconoscimento di un valore a un’attività riparatoria che in rapporto alla commissione di crimini del genere avrebbe solo una funzione apparente e di sostanziale gratuito favore per il reo una questione di maggiore spessore è certamente quella legata al principio di tassatività e quindi alla possibile deroga del
principio del “nulla poena sine lege”, recepito nell’art. 22 dello statuto con riguardo all’analogo “nullum crimen sine lege”. in realtà nel diritto internazionale una tale eccezione è prevista parzialmente sotto il profilo della pena, poiché l’ordinamento internazionale di regola non prescrive l’entità della pena, lasciata alla competenza e alla discrezione dei singoli stati. e infatti le maggiori convenzioni internazionali, nello stabilire il principio di irretroattività della legge penale, aggiungono che il rispetto di tale principio non preclude la condanna per condotte che al momento della loro consumazione costituivano reato secondo i principi generali del diritto internazionale riconosciuto
Con riguardo alle misure di sicurezza personali o patrimoniali, non vi sono concrete ragioni per discostarsi dal c.p., eventualmente estendendo l’applicabilità dell’art. 240 bis c.p., cd. confisca allargata, sanzionando l’illecita accumulazione patrimoniale in modo del tutto uguale ai responsabili dei crimini di terrorismo. sul piano puramente rituale, ma avente implicazioni dirette su quello sostanziale, si osserva:
- nessuna modificazione appare opportuna dell’art. 344 bis c.p.p., norma a presidio del rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, la quale non può ammettere condizionamenti; - la giurisdizione militare deve cedere il passo a favore di quella ordinaria in ragione della necessaria unitarietà di giurisdizione rispetto alla peculiarità dei crimini internazionali, ma andrà fatta salva quella specializzata per i minorenni; da ciò conseguirà una profonda revisione del c.p.m.g.; - il principio del divieto del “ne bis in idem” internazionale, in generale non previsto dagli ordinamenti dei singoli stati (un’eccezione vige in ambito u.e.), non potrà essere assolutamente vincolante per la Corte
internazionale in base all’art. 20 dello statuto.
note
1 “introduzione alla dottrina del diritto”, trad it metafisica dei costumi, a cura di G. Landolfi Petrone, Bompiani, 2006, p. 61.
2 si veda la Convenzione internazionale sul diritto dei trattati di Vienna del 1969, la quale nel preambolo fa salve le regole del diritto internazionale consuetudinario
3 “qui superiorem non recognoscens”.
4 a. tanzi “introduzione al diritto internazionale contemporaneo”, Cedam, anno 2019.
5 un convincente esempio della personalità internazionale degli individui è fornito dal potere d’iniziativa processuale riconosciuto al singolo dalla C.e.d.u.
6 si veda l’art. 2 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati.
7 Cd. principio di specialità
8 si veda l’istituzione della Corte penale internazionale nel 1998 (entrata poi in vigore nel 2002, ma ancor prima quella del tribunale penale internazionale per l’exJugoslavia) che espressamente identifica quali norme cogenti, consuetudinarie e pattizie, la pace, la sicurezza e il benessere dell’umanità
9 La dottrina internazionale discute tutt’oggi se il terrorismo e la pirateria siano da annoverare tra i crimini internazionali.
10 detta testualmente lo statuto nel suo preambolo “è dovere di ogni stato esercitare la propria giurisdizione penale nei confronti dei responsabili di crimini internazionali la Corte penale internazionale…è complementare alle giurisdizioni penali nazionali”, mentre l’art. 5 dello statuto limita la giurisdizione “… ai crimini più gravi”. La legge 20/12/12 n. 237 ha regolamentato i rapporti tra la giurisdizione italiana e quella della C.P.i., mentre nel 2022 è stata istituita dal nostro ministro della Giustizia una commissione volta a elaborare un progetto per un codice dei crimini internazionali. 11 ma già nel 1937 si tentò d’istituire una corte penale internazionale in base agli accordi scaturenti dalla convenzione di Ginevra, con esito però negativo; in tempi recenti, si veda ad esempio il caso di augusto Pinochet del 1998, arrestato in Gran Bretagna su mandato spagnolo e per il quale anche il Belgio, la francia e la svizzera fecero richiesta di estradizione, oppure quello più attuale riguardante gli assunti
crimini commessi da Putin e altri nel corso dell’invasione dell’ucraina
12 il genocidio è ormai contemplato nei singoli ordinamenti di numerosi stati ed è una norma che indubbiamente è entrata a far parte del diritto consuetudinario cogente, per cui il divieto vincola anche gli stati non firmatari dello statuto e la relativa giurisdizione ha natura universale; già nel 1948 fu riconosciuto quale crimine internazionale dalla Convenzione o.n.u. contro il genocidio, mentre nel nostro paese fu introdotta la legge costituzionale n. 1 del 1967 che esclude l’applicabilità dell’art. 26 della Costituzione ai delitti di genocidio. 13 La giurisdizione rispetto tale crimine è in vigore dal luglio 2018 e con l’emendamento dello statuto di roma del giugno 2010 (art. 8 bis) si è data una definizione a tale crimine internazionale
14 L’abuso si configura anche semplicemente colpendo la popolazione civile quando lo scopo belligerante non è affrontare l’armata contrapposta ma conquistare i territori di un altro stato eliminandone i cittadini; solo ciò basta per configurare i crimini di guerra quali azioni belliche connesse a realizzare uno scopo abusivo
15 La legittima difesa per trovare giustificazione deve basarsi non solo sulla sua intrinseca necessità della reazione, ma anche sulla immediatezza della risposta e sulla sua proporzionalità, la quale non può eccedere l’offesa, valutando ovviamente i mezzi a disposizione, principi questi propri dell’esimente anche nel campo penale; ovviamente è escluso che la difesa possa attuarsi con il ricorso ad armi nucleari in caso di attacco con armi convenzionali, proprio in considerazione del principio di proporzionalità (assemblea generale o.n.u. del 1961 e Corte internazionale di giustizia del 1996).
16 sono da annoverare i precedenti significativi riguardanti i tribunali istituiti dall’onu e, in particolare dal consiglio di sicurezza, come quello della ex
Jugoslavia del 1993 e quello per il ruanda del 1994, entrambi per perseguire i crimini di genocidio e altri crimini contro l’umanità; in altri casi, i crimini internazionale sono stati perseguiti tramite i cd. tribunali ibridi, istituiti con apposito accordo tra l’onu e la nazione interessata, come il tribunale per la sierra Leone del 2000 e ancora quello per il Libano del 2007, per quest’ultimo la natura giuridica è rimasta però fortemente dubbia, poiché istituito sostanzialmente senza il consenso del Libano. 17 Come anche la richiesta del ministro della Giustizia
18 L’art. 102 dello statuto evidenzia la differenza tra consegna, atto di trasferimento coatto a favore della C.i.P, e l’estradizione; già le 4 convenzioni di Ginevra prevedono l’istituto della consegna a svantaggio dell’estradizione, a condizione però della sussistenza di prove sufficienti di colpevolezza
19 L’art. 15 bis comma 5 dello statuto espressamente esclude la giurisdizione, ma solo per tale crimine, per uno stato che non ha aderito allo statuto.
20 Contra sperduti “Crimini internazionali”, enc. dir Xi, 1962, 337 e ss
21 art. 27 dello statuto.
22 Ciò dovrebbe comportare l’esecuzione di un provvedimento d’arresto, cautelare o esecutivo, in ogni singolo paese aderente allo statuto, a prescindere dall’immunità conferita alla persona colpita dal provvedimento
23 art. 28 dello statuto.
24 sperduti, “L’individuo nel diritto internazionale”, milano, 1950, pag. 126 e ss
25 Cfr. art. 30-33 dello statuto.
Giuseppe Merra
Professore associato di Scienze dell'alimentazione presso l'Università degli studi di Roma Tor Vergata
L'impatto del Termalismo sul Microbiota umano
Le cure termali, grazie alla loro lunga storia
e alle loro proprietà terapeutiche, rappresentano un campo di studio di grande interesse
scientifico. il microbiota intestinale, costituito da una complessa comunità di microorganismi, svolge un ruolo cruciale nella salute umana essendo coinvolto in molteplici processi fisiologici e patologici il microbiota intestinale è costituito da una vasta comunità di microorganismi che colonizzano l’intestino umano, inclusi batteri, virus, funghi e altri parassiti. questi microorganismi svolgono un ruolo cruciale nel mantenimento della salute dell’ospite, partecipando a processi fisiologici come la digestione, la sintesi di vitamine, la protezione contro patogeni e la modulazione del sistema immunitario. La composizione del microbiota varia notevolmente da individuo a individuo e può essere influenzata da diversi fattori come la dieta, lo stile di vita, gli antibiotici e le condizioni ambientali. La composizione del microbiota intestinale è altamente complessa e può comprendere migliaia di specie batteriche diverse. tra i generi batterici più comuni si annoverano
Bacteroides, firmicutes, actinobacteria e Proteobacteria. ogni specie microbica svolge funzioni specifiche all’interno dell’ecosistema intestinale, contribuendo alla fermentazione dei carboidrati, alla produzione di acidi grassi a catena corta, alla metabolizzazione di composti tossici e al mantenimento dell’integrità della barriera intestinale.
il microbiota intestinale è strettamente coinvolto nella salute e nella malattia umana
uno squilibrio della composizione microbica, noto come disbiosi, è stato associato a una vasta gamma di condizioni patologiche, tra cui malattie infiammatorie intestinali, obesità, diabete, malattie cardiovascolari e disturbi del sistema nervoso. allo stesso tempo, un microbiota intestinale equilibrato è fondamentale per il mantenimento di una buona salute, contribuendo alla regolazione del sistema immunitario, alla protezione contro patogeni e alla sintesi di composti benefici per l’organismo.
Le cure termali sono state utilizzate fin dall’antichità per promuovere la salute e il benessere. attraverso l’utilizzo di acque termali, fanghi, vapore e altre risorse naturali, le cure termali mirano a migliorare le condizioni di salute attraverso l’azione benefica sul corpo. Le cure termali sono considerate un approccio terapeutico complementare per una serie di condizioni mediche, inclusi disturbi muscoloscheletrici, malattie respiratorie, malattie della pelle e patologie gastrointestinali.
La storia delle cure termali ha radici antiche e ha attraversato epoche e culture diverse. i principi fondamentali delle cure termali includono l’utilizzo delle risorse naturali per la terapia, l’approccio globale alla salute che considera corpo, mente e spirito, e l’ambiente curativo dei luoghi termali. questi principi rimangono fondamentali nella pratica moderna delle cure termali, che integra tradizioni antiche con approcci medicali contemporanei
Le tipologie di cure termali includono sorgenti termali, bagni termali, fanghi termali, inalazioni, balneoterapia e altre modalità
terapeutiche. ogni tipo di cura termale offre benefici specifici e può essere prescritto in base alle esigenze individuali del paziente e alla condizione medica da trattare. La diversità delle tipologie di cure termali consente un’ampia gamma di approcci terapeutici per sfruttare appieno le proprietà curative delle risorse termali
Le cure termali possono avere un impatto significativo sul microbiota intestinale, poiché l’esposizione a determinate acque termali e fanghi termali può influenzare la composizione e l’equilibrio del microbiota. questo fenomeno apre nuove prospettive di ricerca sulle possibili interazioni tra i composti presenti nelle cure termali e la salute del microbiota, con potenziali ricadute sulla salute generale del paziente numerosi studi scientifici hanno dimostrato l’effetto delle cure termali sul microbiota intestinale, evidenziando variazioni nella composizione del microbiota dopo trattamenti termali. queste ricerche hanno contribuito a evidenziare l’importanza di approfondire la comprensione di tali interazioni per valutare i benefici delle cure termali sulla salute intestinale e la gestione di condizioni patologiche associate al microbiota. i meccanismi d’azione attraverso i quali le cure termali influenzano il microbiota intestinale non sono ancora completamente compresi, ma si ipotizza che i composti presenti nelle acque e nei fanghi termali possano esercitare effetti benefici sulle popolazioni microbiche presenti nell’intestino, stimolando la crescita di batteri benefici e riducendo la presenza di ceppi patogeni. ulteriori studi sono necessari per identificare i meccanismi specifici coinvolti in tali interazioni.
Le cure termali sono state associate a diversi benefici per il microbiota intestinale, tra cui l’aumento della diversità microbica, la
riduzione dei batteri patogeni e l’aumento dei batteri benefici. questi benefici possono contribuire a migliorare la salute generale e a ridurre il rischio di malattie legate a disbiosi microbica, come l’obesità, il diabete e le malat-
tie infiammatorie intestinali.
Le cure termali hanno dimostrato di avere effetti significativi sull’equilibrio del micro-
biota intestinale, favorendo la crescita di batteri benefici come i bifidobatteri e i lactobacilli, e riducendo la presenza di batteri patogeni. questi cambiamenti nell’equilibrio microbico possono avere un impatto positivo sulla salute generale e sulle condizioni patologiche legate a disbiosi microbica.
diversi studi hanno evidenziato l’efficacia delle cure termali nel migliorare le condizioni patologiche associate a disbiosi microbica, come il morbo di Crohn, la sindrome dell’intestino irritabile e l’obesità. Le proprietà delle acque termali e i trattamenti termali sono in grado di modificare positivamente il microbiota intestinale, riducendo l’infiammazione e migliorando la sintomatologia di queste condizioni patologiche. Le cure termali hanno dimostrato di avere un impatto significativo sul microbiota intestinale, promuovendo l’equilibrio microbico e influenzando positivamente condizioni patologiche. Gli studi scientifici hanno evidenziato i meccanismi d’azione delle cure termali sul microbiota, aprendo la strada a possibili utilizzi terapeutici nelle applicazioni cliniche. tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per approfondire l’interazione tra cure termali e microbiota, nonché per sviluppare approcci terapeutici più mirati. inoltre, gli sviluppi tecnologici in ambito termale e la ricerca continuativa sul microbiota offrono prospettive interessanti per il futuro, con la possibilità di sfruttare appieno il potenziale benefico delle cure termali sul microbiota e sulla salute umana.
Mario Ascheri
Professore Emerito di Storia del Diritto Medioevale e Moderno dell'Università degli studi Roma Tre
Siena, città piccola ma grande storia
siena parla a noi e a tanti stranieri di Palio e di monte dei Paschi, chi non lo sa?
sennonché le due istituzioni che oggi fanno parte dell’identità così largamente condivisa di siena non sono poi così antiche come si spesso si dice e ritiene. La grandezza storica dell’una e dell’altra istituzione non è fatta dall’antichità.
Per il monte dei Paschi il discorso è semplice perché la banca attuale con questa denominazione fu fondata “solo” nel 1624 su richiesta del Comune di siena. naturalmente fu necessaria la benevolenza del granduca di casa medici, in passato tanto avversata a siena perché responsabile della fine della sua repubblica nel 1555. sennonché accanto alla nuova banca sopravvisse il monte pio o di pietà fondato nel 1472, che viene associato non del tutto impropriamente alla banca. il monte pio infatti accettava anche ‘depositi’, oltre ad effettuare prestiti a ‘poveri’ un po’ atipici, perché dovevano prestare garanzie di restituzione del mutuo. e i depositi vogliamo immaginarli non senza interesse per il depositante, perché altrimenti sarebbe stato meglio recarsi da un banchiere privato o da un prestatore ebreo. il monte di pietà nell’intento delle istituzioni avrebbe dovuto appunto consentire l’eliminazione del prestito ebraico, usuraio per definizione. ma andò come spesso accade, che i buoni propositi rimangano tali o si riplasmino con il cambio dei governi
il palio pone un problema più difficile, perché le corse di cavalli sono attestate nelle
favolose sculture e disegni etruschi dell’area senese, in particolare a murlo, già feudo vescovile ora con piccolo ma prezioso museo. il palio ‘alla tonda’ in piazza del Campo che conosciamo tutti oggi si consolidò invece
solo a metà seicento, come le contrade che con esso formano un binomio inscindibile. e se entriamo nelle straordinarie aree del duomo e di piazza del Campo, il celebrato gotico c’è solo in parte perché, queste aree si consolidarono dal trecento, come l’università del resto. ma il tutto ha una unità con radici profonde, oggetto della mia storia di siena del 2013 che ho messo in libera circolazione essendo esauritissima l’edizione cartacea. masochismo editoriale si dirà? in realtà l’idea è di farne una nuova con altri criteri. meno fatti, ormai facilmente rintracciabili via siti. scrivete montaperti o ambrogio Lorenzetti o Palazzo pubblico, Pandolfo Petrucci (signore intorno al 1500) o guerra di siena, ad esempio. avrete un profluvio di risposte ma i nessi che tengono assieme queste meraviglie bisogna spiegare, come ho cominciato a fare nella storia del 2013, che ha anche gli eventi dall’antichità ai giorni nostri. allora la crisi della banca monte dei Paschi era esplosa in modo evidente, ma nella storia c’è già l’essenziale del ‘sistema siena’ che anche la stampa internazionale cercò di spiegare non senza difficoltà (il 10 agosto scorso reportage sulla banca in “financial times”).
quindi i fatti ci sono e vanno tenuti a portata di mano. ma per ricostruire il quadro e
Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi
capire meglio la siena di un tempo, la siena piccola città ma capitale con grande identità dovrete leggere anche le mie pagine nuove. forse anche qualche senese doc (cosa che io non sono) di alcune connessioni non potrà che meravigliarsi tra passato e presente si sono conservate peculiarità importanti, ma Palio e monte non sono tanto l’identità profonda della città, quanto degli aspetti, o meglio delle conseguenze di quell’identità profonda, normalmente deformata dagli occhiali del lettore, pre-giudicato nell’analisi del passato. È una storia ‘inusuale’, i cui successi recenti hanno oscurato quelli precedenti. si può dire lo stesso di altre realtà, a cominciare da roma? direi di no, perché roma, come
Gerusalemme azzarderei, sono delle civiltà più che delle città, con i loro strati in parte sempre diversi da riconoscere. si conosce meglio ora quella di un suo strato precedente, anche perché i problemi contemporanei sono così assillanti da oscurare di per sé la loro storia recente. roma ha strumenti di conoscenza infinitamente più ricchi di una città ‘normale’. Pensiamo anche soltanto a quel che significa per la sua realtà recente il cinema, da rossellini a de sica, da fellini ad antonioni. siena è una piccola realtà, ma è sempre stata ai margini e in stretto contatto con realtà imponenti per motivi diversi: firenze e roma. ma non ne è stata assorbita. i senesi hanno
saputo giocare con prudenza, quasi “dribblando” i potenti, ma intanto ospitando religiosi illustri come i monaci di san Galgano e di monte oliveto, dando grandi santi come s. Caterina e s. Bernardino e poi grandi eretici maestri del libero pensiero come i sozzini dopo un maestro come Bernardino ochino. P er l e miniere de ll a m aremma , l e sorg enti de ll a v era ri cc hezza ori g inaria de ll a città, dovettero insinuarsi tra aldobrandeschi e Pisani, fiorentini, aretini e ardengheschi . ma rimanendo in una sp e cie di a ure a mediocritas che non faceva emergere i singoli (i grandi politici qui sono sempre stati inesistenti), quanto la comunità. e ci si sforzò di c ontenere l e e cc e ll enze , c ome l’ im p eni -
tente Pio ii, il più grande europeo del quattrocento, che tentò inutilmente di dare una regola ai ‘pazzi’ senesi. e infatti con la pazzia costituirono le accademie più famose del Cinquecento, quegli intronati e i rozzi giudicati alle origini del teatro moderno europeo.
un papa alessandro Vii sarebbe impensabile senza queste radici, e non per niente tra le mille cose intraprese seppe anche far lavorare il Bernini. e nel primo settecento un altro senese, un ecclesiastico rettore della fabbrica di san Pietro, Lodovico sergardi, seppe organizzare un carnevale rimasto famoso. siena una capitale storica dello spettacolo?
BERNARDINO MEI, Il Ciarlatano, Banca Monte dei Paschi, Siena
Stefano Amore è magistrato ordinario e, attualmente, svolge le funzioni di assistente di studio presso la Corte costituzionale.
È direttore dell’Osservatorio per l’analisi normativa del Comando Unità per la Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare dell’Arma dei Carabinieri (C.U.F.A.); direttore della rivista scientifica “Nova Itinera. Percorsi del diritto nel XXI secolo” e vice direttore della rivista “La Nuova Procedura Civile”. È, inoltre, Presidente del Comitato scientifico dell’associazione
F.A.B.I.I.U.S. (Friendship Association Between Italy, Israel and United States). Fa parte del comitato direttivo della Scuola di specializzazione per le professioni legali dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Nel 2018 ha curato la pubblicazione del libro “Ritratti del coraggio: lo Stato
È stato assistente alla Cattedra di Storia del diritto italiano Università di Siena 1968; professore incaricato di Storia delle istituzioni politiche Università di Siena 1971; professore incaricato di Storia delle istituzioni politiche Universitò di Sassari 1974; professore straordinario di Storia del diritto italiano Università di Sassari 1976; professore ordinario di Istituzioni medievali Università di Siena 1979, ivi di Storia del diritto medievale moderno 1990; visiting Professor University of California in Berkeley
Valeria Mastroiacovo è professoressa ordinaria di diritto tributario presso il Dipartimento di Giurispru
denza dell’Università degli studi di Foggia, coordinatore del dottorato di ricerca in Scienze giuridiche (FoggiaSiena) e, dal XL ciclo, membro del collegio di dottorato di ricerca in teoria dei contratti, dei servizi e dei mercati (Tor Vergata).
Dal 2018 al 2022 è stata assistente di studio presso la Corte costituzionale e ivi, dal 2023 ad oggi, consulente incaricato in materia tributaria. Componente della Commissione studi tributari del Consiglio nazionale del Notariato, del Consiglio direttivo e del Comitato scientifico dell’Istituto Emilio Betti e della
italiano e i suoi magistrati” in cui, insieme ad altri colleghi, ha descritto le vicende umane e professionali dei 28 magistrati uccisi in Italia tra il 1960 e il 2015. Nel 2017 ha organizzato una cerimonia in Israele, in collaborazione con KKL, in cui è stata posta una stele in memoria dei magistrati italiani assassinati. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche, tra cui alcune voci del Digesto delle Discipline Pubblicistiche UTET. È stato docente di diritto dell’informatica e di diritto penale in numerosi corsi di formazione diretti a dirigenti e funzionari delle Forze di Polizia e relatore in numerosi incontri di studio e convegni. ◼
1976, 1980, Senior Fellow School of Law; visiting Professor Tulane University, New Orleans, 1986; Professore ordinario di Storia del diritto medievale e moderno, Università Roma 3, 2003.
È stato insignito della Laurea h. c. Université de l’Auvergne, ClermontFerrand 2003. Gli è stato conferito il Mangia d’oro della Città di Siena e il San Segundin della Città di Ventimiglia, 2003.
È Componente del Consiglio scientifico dell’Istituto Storico Italiano per il Medioevo. ◼
Direzione delle riviste di fascia A Giurisprudenza costituzionale, Rassegna tributaria e Diritto e pratica tributaria e delle riviste scientifiche AI Law – International review of artificial inteligence law, Rivista del notariato, Studi e materiali CNN, Iustitia. Autore di due monografie e di oltre 180 pubblicazioni, di recente ha curato due collettanee esito di un PRIN: Il diritto costituzionale tributario nella prospettiva del terzo millennio (Giappichelli, 2022) e Giocare con altri dadi. Giustizia e predittività dell’algoritmo (Giappichelli, 2024). ◼
Stefano Amore
Mario Ascheri è nato a Ventimiglia il 7 febbraio 1944.
Mario Ascheri
Valeria Mastroiacovo
Stefania Bortolotti è vice Questore della Polizia di Stato in servizio presso la Direzione Centrale della Polizia Criminale.
Laureata in giurisprudenza, dopo aver conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense, nel marzo 2000 è entrata nei ruoli
Ciro Di Leva è un ex Dirigente della Polizia di Stato, attualmente Direttore presso il Servizio Autorità e Sanzioni dell'ACN. Vanta 40 anni di
dei funzionari della Polizia di Stato, prestando prima servizio presso la Questura di Oristano e poi dirigendo il Commissariato di Pubblica Sicurezza di Volterra (PI).
Nel 2010 è approdata alla Direzione Centrale della Polizia Criminale di Roma ove si è occupata dapprima del settore giuridico e del contenzioso e, successivamente, ha trattato la materia delle discriminazioni nell’ambito dell’Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori (OSCAD).
Dal 2020 è Interoperability Executive Leader del Programma per l’attuazione dei Regolamenti dell’U.E. dell’Interoperabilità dei sistemi informativi dell’area Giustizia e Affari Interni, in materia di visti, immigrazione e sicurezza.
esperienza nei sistemi IT, gestione di progetti complessi e sicurezza IT, sia in aziende private che in enti pubblici. Laureato in Scienze dell'Informazione e iscritto all'albo degli ingegneri nel settore dell'Ingegneria dell'Informazione, ha ricoperto ruoli dirigenziali e consulenziali a livello nazionale e internazionale. Dal 2018 al 2023 alla Direzione Centrale della Polizia Criminale è stato Direttore del Sistema Informativo Schengen e delegato nazionale per euLISA. Dal 2014 al 2018, ha diretto la II^ Divisione del Servizio Tecnico Logistico e Patrimoniale per Toscana, Umbria e Marche, e dal
Eugenio Prosperetti è avvocato, titolare dell'omonimo studio. Si occupa da oltre 20 anni di Diritto dell’Information Technology, da oltre 11 anni è segnalato dalla guida Chambers International tra i principali avvocati italiani operanti nel settore. Titolare dei corsi di Informatica Giuridica (Algorithm and Data Management Law) e Diritto Commerciale dell’ICT nell’Università LUISS “Guido Carli” di Roma (Giurisprudenza). È dottore di ricerca in
In qualità di “Esperto della materia” ha realizzato dei moduli formativi elearning in materia di interoperabilità dei sistemi informativi pubblicati sulla piattaforma di formazione on line delle Forze di polizia; svolge attività di insegnamento ai corsi di formazione per funzionari della Polizia di Stato presso la Scuola Superiore di Polizia e anche per funzionari ed Ufficiali in tema di Coordinamento interforze e Analisi Criminale presso la Scuola di Perfezionamento Interforze per le Forze di Polizia. Nel suo percorso formativo si annovera anche un’esperienza pluriennale presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze ove si è occupata del processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e di Public Management. ◼
2010 al 2014 è stato alla Questura di Napoli, con incarichi come advisor IT per l’EEAS in Kosovo. Tra il 2007 e il 2010, ha guidato lo sviluppo dei sistemi informativi della Polizia di Stato, dopo aver diretto la sezione Informatica della Direzione Interregionale per Sicilia e Calabria dal 2006 al 2007. Autore di articoli scientifici e di un libro sulla gestione dei progetti software, Di Leva è stato docente di Interoperabilità dei Sistemi IT presso la Scuola Superiore Interforze della Polizia di Stato e docente per il Master in Security Awareness presso l’Università degli Studi di Cagliari. ◼
diritto commerciale e abilitato quale professore associato nella medesima materia. Autore di numerose pubblicazioni sui temi giuridici del diritto d'autore digitale, della privacy, dell'identità digitale, dell'intelligenza artificiale. Tra le altre cose ha fatto parte delle commissioni che hanno redatto la normativa sull’identità digitale italiana (2013) e la riforma del Codice dell’Amministrazione Digitale (2016) e della task force IA dell’Agid. ◼
Stefania Bortolotti
Ciro Di Leva
Eugenio Prosperetti
Andrea Giordano è magistrato della Corte dei conti, ove si occupa sia di giurisdizione sia, in assegnazione aggiuntiva, di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato.
Attualmente è vice Capo di Gabi
netto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, È Giudice del Tribunale Federale Nazionale della F.I.G.C.
È stato Avvocato dello Stato presso l’Avvocatura Generale dello Stato, ove si è occupato di contenzioso amministrativo, tributario, civile, penale, europeo (con difese avanti al Tribunale U.E. e alla Corte di giustizia) e internazionale (in particolare, come membro dell’international legal team dell’Avvocatura, negli arbitrati in materia di diritto degli investimenti, energy e diritto ambientale, nonché con difese avanti alla E.C.H.R.), e, prima ancora, Procuratore dello Stato presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo.
Stefano Masini è Professore ordinario di Diritto Agrario e Diritto Alimentare presso la facoltà di Medicina dell’Università degli Studi
di Roma Tor Vergata nonché presso la corrispettiva facoltà della UniCamillusSaint Camillus International University of Health Sciences. È responsabile dell’Area Ambiente e Territorio di Coldiretti.
È Condirettore della rivista Diritto Agroalimentare, componente del Comitato scientifico delle riviste Rassegna dell’Arma dei Carabinieri, Giustizia Civile, Aestimum, Sicurezza e Giustizia. Collabora alla rivista Il Carabiniere È componente del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare. Svolge attività di docenza presso la Scuola Ufficiali dei Carabinieri e la Scuola Forestali Carabinieri.
Alberto Landolfi è magistrato ordinario dal 1986 e attualmente svolge le funzioni di sostituto procuratore presso la direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo di Genova.
Ha svolto molteplici incarichi internazionali, tra cui quello di magistrato di collegamento italiano in Marocco.
È stato professore a contratto di diritto penale e di procedura penale presso Università di Genova dal 2003 al 2019. È stato componente
È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche sui temi del diritto processuale civile, del diritto civile, del diritto amministrativo, del diritto tributario e del diritto penale. Collabora con molte riviste scientifiche specializzate, anche quale componente i relativi comitati scientifici o di redazione, nonché con il quotidiano “Il Sole 24 Ore”.
Da anni ricopre numerosi incarichi di docenza presso Scuole di Specializzazione per le Professioni Legali, Master di Secondo Livello, Corsi di Alta Formazione e di Perfezionamento per la preparazione al concorso in magistratura e all’esame di avvocato. É stato relatore in convegni in Italia e all’estero. ◼
È Accademico Corrispondente dell’Accademia Italiana di Scienze forestali e dell’Accademia dei Georgofili. È stato VicePresidente della Commissione per l’elaborazione di proposte d’intervento sulla riforma dei reati in materia agroalimentare. È autore di numerosi libri, quali: Abusi di filiera (agroalimentare) e giustizia del contratto (Cacucci 2022); Corso di diritto alimentare (Sesta edizione, Giuffrè, 2022); Appunti per la riforma in materia di reati agroalimentari (Cacucci, 2016); «Tracce» di diritto agrario (Cacucci, 2019); Una mappa delle funzioni (2014). ◼
della commissione d’esame per il concorso in magistratura nel 2015. È Presidente di sezione presso la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Savona. È autore di numerosi articoli di diritto su altrettante numerose riviste giuridiche, in materia di diritto penale, procedura penale, diritto doganale e diritto internazionale. È stato anche redattore di alcuni testi giuridici, tra cui uno riguardante il processo penale negli Stati Uniti. ◼
Andrea Giordano
Stefano Masini
Alberto Landolfi
Il Professor Giuseppe Merra nasce nel 1978, si laurea in Medicina e Chirurgia nel 2004 presso la facoltà di Medicina e Chirurgia “Agostino Gemelli” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, e si specializza in Medicina Interna, nel 2009, presso la medesima Università. Nel 2013 consegue il Dot
Luca Stella, laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Trento e in Diritto Agroalimentare all’Università degli Studi di Torino, è Tenente Colonnello del ruolo forestale dell’Arma dei Carabinieri, attualmente Comandante del Gruppo Carabinieri Forestale di Cuneo. Titolare di due Master in Scienze della Sicurezza Ambientale, dal 2012 al 2020 ha svolto attività investigativa in materia ambientale ed è stato Comandante del Nucleo CITES di Vicenza (Con
torato di Ricerca in Oncobiologia e Oncologia Medica ed il Master di secondo livello in Dietetica e Nutrizione presso la facoltà di Medicina e Chirurgia “Agostino Gemelli” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Dal 2012 è Fellow della European Federation of Internal Medicine (EFIM) e, dal 2017, Fellow della Royal Society of Medicine di Londra (RSM). Dal 2010 al 2019 è stato dirigente medico presso la Unità operativa di Medicina d’Urgenza della Fondazione Policlinico “Agostino Gemelli” di Roma e, dal 2017, è titolare dell’insegnamento di Gastroenterologia presso la Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive e Tropicali della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Dal 2019 al
venzione di Washington sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione). Sempre a Vicenza ha comandato il Gruppo Carabinieri Forestale dal 2021 al 2023.
Ha partecipato in qualità di esperto a missioni di formazione in materia ambientale dal 2018 al 2021 nell’ambito del Progetto GASSI Sahel in Mauritania, Mali e Niger. Dall’anno 2021 ha conseguito il titolo di esperto UNESCO in materia ambientale. ◼
2022 il Prof. Merra è stato Ricercatore di tipo B presso la Sezione di Nutrizione Clinica e Nutrigenomica del Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dell'Università di Roma Tor Vergata e, dal 2022, è, nella stessa sede, Professore Associato di Scienze tecniche dietetiche applicate (MED/49). Dal 2021 è, su proposta del Ministro della Difesa, per decreto del Presidente della Repubblica, “Ufficiale Medico” dell’ACISMOM (Associazione Italiana Cavalieri del Sovrano Militare Ordine di Malta). È stato relatore ad oltre 100 simposi, di rilevanza nazionale ed internazionale. È autore, o coautore, di oltre 150 articoli scientifici, oltre a capitoli di testi e trattati. Attualmente il suo IF supera 500 e il suo Hindex è 20. ◼