Cuore Biancorosso n° 03

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biancorosso C

ssmaceratese.it

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N° 3 Ottobre 2015

noi t biancoifose rosse

Quello donn che le dicono e (non) allo sta dio

a t t u a t t i ’ mia v ea tti

caro o z n lore

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Il consigliere nazionale del CONI fabio sturani:

“I giocatori più bravi cercateli nei vostri vivai”

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editoriale

Ma quale serie A Io tifo la squadra della mia città

A

nticonformista un po’ per natura un po’ per scelta non ho mai tifato per una squadra di Serie A. Per la verità ho avuto una “cotta” passeggera per la Roma di Eriksson, forse perchè mi ricordava la di mitica Olanda degli anni ’70, splendida e puntualmente perdente negli Andrea appuntamenti decisivi e per questo “naturalmente” simpatica. Come ogni verdolini storiella giovanile non ha lasciato strascichi ed allora come oggi consideravo quel mondo lontano dalle mie orbite chiedendomi cosa spingesse i miei amici a sostenere le squadre di Agnelli o di Fraizzoli o di Lenzini (comunque appartenenti ad una stirpe di galantuomini ormai in via di estinzione). La mia passione calcistica si è dunque riversata sulle squadre delle città dove sono nato e dove sono cresciuto semplicemente perchè le sentivo vicine al mio modo di essere e di pensare o anche per spirito municipalistico (che continuo a considerare non solo sano ma irrinunciabile). Ricordo, seppur vagamente, il primo contatto con l’Helvia Recina: era il 7 Gennaio 1973 (i tempi della prima elementare) e la Maceratese se la vedeva con il blasonatissimo Pisa. Forse non aveva i quarti di nobiltà che poi conobbe con Romeo Anconetani ma vuoi mettere la forza dei “magni” nerazzurri contro i biancorossi costretti ad una disperata lotta per non retrocedere? Invece finì 2-1 per i nostri ragazzotti ed in gradinata era un abbracciarsi collettivo. Quel successo non servì molto, visto che la Rata abbandonò la categoria ma almeno, sono sicuro, contribuì in modo decisivo ad alimentare la passione in qualche sbarbatello con i calzoni corti e le bretelle. Ebbene, oggi la Maceratese, che nel frattempo ha conosciuto più alti e bassi delle più volatili Borse, ritrova quei palcoscenici ed è un tesoretto da custodire con cura, come si fa con le cose preziose. Attenzione però: andando controcorrente credo che questa società vada sostenuta non solo perchè è passata, in breve tempo, dal polveroso campo di Calcinelli all’Arena Garibaldi, quanto per il fatto di aver ricostruito un vivaio invidiabile ed aver reso orgogliosi centinaia di ragazzi di indossare la maglia biancorossa. Il tutto con una proprietà del posto: nel calcio dei Blatter, delle frasi razziste di Tavecchio, di quelle sessiste di Belloli e di centinaia di dirigenti saltimbanco vi pare poco?

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il centrocampista Lorenzo Carotti

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primo piano

“Bisogna saper gestire il lato positivo e negativo che è in ognuno di noi - dice Lorenzo Carotti per imparare a farlo, leggete Dostoevskijâ€? 5


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Le giovanili a Parma, il gradito ritorno a casa, un insolito amore per la letteratura: incontro con il faro di centrocampo della nuova Maceratese. di Alessandro Savi

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orenzo, il momento più difficile e quello più bello che ti vengono in mente in tanti anni di calcio. Ho fatto tutte le giovanili a Parma, sono partito da casa che avevo 14 anni quindi il momento più duro della mia carriera è stato senz’altro quello vissuto da ragazzino: lasciare amici e famiglia non è stato facile. Però quei cinque anni in Emilia hanno contribuito a formarmi in maniera decisiva. Poi sono stato un anno a Como, un’esperienza tra le più emozionanti anche perché ho giocato tutte le partite senza mai essere sostituito. Infine gli anni di Cremona, davvero meravigliosi perché, pur perdendo due play off, puntavamo sempre a vincere: posso dire che quegli anni sono stati i più emozionanti della mia carriera. Proprio a Cremona hai conosciuto un grande tecnico come Emiliano Mondonico. Mondonico è stato quasi un padre e ne conservo un bellissimo ricordo. Aveva alle spalle una carriera immensa e per me, che mi ero appena affacciato al mondo del professionismo, è stato un esempio. Peccato solo per quei play off persi, avevamo una squadra fortissima e avremmo meritato più fortuna. Sei uno dei giocatori più esperti tra i biancorossi. Che ambiente hai trovato a Macerata? Mi sono trovato subito molto bene perché, fin dal principio, ero convinto della scelta fatta. Riavvicinarmi a casa, riavere il sostegno delle persone care è stato un elemento importante nella decisione presa ma, soprattutto, mi ha convinto immediatamente il progetto della società, del direttore Spadoni e della presidente Tardella: mi hanno fatto tutti un’ottima impressione fin dal primo giorno. Quale campionato potrà fare la Maceratese? Sono soddisfatto del percorso che stiamo facendo, ho visto una squadra che lotta molto. Il gioco non ha ancora un’identità ben precisa perché il gruppo è stato completamente rinnovato, quindi bisogna avere un po’ di pazienza. Per ora abbiamo già fatto vedere un grande spirito di sacrificio e una buona organizzazione di squadra. Il tutto in un clima di en6

tusiasmo generale e in un contesto in cui il potenziale dei singoli deve ancora in gran parte emergere. Quale squadra tifi in serie A e qual’è l’allenatore che ti ha piacevolmente sorpreso in questo scorcio di campionato? Io sono juventino da sempre però mi piace vedere il calcio in generale, a prescindere dai colori che porti nel cuore. Tra i tecnici, quello che mi incuriosisce maggiormente è Paulo Sousa: lo ammiravo già da giocatore. Potrebbe essere davvero una bella sorpresa per il calcio italiano. Che persona è Carotti fuori dal campo di gioco? Vi sorprenderò: mi appassiona tutta la letteratura. In tutti questi anni vissuti lontano dagli amici e dalla famiglia, i libri sono stati una gran bella compagnia: ho letto davvero molto. Non esagero se dico che alcuni libri mi hanno davvero fatto riflettere e aiutato a crescere. Calcio e letteratura sono un binomio piuttosto insolito. Qual è l’ autore preferito? Decisamente Dostoevskij, l’ho detto in tutte le piazze dove sono stato. La sua capacità di scavare nelle profondità dell’animo umano per evidenziarne il positivo ed il negativo è sublime. Lorenzo questa è una sorpresa. Si dice che i giocatori non leggono proprio. Tu addirittura i classici. Magari avresti fatto lo scrittore se non avessi scelto di giocare a calcio. Penso proprio di no, tra leggere un libro e scriverlo ce n’è di differenza. (Lorenzo ride di gusto, ndr). Gioco al calcio fin da bambino ed ho investito tutto me stesso in questa passione che caratterizza la mia vita da sempre. Mi piace quello che faccio. La qualità che apprezzi di più in un uomo? La sensibilità. E in una donna? La femminilità.


primo piano

Chi è Lorenzo Carotti

Nasce a Jesi (AN) il 31/01/1985. Cresciuto nelle giovanili del Parma, viene ceduto al Como nel 2004. Al suo primo campionato di serie C1 realizza tre reti. L’anno successivo passa alla Cremonese in serie B dove resta fino al 2010 quando viene acquistato dal Pavia. Con il club lombardo disputa quattro campionati di Lega Pro intervallati da una stagione al Benevento (2012/2013). Nell’estate del 2015 viene acquistato dalla Maceratese.

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le squadre

5a giornata Domenica 4 ottobre 2015 ore 15.00

u.s. città di pontedera

alfredo aglietti ex giocatore del Pontedera ed attualmente allenatore della Virtus Entella

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ondato nel 1912, il Pontedera gioca allo stadio Ettore Mannucci, struttura costruita negli anni 80 e dedicata al forte calciatore (ex Juventus e Lucchese) degli anni 50 ed ex allenatore del Siena e della Pistoiese tra gli anni 60 e 70. Tra i suoi giocatori che hanno conosciuto la gloria nella massima serie italiana ricordiamo Vasco Puccioni, Alfredo Aglietti e Giulio Drago. Tra i sostenitori illustri e i presidenti onorari ci sono Enrico Piaggio, Umberto Agnelli e il pugile Sandro Mazzinghi. Due i momenti storici vissuti dalla società toscana: la conquista della Coppa Angloitaliana nel 1985 e la clamorosa vittoria contro gli azzurri guidati da Arrigo Sacchi in una amichevole di preparazione al mondiale americano del 1994. Il Pontedera ha conquistato la prima divisione della Lega Pro nel 2013 e milita in tale categoria per il terzo anno consecutivo.

il titolo della gazzetta dopo l’amichevole vinta dal Pontedera contro la nazionale di Sacchi

L'opinione di Giulio Spadoni paolo indiani allenatore

La rosa Portieri: Daniele Cardelli (1995), Leonardo Citti (1995) Difensori: Federico Vettori (1982), Giacomo Risaliti (1995), Lorenzo Polvani (1994), Marco Supino (1996), Nicolò Curti (1995), Roberto Bonaventura (1995) Centrocampisti: Alessandro Videtta (1992), Alessio Cannoni (1993), Andrea Gemignani (1996), Ansounama Sane (1996), Daniel Gemignani (1994), Elvis Kabashi (1994), Francesco Disanto (1994), Giovanni Della Corte (1995), Niccolò Giordani (1996), Riccardo Secondo (1995), Samuele Pizza (1988), Simone Della Latta (1993) Attaccanti: Bryan Gioé (1993), Cristian Cesaretti (1987), Filippo Chiesi (1996), Marco Pietro Pintus (1996), Matteo Tazzari (1993), Rivolino Gavoci (1991), Stefano Scappini (1988) Allenatore: Paolo Indiani

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Il pontedera è una società sana che lavora in un ambiente tranquillo e che, come noi, cerca di far bene senza spendere cifre impossibili. Ha oramai consolidato la sua presenza nella categoria e, ovviamente, punta a mantenerla. La squadra è parzialmente cambiata rispetto allo scorso campionato quando hanno dovuto rinunciare alla loro punta di diamante, Luigi Grassi, ceduto all’Ascoli a gennaio. Non hanno primedonne e, di conseguenza, si affidano molto al collettivo e all’esperienza dell’allenatore Paolo Indiani, un vero e proprio veterano della categoria.


avversarie L

a gara tra Maceratese e Savona era prevista per la seconda giornata di campionato e avrebbe rappresentato l’esordio dei biancorossi all’Helvia Recina. Poi il ricorso del Forlì (respinto la scorsa settimana) contro la riammissione dei liguri e del Teramo in Lega Pro, ha comportato la sospensione momentanea di tutte le gare delle squadre coinvolte e, di conseguenza, Teramo e Savona hanno potuto esordire in campionato soltanto sabato 26 settembre (2 a 1 a favore degli abruzzesi). Il recupero si disputerà mercoledì 14 ottobre alle ore 15.00 ma l’orario non è ancora definitivo (potrebbe slittare alle ore 18.00 o addirittura alle 20.30). Il Savona – che parte da una penalizzazione di 6 punti – ha approfittato di questo periodo di stand-by per rafforzare la rosa a disposizione del tecnico Giancarlo Riolfo. Tra i nuovi arrivi vanno citati alcuni giovani come l’attaccante classe ’93 Riccardo Cocuzza e il centrocampista Nicolò Corticchia di scuola Vicenza, cresciuto nelle giovanili della Juventus; sono arrivati anche il difensore Fabio Lebran (1987) proveniente dal Como (vanta 31 presenze ed un gol in serie B con la maglia dell’Albinoleffe) e l’attaccante Simone Dell’Agnello (1992), uno sfortunato ragazzo prodigio cresciuto nelle giovanili dell’Inter che ha alle spalle ben tre rotture dei legamenti del ginocchio ed una decina di interventi chirurgici.

“Inutile dire che sarebbe stato più facile incontrare il Savona alla seconda giornata. La squadra era appena stata riammessa in Lega Pro ed era ancora un cantiere aperto. Oggi sono più attrezzati, la rosa è stata ampliata e la squadra è più forte. Gli ultimi innesti – su tutti un Dell’Agnello che ha motivazioni da vendere – hanno reso questa squadra all’altezza di tutte le dirette concorrenti alla salvezza. Hanno almeno un paio di elementi di grande valore per reparto come Rossini in difesa, Vannucci a centrocampo e Virdis in attacco” .

recupero 2a giornata Mercoledì 14 ottobre 2015 ore 15.00

football club savona

Giancarlo RIolfo allenatore

Simone Dell’Agnello con la maglia dell’Inter

jonathan rossini ai tempi della Sampdoria

La rosa Portieri: Matteo Antonio Cincilla (94), Wladimiro Falcone (1995) Difensori: Nicolò Antonelli (1990), Marco Cabeccia (1987), Matteo Vito Lomolino (1996), Andrea Negro (1995), Andrea Pinton (1996), Jonathan Rossini (1989), Marco Speranza (1994), Fabio Lebran (1987). Centrocampisti: Ignazio Carta (1991), Matteo Clematis (1996), Nicholas Costantini (1989), Giorgio Gagliardi (1994), Demetrio Steffè (1996), Lorenzo Tassi (1995), Diego Vannucci (1988), Nicolò Corticchia (1993). Attaccanti: Giuseppe Giovinco (1990), Giovanni Boggian (1996), Dylan Alexis Romney (1996), Francesco Virdis (1985), Riccardo Cocuzza (1993), Simone Dell’Agnello (1992). Attaccanti: Giancarlo RIolfo

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Noi tifose biancorosse

quello che le donne (non) dicono allo stadio Anna, Paola, Cristiana, Roberta, Carla, Stefania e poi, ancora, Cinzia, Sara, Silvia, Elia, Mirella: sono alcune delle tante tifose della Rata: “Per carità, non inserite i cognomi”. L’età?: “No, neanche sotto tortura ve la dico”. Anticipo di un confronto semiserio con le donne della Maceratese per sfatare il mito che il calcio sia solo roba da uomini. di Nazzarena Luchetti

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e incontriamo in diversi appuntamenti, impossibile ascoltare tutte insieme le loro opinioni, commenti, emozioni sulla squadra biancorossa: troppo impegnate, perché la vita, quella vera, non è la partita allo stadio. Sono mamme, nonne, figlie che lavorano o studiano ancora: donne multitasking con tanti interessi e una grande passione. Multi che? - interrompe subito Carla, 46 anni. Bè, è un termine che… No, guarda parlaci subito terra terra, che noi su ste cose siamo ruspanti – il calcio d’inizio è di Paola, 49 anni, commerciante e maceratese doc.

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tifose biancorosse Carla Vero. Puoi fare mille cose, avere tutti i titoli di studio che ti pare ma andare all’HR ci accomuna tutte. All’HR? NOOO, non mi dire che non sai che è l’HR! Non ci puoi intervistare se non sai che HR sta per Helvia Recina. E’ l’ABC! Se vuoi scrivere della Maceratese devi venì allo stadio tutte le volte che si gioca. Altrimenti di cosa parliamo? – è Roberta, 49 anni, ad ammonirmi. Ne aveva 14 quando il cuore ha iniziato a battere biancorosso. – E’ una malattia che non va più via ed è contagiosa. Quando abbiamo finito con l’intervista potresti già essere diventata una portatrice sana della Maceratese! Sono già sulla buona strada… Noi la malattia ce l’abbiamo tutti. Sono adorata dagli amici di mio figlio. Lui invece si vergogna di me: “A mà, io allo stadio non ti conosco”- a dirlo è Stefania, 43 anni. – Comunque è vero, non è che puoi metterti a urlare come gli uomini. E’ una questione di costume, le donne devono essere più contenute. Anche se siamo delle Fagianelle incarognite. Oddio…sarebbero? Niente da fare. Bisogna proprio insegnarti tutto – esordisce Alessia, 35 anni, figlia di calciatori, abruzzese ma trapiantata da venti a Macerata. – Devi sapere che io faccio parte del gruppo delle Vergini, quello che sta in curva; perché, devi sapere che ci sono diversi gruppi di appartenenza, uno di questi è le Fagianelle. Noi lo spirito di aggregazione lo viviamo non solo allo stadio ma tutta la settimana: ci incontriamo per programmare le trasferte e fare gli striscioni. Abbiamo un fondo cassa anche per organizzare le coreografie alle partite. Tutti quelli della curva sono il dodicesimo uomo in campo. Ci vedrai sempre allo stadio, sotto la pioggia, senza ombrello, tutte a cantare e a incitare la squadra. Al tifo della curva non importa il risultato. La posizione è scomoda: le partire le vedi male, a volte non vedi

neanche chi ha segnato. Ma canti comunque. A noi interessa solo tifare la squadra della nostra città e dare la carica ai giocatori. Che emozione. Non sai cosa ti perdi. Cosa mi perdo? Alessia tira fuori la maglietta che indossa allo stadio e me la mostra: Inutile spiegarlo. Non lo capiresti mai, c’è scritto sopra. Non mi rassegno e vado avanti. Perchè vedere sempre una partita allo stadio, siamo in Lega Pro la partita la puoi vedere anche in diretta web Stefania Scherzi? E’ imparagonabile. E poi chi li sostiene i giocatori, la diretta web? Andare alla partita è tutto. Unisce, fa gruppo, c’è contatto. Si crea una atmosfera particolare. Soprattutto in gradinata, c’è un coinvolgimento pazzesco. Anna Andare allo stadio è come rivivere l’esperienza delle vasche, le passeggiate al Corso della Repubblica del sabato e domenica pomeriggio. Un appuntamento fisso. Facevi quello che oggi fai su facebook. Andare allo stadio è più di un piacere, è un bisogno, – dice Mirella, 62 anni.

– Sono nata dentro gli spogliatoi. Erano i tempi dei presidenti Ballesi e Accorsi: mio padre era magazziniere alla Maceratese e mia madre si occupava della lavanderia. Non potete immaginare la sensazione di poter stringere tra le mani la maglietta di un giocatore con il sudore del goal appena segnato. Che ci vuoi fare? Appassionati di una squadra si diventa ma penso che tifosi veri si nasce. E’ un qualcosa che hai nel DNA. Lo dimostrano le tante defezioni allo stadio. Molti sostenitori della Maceratese si sono persi durante l’avvicendarsi delle diverse presidenze della Società. Ci sono persone che, quando si perde qualche partita, non vengono più allo stadio. Noi ci siamo e ci saremo sempre, nel bene e nel male. Sono pochi i fedelissimi che, negli anni, sono rimasti allo Stadio a sostenere la squadra. Io andavo anche con la neve, a zero gradi. E rimanevo fin quando l’arbitro non decideva di rinviare la partita. Con il figlio in pancia, poi nella carrozzina. Sempre in gradinata, sempre ai nostri posti. Sento tante donne dire che appartengono a diversi gruppi di tifoserie. Noi vecchie tifose siamo come le vecchie glorie: apparteniamo alla memoria.

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biancorosso

Come l’indimenticabile Bice, la tifosa per eccellenza, squalificata più volte perché allo Stadio non si conteneva. Un tempo erano poche le donne, era quasi un atto di coraggio andare allo stadio. E comunque è stato un piacere rivedere, come all’inaugurazione, il ritorno delle famiglie in tribuna. Roberta E’ vero. Negli anni 80 si andava alla partita con tutta la famiglia. Erano i tempi di Pagliari e Morbiducci. Eravamo in duemila, tremila allo stadio. Però c’è da dire che prima si andava alla partita anche per abitudine perché non c’erano molte alternative. Ora si va davvero per scelta. E’ una bella esperienza. La prima volta che sono andata all’HR è stato per curiosità, volevo entrare in quel mondo maschile per capire perché lo stadio entusiasma tanto gli uomini – a dirlo è Cinzia, 33 anni, maceratese di adozione. – Mi piace tutto, l’atmosfera, il tifo, gli abbracci quando c’è il goal con persone che non conosci, la delusione condivisa per un rigore mancato. Sai cosa ho notato? Che gli uomini, allo stadio, non hanno pregiudizi sulle donne: ti trattano come se fossi uno di loro. Andare a vedere la squadra della propria città è un gran piacere per tutte – fa eco Silvia, 40 anni. – Ormai la canzone di Rita Pavone non ci rappresenta più! Giocavo a calcio, lo stadio lo conosco bene, l’ho vissuto e ho trasmesso la passione a mio figlio che gioca pure lui, – dice Anna, 41 anni. – Quando siamo rientrati in Lega Pro è stata l’esperienza più bella. Se è una seccatura fare la tessera del tifoso? Nel calcio che conta esiste da tanto. Il maceratese non è abituato a questo tipo di calcio, o meglio non c’è più abituato. 14

Sono passati 40 anni dall’ultima volta… mica pochi. Io andavo allo stadio che voi neanche eravate nate – interrompe Elia, 76 anni. – Era la fine degli anni 50, io e mio marito Nello andavamo allo stadio dei Pini. Che anni! Si aspettava solo la domenica: lu pallò era l’appuntamento fisso. Il Milan e la maceratese: le nostre più grandi soddisfazioni. Quando mio marito è morto non sono andata per due anni. E’ stata Mariella, la nostra presidente, a farmi ritornare: “Devi venire e fare tifo anche per Nello”. Oggi, però, andare allo stadio è uno sfinimento. Troppa burocrazia. Sabato mi hanno chiesto tre volte la carta d’identità. Sono una tifosa sfegatata ma a 70 anni a chi possò menà? E poi le botte ce so sempre state. Ricordo che in una partita con l’Osimana ho dovuto difendere mio marito che si era attaccato con un tifoso. Cristina Andare a vedere una partita è scontato, guai a non andare a sostenere i nostri. E se non ci puoi andare devi trovare una giustificazione credibile. Mica te la puoi cavare semplicemente dicendo: “Mi fa male la testa, ho la febbre”. Eh no, te copri bene e ci vai lo stesso.

Di cosa parlate allo stadio? Cristina Non solo di calcio. Commentiamo la settimana, il lavoro, i figli, l’ultimo paio di scarpe acquistato. Paola La scorsa stagione spesso passava la presidente che ironizzava: Ahò che ve devo ordinà pure un thè e dei pasticcini? Cristina Quest’anno, comunque, abbiamo altri motivi per chiacchierare… Stefania: E che bei motivi. Prego? Cristina Eh sì, dai, non te ne sei accorta? Un allenatore così non è che capita di vederlo sempre. Roberta Rispetto a quello dell’anno scorso poi. Non ce lo fa proprio rimpiangere. Rita Bello, alto, magro, pure simpatico. Però quando alla partita si mette quelle scarpe di copale… proprio non si possono guardà. Cristina Perché a Carotti che cosa vogliamo dirgli? Alessia E alle tre gambe di Kouko? Paola Il meglio è quel romanaccio de Fioretti. Elia Se devo dire la mia…mi piace Faisca. Però sti giocatori mi sembrano tutti un po’ troppo vecchi. Roberta Non avete capito niente. Date retta… Il top è Buonaiuto. Mirella No, è Carotti. L’ho tengo sempre d’occhio: è veloce, va su tutte le palle, anticipa le mosse degli altri. Però…Kouko è Kouko: unico. Stefania Guarda che non vorrei ci fraintendessi. Ammiriamo i giocato-


tifose biancorosse ri, li elogiamo o critichiamo, ma sempre con il dovuto rispetto. Noi tifiamo la squadra, la maceratese. I giocatori passano. La società resta. Riti scaramantici, amuleti da portare alle partite? Roberta Vi devo confidare una cosa. Il biglietto della famosa partita Maceratese-Civitanovese, quella in cui segnò Moreno Morbiducci, bè quel biglietto me lo sono portato all’HR per 10 anni. Paola Nessun portafortuna. Si tifa la Rata sempre. Perdi o vinci il tuo cuore batte comunque biancorosso. Sembrate tifose piuttosto corrette. Nessuna imprecazione neanche su errori arbitrali? Cinzia Corrette mica sempre. Quanto ci vuole qualche pistolotto lo lanciamo. Ma siamo delle gentildonne, ci sappiamo contenere. Alessia Le donne della tribuna sono delle gentildonne. Noi della curva cantiamo e sosteniamo la squadra. E, per far questo, qualche volta i freni inibitori bisogna perderli. Se no che stai a fà in curva. Carla Non penso sia così drastica. A me piace stare in tribuna perché voglio stare comoda e la partita me la voglio vedè bene. Ma anche noi sosteniamo la squadra. Diciamo che noi della tribuna siamo degli spettatori appassionati, quelli della curva si sentono più giocatori. Paola La verità è che temi il giudizio degli altri quando esprimi completamente le sensazioni che provi. Hai sempre sul collo quella voce da maceratese un po’ bigotto che ti dice: “Per carità, non se po’ fà, non se po’ dì”. Però in trasferta ci sfoghiamo di più.

ta, le mogli uniscono l’utile al dilettevole sfruttando l’occasione per una gita di famiglia. Quindi partono con loro, visitano la città della trasferta e poi vanno alla partita. Un altro modo per ritrovarsi tutti insieme anche con gli amici. Roberta Non fare tanta poesia che queste mamme, così composte in tribuna, quando giocano i loro figli di 8-10 anni, diventano delle belve. Dovete sentire come urlano nelle partite dove giocano i figli: o perché li tengono in panchina o perchè non gli passano abbastanza palle. E’ vero che scegliete con cura i vestiti prima di andare a vedere la partita? Alessia Specifichiamo. Sono quelle della tribuna che stanno sempre a pensà cosa mettersi quando vanno allo stadio. Paola Noi? Caso mai ti riferisci alle fidanzate dei giocatori alle quali la mamma non ha spiegato che vestite da cubiste ci si va in discoteca e che per andare alla partita basta un paio di jeans. Cinzia Vabbè, dite questo perché siete rosicone. Alessia Come disse un nostro noto tifoso alla fidanzata dell’amico e giocatore: “Coprete sa bancarella”, riferendosi al generoso e troppo esposto décolleté della bella ragazza fiorentina quando veniva alla partita. Se decidi di andare un pò scollata a Firenze non ce fa caso nessuno, ma allo stadio di Macerata, qual-

che giudizio negativo devi metterlo in conto. Paola Perché, ti sembra comunque una finezza andare allo stadio con una scollatura fin quaggiù e i tacchi dodici? Cinzia E che vi scandalizzate? Le ragazze dei calciatori sono tutte così. E poi ci credo che Balotelli su twitter si lamenta che non riesce a trovare una donna di cui innamorarsi. Paola Questa dei calciatori con le veline è un classico spiegato scientificamente. C’è una ricerca inglese che lo chiarisce: talenti che vengono scelti in tenera età, portati a formarsi nelle scuole calcio e seguiti da figure maschili e cresciuti con la sola idea della competizione, dove rientra anche il concetto di avere la più bella donna a fianco. Argomento interessante. Lo raccontiamo nel prossimo numero. Concludiamo: ditemi qualcosa che non direste mai allo stadio Roberta In maniera educata si può dire tutto. Paola Tutto? Che siete matte? Siamo a Macerata la città di Maria. All’HR, all’inaugurazione della prima partita in casa, c’era pure il vescovo. Appunto, il vescovo. Fabiola, fotografa ufficiale della Maceratese, nonchè tifosa fagianella, a scanso di equivoci, mi manda una foto su facebook di Mister Bucchi, di nero vestito e con le braccia aperte a mò di benedizione. Il commento? “Il nostro vescovo”.

Stefania Negli ultimi anni è nata una nuova tipologia di tifose. Senza per forza essere appassionate di calcio. In tribuna, infatti, vengono anche tante donne perchè accompagnano i loro figli a vedere la partita. Poi, quando i mariti seguono la squadra in trasfer15


biancorosso


we’ll never walk alone

o m i s s a m l i Daremo a i l g a m a t s per que Vasco Faisca

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CLAUDIO

TURCHETTO

La fatal Perugia di Alessandro Savi

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batticuore

Chi è

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Nato a Cordovado (PN) 23 luglio 1944, Claudio Turchetto cresce calcisticamente nel Pordenone, ha militato in serie A con il Brescia ed il Lanerossi Vicenza tra il 1968 e il 1972 totalizzando complessivamente 37 presenze ed 8 reti nella massima serie. In serie B ha indossato le maglie di Perugia, Catania, Brescia ed Avellino con 96 presenze e 20 reti. E’stato un calciatore della Maceratese dal 1965 al 1967.

essun tifoso milanista potrà mai dimenticare il 20 maggio del 1973, il giorno della fatal Verona. I rossoneri di Rocco, usciti vincitori ma fisicamente distrutti dalla finale di Coppa delle Coppe a Salonicco contro il Leeds, si recarono a Verona per l’ultima giornata di campionato forti del primato in classica. La conquista dello scudetto e della stella sembrava una formalità che invece si trasformò in un incubo: 5 a 3 per gli scaligeri e scudetto alla Juventus. A Macerata accadde più o meno lo stesso dramma calcistico. Correva l’anno 1967, il giorno era il 5 di marzo e la Rata era in testa al campionato di serie C. Il sogno del ritorno in B venne infranto al Santa Giuliana di Perugia dove i grifoni riuscirono a battere la Rata nello scontro diretto e a conquistare la testa della classifica. Sorpassati i nostri, i perugini riuscirono a mantenere il primato fino alla fine della stagione ed approdarono nella serie cadetta. Claudio Turchetto, uno dei protagonisti, ha ancora un ricordo vivido di quella gara e di quel campionato: quella sconfitta non fu determinante e la perdemmo non per nostri demeriti quanto piuttosto per i meriti dell’avversario che era una bellissima squadra. Noi fummo bravi nel girone d’andata, loro in quello di ritorno. Arrivammo ad avere un punto di vantaggio poi perdemmo qualche partita in maniera a volte stupida, altre immeritata. Al seguito di quella squadra c’erano 4000 tifosi maceratesi, un esodo indimenticabile: questo fu il vero dispiacere – ricorda Turchetto – una cosa del genere non si era mai vista e non credo si sia più ripetuta. L’anno successivo i “gioielli” biancorossi Turchetto e Dugini vennero ceduti proprio al Perugia, alimentando così il sospetto di una combine mai dissipato dopo quasi cinquant’anni. Ancora oggi, tra i tifosi meno giovani, ve ne sono diversi che ammettono di non aver varcato per anni (o addirittura per decenni) le soglie dell’Helvia Recina dopo quella cocente delusione. Turchetto lo sa bene ma ricordarglielo lo addolora, è evidente: non era un buon motivo per lasciare una squadra e una società; probabilmente dopo non c’è più stato lo stesso entusiasmo che c’era quell’anno. Gli anni vissuti a Macerata da calciatore, Turchetto li porta sempre nel cuore: alla Maceratese sono stato benissimo. Se mi ricordano ancora dopo quasi cinquant’anni vuol dire che ho fatto qualcosa di importante e ne sono orgoglioso. Non è un caso il fatto di aver deciso di vivere a Macerata che è una città che amo e che difendo sempre a spada tratta. E la Maceratese cosa rappresenta oggi per Claudio Turchetto? La squadra della città in cui vivo. Non a caso ero presente alla prima in casa contro la Lucchese e la Rata mi ha fatto una buona impressione. E’ evidente che i giocatori si debbono ancora amalgamare, trovare un po’ di intesa ma di certo si tratta di un buon gruppo. Grazie bandiera biancorossa, ti aspettiamo allo stadio ogni domenica.

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Fabio Sturani I giocatori più bravi? Cercateli nei vostri vivai A che servono le recinzioni negli stadi se poi gli esempi del calcio della massima serie sono negativi? Ognuno deve fare la sua parte per ridare dignità allo sport più praticato del mondo.

Chi è Fabio Sturani 57 anni, ex sindaco di Ancona, è consigliere nazionale del Coni. Nella Regione Marche, è Capo segreteria della giunta del Presidente Ceriscioli. Defibrillatori obbligatori nei club sportivi Dal dal 3 febbraio 2016 scatta l’obbligo a carico delle società sportive, di dotarsi di un defibrillatore. E’ dimostrato, infatti, che una defibrillazione precoce, per le persone colpite da arresto cardiaco extraospedaliero, spesso rappresenta il sistema più efficace per garantire le maggiori percentuali di sopravvivenza.

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ncontriamo all’Helvia Recina Fabio Sturani durante la partita con la Lucchese per parlare delle iniziative sullo sport messe in campo dalla Regione Marche. E di una certa idea del calcio. Dopo i tagli allo sport della precedente giunta regionale guidata da Spacca, cosa cambia con la nuova giunta del presidente Ceriscioli? “Oltre a presiedere la Regione, Ceriscioli ha voluto tenere anche la delega allo sport e questo dimostra una grande attenzione nei confronti di tutte le discipline sportive. Tra i primi atti che abbiamo messo in campo ci sono i contributi sull’acquisto dei defibrillatori dove la Regione, per il momento, finanzia il 60% a fondo perduto. Sappiamo che tra qualche tempo dovranno essere inseriti in ogni impianto sportivo. Ci è sembrato, quindi, importante dare una


l’intervista mano alle nostre associazioni sportive. Stiamo lavorando per trovare risorse anche per l’impiantistica: non abbiamo bisogno di costruire nuove cattedrali ma di migliorare l’esistente, magari legando questo obiettivo ai finanziamenti europei. Stiamo poi pensando a un fondo sanitario regionale da destinare alla formazione perchè l’attività sportiva va considerata come elemento di crescita e di qualità della vita dei nostri cittadini.”

uno sport dove dietro ci sono sicuramente interessi economici ma dobbiamo farlo ritornare uno sport tranquillo e lo dico soprattutto di fronte a quei ragazzi che prima ho incontrato nel settore giovanile della Maceratese: nei loro confronti abbiamo l’obbligo di lavorare per far amare e rispettare i valori dello sport. Meno recinzioni, quindi, e più esempi educativi: questo obiettivo deve valere per tutti, istituzioni, società sportive, federazione e tifosi.”

Cosa pensa delle norme sulla sicurezza degli stadi, si poteva immaginare qualcosa di diverso per la tutela contro la violenza? “Guardi io immagino un calcio dove non ci siano più nemmeno le barriere, dove sia annullata la distanza tra la tribuna e il campo, come accade in qualche Paese europeo. Il calcio inglese, ad esempio, quando programma uno stadio la prima cosa che progetta sono le celle di sicurezza dove racchiude gli ultrà che non rispettano le regole. Le persone più violente rimangono nelle celle per 48 ore poi interviene il giudice. Credo che dobbiamo avere elementi certi per poter affrontare in maniera seria il tifo organizzato, sapendo che questo è

Dopo 42 anni la Maceratese è ritornata nel calcio che conta. Che augurio fa alla squadra? “Mi fa molto piacere. Merito di un’organizzazione che funziona e della vostra presidente. E’ una grande opportunità per la Maceratese e anche per la città di Macerata. Può essere un buon veicolo per una ricaduta economica sul territorio e soprattutto una spinta per tanti giovani che vogliono fare sport. Il lavoro che è stato fatto negli anni passati, senza pretesa di fare il tecnico, va portato avanti: continuare a lavorare bene e concentrare l’attenzione sui giovani, soprattutto sui vivai: credo che questa sia la sfida e forse anche l’unica strada visto che le risorse economiche sono sempre

meno. In questo modo si aiuta tutto il calcio italiano, anche quello della massima serie dove è auspicabile vedere più giocatori di nazionalità italiana.” Lei è stato anche un atleta: è vero che ogni tanto si rimette le scarpette e torna a correre? “Qualche volta capita. Lo sport mi ha sempre appassionato. Tutti gli sport. Nella nostra Regione si contano 45 federazioni sportive. E proprio da altri sport, come la ginnastica, il volley, il tennis, il basket, la scherma, si contano grandi campioni. Non c’è solo il calcio! Sarò sincero: sono scettico sul calcio professionistico, soprattutto la serie A non mi pare abbia dato esempi di serietà. Il punto è che non si può continuare a spendere centinaia di milioni di euro per l’ingaggio di giocatori stranieri, molti dei quali fanno solo panchina. Credo che questo sia l’errore della la Figc e della Lega professionistica. Ripeto, dobbiamo lavorare di più sul settore giovanile e focalizzarci su quello strategico dei vivai. E’ un modo per ridare al calcio il ruolo valoriale che merita.” N. L.

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In trasferta

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6a giornata Ancona sabato 10 ottobre 2015

l d i C ar

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San Ciriaco aiutali tu! Però hanno tanto di bello

M

i verrebbe da dire: lunga vita al cardinale Egidio Albornoz! Eh sì perché vi fu un tempo – sul finire del 300 – in cui qui a Macerata si comandava su tutta la marca anconitana. A volte – almeno calcisticamente parlando – la storia si ripete! Mettiamo da parte però il campanile, anche se a scriver queste note mi fa il male il gomito (Ankon in greco proprio gomito significa), e facciamoci questa cinquantina di chilometri scarsi che ci separano dai “dorici”. Non so se ci conviene fare l’autostrada: è più veloce d’accordo, ma passando per Loreto (anche quella era roba maceratese) e poi su verso Castelfidardo e Osimo s’incontrano luoghi della nostra storia e farci una capatina non fa mai un soldo di danno. Comunque, già che ci siamo, prima di approdare allo stadio una discesa a Portonovo va proprio fatta. Per una ragione gastronomica, di cui dirò, per una ragione d’arte, visto che la chiesa di Santa Maria è un unicum nel romanico italiano (e anche il Fortino Napoleonico, per altri motivi, fa la sua figura) e per una ragione di benessere: tra le Due Sorelle e i Sassi Neri il mare è mare! Andiamo ora in città. Tappa d’obbligo, ma d’obbligo davvero, è San Ciriaco. Nella cripta potreste ammirare – ammesso che ve lo consentano, anche i resti del tempio di Venere Eupleia che probabilmente fu l’incipit della città romana. Tracce della colonia siracusana li trovate sul colle del Guasco dove, traguardando da Porta Pia, avrete uno scorcio quasi stendhaliano perché nell’arco inquadrate il Duomo, il Faro Vecchio e la quinta della città che si proietta nell’Adriatico. Scendendo verso il porto non possiamo trascurare Santa Maria della Piazza – chiesa antichissima che cela una basilica paleocristiana – e San Francesco alle Scale con le sculture di Giorgio da Sebenico, lo stesso che ha firmato l’incantevole facciata della Loggia dei Mercanti, ma soprattutto con alcuni capolavori del Loto, di Lili e del Tebaldi. Certo a vedere il Lazzaretto, l’Arco di Traiano, ma anche l’Arco clementino un po’ d’invidia viene. Però dovessi dirvi, io una capatina la farei anche alla Sinagoga, al campo degli ebrei e poi alla Cittadella che gli anconetani sono convinti esser stata costruita a difesa della città, ma che in realtà venne tirata su per farli prigionieri in casa loro. Se v’è restata voglia di vedere altre cose belle, entrate a palazzo Ferretti: c’è il museo archeologico delle Marche dove specchia la nostra identità. In piazza del Papa (del Plebiscito) sosta d’obbligo e visita a San Domenico per vedere Guercino e Tiziano. Un’avvertenza: alle tredici cannelle non bevete perché se no vi tocca tornare ad Ancona!

Arco di Traiano

Cattedrale di San Ciriaco

Portonovo

Per mangiare una sosta buona è senza dubbio l’Osteria Lo Strabacco (via Oberdan tel 071 56748) va bene anche Sott’Aj Archi (via Marconi 071 202441) ma, a mio parere, una mangiata di moscioli da Marisa (071 801 109) o da Giacchetti (071 801 384) a Portonovo è un ottimo antipasto al sapore di vittoria. Anche se, a dirla tutta, a Ancona basta un po’ de pà cu l’ojo!

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Piediripa-Macerata, Via Cluentina 16/aVendite,officina, carrozzeria, gommista, ricambi, revisioni 0733 286800


l’altro sport

&

1922 due date 1946 due storie

la s.s. maceratese e l’associazione tennis macerata

a cura di Giovanni Cioverchia e Carlo Capodaglio

C

uore biancorosso. Due semplici parole che esprimono tutto l’orgoglio e la voglia di sport che coinvolge gran parte dei maceratesi. La Maceratese ne è il primo esempio; dal 1922 è la squadra di calcio cittadina oggi ribattezzata dai tifosi “RATA”. Dal 1946, l’ATM rappresenta il tennis maceratese. Trovare a Macerata degli accostamenti tra calcio e tennis è piuttosto semplice poiché nel corso degli anni fatti e personaggi si incrociano tra le due società. Già nel 1926 troviamo un progetto per il Campo sportivo della Vittoria, dell’architetto Cesare Bazzani, dove risulta che nel complesso sportivo doveva essere presente, oltre al campo di calcio, anche un campo da tennis ed una piscina, ma purtroppo, allora come oggi per mancanza di fondi, fu realizzato solo il campo di calcio. Facendo un balzo in avanti, arriviamo agli anni ’60 -’70; in città, grazie alla nuova sede dell’ATM in via Dante, cresce l’interesse per il tennis che vive anni gloriosi con manifestazioni

Gianni Piangiarelli

a cui partecipano tennisti di livello nazionale e mondiale come Lea Pericoli, Tonino Zugarelli, Beppe Merlo, Rino Tommasi, Sergio Palmieri, Vittorio Crotta, Ubaldo Scanagatta, John Alexander, Philip Dent, Wendy Glichrist e tanti altri. Nel ’63 la Maceratese vince il campionato di Serie D, viene promossa al campionato di Serie C unica; l’entusiasmo in città è alle stelle e raggiunge il culmine nel ’64 con l’inaugurazione dell’Helvia Recina, il nuovo stadio con circa 9.000 posti, il più grande della Provincia. All’inizio degli anni ’70 l’inadeguatezza dei campi di via Dante spinge a cercare un altro luogo dove costruire la nuova sede e nel 1975 l’ATM si trasferisce in via dei Velini, vicinissimo allo stadio Helvia Recina. Dai fatti passiamo ai personaggi e subito viene in mente Maria Francesca Tardella, attuale Presidente della Maceratese, per anni socia e giocatrice dell’ATM e poi Gianni Piangiarelli attuale Presidente onorario della Maceratese, da sempre buon giocatore di tennis e ancor oggi socio ATM. Andando indietro negli anni, il ricordo va anche a Ruggero Trillini, che negli anni ’40 Maria Francesca Tardella -’50 militava nel-

la Maceratese in serie B e negli anni ’60 - ’70 era giocatore e presidente dell’ATM. E ancora Giusto Concetti che, fine anni ’50 e primi ’60, faceva parte della Maceratese per poi dedicarsi completamente al tennis nelle file dell’ATM, vincendo, negli anni ’70, per cinque anni consecutivi, il titolo di campione italiano dei vigili urbani. Fatti e personaggi che, insieme ad altri, sono riscontrabili, con tanto di foto dell’epoca, nel libro di Giovanni Cioverchia e Carlo Capodaglio: “90 anni di tennis a Macerata” pubblicato ad ottobre della scorso anno. Per concludere, ancor oggi nella sede di via dei Velini, nei sei campi in terra, di cui due all’interno di una struttura in legno, e uno in sintetico dentro ad una struttura geodetica, l’ATM organizza diverse attività, agonistiche e sociali. AGONISTICHE con tornei di III cat. maschile e femminile; tornei di IV cat. maschile; tornei giovanili organizzati in collaborazione con la scuola tennis dell’ATM gestita dai maestri federali Fabiano Tombolini, Simone D’Agosto, Alessio Cherri che quest’anno partecipa al campionato maschile di Serie B con una squadra tutta sua. SOCIALI con diverse serate conviviali, alcune delle quali a scopo benefico. Poi corsi di tennis per adulti e bambini con i maestri sopracitati e un campo estivo, l’estatennis riservato a ragazzi fino a 16 anni. Ci sarebbe ancora molto da dire ma continueremo nel prossimo numero di Cuore biancorosso. 25



rata poinT galleria del commercio - macerata Rata Point è in collaborazione con Prince Sport Si ringrazia la C.V.S. Arreda per gli interni del Rata Point

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biancorosso

Cari Maceratesi, è con piacere che inizia una collaborazione tra L’agrotecnica e Cuore Biancorosso. Con una rubrica dedicata al verde e alla sua manutenzione. Ci occuperemo di prati a scopo sportivo e ornamentale e forniremo gli strumenti per una facile ed economica cura dei tappeti erbosi a tutti gli amici che ci leggeranno nelle pagine di questa pubblicazione. Prima però una piccola presentazione. L’agrotecnica, con sede in Macerata Via D. Concordia 80 (Piediripa), nasce nel 1969 per volontà di Ivano Orlandi dopo una serie di attività sempre in ambito agricolo e zootecnico ed inizia ad operare prevalentemente con riferimento all’agricoltura nei suoi diversi settori di sviluppo. Successivamente l’azienda apre sempre più l’orizzonte, anche attraverso un attrezzato punto vendita, al mercato hobbistico al giardinaggio e al ortoflorovivaismo. Negli ultimi anni L’agrotecnica ha compiuto enormi progressi e sviluppato importanti investimenti nel campo dei tappeti erbosi, sia dal punto di vista delle collaborazioni con aziende fornitrici (Tempoverde, Floragard) sia da quello del personale coinvolto (periti agrari e consulenti specializzati). È da sempre una realtà all’avanguardia con un occhio di riguardo verso la salute degli operatori, dei clienti e dell’ambiente in genere, con rispetto e passione per la Terra. Sul prossimo numero inizieremo a parlare dei semi per tappeti erbosi, della loro corretta scelta e delle prime pratiche colturali per la semina. Alla prossima partita per tifare per i nostri campioni e gioire con loro e magari tornare a casa e goderci il nostro prato! Giovanni Orlandi

VIA D. CONCORDIA, 80 62100 MACERATA Tel. 0733.283101 www.lagrotecnica.it

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a cura di Massimiliano Pallotti

Fausto Bagattini

Portieri. Figli di puttana I

l titolo di questo delizioso libro di Fausto Bagattini (edizioni ultra sport, 2015) cattura immediatamente l’attenzione del lettore e ne solletica l’immaginario. Ma l’autore stesso nella premessa del libro ne circoscrive i confini riposizionandone il significato nella sfera del politically correct: “chi scrive nutre massimi rispetto per chi esercita il mestiere più antico del mondo e sconfinata simpatia per chi lo fa per libera scelta, vocazione o professione. Ergo, l’espressione “figlio di puttana” assume nel caso specifico una connotazione scevra da qualsiasi visione sessista o maschilista della vita”. Il libro poi si apre con il bel ritratto di Hope Solo, una donna italo-americana considerata come il più forte portiere di calcio femminile di tutti i tempi, figlia di un veterano del Vietnam, violento e pericoloso. Come apprendiamo dalla sua autobiografia, A memory of Hope, fu concepita in carcere, ebbe una madre alcolizzata e fu abbandonata ancora bambina dal padre. Al padre poi si riunirà dopo una decina di anni, incontrandolo vagabondare in un parco pubblico. Non lo lascerà più e, dopo la sua morte, ne costudirà le ceneri e ne libererà una manciata in campo nel giorno della finale olimpica a Pechino. E lo stesso giorno, festeggerà la medaglia d’oro ‘ubriacandosi con le compagne di squadra. Scopando tutta la notte’. Poi l’autore continua con una carrellata gustosissima di tanti, più o meno noti, numeri 1 che hanno scritto a diverso titolo le pagine più belle, curiose, drammatiche e ‘oscure’ di questo ruolo nel calcio nazionale ed internazionale. Scopriamo quindi che, tra un’uscita spettacolare e una papera clamorosa, c’è chi come Peruzzi e Ghezzi, si dimena tra accuse, sospetti e condanne per doping. O chi come Bruno Fernandez, in odore di Selecao, perde la testa e da la propria amante in pasto ai cani. Troviamo poi lo spaccaossa Jacky Munaron che spezzò il ginocchio e la carriera di Bettega il 4 novembre 1981, quando Juventus e Anderlecht

si si giocano gli ottavi di finale di Coppa Campioni. Quindi Tim Wiese che passa con leggerezza dalla Nazionale Tedesca al wrestling. Ci sono poi i locos, folli dentro e fuori dal campo come l’argentino Hugo Orlando Gatti, primo portiere a scendere in campo con una maglia rosa e la bandana, capace di dribblare e lanciare in rete i compagni. O come Salvatore Soviero che, dopo aver collezionato un numero imprecisato di risse ed espulsioni, è passato alla storia per aver dato del “ricchione” a Del Piero. O come Renè Higuita, il narcoportiere con la sua incredibile quanto pericolosa ‘ parata dello scorpione e la storia controversa della sua amicizia con Pablo Escobar. Ma il libro non si risolve solo e tutto in una rassegna di ‘macchiette’ o in una descrizione di ‘fenomeni da baraccone’. Anzi, l’autore è sempre molto attento a mostrare l’aspetto umano dei suoi ‘eroi’, ed il peso che le vicende esterne ed i ‘poter forti’ hanno giocato in positivo o in negativo. Particolarmente interessante, da questo punto di vista, è la sezione dedicata agli Intrighi, complotti e complottismi, dove si mostrano i rapporti presunti tra Zamora e Mussolini e dove Bagattini sembra prendere le difese di Quiroga, attore della catastrofica sconfitta del Perù ad opera dell’Argentina per 6 a 0, nel Mondiale dell’Argentina fascista guidata da Videla. Insomma, ce n’è veramente per tutti i gusti. Un libro intelligente che rende bene il fascino di questo ruolo che, spesso, ha esercitato una influenza diretta o indiretta nella letteratura. Si pensi ad esempio ad A. Camus, portiere in gioventù e al bel libro di Emanuele Santi, Il portiere e lo straniero , in cui l’autore ci illustra il parallelismo tra la solitudine del portiere e quella dello scrittore o alla stupenda autobiografia di Dino Zoff, Dura solo un attimo la gloria. Ma questi sono altri libri… 29


Punto di vista

di

Giancarlo Nascimbeni

Buoni e cattivi N

on è stata una settimana esaltante quella che ha preceduto l’ultima gara di campionato che, peraltro, ha visto sconfitta la Maceratese a venti secondi dalla fine del tempo di recupero sul campo di Sant’Arcangelo contro il Rimini. Più che la sconfitta, sicuramente rimediabile nel proseguo del campionato in considerazione del fatto che la squadra ha comunque più che dignitosamente affrontato sia la Lucchese in casa che il Rimini in trasferta, ha attratto la mia attenzione quanto dichiarato dal Commissario straordinario della Lega Pro, dott. Tommaso Miele, sul grave stato in cui sta versando la Lega a cui sembra non aver per niente giovato il commissariamento. Il mio punto di vista su un così importante argomento è che sono venuti al pettine i tanti nodi che da anni hanno determinato la criticità della Lega Pro.

L’autorevolezza che manca alla Lega e i sacrifici richiesti alle società

Quale autorevolezza può avere una Lega che per ben due volte si è vista bocciare il bilancio 2013-14 (e nulla si sa di quello 2014-15) verso le società affiliate dalle quali invece si pretende assoluto rigore gestionale, comminando ad esse sanzioni pesantissime di natura economica e disciplinare ove non ottemperino agli obblighi di legge nei termini perentori fissati dalla Federcalcio e dalla stessa Lega? Tutto ciò è sicuramente preoccupante per il futuro del campionato, il cui regolare andamento è stato già fortemente penalizzato dai rinvii di ben nove partite del solo girone B che costringeranno molte squadre

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ad un tour de force di recuperi che si protrarranno sicuramente fino a tutto il mese di ottobre. Non voglio tornare sull’argomento già affrontato in questa rubrica circa l’opportunità o meno di dare inizio al campionato senza la certezza degli organici ma, alla luce di quanto sta avvenendo, visto che non è ancora visibile l’uscita dal tunnel, ci si chiede: con una Lega così malandata per la quale lo stesso Commissario straordinario preconizza “il rischio della fine”, vale proprio la pena per i dirigenti delle società fare tanti sacrifici ed attenersi al rispetto di norme rigorosissime per raggiungere il calcio professionistico? La risposta a questa domanda debbono darla la Federcalcio ed il Commissario della Lega Pro facendo in modo di far ritornare nella legalità, prima di ogni

altra cosa, la Lega, munendola di quei presidii che la rendano di nuovo autorevole, con un consiglio direttivo formato da dirigenti di comprovata competenza e di specchiata moralità.

La fortuna non sempre aiuta gli audaci

Nel frattempo, ahimè, “il carrozzone” deve procedere nel rispetto dei calendari (sic !!??), ma il calcio giocato, nell’interesse degli stessi protagonisti, non deve far dimenticare le problematiche di una Lega Pro alla quale tante società, come la Maceratese, si sentono onorate di appartenere. Ho giudicato dignitose le due prestazioni della Maceratese contro la Lucchese e contro il Rimini che, pur avendo portato un solo punto in classifica, hanno confermato quanto di buono si era già intravisto nelle precedenti gare ufficiali. L’unica considerazione che mi sento di fare, che mi sembra discostarsi da quelle che ho sentito e letto soprattutto a commento della sconfitta dell’ultimo istante contro il Rimini, è che non si deve assolutamente indulgere al vittimismo per certe decisioni arbitrali, pur non condivisibili, ed


alla sfortuna per aver subito la rete che ha determinato il risultato negativo a venti secondi dalla fine. La dirigenza, lo staff tecnico e la squadra debbono fare tesoro di queste prime esperienze per rendersi più collaborativi con la classe arbitrale, evitando proteste inutili e perdite di tempo, come mi è sembrato di notare durante la gara di Sant’Arcangelo. Il mio punto di vista su quanto accaduto nell’ultimo quarto d’ora della partita contro il Rimini è che si poteva evitare l’allungamento extra time del recupero con una gestione più oculata dei cambi, sia l’uscita di Fioretti, che ha impiegato troppo tempo rispetto a quello necessario per lasciare il terreno di gioco, e sia quando, dopo il secondo identico infortunio a pochi minuti dal primo del calciatore Imparato, la panchina ha fatto entrare in campo il fisioterapista senza procedere, invece, all’immediata sostituzione, determinando così l’allungamento dei tempi di ripresa del gioco ed obbligando l’arbitro a concedere un extra time, rivelatosi letale. Il mio parere, tuttavia, non deve essere interpretato come una critica nei confronti dei calciatori e dello staff tecnico, bensì come una forma di collaborazione da parte di chi, per diciotto anni, ha accompagnato la squadra in panchina quasi tutte le domeniche.

Gli incontri della Maceratese con il Pontedera

A questo punto non rimane che affrontare la seconda parte della rubrica,

quella dei ricordi. Andiamo avanti con la consueta tenacia e concentriamoci sul Pontedera, prossimo avversario all’Helvia Recina. Come la Maceratese, la squadra toscana disputò il primo campionato in assoluto di Serie C unica nella stagione 1936/37: a Pontedera vinsero i locali 1-0, a Macerata la partita si concluse 0-0. Quel campionato fu vinto dall’Anconitana e la Maceratese si classificò onorevolmente all’ottavo posto. L’anno successivo si invertirono i risultati: la Maceratese pareggiò a Pontedera 0-0 e vinse in casa 1-0, con rete del tolentinate Valli che conobbi tanti anni dopo, lui sempre presente alle cerimonie conviviali dei raduni degli ex calciatori biancorossi. Per dodici anni le due squadre non si incontrarono più (nel frattempo la Maceratese disputò anche un campionato di Serie B): lo fecero nuovamente nella stagione 1950/51 ed in quella successiva 1951/52. I risultati furono altalenanti per l’una e per l’altra squadra, vincendo il Pontedera in casa entrambe le gare per 3-1 ed 1-0, perdendo invece a Macerata per 4-1 ed ottenendo l’anno successivo un pareggio a reti inviolate. Ritengo doveroso riferire che il mattatore della partita vinta dalla Maceratese 4-1 fu il compianto Bruno Ragazzini la cui memoria la società ha doverosamente ricordato in occasione della sua recente scomparsa. L’ultima volta che le due squadre si sono incontrate in serie C unica è stata quella relativa al

campionato 1967/68 quando la Maceratese, allenata da Guido Capello che era succeduto a Toni Gianmarinaro, illuse tutti facendo sperare fino al termine del girone di andata di poter confermare i successi dell’anno precedente che la videro protagonista di un testa a testa con il Perugia fino all’ultima giornata per la promozione in Serie B. Questa volta fu il Cesena a vincere il campionato, ma la Maceratese non sfigurò di fronte ad un così prestigioso antagonista, rinforzato dalle prestazioni di quel grande calciatore che è stato il nostro concittadino e mio compagno di università Umberto Berti. Con il Pontedera quell’anno si perse in trasferta 3-2, con reti biancorosse di Gerardi e Berzaghi che sostituirono di maglia, ma non certo nel cuore degli sportivi, Turchetto e Dugini ceduti quell’anno al Perugia. Nella gara di ritorno all’Helvia Recina la Maceratese, oramai avviata ad una conclusione di campionato senza infamia e senza lode, pareggiò 0-0. Da allora ad oggi, Pontedera e Maceratese si sono incontrate in appena due occasioni in Serie C/2 e lo faranno di nuovo domenica prossima nel campionato di Lega Pro che a me piace ancora chiamare C unica. Entrambe le squadre dovranno riscattare le recenti sconfitte e ciò fa prevedere una gara agonisticamente intensa, con la speranza che sia la Maceratese a prevalere forte del sostegno che sicuramente non le mancherà da parte dei propri tifosi. Registrazione Tribunale di Macerata n. 626 del 23.07.2015 Direttore responsabile Nazzarena Luchetti Redazione Alessandro Savi, Giancarlo Nascimbeni, Carlo Cambi Impaginazione e realizzazione grafica Andrea Raggi e Nazzarena Luchetti Foto di Fabiola Monachesi Per la pubblicità marketing@ssmaceratese.it Per suggerimenti e opinioni redazione@ssmaceratese.it Stampa Tipografia S. Giuseppe srl, Pollenza

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