Il giornalino di Gian Burrasca

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i Classici Raffaello

il G iornalino D i Gian Burrasca

Adattato da Elisa Cordioli
Vamba

IL MULINO A VENTO

Per volare con la fantasia

IL MULINO A VENTO

IL MULINO A VENTO

Collana di narrativa per ragazzi

Editor: Paola Valente

Redazione: Emanuele Ramini

Ufficio stampa: Salvatore Passaretta

Team grafico: Letizia Favillo

1a Edizione 2013

Ristampa

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Il giornalino di Gian Burrasca

Adattamento

Elisa Cordioli

Illustrazioni

Alice Rossi e Virna Mattrel

Riduzione teatrale e testi delle canzoni
David Conati

Gli scherzi in famiglia

Su questa pagina ho incollato il foglio del calendario perché proprio oggi compio nove anni!

Finora ho ricevuto in regalo:

1) Da mio padre una pistola per sparare al bersaglio.

SETTEMBRE martedì

2) Da mia sorella Ada un vestito. Anche se non è un gioco devo aggiungerlo alla lista.

3) Da mia sorella Virginia una bellissima canna da pesca.

4) Da mia sorella Luisa un astuccio con le matite rosse e blu.

5) Da mia madre questo diario, che tra tutti è il regalo più bello perché ci posso scrivere ogni cosa che mi passa per la testa e che mi succede. Ho insistito tanto per avere anch’io un diario come le mie sorelle che passano ore a scrivere. Ma le ragazze cosa avranno di così importante da scrivere nei loro diari? Nel mio ho deciso che aggiungerò dei disegni, visto che sono piuttosto bravo. Comincerò con il mio ritratto.

Per vedere cosa scrive Ada potrei dare una sbirciatina nel suo diario, e visto che è uscita con la mamma perché non approfittarne adesso?

L’ho trovato subito nel cassetto della sua scrivania. E questa pagina la devo proprio copiare: “Quel Capitani è proprio vecchio. Se non tornasse più sarei proprio contenta. La mamma insiste che è molto ricco e se mi chiedesse di sposarlo dovrei dire di sì. Ma siamo matti?

Più ci penso e più mi si spacca il cuore. Io amo il mio Alberto De Renzis… è vero, fa solo l’impiegato ma a me piace molto. Sempre meglio di questo tizio che parla solo di campi, vino e lavoro. E poi non sa proprio vestirsi”.

Caro Diario, stasera, verso le otto è arrivato Adolfo Capitani. Ada ha ragione: è vecchio, enormemente grasso e tutto rosso. A un certo punto il pachiderma mi chiede con la sua voce sgraziata: “Cosa legge di interessante il nostro Giannino?”

Io gli ho prestato il mio diario e lui si è messo a leggere ad alta voce. All’inizio tutti ridevano. Quando è arrivato alla parte di Ada lei si è messa a strillare e ha cercato di strapparglielo dalle mani, ma lui non ha voluto. Poi, serio e rosso in volto più del solito, mi ha chiesto perché avessi scritto tutte quelle sciocchezze.

Gli ho risposto che non erano sciocchezze perché le avevo copiate direttamente dal diario di Ada. Sentito questo, il signor Capitani si è alzato, ha preso il cappello e se ne è andato senza salutare. Pensa, la mamma invece di arrabbiarsi con lui, se l’è presa con me mentre Ada piangeva come una fontana! Ecco cosa accade ad aiutare le sorelle maggiori!

21 settembre

Caro Diario, dopo ieri sera in casa sembrava che fosse morto il cane. Era ormai passato mezzogiorno ma nessun segnale di fumo arrivava dalla cucina. Così, visto che avevo una gran fame, ho preso tre panini, uva, fichi e con la canna da pesca nuova di zecca sono andato al fiume per mangiare in santa

pace. A un certo punto, mentre pescavo, qualcosa ha iniziato a strattonare la lenza; mi sono sporto troppo e… pluff! Sono finito in acqua. Il mio primo pensiero è stato: “A casa saranno felicissimi! Gian Burrasca se ne va”. Io lo odio questo soprannome!

Mentre affondavo ero confuso e stavo andando sempre più giù quando due braccia mi hanno tirato a galla. Non riesco ancora a capire perché la mamma piangesse così tanto quando Gigi mi ha riportato a casa. Io stavo benissimo, ma nessuno mi ascoltava. Luisa mi ha messo a letto, Ada mi ha portato del brodo caldo e tutti si sono presi cura di me fino all’ora di cena. Prima di scendere mi hanno avvolto come un salame dentro a diversi strati di coperte e mi hanno raccomandato di non muovermi. Io però non riuscivo a stare fermo, così, appena tutti sono andati via, mi

sono alzato, sono sceso in salotto e mi sono nascosto dietro la tenda. Mi sono addormentato quasi subito come un sasso e quando ho aperto gli occhi c’era Luisa seduta sul divano che bisbigliava con il dottor Collalto, mentre all’altro angolo della stanza Virginia strimpellava il piano.

– Ci vorrà almeno un anno. Il dottor Baldi comincia a perdere colpi e mi ha promesso di farmi suo assistente. Ti dispiace aspettare, amor mio? – diceva il dottor Collalto.

Luisa, tutta dolce, gli ha risposto:

– Oh, no. E a te?

E si sono messi a ridere entrambi.

– Ma non lo dire a nessuno. Prima voglio essere sicuro –concluse Collalto.

Appena finito di parlare, Luisa si è alzata proprio mentre entravano le sorelle Mannelli. Chiedevano di me, quando la mamma, bianca come un fantasma, si è precipitata in salotto urlando che in camera non c’ero.

Allora, per tranquillizzarli, sono saltato fuori da dietro la tenda urlando. E tutti si sono spaventati.

– Giannino, mi farai ammalare – si è lamentata la mamma. Luisa è diventata di tutti i colori e mi ha chiesto se era da tanto che ero lì dietro.

– Certo! – ho esclamato. – Dite sempre che io devo essere sincero. Allora perché voi non lo siete? Perché non dici alle tue amiche che tu e il dottor Collalto vi volete sposare?

Caro Diario,

non lo avessi mai fatto: mia sorella mi ha portato fuori dalla stanza tirandomi per un braccio e minacciandomi di farmela pagare cara. Per fortuna si è messa in mezzo la mamma e mi ha mandato a letto.

E ora sono qua. Buona notte.

6 ottobre

Finalmente sto un po’ meglio.

Era ora. Mentre mi alzavo dal letto ho sentito Ada e Virginia che parlavano in corridoio, sono corso a spiare e ho scoperto che qui da noi ci sarà una festa.

Virginia continuava a ripetere:

– La festa riuscirà sicuramente, tanto Giovannino è ammalato!

Ma io sono guarito! Così oggi, prima che Caterina mi portasse la merenda, ho deciso di farle uno scherzo. Mi sono nascosto dietro la porta con lo scialle nero della mamma sulla testa e quando lei è entrata sono saltato fuori abbaiando come un cane. Caterina ha lasciato cadere il vassoio, ha sporcato il tappeto, ha rotto la teiera e ha urlato talmente forte che sono arrivati tutti, anche papà. Come sempre mi hanno sgridato, allora ho preso una decisione: appena sto meglio scappo di casa, così imparano!

7 ottobre

Caro Diario,

oggi finalmente sono uscito dalla camera, anche se ero controllato a vista da Caterina. Appena lei mi ha lasciato da solo, dato che mi stavo annoiando da morire, mi sono intrufolato in camera di Luisa per cercare qualcosa da fare. Nella sua stanza ho trovato alcune foto che ritraevano dei giovanotti e mi sono divertito come un matto a leggere i commenti che c’erano scritti: “Un vero imbecille!” “Lui è carino davvero! Mi ha chiesto ma… fossi matta!” Ho deciso di tenermele perché quando finalmente uscirò potrei organizzare un bello scherzetto.

Poi, dato che c’ero, mi sono messo i vestiti di Luisa e sembravo proprio una ragazza, così sono sceso in salotto per farmi vedere. Luisa non ha apprezzato e mi sono pure preso uno schiaffo per averle strappato la gonna.

E chi le capisce le donne?

Pensa che mi ero messo pure un vecchio bustino di Ada, una gonna con lo strascico, altri vestiti di Luisa e ho mischiato tutto insieme. Devo dire che ero proprio bella, come ragazzina! A dire la verità, la gonna mi era un po’ stretta sulla vita e ho dovuto appuntarla con degli spilli.

Poi ho pensato pure al trucco: mi sono unto bene le gote con una pomata color rosa come fanno le signore. Mi sono

allora guardato allo specchio e adesso devo dire che non ero più io! Ero diventato una signorina bellissima!

“Che invidia, che invidia avranno di me le mie sorelle” mi sono detto al colmo della contentezza.

E invece… non ho ricevuto complimenti per la mia simpatica idea ma, come detto, solo sgridate e uno schiaffo perché avevo rotto qualche vestito. Come se i vestiti fossero tanto importanti!

8 ottobre

Caro Diario, oggi sono andato a trovare tutti i tizi delle fotografie. È stato divertentissimo. Per primo sono passato da Carlo Nelli, nel suo negozio. Mi ha chiesto come stavo e come stavano le mie sorelle. Io gli ho mostrato il suo ritratto con la scritta “vecchio babbuino”, su cui, oltre al commento, Luisa aveva disegnato dei lunghi baffi e una bocca enorme. È diventato subito rosso come un peperone e mi ha detto:

– Sei stato tu, mascalzone?!

Io gli ho risposto di no, ho detto che la fotografia era nascosta in camera delle mie sorelle e sono volato via per paura di prenderle.

Poi sono passato da Pietrino Masi. Ha i capelli rossi e il viso tutto butterato che assomiglia a una grattugia. È proprio brutto, poverino!

– Ciao Giannino – mi ha salutato. – A casa stanno tutti bene?

Mentre prendeva delle caramelle alla menta io gli ho allungato innocentemente la sua fotografia.

– L’ho trovata in camera delle mie sorelle… – ho detto per gentilezza.

Lui mi ha strappato la foto di mano ed è riuscito a leggere quello che c’era scritto dietro: “Ha chiesto la mia mano. Fossi matta!” È diventato bianco come un foglio e io sono fuggito via.

Ma quello che mi ha fatto ridere più di tutti è stato Gino Viani. Quando gli ho dato la sua fotografia con la scritta: “Ritratto di un asino”, ha iniziato a piangere e a singhiozzare, dicendo con un filo di voce:

– Noooooo. La mia vita è finita!

Caro Diario, è proprio vero che dire la verità fa stare bene. Però è anche divertente.

Buonanotte.

9 ottobre

Caro Diario, ci sono riuscite! Le mie sorelle hanno convinto la mamma: la festa ci sarà e si terrà tra due martedì. Ada, Luisa e Virginia hanno iniziato a fare l’elenco degli invitati. Naturalmente ci saranno tutti quelli a cui ho portato le foto con dedica . Figuriamoci se avranno voglia di ballare con le mie sorelle dopo aver scoperto cosa pensano di loro!

Ci sarà da ridere.

12 ottobre

Caro Diario, da un paio di giorni, qui a casa non si parla d’altro che della festa. Ada, Luisa e Virginia continuano a chiacchierare tra di loro, tutte eccitate, sugli invitati, su cosa mettersi e su

Questa zia, che viene a trovarci sì e no due volte all’anno, è ricchissima, ma si veste e si comporta come un cavernicolo. Appena arrivata, le mie sorelle hanno lasciato il salotto e con una scusa sono andate in un’altra stanza a parlare dell’arrivo inaspettato della vecchia “bacucca” (la chiamano proprio così).

– Vecchia bacucca! – ha detto Ada con gli occhi pieni di lacrime. – Figuriamoci se non si fermerà!

– Anzi, chissà come sarà contenta di aver l’occasione della festa per mettersi il suo vestito verde e i suoi guanti gialli e la cuffietta lilla – ha aggiunto Luisa disperata. – Io mi vergogno di presentare una zia così ridicola.

Le mie sorelle non vogliono che la zia rimanga fino a martedì e secondo me hanno ragione. Dovevo fare qualcosa per sistemare le cose, soprattutto perché nel frattempo mi sono un po’ pentito di aver portato in giro le foto. Così ho deciso di parlare con zia Bettina.

– Zia, se vuoi fare un regalo alle tue nipoti, devi andar via prima di martedì – le ho detto.

– Perché Giannino?

– Se vuoi farle contente, è meglio che alla festa tu non ci sia. Sei troppo vecchia e hanno paura di fare brutta figura. Però non dire a nessuno che te l’ho detto io. Loro saranno felici e tu avrai fatto un’opera buona.

15 cosa preparare. L’altro ieri, però, dopo colazione, è arrivata zia Bettina.

Avevo usato parole gentili e modi appropriati, eppure zia Bettina ieri mattina è andata via arrabbiata, facendo il solenne giuramento di non tornare più. E ha raccontato a tutti che sono stato io a consigliarglielo. Ma non è finita qui. Sembra che il papà le abbia chiesto in prestito dei soldi e lei, prima di uscire abbia sbuffato:

– È una vera vergogna dare feste con i soldi degli altri!

Che colpa ne ho io, se lei non ha mantenuto il segreto? E come sempre quelli che mi dovevano ringraziare mi hanno abbassato i pantaloni e me le hanno date di santa ragione. Ora non riesco più a stare seduto, il sedere mi fa male…

Intanto, in casa continuano i preparativi della festa e io sono un po’ preoccupato per le fotografie.

15 ottobre

Caro Diario, siamo finalmente arrivati alla resa dei conti: il martedì della festa.

Le mie sorelle mi hanno fatto una predica lunghissima, con le solite raccomandazioni di fare il buono, di non combinare nulla e di essere gentile con gli invitati. Tutte cose che già so, ma come sempre ho fatto finta di ascoltare.

La casa è bellissima! Ci sono le luci accese e i fiori nei vasi che riempiono le stanze di profumi, ma io preferisco quelli che arrivano dalla tavola imbandita: ci sono enormi

Le amiche sono arrivate puntualissime, ma di uomini nemmeno l’ombra. C’erano solo il dottor Collalto, fidanzato di Luisa, e il pianista, che alle nove ha iniziato a suonare.

Le mie sorelle sembravano a una partita di tennis e continuavano a spostare lo sguardo dall’orologio alla porta, dalla porta all’orologio, dall’orologio alla porta.

Alle dieci, finalmente, è suonato il campanello. Tutte si sono precipitate all’entrata, non sono entrati ragazzi; si è presentata Caterina con una busta. All’interno non c’era nessun biglietto o lettera di scuse ma una foto che le tre conoscevano molto bene.

– Ma come mai? – ha commentato Luisa.

– Ma come può essere? – ha aggiunto Ada.

Le domande sono state interrotte da un’altra scampanellata e da un’altra foto. E da un’altra ancora e ancora. Ada, Luisa e Virginia sono diventate paonazze. Sentendomi in colpa, io ho iniziato a ingozzarmi di panini. Finalmente sono arrivati Ugo Fabiani ed Eugenio Tinti, festeggiati con tutti gli onori dalle ragazze. Secondo me sono venuti perché i commenti sulle foto erano gli unici positivi: “Troppo bello per essere vero!” E l’altro: “Che romantico!”

Ma erano ancora pochi per accontentare le dame che volevano ballare. Io gironzolavo per la sala e intanto per il rimorso mi era passata la fame.

17 vassoi con montagne di pasticcini. Anzi... ora torno giù, altrimenti mi mangiano tutto.

Passando vicino a Luisa ho sentito che diceva piano al suo fidanzato che avrebbe voluto sapere chi era stato a fare quello scherzo tanto crudele.

Collalto si è girato verso di me e mi ha squadrato severo. Io sono diventato rosso, poi blu.

– Forse Giannino te lo potrebbe dire, vero? – ha dichiarato.

Io avevo la gola secca mentre Luisa ha iniziato a fissarmi.

– Forse… è stato il gatto – ho detto per difendermi.

– L’altra settimana gli ho dato qualche foto per giocare e lui le avrà portate fuori.

Luisa ha fatto due più due, però, prima che mi prendesse, sono corso in camera con le tasche piene di torrone. Ora mi infilo sotto le coperte e cerco di dormire, altrimenti quando tutti se ne saranno andati ho paura che stavolta me le suonano!

Caro Diario, questa notte non sono riuscito proprio a dormire. Sono sicuro che stavolta me le canteranno! L’unico modo per evitare una sonora lavata di testa è scappare, e l’unico posto dove andare è da zia Bettina, in campagna. Il treno parte alle sei e ho tutto il tempo per arrivarci.

17 ottobre

Caro Diario, sono arrivato sano e salvo alla meta, ma che fatica!

Dopo essere scappato, sono corso in stazione, deciso a seguire le rotaie fino al paese della zia. Il treno ci avrebbe messo circa tre ore e poi non avevo i soldi per il biglietto. Io, camminando svelto, sarei arrivato in campagna prima di sera. Arrivato in stazione, ho quindi aspettato la locomotiva e mi sono diretto in coda. L’ultimo vagone era vuoto e per fortuna anche nella guardiola dove solitamente c’è l’addetto ai freni non c’era nessuno. Non ci ho pensato due volte e sono saltato su come un gatto. Che posto! La mia posizione era leggermente più alta dei vagoni e mi permetteva di osservare il panorama. Inoltre, il vetro rotto del finestrino lasciava entrare il vento che mi solleticava il viso rendendo il viaggio piacevolissimo. A un tratto però il cielo è diventato nero e ha lasciato cadere secchiate d’acqua, accompagnate da un vento gelido e da tuoni.

Insomma, caro Diario, non ero messo proprio bene. Ma il peggio doveva ancora arrivare. A un certo punto il treno si è infilato dentro le gallerie. Il fumo nero della locomotiva arrivava nel mio nascondiglio impedendomi di respirare e, una volta usciti, la pioggia fredda mi ha lavato la faccia. È stata un’esperienza bruttissima! Il fumo caldo mi ha avvolto completamente, gli occhi mi bruciavano tanto che ho pensato: “Qui ci lascio le penne”. Per lasciare un ricordo ho preso il diario e ho lasciato l’impronta della mano cercando di scrivere con un pezzo di carbone: “Muoio per la Libertà!”

Non sono riuscito a finire la frase. La pioggia mi ha riportato alla realtà in tempo per scendere nella stazione giusta. Ho tentato di saltare giù, ma al posto delle gambe c’erano due ghiaccioli e così sono ruzzolato a terra come un sacco di patate.

Due facchini mi hanno portato di peso nell’ufficio del capostazione, che però ha scoperto subito da dove venivo e dove stavo andando.

Ho cercato di raccontare una bugia, ma ero nero come il carbone, coi vestiti rovinati e l’animo triste… Appena saputa la mia destinazione, il capostazione ha fatto chiamare zia Bettina e ha detto al controllore:

– Fai una multa al ragazzo per aver viaggiato senza biglietto e all’interno di uno spazio riservato al personale.

Tra le mille cose che avrei voluto rispondergli l’unica che sono riuscito a dire è stata:

– Pagherò quello che c’è da pagare, ma potevate far riparare il vetro!

Non avessi mai aperto bocca! Il capostazione ha mandato qualcuno a controllare la guardiola e appena ha saputo che il finestrino era rotto mi ha aumentato la multa incolpandomi del danno.

Non ne potevo più, volevo andare dalla zia. Un facchino mi ha così portato da lei.

La zia non mi ha nemmeno riconosciuto, credeva che fossi uno straccione, poi quando ha sentito la mia voce mi ha abbracciato piangendo:

– Giannino mio, cosa ti è successo?

– Zia – le ho risposto. – Sono scappato!

La zia mi ha fissato per un paio di secondi, poi:

– Scappato? E hai lasciato i tuoi genitori, le tue sor…

E poi ricordando come era stata trattata ha aggiunto: – È naturale! Quelle ragazze farebbero impazzire un santo. Vieni Giannino, datti una sistemata e poi raccontami tutto con calma.

A casa della zia, il tempo sembra essersi fermato. C’è sempre il vaso di dittamo sul davanzale e c’è Bianchino, il barboncino al quale la zia è molto affezionata. Dopo essermi ripulito e aver ascoltato una mezza predica, sono finito a letto perché avevo qualche linea di febbre. La stanchezza è arrivata quasi subito… e appena sveglio, eccomi qui a raccontarti tutto, visto che sei l’unico amico vero che ho.

Questa mattina la zia se l’è presa per uno scherzo. Il fatto è che io non volevo farle nessun dispetto, ma un piacere. La zia è molto affezionata alla pianta di dittamo. Ogni mattina appena sveglia la innaffia e addirittura ci parla: – Ciao bello mio, eccoti un po’ d’acqua. Ooh, ma come sei cresciuto.

Così ho pensato di farlo crescere più velocemente: ho svuotato il vaso e alla base della pianta ho legato un legnetto che passasse dal foro del vaso. Poi ho rimesso la terra e ho aspettato che la zia innaffiasse la sua pianta. Sul davanzale ho fatto passare il legno legato alla pianta e mi sono posizionato in attesa della zia.

Dopo nemmeno cinque minuti la finestra si è aperta e zia

Bettina ha dato il buon giorno al dittamo:

– Buongiorno, mio caro, come stai? Ma guarda, hai una foglia rotta… è stato quel gattaccio?

Dal mio nascondiglio sentivo tutto e aspettavo il momento adatto per agire, cercando di non farmi sentire visto che stavo ridendo.

– Aspetta, aspetta. Ora prendo le forbici e ti tolgo la foglia altrimenti si secca e poi ti fa male.

Appena se ne è andata ho spinto verso l’alto il bastoncino.

– Eccomi da te. Ma…

Il tono della zia è cambiato subito.

– Ma… Ma… Mi sembri cresciuto!

Io da sotto il davanzale continuavo a ridere cercando di trattenermi, mentre la zia continuava a potare la sua pianta.

– Sì, sei proprio cresciuto. Se è merito dell’acqua fresca, te ne verso anche oggi, così crescerai di più…

Appena la zia si è allontanata, io ho spinto in su il bastoncino facendo crescere di molto la pianticella. A un certo punto si è udito un tonfo.

– Ah! Il mio dittamo!

Zia Bettina per la sorpresa ha lasciato cadere la brocca mandandola in mille pezzi e ha esclamato:

– Ma questo è un miracolo! Ferdinando mio, Ferdinando mio adorato. È forse il tuo spirito a far crescere la piantina che mi regalasti per la mia festa?

Io ho spinto ancora più in su la pianta. La zia vedendo la pianta crescere si è messa a urlare:

– Oh! Ah! È un miracolo!

Il problema è che ho spinto troppo e il vaso si è rovesciato cadendo a terra e rompendosi: così sono stato smascherato!

Appena ho alzato gli occhi verso la finestra la zia era lì con un’espressione da far paura.

– Sei stato tu!

La zia è sparita, ricomparendo immediatamente alla porta con un bastone. Io ho iniziato a correre e mi sono nascosto sopra un albero.

Tornato a casa, ho trovato la zia in salotto che parlava con il postino di due telegrammi arrivati per lei. Entrambi erano di mio padre. La zia ha detto che a casa erano molto preoccupati per me e con tono severo mi ha annunciato:

– Ho scritto a tuo padre che venga a prenderti col prossimo treno.

Appena l’uomo se n’è andato ho cercato di sistemare le cose scusandomi dell’accaduto.

– Vergognati! Prendere in giro tua zia.

Cercando di tirare acqua al mio mulino ho aggiunto:

– Cara zia, scusa ancora. Ma non sapevo che dentro al dittamo ci fosse lo spirito di quel tale Ferdinando.

Zia Bettina è sbiancata e poi ha detto balbettando:

– Zitto, zitto! Mi prometti di non dire a nessuno quello che hai sentito?

– Sì zia, te lo prometto.

– Bene, allora non ne parliamo mai più. Cercherò di mettere una buona parola con tuo padre.

Sto pranzando in salotto mentre zia Bettina si sfoga con la moglie del contadino:

– È un demonio! E finirà male.

E tutta questa confusione solo perché ho giocato con i figli della signora allo zoo. L’idea è nata pensando alla gita con mio padre al circo e al fatto che due operai vicino alla casa della zia stavano dipingendo l’abitazione del contadino con della vernice rossa e verde.

Angiolino, che è il figlio del contadino, è un ragazzo che ha quasi la mia età, non ha mai visto il mondo e per questo mi ascolta sempre a bocca aperta. Allora gli ho proposto di allestire lo zoo del circo.

– Voglio vedere anch’io – ha esclamato Geppina, la sua sorellina.

– Anch’io – ha aggiunto Pietrino, un bimbo di due anni e mezzo che sa solo gattonare.

– Va bene – ho risposto. – Ma servono le vernici degli operai.

– Nessun problema – ha detto Angiolino. – Ora sono in paese.

Mentre gli altri ci aspettavano, noi siamo andati a prendere colori e pennelli. Tornando, ho preso dal cortile della zia anche Bianchino, il cane della zia.

– Cominceremo dal leone! – ho esclamato legando al collare del barboncino una corda e fissandola a un carro che era lì vicino. In pochissimo tempo è diventato tutto rosso. – Veramente, il leone è di colore arancione. Ma va bene anche così – ho detto per rendere più vera la mia decisione. – E ora la tigre!

Poco distante c’era una pecora e, mescolando insieme il rosso e verde, ho creato una tinta adatta per disegnarle una pelliccia a macchie. Le ho dipinto anche il muso, ma non aveva nulla a che fare con la tigre vista al circo, le mancava l’aggressività.

Mentre osservavo la mia opera ho sentito un grugnito.

– Avete anche un maiale? – ho chiesto ad Angiolino.

– Sì, ma è piccolino…

Ed è andato a prendere un porcellino tutto rosa e grassottello.

Mi sono chiesto: “Con questo cosa ci si potrebbe fare?”

– Ci facciamo un leofante! – ha proposto il mio amico.

– Vorrai dire un elefante! – gli ho risposto ridendo. – Ma dovete sapere che gli elefanti sono enormi, hanno una proboscide e io non saprei come farla.

Tutti mi hanno guardato in modo strano.

– E che sarà mai questa proboscide, Giovannino?

Quando ho iniziato a spiegare che il naso dell’elefante ha diversi utilizzi, come alzare le cose, mangiare le noccioline, spruzzare i bambini che al circo gli fanno i dispetti, tutti e tre hanno detto che era impossibile che esistesse un animale del genere e si sono messi a ridere a più non posso.

Che brutta cosa non essere andati mai per il mondo!

– Con il porcellino ci faremo un coccodrillo – ho proposto poi.

Sul carro avevo visto una vecchia coperta e così l’ho legata alla pancia dell’animale e arrotolandola su se stessa ho fatto la coda. Con il colore verde ho dipinto il maiale tramutandolo in un coccodrillo meraviglioso.

Dopo aver legato il “coccodrillo” al carro, mi è venuta l’idea di fare la zebra utilizzando l’asino che c’era nella stalla.

È bastato mescolare i due colori e creare un grigio per fare

delle strisce sul pelo dell’animale che è diventato una zebra perfetta. E anche questo è stato legato al carro.

Per dare vivacità alla situazione mancavano solo le scimmie, e così ho dipinto il viso a Pietrino e gli ho legato uno spago sulla cintura come coda. Con l’aiuto di Angiolino ho messo il bimbo sul ramo dell’albero lì vicino e l’ho legato con una fune per non farlo cadere.

Il circo era pronto, così ho iniziato a spiegare:

– Gentili visitatori, osservate questo quadrupede. È fatto come un cavallo ma ha il manto a strisce e si chiama zebra. Tira calci ma non è un mulo e vive nella lontana Affrica .

– Accidenti – ha esclamato Angiolino. – Ma sarà vero?

– Certo che è vero. Ma ora non interrompere più la spiegazione – ho risposto io.

– Ed ecco la famosa tigre del Bengala, che vive in Asia e Affrica e mangia uomini e scimmie…

Pietrino ha iniziato a piangere mentre penzolava dal ramo perché la corda si era allentata. Sembrava proprio una scimmia appesa per la coda.

– Avete sentito signori? – ho continuato cogliendo l’occasione. – Appena la scimmia ha sentito nominare la tigre ha iniziato a urlare. Questa sull’albero è una comune bertuccia che vive nella foresta e si ciba di tutto ciò che trova.

Angiolino e Geppina mi guardavano a bocca aperta e occhi spalancati.

– E ora passiamo al leone. Questo animale bello e regale è capace di mangiare una mandria di buoi in sol colpo. Lui è il carnivoro più carnivoro di tutti i carnivori ma ha un cuore d’oro. Aiuta anche gli uomini, nei libri.

Avrei voluto dire altro sul leone, ma Pietrino continuava a piangere per cui sono passato subito a raccontare del coccodrillo.

– Signori, questo anfibio vive sia sulla terra sianell’acqua del Nilo, dove dà la caccia agli abitanti del posto e se li fa sparire in bocca come fossero caramelle! E sapete perché si chiama così?

I due ragazzini hanno scosso la testa.

– Si chiama coccodrillo perché la sua pelle è ricoperta di squame dure come la buccia delle noci di cocco. Mentre dicevo questo, ho preso a bastonate il maialino che ha iniziato a strillare.

In quel momento sono arrivati i genitori di Angiolino. – Oh, il mio maiale! – ha urlato il padre.

– Il mio piccolo, la mia creatura… – ha aggiunto la madre distogliendo l’attenzione dall’animale.

È proprio vero: chi non ha viaggiato ed è rimasto sempre in campagna non sa apprezzare le cose! Invece di essere felici che insegnassi qualcosa a quei ragazzi, urlavano come se li stessi ammazzando. Comunque… per evitare prediche e rimproveri ho slegato gli animali e sono andato verso casa inseguito da Bianchino. Arrivato a casa, la zia mi ha accolto sulla porta con un tono poco amichevole:

– Che cosa hai combinato stavolta?

Appena ha visto Bianchino, ha fatto un salto all’indietro come se avesse visto… un leone per davvero! Quindi, caro Diario, sono stato proprio bravo!

Appena ha capito che era il suo barboncino, però, ha iniziato a piagnucolare:

– Uh, Bianchino mio, che ti ha fatto questo piccolo delinquente? Guarda come ti ha ridotto!

Poi, si è alzata tutta inviperita con il dito minaccioso, ma io sono stato più veloce di lei e mi sono nascosto dentro questa stanza da dove ti sto scrivendo.

Poco dopo è arrivata la contadina a raccontare tutto a mia zia ingigantendo ogni cosa: ha detto che avevo dipinto gli animali di colori mai visti, che avevo appeso all’albero Pietrino riducendolo in uno stato pietoso...

Insomma, ora sto aspettando mio padre nella speranza che lui sappia distinguere la verità da un’esagerazione.

17 ottobre

Caro Diario, sono a casa.

Devo aggiornarti su quello che è accaduto ieri. Appena è arrivato mio padre, zia Bettina ha raccontato tutte le mie “prodezze”, come le chiama lei, esagerandole come sempre.

Ho iniziato a tirar calci e pugni alla porta per poter uscire e dire la mia.

– Aprite, voglio vedere il mio papà!

Appena hanno aperto la porta, mi sono lanciato tra le braccia del papà e lui ha subito iniziato a rimproverarmi:

– Tu non sai quanto ci hai messo in pensiero.

– È un piccolo delinquente – si è intromessa la zia. – Guarda come ha ridotto il mio Bianchino.

Il papà lo ha guardato e ha sorriso: – È proprio simpatico, tutto rosso.

Io ho aggiunto, un po’ piangente:

– Che male c’è? Ora basterà che lo chiami Rossino… – Ah sì? – ha gridato la zia con voce stridula. – È da questa mattina che mi fa disperare!

– Ma che ho fatto di male? Ho solo spiantato la pianta di dittamo, mica lo sapevo che dentro c’era lo spirito del signor Fernando…

– Basta così – ha sentenziato la zia. – Vattene e non farti più vedere in questa casa!

Così siamo ripartiti in treno.

Ieri sera ad aspettarmi in stazione c’erano tutti: parenti, amici… Chiunque parlava di me. A casa ancora peggio: erano tutti in lacrime, la mamma, le mie sorelle, Caterina che si asciugava gli occhi nel grembiule…

Ora devo darti un’altra notizia: mia sorella Luisa sposa il dottor Collalto. Lui ha vinto un posto come dottore a Roma, per cui ha deciso di sposare Luisa e di partire

insieme. Mi dispiace tantissimo che lei se ne vada, in fondo le voglio bene e pure a Collalto, ma in compenso al loro matrimonio farò una scorpacciata di dolci e pasticcini!

18 ottobre

Ho finalmente una scatola di colori e sono proprio felice. Ieri sera il dottor Collalto mi ha fatto questo regalo bellissimo. E insieme al regalo mi ha detto:

– Tieni Giovannino, so che ti piace disegnare.

Ero talmente felice che ho iniziato a saltare dalla contentezza. Poi mi sono rinchiuso in camera e ho inaugurato i colori. Per prima cosa ho riprodotto il circo che ho fatto in campagna con gli animali. Una volta finito, l’ho portato a Collalto che ha detto che era proprio un’opera d’arte.

Ecco, come volevasi dimostrare: i disastri che combinano i bambini non accadano mai senza motivo… se non avessi fatto il circo ora non avrei disegnato “un’opera d’arte”. Grazie Collalto, ora dovrò trovare un regalo degno del tuo… speriamo di riuscire a risparmiare qualche soldo.

19 ottobre

Caro Diario, questa mattina Luisa mi ha dato una moneta d’argento.

Sì, proprio un’intera moneta d’argento, chiedendomi di

non combinare guai visto che tutti sono in subbuglio per i preparativi del matrimonio e nessuno ha tempo di tenermi d’occhio. L’ho sempre detto: Luisa è la migliore.

Con questi soldi comprerò dodici razzi col fischio, sei candele romane, otto scatole di petardi e quattro bellissime girandole, così la sera del matrimonio potrò anch’io festeggiare gli sposi.

24 ottobre

Finalmente oggi è il grande giorno.

Scusa se è un po’ di tempo che non ti prendo in mano, ma i preparativi sono stati frenetici. Ho aiutato tutti in ogni cosa e la sera cadevo stanco morto sul mio letto.

Questa giornata si concluderà con i miei fuochi e tutti rimarranno sbalorditi: il Collalto che mi chiama cognato, Luisa che mi vuol bene, la zia Bettina che è venuta facendo pace con tutti e regalando alla sposa una coperta gialla e turchese fatta a mano. Luisa sperava in due diamanti come eredità della nonna, ma la zia probabilmente se l’è legata al dito per la faccenda della festa del mese scorso.

La zia ha deciso di non venire in Municipio. Prenderà il treno e tornerà a casa. Nessuno sa il perché, visto che l’ab -

biamo accolta con tutte le attenzioni del mondo. La mamma le ha persino chiesto se qualcuno le ha mancato di rispetto. – Nessuno, anzi. Se Luisa vuole essere così gentile da rimandarmi la coperta che le ho fatto sarei ancora più felice. Il fatto è che solo io so il motivo della sua decisione. Poco prima le avevo detto in disparte:

– Senti zia, se posso darti un consiglio, perché non ti porti via la coperta e regali a Luisa i diamanti sui quali aveva messo gli occhi? Così saranno tutti più contenti e tu non passerai per una vecchia megera dispettosa.

Devo essere sincero, questa volta la zia si è comportata molto bene. Deve aver capito il suo errore e ha deciso di rimediare tornando a casa a prendere il regalo giusto. Sono o non sono un bravo fratello?

Diario mio, sono disperato! Il papà mi ha rinchiuso in camera a suon di scarpate e sgridate. Il sedere mi fa così male che devo cambiare posizione ogni cinque minuti. Secondo lui questo è il modo giusto di correggere i ragazzi sfortunati come me. Nessuno mi capisce. Non è colpa mia se gli sposi sono dovuti ripartire perché Collalto è stato richiamato a Roma prima del previsto. Dato che il mio progetto dei fuochi in giardino è saltato ho deciso di fare agli sposi un semplice scherzo. Se il Collalto fosse meno pauroso tutti avrebbero riso senza farne un dramma. E invece…

Però che scena!

Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE, GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d).

i Classici Raffaello

Giovannino Stoppani o, come tutti lo chiamano, Gian Burrasca, è il protagonista di una serie di avventure esilaranti e divertentissime, narrate sotto forma di diario. Scansafatiche per eccellenza, Gian Burrasca ne combina di tutti i colori: mette a segno terribili scherzi alla zia e alle sorelle, manda all’aria feste e matrimoni, getta scompiglio in famiglia… Dietro le monellerie di Giannino c’è però un bambino fantasioso, ricco di gioia di vivere, di spontaneità e di coraggio, che cresce in una società rigida, lontana dai bisogni dell’infanzia.

“Il giornalino di Gian Burrasca” è un capolavoro di ironia, un ritratto senza tempo dell’irrequietezza adolescenziale.

Vamba è lo pseudonimo di Luigi Bertelli, scrittore e giornalista nato vicino Firenze nel 1860. Vamba

Il libro va in scena:

• In omaggio con il libro, il copione con la drammatizzazione del testo

• Canzoni scaricabili gratuitamente su www.daileggiamo.it

Il libro continua online su daileggiamo.it

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Libro + Drammatizzazione

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Il giornalino di Gian Burrasca by Gruppo Editoriale Raffaello - Issuu