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Nicola Rizzoli
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Nicola Rizzoli


Nicola Rizzoli
Dirigente Arbitrale (Responsabile Arbitri Serie A)
Guarda il video dell’intervista sul canale YouTube di Richmond Italia
Ascoltare la conferenza di Nicola Rizzoli ci ha fatto aprire la mente verso una realtà fatta di sacrifici e determinazione, nella quale le scelte sono fondamentali e la gestione dello stress, il sangue freddo e la sicurezza in sé stessi sono elementi importantissimi. Così come l’accettazione dell’errore, perché in fondo siamo esseri umani e non macchine. Un’intervista in cui i temi cari al suo lavoro specifico diventano universali e ci possono accompagnare nelle scelte della nostra quotidianità.
Durate la conferenza d’apertura del Forum hai parlato di “cadute” e di “crescita”. Nella tua vita c’è stato un momento in cui hai dovuto affrontare una simile situazione?
Indubbiamente sì. E le ho ritenute una parte formativa fondamentale per la crescita della mia personalità. Da bambini, quando impariamo a camminare cadiamo spessissimo, ma questo ci aiuta a riconoscere l’equilibrio del nostro corpo. Nel percorso della vita è inevitabile fare errori o dover affrontare imprevisti: ciò che fa la differenza è il modo con cui noi ci rialziamo, coscienti di aver imparato nuove nozioni. Così facendo, tutte le situazioni negative possono essere trasformate in esperienze positive.
Come affronti gli imprevisti?
Intanto accetto la possibilità di sbagliare. Durante una partita l’arbitro deve prendere tante decisioni: se una di queste fosse sbagliata e non accettasse di aver commesso un errore, non arbitrerebbe correttamente per il resto dell’incontro. L’errore fa parte del gioco e bisogna averne coscienza. Gli imprevisti li affronto con questo spirito: come parte integrante della vita, dove è il fattore umano a fare la differenza. Non si può programmare tutto, talvolta capita di inciampare e di cadere. Tuttavia, chi è molto preparato e professionale nel mio campo sa che è l’istinto a giocare un ruolo fondamentale nella gestione delle situazioni inattese.
Un arbitro chiede scusa?
Assolutamente sì. Molti pensano che gli arbitri non siano delle “persone”, ma in realtà dietro alla nostra figura, spesso odiata, c’è una persona normale che può compiere degli errori.
Che rapporto hai con i tuoi colleghi, in un ambiente di lavoro così competitivo?
L’ambizione è giusta nel momento in cui è proporzionata, altrimenti può portare a delle situazioni negative. Sul posto di lavoro serve coltivare invece le relazioni e le amicizie. La capacità di lavorare in squadra e di relazionarsi con i colleghi è fondamentale al fine di ottenere maggiori risultati, sia sul campo da calcio, sia nel proprio ufficio.
Quest’anno, per la prima volta, sono state trasmesse in diretta le partite della nazionale femminile. Secondo te si può dire che sta avvenendo un cambiamento nel mondo del calcio?
Sicuramente la storia sta cambiando: il movimento femminile nel calcio ha avuto un impatto molto forte per via del Mondiale, ma in realtà c’è sempre stato e finalmente è esploso a livello mediatico. La gente si è resa conto che è uno sport piacevole e bello, con veri talenti e con dinamiche decisamente migliorate rispetto al passato. Questo sta avvenendo non solo nella Nazionale, ma anche nei club. Sono certo che tutto questo incrementerà il progresso culturale nel mondo del calcio, soprattutto in Italia.
Come possiamo colmare l’enorme abisso che c’è tra il calcio e gli altri sport?
Credo che il CONI stia già elaborando una strategia in tal senso. È un tentativo molto importante a mio parere, perché tutti gli sport hanno qualcosa da insegnare ed è giusto che abbiano tutti la stessa visibilità. Il calcio è molto seguito, essenzialmente per passione e per condivisione. Il suo segreto è la natura istintiva del gioco: se lasci un pallone a un bambino egli comincerà subito a giocarci con i piedi. Tuttavia, si può trovare un nuovo equilibrio con tutte le altre discipline. Dal punto di vista economico, invece, sarà compito della società trovare il modo per soddisfare la domanda. Una cosa è certa, il calcio ha costruito un network che difficilmente potrà essere superato da altri sport.
Nel tuo lavoro ti capita di avere paura? Che consiglio daresti per imparare ad affrontarla?
Spesso ho dovuto affrontare delle situazioni di forte tensione, che talvolta si può trasformare in paura. Uno sportivo non dovrebbe mai provarla, perché potrebbe rovinare la sua performance. Tuttavia, è inevitabile provare tensione che, se gestita nel modo corretto, può addirittura aiutarti nella prestazione. Il segreto è riuscire ad affrontare la competizione traendo energia dalla situazione. Giocare in uno stadio con centomila persone, con la consapevolezza che tutti ti stanno guardando, può essere spaventoso, ma è anche una delle sensazioni più forti ed adrenaliniche del mondo, che ti spingeranno a dare il meglio.
Secondo te, in futuro le partite saranno arbitrate dall’intelligenza artificiale?
Mi auguro di no, anche perché il fattore umano farà sempre la differenza. I computer possono leggere e codificare, ma non potranno mai essere in grado di gestire un imprevisto come una persona umana. L’imprevisto, come dice la parola stessa, è qualcosa che si verifica per la prima volta: l’intelligenza artificiale non può averne coscienza e quindi non può affrontarlo come farebbe un arbitro in carne ed ossa.