Occhio all'Arte, Ottobre 2019 web

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A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno XIII N° 128 ottobre 2019

Mensile d’informazione d’arte

www.artemediterranea.org

n Mitopoiesi “Icaro”, Kossuth

Arte Mediterranea: n colori alla ASL

nViaggio nella moda cinese

nCinema: Psicomagia


Per sponsorizzare “Occhio all’Arte”

Telefona al 347.1748542

Associazione ARTE MEDITERRANEA Aprilia - PROGRAMMA CORSI 2018-2019 CORSO INTARSIO SU LEGNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 18,00 - 20,00 CORSO DISEGNO PER BAMBINI LUNEDI’ - MERCOLEDI’ - VENERDI’ 18,30 - 20,00

CORSO DISEGNO 1° ANNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 9,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO AVANZATO LUNEDI’ MERCOLEDI’ 18,00 - 20,00 CORSO OLIO LUNEDI’ - VENERDI’ 18,00 - 20,00 20,00 - 22,00 MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00

CORSO DI FOTOGRAFIA ORGANIZZATO DA ASS.FOCUSFOTO MARTEDI’- MERCOLEDI’ GIOVEDI’ - VENERDI’ 20,30 - 22,30

Collaboratori Patrizia Vaccaro, Laura Siconolfi, Maurizio Montuschi, Valerio Lucantonio, Nicola Fasciano, Giuseppe Chitarrini Francesca Senna Responsabile Marketing Cristina Simoncini

Fondatori Antonio De Waure, Maria Chiara Lorenti Cristina Simoncini

Composizione e Desktop Publishing Giuseppe Di Pasquale

Amministratore Antonio De Waure

Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’editore

Direttore responsabile Rossana Gabrieli Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti

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CORSO DI ANATOMIA PER ARTISTI Ins. Antonio De Waure CORSO DI PROSPETTIVA Ins. Giuseppe Di Pasquale

CORSO DI DISEGNO - FUMETTO SCENEGGIATURA ORGANIZZATO DA SCHOOL COMIX APRILIA SABATO 10,30 - 18,45

Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Mensile culturale edito dalla Associazione Arte Mediterranea Via Muzio Clementi, 49 Aprilia Tel.347/1748542 occhioallarte@artemediterranea.org www.artemediterranea.org Aut. del Tribunale di Latina N.1056/06, del 13/02/2007

CORSI IN ORARIO DA DEFINIRE

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Sommario

COLORI ALLA ASL Viaggio nella moda cinese Yulia Brodskaya “Mitopoiesi” Teatro che passione! Psicomagia Al via il RIFF: Rome Indipendent Film Festival Chi ha ucciso Palomino Molero? di Mario Vargas Llosa sul filo di china


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Arte Mediterranea

COLORI ALLA ASL

L’Arte Mediterranea a servizio della comunità di Antonio De Waure

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a nostra Associazione non si prefigge solo lo scopo di dare alla città di Aprilia e dintorni la possibilità, per tutti, di frequentare dei Corsi di pittura e disegno, ma di cercare di avvicinare la cultura del bello a tutti i cittadini. Andando noi da loro e cercando di rendere il colore essenza stessa della bellezza. Senza fermarsi solo a questo, ma entrando nelle scuole per portare quel poco di esperienza acquisita in questi anni alle nuove generazioni. Esaltando la bellezza dell’arte e facendo capire quanto sia importante.

Questo, secondo me, sarà sempre la strada maestra per quello che facciamo. Seguendo questo concetto fondamentale, nasce il progetto, in collaborazione con la ASL di Aprilia, di decorare la loro sede. Grazie alla sensibilita’ del Coordinatore del Tribunale per i malati Claudio Frollano, all’artista Franca Zaccarin e all’avallo del responsabile Dott. Rossi si e’ potuto iniziare l’abbellimento delle pareti del Consultorio. Già la prima stesura dei colori, con il progetto cartaceo, ha suscitato grande entusiasmo e voglia di osservare! E questo mi ha reso felice, perchè il nostro scopo sembrava realizzarsi. Quindi voglio ringraziare tutti gli artisti dell’Arte Mediterranea, che, in modo sensibile e facendo proprio il progetto, hanno lavorato alacremente con grande impegno, per dare alla città di Aprilia la possibilità di rendere questi luoghi più piacevoli e confortevoli, ma soprattutto abbellendo con l’arte tutto l’ambiente. Pertanto grazie agli artisti Antonella Stecca,Orietta Giorlandino, Claudia Grigatti, Giovanna Cappellano e Ekaterina Tchakarova, tutto ciò è stato possibile. 3


Viaggio nella moda cinese

Dalla Beijing Foreign Studies University di Chiara Zhang

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internazionali: ben 19 marche hanno partecipato nel New York Fashion Week col nome di “CHINA DAY”. A Milano, la famosa piattaforma e-commerce Alibaba ha tenuto una serie di show denominati “CHINA COOL”, per presentare il design originario cinese attraverso una visione internazionale e ambiziosa. Gli elementi utilizzati per determinare la propria moda sono stati diversi, a cominciare dai caratteri cinesi, la cui bellezza è incontestabile:

he cosa è la moda cinese? Come industria, appena nata in Cina, non ha una storia lunga e splendida come quella della moda europea, ma comunque presenta uno stile particolare e vivace che non si può non notare, sebbene in via di sviluppo. La moda italiana e il made-in-Italy sono apprezzati da tutto il mondo, ma in Italia non si parla quasi mai della moda cinese. Certo, rispetto a quella italiana, la moda cinese moderna è piuttosto agli esordi, ma gradualmente i designer cinesi hanno presentato i loro modelli anche alle fashion week come NYFW si va da singoli simboli ad intere citazioni di alla settimana della moda a Milano. opere famose o anche di nomi di prodotti, quali “青岛啤酒 birra di Tsingtao”, una delle più famose birre in Cina, come dire che la moda non è una cosa impalpabile, ma invece è legata proprio alla vita quotidiana. I vestiti ispirato allo sportswear degli atleti cinesi sono anche molto innovativi, a partire dalla sigla CHN (l’abbreviazione della Cina) che rappresenta non solo lo spirito Non c’è dubbio che il design cinese abbia sportivo, ma anche il design cinese e la sua caratteri molto particolari e autentici, che non particolare personalità. sempre sono stati notati dagli stilisti stranieri. Anche i disegni sono usati molto nel campo Oggigiorno molti di loro cercano di usare della moda: quello del dragone è una delle più elementi e motivi cinesi, sebbene con risultati celebri immagini nella cultura cinese, perché a volte eccentrici, proprio per una scarsa conoscenza della cultura cinese. Oggigiorno, la moda gioca un ruolo importante nel vasto panorama dell’arte moderna cinese, perché attraverso essa si esprime il modo di vivere e l’atteggiamento verso la vita. Anche nel 2019 la moda cinese continua a cercare di affermare la propria posizione sugli stage 4


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dalla Cina con...

Edison Chen ha portato “tangzhuang (vestito di Tang)”al runway; il rapper cinese Kris Wu è anche un “big fan” di questo tipo di vestito tradizionale. La versione moderna è molto innovativa e comoda, adatta a tutti quanti, non importa l’età. Ci sono anche dei design molto interessanti che riflettono la vita degli studenti della scuola media o del liceo, che seguono in Cina regole specifiche: gli stilisti LINING e PEACEBIRD hanno nel passato, quando la Cina era ancora uno usato il modello delle uniformi degli studenti stato governato da un sovrano, era il simbolo cinesi, perché sono un segno di “gioventù” che del re, e il vestito giallo col dragone era quello che portava ogni giorno, quindi nessun altro doveva portarlo. La stilista ANGLE CHEN è tra le firme che si sono ispirate alle immagini tradizionali cinesi, come i decori sui vasi tradizionali. Il Ming-Vaso gonna di Roberto Cavalli è un’opera meravigliosa che dimostra una buona comprensione della cultura cinese. La Cina, come l’Italia, è un paese con una lunga e ricca storia; ogni dinastia ha a tutti piace. il proprio tipo di moda, che ispira gli stilisti, Il mondo ormai è un villaggio globale ed anche la moda lo è. Quindi la comunicazione è sempre cruciale. È normale che la moda cinese abbia accettato l’impatto della moda occidentale che è già molto sviluppata e matura, ma ormai si è ben aperta la strada per un proprio posto di riguardo nel panorama fashion mondiale. come nel caso dei soprabiti che si rifanno alla dinastia Tang. C’è un altro tipo di abbigliamento femminile tradizionale: il “qipao”, utilizzato nel cinema cinese. Adesso, questo tipo di vestito ha un forte impatto sulla moda, perché mette in evidenza la loro femminilità. Anche gli abiti tradizionali per gli uomini sono stati molto apprezzati: la marca CLOT del famoso attore cinese 5


Yulia Brodskaya Dipingere con la carta di Cristina Simoncini

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“Seeing�, Yulia Brodskaya


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bbiamo presentato altre volte su “Occhio all’Arte” le opere incentrate sulla carta di Yulia Brodskaya e l’artista, con sede nel Regno Unito, continua ad affinare la sua arte con ritratti sempre più grandi. Tre di quelli più recenti, “Seeing”, “Seeshall” e “Pull to the Light”, presentano busti di soggetti femminili in scala maggiore rispetto alla realtà, in una gamma di abiti tradizionali. Ogni figura sembra focalizzata su un punto in lontananza, in connessione con i titoli a tema visivo di Brodskaya. La tecnica caratteristica di Brodskaya di “dipingere con la carta” è un’interpretazione contemporanea del “quilling”, in cui l’artista piega, secondo varie fogge, lineari, a spirale, ecc., strisce di carta colorata. Invece di riempire densamente l’intera superficie con le strisce di carta manipolate, Brodskaya incorpora anche campi piatti di colore sotto e tra ciascun elemento strutturale. Questa tecnica in due parti consente all’occhio dello spettatore di cogliere forme e ombre drammatiche. Dopo aver sviluppato ed evoluto questa tecnica negli ultimi dodici anni, Brodskaya ha compiuto un profondo salto nel suo processo creativo nel libro “Dipingere con la carta”. In una intervista Yulia chiarisce che il suo libro

curiosArt

non è una raccolta di progetti fai-da-te. “È uno spaccato del mio processo creativo con consigli pratici su come lavorare con i miei metodi in vari modi. Scoprirete come lavorare con i colori, l’importanza di testare le composizioni, da quale parte dell’immagine iniziare e quando considerarla completa. Spero che troverete il libro di ispirazione e pieno di idee pratiche per artisti e appassionati di arte della carta che vogliono far progredire il loro pensiero creativo o semplicemente ottenere una migliore comprensione e scoprire ispirazioni dietro le mie opere di carta.” Puoi acquistare una copia di “Pittura con carta”, su Amazon, guardare altri lavori multidimensionali dell’artista su Instagram (www.instagram.com/yulia_ brodskaya_artyulia/?hl=en) e dare un’occhiata dietro le quinte nei suoi video time-lapse su YouTube (www. youtube.com/user/yuliabj8at/videos). Fonti: https://www.thisiscolossal.com/

“Pull to the Light”, Yulia Brodskaya “Seeshall”, Yulia Brodskaya

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“Mitopoiesi”

La musica nell’arte di Kossuth di Maria Chiara Lorenti

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’era una volta un musicista che suonava come primo violino alla Scala a Milano. Non soddisfatto, studiò e divenne direttore d’orchestra, sempre nello stesso prestigioso teatro. Ma, dopo qualche anno, ancora non appagato dalla sua luminosa carriera, abbandonò tutto. Tornò a studiare, stavolta all’Accademia di Brera, e, dopo qualche mese, si dedicò alla sua vera passione: la scultura. Da ciò si denota la forte personalità di un uomo che non si accontenta dei successi ottenuti con lo studio e il duro lavoro, ma che si mette ulteriormente in gioco e rischia tutto per perseguire il suo scopo, ovvero votarsi, con umiltà e dedizione, alla produzione della sua arte. Wolfgang Alexander Kossuth, tedesco di nascita, italiano di adozione, da anni rifugiatosi a Città della Pieve, ha lasciato alla sua morte, una decina di anni fa, una ricca collezione di opere, soprattutto figurative, che sua moglie, ogni anno, espone in una galleria suggestiva, lo Spazio Kossuth. Ricavato nelle rimesse dell’antico Palazzo Vescovile, sito nel corso principale della città, a pochi passi dall’oratorio che ospita l’affresco del Perugino, l’Adorazione dei Magi, lo Spazio è un luogo di indubbio fascino, che ben si presta ad essere adibito come contenitore espositivo. Nato come omaggio al maestro, voluto dall’Associazione Ankamò, in collaborazione con il Comune di Città della Pieve e l’Arcidiocesi di Perugia, le sue sculture saranno il motivo conduttore di ogni mostra, a cui si affiancheranno opere di altri artisti contemporanei, inerenti al tema scelto. “Mitopoiesi” è il titolo della mostra di quest’anno, che si concluderà il 15 marzo 2020. Incentrata e ispirata alle narrazioni mitologiche elleniche, le figure eburnee, scolpite in gesso, a volte, o in resina, volteggiano leggere, accennando passi di danza. Ecco il vero trat d’union tra le sue sculture è l’amore per la musica, per il ballo, per il teatro. Così un satiro s’inchina sfiorando con un bacio la mano diafana di una ninfa che, inebriata, si abbandona, con passi leggiadri, ad una melodia segreta, intima, che solo

in mostra

lei percepisce. Nella seconda sala, un bronzeo Icaro, già scottato dagli strali roventi del sole, precipita rovinosamente verso la morte. Sul muro opposto, una aerodinamica polena si libra nell’aria, i capelli scolpiti nel vento, si protende in avanti senza sforzo apparente, i muscoli evidenziati dal movimento, sembra volare senza peso, o meglio fendere l’acqua con la sua coda da cetaceo. Eppoi, c’è Priapo, dio della virilità, che con i lineamenti del volto stravolti da un intimo piacere, si protende sorreggendosi l’abnorme membro. Mentre Apollo, nella penombra rischiarata dalla fredda luce di una finestrella, abbranca violento una terrorizzata Dafne, che, per sfuggirgli, prega, fuggendo, di trasformarsi, mentre già i suoi piedi si radicano nel terreno, e le sue dita si allungano riempendosi di foglie. Tra tante opere, una monumentale, ci accompagna all’uscita. Venere sorge dalle acque, più simile ad un’etoile che, arcuandosi all’inverosimile, si esibisce su un palco virtuale, tesa in un esercizio di magistrale equilibrio, con movimenti eleganti e pieni di grazia. Lasciando la mostra, una musica non udita ci risuona nelle orecchie, persistendo, delicata, mentre si ritorna in strada.

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Teatro che passione!

A porte chiuse di Jean Paul Sartre di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi

<L’enfer, c’est les autres, l’inferno sono gli altri>, la famosa asserzione del filosofo francese Jean Paul Sartre, da cui scaturisce il suo dramma <A porte chiuse>, scritto nel 1944 e, da allora, rappresentato in ogni tempo e in ogni luogo! A parte una fugace apparizione di un valletto, tre sono i personaggi costretti a convivere per l’eternità in una stanza disadorna: un divano, poche sedie, un orologio <fermo>, non una finestra né uno specchio, nessun secondino o tortura. Assolutamente niente che possa far pensare all’Inferno! C’è solo la presenza degli altri, della propria coscienza e, nei primi tempi, la possibilità di vedere come i parenti e i conoscenti ancora vivi, reagiscono alla loro morte. Garcin, Estelle e Inés sono tre criminali costretti a rinvangare il passato e ad essere condannati dal giudizio degli altri due, per l’eternità. Frequentando una scuola di teatro, di tutto rispetto, ho partecipato alla rappresentazione, nel ruolo di Inés, di questo dramma famoso quanto inquietante. L’impegno è stato notevole, è durato mesi e i momenti di crisi sono stati molti, per me e per gli altri attori. Come dare vita ad un personaggio con il quale non avevo proprio nulla in comune? La regista ci suggerì di creare un nostro personaggio, riscriverne l’esistenza, dalla nascita. Scrissi e fui salva. Inés Serrano

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Ines Serrano Sono nata in Spagna, in una località abbastanza vicina a Madrid, ma lontanissima dalla vivacità culturale e dall’ondata di modernismo che, all’epoca, avevano pervaso la capitale. Il mio paese era lì, da secoli, sempre uguale a se stesso, quasi mummificato, perennemente angariato da una natura ostile, in un eterno duello con i rigori dell’inverno o le soffocanti calure estive. La mia era una delle tante famiglie numerose, patriarcali, inamovibili, la cui esistenza era scandita da rapporti e consuetudini ancestrali, ritualità e sudditanza. Nulla era lasciato al caso, alla fantasia, all’individuo. Tutto era già stato scritto. Della mia infanzia non ho dei ricordi precisi; non affiorano alla mia mente episodi lineari, ma solo volti, gesti, voci, emozioni molto contrastanti e simultanee. Ricordo, invece con chiarezza, la mia vita da adolescente, quando, per motivi di studio, tutti i giorni, mi spostavo in una cittadina dove potevo seguire il corso di studi più adatto a me, secondo la mia famiglia. Nei primi tempi, confusione e insicurezza m’impedivano ogni tipo di apertura verso gli altri. Non sapevo comunicare i miei pensieri, non lo avevo mai fatto. Sarebbe stato normale che lo avessi fatto con mia madre, le mie zie, nonne, sorelle, cugine, ma le cose non erano andate così. Eravamo tante, stavamo sempre insieme, sempre indaffarate, a volte ci abbracciavamo, ridevamo o piangevamo … ma nessuna aveva mai provato ad aprirsi all’altra; tante donne, tante sofferenze gelosamente celate nella parte più profonda e impenetrabile dell’anima. E gli uomini? Tanti anche loro, ma praticamente assenti; lavoravano sempre o comunque non erano in casa, né di giorno né, a volte, di notte. Le rare volte che li incrociavo, mi sentivo trasparente; poi mi sono resa conto dell’assurdità di una situazione che allora mi sembrava normale, la divisione dei due mondi, quello maschile e quello femminile; i momenti d’intimità, di cui mi ero resa conto, non mi trasmettevano


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Teatro

ripeteva continuamente Carmen. Doveva fuggire da un uomo assente come padre, fonte d’infinite sofferenze ed umiliazioni come marito, da una donna completamente succube, la madre, incapace di qualsiasi tipo di ribellione. Mi raccontava dei tradimenti continui e sfacciati anche del marito della zia, di una cugina, delle amiche della madre; tra tutte le donne di cui mi parlò, solo una si era vendicata, in maniera così palese, però, da averne più danni che consolazioni. Gli uomini, quindi, più crescevo più li disprezzavo. Ciò nonostante, all’età di quindici anni m’innamorai pazzamente di un ragazzo di qualche anno più grande di me, Carlos, dolce e suadente nella voce e nel corpo; anche lui amò con delicatezza e pudore, ma non solo me … non fossi mai entrata in quel bar … non lo avessi mai visto mano nella mano con Agnese, la mia compagna di banco! Sentii nell’immediato un irrefrenabile desiderio di vendicarmi, ma come? Decisi di incominciare a corteggiare Agnese che, senza alcuna remora, nell’immediato, se ne mostrò lusingata. Andavo a spasso con lei sicura che prima o poi avrei incontrato Carlos; quando ciò avvenne, la abbracciai e baciai con passione, osservando la reazione del mio primo amore: disgusto, umiliazione, rabbia, dolore gli avevano quasi deformato i lineamenti. Da quel momento in poi non fui più capace di amare nessuno e l’odio verso gli uomini mi spingeva a minare i rapporti di coppia, seducendo e soggiogando le donne, verso le quali non provavo una vera attrazione sessuale, ma che consideravo semplicemente un mezzo. Solo una volta, l’età, la purezza e la profondità dei loro sentimenti, m’intenerirono a tal punto che fuggii pur di non fare del male a una giovane coppia. Ma nei riguardi di mio cugino no, nessun’attenuante, nessuna pietà né per lui né per la sua stirpe, che poi era anche la mia. Si è ucciso, meglio così, volevo rovinargli la vita anche a costo di andare all’Inferno! Ebbene ci sono, ma Fiorenza è stata al mio gioco come una pupattola! Ora sono all’Inferno e pagherò per l’eternità. emozioni, bensì repulsioni. La mia vita, come stavo dicendo, cambiò quando varcai la soglia della mia casa e del mio paese. Le compagne di classe erano socievoli, aperte, parlavano, parlavano, parlavano tanto, senza remore né inibizioni, dei rapporti con i familiari, degli amici, degli amori, raramente della scuola. Per un lungo periodo, ascoltai in silenzio, ripensando in solitudine ad alcune confidenze in particolare, cercando di dipanare il groviglio che avevo nella testa. Tra le compagne di classe ce n’era una, Carmen, che con la sua matura accettazione della realtà, mi aiutò particolarmente, a mettere ordine nel mio mondo emotivo e razionale; attraverso le sue confidenze riuscivo a darmi delle spiegazioni sulle dinamiche familiari in genere, ma incominciavo a soffrire e a biasimare, forse a odiare profondamente. La sua era una famiglia dalla quale doveva allontanarsi il prima possibile, mi 11


Psicomagia

Un’arte per guarire di Valerio Lucantonio

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lejandro Jodorowsky ha guadagnato lo status di icona negli anni ’70 con film cult come “El Topo” e “La montagna sacra”, intrisi di misticismo e simbolismi che affondano le radici nell’immaginario delle tradizioni rituali sudamericane e nella scuola surrealista. In tutta la sua vita si è cimentato nelle più diverse forme espressive (poesia, teatro, fumetti), ma ha anche perseguito una costante opera di comunicazione e ascolto del prossimo tramite la lettura dei tarocchi e una particolare forma di terapia, da lui battezzata “psicomagia”. È proprio questo il titolo del film conclusivo di una trilogia che può essere considerata autobiografica, seppur intrisa di elementi e stilemi provenienti dalla corrente del realismo magico, che il poliedrico artista ha realizzato tra gli ottanta e i novant’anni d’età dopo una pausa cinematografica di oltre due decenni. Questo trittico ripercorre la progressione del suo libro “La danza de la realidad”: il primo film, che reca lo stesso titolo dell’opera letteraria, racconta l’infanzia di Jodorowsky nel Cile degli anni ’30; il secondo, “Poesìa sin fin”, tratta invece della sua adolescenza e del raggiungimento 12

della maturità artistica. Entrambe le pellicole sono inequivocabilmente riconducibili non solo al cinema di finzione, ma soprattutto al già citato realismo magico che ha avuto proprio nel protagonista/regista uno dei suoi maggiori esponenti nell’ambito della settima arte. Se nei film del secolo scorso Jodorowsky ha sempre messo in scena un mondo alternativo, alieno e surreale, nelle opere del 2013 e del 2016 l’oggetto del discorso è invece il rapporto tra la realtà e la potenza dell’immaginazione e dell’atto creativo in essa generati. Ebbene, con “Psicomagia – Un’arte per guarire” si ha un’ulteriore riformulazione della dialettica tra i due piani della percezione, tramite la forma, quella del documentario, e il contenuto, cioè la pratica che Jodorowsky come l’opposto del surrealismo – un modo per insegnare alla coscienza a parlare e agire secondo il linguaggio dell’inconscio, del sogno – o come una terapia simile alla psicoanalisi, che però predilige l’azione rispetto alla parola. La procedura segue di solito due fasi: il “paziente” espone a Jodorowsky i suoi problemi e riflette sui propri traumi, dando al guaritore una serie di informazioni


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che verranno usate per la prescrizione di una o più azioni da eseguire. Ogni soggetto riceve indicazioni diverse in base al proprio trascorso e al rapporto con il problema, e viene guidato nell’attuazione di gesti simbolici che a un occhio esterno possono sembrare delle performance artistiche o dei momenti di pura follia panica. Il documentario alterna estratti da dichiarazioni pubbliche di Jodorowsky, scene dei suoi film riconducibili a queste pratiche e una successione di casi variegati: dal giovane che martella delle zucche con sopra le foto dei familiari verso i quali prova frustrazione, alla coppia in crisi a cui viene fatta rivivere l’esperienza della nascita per superare un’infanzia insoddisfacente, fino al balbuziente che scopre una maggiore confidenza simulando un nuovo passaggio all’età adulta e camminando per strada completamente coperto da una pittura dorata, tutti i soggetti sottoposti alla terapia psicomagica trovano nuova serenità grazie a un misto di suggestione e regressione a uno stato di libertà istintiva, quasi animalesca. Il regista imposta la rappresentazione lasciando spazio ai pazienti, che raccontano in primo piano il proprio disagio e poi vengono seguiti dalla macchina da presa nell’esecuzione dei gesti simbolici, mentre Jodorowsky rimane il più

cinema

possibile fuori campo. Lo stile sobrio e asciutto compensa il tono del documentario, che si inserisce a metà tra il genere dimostrativo (che solleva inevitabilmente dubbi sulla spontaneità e sull’efficacia dei rituali) e quello performativo, la cui dimensione di coinvolgimento ed esplicitazione dell’intervento dell’autore sono rafforzate e raddoppiate dal tema del film, la capacità di intervento sulla realtà tramite atti teatrali e allegorici. L’operazione dimostrativa si accentua nel finale, in cui delle riprese di repertorio mostrano la possibilità della psicomagia di estendersi dall’individuale al sociale, fino a utilizzare un immaginario condiviso a livello nazionale per dare vita a un evento cittadino in Messico per manifestare e metabolizzare il trauma delle vittime della guerra della droga. Il documentario, come la terapia di cui tratta, può sollevare scetticismo e discredito, ma costituisce un’interessante e suggestiva prova di quanto la mente, e di conseguenza l’atto creativo, possano sprigionare una forza tale da influenzare la vita di chiunque sia disposto ad aprirsi di fronte a nuovi comportamenti e prospettive. 13


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Al via il RIFF: Rome Indipendent Film Festival

cinema

di Rossana Gabrieli

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iunge alla sua diciottesima edizione il Rome Indipendent Film Festival, il festival della cinematografia indipendente che annualmente ospita film, sia lunghi che cortometraggi, da ogni parte del mondo e che, negli anni, ha saputo coniugare sapientemente qualità ed originalità. Ma non solamente film in sala: anche masterclass, stage ed eventi. Dal 15 al 21 novembre, durante l’intera giornata, si potrà

assistere ai diversi spettacoli al Nuovo Cinema Aquila di Roma. Tra gli ospiti di quest’anno: Mo Scarpelli, Marco Kuveiller, Luigi Di Gianni, Fabrizio Marcheselli, Raffaele Manco, Nino Tropiano, Lorenzo De Nicola, Perino & Ilaria Ciavattini - tra gli italiani- e Liran Shitrit (Israel), Ali Mohammed Saeed (Iraq), Léopold Kraus (France), Anaïs Debus (Belgio), Mathilde Hirsch (France), Nada Riyadh (Egypt, Germany) e Robb Rokk (USA) - tra gli stranieri.

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occhio al libro

Chi ha ucciso Palomino Molero? di Mario Vargas Llosa di Francesca Senna

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ario Vargas Llosa attraverso una brillante e divertente scrittura, come solo i grandi autori sudamericani sanno fare, ci regala uno dei più interessanti gialli degli anni ’80. In questo suo romanzo l’autore descrive mirabilmente caratteri e luoghi, odori e umori della povera provincia peruviana usando la struttura dell’indagine su un assassinio, per esaminare il lato oscuro della natura umana, della corruzione, e dei pregiudizi di classe e razza nel Perù degli anni ‘50. Nelle mani di uno scrittore attento e sensibile alle vicende del proprio Paese, quale Mario Vargas Llosa, lo sfondo giallo di questo avvincente romanzo diventa a poco a poco una ricostruzione fedele di un clima e di un’epoca, oltre ad essere una analisi impietosa della società a lui contemporanea e a seguire una universale denuncia. Senza però dimenticare la maestria dell’autore nell’inserire anche spunti umoristici, nei tratti in cui racconta del corteggiamento che il tenente Silva mette in opera nei confronti di una procace donna di zona, spunti volti ad alleggerire il testo altrimenti troppo pesante oltre che a tenere vivida l’attenzione del lettore. Il racconto inizia con la scoperta del corpo brutalmente assassinato di una giovane recluta, vicino ad una base militare nel nord del Perù; nei pressi di Talara viene infatti ritrovato un

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corpo orrendamente martoriato: la vittima è Palomino Molero, un giovanissimo aviere trovato senza vita e con i segni evidenti di atroci torture. Il tenente Silva, molto arguto e profondo, e il poliziotto Lituma, la cui figura è tratteggiata in modo magistrale durante tutto il racconto, iniziano a indagare decisi a far luce sull’omicidio. Per la maggior parte dei personaggi è un caso da archiviare senza strepito, un “incidente” senza importanza né conseguenza; è un caso come molti nel clima di incertezza politica e sociale di quegli anni, e dove il potere e la corruzione riescono a trasformare la verità in tante non-verità diverse che si rinviano l’un l’altra come in un allucinante gioco di specchi. Nello svolgersi degli eventi, nel susseguirsi del ritmo emotivamente coinvolgente del racconto, l’autore fa sfoggio della sua abilità nel coinvolgere il lettore raccontando la storia sin nei minimi dettagli, ma senza mai esporsi in prima persona, lasciando a noi l’arduo compito di trarne la morale che maggiormente riteniamo idonea alla situazione. Come i grandi autori sudamericani, Mario Vargas Llosa riesce nelle sue opere a trasportare la concreta e a volte cruda realtà a lui contemporanea in un flusso narrativo fantastico, altamente coinvolgente per il lettore.


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Aprilia

“Ventuno donne” di Paolo Scafeti Sala Manzù, dal 9 al 17 novembre Mostra personale di Claudio Cottiga Sala Manzù, dal 29 novembre all’8 dicembre

Roma

“Claudio Imperatore. Messalina. Agrippina e le ombre di una dinastia” Museo dell’Ara Pacis, fino al 27 ottobre “Le macchine di Leonardo da Vinci” Istituto Portoghese di sant’Antonio, fino al 30 ottobre “Luca Signorelli e Roma. Oblio e riscoperte” Musei Capitolini, fino al 3 novembre “Antico Siam. Lo splendore dei regni Thai” Museo delle Civiltà, fino al 3 novembre “Kronos e Kairos” Palatino, fino al 3 novembre “Suburbs” Millepiani, fino al 5 novembre “RIFF” - Rome Indipendent Film Festival (articolo a pag. 14) Nuovo Cinema Aquila, dal 15 al 21 novembre “Dinosauri in carne e ossa” Oasi WWF di Fregene, fino al 10 novembre “Elisabetta Catalano. Tra Immagine e Performance” MAXXI, fino al 22 dicembre “L’arte prende vita alla Rinascente ” gratis Rinascente Tritone, fino al 31 dicembre “La meccanica dei mostri, da Carlo Rambaldi a Makinarium” Palazzo delle Esposizioni, dal 22 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020 “Van Gogh e Monet Experience” Ex caserma Guido Reni, fino al 6 gennaio 2020 “Pompei e Santorini. L’eternità in un giorno” Scuderie del Quirinale, fino al 6 gennaio 2020 “Sublimi anatomie” Palazzo delle Esposizioni, fino al 9 gennaio 2020 “Gianni Berengo Gardin” Casale di santa Maria Nova, fino al 12 gennaio 2020 “Bacon, Freud. La scuola di Londra” Chiostro del Bramante, fino al 23 febbraio 2020 “Impressionisti segreti” Palazzo Bonaparte, fino al 8 marzo 2020 “Canova. Eterna bellezza” Palazzo Braschi, fino al 15 marzo 2020 Frida Kahlo“il caos dentro” SET Spazio Eventi Tirso, fino al 29 marzo 2020 “The dark side, chi ha paura del buio” Musja Museo, fino al 1maggio 2020

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Città della Pieve (Pg)

“Mitopoiesi” Kossuth (articolo a pagg. 8-9) Spezio Kossuth, fino al 15 marzo 2020

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Eventi

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Ferrara

“L’arte per l’arte. Dipingere gli affetti. La pittura sacra a Ferrara tra Cinque e Settecento” Castello estense, fino al 26 dicembre

Gualdo Tadino

“La stanza segreta” Chiesa di S. Francesco, fino al 27 ottobre

Mantova

“Lo spirito delle cose” Museo di Palazzo d’Arco, fino al 30 novembre

Milano

“LaVergine delle rocce del Borghetto” Chiesa di san Michele sul Dosso, fino al 31 dicembre “Leonardo e il suo lascito:gli artisti e le tecniche” Veneranda Biblioteca ambrosiana, fino al 12 gennaio 2020 “De Chirico” Palazzo Reale, fino al 19 gennaio 2020

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Tivoli

“Eva vs Eva. La duplice valenza del femminile nell’immaginario occidentale” Villa D’Este, fino al 1 novembre

Venezia

“Emilio Isgrò” Fondazione Giorgio Cinii, fino all 24 novembre “La pelle. Luc Tuymans” Palazzo Grassi, fino al 6 gennaio 2020 “Francesco Morosini (1619-1694)” Museo Correr, fino al 6 gennaio 2020 “Peggy Guggenheim. L’ultima dogaressa” Collezione Peggy Guggenheim, Palazzo Venier da Leoni, fino al 27 gennaio 2020

n

Viareggio

“L’eterna musa. L’universo femminile tra ‘800 e ‘900” Centro Matteucci per l’arte moderna, fino al 3 novembre


Paola Agosti “cronache e leggende”

Roma, S.T. Fotolibreria Via Bartolomeo d’Alviano 2/A fino al 16 novembre 2019 16


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