Perduti fra le montagne - ESTRATTO

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Perduti fra le montagne

Giuliana Facchini

Giuliana Facchini

Durante un campo scuola in montagna, i giovani Willi, Tania e Carlo s’avventurano di notte in un sentiero sconosciuto per vincere una scommessa. Da quel momento vivranno un’emozionante avventura e soprattutto conosceranno la triste realtà dei bracconieri, pericolosi cacciatori di animali. La loro diventerà così una fuga disperata fino a duemila metri d’altitudine. Il romanzo, tramite una storia avventurosa e accattivante, riesce a far riflettere sulle meraviglie della natura e a far scoprire un paesaggio senza fine, fatto di vette innevate, di cielo e di pace.

Perduti fra le montagne

Nata e cresciuta a Roma, attualmente vive con la sua famiglia in un paese vicino al lago di Garda. Innamorata della lettura e degli animali, ha sempre narrato ai propri figli storie avventurose. Col tempo quelle storie sono diventate romanzi per ragazzi.

Perduti fra le montagne L’emozionante avventura di tre ragazzi alla scoperta e alla difesa della natura

L’emozionante avventura di tre ragazzi alla scoperta e alla difesa della natura

Giuliana Facchini

Giuliana Facchini

L’emozionante avventura di tre ragazzi alla scoperta e alla difesa della natura

Completano la lettura: Approfondimenti finali ascicolo di comprensione F del testo

I S B N 978-88-472-2514-5

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Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n°633, art. 2 lett. d).

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Editor: Paola Valente Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini Copertina: Mauro Aquilanti Team grafico: Benedetta Boccadoro Ufficio stampa: Salvatore Passaretta

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Giuliana Facchini

Perduti fra le montagne

Illustrazione di copertina

Elena Mellano


A mia madre


Capitolo

1

Uno stupido gioco Seduti in circolo sul prato, davanti a un accampamento,

un gruppo di ragazzi chiacchierava. C’era chi torturava la fibbia di uno zainetto e chi giocherellava con un filo d’erba. – È stata proprio un’idea scema – disse Willi. – Ti lamentavi che non facevamo mai niente di nuovo... – gli rispose Carlo. – Non era certo questo che intendevo per “fare qualcosa”! – borbottò a mezza bocca Willi. – Certo se fossi stato zitto, tua madre non avrebbe sentito le tue lamentele e la mia non si sarebbe preoccupata di come sprecavamo il tempo in vacanza! – precisò Tania, una ragazzina dai lunghi capelli biondi. – Coraggio, pappe molli! – li apostrofò Leo, un ragazzone alto e biondo. – Muovetevi, che il rancio è pronto! Tra quindici minuti è il vostro turno. Non sarete mica stanchi per la camminata di oggi? – e s’allontanò verso un altro gruppo. – Io sono sempre dell’opinione che quello andrebbe “rinchiuso” – disse ancora Willi. – Forse perché lui era in testa e tu arrancavi in coda, senza fiato? – ridacchiò Tania. – Tu lo difendi sempre, non è vero? – rispose, acido, Willi. – Dico solo la verità. Nella discussione intervennero anche Ale e Marco, due ragazzi di Roma che avevano taciuto fino a allora perché attaccati alle loro borracce d’acqua. 5


Capitolo 1

– Però... quanto è forte, Leo! – Porca miseria, che tosto! Io non ho neanche la forza di mangiare! – Già, è un mito – rincarò ironico Willi. – Non è certo colpa sua se è più in forma di voi – sottolineò Tania – e neanche se suo padre ha raccolto l’invito dei nostri genitori. Era stata la mamma di Willi, in particolare, a chiedere di organizzare una settimana a contatto con la natura. – Io a contatto con la natura ci stavo anche al nostro “Campeggio Montialsole!” – sospirò Carlo, che di cognome faceva Pallottin. – Pensi allora che io mi diverta? Odio camminare e preferivo starmene sdraiata a sentire musica chattando con i miei amici, invece di... – Già, come farai una settimana senza cellulare? – intervenne Willi, provocatorio. – Sei meglio tu che giri con il guinzaglio del cane appeso al collo e non hai il cane! Io sarò una di quelle stupide ragazzine... ma a te manca qualche rotella! – rispose lei velenosa. Willi si alzò e se n’andò in tenda. “Con Tania finisce sempre così” si disse sconsolato. La conosceva da un bel po’ di tempo e lei lo aveva sempre detestato. L’estate precedente, però, le cose erano cambiate tra loro: erano diventati amici, amici sul serio. Avrebbe fatto tutto per lei ma non riusciva a trattenersi dallo stuzzicarla. Andavano alla stessa scuola e per le vacanze si ritrovavano al campeggio Montialsole, in Trentino, insieme ai due ragazzi di Roma, a Leo di Milano (che era e non era il ragazzo di Tania, non si capiva bene), a Carlo Pallottin di Vicenza (figlio dei proprietari della pizzeria-ristorante del campeggio) e a Caterina e Laura di Salerno. 6


Uno stupido gioco

Li accompagnava sempre Giacomo, il padre di Leo, esperto volontario del soccorso alpino, membro della protezione civile e maestro di sci. Tutti gli anni, insieme a una associazione montana, organizzava dei campi per ragazzi con la collaborazione di guide alpine e guardie forestali. E così aveva fatto anche quell’anno. Willi prese dallo zaino un quadernetto a righe e una penna e si sedette di nuovo a terra. Era sicuro che da grande sarebbe stato uno scrittore, tendenza contro corrente per i ragazzi della sua generazione. Gli piaceva leggere, adorava in particolare l’epica, ma più di tutto amava aprire il suo computer portatile e scrivere. Al campo avevano però vietato cellulari e portatili, perciò Willi doveva usare il quaderno e la biro della madre. Trovava sempre il tempo per scribacchiare e adesso aveva assolutamente bisogno di sfogarsi:

Se c’è una cosa che odio è scrivere a mano. Quando rileggo non capisco mai cosa ho scritto e metto tante di quelle freccette di richiamo che alla fine tutto s’impasticcia. Per non parlare dell’ortografia. Se hanno inventato il computer col correttore ortografico a cosa diavolo serve perdere tempo a studiare grammatica? Avrei voglia di strangolare Tania e forse anche mia madre per avermi costretto a venire in questo posto. Tania sa quanto sono legato al mio cane Edoardo. È contro la mia natura fare marce forzate su per le montagne e conoscere gli alberi e il nome di tutti i cespugli che incontriamo. Mi piacerebbe solo vedere gli animali del bosco. Ma giustamente quelli se ne stanno lontano anni luce dagli esploratori. 7


Capitolo 1

Mi manca Edoardo. Tanto. Troppo. Chiamano per mangiare e devo andare. È l’unica cosa buona di questo posto: alla sera si mangia un buon pasto caldo. Willi infilò il taccuino nella tasca di dietro dei jeans insieme alla penna, uscì dalla tenda e andò a mettersi in coda per la cena. Nella fila ritrovò il suo gruppo di amici ma si tenne lontano da Tania. Dopo cena i ragazzi andarono a mettersi una felpa pesante e poi si ritrovarono attorno al fuoco che Giacomo aveva acceso in un cerchio di grosse pietre, spiegando tutte le precauzioni da prendere in montagna in caso di incendi. Willi tirò fuori di nuovo il suo taccuino e annotò. Tutti ridono e fanno i cretini ma io mi sento triste e penso a Edoardo che sta da solo al Montialsole. Sicuramente dormirà nel mio sacco a pelo (devo ricordarmi di lavarlo... il sacco... perché Edoardo puzza). Per questo porto il guinzaglio a tracolla anche se lui non c’è: per nostalgia! Mi chiamano per fare un gioco. Questa è un’altra cosa che odio: i giochi della sera. I giochi di mimo, i giochi di parole o della verità o di ruolo. Sempre una rottura! È vietato starsene da soli se no si diventa asociali! Arrivo... Buona notte Edoardo! Willi andò a infilare il taccuino nello zaino, tanto per perdere tempo, e poi si sedette con gli altri.

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Uno stupido gioco

Il padre di Leo stava spiegando che si sarebbero formate delle squadre di tre ragazzi ciascuna e una delle animatrici avrebbe fatto delle domande. Ovviamente la squadra che dava più risposte giuste, vinceva. In palio c’erano delle magliette. Giacomo avrebbe tenuto in mano un fazzoletto e chi lo avesse afferrato per primo avrebbe avuto diritto a rispondere. Insomma una specie di ruba-bandiera con quiz. Adesso era il momento di formare le squadre: presero due sgabelli e ci fecero sedere due ragazzi schiena contro schiena. Al “tre” quelli dovevano girare la testa o a destra o a sinistra. Se si voltavano dalla stessa parte erano nella stessa squadra. I primi due a sedersi sugli sgabelli furono Leo e Tania. Leo desiderava la ragazzina nella sua squadra e, con fare indifferente, le sussurrò sottovoce: – Destra. – Cosa? – domandò Tania. – Cos’hai detto? Non ho capito. Leo le strizzò l’occhio. – Uno, due e tre! – disse l’animatrice. Leo girò la testa a destra ma Tania volse il capo dalla parte opposta. Leo s’alzò deluso e lasciò il posto a un altro. – Ehi tu, vieni – disse poi l’organizzatrice riferendosi a Willi. – Vediamo se fai squadra con la tua amica. Tania fece una faccia cattiva, mentre Willi avanzava a disagio pensando a cosa dovesse fare. Lei gli lesse nel pensiero e disse con voce aspra: – Al tre devi girare la testa a destra o a sinistra per vedere se stiamo insieme. – Io e te? – fece Willi. – Tonto, se stiamo in squadra insieme! Non girare dalla mia stessa parte, chiaro? 9


Capitolo 1

– E tu... – Uno, due... – ... da che parte giri? – ... e tre! Sia Willi che Tania voltarono il viso dalla stessa parte. La ragazza divenne rossa di rabbia e tornò a sedere a gambe incrociate sul prato. Poi fece la prova Carlo e finì in squadra con gli altri due. – Bene... – disse l’animatrice. – ... Adesso dovete trovare un nome per il vostro team. – Come ci chiamiamo? – chiese Carlo, entusiasta, mentre andava insieme a Willi accanto a Tania. – Siamo gli “sfigati”! – disse lei, imbronciata. Willi, risentito per il suo comportamento scostante, aggiunse: – Guarda che non è colpa mia se non sei insieme al tuo amichetto. – Con voi certo non vincerò mai! – Perché... il tuo problema è vincere? – chiese Willi con finto interesse. – Il mio problema sei tu, che mi stai sempre tra i piedi. – Allora ragazzi come ci chiamiamo? – fece Carlo per interromperli. – Non me ne frega niente – disse Tania e si mise a guardare davanti a sé. – Figurati a me! – e Willi s’allontanò. L’organizzatrice del gioco prese una gran lavagna bianca e con un pennarello cominciò a scrivere i nomi delle squadre. Carlo si avvicinò e decise da solo il nome del suo gruppo. – Voi siete? – chiese la ragazza. – I “Meringa”! *** 10


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