Occhio all'Arte web, gennaio 2022

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A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno XV N° 151 gennaio 2022

Mensile d’informazione d’arte

www.artemediterranea.org

nDedicato a: Galileo Chini

“Festa dell’ultimo dell’anno a Bangkok”, Galileo Chini, particolare Occhio al libro: n “Game of rings”

Illustrazioni: n “Rob Art”

Occhio al libro: n “Riccardino”


Per sponsorizzare “Occhio all’Arte”

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dall’Associazione

Telefona al 347.1748542

Associazione ARTE MEDITERRANEA Aprilia - PROGRAMMA CORSI 2021-2022

Le attività didattiche, aperte dal primo di settembre, comprendono vari corsi suddivisi nei giorni della settimana: Lunedì e Venerdì Martedì e Giovedì Martedì e Giovedì Lunedì e mercoledì Mercoledì Sabato

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corso corso corso corso corso corso

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pittura ad olio pittura ad olio disegno e olio acquarello pastello fumetto

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18 alle 20 e dalle 20 alle 22 9 alle 11 18 alle 20 18 alle 20 20 alle 22,30 9 alle 15

Oltre alle lezioni, l’associazione, guidata dal suo presidente Antonio De Waure, supporterà gli allievi che vorranno fare delle esposizioni, organizzerà gite culturali e mostre estemporanee. Chi vorrà iscriversi potrà farlo negli orari di apertura della scuola.

Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Collaboratori Mensile culturale edito dalla Patrizia Vaccaro, Valerio Lucantonio, Associazione Arte Mediterranea Nicola Fasciano, Giuseppe Chitarrini Via Muzio Clementi, 49 Aprilia Francesca Senna Tel.347/1748542 occhioallarte@artemediterranea.org Responsabile Marketing www.artemediterranea.org Cristina Simoncini Aut. del Tribunale di Latina N.1056/06, del 13/02/2007 Composizione e Desktop Publishing Fondatori Giuseppe Di Pasquale Antonio De Waure, Maria Chiara Lorenti Cristina Simoncini Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche Amministratore parziale Antonio De Waure senza il consenso dell’editore Direttore responsabile Rossana Gabrieli Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti

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Sommario

“GAME OF RINGS” ROB ART Lee Sangsoo Galileo Chini “Riccardino” Matrix Resurrections Il Congresso degli arguti, le statue parlanti di Roma Sul filo di china “Supernova" di Cao Fei


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occhio al libro

“GAME OF RINGS”

L’esordio letterario di Stefano Cagnazzo di Rossana Gabrieli

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l i a m a n t i d e l g e n e r e fa n t a s y s a l u t e ra n n o fa v o r e v o l m e n t e q u e s t o i n t e r e s s a n t e l a v o r o, pubblicato a gennaio 2022 dalla casa editrice Albatros, ma al tempo stesso r i m a r ra n n o s o r p r e s i . Pe r c h é il fa n t a s y di “Game of Rings” non percorre la s t ra d a t ra d i z i o n a l e del genere cui appartiene, ma la contamina di s f u m a t u r e l e t t e ra r i e apparentemente inconciliabili, con u n e s i t o i n n o va t i v o s o r p r e n d e n t e quanto inatteso. Il retro di copertina preannuncia che l ’ o p e ra “ u n i s c e i n s é fa n t a s y, n o i r, c o m e d y e d e r o s ”. La t ra m a : Ingrid, “ va l o r o s o ” g u e r r i e r o a l s e r v i z i o d e l Re g n o d e g l i U o m i n i , aiutato dallo stregone Sethorus, g u i d a a l l a l o t t a c o n t r o i l n e fa s t o Re g n o d e g l i H y l d ra z i , n o v e r e e d i l o r o e s e r c i t i . N e l l a f e r o c e g u e r ra che seguirà, si s u s s e g u i ra n n o incantesimi, tresche di corte e r i va l i t à m a i s o p i t e t ra i s o v ra n i , c h e m e t t e ra n n o a r e p e n t a g l i o l a s o p ra v v i v e n z a d e l m o n d o . Tra l o t t e e r i va l i t à , h u m o r n e r o e d e p i s o d i grotteschi, n a s c e ra n n o anche amicizie “particolari” ed amori

clandestini. “ I l l i b r o o f f r e d u e b e n i c o n t ra s t a n t i , c h e i n e s s o s i fo n d o n o – s c r i v e n e l l a p r e fa z i o n e B a r b a ra A l b e r t i – c i trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità“. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più fa m o s i : “ N o n e s i s t e un va s c e l l o come un libro per portarci in terre lontane né corsieri come una pagina di poesia che s’impenna. Questa t ra ve r s a t a l a p u ò fa r e anche un p o v e r o, tanto è frugale il c a r r o d e l l ’ a n i m a ”. Dell’autore, romano residente ad Aprilia, sappiamo che è laureato in c i n e m a t o g ra f i a , attore di t e a t r o, videomaker di t a l e n t o, ideatore del mitico p e r s o n a g g i o d i N e c r o z i o Po r t a l a s f i g a della webserie “Pierugo e gli Eroi P r e z z o l a t i ”. C o n q u e s t a o r i g i n a l e o p e ra p r i m a , e s o r d i s c e “ a g a m b a t e s a ” n e l m o n d o fa n t a s y. La casa editrice devolverà parte del r i c a va t o d a l l a v e n d i t a d e l l i b r o a l s o s t e g n o d e i l a b o ra t o r i s o l i d a l i d i s c r i t t u ra “ L e t t e ra r i a M e n t e ”.

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ROB ART Illustratrice

di Patrizia Vaccaro

disegno, ponendo attenzione al suo mondo interiore, alle relazioni, riesce così ad unire i due mondi con quelle che chiama “Psyco fumetti”, brevi strisce o illustrazioni che spiegano in modo semplice concetti a volte difficili da esprimere con le parole, si avvale del digitale usando fotoshop e tavoletta grafica. Le pagine social le permettono di farsi conoscere, ama definirsi come “una

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uando, durante il primo lock down, ti capita di girare per facebook e di incontrare un buffo personaggio grande e grosso che accompagna una ragazzina e che con una sola scena riesce ad esprimere chiaramente anche il tuo pensiero.. che fai non lo segui? E’ accaduto proprio questo nel marzo 2020, cosi mi sono incuriosita e ho conosciuto Roberta Guzzardi, in arte ROB ART illustrazioni. Classe ‘81, origini calabrese, trasferitasi a Roma per diventare fumettista, abbandona questo progetto non ritenendosi all’altezza, giudicando anzi il suo un tratto non adeguato, per cui cambia programma e si indirizza verso la psicologia, altra sua passione, diventando psicoterapeuta. In un secondo momento ritorna al 4

terapeuta che disegna”, influenzata dai suoi studi riesce a rendere visibili paure, stati d’animo in cui tutti possiamo ritrovarci, usando proprio quel suo segno, creduto inappropriato e che invece si è rivelato un tratto distintivo, interessante ed efficace, che le permette di rappresentare tutte quelle emozioni e quei sentimenti difficili da accettare, incarnandoli in un personaggio chiamato MOSTRO, che accompagna sempre la protagonista. Le illustrazioni sono originali, accattivanti, buffe e belle al tempo stesso, colpiscono dritte al punto, con MOSTRO, ci racconta l’ illustratrice, “dovevo rappresentare la parte scomoda di me stessa in qualche modo e riuscivo a farlo disegnando una ragazzina con accanto una figura indefinita


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e astratta”. Quello che chiamiamo MOSTRO ha preso sembianze sempre più simpatiche diventando un personaggio tenero, da un inizio più goffo è diventato una vera e propria spalla, che ha permesso all’autrice di affrontare varie tematiche, le stesse che troviamo nei dialoghi tra i due protagonisti. La ragazzina ha imparato a convivere con lui, anzi ci fa comprendere come le cose che ci spaventano o sono negative possono diventare qualcosa di utile, se viste da un altro punto di vista e quel mostro che ci accompagna, può invece rivelarsi una guida saggia. Anche l’autrice ha superato le sue paure sul giudizio degli altri e credendo di più nelle proprie capacità è riuscita a trovare la chiave giusta unendo le sue passioni, possiamo capire come sia importante seguire le proprie attitudini, trovare un proprio stile, che sia riconoscibile e cercare di far emergere quel segno che probabilmente già abbiamo in noi, ma che deve essere solo approfondito. Ha di recente realizzato un libro in cui ha raccolto le vignette sui due protagonisti,

illustrazioni

ed anche la presentazione del libro è stata molto originale: rappresentata da una striscia dove ritroviamo sempre il Mostro e la ragazzina. Da qualche tempo è entrato un nuovo personaggio SOLITUDINE… non ci resta che seguire Rob Art sui social, ci aiuterà ad accettarci un pò di più.

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Lee Sangsoo

Colorate strisce metalliche rivelano animali stilizzati di Cristina Simoncini

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’artista coreano Lee Sangsoo forgia sculture di animali colorate e a spirale. Definita come “disegni nell’aria”, la sua collezione di animali comprende gatti, fenicotteri, barboncini, pappagalli e altre creature interessanti. Le sue sculture minimali sono realizzate in resina o acciaio inossidabile, a seconda delle dimensioni del pezzo. Se esso misura più di un metro, Sangsoo utilizza l’acciaio inossidabile per crearlo. Ogni lato angolato è delicatamente colorato con sfumature morbide, usando una tavolozza sottilmente complementare. Le sculture tridimensionali e imponenti sono state ispirate dai piccoli disegni di animali astratti di Picasso. “Che contrasto meraviglioso, vero?” Sangsoo continua dicendo: “Linee, piani e colori sono

curiosArt

elementi importanti che caratterizzano il mio lavoro. Le linee, inizialmente tracciate in un bozzetto bidimensionale, individuano il flusso principale e la forma dell’opera, che diventa tridimensionale nello spazio tridimensionale. Le linee quadrate sono stese in varie forme e colori a seconda del flusso e della torsione, e puoi sentire il dinamismo in un’opera statica. Inoltre, a seconda del loro andamento, lo spessore delle linee può essere ritmicamente ispessito o assottigliato”. Fonte: www.thisiscolossal.com

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Galileo Chini

Il Simbolismo Europeo di Maria Chiara Lorenti

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li anni a cavallo tra il IX° e XX° secolo sono stati forieri di cambiamenti, di fermenti che poi sfociarono nella prima guerra mondiale. Il mondo dell’Arte, convenzionale, accademico, e molto romantico, subì una lenta, ma inesorabile trasformazione. Dal 1855, con la nascita del movimento dei Macchiaioli, in Italia, che per primi sperimentarono la stesura del colore a macchia e l’osservazione dei paesaggi all’aperto, scandendo luce ed ombre in zone contraddistinte, poi seguirono, in Francia, gli Impressionisti, antiaccademici che si opposero al potere del Salon, che proponeva scene accuratamente preparate in studio, per dipingere in maniera più libera, dove era la luce a determinare il soggetto. Successivamente a queste correnti, e, in Austria e Germania, ai Secessionisti, che contestavano il conservatorismo del loro tempo, in contrapposizione all’Impressionismo, nell’ultima decade dell’ottocento, si affermò il Simbolismo. Tra i suoi esponenti di spicco, senz’altro tra i più eclettici ed innovatori, un posto d’onore lo occupa Galileo Chini. Toscano di nascita, ma cosmopolita come artista, Chini si avventurò in varie discipline che arricchirono il suo bagaglio culturale.

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Il suo apprendistato lo svolse come restauratore di affreschi, tecnica che lo aiuterà moltissimo nel suo lavoro come decoratore, così apprezzato che, notato dal re del Siam alla biennale di Venezia del 1909, fu invitato a decorare il Palazzo “Trone Hall” a Bangkok, dove rimarrà per tre anni. Galileo Chini assorbe le diverse correnti artistiche del periodo coniugandole in uno stile personale, e la maestria del suo operato lo portò ad essere tra i più apprezzati artisti a livello internazionale. Ma egli non si limitò all’affresco ed alla pittura a cavalletto, bensì l’apice della sua bravura lo espresse nella ceramica, portandola a livelli così alti da elevarla a vera e propria arte.


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Fu lui che in Italia, per primo, si ispirò all’Art Nouveau, qui denominata Liberty, non solo nel gusto pittorico decorativo della ceramica, ma anche nell’esecuzione parietale, con una variante derivata dai suoi studi accademici, alla sinuosità stilemica, tipica del liberty, aggiunse una corposità rinascimentale e un gusto simbolista, dandogli così un’identità tutta europea. Acclamato in patria e all’estero, Chini porterà la pittura italiana ad uno svecchiamento dalle pastoie accademiche, rinnovandola ad un gusto più europeo, foriero di modernità, e proiettato già al futurismo ed altre innovazioni, come il cubismo di Picasso. Ma la sua rivoluzione pittorica sarà meno plateale, il suo contributo sarà di trasformare dall’interno il linguaggio tradizionale, apportando uno spirito vitale, pervaso da un’ansia modernista che equivaleva quelle più avanguardiste. In questi giorni, fino al 25 aprile, a Firenze, a Villa Bardini, si tiene una mostra incentrata sui primi anni, quelli giovanili, della carriera di Galileo Chini. “Galileo Chini e il Simbolismo Europeo”, prende in esame

in mostra

la formazione e la conseguente adesione dell’artista al simbolismo europeo, che lo consacrerà come uno dei più acclamati del primo ventennio del novecento, in tutta Europa ed anche in America. Ammirato da artisti come Boccioni e Previati, con cui condivide la tecnica pittorica divisionista, si adoperò ad abbattere un certo pregiudizio di inferiorità tra arti maggiori e minori. Attraverso la ceramica fece conoscere il Liberty, eccellendo in tali manufatti, assumendo la direzione della fabbrica Arte della Ceramica, poi Fornaci S. Lorenzo, portandoli ad essere tra i più richiesti in patria e fuori dai suoi confini. Vasi preraffaelliti e spiccatamente liberty, di cui una sintesi è presente in mostra. Veri e propri capolavori che ben evidenziano l’estro di Galileo Chini e ne avvalorano il successo ottenuto. Oltre duecento i pezzi in visione, tra dipinti, cartoni, disegni, illustrazioni e ceramiche, che mostrano l’ascesa e l’unanime apprezzamento del mondo dell’arte di questo versatile e geniale artista che tanto lustro dette all’Italia.

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“Riccardino”

Di Andrea Camilleri di Giuseppe Chitarrini

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’ultimo romanzo con il commissario Montalbano come protagonista, è stato scritto nel 2005, rivisto nel 2017 e pubblicato nel 2020: quindi non l’ultima scrittura dell’autore, ma la sua ultima pubblicazione a un anno esatto dalla sua morte. L’ultimo suo scritto è “Il metodo Catalanotti”, pubblicato prima: nel 2019. In “Riccardino” ritroviamo gli ingredienti che hanno caratterizzato la narrazione ultratrentennale di Camilleri/Montalbano, e che l’hanno resa unica e preziosa. Vi ritroviamo la declinazione vigàtese del siciliano: una evoluzione linguistica partita dal dialetto ‘bastardo’ che parlava l’autore fin da bambino, per giungere al vigàtese, che invece è invenzione (p.10) e costituisce 10

così anche una sofisticata e originale sperimentazione linguistica. Come inventata e magica è la realtà di Vigàta: una realtà locale anche questa inventata, quasi una assolata e mediterranea “Macondo”, fra facciate barocche, agrumeti ed oliveti. Vi ritroviamo poi le asperità del personaggio Montalbano, che questa volta però appaiono più sfumate, velate da inquietudine e malinconia, come se, scrittore e personaggio, volessero cogliere la fase definitiva, l’epilogo di una storia lunga che ci ha accompagnato per più di un quarto di secolo. Una vicenda, forse unica, che ha visto alchemicamente fondersi linguaggi e repertori letterari, psicologia, letteratura di ‘genere’ e ‘alta’ letteratura, realismo magico, sperimentalismo e nazional-popolare, fiction televisiva e successo editoriale, intelligenza narrativa, contaminazione di genere letterari ecc. In queste pagine, troviamo i personaggi consueti: Mimì, lo stralunato Catarella, Fazio… disegnati magistralmente dalla scrittura di Camilleri, che, mai come in questo caso, ripercorre echi e tonalità pirandelliane. P. es. l’autore che, nelle vesti di petulante deus ex machina, telefona al protagonista del libro dandogli delle sballate indicazioni sulla condotta delle indagini; protagonista che, a sua volta, è mosso da invidia e risentimento nei confronti del più popolare


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‘doppio’, cioè il Montalbano televisivo. Una composita galleria di personaggi pittoreschi, affabulatori e buffoneschi, rappresentanti di una sicilianità, appunto, vigàtese, più siciliana della sicilianità. Una galleria di personaggi caratterizzati, che nella versione televisiva è formata da attori e interpreti dialettali, sapientemente ‘mescolati’ ad attori televisivi e di cinema e sapientemente diretti dal magistero di Alberto Sironi (anche lui scomparso recentemente), che ha saputo non solo trasporre intelligentemente le pagine, ma anche interpretarle, impreziosirle, arricchirle. Sono riscontrabili, dicevo, i toni pirandelliani (oltre i dichiarati riferimenti a Sciascia), che si rivestono, qui forse più del solito, di aloni crepuscolari e malinconici, che però non rinunciano all’ilarità dei tics, alla battuta fulminante, al benevolmente ridicolo del qui pro quo, del malinteso e dell’ironico stupore

occhio al libro

come reazione di fronte all’imponderabile e al caos, che dissolvono quella che dovrebbe essere la realtà razionale delle cose. E così, anche qui, Montalbano segue i percorsi della sua logica tentando di dipanare l’intricata matassa che sta dietro ai due efferati omicidi, ma la logica deve cedere il passo alla magia dell’imponderabile “che trasforma non solo la trama, ma anche ogni moto del sentimento e della ragione travolgendo totalmente il lettore” (nota dell’editore p. 12). Con “Riccardino” si chiude un’epoca, un’esperienza unica e di lunga durata, che, come dicevamo, ha saputo tradurre la cultura letteraria e linguistica in cultura popolare e di massa, nella pagina scritta e nell’immagine televisiva, reclutando intere generazioni di spettatori, divenendo anche “un riferimento etico e civile per la Sicilia e l’intero paese”(p.11). 11


Matrix Resurrections

La scelta non convenzionale nell’industria mediale contemporanea di Valerio Lucantonio

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l 2021 cinematografico si è concluso con un film di cui molti probabilmente non sentivano il bisogno, come mostrato anche dal risultato alquanto insoddisfacente ottenuto al box office. La tiepida accoglienza riservata a “Matrix Resurrections” (quarto capitolo della saga cult che ha ridefinito l’immaginario fantascientifico a cavallo tra i due millenni) può essere attribuita al forte senso di chiusura del finale della trilogia originale, all’inasprirsi di una nuova ondata della pandemia, all’uscita in diversi paesi contemporaneamente in sala e in streaming su HBO Max, e forse anche a un crescente senso di noia verso le ormai incessanti riproposizioni di franchise e proprietà intellettuali pre-esistenti. È un peccato che questo nuovo 12

capitolo sia passato quasi inosservato e abbia dovuto subire i risvolti negativi delle dinamiche dell’attuale sistema cinematografico, poiché – con amara ironia – sono proprio questi a essere al centro delle sue riflessioni estetiche, politiche e soprattutto (meta)narrative. Il racconto si apre su uno scenario apparentemente alternativo rispetto alle vicende dei film precedenti: un gruppo di hacker ribelli, mai visti prima, combatte e fugge da nuovi agenti in quella che però scopriamo presto essere una simulazione programmata da Thomas Anderson, ora non più l’hacker che abbiamo conosciuto come “Neo”, ma un affermato sviluppatore, ideatore della celebre saga videoludica Matrix. Questo mondo parallelo, sovraccarico di riferimenti metatestuali per nulla velati al significato, alla ricezione e alla concezione autoriale della trilogia cult, si rivela ben presto essere a sua volta una simulazione, una nuova versione di Matrix, nella quale Neo è stato imprigionato dopo essere stato resuscitato dalle macchine in seguito all’epilogo del terzo capitolo. Grazie all’aiuto dei nuovi ribelli egli dovrà ancora una volta risvegliarsi per contrastare un nuovo programma, l’Analista, il quale ha compreso che per non incorrere nei problemi delle precedenti iterazioni di Matrix è più efficiente ottenere energia dalle emozioni umane, e in particolar modo dal senso di incompletezza e insoddisfazione provato quando si anela a un obiettivo tanto prossimo quanto irraggiungibile. Per questo Neo e Trinity (anche lei resuscitata) sono stati conservati per sei decenni in due capsule speciali, vicine, ma separate, in una struttura informatica che non prevede più un singolo eletto, ma una coppia in costante tensione reciproca. Anche solo a partire da questa breve sinossi è inevitabile non partecipare al gioco di analisi e parallelismi metanarrativi disposto dal film, che costituisce un caso esemplare di come ormai si stiano diffondendo nuove forme di


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postmodernità cinematografica, elaborate anche e soprattutto dai blockbuster e da altri prodotti di larga diffusione. Se il primo “Matrix” oggi può essere visto come un’opera avanguardista per le tecnologie impiegate e per la ricombinazione citazionista di stilemi registici e mondi narrativi eterogenei, capace di conciliare in modo inedito la cultura audiovisiva orientale con quella occidentale, “Matrix Resurrections” riflette e rilegge la sua carica di modernità con ironia e disincanto. Questa operazione di revival si pone in aperto contrasto con l’approccio nostalgico e compiacente di molti franchise contemporanei, relegando l’azione spettacolare e i riferimenti alle scene iconiche del passato in delle parentesi di fanservice contenuto e sempre in linea con l’autoriflessività dichiarata, a tratti didascalicamente ostentata, che permea l’intera pellicola. Per Lana Wachowski, stavolta da sola dietro la macchina da presa, resuscitare Matrix è soprattutto un’occasione per formulare in chiave estetica una serie di invettive e rivendicazioni rispetto alla propria posizione autoriale, allo stato

cinema

della cultura e dell’industria cinematografica, all’immaginario e ai valori legati al franchise. Nel riattualizzare Matrix la regista compie delle operazioni semiotiche complesse, che possono essere tutte ricondotte al concetto di superamento delle separazioni binarie precedenti. “Matrix Resurrections” ci dimostra che solamente spostando il fuoco dalla contrapposizione di due termini opposti alla rete di relazioni, che ne regola le continue risignificazioni, si può trovare una via fertile per l’evoluzione e il progresso. È quello che succede, su piani diversi, tra umani e macchine, tra maschile e femminile, tra testo e contesto, tra revival industriale e decostruzione autoriale. Questo quarto capitolo forse non soddisferà gli appassionati (e tutto sommato sembra volere proprio il contrario), ma merita di essere visto in quanto mantiene una coerenza stratificata al proprio interno e rispetto alla saga, ben esemplificata dallo sdoppiamento della figura concettuale della reiterazione, ora non più solo narrativa, ma anche extratestuale.

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la Roma insolita

Il Congresso degli arguti, le statue parlanti di Roma di Nicola Fasciano

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vremmo anche potuto intitolare questo articolo “Non solo Pasquino”, richiamando la più conosciuta delle statue utilizzate dal popolo romano nei secoli passati per far sentire il proprio disaccordo contro il potere della chiesa di allora, situata alle spalle di Piazza Navona in piazza di Pasquino. Cosa succedeva: di notte al buio, c’era chi metteva anonimamente dei pezzi di carta, scritti sovente in latino, su una di queste statue e quando la mattina questi sonetti venivano scoperti, il fragore poteva anche essere tale da creare rivolte. Il peso politico di questa forma di resistenza al potere divenne tale da rendere necessario un intervento del papato che decise di comminare pene severe a chiunque avesse contribuito, in qualunque modo, a produrre scritti di natura satirica e offensiva. In realtà esistevano anche altre statue che venivano utilizzate a questo scopo; in totale erano sei quelle coinvolte in ciò che venne denominato il cosiddetto Congresso degli Arguti, nascoste nel centro storico di Roma, non molto distanziate tra loro, tanto da suggerire un percorso di visita interessante. La prima è Marforio, una grande statua marmorea di epoca romana, oggi conservata a Palazzo Nuovo ai Musei Capitolini, alla quale si attribuisce una battuta diretta a Napoleone e agli invasori francesi: “È vero che i Francesi sono tutti ladri?” . A tale

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battuta, in un dialogo surreale, rispose Pasquino: “Tutti no, ma Bona-Parte”. La statua che diede il nome a via del Babuino, è un reperto romano emerso dagli scavi di risistemazione della strada e poichè ricorda una scimmia, da qui il nome attribuitogli dal popolino. Madama Lucrezia, enorme busto marmoreo di epoca romana, raffigurante la dea Iside o forse una sua sacerdotessa, rinvenuto nell’area che un tempo fu sede del famoso santuario dedicato alla dea egizia, oggi è posto all’angolo di piazza San Marco. Non solo ebbe il privilegio di parlare in qualità di unico esemplare femminile del Congresso, ma, fino a non molti anni fa, era talmente apprezzata dal popolo che chiunque passasse davanti a lei pare chinasse il capo in segno di riverenza. Nascosta in un

angolo dietro la chiesa di Sant’Andrea della Valle in piazza Vidoni c’è la statua di epoca tardo-romana dell’Abate Luigi, raffigurante originariamente forse un console o un magistrato, ma alla quale la fervida fantasia del popolino riconobbe la figura di un abate e quindi l’attuale denominazione. Per concludere, abbiamo Il Facchino, fontanella incassata lungo via Lata in un angolo di palazzo De Carolis, adiacente a via del Corso. Secondo una prima versione, la fontanella rappresenterebbe un “acquaiolo” o un portatore d’acqua con il caratteristico costume dell’epoca. Secondo un’altra versione sarebbe stata dedicata ai facchini portatori di vino. Di sicuro faceva parte delle statue appartenenti al Congresso degli Arguti, che hanno concluso la loro funzione dissacratoria con l’unità d’Italia, tranne ritornare a parlare solo in occasioni davvero speciali.


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Roma

“Quayola. Re-coding” Palazzo Cipolla, fino al 30 gennaio 2022 “I quadri scendono le scale” Galleria Borghese, fino al 7 febbraio “Sebastiao Salgado. Amazonia” MAXXI, fino al 16 febbraio 2022 “Prima, donna. Margaret Bourke-White” Museo di Roma in Trastevere, fino al 27 febbraio 2022 “Dante nelle sculture di Pietro Canonica” Museo Pietro Canonica, fino al 27 febbraio “Thomas Hirschhorn. The Purple Line” MAXXI, fino al 6 marzo 2022 “Materia nova. Roma nuove generazioni a confronto” Galleria d’Arte Moderna di Roma, fino al 13 marzo “Sara Basta. La prima madre” Fondazione Pastificio Cerere e Spazio Molini, fino al 26 marzo “Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta. Violenza e seduzione nella pittura tra cinquecento e seicento” PalazzoBarberini, fino al 27 marzo “Klimt. La secessione e l’Italia” Museo di Roma Palazzo Braschi, fino al 27 marzo 2022 “Una rivoluzione silenziosa. Plautilla Bricci pittrice e architettrice” Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Corsini, fino al 19 aprile 2022 “Supernova” di Cao Fei MAXXI, fino all’8 maggio

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Alba

“Burri. La poesia della materia” Fondazione Ferrero, fino al 30 gennaio “Giovanni Boldini. Lo sguardo nell’anima” Palazzo Albergati, fino al 14 marzo

Catania

“Banksy&Warhol” Palazzo della Cultura, fino al 2 giugno

Firenze

“Jeff Koons. Shine” Palazzo Strozzi, fino al 30 gennaio 2022 “Jenny Seville” Museo Novecento, Palazzo Vecchio, Museo dell’Opera del Duomo, Museo degli Innocenti e Casa Buonarroti, fino al 20 febbraio 2022 “Benozzo Gozzoli e la Cappella dei Magi” Museo di Palazzo Medici Riccardi, fino al 10 marzo “Galileo Chini e il Simbolismo Europeo” (articolo a pagg. 8-9) Villa Bardini, fino al 25 aprile

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Genova

“Escher” Palazzo Ducale, fino al 20 febbraio 2022 “Hugo Pratt. Da Genova ai mari del sud” (Articolo a pagg. 10-11) Palazzo Ducale, fino al 20 marzo 2022

Milano

“Claude Monet. Opere dal Musèe Marmottan Monet di Parigi” Palazzo reale, fino al 30 gennaio 2022 “L’arte di raccontare storie senza tempo” Mudec, fino al 13 febbraio 2022 “Maurizio Cattelan. Breath Ghosts Blind” Pirelli Hangar Bicocca, fino al 20 febbraio 2022 “Saul Steinberg” Triennale Milano, fino al 13 marzo 2022 “Gran Tour. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei” Gallerie d’Italia, fino al 27 marzo 2022 “Realismo magico” Palazzo Reale, fino al 27 marzo “Piet Mondrian. Dalla figurazione all’astrazione” Mudoc, fino al 27 marzo

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Napoli

“William Kentridge. Waiting for the Sibyl” Certosa di San Martino, fino al 13 febbraio “David LaChapelle” Maschio Angioino, fino al 6 marzo “Rethinking Nature” MADRE, fino al 2 maggio

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Torino

“Fattori. Capolavori e aperture sul ‘900” GAM, fino al 20 marzo. “Kakemoto. Cinque secoli di pittura giapponese” MAO, fino al 25 aprile.

Venezia

“Tapio Wirkkala e Toni Zuccheri alla Venini” Le stanze del vetro, fino al 13 marzo “Power & Prestige” Palazzo Franchetti, fino al 13 marzo “Venezia 1600. nascite e rinascite” Palazzo Ducale, fino al 25 marzo

Eventi


“Supernova" di Cao Fei MAXXI Roma fino all'8 maggio 22.l.

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