Cuore Biancorosso n° 06

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biancorosso C

ssmaceratese.it

uore

Quelli che... è questione di lato B. Chi si vede già in promozione. Chi parla di metodo Bucchi.

IL FATTORE B SFUMATURE biancorosse Sesso sì o no prima della gara?

L’Attaccante

PROVACI ANCORA FIORETTI

N° 6 - Novembre 2015


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l’editoriale

UNA PASSIONE CHE SI TRAMANDA DI PADRE IN FIGLIO

A

d inizio campionato, dopo le note vicende estive che mi hanno visto impegnato insieme a mio padre Giancarlo in veste di legale della Maceratese, la presidente Tardella di mi ha chiesto di entrare a far parte dello staff dirigenziale Massimo biancorosso. Ho accettato con piacere ed entusiasmo, NASCIMBENI pur consapevole dell’impegno professionale che la carica di consigliere di amministrazione, che mi onoro di ricoprire, comporta, specialmente in questa fase iniziale in cui occorre strutturare la società per poter assolvere ai numerosi e complessi adempimenti amministrativi del campionato professionistico che stiamo disputando. D’altronde, anche per tradizione familiare, i colori biancorossi me li sento cuciti addosso da sempre. Mi lega a questa maglia un amore sbocciato sin da bambino, quando mio padre mi portava al campo a vedere la partita accanto a lui in panchina. E poi il lunedì in sede, alla “Sportiva” di palazzo de Vico, dove il buon Piero aveva sempre un sorriso ed una carezza per me. E il giovedì all’allenamento, ad assistere alle sapienti lezioni tattiche dell’indimenticato Maestro Seri. E ancora, la domenica mattina, prima della gara, al ristorante con la squadra dove, al riparo dagli sguardi dei mister Pino Brizi e Alberto Prenna, i calciatori più smaliziati mi chiedevano la formazione che sarebbe scesa in campo di lì a qualche ora ed io, per primo, la svelavo innocentemente: Gabban, Santini, Marini... Che emozione veder sfilare negli spogliatoi gli idoli della mia infanzia: Giovanni Pagliari, Moreno Morbiducci, Stefano Cittadini, Augusto Sabbatini, Giancarlo Faustinella e molti altri ai quali oggi, a distanza di tanto tempo, mi legano sentimenti di amicizia ed affetto. Quella stessa luce ho rivisto pochi giorni fa, non senza un filo di commozione, negli occhi di bimbo felici e sognanti di mio figlio Carlo davanti a mister Bucchi ed ai suoi idoli di oggi, Kouko e Buonaiuto, quando per la prima volta l’ho accompagnato all’allenamento, il lunedì successivo alla storica vittoria contro la Spal. Evidentemente, l’amore per la squadra della nostra città e le emozioni, che solo questi colori sanno regalare, si trasmettono, immutati, di padre in figlio. Concludo con un sentito ringraziamento alla Presidente, allo staff tecnico ed ai ragazzi per questo straordinario inizio di campionato, unito al più sincero augurio a tutti gli sportivi biancorossi di vivere un’altra stagione indimenticabile.

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biancorosso

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Tu vo’ fa il maceratese

di

Andrea Barchiesi

Un aquilano a Macerata B

asta poco per sentirsi a casa. Abitare in una villetta vicino ad uno dei simboli della città, lo Sferisterio. Essere appena sposati e aspettare la nascita del primo figlio, dopo un lungo trasloco dalla città delle 99 cannelle a quella della lirica. Soprattutto essere il capitano della S.S. Maceratese. L’ispettore capo di polizia Valdo Cherubini (nella foto) racchiudeva tutte queste caratteristiche ed era stato chiamato nel 1982 per continuare ad alimentare il sogno biancorosso: “Macerata è come l’Aquila, bellissima!”, si confida il giocatore che ha indossato in carriera entrambe le maglie. Lunghe passeggiate nel centro storico, frequentazioni con gli sportivi ed i ricordi di Alberto Prenna, Tonino Seri e l’avvocato Giancarlo Nascimbeni. Chi in quegli anni incrociava l’Helvia Recina non poteva non incontrare questi personaggi che hanno fatto la storia del calcio biancorosso. Dinoccolato, alto e con buona tecnica di base e necessarie geometrie, il regista abruzzese ha lasciato un buon ricordo in una stagione in cui i tifosi dovettero prima di tutto elaborare il lutto sportivo di Giovanni Pagliari e Moreno Morbiducci. Era dura giocare con la mente dei supporters volta agli anni precedenti e mai proiettata in avanti. Un anno così così, nonostante quella squadra fosse potenzialmente organizzata nel migliore dei modi. Ma Macerata e la Maceratese sanno

offrire ai loro ospiti atmosfere ovattate e colme di affetto, come lo stesso Valdo ricorda con piacere: “La Maceratese va forte, aspetterò qui a L’Aquila il risultato. Al ritorno verrò a vedere anche il match, ma non scorderò mai la bellezza di Macerata”. Bella, magica ed esigente come poche piazze sportive. Non Piazza della Libertà che pure merita un discorso culturale ed artistico a parte, ma quella del Web sostituisce completamente il passato. Ormai il 2.0 spopola a tal punto che qualsiasi maceratese posizionato oltre i confini nazionali, regionali e provinciali, non può fare a meno di leggere i commenti che vengono espressi per analizzare il confronto dei biancorossi. Anche in questo modo ci si sente più a casa, nonostante la distanza geografica. Ecco, usciti dalla finestra di casa

si rientra dalla porta del Web. E non è solo un mondo virtuale visto che gli spunti riflettono gli stati d’animo di persone che si conoscono. Una volta c’era il bar dello sport e appeso al muro finite le partite si aspettava con ansia il risultato della Maceratese su un tabellone nero: se giocava in casa arrivava subito, se fuori occorreva un po’ di tempo. Lì in viale Trieste si radunavano i tifosi come al bar camposportivo. Il rito si ripeteva domenicalmente, anche se i tifosi più vicini non si lasciavano sfuggire l’occasione di seguire i beniamini all’Helvia Recina. “Mi ricordo uno stadio bellissimo”, dice Cherubini. Nessuno gli spiega che quello stadio è stato ingabbiato, così tanto che qualcuno potrebbe immaginare che lì possa esistere un recinto di leoni. Cambiano i tempi ma non la sostanza: il vecchio cuore biancorosso palpita senza sosta e con l’epoca moderna valica qualsiasi confine.

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Miserie & Nobiltà

Metti una sera a cena con...

Vujiadin

Boskov U

na sera a cena con Vujadin Boskov. Figurarsi, un giovane e sbarbatello cronista di provincia che ha la possibilità di partecipare ad un conviviale con un autentico Santone del calcio internazionale (giusto per dire ha vinto campionati in Italia ed in Spagna, Coppe Nazionali in Olanda e nel suo palmares la Coppa delle Coppe con la Sampdoria nel ‘90). Guadagnato, a fatica, un posto vicino al “vate”, con la sfrontatezza di chi non si è fatto mai troppi problemi, c’era un dilemma da risolvere. Come rompere il ghiaccio? Allora, timidamente ma non troppo, cerco di tirar fuori l’asso nella manica ossia il mio ottavo di sangue slavo (da parte materna) sperando di non urtare certe suscettibilità (le ferite della guerra nella ex Jugoslavia erano anco-

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ra sanguinanti). “Davvero? E’ di dove era sua nonna?” mi dice. “Di Zara”, faccio io, “ma originaria di un villaggio vicino Belgrado. “E così, complice il Montepulciano d’Abruzzo ed un’atmosfera amichevole, mi spara addosso una raffica dei suoi celeberrimi aforismi che, a quasi 20 anni di distanza, non ho ancora rimosso dalla memoria. “Mister”, attacco, “com’è possibile che nonostante tattiche, esperimenti, studi e simposi il calcio resta la disciplina più imponderabile che si conosca?”. “Calcio amico mio si gioca con piedi y gobernar la palla è arte difficile. Un buon allenatore è colui che anzitutto sa gestire lo spogliatoio e che è capace di far sentire importante anche il magazziniere.” Già, dico io ma adesso con la zona, la preparazione atletica curata alla perfe-

zione non si può non fare attenzione ai dettagli, soprattutto ai massimi livelli... “Seguro ma quando hai a che fare con grandi campioni non devi mai mortificare il loro talento. Se hai Maradona, o Gullit che gli vai a parlare di 4-3-3 o 4-4-2? Suvvia...”. “Però mister lei ha avuto a che fare anche con Perdomo...” (all’epoca giocatore uruguagio alle sue dipendenze al Genoa e diventato, suo malgrado, popolarissimo perchè Boskov disse che poteva giocare al calcio solo nella sua villa con il cane). “Beh, quello era un caso particolare. In fondo non ce l’avevo con lui ma solo con chi l’aveva portato in Italia ed in Serie A”. “Lei fu anche un grande giocatore (quasi 60 presenze nella Nazionale del suo Paese ed un argento olimpico) e Peppin Meazza, definito da Brera il più grande giocatore italiano, sostene-


di

va che un campione difficilmente riusciva nel mestiere di allenatore semplicemente perchè non avrebbe avuto pazienza nell’insegnare cose che gli sembravano scontate...”. “Non è vero, dipende dalle persone. Beckenbauer ha appena vinto un Mondiale (Italia ‘90 per la precisione) e Mario Zagalo è stato un divo del Brasile. Se sei schiappa rimani schiappa (il termine che utilizzò fu un po’ diverso in verità) a prescindere dal ruolo.” Nel frattempo la “comida” era già ad un punto molto avanzato come pure la loquacità di questo autentico giramondo del calcio. “Ma è vero mister ciò che raccontava Mannini circa i suoi piani-partita alla Sampdoria?”. “Certo che sì. Dunque... Vierchowod e Mannini non dovevano far toccar palla agli attaccanti avversari, poi dovevano dare sfera a Cerezo che la doveva buttare in avanti, tanto Mancini e Vialli fanno gol.” Facile no... “Ma lei come riconosce un grande giocatore da un mediocre... (e qui ti spara una di quelle frasi che hanno fatto la storia): “Un campione vede autostrade dove altri vedono solo sentieri”. Prego? “Proprio così, il calcio ti dà mille possibilità ma solo se le sai almeno intravedere. Molti sono ciechi eh eh eh...”. “Ma è vera la storia delle sue telefonate notturne ai giocatori per tenerli sotto controllo?”. “Urka... Verissima. Segreto per giocare bene è vita privata. Sino alle 23,30 tutti liberi poi partono le telefonate, all’apparecchio fisso ovviamente”. Intanto è passata da un bel po’ la mezzanotte e l’oste, giustamente, inizia a fare segni amichevolmente minacciosi a tutta

la comitiva ed al giornalista ciarliero così decido di sparare le ultime cartucce. “E’ sempre convinto che rigore è solo quando arbitro fischia oppure bisognerà, prima o poi, arrendersi alla moviola in campo?”. “Noooo, il calcio deve restare un gioco”. Mi dica in un orecchio, perchè uno come lei è venuto ad allenare l’Ascoli...”. “Allodi mi aveva promesso il posto alla Juve dopo Trapattoni e dovevo farmi le ossa in provincia. Tutti debbono farsi le ossa”. E ci vengono in mente carriere tanto fulminee quanto brevi. “Boskov, cosa farà da grande?”. “Scriverò un bel libro rac-

Andrea Verdolini

contando tanti anni di sport senza peli sulla lingua”. Purtroppo il “vecchio” Vujadin non ce l’ha fatta: l’Alzheimer se l’è portato via ad 82 anni dopo una vita straordinaria e, pensate, nessuna ammonizione a suo carico in 15 anni di professionismo (proprio altri tempi). Quando ho appreso la notizia mi è venuto in mente un suo vecchio detto: “La mia più grossa preoccupazione è prendere un gol in meno dell’avversario”. In fondo i grandi trionfi nascono sempre dalla difesa. Di suoi seguaci ne ho conosciuti tanti: chissà se tra questi ci sarà anche Cristian Bucchi.

campione “vedeUnautostrade

dove altri vedono solo sentieri

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biancorosso

L’ATTACCANTE

Provaci ancora FIORETTI

Non è impresa da poco avvicinarsi in porta e fare sempre rete. Impresa che invece è riuscita a Giordano Fioretti con la maglia rossoblu quando era in C2. Grandi goal che si possono ripetere ancora. A Dio piacendo.

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l’intervista

L

di Alessandro Savi

o vedi in area di rigore e immagini un uomo duro, severo, autoritario. Le sue giocate, soprattutto negli ultimi venti metri, sono autentiche rasoiate tipiche di chi non perdona mai. Eppure, parlandoci amichevolmente, ti accorgi che Giordano Fioretti è una persona semplice, pronta a mettersi in discussione. Un uomo che ringrazia Dio e i suoi compagni di squadra per ogni perla che riesce a confezionare. Per uno così, Macerata è l’ambiente ideale. Quando gli chiediamo come si trova da noi, la risposta è scontata: “Fin da subito ho avuto una buona impressione. Sia i compagni che la società mi hanno fatto capire che il progetto era serio: non ho avuto alcun problema nel firmare il contratto e diventare un giocatore della Maceratese.” L’impatto con la città? Eccellente. Una città vivibile, a misura d’uomo. E poi è molto vicina a Roma.

Ho segnato 33 reti in 39 partite: quella a Gavorrano, in serie C2, fu un’annata straordinaria

Ti senti sostenuto dalla tifoseria o ti aspettavi qualcosa di più? Scherzi? Sapevo che la Maceratese era seguita ma non mi aspettavo tanto calore. A prescindere dai risultati che vanno oltre le previsioni, ogni sabato e domenica c’è sempre una buona cornice di pubblico che riesce a trasmetterti motivazioni importanti. 9


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Sei il classico bomber d’area di rigore, ricordi molto da vicino un certo Christian Vieri… Con le dovute proporzioni, il paragone mi lusinga. Però se devo essere obiettivo mi sento più vicino a Filippo Inzaghi. Mi piace svariare anche lontano dall’area, non sono solo un “rapinatore” di goal.

Chi è Giordano Fioretti È nato a Roma il 7 ottobre 1985. Ha esordito in serie D con la maglia dell’Astrea nella stagione 2002/2003. Dopo alcuni anni di esperienza in categorie minori (Bassano Romano e Marta Calcio in Eccellenza e Promozione) è approdato tra i professionisti nella stagione 2008/09 e ha subito vinto il campionato di serie C2 con la maglia del Figline. Nel 2010/11 e nel 2011/12 ha disputato due stagioni in C2 con la maglia del Gavorrano e, nelle due stagioni successive, due ottimi campionati in C1 con il Catanzaro realizzando complessivamente 24 reti in 56 gare. Lo scorso anno è stato acquistato dalla SPAL (8 reti in 28 gare). Dal 25 agosto è un giocatore della Maceratese.

Hai sempre realizzato un discreto numero di reti ma c’è stata una stagione in cui sei stato capace di marcare 33 volte in 39 partite. Vuoi provare a fare qualcosa del genere anche a Macerata? E’ vero, fu a Gavorrano, in serie C2: un’annata straordinaria. Sono cose che ti riescono di solito una sola volta nell’intera vita calcistica. Magari riuscissi a ripetermi anche a Macerata. Ricordo che quella fu un’annata perfetta, ogni volta che tiravo in porta riuscivo a segnare. Magari sono stato assistito dal Signore… A Catanzaro ti chiamavano “Terminator”… Un soprannome che a me piaceva tantissimo. Una piazza molto calda alla quale sono rimasto legato, dispiace oggi vederli in difficoltà ma quando si lavora male a livello societario, certe conseguenze sono inevitabili. Leggendo i dati della tua carriera, oltre ai gol, spicca un altro elemento: due sole espulsioni. Ho preso tante botte ma non reagisco quasi mai. Sono piuttosto tranquillo, anche in campo, reagire alle provocazioni può mettere in difficoltà i tuoi compagni, occorre mantenere un equilibrio sempre e comunque. Guai perdere la testa: provoca sempre conseguenze svantaggiose. Dal bomber Fioretti all’uomo Fioretti: tua moglie dice che sei una perso-

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na con tanti pregi ma un pò testarda. Può darsi. A mio parere essere testardi significa avere grinta e determinazione che aiutano tantissimo a raggiungere gli obiettivi. Comunque conduco una vita tranquilla, adoro mia moglie e siamo legatissimi al nostro cagnolino Alan. Uno stile di vita più che rigoroso: dieta sana, a letto presto e niente vizi. Sono aspetti fondamentali per andare avanti in questo sport. Il momento più bello e quello più difficile della tua carriera. Il più bello risale sicuramente all’anno dei 33 gol. Resto imbattuto in quella categoria (la serie C2) e rimarrò tale perché non esiste più. Non ci sono momenti particolari perché tutta la stagione fu per me particolare: se non erro, superai addirittura Riganò della Florentia Viola (l’attuale Fiorentina, ndr) che si fermò a quota 30 reti. Di momenti meno positivi non ne ricordo. Ringraziando il Signore, ad eccezione di un infortunio che mi tenne lontano dai play off a Catanzaro, posso dire di non averne mai vissuti. Sono due volte, in pochi minuti, che ringrazi Dio. Sei un buon credente? Si, mi sono avvicinato molto a Dio. Penso che non tutto dipenda da noi, che Qualcuno ci guidi. Vale anche nel calcio: aiutati che il ciel ti aiuta.

Giordano con la moglie Beatrice


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CRISTIAN BUCCHI

CHI SI ACCONTENTA (NON) GODE Vincere è questione di lato B? “La Fortuna è cieca se non la sai guidare non vai da nessuna parte”, replica. Mirare alla B? “Lavoriamo per salvarci ma pensiamo in grande”. Apologia di Cristian Bucchi, il vero fattore B della Maceratese. E se vi serve un motivo per crederci, noi ve ne diamo dieci.

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di Nazzarena Luchetti

E’ uno stratega. Le sue sono mosse perfette, da grande stratega. Sa che dietro ad ogni successo c’è un metodo e lui, scelta la strada, obbliga tutti a seguirla. Preferisce il blocco squadra che sappia attaccare e difendere insieme. Esamina da ogni prospettiva la squadra avversaria e imposta la partita senza stravolgere gli equilibri della sua. E a chi gli fa notare che finora non s’è visto un calcio molto dinamico e creativo lui replica che, alla fine, conta solo questo: pressare, segnare, convincere.

❷ Non si accontenta.

Ma non lo dice. Non per politically correct, né per scaramanzia, ma per non creare illusioni che i più, non alla sua altezza, non saprebbero gestire. Dietro a tutto il suo lavoro certosino c’è il desiderio di non negarsi nessun orizzonte. E allora anche un pareggio diventa non un punto guadagnato ma due punti persi. Ma c’è di più. Stadio Helvia Recina, fine del primo tempo: mentre vince 12

2 a 0 contro il Pontedera, furioso, entra nello spogliatoio e prende a calci magliette, scarpe e palloni perché, a suo parere, i ragazzi non pressano abbastanza. “Su un 2 a 0 mi piacerebbe che la partita andasse sul 4 a zero”, dichiara poi. Altro che giocare per vincere.

❸ E’ un perfezionista.

Rigore, impegno, passione e quel tanto di sregolatezza che serve per avvalorarne il genio. Nonostante abbia già dimostrato molto (qualcuno ricorda i cori dei tifosi: “E segna sempre lui, segna sempre lui, si chiama Cristian Bucchi!”, quando, a fine anni 90, con la maglia del Settempeda faceva goal a raffica), sa che si può, e si deve, far meglio. In sala stampa palesa una leggera impazienza verso i giornalisti insistenti: non fa eccezione la sottoscritta, costretta a implorare per giorni una sua foto. E’ già un divo.

❹ E’ un capobranco.

E vuole “Undici animali in campo”,


il personaggio come ricorda spesso ai suoi ragazzi. Al contrario di un domatore di leoni, il Mister vuole tirar fuori l’istinto selvaggio dei suoi uomini. Un modo per affermare che l’uomo è simile al lupo: seguite gli ordini del capobranco e poi cacciate in gruppo. Dentro il campo nessuna pietà. E fuori, “Mai abbassare la guardia”.

❺ Ascolta tutti ma fa di testa sua.

Dai giocatori al preparatore atletico, dalla fisioterapista al massaggiatore, dall’amministratore delegato al team manager: rispetta il lavoro di ogni singola persona consapevole che ognuno è un valore aggiunto. Ha le idee chiare il Mister ma ascolta tutti perché il consiglio giusto può arrivare dalla persona/ situazione che meno ti aspetti. Il passo successivo è che le sue convinzioni alimentano il senso di sicurezza dell’intera squadra.

❻ E’ un buongustaio.

Se lo fate infuriare sappiate che potete farvi perdonare davanti ad una carbonara, il suo piatto preferito. Ma non invitatelo se non siete ben sicuri di fare una buona figura. Sua moglie, bravissima ai fornelli, lo ha abituato a un palato super fino.

❼ Sa motivare.

E non importa se per farlo occorre usare espressioni forti. “Siete mosci!”, è l’esclamazione con cui solitamente il Mister fulmina la squadra mettendone alla prova emozioni e reazioni. Si rivolge, per carota o bastone, a ognuno di loro perché: “Reputo tutti titolari e non delle alternative”. Mantiene alta la concentrazione evitando che si rilassino troppo e si adagiano sulle vittorie. Trasmette positività ma capisce quando è il momento di smorzare l’euforia che può dare alla testa. C’è ancora tanto da lavorare: “Bisogna dimenticare subito lodi e vittorie e ributtarsi anima e corpo nella prossima partita”

❽ Sa tenere testa alla Presidente.

Come dice la dott.ssa Tardella: “Per vincere è importante il talento, ma per ripetere le vittorie ci vuole carattere”. A lei sono bastate poco ore per capire che il Mister era l’uomo giusto al momento giusto. Ma il confronto, tra due caratteri forti, può trasformarsi facilmente in scontro: Bucchi è schietto, dice quello che pensa e va dritto al punto. Lei fa altrettanto. E così ci prendono gusto a fare il braccio di ferro e quando sembra che non ci sia verso di capirsi, lui in conferenza stampa le fa una dichiarazione di apprezzamento che neanche il migliore degli adulatori. Quando ci si stima, dirsele di santa ragione non è distruttivo, ma stimolante.

❾ E’ convinto che “Lassù Qualcuno

ci ama”. Risultati vincenti frutto di lato B e fortuna? “Non credo alla sorte ma al duro lavoro che alla fine paga sempre”. E se proprio c’è da ammettere una spinta, propendo per quella Divina. “Credere in Dio ti dà serenità”, ammette, e questo coincide con il bracciale raffigurante immagini di santi che porta sempre al polso. Credete, e vincerete.

❿ Ha già lanciato lo stile Bucchi.

Qualità tecniche, carattere e alcune perle di saggezza degne di un maìtre a penser: “Ragazzi non fate mai in modo che siano gli altri a scegliere per voi”, ripete più volte ai suoi uomini. “Sono io che determino la mia vita e voi dovete fare altrettanto”. Un modo per ribadire che, per non subire le scelte, occorre avere fiducia nei propri mezzi. Non sono semplici modi di dire: il mister sta affermando un modello. Chi lo seguiva da calciatore, con la maglia numero 9, ricorda quando diceva: “Tanto so che, se non è la prima o la seconda, alla terza occasione il portiere lo trafiggo”. Mutatis mutandis, da timoniere ha detto: “Gli altri sono bravi, ma lo siamo anche noi”. Se n’è accorta, a sue spese, la Spal,

nonostante il biancoazzurro Castagnatti inputa la sconfitta non alla bravura dei biancorossi ma al disastrato manto dell’Helvia Recina paragonato a un campo di patate. La squadra invece c’è e assomiglia sempre più al suo allenatore: appassionata, puntigliosa e di carattere. E non dà mai niente per scontato. Perché quello che sorprende di Bucchi, e di questa Maceratese, è che quando pensi di aver capito tutto è la volta buona che non hai capito niente.

Chi è Cristian Bucchi È nato a Roma il 30 maggio 1977. Come calciatore è cresciuto nelle fila della Sambenedettese dove ha esordito nel Campionato Nazionale Dilettanti nel 1995. I tanti gol realizzati successivamente - con la maglia della Settempeda in Promozione - hanno convinto Luciano Gaucci, ex patron del Perugia, a portarlo in serie A dove Cristian ha realizzato 5 reti nella prima stagione con i grifoni. Poi un numero stellare di cambi di casacca: Vicenza, Ternana, Catania, Cagliari, Ancona, Ascoli, Modena, Napoli, Siena, Bologna, Cesena e Pescara. Complessivamente ha marcato 59 presenze ed 11 reti in serie A e 266 presenze con 90 reti in serie B. La sua carriera di allenatore è iniziata nel 2012 come tecnico della primavera del Pescara. A seguito dell’esonero del tecnico della prima squadra Cristiano Bergodi, viene promosso ed esordisce in serie A nel marzo 2013 nella sconfitta a Bergamo contro l’Atalanta. Per gli abruzzesi è una stagione disgraziata e Bucchi riuscirà a conquistare soltanto un punto in 11 partite non riuscendo ad evitare la retrocessione. Nella stagione successiva viene ingaggiato dal Gubbio (prima divisione di Lega Pro) ma la sua esperienza in terra umbra dura fino al gennaio 2014 quando viene esonerato. Lo scorso anno, subentrato all’allenatore Vincenzo Cosco, ha guidato la Torres alla salvezza nel campionato di Lega Pro. Dal mese di luglio 2015 è allenatore della Maceratese.

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La sicurezza negli stadi e l’atteggiamento (maceratese) che fa la differenza l maceratese è un cittadino paziente, combina, con stile, snobismo ed ironia abituandosi facilmente alle cose. A testimonianza di questo atteggiamento potrei citare molti esempi, mi limito a due: la trasformazione dell’amata passeggiata al sole in “pista parabolica’ e l’atavica assenza di parcheggi e piscine. Entrambe con l’altalenante fase di polemiche e rassegnazione. Accadimenti pubblici che avrebbero portato a sommosse popolari in città più “frizzanti”, ma nella nostra serena Macerata, dopo qualche scaramuccia giornalistica, dichiarazioni sbraitate del politico di turno e qualche battuta sui social, si ritorna sempre alla immobile quiete cittadina. Probabilmente sarà così anche per la questione del nostro amato HR: l’indolenza prevarrà sulle tante buone volontà e lo stadio, trasformato in un bunker a tempo di record per ottemperare alla legge, rimarrà un’opera incompiuta in fatto di illuminazione e qualità del campo. Fino a quanto, non è (ancora) lecito sapere. Ricordo, ormai molti anni fa, quando mio nonno mi portava in quel luogo affascinante che è lo Stadio dei Pini a raccogliere pinoli o quando insieme al mio babbo andavamo a vedere la Maceratese, tutta orgogliosa nel mio cappottino biancorosso con quell’eccitazione collettiva che pian piano mi entrava nell’anima e che non mi avrebbe più lasciato (che bello vedere le felpe biancorosse in Piazza del Campo!). Il tempo passa, le cose cambiano e così pure negli stadi che, nel frattempo, sono diventati sempre più terreno di scontro per frange ultras. Tra la “schedatura” richiesta dalla Lega con la tessera del tifoso, i pre - filtraggi con documenti alla mano e i tanti, troppi cancelli che separano tutto da tutti ci si chiede se tutto questo abbia un senso reale. Indubbiamente si e, senza addentrarci troppo nei dolorosi fatti dell’attentato terroristico di Parigi, vorrei ricordare che senza la prontezza e la ferrea applicazione delle regole di uno steward, che ha contribuito a fermare una persona sospetta (rivelatosi poi uno dei terroristi dell’orrendo attentato) impendendogli l’accesso allo stadio, la strage sarebbe stata di ben più gravi proporzioni. I tempi di oggi impongono sicuramente misure di sicurezza più drastiche e globalizzate ma prevenire non vuol dire, però, impedire indistintamente. Tra lo stadio di un tempo libero e senza vincoli e il fatto di respingere un bimbo di 16 mesi in braccio alla mamma perché “non munito di tagliando”, c’è una bella differenza dove il buon senso imporrebbe l’eccezione alla regola. E ritorniamo alla nostra cara città dove proprio

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di BiancaRossa

il buon senso, più volte evidenziato nella nostra rivista, sembra scarseggiare. Se, ad esempio, questo fosse presente non sarebbero negati gli accessi agli anziani: permettere di parcheggiare nei pressi dello stadio favorisce sicuramente le categorie più deboli. E’ triste notare l’assenza di quei vecchi e cari tifosi, i “direttori tecnici” della tribuna che non possono venire senz’auto. Cosa dovrei dire a mio nonno se fosse ancora con me e Io entro allo stad io Nome: Pistacoppo che adorava il calcio: “Scusa la dome- Cog nome: Superstar Nato a Macerata il 13/09/ nica niente Rata perché le tue gambe Res 2015 idente all’ Helvia Recina , non riescono più ad affrontare le sa- Via dei Velini Macer ata lite di Via dei Velini?”. E’ vero, caro nonno, tu non sai cos’è la Rata, ai tuoi tempi si urlava più formalmente: “Forza mace-ra-te-se” e a chi strillava un po’ più forte magari volava qualche schiaffo sugli spalti ma si applicavano quelle regole non scritte che allo stadio, al bar, all’oratorio hanno fatto crescere, educandoli, tanti italiani. Ci si abitua a tutto, ci abitueremo anche alle regole restrittive della Lega. Chiediamo però, a tutte le figure deputate al controllo, meno formalismi e l’atteggiamento giusto che tenga conto degli animi quieti dei maceratesi. Sarebbe cosa gradita, inoltre, al fine di garantire il decoro e il rispetto di tutti, vietare quegli striscioni che ledono la dignità della società. A tal proposito, c’è da dire che, nelle trasferte, oltre ad aver notato un atteggiamento benevolo nei nostri confronti e di tutti i tifosi della Rata da parte degli steward e della polizia, di striscioni che inneggiano frasi offensive non ce n’è mai stata traccia. Ritenendo improbabile che i tifosi siano tutti modello di correttezza, è più facile pensare che le forze dell’ordine deputate al controllo ne abbiano preventivamente vietato l’ingresso allo stadio. Concludo invitando tutti a godere dell’inaspettata “aria fresca” che si respira in cima alla vetta: come dicono gli addetti, il termometro segna -19. I nostri “undici” combattono in campo e noi, pazientemente, continueremo ad andare l’HR. Da bravi maceratesi. 15


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12A GIORNATA Sabato 21 Novembre 2015 ore 15.00

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a storia dell’Aquila Calcio 1927 ricorda, sia pur in minore, quella del Grande Torino. Come i granata di Valentino Mazzola, anche gli abruzzesi furono vittime di un terribile incidente (ferroviario, non aereo) che decimò la più forte squadra mai avuta. L’Aquila, infatti, fu la prima squadra abruzzese a conquistare la serie B nel lontanissimo 1934/35 ma la terza stagione consecutiva in serie cadetta venne indelebilmente segnata dalla tragedia di Contigliano in cui, a causa di un errore di un capostazione, persero la vita otto giocatori e rimasero gravemente feriti tanti altri. La squadra rossoblu può vantare, nel suo palmares, due sfide nei sedicesimi di finale di Coppa Italia contro l’Ambrosiana Inter di Giuseppe Meazza e la Juventus, entrambe nel 1937. La storia recente dell’Aquila Calcio è legata ad un pezzo di storia della Maceratese: nel corso della stagione 2012/13, infatti, la panchina rossoblu venne affidata al “nostro” Giovanni Pagliari che fu protagonista di un cammino travolgente: play-off e conquista della Prima Divisione della Lega Pro dopo due storici derby vinti contro Chieti e Teramo. L’anno successivo (stagione 2013/14), L’Aquila raggiunse i play-off e si giocò la serie B ma venne eliminata ai quarti di finale dal Pisa. Il primo anno della Lega Pro riunificata, i rossoblu lo hanno concluso al settimo posto dopo un inspiegabile esonero di Pagliari. La società abruzzese ha iniziato l’attuale campionato con un punto di penalizzazione comminato dalla Corte d’Appello Federale della FIGC a causa di un illecito sportivo.

L’AQUILA CALCIO 1927

SALVATORE SANDOMENICO

NICHOLAS BENSAJA

L'opinione di Giulio Spadoni

1937 JUVENTUS - l’AQUILA

La rosa PORTIERI: Giovanni Zandrini (1989), Luca Savelloni (1995) DIFENSORI: Adedoyin Sanni (1995), Dennis Di Mercurio (1993), Giacomo Ligorio (1993), Giordano Maccarrone (1990), Marco Bigoni (1990), Myles Anderson (1990), Simone Piva (1984) CENTROCAMPISTI: Alberto De Francesco (1994), Cristian Stivaletta (1995), Hrvoje Milicevic (1993), Luigi Palestini (1994), Manuel Mancini (1983), Marco Iannascoli (1994), Nicholas Bensaja (1995), Nicola Cosentini (1988) ATTACCANTI: Andrea Mancini (1996), Claudio De Sousa (1985), Raffaele Perna (1986), Salvatore Sandomenico (1990), Tommaso Ceccarelli (1992), Vittorio Triarico (1989). ALLENATORE: Carlo Perrone

L’Aquila Calcio sta vivendo un momento particolare a causa delle ben note vicende legate all’inchiesta in corso. Per il resto, è una squadra che ha cambiato tanto rispetto alla scorsa stagione. La sua diversa fisionomia la si deve principalmente ad una grande attenzione nei confronti dei giovani più interessanti della serie D. Stivaletta e Bensaja – due tra i più forti avversari tra le rivali della Maceratese dello scorso anno – sono stati ingaggiati dai rossoblu e stanno facendo molto bene. In più hanno mantenuto alcuni giocatori importanti del campionato passato come Sandomenico che è una colonna fondamentale della squadra attuale. E’ una squadra attrezzata, nella media di questo campionato che appare molto equilibrato. 17


biancorosso

50 SFUMATUR

Sesso si o no prima della gara? Meglio astenersi per non compromettere il rendimento o è preferibile “consumare” per scaricare la tensione? Per stare sicuri, come suggerisce il fisioterapista Nazzareno Rocchetti, meglio evitare, la sera precedente la partita, di mettere in pratica l’intera trilogia delle sfumature e magari rifarsi il giorno dopo. 18


e s s o r o c n REbia

primo piano

di Nazzarena Luchetti e fossimo ai tempi del Milan di Liedholm, i portieri sarebbero quelli più fortunati. Il leggendario allenatore della squadra rossonera, infatti, aveva compilato regole ben precise a seconda dei ruoli: tra le 12 e le 48 ore precedenti la gara, per i centrocampisti la castità era obbligatoria, niente sesso per attaccanti e difensori 12 ore prima della gara e nessuna controindicazione per i portieri che potevano svagarsi tranquillamente tra le

S

lenzuola anche poco prima di scendere in campo. Il sesso prima di una gara sin dai tempi più remoti è stato sempre ritenuto responsabile di una dispersione di energia capace di distrarre la mente ed indebolire il fisico dell’atleta. Una convinzione comune a molti allenatori e preparatori atletici che consigliavano ai propri atleti di praticare l’astinenza per essere al top della forma prima di un match importante. 19


biancorosso

Sesso vincente. Ma non tutti, nella storia del calcio, erano dello stesso parere. Tra quelli favorevoli alle gioie amorose prima della gara c’era Jorge Luis Pinto, allenatore colombiano, forse non a caso soprannominato “Esplosivo”, che raccomandava il rapporto sessuale prima di coricarsi in quanto capace di rilassare l’atleta, permettendogli un sonno riposante. Ma ammoniva: “Niente avventure”. Secondo molti allenatori e medici sportivi, il sesso benefico è solo quello con la compagna fissa. Favorevole al sesso pre gara, anche il grande allenatore olandese Johan Cruijff che, nel 1974, infischiandosi delle astinenze prima delle partite, apre le porte del ritiro alle donne subendo non pochi attacchi. In quell’anno, ai mondiali in Germania Ovest, gli olandesi arrivarono in finale, fermati soltanto dai padroni di casa, dimostrando che il sesso prima di una gara sportiva può avere effetti positivi, soprattutto per lo spirito. Non sembra abbia funzionato invece sul mondiale di Gianluca Vialli ad Italia ‘90, dove, più che “notti magiche” si parlò di notti bollenti per un presunto flirt nei giorni di ritiro con la seducente Alba Parietti. Anche l’ex ct azzurro Cesare Prandelli pare sia stato favorevole a incontri amorosi permettendo a mogli e fidanzate di andare in ritiro con i compagni calciatori. Scelta, tra l’altro, appoggiata anche dall’esperto Arsenio 20

Veicsteinas, ordinario di fisiologia umana dell’Università di Milano e presidente del comitato scientifico-culturale della Federazione medico sportiva italiana. Dimmi che sport fai, ti dirò se “farlo”. Prima di un match, dunque, il sesso può avere un effetto positivo ma dipende dallo sport praticato. Alcuni esperti intervenuti lo scorso giugno a Napoli alla conferenza: “Il benessere andrologico fra sport e corretta alimentazione’, durante il XXXI Congresso della Società italiana di andrologia, hanno evidenziato che il sesso prima della partita negli sport di squadra, come il calcio, il rugby o pallavolo, potrebbe aumentare le probabilità di successo, perchè favorirebbe uno stato di rilassamento che giova all’andamento del gruppo. Non altrettanto vale per gli sport individuali, come ad esempio il tennis, dove invece è preferibile tenere alti i livelli ormonali che consentirebbero un atteggiamento più competitivo nei confronti dell’avversario. Via libera se favorisce un buon sonno La qualità del sonno è fondamentale prima della gara e se il sesso disturba il normale ritmo sonno-veglia, sicuramente la prestazione viene penalizzata. Un sonno rigenerante equivale a dormire almeno 7/8 ore la sera precedente una


primo piano competizione. Chiaro è che se mezza notte viene impiegata per praticare fantasie amorose le prestazioni sportive ne risentiranno. In questo caso è questione di incoscienza. Le sfumature della squadra biancorossa. “Personalmente non mi ha mai fatto male farlo, anzi. Mi aiutava ad essere di buon umore prima di affrontare una gara”, sono le parole di Ronaldinho, ex giocatore milanista, in merito al sesso prima della gara. Cosa dicono invece i nostri ragazzi biancorossi? Le donne sono avvisate, l’anonimato è scelta obbligata e la sintesi del piacevole (si fa per dire) incontro con i ragazzi pure. Altrimenti, care tifose, più che un cuore biancorosso, vi sarebbe servito un cuore d’acciaio. Quasi tutti concordano: fare sesso prima del match scarica la tensione. Qualcun altro afferma che a far male è semmai l’astinenza. Un altro ricorda la frase di un allenatore che sosteneva: “Fare l’amore fa bene tutti i giorni, le prestazioni no”. Ancora: “Fare sesso la sera che precede la gara aiuta a dormire meglio, quindi sei più sveglio il giorno dopo”. “Se lo fai il venerdi”, dichiara un centocampista, “poi la domenica giochi bene, allora la volta successiva, anche non ne hai voglia, lo fai per scaramanzia”. “Tutto ciò che non ti debilita, ti rafforza. A me non ha mai debilitato”. Infine la voce conclusiva: “Ciò che ti porta beneficio ti dà beneficio. A me beneficia”. E cosi sia. Il calcio, il più erotico degli sport. La pensa così Fabio Bonifacci, sceneggiatore e scrittore che nel suo “Lo zen e l’arte del dribbling. Appunti per una filosofia del calcio”, considera il calcio analogo ad un amplesso erotico in quanto “prevede un equilibrato rapporto tra il tempo dell’atto e il numero dei culmini. In una partita di novanta minuti si realizzano in media da zero a tre goal, sudati e faticati”. Secondo lo scrittore bolognese, il goal è la più perfetta metafora dell’orgasmo che sia mai stata inventata. “Il goal è un apice”, afferma Bonifacci, “il momento in cui le energie accumulate si liberano e per un attimo il tempo svanisce, annullato nella gioia della soddisfazione suprema. Un mistico direbbe che nell’attimo del goal il calciatore supera il dualismo, esce dal divenire imperfetto del tempo, si unisce per un istante alla perfezione dell’essere e si fonde con la bellezza del creato”. In pratica, il goal è una sorta di toccata e fuga in Paradiso, esattamente come l’orgasmo. E se una vittoria o una sconfitta può esaltare o deprimere tifosi e giocatori, in ambedue i casi il sesso rimane sempre un buon modo per festeggiare o per consolarsi.

Nazzareno Rocchetti

Quella prestazione da record del mondo “Genova, 1978: triangolare tra Germania, Francia, Italia. Il giorno prima della gara mi trovavo al palazzetto insieme agli atleti, uno in particolare era tesissimo. Ho provato con le mie tecniche di rilassamento muscolare, niente da fare: l’agitazione non se ne andava. Senza esitare, per allentare la tensione, ho proposto un’alternativa. Non so cosa sia realmente accaduto quella notte ma voci di corridoio (mai termine fu più appropriato) confermarono grida e scintille dalla camera. Il giorno dopo quell’atleta fece la miglior performance agonistica e otto giorni dopo a Milano realizzò, nella sua specialità, il record del mondo. Probabilmente non fu la prestazione sessuale a ottimizzare quella sportiva ma l’esempio serve per confermare che il sesso, anche prima di una gara, è soprattutto un fatto mentale. E’ chiaro che non consiglierei di praticare tutte le sfumature erotiche a un maratoneta che deve fare 42 km, a cui suggerirei di rimandarle al giorno dopo, ma astenersi a priori è comunque una mancata soddisfazione. L’astinenza è un retaggio sbagliato, che giustificava i super ritiri che gli allenatori imponevano ai giocatori prima delle gare importanti. Negli anni 60/70 gli effetti post coito venivano equiparati al mangiare una bella fiorentina (visto l’argomento, trattasi di bistecca) che i preparatori atletici vietavano perchè considerata difficile da digerire, sottoponendo il fegato a un super lavoro e rendendo i muscoli meno efficienti. Con gli anni questa teoria è venuta meno e si è capito che non fare sesso quando se ne ha voglia è una frustrazione mentale che fa male più della perdita di un po’ di energia dopo focose effusioni. Nella giusta misura si può fare di tutto. Non è forse vero che l’amore vince su tutto? Nato a Filottrano, 68 anni, Nazzareno Rocchetti è stato fisioterapista della Nazionale Italiana di Atletica Leggera. Trai i suoi atleti più noti figurano Pietro Mennea, Sara Simeoni, Gabriella Dorio, Giovanna Trillini, Gelindo Bordin, Valentina Vezzali ecc. Da alcuni anni si dedica anche all’arte con successo. Attualmente vive e opera a Cingoli.

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biancorosso

Stagione 2008/2009

L’ANNO IN CUI I TIFOSI SA di Alessandro Savi

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rima di Facebook, “La Sportiva” è stata l’antica sede di Palazzo De Vico in cui sono state scritte le pagine più emozionanti della storia della Società Sportiva Maceratese. Se questo lo sanno tutti – soprattutto quelli che hanno superato gli “anta” – sono in pochi a sapere che “La Sportiva” è stata anche una associazione di tifosi che, nel corso della terribile stagione 2008/09, contribuì in maniera decisiva a salvare la società da una possibile radiazione dal mondo del calcio. Da Barcaglioni a Ulissi Dopo un paio di campionati difficili in serie D, il presidente Andrea Barcaglioni decise di mettere in vendita la Maceratese: all’appello rispose solamente l’imprenditore edile Umberto Ulissi che rilevò la società e si presentò alla città con programmi ambiziosi, suscitando un’aspettativa di rilancio presso la tifoseria. Tanta passione, tanta progettualità, tanta buona volontà (emblematica, per certi versi, la scelta di azzerare il costo del biglietto d’ingresso) ma, allo stesso tempo, scarsa conoscenza del mondo del calcio e, probabilmente, scarse risorse da mettere a disposizione del progetto. Ulissi nominò Cristiana Principi vicepresidente, chiamò Alessandro Pica (dirigente accompagnatore della nazionale italiana ai mondiali USA ’94) a rivestire il ruolo di Direttore Generale e allestì una buonissima squadra con mister Pasqualino Minuti a guidare una rosa che annoverava giocatori del calibro di Gentili (attuale preparatore dei portieri), Giugliano (capitano e marito di Valentina Vezzali), Oresti (ex Viterbese), Benfatto, Cameli, D’Addazio, Silipo, Lazzarini e Pompei. 22

Il tentato suicidio e la fuga dei giocatori Già agli inizi di settembre, nubi grigie si addensano sul futuro della nuova Maceratese. Il patron Umberto Ulissi sta male: ufficialmente si parla di un malore ma, con ogni probabilità, il presidente ha tentato il suicidio all’interno di un suo appartamento civitanovese. Sarebbe scampato all’estremo gesto soltanto grazie all’intervento di alcuni amici. La situazione precipita: a novembre i giocatori lamentano il mancato pagamento dei rimborsi e, un mese dopo, quasi tutti si svincolano e approdano presso altri lidi economicamente più sicuri. I primi ad andarsene sono Silipo, Oresti e Scibilia seguiti, dopo pochi giorni, da Meschini, D’Addazio, Lazzarini e Piergiacomi. Minuti si trova a gestire un gruppetto di ragazzini che, promossi dalla juniores alla prima squadra, pur tra mille difficoltà, riusciranno ad entusiasmare i pochi tifosi rimasti con prestazioni a dir poco eroiche. “Portare a termine quel campionato” - ricorda il mister sanbenedettese - “fu un’impresa e un motivo d’orgoglio da parte di tutti. Arrivati ad un certo punto del campionato, li chiusi nello spogliatoio e ci guardammo in faccia: dissi loro che non avevo alcuna intenzione di abbandonare la nave e che quella che ci aspettava era una sfida che dovevamo portare avanti ad ogni costo. Loro risposero che erano con me e che avrebbero dato anche l’anima per la Maceratese. Sono sicuro che, se non fossero intervenuti fatti extracalcistici, quella domenica a Trivento ci saremmo qualificati per i play out e probabilmente ci saremmo salvati”. Minuti non può fare a meno di sottolineare le tante sofferenze che contrassegnarono quella stagione: “fui costretto ad annullare


batticuore

ALVARONO LA MACERATESE l’allenamento del mercoledì per far risparmiare le spese della benzina ai ragazzi. Addirittura un giorno venne da me Scibilia che era disperato perché era scaduta l’assicurazione della sua auto: non sapevo cosa fare per aiutarlo, per fortuna intervenne Cristiana Principi che pagò di tasca sua”. Lorenzo Giuliani, con i suoi vent’anni, era addirittura uno dei più “grandi”. Adesso gioca in Promozione con la maglia della Futura ’96 di Capodarco. Quell’anno realizzò tre reti ma, più di esse, sono rimaste nel cuore dei tifosi le commoventi sgroppate lungo la fascia sinistra di quel numero 11 che veniva chiamato “Il piccolo Tevez”. “Ci mettevo il cuore” – ricorda Lorenzo visibilmente emozionato – “per me giocare con quella maglia era un onore. Anche se non percepivamo neanche un soldo di rimborso spese, in campo davamo il 101 per cento. Non so cosa avrei dato per regalare ai tifosi la gioia della salvezza”. Luca Gentili fu il portiere di quella squadra e “chioccia” dell’altro portiere, il giovanissimo Tommaso Scuffia, autentica promessa del nostro calcio. A distanza di anni, Luca non riesce a dimenticare quella drammatica stagione: “eravamo partiti con ottime aspettative poi il presidente ha manifestato problematiche serie che ci condussero in una crisi veramente spaventosa tanto che ci ritrovammo a giocare con la juniores. Però, pur nelle difficoltà, riuscimmo a fare una sorta di piccolo miracolo: quello di tenere alto il nome di una squadra, di una società, di una città lottando fino alla fine. Sentivamo i tifosi realmente vicini a noi, nonostante tutto.” Gentili rievoca il via vai di personaggi e di aspettative di quei giorni: “tante promesse, ogni giorno una diversa.

Avvocati, politici, persone che non avevamo mai visto prima di allora e che provavano addirittura a speculare sulla situazione. Lo stesso Ulissi ogni tanto tornava e prometteva che tutto si sarebbe risolto poi, per lunghissimi periodi, non si faceva più vedere né sentire. Ricordo che ad un certo punto decidemmo di non credere più a nulla e di andare avanti lo stesso, a prescindere dai rimborsi che non arrivavano e che non sono mai arrivati. Nulla aveva più un senso ad eccezione della nostra dignità che abbiamo comunque onorato, fino all’ultimo minuto di gioco, fino alla partita di Trivento in cui le cose andarono come tutti sanno.” Alessandro Pica venne nominato direttore generale per puro caso: “Ero capitato a Macerata per salutare mia sorella quando incontrai Umberto Ulissi che mi propose l’incarico. Accettai con la speranza di fare un buon lavoro per la squadra della mia città natale, ma quasi subito mi resi conto delle enormi difficoltà. Quando il presidente sparì dalla circolazione, mi trovai a gestire un caos indescrivibile: creditori da ogni dove, giocatori che – giustamente - chiedevano di essere rimborsati, trasferte da organizzare senza il becco di un quattrino, non c’erano neppure i soldi per fare il pieno di nafta al pullman della società”. Per Pica, oltre il danno, ci fu anche la beffa: “non essendo mai stato ratificato il mio ruolo di direttore, quando chiesi un piccolo rimborso per ammortizzare parzialmente le ingenti spese sostenute, l’avvocato Sabalich (il legale incaricato da Ulissi per curare gli interessi della società, ndr) mi disse che non avevo diritto a nulla proprio perché l’incarico non era mai stato formalizzato all’interno della società. In ogni caso sono contento di aver dato una 23


biancorosso

mano in quel periodo bruttissimo della storia della Maceratese”. Pica, infine, ricorda un aneddoto inerente le manie di grandezza del presidente: “Un giorno mi chiamò per chiedermi un consiglio in merito ad una idea che aveva avuto: voleva recarsi a Torino per trattare l’acquisto della Juventus con il preciso intento di portarla a giocare a Macerata. Non riesco a ricordare cosa gli risposi ma rimasi veramente di sasso”. La cordata di Maurizio Mosca Sul fronte societario, l’ex presidente Maurizio Mosca non rimase insensibile all’appello che tutta la città gli rivolse affinché tornasse a guidare la Maceratese ed organizzò una cordata di imprenditori locali. Le difficoltà erano legate al bilancio, oggetto di studio da parte di un gruppo di professionisti che, al termine dell’analisi dei libri contabili, rilevarono una situazione a dir poco catastrofica, tale da ridimensionare le responsabilità della gestione Ulissi: troppo breve l’esperienza dell’imprenditore edile al timone della Maceratese, molti problemi venivano di sicuro da più lontano. All’appello di Mosca rispose solamente Massimo Paci. I due iniziarono subito a darsi da fare per cercare di salvare il salvabile e, attraverso il pagamento di buona parte dei debiti e l’acquisto di alcuni giocatori (Perrotta e Timoniere su tutti), restituirono un minimo di serenità all’ambiente e di credibilità alla squadra. Alla fine della stagione si recheranno dal curatore fallimentare - l’avvocato Massimo Bertola – e “piloteranno” il fallimento della società di Ulissi mantenendo l’Eccellenza, categoria che la Rata aveva ottenuto sul campo con la retrocessione. 24

Tra Ulissi e il sodalizio Paci-Mosca: il ruolo fondamentale dei tifosi della “Sportiva” Come sempre avviene nei momenti difficili, i più fuggono ma i pochi che restano si fanno in quattro per dare una mano. In quei mesi infernali per il calcio biancorosso, il forum della tifoseria inizia a popolarsi di visite e di messaggi, tutti rivolti a dare la propria disponibilità per aiutare la società e la squadra. Dopo tante serate trascorse davanti al PC, i vari Li frati, Nero è bello, Peter Gabriel, Luca MC, Marco MC, Lu vekkiu e tanti altri impersonali “nicknames”, decidono di darsi appuntamento al Circolo di San Francesco per organizzarsi. Le identità si svelano ed è un piacere capire che c’è una disponibilità diffusa ad impegnarsi per aiutare la Maceratese. La prima idea è quella di costituire un’associazione con tanto di atto notarile e assemblea pubblica. Presso lo studio del notaio Valori nasce “La Sportiva” con regolare statuto ed elenco dei soci fondatori i quali si ritrovano all’hotel Claudiani per un’assemblea che elegge gli organismi dirigenti. Da quel momento in poi, fioccano le iniziative dei tifosi biancorossi: una colletta importante grazie alla quale si riesce a dare un contributo ai giocatori (memorabile il momento della consegna della “scatola” al capitano Romagnoli tra il primo ed il secondo tempo della sfida interna con il Casoli) e si paga il costo di alcune trasferte della squadra; viene aperto un conto corrente presso un istituto di credito al quale confluiscono versamenti anche da Mestre e da Reggio Emilia; viene promossa una campagna di sensibilizzazione sulla stampa rivolta a coinvolgere le forze imprenditoriali del territorio (in particolare la Lube Volley

che, tuttavia, risponde picche anche di fronte alla proposta di un mero sostegno economico); viene organizzato un corteo che, all’ora di pranzo del 22 dicembre 2008, parte da piazza Garibaldi e si riversa allo stadio a sostenere la squadra con un unico canto, dal primo al novantesimo minuto della gara persa 2-0 contro l’Atletico Trivento. Tra mille difficoltà si trova anche il tempo e si trovano le risorse per aiutare la popolazione abruzzese colpita dal sisma. Ma il momento simbolicamente più alto dell’amore infinito che lega i tifosi alla Rata avviene al fischio finale dell’ultima partita di campionato: i sostenitori biancorossi invadono il campo e, bottiglie di spumante in mano, salutano giocatori e mister con un brindisi e danno loro appuntamento per una cena di ringraziamento. Minuti ancora ricorda tutto: “Una squadra che retrocede e viene invitata a cena dai tifosi è una cosa che poteva succedere solo a Macerata: ogni volta che ci ripenso mi si gonfiano gli occhi di lacrime”. Facebook ha preso il sopravvento ma la storia dei tifosi biancorossi è ancora lì. Basta digitare www.maceratese.forumfree.it, iscriversi e il gioco è fatto: sarete proiettati in un mondo di veri tifosi biancorossi che, in maniera civile, discutono della Rata a 360 gradi. Il forum è stato ideato da Marco Ciccarelli, “casettaro” doc, ed è attualmente gestito da Eros, Stefano e altri appassionati. Uno spazio libero attraverso il quale nascono costantemente iniziative a favore della nostra Rata. Nel forum non si demolisce nulla, si costruisce e basta: è un luogo per innamorati che esclude naturalmente chi vuole semplicemente remare contro per il puro e semplice gusto di porsi al centro dell’attenzione. No ai narcisismi, sì al vero, genuino amore nei confronti della Rata.


L’impianto di irrigazione: considerazioni per la corretta realizzazione. Nei nostri climi non è pensabile realizzare un tappeto erboso senza l’ausilio dell’impianto irriguo automatizzato, sia che si effettui la semina, sia che si opti per l’impiego di prato pronto a zolle. La realizzazione degli scavi, la posa delle tubazioni, degli irrigatori, delle elettrovalvole deve essere ovviamente fatta dopo la prima grossolana stesura del terreno secondo i piani di sgrondo definiti e prima della affinazione finale del terreno e della preparazione del letto di semina. La fonte di approvvigionamento dell’acqua può essere sia da pozzo che da allacciamento alle acque potabili. E’ ovviamente da preferire la prima soluzione, se possibile, per ragioni di costo e per ragioni di presenza di elementi trattanti, tipo il cloro che possono avere leggeri effetti fastidiosi a medio-lungo termine. Per la realizzazione dell’impianto è necessario affidarsi ad un esperto anche se è opportuno che l’utente finale si renda conto di alcuni fattori importanti che riguardano sia la progettazione che la fase di utilizzo dell’impianto. Occorre considerare che ogni giardino è caratterizzato da differenti microclimi che dipendono da fattori essenzialmente legati all’esposizione e alla presenza di elementi naturali quali pendenza del terreno, alberature, siepi, ma anche da elementi artefatti quali muretti, abitazioni, ecc che condizionano fattori come la luce, il tasso di umidità dell’aria in modo da rendere disuniforme un giardino anche di piccole dimensioni. E’ perciò fondamentale tenere conto di questi fattori in fase di progettazione dell’impianto ed in fase di utilizzo dello stesso. L’irrigazione deve rispettare le differenti aree, va quindi divisa in settori facenti capo a differenti elettrovalvole azionabili singolarmente a seconda delle zone più in ombra, delle zone in pendenza e delle zone esposte al sole con tempi di adacquamento differenziati. Sugli accorgimenti d’uso dell’impianto nelle varie fasi di sviluppo del tappeto erboso (semina, crescita, accestimento e maturazione) parleremo dettagliatamente nei prossimi appuntamenti …e sempre forza Maceratese. Via D. Concordia 80 (Piediripa) 62100 Macerata (MC) T. 0733 283101 Fax 0733 283103 info@lagrotecnica.it

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In trasferta

13 giornata (a Pontedera) TUTTOCUOIO sabato 28 novembre

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San Miniato, tartufi e leggende

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ome direbbero i cronisti sportivi: è una trasferta che vale doppio. Per i punti certo, ma anche per i punti di vista. Perché in questo andare c’è da assaporare del buono, da godere del bello e in una giornata particolare: quella in cui la Maceratese tornerà gloriosa dalle terre di Toscana. Tra San Miniato e Pontedera vedrete poche vigne, tanti ulivi e soprattutto tante fabbriche di pellami: qui siamo nel triangolo d’oro della concia. Dovete sapere che queste due città che si arrocca l’una su quello che fu il confine tra i domini fiorentini e quelli pisani, e si distende l’altra sulla piana fertile dell’Era, ricevono apporti da un vasto comprensorio e contado. Sono città ricche e inclini alla crapula. A Pontedera si va solo per la partita visto che lì c’è lo stadio. A San Miniato si va per tutto il resto. Che è tanto. E suggerisce gemellaggio tra palazzo Torri dove Napoleone sostò e poi anche il Murat e Palazzo Bonaparte che s’erge nel ristretto e pur magnifico centro storico samminiatese. Dovete sapere che la famiglia aveva origine qui e qui venne dalla natia Aiaccio un giovanissimo Bonaparte a ritirare le “patenti di nobiltà” senza le quali non avrebbe potuto far carriera militare. Altre bizzarrie ha in serbo la storia per San Miniato. Si chiamava “ai Tedeschi” perché a fondarla furono i longobardi e di queste vestigia teutoniche restano moltissime tracce e massimamente nella Cattedrale. Vi consiglio di vedere anche la Torre di Matilde che evoca la leggenda secondo la quale l’immensa contessa di Canossa sarebbe nata nelle stanze di palazzo dei Vicari imperiali. Questa città peraltro è sempre stata un posto di vedetta a guardia della valle dell’Era. Tra le mirabili cose – avrebbero detto a quel tempo – da vedere è infatti la torre di Federico II che è quel che resta della maestosa rocca imperiale. Lo Stupor Mundi aveva stabilito a San Miniato la residenza del governatore della Toscana. Perciò non c’è da star sereni in fatto pallonaro: questi hanno una certa inclinazione alla lotta! Per fortuna di calendario s’arriva a San Miniato in piena fiera dei tartufi. I bianchi di queste terre si contendono il primato con quelli di Acqualagna e quelli di Aba (dove per la verità pochi ce ne sono) e non meravigliatevi se arrivando vedrete il centro storico trasformato in una sorta di suk del tartufo e se l’aria sarà profumatissima. Un cenno anche a Pontedera per dire che è la città della Piaggio e dunque della Vespa e se avete tempo un’occhiata al museo Piaggio vale davvero la pena.

Mettiamoci a tavola. A San Miniato un indirizzo imperdibile è Pepe Nero condotto da Gilberto Rossi, d’Artagnan dei fornelli e signore del tartufo (via IV Novembre tel 0571 419523). Altra buona tavola è Papaveri e Papere (via Dalmazia 159 tel 0571 409422) mentre se siete carnivori vi consiglio una sosta da Falaschi: macelleria salumeria imperdibile per fare shopping (via Conti tel 0571 43190) e di prenotare alla Bisteccheria (via Gargozzi tel 3471279203).

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Settore giovanile

LA MACERATESE CHE VERRÀ di Luca Muscolini

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na grande stagione per la prima squadra ma anche il salto di qualità dell’intero settore giovanile, diretto da Franco Gianangeli (in basso a destra), che sta vivendo con grandi stimoli il ritorno nella serie professionistica, dove l’ottica del lavoro è giocoforza diversa. In questo numero poniamo sotto la lente il comparto Giovanissimi. La parola ai “timonieri” Giuseppe Antognozzi (a fianco), trainer dei Giovanissimi Nazionali, e Luca Procaccini (in basso a sinistra), allenatore dei Giovanissimi regionali. “Abbiamo profuso sudore e sacrifici, ammette Antognozzi, ma mi sento privilegiato di poter lavorare in questa categoria dove, oltre ad essere un buon allenatore, occorre proporsi ai ragazzi come un punto di riferimento vero e proprio, essere anzitutto un educatore. L’aspetto tecnico non va sottovalutato, poiché il nostro è un campionato dove ci confrontiamo con realtà professionistiche molto importanti come Bologna, Cesena, Carpi, Sassuolo e Modena, ma proprio per questo è particolarmente interessante. I ragazzi mostrano notevoli miglioramenti e soprattutto tanta voglia di divertirsi e stare insieme. La nostra è una realtà piccola ma con le idee chiare, vogliamo fare bene per poterci regalare un sogno. Per molti di noi è la prima esperienza, ma difenderemo i nostri colori con il cuore e tanto spirito di sacrificio perché sappiamo che solamente attraverso ciò diventeremo “uomini veri”. Ringraziamo tutti coloro che ci hanno permesso di vivere questa bellissima esperienza”. “Da sei anni mi occupo di questa categoria”, ricorda Luca Procaccini, “e questo è il terzo alla Maceratese. Penso che chi svolge il ruolo di istruttore del settore giovanile debba avere ben chiaro che non

sta lavorando con adulti in miniatura”. Anche se i Giovanissimi sono il primo passo verso il calcio agonistico, ci si confronta per la prima volta in questa categoria con la figura dell’arbitro, il regolamento uguale a quello degli adulti, le dimensioni del campo e del pallone regolari. Le difficoltà che spesso si incontrano, a maggior ragione quest’anno in cui partecipiamo anche a campionati nazionali, sono legate all’eterogeneità di aspetti che coesistono: i diversi tempi di maturazione fisica, la motivazione, l’autonomia per gestire il tempo e gli impegni scolastici e sociali, che vanno a sommarsi alle qualità tecniche e attitudinali proprie del calcio. Il ritiro precampionato è stato utile per conoscere meglio i ragazzi e per fare una prima scelta nel formare le rose che stanno disputando i rispettivi campionati. Il gruppo “aperto” (durante gli allenamenti c’è integrazione di giocatori tra le due squadre) con il quale lavoro è composto da ragazzi di 13 anni (che dovrebbero disputare il 1° anno Giovanissimi) e di 14 in ugual proporzione. C’è affiatamento e compattezza tra di loro, tanto che ci sentiamo un gruppo unico tra regionali e nazionali. Infatti, quando è possibile, assistono gli uni alle partite degli altri, incoraggiandosi e scherzando. Durante gli allenamenti si cerca di arricchire e migliorare le qualità tecnico-motorie del ragazzo, proponendo attività che siano contemporaneamente divertenti ed efficaci e che richiedono il massimo impegno, per prepararli al meglio per gli anni successivi. Abbiamo da poco concluso la Fase provinciale e ci apprestiamo ad affrontare la Regionale, sicuramente più impegnativa, ma utile per continuare a crescere e migliorare”. E diventare i futuri protagonisti della formazione maggiore della Rata. 29



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Punto di vista

di

Giancarlo Nascimbeni

RAGAZZI CONTINUATE COSÌ D

opo undici gare è consentito un primo bilancio in quanto la classifica si va delineando. Ritengo che con qualche aggiustamento che dovrebbe riguardare in particolare il Siena, la Lucchese e la Lupa Roma, che per i loro organici sono destinate a scalare posizioni in classifica, per il resto le prime 6 o 7 squadre dovrebbero rimanere lì fino alla fine. Tra queste la Maceratese, non solo per gli ottimi risultati conseguiti ma per la sicurezza che dimostra nell’affrontare gli avversari ai quali ha saputo imporre il proprio gioco, sia in casa che in trasferta. Neppure contro squadre sicuramente attrezzate per il salto di categoria come l’Ancona, il Teramo, il Siena e la Spal i biancorossi hanno mostrato particolari sofferenze o inadeguatezze tali da far ritenere momentaneo e destinato a svanire lo stato di forma che ha garantito loro ben 24 punti, con la conseguenza di avere sopra di sé solo la Spal nel proprio girone e nessuna squadra degli altri due: cosa questa che potrebbe rivelarsi utilissima in chiave play-off. Quando in rapida successione si battono il Teramo, il Siena, la Spal e la Pistoiese ciò non può essere considerato un caso o fortunata circostanza, soprattutto se il gioco espresso è di tale elevato livello sia in casa che in trasferta.L’importante è, ora, non esaltarsi ed anzi sarà prudente rimanere umili conservando l’etichetta di squadra sorpresa senza commettere l’errore di sottovalutare i prossimi avversari l’Aquila in casa ed il Tuttocuoio in trasferta. Il ricordo degli incontri con la squadra del capoluogo abruzzese è piuttosto sfumato nel tempo e mai le partite tra noi e loro hanno avuto una connotazione importante per la storia delle due società. La prima volta che esse si incontrarono fu nel campionato di Serie C 1947/1948 che la Maceratese vinse acquisendo il diritto di disputare poi la cosiddetta Serie C di lusso. La Maceratese vinse in casa 3-1 con reti di Jola, Trillini Ruggero e Magnaghi e perse a L’Aquila 1-0. Poi non si incontrarono più, anche per aver disputato gironi diversi di C e IV Serie, fino al campionato di Serie C 1963/1964 quando la Maceratese pareggiò 0-0 a L’Aquila e vinse in casa

2-1 con reti di Maurizio Mazzanti, l’indimenticato capitano professore per come sapeva guidare la squadra in campo, e del centravanti purosangue maceratese Sergio Macellari che dopo aver smesso di giocare, pur impegnato nel quotidiano lavoro, fu capace di scoprire e far crescere tanti ragazzi che si rivelarono poi veri talenti proprio nella Maceratese e poi in squadre di Serie A e B. Ne indico tre per tutti: Moreno Morbiducci, Alessandro Porro e Paolo Siroti. Grande il mio caro amico Sergio, che ricordo particolarmente apprezzato da mio padre anch’egli sempre presente allo stadio in silenziosa passione per le sorti della nostra squadra. Sarebbe bello rivedere allo stadio Maurizio e Sergio e chissà che ciò non avvenga proprio domenica prossima con l’Aquila. Da ultimo la Maceratese e L’Aquila si incontrano nel campionato di Serie C/2 1981/1982: vittoria in casa 2-0 con reti del bomber pollentino Marco Romiti e del giovane serraval-

lese Quadrani. A L’Aquila finì invece 0-0 in una partita di scarso valore tecnico. Visti i precedenti favorevoli (tutte vittorie in casa) domenica prossima i nostri ragazzi dovranno proseguire la buona tradizione. Se ciò avverrà, la squadra sarà prima in classifica per almeno due giorni finchè la Spal non giocherà lunedì con il Pisa che, per l’organico che vanta, non potrà continuare a deludere le aspettative di disputare un importante campionato. Vedremo: sperare non costa nulla. Forza RAGAZZI. 33


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biancor C CLASSIFICA GENERALE - LEGA PRO Girone B - 16.11.2015

FRANCESCO FORTE (P)

MATTIA DI VINCENZO (P)

uore NICOLAS CANTARINI (P)

VASCO FAISCA (D)

RICCARDO FISSORE (D)

FRANCESCO KARKALIS (D)

GIANLUCA CLEMENTE (D)

LUIGI DJIBO (D)

ALESSANDRO DE ANGELIS (D)

IGOR LASICKI (D)

MATTIA ALTOBELLI (D)

MARCO MASSEI (D)

EMANUELE D’ANNA (D)

RAFFAELE IMPARATO (D)

GIOVANNI GIUFFRIDA (C)

Squadra SPAL MACERATESE PISA ANCONA PONTEDERA CARRARESE ROBUR SIENA TUTTOCUOIO L’AQUILA (-1) PRATO SANTARCANGELO AREZZO PISTOIESE RIMINI TERAMO (-6) LUCCHESE LUPA ROMA SAVONA (-11)

BADARA SARR (C)

PT 26 24 19 18 17 17 16 14 13 13 12 12 11 11 9 8 4 1

G 11 11 11 11 11 11 11 11 11 11 11 11 11 11 11 11 11 11

LORENZO CAROTTI (C)

V 8 7 5 5 4 4 3 3 4 3 2 2 2 3 4 2 1 3

N 2 3 4 3 5 5 7 5 2 4 6 6 5 2 3 2 1 3

P 1 1 2 3 2 2 1 3 5 4 3 3 4 6 4 7 9 5

GF 18 14 16 10 19 17 10 8 10 8 12 8 6 8 15 10 7 9

GS 4 8 11 8 11 11 6 6 11 9 12 11 9 18 14 16 25 15

CUORE BIANCOROSSO Registrazione Tribunale di Macerata n. 626 del 23.07.2015 Direttore responsabile Nazzarena Luchetti

FABIO FOGLIA (C)

MASSIMO GANCI (A)

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YASSINE BELKAID (C)

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Redazione Alessandro Savi, Andrea Verdolini, Luca Moscolini, Carlo Cambi, Andrea Barchiesi, Giancarlo Nascimbeni, Massimo Nascimbeni Realizzazione grafica e impaginazione Stefano Ruffini, Nazzarena Luchetti Foto Fabiola Monachesi Massimo Zanconi Per la pubblicità marketing@ssmaceratese.it Per suggerimenti e opinioni nena.luchetti@gmail.com Stampa Biemmegraf - Macerata © Copyright Tutti i diritti riservati

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