Occhio all'Arte (Maggio 2018 web rev3)

Page 1

A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno XI N° 114 maggio 2018

Mensile d’informazione d’arte

www.artemediterranea.org

nTurner

Visioni oniriche Addio a Tony Wolf n Il disegnatore degli gnomi

Turner , “ il mattino dopo il diluvio” 1857

Fotografia: La storia n attraverso la potenza delle immagini

Cinema: n Loro - Sorrentino e Berlusconi


Per sponsorizzare “Occhio all’Arte”

Telefona al 347.1748542

Associazione ARTE MEDITERRANEA Aprilia - PROGRAMMA CORSI 2017-2018 CORSO DISEGNO 1° ANNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 9,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO AVANZATO LUNEDI’ MERCOLEDI’ 18,00 - 20,00 CORSO OLIO LUNEDI’ - VENERDI’ 18,00 - 20,00 20,00 - 22,00 MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00

CORSO INTARSIO SU LEGNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 18,00 - 20,00 CORSO DISEGNO PER BAMBINI LUNEDI’ - MERCOLEDI’ - VENERDI’ 18,30 - 20,00

CORSO DI DISEGNO - FUMETTO SCENEGGIATURA ORGANIZZATO DA SCHOOL COMIX APRILIA SABATO 10,30 - 18,45

CORSO DI PASTELLO GIOVEDÌ ORE 20-22 SABATO ORE 10-12 INSEGNANTE: BRUNO SAVIOLI

CORSO DI YOGA DELLA RISATA MERCOLEDI’ 20,30 - 21,30

CORSO DI FOTOGRAFIA ORGANIZZATO DA ASS.FOCUSFOTO MARTEDI’- MERCOLEDI’ GIOVEDI’ - VENERDI’ 20,30 - 22,30

Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Collaboratori Mensile culturale edito dalla Patrizia Vaccaro, Laura Siconolfi, Associazione Arte Mediterranea Maurizio Montuschi, Valerio Via Muzio Clementi, 49 Aprilia Lucantonio, Nicola Fasciano, Tel.347/1748542 Giuseppe Chitarrini occhioallarte@artemediterranea.org Francesca Senna, Roberta Pieramici www.artemediterranea.org Aut. del Tribunale di Latina Responsabile Marketing N.1056/06, del 13/02/2007 Cristina Simoncini Fondatori Antonio De Waure, Maria Chiara Lorenti Cristina Simoncini

Composizione e Desktop Publishing Giuseppe Di Pasquale

Amministratore Antonio De Waure

Stampa Associazione Arte Mediterranea via Dei Peri, 45 Aprilia

Direttore responsabile Rossana Gabrieli Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti

2

Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’editore

n

CORSI IN ORARIO DA DEFINIRE CORSO DI ANATOMIA PER ARTISTI Ins. Antonio De Waure CORSO DI PROSPETTIVA Ins. Giuseppe Di Pasquale

Sommario

Addio a Tony Wolf I nuovi murales tridimensionali di Peeta La storia attraverso la potenza delle immagini Turner. Visioni oniriche Loro “Sergio Endrigo, mio padre, artista per caso” Herman Hesse, “Narciso e Boccadoro” La magia dell’antico Egitto nella tesi di Raimondo Squitieri DAMNATIO (o abolitio) MEMORIAE Eventi sul filo di china “Dreamers. 1968: come eravamo, come saremo”


n

dedicato a

Addio a Tony Wolf

Il disegnatore degli gnomi di Patrizia Vaccaro

G

razie ad un tam tam di illustratori su Facebook, si è diffusa la notizia del decesso di Tony Wolf, di cui i media non hanno fatto cenno, pur essendo un famoso illustratore italiano. A volte un social può essere utile a far divulgare alcune notizie che altrimenti rimarrebbero sconosciute e per fortuna mi sono imbattuta in una di queste… Tony Wolf, al secolo Antonio Lupatelli, si firmava spesso anche con altri pseudonimi: Oda Taro, L’Alpino, Antony Moore. Nato nel 1930 a Busseto, in Emilia Romagna, Lupatelli si trasferisce da bambino a Cremona, dove abiterà per tutta la vita, e lì si è spento, a 88 anni, il 18 maggio scorso. Papà del pinguino Pingu, ha anche animato molte sue storie e realizzato soggetti nell’omonima serie animata realizzata in Svizzera e scritta dal regista Otmar Gutmann, famoso per le nuove generazioni, che ne hanno seguito la serie televisiva, ma anche papà di Draguzzo e Draghetto, i protagonisti delle “Storie del bosco”, Pandi, Ciccio Sprai, ma soprattutto gnomi, folletti e splendidi tarocchi. La sua è una vita passata tra matite, tempere ed acquerelli che hanno dato vita a splendide illustrazioni in Italia e in tutto il mondo. Si diploma presso un istituto tecnico, perché nel dopoguerra si aveva necessità di geometri per la ricostruzione, ma si è sempre dilettato nel disegno, si definiva illustratore autodidatta. Inizia la sua attività professionale negli anni ‘50 collaborando con i Fratelli Pagotto (Nino Pagot e Toni Pagot), collabora con la casa editrice britannica Fleetway, poi con il Corriere dei Piccoli, oltre ad alcuni adattamenti di favole celebri, come Lo schiaccianoci. Realizza numerosi libri per l’infanzia dei Fratelli Fabbri Editore e di Mondadori. Negli anni ‘80 è iniziato il lungo

sodalizio con Dami Editore con “Gli amici del bosco”, “Le più belle filastrocche”, la “Bibbia dei piccoli”, “Aldin, il magico orsetto”, senza dimenticare le storie di Pandi e dell’orsetto Teddy. Data la sua bravura e la sua età ha avute lunghe e diverse partecipazioni, tra cui l’editore Lo Scarabeo di Torino, per cui ha disegnato molti mazzi di tarocchi tra i quali “I tarocchi degli gnomi”, famosi per essere il più piccolo mazzo di tarocchi mai pubblicato. Ai suoi disegni si ispirò lo scrittore Giordano Berti per scrivere la favola omonima (1988), per il gioco di società Gnomopoli e per il romanzo “Il monte dei folletti”, ambientato sull’Alpe di Monghidoro, con un’introduzione di Gianni Morandi. Le sue sono tavole ricchissime di dettagli, esperto nell’uso del colore e della luce, delle vere e proprie magie illustrate. Alla fine del 2017, l’associazione Tapirulan ha organizzato la 13 esima edizione della mostra”Ciao - Mostra internazionale di illustratori contemporanei” dove è stato protagonista di una sezione dell’evento, nonché giudice della stessa, e che si è svolta a Cremona, con tante sue opere. In quest’ultima occasione ha potuto sentire l’affetto sincero del suo pubblico. Si è rivelato “un disegnatore tranquillo” come lui stesso si definiva, un vero artigiano dell’immagine, umile, pacato, riservato e talentuoso. In quella circostanza disse: “forse é il momento che smetta di disegnare. giá...dopo questa mostra appoggeró la matita...” Una galleria a lui dedicata, nell’ambito dell’esposizione “Ciao - Mostra internazionale di illustratori contemporanei”, resterà nei Musei di Nervi di Genova fino a fine giugno. Su Youtube potete vedere una bellissima intervista fatta all’artista, cercatela: “Tony Wolf il disegnatore tranquillo”. 3


I nuovi murales tridimensionali di Peeta Forme astratte e turbini ispirati ai graffiti di Cristina Simoncini

Draw the Line 2016, Campobasso (IT)

4


n

curiosArt

L’

artista italiano Manuel de Rita, noto come Peeta. trasforma strutture statiche dipingendo cubi colorati e forme cilindriche astratte che sembrano fluttuare sopra la superficie del muro. Questa tecnica è derivava dal tradizionale lettering 3D, in cui è cresciuto dipingendo e continua ad evolversi mentre sperimenta oggetti realistici, come le finestre che sporgono dall’opera turchese e viola qui di fianco. “ Inizialmente, i miei lavori hanno realizzato solo la qualità scultorea delle singole lettere, vale a dire quelle che descrivevano il mio nome d’arte, Peeta, che deriva dal mio soprannome quando ero a scuola: Pita. Ho iniziato a praticarlo scrivendolo sulla mia scrivania e poi ho deciso di trasformarlo in Peeta, solo perché era più interessante dal punto di vista grafico avere “EE” piuttosto che solo “I” ”, afferma l’artista in una intervista; “ Progressivamente, la fusione tra lettering tradizionale e stile tridimensionale ha dato vita a un tipo unico di ritmo visivo. Oggi, attraverso le mie opere anamorfiche, ridisegno i volumi di ogni tipo di superficie coinvolta, causando così con i miei dipinti una temporanea interruzione della normalità, alterando la percezione di contesti familiari, e così innalzando una diversa comprensione degli spazi e, di conseguenza, della realtà nel suo complesso .” Nell’introduzione del suo sito, Peeta chiarisce ulteriormente la sua concezione dell’arte. “ Metaforicamente, voglio neutralizzare i preconcetti e sollecitare l’emergere di nuove prospettive. L’anamorfismo incarna totalmente l’intento, sempre centrale nella mia produzione, per rivelare l’inganno della percezione umana, l’errore di punti di vista ristretti e fissi, attraverso trucchi visivi che, partendo dal tentativo di conferire una rappresentazione tridimensionale a una rappresentazione pittorica, alla fine rivelano la loro volontà di ingannare. A causa della mia svolta verso la pittura anamorfica, ho scelto di trasformare anche le mie forme tradizionali per farle interagire con moduli standard di strutture architettoniche, cambiandole da solidi irregolari e lisci a geometrici. Correndo costantemente in parallelo con la mia attività murale e pittorica, il ruolo della scultura diventa essenziale per la mia produzione complessiva, poiché rappresenta per me un contatto diretto con la tridimensionalità, per comprendere le regole della luce e delle ombre e riprodurle. ” Queste esplorazioni su larga scala di dimensioni multiple e di un’estetica sbalorditiva sono state dipinte a livello globale, tra cui ricordiamo Guangzhou, in Cina; Barcellona, in Spagna; Mirano, in Italia e altro ancora. Recentemente l’artista ha decorato una residenza artistica al Jardin Orange a Shenzhen, in Cina. Puoi vedere altre opere di Peeta, inclusi i suoi dipinti su tela e oggetti scultorei, sul suo sito Web e su Instagram. Fonti: www.thisiscolossal.com - www.peeta.net graffsociety.com

Wallskar Festival, Nanxian (CN), 2018

Peeta & Joys, I DOLOve Festival, Dolo (IT), 2017

Confidence, 120x69x17cm, PVC, 2011 5


La storia attraverso la potenza delle immagini A Roma, al Palazzo delle Esposizioni di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi

di Rolando Schemidt - Caracas - 2017

di Thomas P.Peschak - isola Marion - 2017

6


n

fotografia

di Francesco Pistilli - Belgrado - 2017

P

er il secondo anno consecutivo, la Capitale ospita la prestigiosa mostra dedicata alle foto vincitrici del concorso, annuale, World Press Photo 2018, giunto alla sessantunesima edizione. Il concorso premia i fotografi professionisti che hanno realizzato gli scatti migliori nell’anno precedente. Quest’anno hanno partecipato al concorso 4548 fotografi di 125 Paesi con 73.044 immagini! Tra gli artisti premiati anche cinque italiani che con i loro scatti hanno testimoniato, magistralmente, un’umanità sofferente e un mondo in crisi. L’esposizione, che occupa tre grandi ambienti del primo piano, non è solo una galleria d’immagini sensazionali, ma è un vero documento storico che permette di rivivere eventi cruciali del nostro tempo. Le immagini, perfette dal punto di vista cromatico e dei passaggi tonali, nonché per le linee di composizione, denotano competenza, accentuata sensibilità e rispetto per la dignità di coloro che si trovano a vivere situazioni umane degradate. Le foto di grandi dimensioni e suddivise per temi, riescono a far immedesimare il visitatore nella storia che ha davanti, perché non scorrono con la velocità cui, purtroppo, siamo abituati. Sono lì, ferme, immobili, crude, potenti, assolutamente veritiere; possono essere osservate con cura, ascoltate, ammirate e percepite nei loro messaggi più profondi, più intimi, spesso devastanti. Ritrae un ragazzo in fuga con il volto coperto da una maschera antigas, avvolto dalle fiamme durante una manifestazione di protesta, a Caracas, contro il presidente Nicolàs Maduro, la foto dell’anno, di Rolando Schemidt. Dietro la torcia umana, s’intravede un muro rosso sangue, su cui qualcuno aveva disegnato una pistola che spara la scritta”paz”, pace. “E’ una foto classica, ma che possiede un’energia fortemente dinamica. I colori, il movimento e la

forza della composizione trasmettono un’emozione istantanea” Così si è espressa un membro della giuria. Ancora un volto coperto da una maschera per nascondere un viso sfregiato da un’esplosione, nel ritratto di una delle tante bimbe, vittime innocenti, deturpata a causa dei molteplici conflitti, che dilaniano vaste regioni del mondo, di quel mondo che, però, è altro da noi, che ci sfiora appena attraverso immagini frettolose, filmiche e, quindi, “irreali”. Stanchezza fisica ed esistenziale negli indimenticabili ritratti di Francesco Pistilli che ha immortalato le condizioni estreme dei profughi siriani durante lo scorso gelido inverno, nel momento della chiusura della rotta balcanica verso l’Europa. Ancora profughi, in altri memorabili scatti, questa volta, però, corpi senza vita, perché la morte li ha ghermiti durante una disperata fuga dalla Birmania. Appartenevano a un popolo ombra, i Roingya, e nell’ombra sono scomparsi. Indifesi e dimenticati da tutti, anche da un premio nobel birmano, questo gruppo etnico musulmano è perseguitato dai birmani buddisti! Ancora uomini, donne, bambini in fila per un pasto caldo durante gli scontri per liberare la città di Mosul, o tra le macerie di città rase al suolo o urlanti e sanguinanti perché vittime di attentati. Non meno straordinari e allarmanti risultano gli scatti sulla natura: ci sono le iguane marine, simbolo delle Galapagos solo apparentemente coriacee, in realtà fragili vittime dell’eccessivo riscaldamento dell’oceano; i granchi Sally Lightfoot minacciati dall’innalzamento del livello del mare o i fantastici pinguini saltarocce, il cui numero è in preoccupante calo, a causa della diminuzione della riserva di cibo. La mostra, che ha riscosso molto successo, chiude i battenti, quasi sicuramente, alla fine del mese, ma i siti su cui si possono ammirare le foto sono tantissimi, basta cliccare! 7


Turner. Visioni oniriche Dalla Tate a Roma di Maria Chiara Lorenti

J. M. W. Turner, “Venice Quay, Ducal Palace”, 1844

S

e non ci fossero stati gli inglesi, gli americani non conoscerebbero il golf, di cui va pazzo Donald Trump. Se non ci fossero stati gli inglesi, il mondo non saprebbe giocare a calcio. Se non ci fossero stati gli inglesi, che hanno inventato il sandwich, non sapremmo cosa mangiare come spuntino. Soprattutto se non ci fosse stato un signore inglese di nome Joseph Mallord William Turner, i francesi non avrebbero avuto l’impressionismo. E’ così che un noto quotidiano ha annunciato la mostra più importante della primavera estate romana: Turner. Opere della Tate. Così, come enunciato nel titolo, le opere esposte al Chiostro del Bramante sono un prestito della Tate di Londra, il “Turner Bequest”, opere provenienti dalla sua collezione privata, che l’artista ha voluto lasciare in eredità al popolo inglese. Novantadue, tra schizzi, acquarelli ed oli, che fanno ripercorrere l’iter artistico del grande pittore, che fu un precursore dei tempi, un rivoluzionario dell’arte. Per spiegare il modo di dipingere di Turner, il sito romano ha

8

proiettato un filmato esplicativo, non di uno storico o critico d’arte, ma, bensì, un compendio sull’acquarello, illustrato da un paesaggista inglese che, con termini semplici, ha dipinto uno scorcio del Tamigi, alla sua maniera, dividendo l’esecuzione in tre parti: il tratto, che determina l’inquadratura e la costruzione del soggetto; il tono, atto a stabilire i piani prospettici, la profondità di campo; ed infine il colore, che trasfigura l’opera, dandogli carattere e pathos. A metà percorso, una videoinstallazione immersiva, ideata da Fabian Iliou, proietta i visitatori in un’esperienza sensoriale, dove la musica e i colori in movimento danno l’impressione di attraversare una parete d’acqua, l’elemento più congeniale e più volte riprodotto nelle opere di Turner. Da un vedutismo fedele, all’inizio dell’ottocento, in dieci anni di sperimentazioni tecniche, di ricerche personali sull’uso del chiaroscuro, libera la propria tavolozza in sensazioni dove il soggetto è ispirato, se non sottinteso, portando avanti i suoi studi sul colore. Spesso ai margini dei suoi dipinti ad acquarello, si possono notare le pennellate, prove sui colori utilizzati nel dipinto. Giallo cromo e blu oltremare sono onnipresenti, e


n

in mostra

J. M. W. Turner, “Venice: San Giorgio Maggiore - Early Morning”, 1819 attraverso innumerevoli mescolanze, con impalpabili velature, con un sapiente contrasto tra luce ed ombra, costruiva le sue marine. “Non dipingevo … per essere compreso. Volevo far vedere com’era una determinata scena”, così procedeva nei suoi schizzi, dipinti all’aperto, incurante delle condizioni atmosferiche, pare che una volta, per meglio comprendere la furia degli elementi, si fece legare all’albero maestro di una nave, durante una tempesta di neve, per poterla al meglio raffigurare. Man mano il paesaggio perde di consistenza, i particolari svaniscono in aure cromatiche, il colore predomina su ogni cosa, diviene sensazione, emozione, l’indeterminatezza diventa il suo forte, perché “si comincia a creare solo quando si smette di avere timore”. Amava la differenza tra la luce artificiale e quella creata da Dio, e ciò lo portava ad estreme contrapposizioni, con lampi di luce che squarciano le tenebre. Un unico appunto a questa importante mostra, l’illuminazione inadeguata, imposta dalla Tate, forse per preservare le tonalità degli acquarelli, ma decisamente invalidante per la corretta leggibilità delle opere.

J. M. W. Turner, A Hulk or Hulks on the River Tamar: Twilight, 1813 c. 9


Loro

Sorrentino e Berlusconi di Valerio Lucantonio

S

e g ui to spir i tu ale de “Il divo”, il n u ovo f i lm di Pao lo S orrentino si dist a cca d al p rec ed ente biopic che, per qu a n t o esu b e ra nte e c ar ic aturale, rimaneva abbas t a n za a d e re n t e a luoghi, nomi e vol ti reali; Loro è inve c e , già d al ti to lo, un racconto più dispe r sivo, p lu ra le ed am b ig uo, che rimbalza continua me n t e t ra r i fe r im enti o ggettivi e visioni astrattive , t ra p er s o n e e per so naggi, tra il privato/particola re ed i l p u bblic o /universale. La struttura e d i l mo n t a g gio p o r tano la visione ad un e le va t o g ra d o d i episodic i tà , proseguendo la ten de n za d el re g ista, film dopo f ilm, a scompor re la p a ra b o la nar rativa in sequenze autonom e e d ind ip e n d enti. In questo modo il protag on ist a B er l u s c o ni – e il cineasta S orrentino – pu ò c o n fro n t ar si d i vol ta in vol ta con un d ive r so inte r lo c u to re, in un susseguirsi di perso n a ggi p iù o meno fi ttizi, rappresentativi di una pa r t e d el l’ u o m o al c entro del la storia, di cui sembra n o em a n a z io ni o r i fle ssi, come esplici tat o da l d ia lo g o c on Ennio, anch’esso interpreta t o da To n i S e rv il lo, un’ al tra faccia di Silvio. Qu e st a s c e n a e splic i ta la tematica centrale del f i lm, i l fu lc ro del la r i flessione di S orrentin o, i l q u a l e , p iù c he im p egnarsi in un elogio o i n u n a c ri t ic a (pro spettiva poco stimolante, rele ga t a a l l’ o p in ione e al le dichiarazioni di a lcu n i p er s o n a ggi, c he in entrambi i casi espr imon o

10

giu dizi a lqu a n t o s t e r i l i e s con t a t i), p re fe ri s c e in t e r roga re se st e s so e lo spe tt a t o re , n o n t a n t o s u l come , ma s u l pe rch é u n a f ig u ra c o m e qu e l l a di B e r lu scon i s ia r iu sci t a – ie ri c o m e oggi – a d i mpor s i a t a l pu n t o sì n e l la p o l i t ic a , ma sopra tt u tt o n e l la cu l t u ra i t a l ia n a . S e s u l ve r sa n t e e st e t ico è l a dime n sion e t e l e v is iva , d a l vi de ocl ip a l l o spot pu bbl ici t a r io, a d e t e rm i n a re la vis ion e de l la re a l t à come qu e l la d e l l’ o p e ra , la r ispost a a l qu e s i t o ce n t ra l e è da t rova re s u l pia n o socio- psicologico. In qu e st o a p p ro cc io i l re gi st a ci invi t a a r iba l t a re la s ol i ta p o s i z io n e ch e si a s su me n e i con fron t i de l l’e x p re m ie r (come lu i s t e s so n e l f i lm a mme tt e d i fa re c o n ch i prova a d a n a l izza r lo ps icolog ic a m e n t e ) , pe r me tt e n do a l n ost ro pu n t o d i v is t a d i dive n t a re qu e l lo r i f le s so de l pro t a g o n is t a , in modo da pot e rci a u t oin da ga re in q ua n t o, in e vi t a bi lme n t e , pa r t e de l l ’It a l ia c h e h a ge n e ra t o – e ch e è s t a t a pla sma t a d a – “ L u i”. In u n a n a r ra zion e ch e sin t e t izza e d e le va , o ra più ch e ma i, i l cin e ma di S cor se s e e d i Fe l l in i, da cu i S or re n t in o t ra e r ispe tt iva m e n t e lo s gu a rdo su l l’ i n divi du o (è fa ci le e qu a s i b a n a le s ott ol in e a re l’ in f lu e n za di “ T h e Wo l f o f Wa l l St re e t ” ) e s u l la s ocie t à (con r i t mo e d im m a g in i ch e r icorda n o più “ Roma ” r is pe tt o a “ La d o lc e vi t a ” ), l o s pe tt a t ore è por t a t o a d in t e rro g a rs i s u l l’u ma n i t à di B e r lu s con i, e s a l t a t a n e l la s u a


n

ge n u in i t à e v i tali tà in contrapposiz ion e a l la poc h e z z a d i c hi lo c irconda e lo venera. Il re gist a st e s s o n on si esc lude dal la totali tà degli i t a l ia n i che s i r isp ecc hia, volente o nolente, in u n o de g l i a s petti d i q uesta maschera vivente , cos ì ra p p re s e ntativa del paese poiché ne ha por t a t o al l’ e cc e s so v izi e v irtù: S orrentino e B erlu s con i, am a t i o o diati, m a comunque sempre al c e n t ro de l l’ a tt e nzione, sempre superiori al le cr i t ich e de i d e t ratto r i e c o nsapevoli del la propria in n a t a brav u ra , la q uale si confonde con la fu r bizia , al te r n a n do si al la geniali tà. I l c in e asta p ar tenopeo condivide con i l s u o sog g e tt o la c apac i tà di adattamento, o me gl io, i l sape r s oppesare e mediare i termini del con t e s t o che s i t rova a trattare: ne risul ta una panora mica am p ia , che r iesc e a comprendere il feno me n o di c o s t u m e p o po lare e le eminenze grigie ; la vecc h ia ia e la g iovinez za, che si inse gu on o a vic e n d a senza riuscire ad incontrars i; la simp a t ia e l’ o dio, tanto quanto l’al le gor ia v i s iva e la d enunc i a sociale; “loro”, que l l i ch e

cinema

con t a n o, ma a n ch e qu e l l i ch e s oprav v ive ra n n o a l l’e ra be r lu s con ia n a (ra ppre se n t a t i n e l fin a le da i pompie r i s e du t i su l le ma ce r ie d e l l’A q u i la ) , pe rch é n on os t a n t e le ba tt u t e e le r is a t e , l e fe s t e s fa r zose e le t ra s mis sion i le gge re , S o rre n t i n o c i t ie n e a n on t ra scu ra re le con se gu e n ze d i q u e s t i de ce n n i pol i t ici e cu l t u ra l i: pa ra do s s a lm e n t e , è B e r lu scon i st e s so a d e s or t a re gl i s p e tt a t o ri, in sie me a Mi ke , a r ivolge r s i a l fu tu ro c o n u n proge tt o, a n ch e s e qu e s t o ci pot re bb e p o rt a re a r i ma n e re sol i, come Si lvio n e l la s u a u l t im a s c e n a ch e a s sist e da s olo a l l’e r u zion e de l v u lc a n o in min ia t u ra , me n t re l a ca la mi t à a ut e n t ic a è g ià avve n u t a e u n a st a t u a di C r ist o vie n e d e p o s t a da u n a gr u , i n u n f in a le ch e ca povo lg e l’ in iz io de “ La dolce vi t a ” : la mode r n i t à n o n h a p iù n ie n t e di a ffa s cin a n t e e d in n ova t ivo, a p a rt e u n a fa ccia t a su pe r f icia le , come i l p ro t a g o n is t a in discu sso de l f i l m e de l la st ori a i t a l ia n a re ce n t e .

11


n

occhio al libro

“Sergio Endrigo, mio padre, artista per caso”

di Claudia Endrigo, Feltrinelli, Milano 2017, pp. 200 Euro 16,00 di Giuseppe Chitarrini Come esiste un canone letterario definito Letteratura di Formazione (il Romanzo Pedagogico, il Bildungsroman, il romanzo d’educazione sentimentale ecc.), dovrebbe esistere anche un canzoniere di Formazione, un genere di musica, cosiddetta leggera, analogo al Romanzo educativo-formativo; se fosse così, a Sergio Endrigo spetterebbe un posto d’onore, in particolare per quelle che sono state le generazioni che hanno iniziato il percorso tra infanzia e primissima giovinezza negli anni 60 e primi anni 70. Un genere originalissimo quello di questo cantautore, nato a Pola, nella Dalmazia, prima della II° guerra mondiale, quindi profugo, da ragazzino, nel 1947 (una condizione evocata nella sua struggente e drammatica “1947”), esiliato da una patria divenuta improvvisamente nemica e che si vendicava in maniera ingiusta e smisuratamente sanguinosa di una dominazione protrattasi nei decenni precedenti. Un genere personalissimo, che abbracciava la canzone sentimentale e tradizionale (anche se poi a una seconda lettura quei testi risultavano essere dei veri e propri testi poetici), e la canzone di ‘impegno’ (come si usava dire in quegli anni) e di vero e proprio ‘pronunciamento’ politico, sociale e civile: Endrigo oltre ad avere una linea privilegiata con la Cuba castrista e la ‘dissidenza poetica’ rispetto la dittatura brasiliana, tenne la tessera del PCI fino alla scomparsa di Berlinguer nel 1984, (cfr. p. 70 e p.76); commovente la sua “Anch’io ti ricorderò”, ballata dedicata alle ultime ore del Che. Poi le sue canzoni per bambini e cantate da bambini, ricavate da filastrocche brasiliane (riadattate oltre che da lui stesso anche da V. de Moraes, Toquinho, Buarqe de Hollanda) e da alcune poesie di G. Rodari e quelle in friulano di P.P. Pasolini (una sulle altre: “Il soldato di Napoleone”), il tutto cantato con una sottile poetica malinconica, che molti erroneamente definivano triste, e percorsa comunque da una leggera ironia e a tratti anche da un sottile e sofisticato afflato di sensualità (“Teresa”, “Maddalena”, “Via Broletto” e altre), e comunque, ci assicura la figlia, autrice di questo bel libro, Sergio Endrigo triste non lo era affatto, anzi era un eccezionale racconta storie e un apprezzato dicitore di barzellette. Allora, alla metà degli anni ‘60 fermentava, nelle radio e nei giradischi a 45 giri, la nuova musica anglo statunitense: Beatles, Rolling Stones ecc., subito dopo nei primi 33 giri si potevano ascoltare Dylan e la Baez. La musica dei giovani, per la prima volta nella storia assunti come autonoma categoria sociale, storica e culturale: i tempi stavano proprio cambiando e così anche la

12

musica italiana, che se la batteva abbastanza bene soprattutto con il ‘cantautorato’: un nuovo linguaggio, poesia e musica: De Andrè, Paoli, Tenco, Bindi, Lauzi… (la cosiddetta ‘scuola genovese’), poi Guccini, Gaber, Iannacci, de Gregori, Vecchioni e così via, fino ai nostri giorni. S. Endrigo, come abbiamo detto, era dalmata, un eccentrico e decentrato, questo gli conferiva una originalità e un crisma particolare, da ‘extraterritoriale’; una versatilità che gli consentiva di vincere a San Remo (1968), e tenere contemporaneamente concerti a Cuba, di essere (intelligentemente) commerciale ed ‘impegnato’ nello stesso tempo, conciliando le esigenze omologatrici del mercato con le istanze più diverse, muovendosi tra il sublime e il banale (p.59). Un cosmopolita che forse risentiva del suo essere di confine, in una terra, luogo di sanguinose vendette, ai margini della grande tradizione mitteleuropea. Era famoso, come abbiamo detto, oltre che a Cuba e in Brasile, anche in quasi tutta l’America Latina, mentre le sue canzoni erano entrate in molti repertori di interpreti a livello mondiale (mirabile la versione portoghese di Amalia Rodriguez della canzone vincitrice di SanRemo 68: “Canzone per te”), era famoso persino alla corte dello Scià di Persia (cfr. p. 56). Rappresentava a pieno titolo quella eccellenza artistica italiana che erano i cantautori, i quali, a loro volta, rappresentavano una sorta di ‘controcanto’ e di ‘fuori tema’ rispetto tutto quello che la retorica nazionale e il luogo comune aveva definito ‘boom economico’, che in realtà rappresentava il definitivo e conclusivo passaggio da una società rurale a una società urbana e metropolitana, lasciandosi dietro vaste aree, vaste sacche di povertà e scontento, esclusione e marginalità, contraddizioni e squilibri. Questo libro, onesto e sincero, scritto dalla figlia del cantautore, è una sorta di racconto evocativo, forse nostalgico, ma senza cadere nel retorico e nel banale; è il testo del ricordo di una figlia nei confronti di un padre eccezionale e forse, in Italia, neanche compreso fino in fondo; ed è anche il testo di una memoria storica tratteggiata con sentimento e con note dal retrogusto epico: una storia personale incastonata nella più grande storia dei costumi, dei gusti di tempi e di un’epoca lontana, ma che possiamo dire, forse anche consapevoli di dire una melensa banalità, era migliore –in tutti i sensi- dei nostri tempi attuali. Da sottolineare inoltre la prefazione di Claudio Baglioni.


n

occhio al libro

Herman Hesse, “Narciso e Boccadoro” di Francesca Senna

S

i narra la storia di un’amicizia, nel la Germania rinascimentale, tra Narciso, monaco e erudi to del convento di Mariabronn, e l’al lievo B occadoro, un’anima ribel le e artista che ben presto las cerà il convento stesso per inebriarsi tra le gioie del la vi ta e cercare la sua vera essenza. La storia di Narciso e B occadoro è la storia di una ricerca di identi tà, che si svolge attraverso il continuo “vagabondare” di uno dei due personaggi principali – B occadoro. Un lungo pel legrinare con un grande contenuto simbolico: quel lo del cammino verso la conoscenza di sé, del la propria anima, per carpire i segreti del la vi ta. E’ un cammino inteso sia in senso fisico che in senso interiore al la ricerca del la propria regola di vi ta che, come nel caso di Siddharta, può venire per Hesse solo dal la propria intimi tà (e non dal l’esempio, pur eccel lente, di qualcun’al tro). B occadoro è infatti un vagabondo che nel corso del la sua ricerca esistenziale insegue – grazie al risveglio del la memoria attuato dal suo amico Narciso - l’ immagine di una Madre primigenia che si identi fica vol ta per vol ta nel la Natura e nel le donne che egli incontra e seduce. Durante il suo lungo vagabondare in terre più o meno popolate, ma descri tte magni ficamente da Hesse, il giovane comprende mol to sul la natura umana, sul mondo e soprattutto sul dolore, la sofferenza. È questa ricerca che dà senso e scopo al la vi ta di B occadoro e che gli conferisce, con tutte le sue inquietudini e incertezze, il ruolo di vero protagonista del romanzo; se Narciso è infatti portatore del la serena sicurezza che gli deriva dal la sua fede e dal la sua intel ligenza nel leggere nel cuore del le persone, B occadoro è l’artista combattuto tra la ricerca artistica e la passione dei sensi. Il romanzo quindi si col loca, nel la bibliografia di Hesse, come una lunga metafora sul la coincidenza degli opposti: se Narciso rappresenta il polo razionale e intel lettuale del la coppia e può essere considerato l’esponente del lo Spiri to, B occadoro è la voce del la Natura e il motore attivo di tutti gli eventi del romanzo, e mol te del le sue scel te e azioni sono dettate principalmente dal cuore e dal la passione. Al tresì mentre il personaggio di B occadoro

è complesso e ben delineato, quel lo di Narciso rimane sempre un po’ più complicato e offuscato. Il contrasto fra natura e spiri to, rap presenta la via per la ricerca del la veri tà. Tanto Narciso, che rappresenta lo spiri to, quanto B occadoro, che rappresenta la natura, si sentono insoddisfatti del la loro ricerca perché adoperano come mezzo solo lo spiri to o solo i sensi, e ciò si rivela insufficiente. E su questa opposizione fondamentale, si basa l’amicizia profonda tra Narciso e B occadoro: come quest ’ul timo torna al convento per spendervi gli ul timi giorni di vi ta, così Narciso capisce a ttraverso le ul time confessioni del l’amico che è sbagliato sottovalutare la via dei sensi per conoscere e capire il mondo. Un libro entusiasmante che cerca di fare una sintesi dei due opposti, la razionali tà e la “carnali tà”, per spiegare che l’uomo senza una del le due componenti non potrà che vivere infelice rinunciando a una parte del la sua anima. Un al tro punto interessante è indubbiamente la morale; non solo di sensi e non solo di spiri to un uomo può vivere: l’essere umano è un insieme di ragione, spiri tuali tà e passione. I dialoghi tra i due protagonisti, le loro dispute teologiche e filosofiche, i loro diversi stili di vi ta permettono al l’autore di descrivere mol to bene questi opposti modi di essere e di vedere l’esistenza, di sottolinearne le diversi tà, ma anche di lasciare intendere che le distanze, anche se notevoli, non sono necessariamente incolmabili, che anzi l’ ideale forse sarebbe proprio trovare il giusto equilibrio tra un mondo e l’al tro senza lasciarsi sopraffare dagli estremismi. La narrazione ci trasporta in un ambiente letterario magico, un medioevo lontano e non raggiungibile. Lo stile è al to, i discorsi sono scorrevoli e mol to profondi, spesso ci sono digressioni che ricordano più un trattato di filosofia che un racconto; sebbene la storia non sia avvincente in mol ti punti, risul ta comunque piacevole da leggere, invoglia a proseguire fino al l’ul tima pagina. Vi lascio con una domanda augurandovi una buona lettura: quante vol te vi siete senti ti Narciso e quante B occadoro? 13


La magia dell’antico Egitto nella tesi di Raimondo Squitieri di Rossana Gabrieli

S

i è già detto tutto sull’antico Egitto? Si è già scoperto tutto quello che si poteva scoprire? Quel mondo non ha più nulla da raccontarci? La risposta è sicuramente no, stando alla stupenda tesi di Laurea, discussa dal dottor Raimondo Squitieri, venticinquenne studente di Aprilia, che lo scorso 28 marzo si è laureato in Scienze Archeologiche presso l’Università La Sapienza di Roma, con la professoressa Paola Buzi in qualità di relatrice. Titolo della tesi: “Magia e incantesimi nell’antico Egitto”, uno studio sul mistero di un Paese di per sé già ricco di fascino arcano. Raimondo Squitieri avvolge il lettore in una trama avvincente come un thriller ed alla scientificità del testo si avvicenda e compenetra il racconto e la descrizione di aspetti certo poco noti ai più e per questo tanto più interessanti. Così il dottor Squitieri ci accompagna nella scoperta del potere degli amuleti e delle pietre, ci rivela chi fossero e come operassero maghi e stregoni, ci svela la relazione tra medicina e magia, quale fosse il potere magico degli dei e ci narra come, secondo gli antichi egizi, anche i defunti fossero in grado di esercitare poteri magici. Un intero capitolo, infine, è dedicato ai testi ed ai manuali di magia. “La magia – spiega Squitieri - era parte integrante della vita quotidiana degli egizi e veniva eseguita in molte forme (ad esempio, in quella di

preghiera, di scongiuri, eccetera) per scacciare i pericoli e la malasorte o per ingraziarsi dei e dee al fine di realizzare i propri desideri…L’uomo, da sempre, ha cercato di dare una spiegazione ai fenomeni che lo circondavano attribuendone le cause a forze superiori, in particolare a divinità e ai loro poteri. Anche il popolo dell’antico Egitto sotto il dominio dei faraoni condivideva questo modo di pensare e di agire”. L’augurio è che Raimondo Squitieri possa proseguire nelle sue ricerche e nei suoi studi e possa diffonderne la conoscenza.

Pesatura del cuore dello scriba Nebseni in presenza di Osiride. Papiro di Nebseni

DAMNATIO (o abolitio) MEMORIAE

n

la Roma insolita

di Nicola Fasciano il destino di diversi imperatori dell’antica Roma, 68 d.C. come diramazione dell’acquedotto Claudio per fornire

E’

ma anche degli antichi egizi. E a ben vedere tante tracce le si possono notare anche ai giorni nostri nei confronti di chi, prima osannato e idolatrato, viene poi colpito dal pubblico ludibrio e quindi destinato all’oblio. Non è certo possibile elencare in poche righe tutti i personaggi che dopo essere stati potenti o famosi, dopo la loro scomparsa, si è fatto a gara per far scomparire le tracce del loro passaggio, cercando di cancellare più possibile i simboli che ne mantenessero vivo il ricordo. E questo anche quando le opere pubbliche da loro realizzate fossero notevoli e interessanti. Per esempio, se parliamo di Nerone, l’ultimo imperatore della dinastia Giulio-Claudia che regnò per quattordici anni dal 54 d.C. al 68 d.C., anno del suo suicidio, l’immagine che ci viene tramandata è quella di un tiranno, un imperatore crudele e senza scrupoli. E nessuno parla di alcune sue opere realizzate durante il suo regno perché distrutte dopo la sua morte. Per esempio delle Terme Neroniane, localizzate in Campo Marzio, che occupavano un’area compresa tra le attuali via delle Coppelle, piazza del Pantheon, Salita dei Crescenzi, corso Rinascimento. I resti del monumento attualmente non sono visibili in quanto giacciono sotto le fondazioni degli edifici moderni. Oppure dell’acquedotto neroniano, successivamente denominato “Acquedotto Celimontano”, che venne fatto costruire da Nerone tra il 54-

14

acqua alla Domus Aurea, la sua prestigiosa residenza imperiale. Con una serie di incredibili arcate alte tra i 19 e i 22 metri, l’acquedotto da Piazza di Porta Maggiore, devia il suo cammino in Via Statilia per dirigersi verso il Colle Celio, seguendo il percorso sotterraneo dell’Acquedotto dell’Acqua Appia e giungere nella valle del Colosseo. Lo stesso Anfiteatro Flavio, detto Colosseo in età medievale per la presenza della statua colossale di Nerone posta nelle vicinanze, fu costruito nell’area della grandiosa Domus Aurea e in particolare al posto dello stagnum. Anche dell’imperatore Domiziano, che durante il suo regno quale censore a vita espulse dal Senato a più riprese gli elementi a lui sfavorevoli determinando una forte situazione di attrito, si tramanda un ricordo di un crudele tiranno tanto che la storiografia senatoria lo ricordò soltanto come tale e, a causa della damnatio memoriae seguente la sua morte, si sono conservati solo pochi suoi ritratti: fra i più belli c’è il busto dei Musei Capitolini, a Roma. Ma, come già introdotto, la consuetudine di tentare la cancellazione delle tracce di chi cade in disgrazia è ancora attuale e, come unico esempio per tutti, possiamo citare la “Damnatio memoriae” su Kevin Spacey, cancellato dall’ultimo film di Ridley Scott a causa dello scandalo sessuale che ha visto coinvolto il famoso attore. Paragoni arditi, ma che sottolineano una abitudine all’oblio ancora molto diffusa.


n n

Aprilia

Mostra delle opere a pastello Sala Manzù - Biblioteca Comunale, dal 16 al 21 giugno Mostra Allievi Arte Mediterranea di fine anno, in sede a Via Muzio Clemente dal 23 al 30 giugno

Roma

“World Press Photo 2018” (articolo a pagg. 6-7) Palazzo delle Esposizioni, fino al 27 maggio “Claude Monet” Complesso del Vittoriano, fino al 3 giugno “Klimt experience Roma” Ospedale delle donne c\o Ospedale San Giovanni, fino al 10 giugno “La dolce Vitti” Teatro dei Dioscuri al Quirinale, fino al 10 giugno “Babele. Gloria Argeles” Museo Roma in Trastevere, fino al 17 giugno William Turner (articolo a pagg. 8-9) Chiostro del Bramante, dall’8 marzo al 24 giugno “Egizi Etruschi da Eugene Berman allo scarabeo dorato” Centrale Montemartini, fino al 30 giugno “Pink Floyd: la mostra a Roma” Macro, fino al 1° luglio “Liu Bolin. L’uomo invisibile” Complesso del Vittoriano, fino al 1 luglio “Sicilia. Il Grand Tour” Palazzo Cipolla, fino al 22 luglio “Hiroshige. Visioni dal Giappone” Scuderie del Quirinale,fino al 29 luglio “Canaletto 1697-1788” Museo di Roma Palazzo Braschi, fino al 19 agosto “Traiano, costruire l’impero, creare l’Europa” Mercati di Traiano, fino al 16 settembre “Columna Mutazio - la spirale” Mercati di Traiano Museo Fori Imperiali, fino al 16 settembre “Gli architetti di Zevi. Storia e controstoria dell’architettura italiana 1944. 2000” MAXXI, fino al 16 settembre “Roma città moderna. Da Nathan al sessantotto” GALLERIA D’ARTE Moderna, fino al 28 ottobre “Eco e Narciso” Palazzo Barberini e MAXXI, fino al 28 ottobre

n n

Acquapendente (Vt)

“La bellezza svelata dai laboratori di restauro di Acquapendente e Viterbo” Museo della Città – Civico e Diocesano di Acquapendente, fino al 30 settembre

Ferrara

“Stati d’animo. Arte e Psiche tra Previati e Boccioni” Palazzo dei diamanti, fino al 10 giugno

n n n

Firenze

n

Eventi

“Nascita di una Nazione. Tra Guttuso, Fontana e Schifano” Palazzo Strozzi, fino al 22 luglio

Forlì

“L’Eterno e il Tempo. Tra Michelangelo e Caravaggio” Musei San Domenico, fino al 18 giugno

Milano

“Frida Kalo. Oltre il mito” MUDEC, fino al 3 giugno “L’ultimo Caravaggio” Palazzo reale, fino al 6 giugno “Boldini. Ritratto di signore” Galleria d’Arte Moderna di Milano, fino al 17 giugno “Albrecht Durer e il Rinascimento fra la Germania e l’Italia” Palazzo Reale, fino al 24 giugno “Charlotte Salomon” Palazzo reale, fino al 25 giugno “Post Zang Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943” Fondazione Prada, fino al 25 giugno “Novecento di carta” Castello sforzesco, fino al 1 luglio “The Dream Machine is Asleep” Pirelli Hangar Bicocca, fino al 22 luglio “Giosetta Fioroni. Viaggio sentimentale” Museo del Novecento, fino al 26 agosto “Impressionismo e avanguardie. Capolavori dal Philadelphia Museum of Art” Palazzo Reale, fino al 2 settembre

n

Napoli

“io Dalì” PAN, fino al 10 giugno “Carta bianca. Capodimonte imaginaire” Museo di Capodimonte, fino al 17 giugno “Pompei” MADRE, fino al 24 settembre

n n

Perugia

“Da Raffaello a Canova, da Valadier a Balla” Palazzo Lippi e Palazzo Baldeschi, fino al 30 settembre

Treviso

“Omaggio ad Arturo Martini” Museo civico Luigi Ballo, fino al 3 giugno “Rodin. Un grande scultore al tempo di Monet” Museo di Santa Caterina, fino al 3 giugno


Leader studentesco francese Daniel Cohn Bendt

“Dreamers. 1968: come eravamo, come saremo� Museo di Roma in Trastevere, fino al 2 settembre 2018 16


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.