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III.22 Primavera di Praga e Crisi cecoslovacca
assetto dell'amministrazione della giustizia non era più possibile costringere un oppositore a confessare delitti mai commessi o istruire processi farsa. Quindi tutti coloro che venivano considerati pericolosi o scomodi per lo stato, erano dichiarati pazzi e venivano rinchiusi in manicomio. Se i neurologi che li avevano in cura non riuscivano a cambiare le loro idee, li sottoponevano a trattamenti che potevano compromettere la loro salute mentale. Mia sorella, durante il suo soggiorno a Mosca, conobbe un giovane che faceva parte di un piccolissimo gruppi di anarchici. Questo giovane era stato rinchiuso in uno di questi manicomi e, quando era stato dimesso, non era più capace di leggere e scrivere. Leonid Brèžnev era vanitoso ed indifferente alla corruzione. Quando prese il potere il 29/3/65 fu favorito dal buon andamento dell'economia. Nel 1963, anno della defenestrazione di Chruščëv, il raccolto era stato particolarmente cattivo, nel 1964 il raccolto fu assai abbondante. Fra il 1960 ed il 1970, la produzione agricola crebbe del 3% all'anno, in media. Si continuò tuttavia ad importare cereali dall'estero. L'VIII piano quinquennale realizzò un aumento del 38% della produzione delle fabbriche e delle miniere. Scartata la linea riformista di Kosygin, la crescita economica si basava su un meccanismo estensivo: profusione delle risorse. Questo metodo spingeva fatalmente l'economia verso la stagnazione. Nel governo prevaleva la volontà di mantenere il potere in poche mani, piuttosto che favorire una larga rappresentanza sociale. Taluni settori dell'agricoltura e dell'industria dipendevano dal finanziamento statale.
III.22 Primavera di Praga e Crisi cecoslovacca
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Per l’Unione Sovietica, all’epoca di Brèžnev, continuano le difficoltà coi paesi dell’Europa orientale. Il biennio 1968-1969 è l’anno della cosiddetta primavera di Praga. Fra i paesi del blocco comunista, la Cecoslovacchia era quello più avanzato tecnicamente, l’unico in grado di aprirsi ad un libero mercato di scambi con i paesi dell’Europa occidentale. Dal punto di vista economico, erano pochi i vantaggi che aveva la Cecoslovacchia a restare legata ai paesi dell’Est europeo. Forte di questa situazione, il primo ministro cecoslovacco Alexander Dubček lanciò l’idea di un comunismo dal volto umano: libertà di opinione, libero scambio delle idee col mondo libero e naturalmente liberi scambi commerciali con l’occidente. Dubček dichiarava che la struttura socialista dello stato non sarebbe cambiata e che la Cecoslovacchia avrebbe continuato a far parte del patto di Varsavia. Brèžnev non fu disposto ad accettare questo cambiamento, che poteva incoraggiare altri paesi del patto di Varsavia a percorrere la stessa strada e che avrebbe fatto perdere all’economica