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NAPOLI

Oreste, il fotografo delle spose che ha messo il velo a tutta la città Velare per svelare e raccontare storie. Questa la scommessa di un grande artista della fotografia Strana idea velare cose e persone. Strana perché noi umani abbiamo l’istinto, quasi il bisogno di svelarle le cose. Siamo curiosi, vogliamo sapere tutto, sempre; dobbiamo scoprire, non amiamo i dubbi. Da bambini rompiamo i giocattoli per sapere cosa c’è dentro e per tutta la vita non smettiamo di imparare, di svelare quello che fino a ieri ci era nascosto. Quando il prete dall’altare dice “puoi baciare la sposa”, si alza il velo ed è come un atto di appartenenza senza segreti. Oreste Pipolo un po’ ce lo spiega perché ha voluto coprire con un velo tutte le persone e cose che ha fotografato come a proteggerle e a preservarne la memoria. Anche la memoria di guerra. Ogni guerra è terribile e ogni dopoguerra è un dramma. Per Napoli il secondo dopoguerra è stato un disastro, il suo grande porto era ambito da tutti: tedeschi e alleati, le conseguenze sono stati più di 100 bombardamenti, troppi per qualsiasi città. Oreste è nato nel ’49 e, negli anni ’50 c’erano sì ancora le macerie ma si pensava a ricostruire, a tornare alla normalità; normale era fare il ragazzo di bottega, l’apprendista, figura oggi scomparsa. Lui incominciò in una specie di foto-stamperia e in breve si innamorò della fotografia, anzi dell’arte fotografica visto che ha sempre dichiarato di ispirarsi alla pittura e in particolare all’amato Caravaggio. Ci hanno ricordato, le figlie, di come agli inizi, lui andasse a procurarsi il lavoro nei modi più diversi, quasi da porta a porta, da ri-

storante a ristorante, per avere qualche matrimonio da immortalare. E ne ha fatti di matrimoni da allora, tanti da meritarsi la stima dei suoi stessi concorrenti. L’occhio all’arte lo ha sempre conservato, è stato anche insegnante all’Accademia di Belle Arti, e ha sviluppato l’idea della Napoli Velata la mostra conclusa dopo la sua morte. L’idea è quella di coprire persone e cose con un velo bianco o nero: il bianco serve a conservare, preservare, quasi proteggere dall’azione del tempo e dell’uomo; quello nero è invece la resa, il fallimento, l’amara constatazione che non tutto può essere protetto e conservato. In ogni caso il bianco e nero fotografico è eterno. Come l’arte. Bruno Limone

Sfizzicariello: parmigiane e polpette per battere l’isolamento dei sofferenti psichici

IL PROGETTO

Per Pasqua hanno venduto casatielli e pastiere, i must napoletani, salati e dolci. Li hanno preparati i soci della cooperativa Arte Musica e Caffè che, da alcuni anni, lavorano nella gastronomia sociale Sfizzicariello. La cooperativa (che tiene insieme operatori, familiari e persone sofferenti) è la risposta all’urgenza di uscire dalla solitudine della malattia mentale. Isolamento che non ricade solo sulla persona afflitta dalla sofferenza psichica ma, anche e soprattutto, sulla famiglia che si trova sola e impreparata ad affrontare la fatica e il dolore di un familiare ingabbiato dal disagio. Un percorso che ha portato Carlo Falcone, ingegnere, a fondare la cooperativa Amc per provare a dare risposte alternative al semplice contenimento con farmaci e all’isolamento in casa. Oggi, i partecipanti sono una ventina e frequentano laboratori di teatro terapia, discipline olistiche, alfabetizzazione digitale e sessuologia. Alcuni di loro lavorano come banconisti, aiuto cuoco a Sfizzicariello: fanno la spesa al vicino mercato della Pignasecca, cucinano ogni giorno i piatti della tradizione gastronomica napoletana – parmigiana, gattò di patate, pasta al gratin, polpette, ragù –, organizzano la vetrina e il negozio e si occupano della vendita, organizzano e servono ai catering di convegni e feste. Arte Musica e Caffè che è diventato un modello studiato anche nel dipartimento di Psicologia Sociale dell’Università federiciana, organizza tanti momenti di confronto per le famiglie che sono le prime a contattare la cooperativa per trovare uno spazio di conforto e risposte alternative alla medicalizzazione e alla solitudine. Laura Guerra

maggio 2017 Scarp de’ tenis

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