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IL BASKET IN GIRO PER IL MONDO

IN BOCCA AL LUPO PER IL FUTURO, LOBITO!

di Alberto Foschi

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Juan Manuel Fernandez, detto “Lobito”, è un cestista italo-argentino che ha passato le ultime 10 stagioni in Italia, specialmente a Brescia e a Trieste, playmaker dall’ottima tecnica e costanza e buon realizzatore. Non gioca una partita di basket dallo scorso 23 gennaio: quasi un anno di assenza. Per infortunio, direte voi. No. Semplicemente, Lobito non riusciva più ad uscire di casa per andare quotidianamente in palestra ad allenarsi. La pallacanestro non era più in grado di renderlo felice, come invece era accaduto no a quel giorno.

Qualche settimana fa Lobito ha annunciato, ad appena 32 anni, il de nitivo addio al basket.

Tutto era cominciato i primi giorni di gennaio quando Juan Manuel aveva iniziato a saltare alcuni allenamenti. Non riusciva più a compiere con entusiasmo quei gesti che aveva ripetuto per anni e anni della sua vita. Con grande coraggio e franchezza, dopo alcune settimane, ha scelto di parlare dei suoi problemi con il suo club, Trieste, e di comune accordo si è deciso per una pausa dal basket.

Fernandez, a detta di ex compagni e coach, è un ragazzo dal cuore d’oro: sempre sorridente e di buon umore, rispettoso, educato, innamorato del basket come pochi, legatissimo alla propria famiglia e al fratello, leggenda mondiale del tennis in carrozzina. Juan sul parquet è “garra” argentina e ordine, è una certezza costante nel gestire i momenti cruciali delle partite punto a punto. Ma c’è qualcosa che anche l’atleta più ordinato non può prevedere e gestire: la mente.

Ogni tifoso pensa agli atleti professionisti come a dei super-uomini: persone invincibili, granitiche, possenti, tanto dal punto di vista sico quanto da quello mentale. E invece no. Sono anche loro umani. Spesso la società odierna insegna a non essere deboli nello sport, all’interno di una lotta continua per eleggere il più forte. Un meccanismo tossico che inevitabilmente conduce alla creazione di uno standard ideale sbagliato portando all’esclusione di tutte quelle sfumature molto più complesse che compongono l’indole e la natura di una persona. Sotto quell’armatura che desideriamo che gli atleti indossino ci sono uomini e donne come tutti. E ad ogni livello è sempre opportuno ascoltare la propria mente.

Fernandez non è stato debole per questa sua scelta, è stato invece un eroe. Sì, perché ha messo al primo piano l’onestà, dimostrando un incredibile rispetto verso il proprio lavoro, i compagni, la pallacanestro e tutti coloro che lo amano. Ha alzato il braccio, ha chiesto aiuto e oggi ha iniziato a fare tutto ciò che lo fa stare meglio.

Juan ha annunciato l’addio de nitivo al basket sui suoi pro li social, dicendo di essere pronto alla seconda parte della sua vita e all’aiuto di altri atleti che in futuro dovessero avere il suo stesso problema. Ancora una volta ha dimostrato grande empatia e consapevolezza.

Grazie, Juan, per questo insegnamento prezioso e per tutto ciò che hai dato alla pallacanestro e buona vita!

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