Occhio all'Arte - giugno 2022

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A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - Anno XV Num. 155 giugno 2022

M e n s i l e

Occhio all’Arte

d i i n f o r m a z i o n e d i A r t e 1


CORSI ANNO 2021 – 2022 OLIO E ACQUERELLO

LUNEDI’ E VENERDI’

18:00 - 20:00 20:00 - 22:00

OLIO E ACQUERELLO

MARTEDI’ E GIOVEDI’

18:00 - 20:00

DISEGNO E ACQUERELLO

MARTEDI’ E GIOVEDI’

9:00 - 11:00

OLIO

MARTEDI’ E GIOVEDI’

9:00 - 11:00

OLIO E ACRILICO

MERCOLEDI’

18:00 - 20:00

PASTELLO

MERCOLEDI’

20:00 - 22:30

FUMETTO

SABATO

Staff Fondatori: Antonio De Waure e Maria Chiara Lorenti Amministratore: Antonio De Waure Direttore Responsabile: Rossana Gabrieli Capo Redattore: Maria Chiara Lorenti Collaboratori: Patrizia Vaccaro, Nicola Fasciano, Giuseppe Chitarrini, Francesca Senna Grafica: Barbara Calandro Stampa: Associazione Arte Mediterranea

9:00 - 17:30

Sommario Pag.3

Occhio al libro: «I bambini sono sempre gli ultimi»

Pag.4-5

La Roma insolita: Ponte Nomentano

Pag.6-7

L’Artista del mese: Angela Perrini

Pag.8-9

Dedicato a: Jago: the exhibition

Pag.10-11 Teoria del colore

Occhio all’Arte Mensile culturale edito dall'Associazione Arte Mediterranea via Muzio Clementi, 49 – Aprilia (LT) Contatti: 347.1748542 - www.artemediterranea.org occhioallarte@artemediterranea.org Aut. Tribunale di Latina n. 1056/06 del 13/02/2007

Pag.12-13 Concorso di pittura: Io provo a parlare così Pag.14

Occhio al libro: «Pandemia 1836»

Pag. 15

Eventi

Vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’editore.. Tutti i diritti riservati.

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Occhio al libro

Il pieno affermarsi della borghesia, più di quattro secoli fa, e la rivoluzione industriale duecento anni dopo, si contraddistinguevano per aver dato centralità all’infanzia scoprendola in quanto tale, con le sue peculiarità, necessità, caratteristiche e bisogni e non più come breve, contingente e del tutto transitorio periodo di passaggio d’inserimento alla vita adulta. La borghesia dava così vita a quella che alcuni studiosi, molti decenni dopo, avrebbero definito “la costruzione sociale dell’infanzia”, che è andata avanti nel corso dei secoli, facendosi sempre più attenta, più comprensiva, più raffinata: giocattoli, scuole sempre più professionalmente qualificate, studi e corsi di laurea in materia di psicologia infantile e di pedagogia, camerette studiate appositamente per i bambini, abbigliamento, editoria, poi i programmi televisivi ecc. Però, sostiene –forse a ragione- l’autore di questo volume, da una ventina d’anni o poco più il bambino ha perso la sua centralità sia nell’immaginario collettivo sia per quanto riguarda gli interessi delle istituzioni. Non so dire se in questa affermazione ci sia almeno una parte di verità, a me personalmente, sembra che i bambini siano sempre meno destinatari

di politiche finalizzate (probabilmente l’ultimo interessamento istituzionale-legislativo, specificatamente a loro destinato è stata la legge 285 del 1997: una legge adeguata, ma che poi nel giro di pochissimi anni ha perso la sua carica innovativa e operativa). La figura del bambino è semmai al centro degli interessi strumentali di tipo mediatico e pubblicitario, e questo non è un reale e virtuoso interesse. Va anche detto che loro, in Italia e a livello planetario, sono i più colpiti da quelli che sono gli effetti delle diseguaglianze e delle povertà. E poi la pandemia ha fatto il resto, cancellando le più elementari esigenze dei bambini (e dei ragazzi); sembrano essere quasi dimenticati se non in relazione a provvedimenti riguardanti la scuola e l’insegnamento: distanziamento, didattica a distanza o in presenza, tipo di banchi, orari, chiusura delle scuole o aperture… Costretti a cambiare vita, giochi, attività sportive annullate, ristretti percorsi identitari e di crescita differiti, bloccati nelle case dai tablet, computer, telefonini (i più fortunati ), incertezze, paure ecc.; si è parlato di loro, ma non nella loro realtà di bambini, nella loro autonomia e specificità, ma sempre in relazione alla scuola o all’apertura (o meno) delle palestre e attività didattiche. Si sono fatti provvedimenti per l’uscita dei cani a passeggio, ma non mi sembra ci siano stati specificatamente per i bambini per le loro esigenze di imparare, apprendere, muoversi, esprimere. Secondo D. Novara (pedagogista, docente al Master di Formazione interculturale, fondatore del Centro Psicopedagogico per la gestione dei conflitti) occorre ripartire proprio dai bambini e dalla loro innata creatività, che raggiunge l’acme nell’età della latenza, cioè fra i 6 e i 12 anni. Dare spazio alla loro emotività e alle loro esigenze espressivocreative attraverso la produzione segnico-artistica. Produzione che, secondo Novara -facendo sua la lezione dell’educatore-artista franco tedesco Arno Stern- non riguarda tanto l’arte come prodotto finale e come azione compiuta da valutarsi attraverso i consueti canoni estetici, ma come opera nel suo farsi, dalla traccia che precede lo svolgimento, inteso questo come procedimento dinamico, attraverso l’uso fantasioso ed estemporaneo dei colori, delle tecniche ideate lì per lì, degli argomenti scelti di volta in volta per la rappresentazione ecc.

Giuseppe Chitarrini 3


PONTE NOMENTANO

La Roma insolita Nel quartiere Monte Sacro Alto (noto come Talenti), nella riserva della valle dell'Aniene troviamo il ponte Nomentano, uno dei pochi ponti pedonali di Roma. Concepito dai romani in epoca Repubblicana (II-I sec. a.C.), fu trasformato in fortezza da papa Adriano I nel sec. VIII. Più volte distrutto e restaurato, il ponte presenta una varietà di materiali e tecniche costruttive che abbraccia un ampio arco cronologico, dall’età antica a quella medievale e moderna. La tradizione vuole che su questo ponte il pontefice Leone III incontrò Carlo Magno, disceso a Roma per essere incoronato imperatore del Sacro Romano Impero, nell’800 d.C. Nei secoli ci sono stati diversi proprietari del ponte autorizzati a chiedere il pedaggio,

fino a quando divenne dogana di città nel 1532. Ai lati del ponte vi erano dei portoni che sbarravano la strada. Un passaggio obbligato permetteva di transitare sul ponte. Una curiosità sul suo utilizzo era determinato dal fatto che l’attraversamento su di esso era l'occasione per la conta del bestiame, prima dell'arrivo a Roma dove sarebbe stato venduto. Infatti come per i vicini ponti Mammolo e Salario, anche questo fungeva da “Dogana del Bestiame” e gli animali che passavano da qui venivano contati ed i pastori erano obbligati a pagare a Roma una tassa speciale. Nel 1849 il ponte fu tagliato dalle truppe francesi del generale Oudinot per un tratto di sette metri per impedire alle camicie rosse di Giuseppe Garibaldi, accampate a Monterotondo, di entrare a Roma. Il passaggio fu ripristinato nel 1857 dell’architetto Francesco Fontana. 4


Sempre per ostacolare i garibaldini, il ponte nel 1867 venne nuovamente interrotto, e in quell'occasione Garibaldi venne sconfitto a Mentana. Dal 1997 il ponte è stato reso pedonale poiché per le sue ridotte dimensioni risultava essere ormai inadatto al traffico automobilistico. La sua pedonalizzazione ha consentito la riscoperta e la valorizzazione dell’area circostante il ponte e l’Aniene che rende questo sito unico, sia per l’interessante ambientazione naturalistica che per il contesto storico, nonostante si trovi in piena città, offre la stessa suggestione di una gita fuori porta sulle rive di un fiume non urbanizzato. Nicola Fasciano

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ANGELA PERRINI

L’Artista del mese

Angela Perrini, di lei sappiamo che oltre a lavorare come illustratrice è anche una bravissima insegnante, pugliese, classe1985 dopo la laurea triennale di scienze dei Beni Culturali, va a Roma per frequentare la scuola internazionale di Comics, da qui inizia la sua carriera sia come illustratrice nell’editoria che come autrice, al quale affianca l’insegnamento di disegno con tecniche tradizionali, e lavori su commissioni private, come delle poetiche partecipazioni di nozze. Le sue sono illustrazioni molto colorate, ma al tempo stesso delicate, come il simpatico orso bianco presente tra le sue immagini che, nonostante le sue forme morbide, è riuscita a rendere molto leggiadro ed aggraziato. Con lei faremo due chiacchiere, per scoprire qualche curiosità. - Ciao Angela mi sembra di aver letto che sei una collezionista di gomme da cancellare, io ricordo che le trovavo nelle sorprese delle merendine di una nota marca, invece tu come hai iniziato? Per deformazione professionale, perché erano attrezzi del tuo mestiere?«Ciao Patrizia, mi piace questa domanda per iniziare! Sì, colleziono gomme per cancellare, non in modo maniacale, ma continuativo sì, anche perché chi mi è vicino asseconda questa piccola follia. Ho già messo da parte un bel numero di gomme di cui alcune molto bizzarre. Non so come sia iniziata esattamente, so solo che a un certo punto ho preso coscienza che le gomme, tra tutta la roba da cartoleria (che già in generale esercita un certo fascino su di me), attiravano maggiormente la mia attenzione, ero già grandicella, però. Rimpiango, infatti, le gomme di cui parli tu, sarebbero un tassello prezioso per la mia collezione». - Da bambina già disegnavi? Com'è nata la tua passione?«Sì, da bimba disegnavo, come penso, la stragrande maggioranza dei bambini. Il disegno però, poi non mi ha più abbandonata o viceversa, nonostante, non c’è da negarlo, i momenti di grande e piccole crisi nel nostro rapporto. Non so se parlerei di disegno esclusivamente come una passione, ma piuttosto come lo strumento per me più naturale con cui attraverso la vita e tutto ciò che c’è dentro (e anche fuori). Che poi sia anche una cosa che brucia sempre “all’interno”, è un’altra storia. Se parliamo di illustrazione invece, ho cominciato timidamente a maneggiarla solo a 21-22 anni circa, momento in cui ho dato un nome e dei connotati più specifici alla mia volontà di esprimermi anche attraverso una professione. Sapevo che avrei voluto lavorare disegnando, questo l’ho sempre desiderato. Ricordo anche il momento esatto in cui l’ho deciso: otto anni circa, dritta e immobile, nel corridoio della casa dei miei nonni, fissando un quadro che a sua volta fissava me». - Raccontaci delle tue tecniche di disegno Ho da sempre amato le tecniche tradizionali, utilizzate in maniera non accademica, ma neanche estremamente sperimentale. Il loro è un modo di comportarsi un po’ anarchico, per quanto si sia abili nell’utilizzarle c’è sempre un margine di imprevedibilità che a me piace molto assecondare. Da quando ho iniziato a lavorare con gli albi illustrati, però, ho inserito nella mia routine anche le tecniche digitali che utilizzo in una zona abbastanza circoscritta delle loro diverse potenzialità. Mi permettono di essere più flessibile e veloce. Ai tempi degli studi di illustrazione, mai avrei pensato che mi sarei ritrovata a utilizzare il digitale quotidianamente. La base, sempre, rimane comunque la matita, quella selvaggia mi cattura.

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- Sei anche un'insegnante che si dona volentieri ai suoi studenti, ti piace farlo? «Moltissimo! Un’altra cosa che non avrei mai pensato di fare in maniera continuativa e invece eccomi qui. Si è proposta un po’ per caso l’occasione di insegnare, non è stato facile iniziare e gestire l’ansia del “ma ne sarò capace? Ma chi sono io per insegnare a qualcuno?”, non che questi pensieri non si riaffaccino di tanto in tanto, ma ho scoperto che condividere quello che io ho imparato e imparo, mi appassiona tanto ed è più forte di qualsiasi pensiero insinuante. La trovo una grande occasione di crescita sotto differenti punti di vista. Le lezioni variano sempre un po’ in base al gruppo di persone che le seguono, riservando di volta in volta delle piccole, piacevoli incognite. Spero sempre di riuscire a comunicare concetti ed entusiasmo.» - A quali libri sei più affezionata o ti hanno ispirata? – «Questa è una domanda tosta. Come dicevo ho scoperto l’illustrazione abbastanza tardi e tardi ho scoperto coscientemente gli albi illustrati. Sicuramente sul podio metterei “Nel paese dei mostri selvaggi” di Sendak, i primi libri di Rebecca Dautremer e un albo che non in molti conoscono, uno dei primi che mi è stato regalato dalla mia famiglia “Il grande libro delle paure” di Emily Gravett che mi ha fatto scoprire che a fare gli albi si fatica sì, ma ci si diverte un sacco. Poi tanti altri, più il mio sguardo diventa profondo, più riesco ad apprezzare e imparare». - Ci suggerisci qualche albo imperdibile sia tra i tuoi lavori, che di altri? «Per quanto riguarda i miei lavori, non so se ce ne sia qualcuno imperdibile, però ce ne sono alcuni a cui sono

molto affezionata, ogni albo ha dietro storie e pezzi di vite che si intrecciano. In generale, di lavori altrui, potrei dire “Voglio il mio cappello!” di Klassen, “L’onda” di Suzy Lee, “Il Barbaro” di Moriconi, “Lunedì” di Anne Herbauts,“Vazio” di Catarina Sobral “Annie dulac” di KittyCrowter, “La fabbrica delle farfalle” di WolfErlbruch o “Io aspetto” di Calì - Bloch, non so, ce ne sono troppi!» - Quale è stato il tuo primo lavoro? «Stranamente, pensandoci, non c’è una risposta univoca: ho iniziato collaborando con una galleria, ora chiusa, qui in Puglia “Le muse giovani” di Daria e Roberto e penso che quello sia stato il primo vero avvio lavorativo che abbia richiesto impegno e una certa quotidianità del lavoro. Poi un grosso progetto per un albo commissionato da una critica d’arte, risoltosi in una batosta, non sono mai stata pagata, lei scomparsa. (Mi è stata da lezione per le collaborazioni successive!) Alcune commissioni private. Il mio primo albo “Ava’sspectacularspectacles” di cui ho ideato anche la storia, con New Frontier Publishing. (Un’emozione grande!)» - Prossimi progetti? «Sto lavorando a un libro di un’autrice che ha una tale delicatezza nella penna che non vedo l’ora di entrare nel vivo del progetto. Poi, ci sono sempre le lezioni da costruire e tenere. E appunto, spero di dedicarmi presto a un progetto personale». Grazie ad Angela Perrini per la sua disponibilità, se volete scoprire altro, non vi resta che seguirla sui suoi canali social, sicuramente ne rimarrete affascinati.

Patrizia Vaccaro 7


Dedicato a…

JAGO… THE EXHIBITION

Jago è un nome noto al popolo del web, ha un talento particolare nel trasmettere in streaming l’amore con cui costruisce le sue opere, riesce a coinvolgere, ad appassionare e ad incuriosire il suo pubblico, facendolo partecipare ad ogni processo creativo, “...ho diviso in fasi la creazione, narrandone ogni singolo momento, così ho reso gli altri partecipi della gestazione dell’opera, e lì che subentra l’innamoramento...” Non si può dire che il suo lavoro lasci l’osservatore indifferente, dotato di notevole talento, rivisita, a volte, i capolavori del passato con un occhio attento al presente. Lo hanno impropriamente paragonato a Michelangelo, ma, come lui stesso dichiara, si può intraprendere lo stesso percorso, essendo fieri come ogni italiano della grandiosità di questo artista, ma discostandosene, perché si guarda all’arte michelangelesca come esempio, come guida nel proprio iter formativo, pur essendo se stessi, non copiando, ma ispirandosi per crescere ulteriormente.

In questi giorni, e fino al 3 luglio, Jago, al secolo Jacopo Cardillo, è in mostra a Palazzo Bonaparte, trasformato temporaneamente anche in studio d’artista, dove lo scultore lavora il marmo, così da poterlo vedere all’opera e, in alcune occasioni, diventare uno speciale cicerone per una visita guidata. Tra sassi di fiume utilizzati come contenitori, spiccano senz’altro tre statue di grande formato legate tra loro da un tema comune e ricollegate da una firma particolare: un sassolino alla base. La pietà, il titolo può richiamare alla mente la più iconica delle Madonne michelangelesche, ma a parte la posa simile, in questo gruppo marmoreo non vi è nulla di mistico, è la raffigurazione del dolore di un padre che sorregge, affranto, il corpo del figlio ucciso, accovacciato, i lineamenti del volto stravolti dallo strazio, accoglie tra le braccia il giovane corpo abbandonato dalla vita, le braccia molli, la testa arrovesciata all’indietro, sorda ormai ai muti richiami del genitore. 8


tra loro, a cercar forza in un corpo che non ne ha più, una nuda trasposizione di un papa dimissionario dal suo ruolo e da ogni compito sociale e istituzionale. E tra le opere provocatorie, che suscitano riflessioni anche amare sulle tragicità delle tematiche attuali, si evidenzia la classicità della Venere di Milo, la posa è la stessa, ma la testa è completamente rasata, il corpo è privo dell’elasticità e plasticità giovanile, i seni cadenti, a mala pena nascosti dal braccio floscio, come in disfacimento è tutto il resto, le rughe scavate e profondamente incise, eppure è Venere, lei la dea della bellezza che il tempo non ha risparmiato, non essendo stato clemente. “...con le immagini possiamo creare degli sconvolgimenti, scatenare dinamiche politiche in maniera più efficace rispetto a migliaia di comizi e proteste in piazza. Basta un’immagine per cambiare la rotta. Questo è il valore dell’arte, riesce ad essere rivoluzionaria ed istantanea.”

Maria Chiara Lorenti

Anche il bimbo velato, chiaro riferimento al Cristo di Giuseppe Sanmartino nella Cappella Sansevero di Napoli, ripete lo stesso messaggio di cordoglio, il piccolo giace supino, sembra addormentato sotto il velo stazzonato che lo copre senza riuscire a celarne le fattezze, le ginocchia accostate con i piedini discosti che paiono muoversi, le piccole membra adagiate, una sul letto e l’altra ripiegata sul petto, e il viso paffuto dell’infante ha gli occhi socchiusi e un accenno di sorriso sulle labbra, pronto a risvegliarsi altrove, in un’altra dimensione, simbolo di tante tragedie familiari. In esposizione vi è pure un insolito busto papale, il ritratto eburneo del papa emerito Benedetto XVI, il capo appena coperto dallo zucchetto, la faccia scarna, sembra assorto in preghiera, ma è il torace a suscitare un moto di meraviglia, non è, come siamo abituati a vederlo, ricoperto dalla veste talare bianca con mozzetta e fascia, non ha sul petto la croce pettorale, ma è completamente nudo, i muscoli resi flaccidi dall’età, i tendini tesi e le mani non giunte, ma aggrappate fortemente

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TEORIA DEL COLORE Antonio De Waure

Struttura della teoria del colore Ritengo giusto, per una migliore e corretta comprensione, che questo testo sul colore debba essere suddiviso in quattro parti essenziali:  Analisi fisica del colore: dove saranno studiati tutti i fenomeni inerenti la Fisica strutturale della Luce  Analisi strutturale del colore: enunciando tutte le regole sulla teoria del colore  Analisi intellettuale-simbolica del colore: in cui sarà analizzato il significato spirituale e simbolico del colore nel passato fino ad oggi  Analisi tecnico-pratica del colore: ove verranno affrontati i problemi chimici del colore Tutto ciò perché l’artista, per giungere a valutare correttamente i valori cromatici della sua opera, deve possedere alcune nozioni, sia psicologiche che fisiologiche del colore. Nonché deve conoscere i suoi fenomeni ottici e fisici. Considerando che queste nozioni in molti casi sono interconnesse in molteplici modi, si può comprendere come la sua preparazione tecnica dovrà essere completa. Pertanto svilupperò questo testo secondo tale schema, cercando di rendere gli argomenti il più possibile interessanti e facili nella comprensione.

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ANALISI FISICA 1. I COLORI LUCE Conoscere e capire i fenomeni fisici della luce è molto importante, perché è impossibile pensare ad un mondo senza colore: i colori sono luce e la luce, con il suo mutare, scandisce il tempo della nostra vita. Quindi, in primo luogo è bene sapere che è la luce che determina il Colore. Quando si parla di luce, si intende quella solare. Gli oggetti, e tutte le cose che ci circondano, in realtà sono incolori, come incolore è la luce solare. Tutti i corpi, quindi, hanno bisogno della luce per apparire colorati! Molti fisici studiarono a fondo questi fenomeni, cercando di capire in che modo la luce solare potesse influire sul colore degli oggetti. Il fisico Newton riuscì a dimostrare con una serie di esperimenti (vedi il prisma trasparente in figura) che la luce non è altro che la somma di tanti raggi luminosi colorati. Egli giunse a tale conclusione Facendo filtrare da un piccolo foro un filo di luce (un raggio di luce Solare) che fece poi intercettare da un prisma trasparente. Notò che tale luce solare si scomponeva in raggi color porpora, rosso, giallo, verde, azzurro-cyan e azzurro scuro.

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OCCHIO ALLA SCUOLA: IL CONCORSO NAZIONALE DI PITTURA ORGANIZZATO DAL CPIA DI ALBA Cosa succede quando scuola e arte si incontrano? Succede, per esempio, che l ’inclusione può prendere forma e diventare realtà attraverso il linguaggio espressivo, determinando non solo il successo formativo di una persona, ma forse anche il cambiamento di vita nella direzione di un futuro migliore. È quello che è avvenuto il 30 maggio presso il Cpia di Alba, dove ha avuto luogo la cerimonia di premiazione del Concorso di Pittura Nazionale dei CPIA dal titolo “Io provo a parlare così”, presso la Chiesa di San Domenico. Un ragazzo afghano di 22 anni, Hekmatullah Zazey, allievo del CPIA di Lecce, ha vinto il primo premio con la forza della sua arte, grazie alla possibilità che la scuola gli ha offerto di far conoscere le proprie potenzialità. Il quadro presentato al concorso rappresenta il grido di dolore delle donne afghane che, per citare le parole dell’autore

“durante la guerra in Afghanistan hanno sofferto moltissimo per la perdita dei loro mariti, figli, fratelli e ora, con la fine del conflitto e la presa del potere da parte dei talebani, hanno perso anche la loro libertà”.

L’opera del giovane pittore è stata selezionata tra molte altre, altrettanto meritevoli, da una commissione di esperti i quali hanno assegnato il primo premio al quadro di Zazey motivando la propria scelta con la potenza espressiva dell’opera in cui tecnica e messaggio trovano un perfetto equilibrio. Nel suo quadro, in cui l’inconscio individuale di identifica con l’inconscio collettivo, l’autore è riuscito ad esprimere il mondo interiore di sofferenza legato al suo vissuto personale.

Claudia Gabrieli

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Occhio al libro Nonostante i quasi due secoli trascorsi, le molte scoperte scientifiche, i miglioramenti delle condizioni generali di vita ecc., risulta sorprendente constatare come l’oscuro morbo che sconvolse l’Europa nella prima metà dell’800, sia assimilabile all’altrettanto oscuro ed ignoto virus che minaccia oggi le nostre esistenze a livello planetario. Forse, una delle cose che distingue la pandemia di allora da quella di oggi è la planetarietà, la portata mondiale del Covid 19 odierno; comunque anche allora pare sia certo che il morbo, comunque, coinvolse, con diversi gradi di intensità, quasi tutta l’Europa. Le analogie fra la pandemia di oggi e quella del 1836 sono evidenti, tanto che le incognite di oggi, ma anche le accuse, le colpevolizzazioni, le contraddizioni, sono quasi del tutto sovrapponibili a quelle di due secoli fa. Anche allora destava interesse il problema della tracciabilità del virus, tanto che -non essendoci app e smartphone- si ricorreva ad un segno di croce ufficiale sulla porta di casa dove il colera aveva colpito: croce unica se l’abitazione ormai era disabitata, croce doppia se invece la casa era ancora abitata da parenti e famigliari della persona contagiata (allora non c’erano problemi di privacy). Di questo colera allora si cercavano le origini nel mondo animale o dell’area geografica di provenienza: si diceva l’India, come oggi si dice della Cina. Come il Covid, anche il Colera era un morbo sconosciuto, misterioso, proveniente da un mondo arcaico, avulso e totalmente altro rispetto le società che flagellava contraddistinte da un certo livello di evoluta civiltà e dalla incipiente rivoluzione industriale. Le sicurezze fornite dalle scoperte scientifiche di allora, la fiducia nel progresso ed il progresso stesso, il positivismo, l’urbanizzazione e la massificazione, la rivoluzione industriale ecc., tutto ciò veniva messo in discussione ed ipotecato. Anche la pandemia ottocentesca interessò in particolare le istituzioni totali, soprattutto nel regno governato dai Borboni: allora i ricoveri per malati poveri, emarginati e senza famiglia, i cronicari, i lazzaretti, gli ‘spitali’; adesso le case di riposo, R.S.A., e le case di cura.

Anche allora vi furono due fasi, soprattutto in Campania: nell’autunno-inverno vi furono 5669 vittime, poi la furia calò, ma dopo 7-8 mesi la pandemia riprese e le vittime furono13798. Anche allora le fasi furono due, come la cosiddetta ‘spagnola’ del 1918-20 e come in quasi tutte le pandemie di cui si hanno notizie storicamente accertate. I resti di molti defunti di questa epidemia si trovano all’ossario de “Le Fontanelle”, insieme ai resti di altri morti risalenti all’epidemia di colera del 1656. Si direbbe proprio che la Storia si ripete e il terrore della pandemia si traduce in un terrore ancestrale, un archetipo che fa parte del nostro inconscio collettivo, anche nostro: uomini del terzo millennio, dall‘epidemie del mito e dell’antichità: si pensi a quella che sconvolse Tebe nella tragedia di Edipo, fino alle epidemie globali dei giorni nostri. Ricostruire e ripercorrere analiticamente la Storia ci può aiutare a comprendere meglio il presente e forse anche a limitarne le paure e gli effetti devastanti sulla psiche. 14 Giuseppe Chitarrini


ROMA "ll video rende felici. Videoart in Italia” Palazzo delle Esposizioni-Galleria d’arte moderna, fino al 04/09 “Superbarocco. Arte a Genova da Rubens a Magnasco” Scuderie del Quirinale, fino al 03/07 “Buone Nuove. Donne in architettura” MAXXI, fino al 11/09 “Crazy. La follia nell’arte contemporanea” Chiostro del Bramante fino al 08/01/23 “Bill Viola. Icons of light” Palazzo Bonaparte, fino al 26/06 “Jago. The exhibition” Palazzo Bonaparte, fino al 03/07 “London Calling. British Contemporary Art Now” Palazzo Cipolla, fino al 17/07 “Gonzalo Chillida” Istituto Cervantes-Sala Dalì fino al 09/07 “Disney. l’arte di raccontare storie senza tempo” Galleria Nazionale di Arte Antica a Palazzo Barberini, fino al 25/09 “A Corned Solo Show” di Nedko Solakov MAXXI, fino al 04/09 “Novecento contemporaneo” di Francesco Messina Casino dei Principi a Villa Torlonia fino al 04/09 “L’occhio come mestiere” foto di Gianni Berengo Gardin MAXXI, fino al 18/09 “Tiziano. Dialoghi di natura e di amore” Galleria Borghese, fino al 18/09

APRILIA ““Macchie di donne” di Erika Mallardi, Tiffany Lingerie, Piazza Roma, fino al 27/06 “Mostra di fine anno degli allievi” Arte Mediterranea, Via Muzio Clementi - 9/07 ore 19:00 “Estrosa” Parco Falcone e Borsellino 13-14/07 “Gemellaggio Aprilia Pantelleria 2022” Concorso pittorico Primo premio: Claudia Riccardi secondo premio: Erika Mallardi terzo premio: Rosa Fucale

MILANO “Joaquin Sorolla. Pittore di luce” Palazzo Reale, fino al 26/06 “Henry Cartier-Bresson. Cina 1948-1949/1958” Mudec, fino al 02/07 “Role Play” Fondazione Prada, fino al 27/06 “Anicka Yi. Metaspore” Pirelli Hangar Bicocca fino al 24/07 “Marc Chagall. Una storia di due mondi” Mudec, fino al 31/07 “Steve Mc Queen. Sunshine State” Pirelli Hangar-Bicocca fino al 31/07 “Aldo Rossi. Design 1960-1997” Museo del Novecento fino al 02/10

Eventi

NAPOLI “Sing sing. Il corpo di Pompei” MANN, fino al 30/06 “Lawrence Carroll” MADRE, fino al 05/09 “Interaction Napoli 2022” Chiostro di Santa Caterina a Formiello, fino al 17/09 “Don Chisciotte tra Napoli, Caserta e il Quirinale. I cartoni e gli arazzi”

FORLI’ “Maddalena. Il mistero e l’immagine” Musei San Domenico fino al 10/07

FIRENZE “Donatello. Il Rinascimento” Palazzo Strozzi, fino al 31/07 “Le tre Pietà di Michelangelo” Museo dell’Opera del Duomo fino al 01/08 “Oscar Ghiglia. Gli anni del Novecento” Palazzo Medici Riccardi, fino al 13/09

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"Biodiversità a Roma" di Bruno Cignini Musei di Villa Torlonia, fino al 25 settembre

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