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Allora sarebbe opportuno chiederci: quanto tempo dovrebbe dedicare un bambino ai compiti alla scuola primaria?

Il professor Campana, docente dell’Università di Padova che si è dedicato molto alla riflessione sui compiti per casa, fornisce questo suggerimento: seguiamo la regola dei dieci minuti. In classe prima assegniamo dieci minuti di compiti al giorno, in seconda venti e così via. Arriveremo in classe quinta con un tempo medio di compiti di circa un’ora. In questo modo alla scuola secondaria di I grado gli studenti saranno abituati a dedicare ai compiti a casa circa un’ora, che è anche il tempo che la ricerca ci dice portare un beneficio nella resa scolastica in quest’ordine di scuola (Cooper, 2006).

Un ambiente accogliente e che fa star bene chi lo abita necessita di interruttori emozionali. Ma quali sono questi interruttori? Vediamone qualcuno.

Gli interruttori non verbali dell’Io-Io

Un interruttore che accende le emozioni positive pro-sociali è certamente il contatto, l’abbraccio sia fisico sia psicologico. Dalle scienze neurobiologiche sappiamo che trenta secondi fra le braccia di qualcuno fanno produrre ossitocina al nostro cervello. Anzi, molti studi dimostrano che già dopo venti secondi che abbracciamo l’altro inizia ad aumentare nel nostro corpo il livello dell’ossitocina e contemporaneamente si abbassano il battito cardiaco e la pressione sanguigna. L’ossitocina, conosciuta anche come “l’ormone della relazione”, ha delle funzioni davvero straordinarie: regola le contrazioni durante il travaglio e l’emissione del latte durante l’allattamento, ha un ruolo determinante nel comportamento materno, nella creazione di un legame di affetto tra le persone (specialmente tra la mamma e il suo bambino) e nei rapporti sociali. Sembra essere anche collegata ai sentimenti di fiducia tra gli esseri umani; inoltre pare capace di ridimensionare i comportamenti di paura e di ansia e ridurre lo stress: limitando l’ansia sociale, infatti, permette la costruzione di relazioni migliori. In sostanza, l’ossitocina sembra essere il mediatore tra il supporto emozionale e i benefici che questo ha per la salute. E basta un solo interruttore emozionale per provocare tutto ciò: un abbraccio, appunto. Quindi, quando siamo tanto stressati, tanto in ansia, tanto in pena, che cosa cerchiamo? Non certo chi ci valuta e ci giudica: noi cerchiamo un abbraccio e l’abbraccio non solo fisico, ma anche psicologico, simbolico… Basti pensare che lo sguardo può “abbracciare”, la voce con la sua intonazione può fare altrettanto, e perfino gesti in lontananza… Tali abbracci “Io-Io – Noi…”, attraverso l’ossitocina, ci aiutano a creare un rapporto di fiducia con l’altro e riducono le emozioni di timore, ci fanno percepire l’alleanza e ci trasmettono conforto.

La carezza e il tocco

Anche la carezza è un interruttore emozionale, un “interruttore” molto simile all’abbraccio. Per un piccolo la carezza e il contatto sono molto importanti: sono i gesti più antichi dell’accudimento, del dare e ricevere affetto. Una carezza è comunicazione, comprensione, conforto, collaborazione, vicinanza, amicizia. Ci fa sentire bene e noi siamo programmati per andare alla ricerca di quello che ci fa sentire bene. L’abbraccio è molto potente, la carezza lo è altrettanto, ma anche il semplice tocco ha importanti conseguenze a livello fisico: solo toccando una persona provochiamo una diminuzione del battito cardiaco, della pressione sanguigna e del cortisolo e un aumento dell’ossitocina.

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