

VALE PIÙ 1 GRAMMO DI COMPORTAMENTO
CHE 1 CHILO DI PAROLE
Viviamo sommersi dalle parole; il chiacchiericcio invade gli spazi, stordisce il pensiero, distrae l’attenzione, inflaziona la comunicazione. Un crescente numero di persone intende affermare la propria opinione, spesso su argomenti di cui non sa niente
o quasi. In tal caso il sentito dire prevale spietatamente sulla conoscenza approfondita, oggettiva e consapevole. Produciamo Opinionisti a ciclo continuo e su scala industriale; uno dei vizi più diffusi del nostro secolo è quello di voler a tutti i costi consigliare gli altri
su come vivere.
Ma nulla è completo – né la conoscenza, né la verità, né l’ascolto - se non lo si traduce in azione. Il risultato dell’azione è un prodotto oggettivo, evidente, ben difficilmente manipolabile. Sarà forse per questo che …?
PS. Un saggio ebbe a dire: Non dare peso alle parole che vengono dette; valuta sempre la bocca da cui escono.
Fabrizio Favini
Con la pubblicazione del Numero
83 il Magazine
rivoluzionepositiva compie 7 anni.
Questo importante e significativo compleanno lo dedico a tutti i 210
Personaggi che mi hanno lusingato con il loro contributo di saggezza, conoscenza, autorevolezza, tra i quali:
EDOARDO BONCINELLI
GIULIO GIORELLO
SALVATORE VECA
ROBERTO CINGOLANI
ENRICO GIOVANNINI
NANDO PAGNONCELLI
ELSA FORNERO
PIETRO ICHINO
GUIDO VISCONTI
EUGENIO VIGNALI
MASSIMILIANO FINAZZER FLORY
ALBERTO ROCCA
DANIELA BERNACCHI
SILVIO GARATTINI
DIANA BRACCO
NICCOLÒ BRANCA
N.RODARY&A.VERONESE
PAOLO CREPET
REMO LUCCHI
MARIA MARTELLO
ALBERTO BOMBASSEI
CRISTINA BOMBASSEI
FEDERICO FAGGIN
ENZO RISSO
GIUSEPPE IANNOCCARI
ROBERTO BATTISTON
MASSIMILIANO GIANSANTI
LORENZO CODOGNO
DONATELLA SCIUTO
FRANCO BERNABÉ
FEDERICO FUBINI
A.MINGARDI&M.SACCONI
FRANCESCA CORRADO
CRISTINA ORIGLIA
PAOLO SCARONI
GIAMPIERO MASCOLO
FRANCO DE MASI
CARLO BUONTEMPO
GIANFRANCO MINUTOLO
MAURIZIO BIFULCO
FEDERICA PELLEGRINI
FILOMENA MAGGINO
GIAN CARLO COCCO
NATHALIE TOCCI

Grazie!
Fabrizio Favini
PROGETTO
Il marchio del Magazine rivoluzionepositiva riporta 3 parole che sintetizzano i 3 stadi evolutivi del sapere.
Prima parola: INFORMAZIONE. Troppe persone ormai si ritengono soddisfatte nella loro ricerca del sapere quando la loro fonte del sapere è la Rete. Peccato che l’Informazione attendibile si sia ormai estinta
avendo lasciato il posto alle fakenews. Fermarsi a questo stadio significa essere disinformati, superficiali, manipolabili, marginali, inaffidabili.
Seconda parola: CONOSCENZA. Per sconfiggere le fakenews dobbiamo sviluppare un adeguato livello di conoscenza, che si costruisce con lettura profonda, ricerca,
confronto, verifica. Un grande salto di qualità rispetto a INFORMAZIONE, non vi è dubbio. Ma non basta. Ognuno di noi, con un passo ulteriore, può dare un personale contributo alla soluzione dei tanti problemi che stanno comprimendo la nostra esistenza.
Terza parola: SAGGEZZA. Significa saper essere consapevoli, ovvero dominare impulsi, emozioni, sentimenti negativi a favore
di una personale rivoluzionepositiva. Quindi adottare un comportamento responsabile, che discende dal latino res-pondus: farsi carico del peso delle cose!
Saper essere saggi, appunto, una saggezza che nulla ha a che fare con il logoro, millenario paradigma secondo il quale la saggezza apparteneva solo agli anziani del villaggio. Tutti noi possiamo/ dobbiamo tendere alla saggezza!
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Il Magazine rivoluzionepositiva da oltre 6 anni contribuisce con continuità e determinazione ad alimentare un importante stimolo: la consapevolezza che ora - più che mai - abbiamo bisogno di comportamenti positivi e responsabili da parte di tutti noi!
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IL NOSTRO PERCORSO
L’universo del comportamento umano è uno dei pochi settori in cui si continua ad operare sulla scorta di abitudini e di modelli culturali in buona parte obsoleti.
Veniamo educati a soffrire per conquistarci un posto nella vita; viceversa l’educazione al benessere interiore, all’autoconsapevolezza, alla percezione di sé e degli altri ce la dobbiamo costruire da soli.
E così noi molto spesso facciamo un uso sub-ottimale delle nostre risorse personali, influenzando in tal senso la vita di chi ci sta vicino: in famiglia, in società, sul lavoro. Spesso aderiamo alla cultura della negatività, della lamentela, della critica, del rinvio, dell’immobilismo.
Altrettanto spesso siamo vittime di comportamenti autolimitanti. Sovente l’esperienza, consolidando un pregiudizio, ci
limita nella capacità di interpretare con lucidità la realtà circostante. Siamo in balìa di alibi, conformismi, abitudini consolidate e di false convinzioni.
Per rimuovere emozioni ed atteggiamenti negativi aprendo la nostra esistenza alle opportunità della vita, dobbiamo sviluppare energie costruttive e positive e un diverso approccio con noi stessi e col mondo che ci circonda.
rivoluzionepositiva ha lo scopo di aiutare, chi è interessato, a realizzare questi obiettivi.
Il Comitato di Redazione:
Fabrizio Favini
Roberto Cingolani
Enrico Giovannini
Gianni Ferrario
BENVENUTI A BORDO!
24 08 18 12
FABRIZIO FAVINI
Esperto di innovazione del comportamento
Ci serve una diversa intelligenza
GIAN CARLO COCCO
LORENZO CODOGNO
REMO LUCCHI
Imprenditore della consulenza e docente universitario
Intervista
pg. 28 Autori
pg. 32 Manifesto
Visiting Professor presso la London School of Economics
Almeno sui dazi, sta vincendo l’Europa
Esperto in ricerche sociali I problemi sociali e l’Intelligenza Artificiale - Cosa fare?
Ci serve una diversa intelligenza
FABRIZIO FAVINI
Il significato originale della parola emozione deriva dal latino emovere, ossia far uscire.
L’emozione quindi implica movimento, attività, azione.
Le emozioni costituiscono un insieme di risposte neuronali e chimiche che si attivano spontaneamente e che hanno il compito di proteggere il nostro organismo tramite la produzione di una reazione di avvicinamento o di allontanamento in presenza di uno stimolo, interno o esterno, piacevole o minaccioso.
Le emozioni sono preziose. Servono al nostro continuo apprendimento.
E fin dall’infanzia esiste uno stretto legame tra emozione e cognizione.
NB. L’apprendimento non deve essere accompagnato da emozioni disfunzionali che lo bloccano, come paura, colpa, ansia, noia. Vanno preventivamente rimosse.
Le emozioni sono dispositivi automatici missionati alla protezione della nostra vita.
Il cervello razionale lavora più o meno in modo simile a tutti gli altri cervelli razionali, ragion per cui i fondamentali razionali sono, in linea di massima, generalmente condivisi.
Viceversa, la vita emotiva è talmente variegata e intimamente caratterizzata e personalizzata che è scientificamente impossibile classificarla in un sistema generalmente condiviso.
Pertanto pretendere che il mio collega abbia la mia stessa identica visione del mondo è assurdo. Da qui il possibile conflitto.
Quindi ciò che rende diversa una persona da un’altra non è il cervello razionale bensì quello emotivo.
Questa considerazione ci fa capire quanto importante sia, nei nostri rapporti interpersonali, il ruolo delle emozioni e di come, in innumerevoli circostanze, abbiamo incontrato difficoltà e chiusure per nostra incapacità a tenere in conto non tanto la ratio quanto l’emotività del rapporto.
A maggior ragione ciò è vero se pensiamo quanto le regole che esprimono le emozioni variano enormemente da credenze a credenze e da una cultura all’altra.
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Teniamo a mente una piccola ma preziosa regola: l’emozione sempre precede la cognizione!
Le emozioni sono contagiose, tanto che alcuni parlano di virus. Attraverso un nostro atteggiamento siamo in grado di far sentire il nostro interlocutore un po’ meglio, molto meglio, un po’ peggio, molto peggio.
E questo stato d’animo può perdurare ben oltre il fatto o il gesto che lo ha originato, sviluppando conseguenze imprevedibili e a volte quindi di ardua gestione.
Nel caso si sviluppasse empatia tra 2 persone, ossia un reciproco arricchimento di sentimenti e una condivisione di emozioni, si può raggiungere una vera e propria intesa, elemento questo molto importante per un rapporto sociale soddisfacente, positivo e produttivo.
L’intesa richiede, prima di tutto, reciproca attenzione. Quando una persona presta attenzione a ciò che fa/dice l’altra, si crea un sentimento di mutuo interesse. Quando la nostra attenzione, viceversa, viene distolta da altri elementi, perdiamo la sintonia, ossia l’intesa.
Un altro fattore di intesa è la sincronizzazione ottenuta attraverso il ritmo della conversazione, oltre ad atteggiamenti non verbali come i gesti, la postura, il contatto visivo, il tono della voce, il sorridere al momento giusto, l’orientare il nostro corpo verso l’interlocutore.
Se viene a mancare questa sincronizzazione, la conversazione può risultare poco gradevole, con risposte fuori tempo e pause imbarazzate.
È il caso di una connessione scadente che può ridurre la conversazione ad un monologo, a volte espressione evidente di un fastidioso narcisismo.
In questo caso soddisfiamo unicamente le nostre esigenze, il nostro protagonismo, senza alcuna considerazione per quelle dell’interlocutore.
Viceversa, saper ascoltare favorisce sempre l’intesa permettendo alle emozioni di allinearsi.
Un’altra importante considerazione.
Non ci sono ricordi duraturi senza emozioni.
Data la sovrapposizione - non integrazione - tra cervello razionale e cervello emotivo, esistono 2 conseguenti sistemi di memoria: quella conscia o razionale, basata sulla cognizione e sull’esperienza e quella inconscia od emotiva basata sull’apprendimento.
Di fronte ad una emozione - chiusura di
un contratto, conflitto con un collega - ognuno di noi memorizza l’evento, il contesto, l’interlocutore, la piacevolezza o la sgradevolezza del fatto.
Come visto in precedenza, è la chimica prodotta dal nostro cervello che fissa il ricordo. Infatti, una eccitazione emotiva provoca il rilascio di adrenalina, ormone che ha la funzione di consolidare i processi della memoria.
È questo il motivo per cui il ricordo di situazioni emotive è ben più forte di quello di situazioni cognitive.
In un cervello integro, questi 2 sistemi lavorano in parallelo, senza intersecarsi, ed ognuno forma i propri ricordi. Senza l’emozione provocata dal sistema inconscio, la memoria razionale tende ad essere emotivamente piatta, ossia un contesto con significativa presenza di numeri e nozioni ma senza alcun sentimento.
Le emozioni influiscono quindi anche sulle nostre capacità cognitive. Infatti esse condizionano l’attenzione e la memoria sia per il modo in cui noi vi immagazziniamo un avvenimento sia come lo ricostruiamo quando lo richiamiamo.
Qualsiasi processo di apprendimento diventa effettivo, efficace e durevole quando il contenuto è vissuto dall’individuo come rilevante per la soddisfazione dei suoi bisogni e per la realizzazione dei suoi obiettivi personali.
Noi ormai dovremmo sapere che nessun messaggio esiste se non arriva a destinazione. Ecco dunque la formula magica, evocata prima con pudore, poi gridata nei corridoi, nelle redazioni, dagli schermi dei computer accesi: EMPATIA!
Dobbiamo capire e condividere i sentimenti e le intenzioni del Pubblico!
Siamo soffocati da informazioni, e dobbiamo scegliere. Per evitare che la profezia si avveri – sapremo tutto, non capiremo nulla – occorrono strumenti efficaci. Occorre capacità empatica: il cuore, da sempre, arriva dove la mente si ferma. Non perché sia migliore. Segue solo un’altra strada.
Beppe Severgnini –La vita è un viaggio – Rizzoli
Sappiamo che l’innovazione nel mondo dei rapporti interpersonali è configurabile come la nuova, profonda Rivoluzione Culturale ricca di enormi opportunità per enti, aziende, organizzazioni, istituzioni che ne comprendono e ne assecondano la storica portata.
E per esperienza sappiamo anche che la difficoltà nei rapporti umani riduce gli stimoli e la collaborazione, solidifica le convinzioni, facilita le ossessioni e la difese ad oltranza delle proprie convinzioni.
In tal caso il mondo delle nostre relazioni tende a diventare autistico.
• Pertanto se il ruolo dell’Intelligenza Emotiva resta il fattore primario nella maturazione della maggior parte delle nostre decisioni e delle relative conseguenze che esse producono, perché non sviluppare, educare, allenare la
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nostra Intelligenza Emotiva facendone il nostro punto di forza?
• Ognuno di noi ha non solo il proprio quoziente di intelligenza razionale ma anche il proprio quoziente di Intelligenza Emotiva; può essere una risorsa strategica sia per noi che per la struttura con la quale collaboriamo. Ma allora, perché non mettere a frutto questa nostra risorsa?
Tutte queste considerazioni ci portano a comprendere che non possiamo più solo parlare di razionalità, logica e cognizione bensì di Intelligenza Emotiva, ossia dell’uso intelligente delle nostre emozioni.
Fabrizio Favini
Intervista a Gian Carlo Cocco Imprenditore della consulenza e docente universitario
Sopravvivrà l’Europa?
Questo il titolo dell’ultimo libro di Gian Carlo Cocco, che abbiamo intervistato per parlare dell’attuale momento storico a livello geopolitico, economico e sociale.
D1 – Gli ultimi 3 anni hanno sconvolto il mondo: guerre anche in Europa, fragilità dell’ordine mondiale, cambiamenti repentini di alleanze e interessi sullo scacchiere geopolitico. Un impazzimento o qualcosa che viene da lontano?
Si tratta di conseguenze che nascono storicamente da lontano: la politica orientata al dominio degli Stati Uniti; le contraddizioni del continente europeo e la litigiosità, mai sopita, tra le nazioni di questa parte del pianeta; l’insofferenza che il resto del mondo ha accumulato nei confronti di un “Occidente” tradizionalmente oppressivo e basato nel tempo sullo sfruttamento delle altre nazioni.
Va segnalato che la litigiosità delle nazioni europee, che hanno scatenato nell’ultimo secolo 2 devastanti conflitti mondiali, negli ultimi 80 anni è apparsa sopita a seguito della guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Questa competizione, di portata nucleare, ha costretto l’Europa ad aderire al blocco occidentale egemonizzato dagli Stati Uniti e a ricorrere ad un pacifismo obbligato, ostentato in modo illusorio come vocazione ideologica condivisa.
In una prima fase questa situazione ha avuto effetti economici e sociali positivi, ma a partire dal crollo dell’Unione Sovietica ha originato, da parte degli Stati Uniti, l’illusione di poter dominare l’intero pianeta
VALE
recuperando, con manovre ingannevoli, l’enorme debito accumulato per abbattere la potenza sovietica.
Per perpetrare questo dominio gli Stati Uniti hanno enfatizzato 3 forme di inganno nei confronti degli Stati vassalli: una falsa narrazione riguardo il ruolo svolto per mantenere la pace nel mondo, in realtà con continui interventi militari; una falsa narrazione riguardo al ruolo svolto nella guida e nello sviluppo dell’economia mondiale accompagnata, in realtà, da rapine finanziarie e bolle speculative; una falsa narrazione circa i vantaggi della rivoluzione digitale gestita da monopoli incontrollabili in grado di raccogliere ogni genere di informazione e di trasformarle in business e manipolazioni ideologiche e politiche. Ad Henry Kissinger è attribuita questa battuta velenosa nei confronti degli Stati Uniti: “Essere nemici degli Stati Uniti è pericoloso, essere amici è letale”.
D2 – L’America non sembra più lei, colpa di Trump?
Gli Stati Unii sono giunti al capolinea della loro traiettoria storica, in modo simile a come è accaduto alla fine degli anni ‘80 per l’Unione Sovietica, che fu stroncata dalla insostenibilità delle spese militari sollecitate dalla competizione con gli Stati Uniti e da una burocrazia fatiscente e corrotta. Come ho avuto modo di anticipare in una recente trasmissione televisiva della Rete Sette “Coffe Break”, Trump è il Gorbaciov degli USA: sta cercando di evitare il disfacimento della sua nazione che ha accumulato un debito insostenibile e che ha perseguito un’impossibile egemonia mondiale con ogni mezzo lecito e illecito, inventando anche
la favola di essere in grado di esportare la democrazia. Gli Stati Uniti hanno iniziato negli anni ‘70, con la presidenza Nixon, ad abolire il sistema del gold standard obbligando la Comunità internazionale a fare riferimento al dollaro. Successivamente, negli anni ‘90, il presidente Clinton, per diffondere la politica di selvaggia speculazione finanziaria instaurata per sostenere la falsa solidità dell’economia statunitense, ha obbligato le economie mondiali ad abbandonare la separazione tra istituti di credito (destinati allo sviluppo delle imprese e al credito per le famiglie) e banche d’affari (fortemente rischiose in quanto basate sugli investimenti speculativi) per diffondere le cosiddette “banche universali” troppo grandi per poter fallire.
D3 – E l’Europa? Mai come oggi è evidente la debolezza dell’Unione.
Nel recente passato ci sono stati molti
inascoltati critici dell’Unione Europa, in primis l’antropologa italiana Ida Magli che nel 2010 scrisse un libro provocatorio dal titolo: “La dittatura Europea” contro lo strapotere dei burocrati e della finanza, la vigliaccheria della politica, il silenziamento dei popoli. Oggi quelle voci inascoltate trovano eco tardivo e contradditorio proprio da parte di ipocriti politici e superburocrati che hanno prodotto e cavalcato una unione prevalentemente monetaria e sostanzialmente commerciale - unione commerciale infarcita di regole e vincoli che hanno prodotto un effetto simile agli attuali dazi.
D4 – Cosa c’è davvero sotto a questo schizofrenico procedere del mondo oggi?
Vi è una mutazione in termini geopolitici in quanto il mondo occidentale, in crisi di valori, di demografia, di credibilità non è più in grado di influenzare le potenze consolidate come la Cina, in lotta di sopravvivenza come la Russia, emergenti come l’India e tutte le più o meno significative semipotenze come quelle del mondo asiatico, sudamericano e africano che si sono collegate (o si stanno collegando) al cosiddetto sistema dei BRICS, che coltiva la prospettiva di sopravanzare il mondo occidentale e di sostituire l’egemonia ormai fatiscente del dollaro.
.D5 – Da dove ripartiamo a livello mondiale?
Occorre recuperare un costruttivo senso pratico che parta dal presupposto che esistono altri sistemi politici certamente non ideali, talvolta iniqui e non democratici, ma con i quali, però, è indispensabile convivere. La contrapposizione ideologica che l’Occidente impiega rigidamente
emettendo giudizi etici nei confronti di sistemi politici considerati non accettabili è alla base di una contrapposizione che ha originato e origina continui conflitti sempre più difficili da risolvere.
D6 – E noi Europei?
O usciamo dalla sindrome masochistica che ci ha portato a produrre due devastanti guerre mondiali e dalla contemporanea allucinante convinzione di essere al centro del mondo e della storia, o altrimenti finiamo per sprofondare in una progressiva e inevitabile decadenza. Si tratta di accettare una visione incentrata sulla tolleranza delle altre culture e delle altre forme politiche abbandonando la convinzione che solo la “democrazia” progettata e realizzata da noi europei sia l’unica e insostituibile forma che produce il progresso, il benessere e la felicità.
D7 - I manager, cittadini del mondo come tutti gli altri, da tutto questo per l’impatto su economia e società sono più toccati e devono prestare più attenzione e fare qualcosa di particolare?
Occorre recuperare il pensiero critico per combattere la falsa narrazione che si incentra sui soli vantaggi della rivoluzione digitale e dell’intelligenza artificiale avviata e gestita, non va dimenticato, dagli Stati Uniti. Con “rivoluzione digitale” possiamo fare riferimento alla diffusione incontrollabile di smartphone, computer, ecc. Il tutto condizionato tramite le invasive reti di social media e dei siti che informano su tutto in modo rapido, uniforme e, spesso, superficiale. L’impiego continuo, reso di fatto “obbligatorio”, delle applicazioni digitali ha prodotto un’inarrestabile pigrizia mentale
e una progressiva perdita delle capacità di concentrazione che predispone alla superficialità e, implicitamente, all’ignoranza. Si tratta di un “sistema”, messo a punto con il contributo della CIA e del Pentagono, affinché gli Stati Uniti possano continuare a mantenere l’egemonia sul mondo e, soprattutto, addomesticare i cittadini e le imprese dell’Europa e delle altre nazioni inserite nella loro sfera d’influenza in qualità di nazioni sostanzialmente “colonizzate”.
Molti studi basati sulle neuroscienze hanno evidenziato che l’inarrestabile diffusione della digitalizzazione produce anche una forma subdola di dipendenza, la quale può arrivare a manifestazioni patologiche di carattere ossessivo, paragonabili all’assunzione delle sostanze stupefacenti.
D8 – In definitiva lei sul futuro del mondo, ma ancora più su quello dell’Europa cosa pensa?
Per quanto riguarda il continente europeo occorre cercare di recuperare un rapporto dialetticamente costruttivo con la Russia - favorendo ovviamente la soluzione dell’attuale guerra in Ucraina. Riepilogo sinteticamente alcune modeste proposte che ho dettagliato nelle pagine del mio libro che potrebbero essere applicate a livello globale o, quanto meno, europeo:
1. regolamentare i mercati finanziari al pari dei mercati tradizionali, inibendo le operazioni speculative ad alto rischio;
2. puntare all’efficace funzionamento di indipendenti e correttamente dotati enti di regolazione dell’attività economica e, soprattutto, finanziaria;
3. separare le banche d’affari dagli istituti di credito. Spacchettare le “banche universali” riportando il sistema bancario alla trasparente ed efficace territorialità;
4. rivalutare le imprese di produzione e servizi in grado di creare e distribuire ricchezza reale con norme e incentivi che ne proteggano la vitalità;
5. recuperare per le grandi imprese, le norme antitrust a tutela della corretta concorrenza in ogni tipo di mercato, soprattutto in quelli digitali tipici del capitalismo della sorveglianza;
6. riportare la moneta al suo ruolo fondamentale di mezzo di scambio. limitandone l’emissione e l’impiego per acquisire “debiti nazionali crescenti”;
7. combattere,oltrel’indebitamentostatale, anche il sovraindebitamento dei privati
e delle imprese. Il sovraindebitamento si è rivelato una piaga sociale che negli ultimi anni ha assunto dimensioni catastrofiche trasformando il capitalismo in “debitismo”;
8. contrastare l’omologazione dei gusti e dei consumi su scala mondiale -rivalutando la ricca differenziazione internazionale e regionale nella realizzazione di beni e servizi che ha caratterizzato nei secoli la varietà delle culture umane, anche in termini di artigianato;
9. limitare fortemente ai bambini e agli adolescnti l’uso degli smartphone e dei giochi elettronici o, quanto meno, educarli all’uso non ossessivo
10. occorre, infine, combattere il più grande alleato del capitalismo selvaggio: la burocrazia in continua, capillare, abnorme crescita e diffusione nel mondo occidentale (soprattutto nell’Unione Europea).
A cura di Gian Carlo Cocco

VALE PIÙ 1 GRAMMO DI COMPORTAMENTO
CHE 1 CHILO DI PAROLE
Almeno sui dazi, sta vincendo l’Europa
“I dazi sono la parola più bella del vocabolario”, diceva Trump, sperando di poter far pagare al resto del mondo una riduzione delle tasse per gli americani. Ma questa illusione sta iniziando a rivelarsi— appunto—come un’illusione. Sta accadendo quello che la maggior parte degli economisti già si aspettava e che il Presidente Trump ha negato per anni: i dazi danneggiano chi li impone.
Trump ha utilizzato l’arma dei dazi come una clava da usare per estrarre concessioni dai nemici, ma anche dagli alleati. È riuscito, almeno per ora, a convincere i Paesi del G7 a non tassare i giganti USA del web. Ha costretto gli europei ad impegnarsi ad acquistare forniture militari ed a fare investimenti negli Stati Uniti. E comunque gli europei hanno dovuto incassare dazi al 15% senza nessuna contropartita. Anzi, Trump già da alcuni mesi ha costretto gli europei ad accollarsi l’intero
costo delle forniture militari statunitensi all’Ucraina, di fatto minacciando di togliere l’ombrello protettivo di intelligence e telecomunicazioni e di “interpretare” l’Art.5 della NATO. Questo articolo stabilisce che un attacco armato contro uno o più Paesi che fanno parte dell’Alleanza in Europa o nell’America settentrionale debba essere considerato come un attacco diretto contro tutti i membri. In altre parole, se viene colpito anche solo un Paese NATO, tutti gli altri devono considerarsi coinvolti, a meno che Trump non interpreti diversamente.
L’utilizzo dei dazi è guidato anche da motivazioni politiche. L’imposizione di un’aliquota al 50% sul Brasile è stata motivata da quella che Trump pensa sia una “caccia alle streghe” messa in atto dal governo brasiliano contro l’ex presidente Bolsonaro. E vi sono anche le pressioni su industrie private come Merck (USA) e AstraZeneca (Europa) per ridurre i prezzi dei farmaci sul mercato americano. E a qualcuna è andata anche peggio. La Hyundai, che stava costruendo con personale coreano uno stabilimento per la produzione di batterie negli Stati Uniti, si è vista mettere i dipendenti in catene e minacciati di essere deportati per aver preso qualche scorciatoia in materia di procedure sull’immigrazione.
Ma la vera contesa è ormai in termini tecnologici e geopolitici. Mentre in passato il commercio mondiale si sviluppava prevalentemente con lo scambio di merci, ora la partita è sul dominio delle piattaforme tecnologiche globali. Sempre più servizi vengono intermediati da aziende che detengono una supremazia quasi monopolistica a livello mondiale, e in questa sfida gli Stati Uniti hanno solo un avversario: la Cina.

La partita per l’Europa è già persa e sarà molto difficile recuperare.
La sezione 899 del Big Beautiful Tax Bill, come Trump ha definito il budget presentato di recente, prevedeva un aumento della tassazione sul reddito prodotto negli Stati Uniti da residenti in Paesi che impongono tasse che il governo statunitense considera discriminatorie. Per intenderci, questo includeva anche la tassazione sui giganti del web. Alla fine, questa norma è stata tolta per l’accordo a livello G7, ma nulla vieta che possa essere reintrodotta in futuro se una delle tante richieste di Trump non dovesse avere gli esiti voluti. Si aggiungano anche le recenti iniziative per levereggiare il ruolo globale del dollaro attraverso il supporto agli stablecoin, garantiti da titoli di Stato del Tesoro americano. In sostanza è una vera e propria guerra commerciale ibrida combattuta a tutto campo. Si tratta di una lotta per soldi e potere, non per regole o valori.
A spezzare questo fragile equilibrio geopolitico potrebbe essere un attacco russo ad un Paese NATO confinante, ma speriamo non si arrivi a tanto. Questo farebbe capire se gli Stati Uniti stanno pienamente dalla parte dell’Europa. Di sicuro, però, l’Unione Europea non sta mettendo insieme le sue forze, né militari né politiche e neppure economiche, per contrastare le derive autoritarie e conflittuali attorno a sé, anche perché è profondamente divisa al suo interno. L’Unione Europea è debole. Anzi, debolissima.
Per capire i perché, basterebbe leggere quanto ha scritto e detto Mario Draghi, definito dal Financial Times come la cosa più vicina ad un oracolo che Bruxelles ha.
Tuttavia, almeno su uno di questi fronti il conflitto sembra volgere a favore degli europei. Come i libri di testo di economia avevano da sempre indicato, i dazi sono una tassa per i consumatori e le imprese del Paese che li impone. A maggior ragione questo avviene se non è un Paese specifico che viene colpito, ma sono tutti i rapporti commerciali degli Stati Uniti. Si può addirittura argomentare che in termini relativi la tassazione al 15% imposta all’Unione Europea è più favorevole rispetto a quella applicata ad altri Paesi, e quindi gli esportatori europei dovrebbero risentirne di meno in termini relativi, o addirittura dovrebbero beneficiarne.
Ricordo, inoltre, che i dazi vengono materialmente pagati dall’importatore statunitense e affluiscono direttamente alle casse del Tesoro americano. Dall’inizio dell’anno e sino a metà settembre, sono
affluiti ben 160 miliardi di dollari che si confrontano con circa 65 nello stesso periodo dell’anno scorso. Raggiungeranno circa 285 miliardi a fine anno e a regime potrebbero toccare i 400 miliardi di introiti.
L’importatore statunitense ha 3 scelte: (1) chiedere uno sconto all’esportatore, a parziale o totale compensazione dei dazi pagati o da pagare; (2) assorbire lui il maggior costo e pertanto ridurre i suoi margini di profitto; (3) oppure, e questa sembra essere la scelta preferita, passare i maggiori costi lungo la catena di produzione e distribuzione negli Stati Uniti o direttamente al consumatore finale.
Gli esportatori europei stanno attivando i loro lobbisti per ottenere sussidi e sovvenzioni pubbliche che consentirebbero loro di offrire sconti agli importatori americani compensando almeno in parte
i dazi, e forse alcuni di questi tentativi andranno a buon fine. O per meglio dire, a cattivo fine. Infatti, non ci sarebbe nulla di più deleterio per i governi europei che andare indirettamente a finanziare il bilancio pubblico americano.
Tuttavia, gli esportatori europei sembrano intenzionati a non offrire sconti. Il mercato americano è il più competitivo al mondo. Per ottenere quote di mercato gli esportatori europei hanno probabilmente già compresso i loro margini in passato. Inoltre, anche se sono abituati a fatturare i loro prodotti in dollari, cioè ad assumersi il rischio di cambio, l’indebolimento del dollaro da inizio anno rappresenta un fattore ulteriore di compressione dei loro margini se non sono state adottate adeguate politiche di copertura.
In conclusione, difficilmente saranno in grado di ridurre i propri margini di guadagno per favorire i loro clienti statunitensi. Non solo questo non sta accadendo, ma sta avvenendo l’opposto. Prima del Liberation Day del 2 aprile, la variazione trimestrale annualizzata dei prezzi delle importazioni statunitensi dall’Unione Europea mostrava una variazione negativa pari a -3,6%. Ad agosto, la variazione era del +2,1%. Quindi non solo gli esportatori europei non stanno riducendo i prezzi per compensare i dazi, ma li stanno addirittura aumentando.
E probabilmente per una buona ragione. Spesso i prodotti europei non sono sostituibili con produzioni americane, sia per l’unicità di alcuni prodotti sia perché non vi è molta capacità inutilizzata nell’industria USA e neppure mano d’opera qualificata disponibile. Le stime prevalenti mostrano che le produzioni locali potrebbero sostituire
le importazioni al massimo per un 10%, e solo in alcuni settori.
Vi è poi un possibile effetto di sostituzione con altri prodotti. Per intenderci, il consumatore americano che comprava vini italiani o francesi potrebbe passare alla più economica birra a causa della contrazione del suo potere d’acquisto a seguito di un’inflazione più elevata. Questo fenomeno probabilmente si realizzerà, ma l’impatto sarà contenuto.
L’alternativa è rappresentata da un assorbimento dei dazi sulle importazioni nei margini di profitto degli importatori statunitensi. Sino ad ora, gli importatori sono riusciti a fare grandi scorte in anticipo rispetto all’introduzione dei dazi, e soprattutto nel mese di marzo. Le scorte nel settore privato hanno fatto un balzo di 160 miliardi di dollari nel primo trimestre di quest’anno, mentre nel secondo hanno iniziato a ridursi di circa 30 miliardi. Con questo accumulo di scorte, gli importatori sono riusciti a schivare temporaneamente le tariffe di Trump, consentendo loro di continuare per un po’ di tempo a vendere i prodotti agli stessi prezzi. Tuttavia, la situazione sta cambiando.
I prezzi al consumo negli Stati Uniti hanno mostrato una lenta ma progressiva accelerazione. L’indice ‘core’ relativo alle merci ha accelerato al 3,1% anno su anno in agosto, con la media a 3 mesi annualizzata che ha raggiunto il 3,6%, mentre la variazione mensile annualizzata ha raggiunto il 4,2%. In sostanza gli aumenti di prezzo dovuti ai dazi stanno gradualmente trasferendosi al consumatore finale. Questo avrà l’effetto di comprimere il reddito disponibile reale e quindi i consumi. Stime indipendenti del
Budget Lab di Yale mostrano che si avrà una diminuzione del PIL rispetto allo scenario di base in assenza di dazi di più di un punto percentuale entro la metà dell’anno prossimo, con un effetto negativo di lungo termine di circa quattro decimi di punto.
La traiettoria esplosiva del debito pubblico statunitense e le misure espansive già intraprese dall’amministrazione Trump possono giustificare in parte il tentativo di tassare surrettiziamente il consumatore americano. Per Trump, potrebbe rappresentare la speranza di poter mantenere le promesse di una riduzione della tassazione. Ma i conti non tornano. L’effetto netto sarà negativo sia per la crescita economica sia per le finanze pubbliche.
Quale sarà la prossima mossa di Trump quando questo colossale errore diventerà
evidente? L’atteggiamento estorsivo nei confronti dei suoi tradizionali alleati potrebbe avere conseguenze inimmaginabili e potenzialmente dirompenti per gli equilibri geopolitici mondiali. Chissà se tra qualche anno sorrideremo di tutte queste preoccupazioni o penseremo che avremmo dovuto fare qualcosa per prevenire la catastrofe.
Lorenzo Codogno
I problemi sociali e l’intelligenza artificiale –cosa fare?
Noi tutti abbiamo un unico obiettivo: abbiamo la vita, e dobbiamo fare di tutto per viverla bene.
Ossia, dobbiamo viverla, cioè essere attivi, e viverla bene, sviluppando un attivismo che rispetti i 2 fondamentali accompagnatori: l’ambiente e gli altri. Quindi:
• vivere adottando rispetto del contesto ambientale
• vivere nel totale rispetto degli altri, con relazionalità positiva ed etica.
Purtroppo – invece - il periodo che stiamo vivendo è caratterizzato da complessità che denotano una evoluzione progressivamente preoccupante.
In particolare l’attivismo sociale degli individui non viene gestito in modo corretto, né dalle regole sociali che si sono innescate, né dall’evoluzione tecnologica:
• c’è un tema che è all’origine delle tensioni sociali e delle contrapposizioni crescenti. Tema che necessita di diagnosi immediate ed adozione di soluzioni. Stiamo facendo riferimento ai problemi che sta subendo la vita, che investono la creatività sociale
• c’è un tema connesso allo sviluppo tecnologico che risponde bene alle logiche del passato, ma che potrebbe avere conseguenze molto complesse: l’Intelligenza Artificiale.
Soffermiamoci sui due temi.
LA CREATIVITÀ SOCIALE
Creatività sociale è vita:
• la creatività è l’obiettivo: bisogna generare il nuovo, altrimenti la vita finisce
• Il sociale è il metodo: il fare le cose assieme - relazionalità - è la metodologia per generare vita.
La creatività sociale nasce quindi dalla interazione fra individui, concepiti dalla natura appositamente diversi gli uni dagli altri, dove le idee complementari si intrecciano, creando così il nuovo.
Condizione basica è la relazionalità positiva, e l’evitamento di contrapposizioni, altrimenti non ci sarebbero relazioni. Ribadiamo: la condizione primaria è la relazione positiva, sostenuta dall’etica. Purtroppo questa condizione è stata sempre meno soddisfatta nel periodo basico, cioè durante la formazione scolastica:
• i nuovi giovani hanno certamente studiato, ma solo fino alle medie superiori. Hanno quindi acquisito senso critico, cioè raggiunto il primo obiettivo (però con centratura solo su SE STESSI)
• ma non hanno proseguito gli studi: purtroppo l’interruzione ha impedito l’acquisizione della parte complementare, che è la fondamentalità degli ALTRI, e quindi l’etica.
Tutto ciò ha avuto conseguenze preoccupanti, anche per la complessità economica del periodo che stiamo attraversando, che ha spinto verso la centralità solo dei propri interessi: quindi sempre più contrapposizione, con crescenti lotte sociali.
Riprendiamo un concetto già più volte espresso: i 2 pilastri della vita
• 1°: se stessi
• 2°: gli altri
vanno costruiti in modo equilibrato, e per questi obiettivi la formazione culturale completa è fondamentale. Mai costruire solo il 1° pilastro (*): come detto, alimenterebbe
unicamente la centratura su se stessi, con conseguente contrapposizione.
Fra l’altro, la costruzione anche del 2° pilastro
– gli altri -, che richiede formazione culturale, offrirebbe agli individui anche un senso di maggiore protagonismo, e quindi capacità di stimolare e contribuire sempre più attivamente alla vita, ed anche al proprio benessere.
Ma così non è. È un problema fondamentale perché questa situazione sta creando crescente malessere personale e sociale. Solo con cultura ed etica ci sarebbe creatività sociale, che è quella che dà senso di partecipazione e protagonismo. E che è condizione di vita.
(*) La responsabilità del fatto che i giovani
– nella maggioranza - interrompano la formazione alle medie superiori, (solo 1° pilastro) è da attribuire alla scuola, che è contrappositiva, poco desiderabile: rapporto negativo nell’80% dei casi. Il tutto può essere modificato, ma richiede investimenti e tempo. Condizioni non gradite dal Sistema, che ha solo interessi di breve periodo.
L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Si sta rafforzando sempre di più l’Intelligenza Artificiale. È una sorta di entità esterna a cui ci si affida per la soluzione di problemi. È un’alternativa concettuale agli individui, è un’altra entità.
Non è uno strumento migliorativo dell’intelligenza attuale degli individui:
• non è una Intelligenza Aiutata
• non è una Intelligenza Aumentata.
È altra cosa rispetto agli individui. Quindi gli individui non hanno miglioramenti, non hanno contributi per una propria partecipazione personale più attiva, che è invece l’attuale problema dominante.
Peraltro è crescente il timore di conseguenze preoccupanti per il lavoro. Sul piano tecnologico è certamente da considerare una evoluzione, ma sul piano sociale potrebbe innescare problemi, sia sulle remunerazioni, sia sull’isolamento, sulla non partecipazione.
Ci sono problemi sociali contrappositivi, che hanno avuto conseguenze anche nel mondo professionale, che non sono stati accettati, e che non vengono risolti. Sono temi che caratterizzano sempre di più la nostra esistenza.
E l’Intelligenza Artificiale, così impostata ha alta probabilità di complicare le soluzioni. Forse una riflessione su una sua nuova ottimalizzazione, che tenga conto del momento sociale, andrebbe adottata.
Purtroppo, invece, parrebbe che le scelte che vengono fatte, e che sono sostenute dalla finanza anche per i vantaggi che danno nel breve termine, non tengano conto del sociale, e del suo futuro.
Una soluzione ci sarebbe, sempre con l’intervento attivo dell’Intelligenza Artificiale, che però dovrebbe ridefinire il suo ruolo, ed anche la sua denominazione.
Non dovrebbe essere un’entità sostitutiva degli individui, ma una partner alleata e potenziatrice delle capacità produttive degli individui, essere dalla loro parte. Il soggetto prioritario della vita è l’individuo, e bisogna sviluppare la sua esistenza. Come dice anche Altman – fondatore di OpenAI: “spero che l’IA sia un genitore amorevole; è molto importante allinearla ai valori umani”.
Quindi bisognerebbe optare:
• non per una intelligenza separata dall’individuo (cioè l’Intelligenza Artificiale),
• ma una centratura sull’individuo, con un
potenziamento delle sue capacità:
• una Intelligenza Aiutata
• oppure un’Intelligenza Aumentata.
È sempre l’individuo che deve prendere decisioni, ma per certo ci sono a monte attività cognitive od esecutive che potrebbero richiedere moltissimo tempo ed impegno.
E la tecnologia potrebbe avere un ruolo fondamentale nel trovare nuove soluzioni, efficaci ed utili, con l’individuo però, che deve rimanere il protagonista. Che deve essere aiutato e potenziato, senza che si trovi in difficoltà (ed in sostituzione) per via di competitors artificiali.
IN DEFINITIVA, ECCO COSA FARE
Come ovvia conclusione, stante il fatto che tutti hanno il diritto di poter vivere bene la vita, è necessario che l’individuo:
1. sia formato per vivere in relazionalità positiva con tutti
2. che nel tempo sia aiutato ad interpretare il proprio ruolo sociale e professionale nel modo più soddisfacente.
Il primo tema è stato più volte affrontato in recenti contributi. Ma stante la sua rilevanza riteniamo utile riassumerne i concetti base. Il tutto dipende dalla formazione, nell’intervallo dai 3 anni ai 23/25 anni, con l’obiettivo di fornire cultura ed etica. Vediamone i fondamentali momenti di sviluppo:
• inizialmente, dai 3 ai 14 anni, investire sul cervello degli individui, per abituarli gradevolmente alla ricettività ed alla
relazionalità. Uno strumento che ha dimostrato la sua efficacia per questi obiettivi è la pratica della musica. In Paesi evoluti è diventata una materia scolastica primaria. Il ritmo e la melodia insegnano l’attenzionalità e la relazionalità - gli altri, che praticano musica assieme, sono percepiti come complementari e fondamentali
• sempre nella fase iniziale della formazione, dai 6 ai 14 anni, l’insegnamento dell’empatia: il capire culturalmente il senso degli altri, e la loro importanza. Anche questo tema è di rilevanza nelle scuole di Paesi evoluti
• nelle medie superiori, provvedere ad una formazione coinvolgente, dalla parte degli studenti, favorendo il loro innamoramento per lo studio. Ciò è sicuramente possibile, posto che si adotti la metodologia più funzionale: la parte del cervello che deve acquisire cultura – l’ippocampo – si attiva solo con il coinvolgimento e l’emozione; altrimenti si distrae e non acquisisce. É la condizione affinché i giovani si possano innamorare della scuola, e si autoconvincano di proseguire gli studi, condizione per l’acquisizione di cultura generatrice dell’etica. Che deve diventare guida di tutta l’adultità. Per relazioni solo felici.
Il secondo tema è connesso alla necessità di sostenere l’individuo nella vita, e di renderlo partecipe di tutte le opportunità di crescita, continuando a dotarlo di strumenti evolutivi.
Comprendendo anche strumenti di sostegno della propria Intelligenza, per Aiutarla ed Aumentarla.
E così la vita sarebbe felice.
Remo Lucchi
AUTORI

Nel mondo del management consulting da 50 anni, è consulente esperto di innovazione del comportamento, facilitatore e formatore per lo sviluppo del talento in Azienda. Migliora il rendimento del capitale umano
FABRIZIO FAVINI
favorendo la crescita di soddisfazione, motivazione, selfengagement, produttività.
Utilizza le neuroscienze per favorire l’acquisizione delle competenze sociali indispensabili
a modificare i comportamenti non più funzionali alla crescita sia dell’Individuo che dell’Azienda.
Oltre a numerosi articoli, ha pubblicato i seguenti libri: La Vendita di Relazione
(Sole 24ORE); La vendita fa per te (Sole 24ORE); Scuotiamo l’Italia (Franco Angeli); Comportamenti aziendali ad elevata produttività –Integrazione tra stili di management e neuroscienze (gueriniNext).
Editore di rivoluzionepositiva. com, Magazine On Line orientato al nuovo Umanesimo d’Impresa per la sostenibilità sociale, economica ed ambientale dell’Impresa stessa.

È Presidente della Time to Mind SA con sede a Lugano (società internazionale che gestisce una piattaforma telematica di Assessment e sviluppo multilingua (www.timetomind. ch) e docente alla Facoltà di Economia
GIAN CARLO COCCO
dell’Università telematica e-Campus di Economia del Capitale Umano e di Neuroscienze applicate all’organizzazione. È iscritto all’Albo degli Psicologi. Dal gennaio 1993 a tutto il 2006 è stato Presidente e fondatore della
società di consulenza IdeaManagement. È stato Presidente del Consorzio Costa Smeralda e docente della Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi. La sua ultraquarantennale carriera professionale si è svolta prima in qualità di
manager aziendale, poi in qualità di imprenditore nella consulenza d’impresa e infine nell’insegnamento universitario. Ha pubblicato 25 libri nel campo del management, dell’organizzazione e del neuromanagement.
Gli ultimo libri pubblicati presso l’editore Franco Angeli sono: Time to Mind, Governare l’impresa con il capitale umano, Neuromanagement, Intelligenze manageriali, Life Management e Gestire un’Associazione.
AUTORI

Lorenzo Codogno è visiting professor alla London School of Economics e al College of Europe, e fondatore della sua società di consulenza LC Macro Advisors Ltd. È stato dirigente generale al Ministero
LORENZO CODOGNO
dell’Economia e delle Finanze dal 2006 al 2015, responsabile della direzione Analisi e Programmazione Economico Finanziaria. È stato capo della delegazione italiana
al Comitato di Politica Economica (CPE) dell’Unione Europea, vice presidente nel 20082009 e presidente nel 2010-2011, partecipando ai vertici Eurogruppo/ Ecofin con i Ministri.
Ha rappresentato l’Italia al CPE e al WP1 dell’OCSE (presidente nel 2013-2015). Dal 1998 al 2006 ha lavorato per Bank of America a Londra come managing director responsabile
dell’analisi economica per Europa. Ha studiato all’Università di Padova e all’Università di Syracuse, Syracuse, NY, USA.

Dal novembre
2015 è presidente dell’advisory board di Eumetra, Istituto di nuova concezione per lo studio della discontinuità e
REMO LUCCHI
dei nuovi eventi sociali alimentati dai nuovi approcci della Sostenibilità. È stato cofondatore, Direttore della ricerca,
Amministratore
Delegato e Presidente di GFK Eurisko. Dal 1978 in poi Docente in ricerche sociali e di mercato in
varie università. Ha personalmente sviluppato la principale ricerca sociale in Italia, punto di riferimento per l’analisi
dell’evoluzione sociale e per la definizione delle strategie media.
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MANIFESTO
Con l’enorme disponibilità di informazioni, resa possibile dalla tecnologia, la nostra vita è diventata molto più veloce e molto più distratta. Abbiamo creato i presupposti per cui il nostro cervello è meno preciso, fatica di più a concentrarsi. Perdiamo il focus attentivo sui problemi, divaghiamo mentalmente, siamo intermittenti e discontinui nel nostro modo di pensare e,
quindi, nel nostro comportamento.
Siamo passanti frettolosi e distratti la cui soglia di attenzione dura 8 secondi; siamo meno concentrati dei pesci rossi che arrivano a 9, ci dicono gli esperti. Siamo diventati bulimici di informazioni, emozioni, immagini, collegamenti, suoni. Divoriamo il tutto in superficie senza gustare, approfondire, riflettere.
Oggi chi non si ferma a
guardare non vede; chi non si ferma a pensare non pensa.
Riscopriamo allora il piacere - o la necessitàdi riflettere, di pensare, di soffermarci per capire meglio dove stiamo andando per essere più consapevoli del nostro tempo, complesso e complicato, e del nostro ruolo, umano, sociale e professionale.
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