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IL TAGLIO

Chi “grida al lupo” non ricorda chi siamo e quanto abbiamo sofferto Aveva fatto a Berlino la strage del mercatino di Natale, è morto in una sparatoria con i poliziotti. Tutto qui? Intorno ad

Ancora una volta, la cronaca nera, è servita ad alimentare sta ai fatti, proviamo per una la “politica volta a lavorare con la fanta- della paura”: sia. È notte, fa freddo, il terrorista è armato, ha appena capito che la bisogna dire ai votanti stazione ferroviaria di Sesto San che il pericolo Giovanni è chiusa. Si guarda in giro, è intorno a noi quando arriva una pattuglia. Ècom-

Anis Amri, e a qualche dettaglio della sua storia, forse bisogna aggiungere qualche parola. Di solito si

di Piero Colaprico

posta da due cinquantenni. Manco scendono dalla Volante. Uno tira giù il finestrino: «Ehi, te, hai i documenti?». Amri si avvicina mansueto, all’improvviso estrae la pistola li uccide entrambi. E scappa. Il giorno dopo, allarme rosso internazionale: «Caccia alla cellula che protegge il terrorista e che uccide due agenti di pattuglia, l’Isis è in Italia, rischio attentati in piazza Duomo».

Perché scriviamo così? Ricostruiamo i fatti reali. Dal-

scheda

Piero Colaprico (Putignano 1957), giornalista e scrittore, vive a Milano dal 1976. È inviato speciale di Repubblica, si occupa di giustizia e di cronaca nera. Ha scritto alcuni romanzi, tra cui Trilogia della città di M. (2004), vincitore del Premio Scerbanenco. Una penna tagliente. Come questa rubrica che cura per Scarp.

la Volante Alfa-Sesto scendono due trentenni, molto operativi, e come da manuale si mettono uno a destra e uno a sinistra del soggetto da controllare. Quando Armi si sente perduto e spara, ne ferisce uno, ma l’altro è già pronto a far fuoco, anche il ferito reagisce e spara. Un colpo alla testa e Amri muore, i soccorsi sono inutili.

Indagini: com’è arrivato a Sesto il terrorista ricercato in tutta Europa? Una telecamera lo

inquadra a Torino, vorrebbe fare un biglietto per Roma, ma il treno parte troppo tardi, allora opta per Milano. Arriva alla Centrale. Esce. Chiede a un «latino» incontrato a caso come può fare ad andare al Sud, quello gli indica la stazione: «Vengo di lì», dice Amri. «Allora prendi il bus, scendi a Sesto San Giovanni, partono anche

da lì». E Amri va a Sesto. La sua è dunque, carte alla mano, la fuga di un lupo solitario. Eppure per giorni e giorni, le televisioni nazionali, come se non ci fosse alcun senso di responsabilità nell’informazione, hanno raccontato di una probabile cellula di Sesto San Giovanni, di Milano non come una tappa, ma come destinazione. Ancora una volta, la cronaca nera, che ha le sue regole di oggettività, è servita ad alimentare la «politica della paura»: bisogna dire ai votanti che il pericolo è intorno a noi. Attenzione: il pericolo è davvero intorno a noi. Ma deve essere raccontato per quello che è. Non si può far diventare Sesto San Giovanni, solo perché – viene da immaginare – è amministrato da una giunta rossa, il luogo dove si possono nascondere i terroristi internazionali, dove esistono cellule, dove la comunità islamica «dà problemi». Amri scappava da Berlino, dove ha ucciso le persone inermi, usando un Tir come un’arma. È stato in Olanda, in Belgio, a

Lione, a Bardonecchia, la sua corsa è finita in un piazzale deserto, grazie a due agenti italiani. E va aggiunto un aspetto sottovalutato, se non omesso. Milano, 1969, piazza Fontana, la madre di tutte le stragi. Brescia, 1974, piazza della Loggia; Bologna 1980. Attentati sanguinosi e feroci alla Fiera, a Fiumicino, sui treni. Roma, 1978: il presidente della Dc Aldo Moro rapito poi ucciso, la sua scorta di quattro uomini sterminata. Magistrati, detective, giornalisti, avvocati, militari, agenti uccisi o feriti. Si potrebbe continuare a lungo: nessun paese

occidentale ha avuto, come accaduto da noi in Italia, così tante croci, in nessuna parte d’Europa mafia e terrorismo hanno sparso tanto dolore come nelle nostre regioni. Quel dolore non è morto. Nel Dna degli investigatori c’è il ricordo del piombo, il controllo del territorio attraverso i posti di blocco a Milano si esercita dagli anni Settanta e le indagini complesse, quelle nelle quali non si perde il più labile e invisibile dei fili, sono una costante. Così come, quando serve, lo scambio delle informazioni tra forze di polizia diverse e in competizione si fa, sotto il coordinamento dei sostituti procuratori. Amri è morto, altri come lui sono certamente qui, in mezzo a noi, ma a Sesto San Giovanni è avvenuta qualcosa che, volendo, potremmo definire anche una lezione: di storia nera italiana. E se nessuno vuol sentirla, se si pre-

ferisce «gridare al lupo» e fare campagne elettorali e giornalistiche a basso costo, basate

sulle paure legittime della gente semplice, difficile opporsi: ma impossibile far finta di niente di fronte alle falsificazioni e non ricordare chi siamo, che cosa abbiamo sofferto, che cosa sappiamo. febbraio 2017 Scarp de’ tenis

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