Occhio all'Arte (settembre 2018 web)

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A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno XI N° 116 settembre 2018

Mensile d’informazione d’arte

www.artemediterranea.org

nMeraviglia e estasi A Gualdo mostra di Luciano Ventrone CuriosArt: n Evocando terre lontane

In mostra: n Roma città moderna

Autunno a S. Elia

Graphic novel: n Inside Moebius


Per sponsorizzare “Occhio all’Arte”

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Associazione ARTE MEDITERRANEA Aprilia - PROGRAMMA CORSI 2017-2018 CORSO DISEGNO 1° ANNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 9,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO AVANZATO LUNEDI’ MERCOLEDI’ 18,00 - 20,00 CORSO OLIO LUNEDI’ - VENERDI’ 18,00 - 20,00 20,00 - 22,00 MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00

CORSO INTARSIO SU LEGNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 18,00 - 20,00 CORSO DISEGNO PER BAMBINI LUNEDI’ - MERCOLEDI’ - VENERDI’ 18,30 - 20,00

CORSO DI DISEGNO - FUMETTO SCENEGGIATURA ORGANIZZATO DA SCHOOL COMIX APRILIA SABATO 10,30 - 18,45

CORSO DI PASTELLO GIOVEDÌ ORE 20-22 SABATO ORE 10-12 INSEGNANTE: BRUNO SAVIOLI

CORSO DI YOGA DELLA RISATA MERCOLEDI’ 20,30 - 21,30

CORSO DI FOTOGRAFIA ORGANIZZATO DA ASS.FOCUSFOTO MARTEDI’- MERCOLEDI’ GIOVEDI’ - VENERDI’ 20,30 - 22,30

Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Collaboratori Mensile culturale edito dalla Patrizia Vaccaro, Laura Siconolfi, Associazione Arte Mediterranea Maurizio Montuschi, Valerio Via Muzio Clementi, 49 Aprilia Lucantonio, Nicola Fasciano, Tel.347/1748542 Giuseppe Chitarrini occhioallarte@artemediterranea.org Francesca Senna, Roberta Pieramici www.artemediterranea.org Aut. del Tribunale di Latina Responsabile Marketing N.1056/06, del 13/02/2007 Cristina Simoncini Fondatori Antonio De Waure, Maria Chiara Lorenti Cristina Simoncini

Composizione e Desktop Publishing Giuseppe Di Pasquale

Amministratore Antonio De Waure

Stampa Associazione Arte Mediterranea via Dei Peri, 45 Aprilia

Direttore responsabile Rossana Gabrieli Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti

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Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’editore

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CORSI IN ORARIO DA DEFINIRE CORSO DI ANATOMIA PER ARTISTI Ins. Antonio De Waure CORSO DI PROSPETTIVA Ins. Giuseppe Di Pasquale

Sommario

”Meta-arte” “Zia Sass” Evocando terre lontane Roma Città Moderna. Da Nathan al Sessantotto Meraviglia e estasi Inside Moebius Michelangelo - Infinito Teatrosophia: La Prima Stagione Africa e Cina a Roma Eventi sul filo di china “Ethernal City”


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occhio al libro

”Meta-arte”

Adrian Piper, Ediz. Castelvecchi, Roma 2017, pp. 42. di Giuseppe Chitarrini

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ino a che punto l’opera della statunitense Adrian Piper può considerarsi artistica, o non piuttosto filosofica o estetico-sociologica? Il lavoro di questa straordinaria performer settantenne ha raggiunto, infatti, un tale livello di concettualizzazione che non è possibile tracciare recinti disciplinari, confini, delimitazioni fra quello che è propriamente artistico e quello che invece dovrebbe essere intellettivo e cognitivo-riflessivo. Fra quella che è la creazione figurativa formale e plurimateriale, plastica, allestitiva, informale e quello che invece è l’impegno etico, socio politico e la produzione del pensiero. Infatti la sua complessa attività si caratterizza per “il tipo di ricerca che attraverso diversi mezzi tecnici (collages, montaggi fotografici, disegni su carta pre-stampata,istallazioni… performances ed opere sonore) evolve negli anni in una continua indagine sulla natura della soggettività e dell’agire, sul limite del Sé, su coerenze ed incoerenze dell’identità individuale, in contesti metafisici, sociali e politici…che la spinge ad interrogarsi sul ruolo dell’artista e la possibilità dell’arte di incidere concretamente sulle realtà sociali”(p.8). Docente di Filosofia in diverse università statunitensi, è stata allieva del grande

filosofo contemporaneo John Rawls; militante femminista, impegnata in diverse attività pacifiste e di difesa dei diritti nelle minoranze, nonché vincitrice del Leone d’Oro nel 2015 alla Biennale di Venezia ed espositrice in molte delle gallerie più famose non solo negli Stati Uniti. Orgogliosa della sua ‘mixitè’ (discendenze tedesche ed inglesi, oltre che indo-afro americane) è un’autrice dalla personalità e dalle attività complesse e poliedriche, in Italia è quasi del tutto sconosciuta e questo volumetto di poche pagine ci aiuta a fare la sua conoscenza; pubblicato negli Stati Uniti nell’ormai lontano 1973, quando la Piper aveva venticinque anni, costituisce un po’ il Manifesto della cosiddetta ‘Meta-Arte’ che, a sua volta, può essere intesa come l’insieme dei procedimenti, dei presupposti personali, socio-politici, contestuali che danno vita all’impulso creativo. Un’attività e un approccio più che interdisciplinare, ma meta e trans disciplinare che considera, determinandoli, sia l’ambito artistico sia l’ambito intellettivo. Insomma “Meta-Arte come processo cognitivo e riflessivo, volto ad esplicitare l’ampia gamma di riferimenti al di là della sfera artistica che concorrono a definire l’intero processo creativo”(p. 34).

“Zia Sass”

di Pamela Lyndon Travers di Francesca Senna

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opera inedita della creatrice di Mary Poppins: nata come un regalo di Natale per i lettori a lei vicini, in queste pagine prendono forma i personaggi che la renderanno famosa. E tra questi Zia Sass, che un giorno diventerà l’istitutrice più amata del mondo, Mary Poppins appunto. In queste pagine l’autrice ci consegna una rivelazione, confezionata in tre commoventi ritratti divertenti e pieni di amore: da quale sottofondo di immagini e realtà, di tipi umani straordinari e necessari, di vissuto, e quindi da quale verità esistenziale viene uno dei grandi miti classici moderni. L’autrice, ricorda dei suoi incontri con tre persone che avevano modellato la sua infanzia e lasciato una traccia

indelebile per il resto dell’esistenza: la vecchia zia Sass, alta e rigida signora uscita da un romanzo vittoriano che spargeva benevolenza mascherata da inflessibile severità; il cuoco cinese Ah Wong; il vecchio fantino irlandese Johnny Delaney. Sono le guide complici e sagge di una bambina che cresce in una immensa piantagione australiana, portatrici di un segreto fascinoso come un mistero. Ogni racconto è una descrizione puntuale, ricca di dettagli, condita della giusta dose di allegra fantasia e invenzione, non troppo edulcorata, ma anzi, con elementi malinconici e a tratti misteriosi, oscuri e dolorosi. Un racconto allegro e malinconico dove i ricordi creano la realtà. 3


Evocando terre lontane

I dipinti in pizzo macramè di Agnes Herczeg di Cristina Simoncini

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’artista ungherese Ágnes Herczeg combina la delicata arte del pizzo con il supporto di rametti nodosi per creare scene che rappresentano la bellezza contemplativa dell’umanità. Gli intricati ritratti mostrano donne mentre si chinano, dormono e guardano in un abisso infinito. Spesso, il legno è un’ancora per le loro attività; è un luogo in cui i personaggi riposano i loro corpi o il pavimento su cui stanno. Herczeg lo utilizza anche come giustapposizione visiva sorprendente: la scioltezza del pizzo e la solidità del legno sono in disaccordo, ma sono armoniosi quando sono collegati tra loro. Le sculture in pizzo di Herczeg sono create con tecniche tradizionali. “Ho studiato approfonditamente il mestiere del ricamo e del merletto”, scrive. Dal merletto ad ago al macramè, incorpora una varietà di questi punti in ogni composizione. Ciò dimostra uno sforzo meticoloso e orientato ai dettagli. “La lavorazione del merletto è un’occupazione che richiede molto tempo”, descrive Herczeg. “Ci vogliono diversi giorni solo per completare un piccolo pezzo.” Poiché quest’arte è così noiosa, è vitale che Herczeg abbia un piano ben pensato su come eseguire il lavoro. “Il design è una parte significativa del processo creativo”, spiega, “perché devo pensare non solo all’aspetto visivo dell’opera, ma alla sua struttura generale e all’ordine dei singoli passaggi”. Nonostante la rigidità del suo processo, le opere di Herczeg riflettono libertà e persino spontaneità mentre i fili si dipanano dal legno.

curiosart

Agnes Herczeg è nata nella città di Kecskemét in Ungheria e si è laureata presso l’Università di Belle Arti nel 1997. Durante gli studi, ha imparato molte tecniche artigianali tradizionali, dal ricamo al merletto, al macramè e alla tessitura. Tecniche innovative si combinano con l’artigianalità tradizionale per creare opere realizzate con materiali naturali, incorporando piccoli pezzi di legno che sono un supporto per l’intreccio o altri elementi che si trovano in natura e che compongono gli accessori per i capelli, gli strumenti di lavoro e altri oggetti. Il legno con le sue venature combinato con le tecniche artigianali tradizionali creano un equilibrio di materiali duri e morbidi. Evocando terre e culture lontane, le opere dell’artista ungherese sembrano irradiate dai raggi di luce, narratori di storie poco conosciute, incarnano eleganza e armonia. La tecnica, in cui Agnes sta lavorando, ricorda quella della tessitura nodulare, o, semplicemente, macrame decorativo. Questa lavorazione è conosciuta fin dall’antichità, a partire dai primi nodi effettuati su un’ascia di pietra e dal primo tappeto. Secondo alcune fonti, in Europa il macramé apparve nei secoli VIII-IX. Era una tecnica conosciuta anche nell’antico Egitto, Assiria, Iran, Perù, Cina, Grecia antica. Fonti: www.agnesherczeg.com; www.mymodernmet.com

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Roma Città Moderna. Da Nathan al Sessantotto

Un percorso romano, non da una strada all’altra, ma da un pittore all’altro di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi

Rovine di Varsavia - Giulio Turcato

Case di Trastevere - Lorenzo Vespignani

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a Galleria d’Arte Moderna di Roma, omaggia la città eterna, ospitando le opere di molti artisti che a lei si sono ispirati, spaziando dalle antiche vestigia, dagli avvenimenti e dai personaggi che le hanno dato lustro ai temi contemporanei che, affrontando la quotidianità, ne mettevano in evidenza disuguaglianze e ingiustizie. Non solo gli struggenti tramonti tra le vetuste colonne e gli archi, ma anche la durezza della vita nelle periferie, nelle campagne, in pace e in guerra, dunque, nelle numerose opere in mostra, per trasmettere al visitatore pura bellezza e impegno civile e sociale. Estetica ed etica, dunque. Nel viaggio a ritroso nel tempo che il percorso espositivo richiama, è evidente anche la grande varietà di stili dei creativi “romani”. Affascinati dalle valenze simboliste, dal dinamismo e dalla modernità del futurismo, dalla metafisica, dall’arte concettuale e non solo. La città capitolina, infatti, più di ogni altra capitale europea, dava, agli artisti l’opportunità di conoscere i linguaggi più vari, moderni e provocatori, essendo, nel “900”, sia una vera e propria fucina d’idee e sperimentazioni, sia un polo d’attrazione culturale internazionale e

Annaclara Martorelli Alla fonte - Nino Costa

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Nel parco - Amedeo Bocchi


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in mostra

Demolizioni - Afro multiculturale. Le creazioni esposte nella galleria, in una successione cronologica precisa, ci coinvolgono nel fermento culturale che ha caratterizzato Roma, da Ernesto Nathan, sindaco della città dal 1907 al 1913, fino al decennio di profondi cambiamenti sociali, culturali e artistici che viene, comunemente identificato con un anno ben preciso”il Sessantotto”. Per inciso, Ernesto Nathan, mazziniano e anticlericale, ha dato un impulso al processo di modernizzazione e laicizzazione della capitale, veramente notevole. Le opere in mostra sono 180, tra dipinti, sculture, grafica e fotografia, di cui alcune mai esposte prima o non esposte da molto tempo, provenienti dalle collezioni d’arte contemporanea capitoline che, come già precisato, approcciano alla vivace e intensa vita artistica della Capitale, nonché alla sua storia e ai suoi luoghi. Atmosfere oniriche, misteriose avvolgono gli scorci paesaggistici e le figure che da essi sembrano emergere o in essi dissolversi, nelle prime tele che accolgono il visitatore. Ci sono le sinuosità floreali, dai colori tenui e morbidi di alcuni quadri di Duilio Cambellotti. Artista eclettico, scultore, ceramista, designer per gioielli e stoffe. Si può ammirare un’eterea ninfa che “galleggia” in un paesaggio pieno

Le case del foro di traiano - Mario Mafai

Il Colosseo - Achille Funi di valenze simboliche, opera di Onorato Carlandi. Acquarellista e paesaggista innamorato della campagna romana, presente in molte sue opere, sempre pregna di significati sentimentali e di forti emozioni visive. Parla di donne, con la sua tecnica sciolta e ariosa, l’armonia delle tinte tenui e dei bianchi sfumati, Camillo Innocenti, eleganti e mondane e di “tutto ciò che nella donna c’è di misterioso, di fragile, di mutevole, di appassionato e anche di artificioso”. Forti valenze cromatiche e materiche nelle opere di Duilio Prampolini, scomposizioni dinamiche in quelle di Giacomo Balla, semplicità quasi primordiale nel segno di Giuseppe Capogrossi, sempre riconoscibile ma riproposto nella maniera più varia e con significati sempre nuovi. Ancora un simbolo dell’antica Roma, il Colosseo, interpretato in chiave moderna, utilizzando colori accesi, quasi violenti, sanguigni e materici nel dipinto di Achille Funi, anch’egli artista eclettico, illustratore, scultore, scenografo. Periferie urbane desolate e solitarie, macerie e dolore, grumi di dolore sulla tela, nelle opere di Lorenzo Vespignani. E poi Afro, Guttuso, Casorati, De Chirico, Pirandello,Schifano, Pascali e tanti altri artisti saranno presenti, con le loro opere, nelle sale della Galleria d’arte moderna di Roma, via Francesco Crispi n.24, fino al 28-10-2018.

Villa Medici - Orfeo Tamburi 7


Meraviglia e estasi

A Gualdo mostra di Luciano Ventrone di Maria Chiara Lorenti

Antichi sapori

Mosaico

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l 15 aprile scorso, a Gualdo Tadino (PG), alla presenza dei curatori Vittorio Sgarbi e Cesare Biasini Selvaggi, è stata inaugurata la mostra “Meraviglia e estasi”, del pittore romano Luciano Ventrone, allestita presso la Chiesa monumentale di San Francesco. L’esposizione si compone di nature morte, nudi e paesaggi, tutti caratterizzati da un incredibile realismo. Definirlo iperrealista sarebbe improprio e riduttivo, in quanto il pittore riesce a tradurre sulla tela ogni più piccolo dettaglio della visione reale del soggetto, peraltro da lui composto a formare creative composizioni, che danno il nome ad ogni opera. Come evidenziato da Sgarbi: “ Ventrone è un artista contemporaneo che realizza opere che le persone vanno a vedere perché vogliono meravigliarsi. Ha saputo affermarsi come grande maestro nella figurazione con un virtuosismo eccezionale. L’artista sembra cercare un assoluto della

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Bacco

realtà, un’essenza, non si limita a riprodurla. E’ di più. Ventrone è il pittore dell’iperbole. E iperboliche, esagerate, barocche appunto sono le sue opere, piuttosto che iperrealistiche .” Tanto è vero che la prima impressione, entrando nello spazio espositivo, è quella di osservare delle foto. Delle belle foto di nature morte, di nudi femminili, di paesaggi… poi, con occhio critico, sapendo che sono dei dipinti, si cerca di scoprire la pennellata, che è così ben “leccata” da risultare indecifrabile, le immagini sono nitide, pulite, eseguite in maniera asettica, senza ombre, a parte quelle portate alla base del soggetto. Patinati, come fotogrammi da concorso, invero i soggetti sono tratti dagli scatti della moglie, gli oli di Ventrone generano un senso di estraneazione, un malcelato moto di meraviglia di fronte ad una esecuzione così minuziosa. E’ come penetrare all’interno della materia, riuscendo a percepire il tempo che passa attraverso la maturazione, ed in parte la marcescenza, della polpa zuccherina


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in mostra

Approdo del cocomero, che lentamente si sfarina perdendo la compattezza del taglio appena effettuato. Ciò che colpisce è la dimensione che dilata ogni particolare, l’attenzione spasmodica che accentua quello che l’occhio non coglie, la luce mirata che permette di contemplare l’essenza delle cose, trasformandole in oggetti alieni, come nel multiplo “Mosaico”, una monumentale opera che occupa lo spazio antistante l’altare della chiesa di San Francesco, nove tele di lino che, raggruppate, ingigantiscono una melagrana spaccata a metà, i grani purpurei sembrano fuoriuscire dai loro alveoli biancastri, mostrando, velati dalla trasparenza rossastra del chicco, i malcelati semi, simbolo di abbondanza. Oggetto di una indagine approfondita, le sue opere, più vere del vero, sono frutto di anni ed anni di esperienza, dovuta anche ad un passato di illustratore di materiale biologico per l’università. Questa attività ha indotto il suo occhio ad una osservazione estremamente acuta, un’attenzione clinica che l’ha portato a vedere le cose dall’interno, piuttosto che a soffermarsi all’esteriorità. L’esposizione sarà visibile sino al 28 ottobre.

Interno rosso 9


Inside Moebius Dio, l’autore

di Valerio Lucantonio

“ Quando non fumo, vivo normalmente; le mie riflessioni su me stesso sono normali. Al contrario, quando fumo niente è più normale… mi vedo con gli occhi di un altro, lo spettacolo crea un nuovo spettatore, un altro sguardo; se si continua con questo processo di destrutturazione dello sguardo si arriva a una specie di sguardo finale che viene rappresentato generalmente da un semi-paio di occhi, ma ovviamente non si tratta che di una convenzione del linguaggio ”. È questo il contenuto testuale delle prime due pagine dell’opera, insieme a una serie di vignette in cui l’artista rappresenta più avatar di se stesso che si guardano a vicenda dichiarandosi odio e amore, seguiti da una splash page di un gigantesco occhio che interpella direttamente il lettore rompendo la quarta parete. Questa introduzione si rivela sorprendentemente carica di una consapevolezza che non ci si

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aspetterebbe da quello che ci è appena stato presentato nel prologo – un dialogo con la moglie Isabelle che anticipa il racconto, paratesto che predispone alle tematiche dell’opera – come un diario-cronaca improvvisato; infatti questo racconto interiore in sei volumi (pubblicato in tre tomi da Comicon Edizioni) è nato dalla scelta di Jean Giraud/Moebius di smettere di fumare erba una volta superati i sessant’anni, e dal suo conseguente bisogno di riversare su carta, con il linguaggio che gli è più congeniale, le riflessioni e i dubbi che attraversavano la sua mente e le sue giornate. Il leggendario fumettista coglie questa occasione per volgere in questo “giornale di bordo” la totalità del proprio universo creativo e interiore, arrivando a confrontarsi con i personaggi più iconici della sua grande produzione e con i grandi dilemmi estetici ed esistenziali connaturati a ogni genio


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dell’arte figurativa. La totale mancanza di sceneggiatura, a favore della libertà espressiva e della decostruzione narrativa, è lamentata in primis dagli stessi personaggi e soprattutto da Blueberry, che qui fa le veci del fumetto commerciale di genere e si sente perciò inevitabilmente fuori luogo in quello che può essere considerato l’apice estremo dell’astrazione di un autore già di per sé incline alla sperimentazione e al virtuosismo grafico. Moebius infatti si esprime in una continua frammentazione che si declina su più livelli: lo spazio che si sfalda è rappresentato dal Deserto B, landa desolata in attesa di essere riempita e popolata, ricorrente ambientazione per le storie metafisiche che traduce iconicamente il supporto del foglio bianco, su cui l’autore riesce letteralmente a volare, rompendo i vincoli fisici ad ogni scorrere di pagina; l’impaginazione

graphic novel

stessa diventa tema narrativo, sia con la ripetizione ciclica delle stesse inquadrature, sia con i frequenti inside joke in cui i personaggi esplicitano la consapevolezza di muoversi su una successione numerica sequenziale; il tempo si appiattisce sulla superficie cartacea – la quale non di rado si moltiplica e si manifesta all’interno delle stesse vignette ancora in fase di disegno – e si riversa spontaneamente sul presente della riflessione dell’autore, che si alterna tra l’attualità dell’attentato dell’11 settembre 2001 (con tanto di comparsa di Osama Bin Laden, che discute tragicomicamente con i personaggi le motivazioni della jihad ) e il passato professionale e personale di Giraud, il quale si scompone per far dialogare su carta le diverse fasi della propria vita. Tra tutte le operazioni riflessive ed espressive, delle quali questo fumetto è al tempo stesso tanto un autorevole manuale e trattato estetico quanto un quaderno di schizzi infantile e genuino, la componente più decostruita e stratificata è senz’altro quella figurativa: Moebius ripercorre con stili e strumenti grafici la propria evoluzione artistica, passando in rassegna l’ intero repertorio a sua disposizione, dal tratto pulito ed essenziale fortemente caricaturale al tratteggio preciso tipico della bande dessinée , fino ad usare la pagina come manifesto per illustrazioni imponenti o come tavolo da lavoro in cui mischiare segni e colori di natura eterogenea come in un collage ibrido. Questa deriva sperimentale prende il sopravvento nell’ultima parte dell’opera, in cui i balloon si fanno da parte e lasciano al disegno puro il compito di interrogare per l’ultima volta la musa e il lettore sulla questione centrale di questa epopea autoriale interiore: la difficile definizione del rapporto di potere tra creatore, narratore, personaggio, foglio, sceneggiatura, mercato, editorie e pubblico; una definizione che uno dei più grandi fumettisti mai esistiti si è divertito a cercare senza voler però trovare una risposta, consapevole del fatto che la sua abilità creatrice, il semplice tracciare un segno a matita, sarà per sempre una delle maggiori espressioni di potenza divina manifestatesi di fronte all’uomo.

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Michelangelo - Infinito

Il genio fiorentino in un film evento di Maria Chiara Lorenti

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cinema

Mosè

Giudizio universale

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al 27 settembre al 3 ottobre, nei cinema italiani verrà proiettato il film evento: Michelangelo-Infinito. Ultimo di una serie dedicata ai grandi artisti italiani, da Caravaggio a Raffaello, questo movie è diverso dal classico documentario, in quanto riveste più la connotazione di un film documentaristico, dove le vicissitudini della tormentata e fruttuosa esistenza del maestro è narrata dal suo più accreditato biografo, Giorgio Vasari, pittore suo contemporaneo, autore della “vita di Michelangelo”. Interpretato dall’attore Ivano Marescotti, il Vasari snoda gli eventi che caratterizzano la carriera e le vicende private del sommo scultore, che si intrecciano con i ricordi dello stesso, uomo schivo, geloso dei propri sentimenti, tormentato dalla brama di esprimersi attraverso la sua arte, che con coraggio e passione combatte per affermare le proprie convinzioni. Ambientato nel suo habitat naturale, le cave di Carrara, la storia si avvale degli ultimi ritrovati della tecnica, girato in ultra definizione 4K HDR, così le opere di Michelangelo acquisiscono un rilievo sorprendente, dando allo spettatore una chiave d’accesso inconsueta. Enrico Lo Verso, che da corpo e voce all’artista fiorentino, riesce a calarsi totalmente nel personaggio, dando spessore all’interpretazione, al “tormento e l’estasi” (parafrasando l’indimenticabile film del 1965, con Charlton Heston, magnifico Michelangelo e Rex Harrison, battagliero Giulio II) che dialogano tra loro, dando ai posteri i più grandi, imponenti e meravigliosi capolavori della storia dell’Arte.

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Teatrosophia: La Prima Stagione

teatro

di Rossana Gabrieli

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el cuore di Roma, a pochi passi da Piazza Navona e Castel Sant’Angelo, Teatrosophia spalanca il sipario sulla sua prima stagione. Spettacoli, reading, concerti e mostre sono le protagoniste del primo cartellone del Teatro diretto da Guido Lomoro. Perché di teatro non ce n’è mai abbastanza. Se la location del nuovo teatro risulta straordinaria, anche il programma che dà vita a questa prima stagione non è da meno. Si parte con “La Cena”, il testo di Giuseppe Manfridi che dal 20 settembre al 7 ottobre vede in scena, diretti da Walter Manfrè, Andrea Tidona, Chiara Condrò, Stefano Skalkotos, Cristiano Marzio Penna. Una sontuosa tavola apparecchiata per trenta persone (27 spettatori e 3 attori). L’annullamento della distanza tra pubblico e spettatore in un’opera carica di tensione drammatica e di ironia. Dal 12 a 14 ottobre, tratto dal format americano “Too Much Light Makes The Baby Go Blind (30 Plays in 60 Minutes)” di Greg Allen arriva in Italia grazie alla Compagnia Vox Animi. Gioele Barone, Valentina Guaetta, Paola Moscelli, Lodovico Zago sono in scena 60 minuti e 30 storie da raccontare! Un format diretto, sarcastico, amaro, irriverente che racconta in una successione casuale i meccanismi più profondi dell’esistenza umana. Susanna Cantelmo dirige “Gli occhi delle donne” dal 19 al 21

Africa e Cina a Roma

ottobre. Sul palco, a dare vita a questo spettacolo che mescola improvvisazione e musica ci saranno la stessa regista e Cristiana De Maio Deborah Fedrigucci, Cristina Longo, Federica Mercuri, Cinzia Zadro. La paura di vivere per come si è. La società che impone i canoni non accetta gli errori e così le donne si trovano in gabbie di carne senza riuscire a trovarne la chiave d‘uscita. E’ questo il senso dello spettacolo in scena dal 26 al 28 ottobre con “La Gabbia di Carne” da un’idea di Valentina Ghetti, anche attrice dello spettacolo e Luca Gaeta che ne firma il testo e ne cura la regia. L’arte invade Teatrosophia e dall’8 all’11 novembre Antonello Risati espone le sue opere in una mostra di pittura dal titolo “Women Elegante energia” e una mostra di scenografia dal titolo “Periaktos, la bellezza dell’effimero”. Dopo aver vinto il premio come Miglior Attore al Roma Fringe Festival del 2014, Silvio Barbiero torna nella Capitale con “Groppi d’Amore nella Scuraglia”. Il testo di Tiziano Scarpa che ha emozionato centinaia di spettatori in diversi anni di replica sarà a Teatrosophia dal 15 al 18 novembre. Una storia d’amore, di redenzione e rinascita attraverso una lingua inventata che accomuna tutte le zone d’Italia. Il resto è da scoprire su www.teatrosophia.com

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La Roma insolita

di Nicola Fasciano

La Cina, il paese più popoloso al mondo, è diventata il primo partner commerciale dell’Africa, il continente che si prevede svolgerà nell’imminente futuro un rilevante ruolo chiave sul palcoscenico mondiale. E si è svolto a Pechino proprio nei primi giorni di settembre, un’importante summit con più di 60 tra i principali rappresentanti dei paesi africani e i dirigenti cinesi, presidente Xi Jinping in testa, nel quale sono stati annunciati altri 60 miliardi di dollari di investimenti. In sostanza, la Cina si è impegnata a continuare a finanziare quella che ha definito la nuova via della seta, ovvero un piano, nato nel 2013, per costruire infrastrutture di trasporto e logistica e far rinascere la via della seta, che, quella originale, era una rete commerciale avviata nel secondo secolo dC dalla dinastia Han per collegare l’impero cinese con l’impero romano. Prendendo spunto da questo interessante evento che influenzerà non solo la scena africana, ci siamo chiesti quali fossero a Roma i luoghi che custodissero memorie artistiche e storiche cinesi e africane. Ovvero, oltre alle varie mostre periodicamente accolte nel vari grandi musei romani, quali sono le collezioni permanentemente ospitate nelle diverse istituzioni culturali romane? Come sappiamo l’Italia nello scorso secolo, ha avuto in Africa interessi coloniali che, quindi, non potevano essere trascurati anche dalle istituzioni museali. Realizzato nel 1923 come Museo coloniale nato proprio per far “conoscere la produzione annuale delle nostre colonie e della Tripolitania, della Cirenaica, dell’Eritrea e della Somalia” e gestito dal Ministero dell’Africa

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Italiana, nel 1935 fu trasferito nella sede nota come Museo africano. Chiuso dopo l’8 settembre 1943 e riaperto nel 1947, fu affidato all’Istituto italo-africano e dal 1995 all’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente. Il museo è stato chiuso nel dicembre 2011, e le collezioni sono state acquisite dal Museo nazionale preistorico etnografico Luigi Pigorini che, infine, è convogliato nel Museo delle Civiltà, il cui allestimento definitivo è in fase di completamento. A differenza dalla bella Parma, che può annoverare tra le sue istituzioni museali proprio un Museo d’Arte Cinese, la presenza dell’arte cinese a Roma risulta essere sìcuramente intensa, ma piuttosto decentrata sul territorio. Lo stesso nuovo Museo delle Civiltà è, probabilmente, l’istituzione che concentra nei suoi padiglioni (in particolare quelli provenienti dal Museo nazionale di arte Orientale Giuseppe Tucci, anch’esso confluito nel nuovo museo) le maggiori opere d’arte cinesi stabilmente esposte a Roma. Tra le varie mostre di opere cinesi ospitate periodicamente nella Capitale, ad esempio, possiamo ricordare le 40 opere delle collezioni statali cinesi esposte in Vaticano, proprio nello spazio “Anima Mundi”. “Anima Mundi: human, nature and harmony”, è il titolo della mostra in Vaticano, e “La bellezza ci unisce: il viaggio nella meravigliosa armonia tra il popolo cinese e i Musei Vaticani”, quella in Cina. Ovvero un primo scambio di mostre tra i Vaticano e la Cina da intende come un alto esercizio di diplomazia dell’arte.


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Aprilia

“Tango Pasion”, Cristian Alderete, Francesco Del Frà “Tango Mood” , Andrea Dedò, Monica Di Pietro Antonio De Waure Spazio 47, 13 ottobre ore 18.00

Anzio

Film d’arte: “Salvator Dalì”, 24-25-26 settembre “Klimt e Schiele”, 22-23-24 ottobre “Ninfee di Monet” 26-27-28 novembre “Bansky” 11-12 dicembre Cinema Astoria

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Roma

“Raffaele de Vico (1881-1969) architetto e paesaggista” Museo di Roma, fino al 30 settembre “Roma città moderna. Da Nathan al sessantotto” (articolo a pagg. 6-7) GALLERIA D’ARTE Moderna, fino al 28 ottobre “Eco e Narciso” Palazzo Barberini e MAXXI, fino al 28 ottobre “Egizi, Etruschi. Da Eugene Berman allo Scarabeo dorato” Centrale Montemartini, fino all 31 ottobre “Joaquin Roca Rey. Le forme del mito” Museo Carlo Bilotti, ingresso gratuito, fino al 4 novembre “Duilio Cambellotti. Mito, sogno e realtà” Musei di Villa Torlonia, Casino dei Principi, Casino Nobile, fino all’11 novembre “I confini dell’Impero romano. Il Limes Danubiano. Da Traiano a Marco Aurelio.” Mercati Traianei, fino al 18 novembre “I papi dei concili dell’era moderna. Arte, storia, religiosità e cultura.” Musei Capitolini Campidoglio, fino al 9 dicembre “Pixar. 30 anni di animazioni” Palazzo delle Esposizioni, dal 9 ottobre al 20 gennaio 2019 “Dream. l’arte dei sogni” Chiostro del Bramante, dal 29 settembre al 5 marzo 2019

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Asolo

“Guglielmo Talamini, 1918-2018” Museo civico, fino al 14 ottobre

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Colle Val d’Elsa

“Savia non fui. Dante e Sapia” Museo san Pietro, fino al 28 ottobre

Firenze

“Conviti e banchetti” Museo Stibbert, fino al 6 gennaio 2019 “L’Italia a Hollywood” Museo Salvatore Ferragamo, fino al 10 marzo 2019

Gualdo Tadino

“Luciano Ventrone. Meraviglia ed Estasi” (art. a pag. 8-9) Chiesa Monumentale di San Francesco, fino al 28 ottobre

Perugia

“Da Raffaello a Canova, da Valadier a Balla” Palazzo Lippi e Palazzo Baldeschi, fino al 30 settembre

San Lazzaro di Savena

“Universo futurista” Fondazione Massimo e Sonia Cirulli, fino al 18 novembre

Sassuolo

“Galileo Chini” Museo Bertozzi e Casoni, fino al 14 ottobre

Trevi

“Capolavori del trecento” Museo di S. Francesco e altre sedi, fino al 4 novembre

Venezia

Bressanone

“Magister Canova” Scuola Grande della Misericordia, fino al 22 novembre “I gioielli di Igor Mitoraj: the Art of Wearing Art” Galleria d’Arte Contini, San Marco, fino al 15 dicembre “Dancing with Myself” Punta della Dogana, fino al 18 dicembre

Carrara

“Oscar Ghiglia. Classico e moderno” Centro Matteucci, fino al 4 novembre

“Il trionfo del Barocco. Pittura dal 1600 al 1800” Hofburg di Bressanone, fino al 31 ottobre

“Colori e forme del lavoro” Palazzo Cucchiari, fino al 21 ottobre

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Viareggio

Eventi


Leader studentesco francese Daniel Cohn Bendt

“Ethernal City�

Complesso del Vittoriano, fino al 28 ottobre 16


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