Il Piccolo Lord

Adattato da Annamaria Piccione


Per volare con la fantasia
Collana di narrativa per ragazzi
Editor: Paola Valente
Coordinamento di redazione: Emanuele Ramini
Approfondimenti e schede: Paola Valente
Team grafico: AtosCrea, Raffaella De Luca
Ufficio stampa: Francesca Vici
I Edizione 2018
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Adattamento di Annamaria Piccione
Illustrazioni di Sara Gianassi
Cedric non sapeva nulla del suo papà, solo che era inglese perché glielo aveva detto la mamma. Era troppo piccolo quando lui era morto, ma lo ricordava alto, con gli occhi azzurri e lunghi baffi. Ed era fantastico farsi trasportare sulle sue larghe spalle in giro per la stanza.
Quando il papà si era ammalato, Cedric era stato mandato via e, al ritorno, lui non c’era più. Aveva però capito che era meglio non parlarne alla mamma che, vestita di nero, stava seduta sulla poltrona accanto alla finestra. Era pallida e dimagrita, le graziose fossette erano sparite dalle guance e gli occhi erano diventati grandi e tristi. – Tesoro – le aveva chiesto un giorno Cedric abbracciandola e chiamandola come aveva sempre fatto il padre, – Tesoro, papà sta meglio?
Lei si era messa a tremare e Cedric aveva sollevato la testolina ricciuta per guardarla: la mamma stava per scoppiare in lacrime.
– Tesoro, papà sta bene? – le aveva domandato di nuovo, ricoprendole il volto di baci.
La mamma lo aveva stretto, come se non volesse più lasciarlo.
– Sì, sta bene – aveva mormorato soffocando i singhiozzi.
– Lui sta bene, ma noi… noi non abbiamo più nessuno, a parte noi due. Nessuno.
Anche se era piccolo, Cedric aveva capito che il suo giovane e bel papà non sarebbe più tornato. La mamma piangeva sempre quando qualcuno lo nominava, così Cedric aveva deciso di non parlarne più e di fare in modo che lei non restasse a lungo seduta a guardare in silenzio fuori dalla finestra.
In seguito Cedric aveva saputo che i suoi genitori si erano conosciuti quando la mamma faceva la dama di compagnia di una vecchia signora che la trattava in maniera poco gentile.
Il capitano Cedric Errol l’aveva vista correre per le scale della casa con le lacrime agli occhi e non era più riuscito a togliersela dalla mente, colpito dalla sua bellezza e dall’aria dolce, ingenua e malinconica.
Poi si erano conosciuti meglio, innamorati e sposati, nonostante la disapprovazione di molte persone, soprattutto del padre del capitano, un importante e ricco conte dal
Il capitano Cedric Errol non aveva molte speranze di ereditare le ricchezze e il titolo nobiliare del padre, perché prima di lui c’erano due fratelli maggiori che, a differenza del minore, non erano simpatici a nessuno. Tanto il terzogenito era bello, laborioso e dal cuore benevolo, tanto i primi due erano gretti e scansafatiche, preoccupati più di spendere il patrimonio di famiglia che di onorarne l’antico nome.
Il conte padre era affezionato al capitano Errol, ma il suo pessimo carattere a volte gli annebbiava il giudizio e, invece di apprezzare le qualità del figlio, le considerava un’ingiustizia.
– Perché il migliore dei miei figli non può essere il mio erede? – si chiedeva stizzito.
Così, in uno dei soliti momenti di rabbia, aveva deciso di spedire il figlio minore in America, convinto che, non avendolo tra i piedi, non lo avrebbe dovuto paragonare ai fratelli perdigiorno.
Dopo sei mesi si era pentito e gli aveva ordinato di tornare, ignaro che il capitano avesse già sposato la bella dama di compagnia. Si era arrabbiato come non gli era mai capitato quando aveva letto la lettera del figlio che gli comunicava le nozze, e la sua risposta velenosa era partita senza indugi: il capitano Cedric Errol non faceva più parte della famiglia e non doveva farsi vedere mai più!
7 pessimo carattere, che viveva in Inghilterra e non sopportava l’America e gli americani.
– Mi dispiace – si era rattristato il capitano leggendo le parole furibonde. – Amo l’Inghilterra e anche mio padre, nonostante il suo brutto carattere.
All’inizio si era turbato, in fondo era un nobile e non aveva mai pensato di lavorare per vivere. Poi però si era fatto coraggio, aveva lasciato l’esercito, trovato un impiego a New York e si era messo a lavorare sodo, tornando la sera nella strada tranquilla dove abitava.
Quando era nato il piccolo Cedric, non si erano visti due genitori più felici, forse perché non si era mai visto un bimbo più bello: biondo, ricciuto, con enormi occhi scuri dalle lunghe ciglia. Dalla carrozzina sorrideva agli sconosciuti come se li ritenesse grandi amici, e più cresceva, più la gente lo amava; persino il bisbetico droghiere all’angolo gongolava quando lo vedeva spuntare sulla soglia con un elegante completino bianco e un grande cappello dello stesso colore.
– Le signore fermano le carrozze per parlargli – raccontava orgogliosa la governante Mary di ritorno dalle passeggiate. – E come risponde lui! Dovete sentirlo! È proprio un bimbo speciale! Bè, somiglia ai suoi genitori, teneri e affettuosi.
Nel vedere il padre colmare la madre di attenzioni e tenerezza, anche il piccolo Cedric aveva imparato a trattarla allo stesso modo. E quando aveva capito che il papà non sarebbe più tornato, aveva deciso che l’avrebbe di nuovo fatta sorridere.
– Oh, Mary, fa di tutto per confortarmi, anche con una semplice carezza – aveva detto la signora un giorno alla governante. – Mi guarda con gli occhioni teneri e mi parla come faceva suo padre. È proprio un ometto, il mio Cedric.
Dopo la morte del capitano, Mary rimase nella casetta come aiutante tuttofare e fu la prima ad accorgersi che la signora Errol aveva ricominciato a ridere di gusto. – Tutto merito di Cedric – si rallegrava quando le risate arrivavano fino in cucina. – Quei due sono sempre insieme, chiacchierano, passeggiano, giocano. E, da quando lui ha imparato a leggere, ogni sera sceglie per la signora una storia buffa presa dai libri o dai giornali. Forse neppure la signora Errol era orgogliosa del bambino quanto lo era la governante che lo aveva visto nascere. – A volte sembra proprio grande – raccontava ridendo Mary a chiunque fosse disposto ad ascoltarla. – Ad esempio, da quando ha saputo che voto per i democratici, non passa giorno che non provi a convincermi a fare il contrario, con
una serietà che lo fa sembrare un giudice. Perché lui è repubblicano, come il suo “Tesoro”.
Mary si divertiva anche a cucirgli dei vestiti eleganti, come il completo nero ricavato da un vecchio abito della signora Errol, che lo faceva sembrare un aristocratico.
– Quando cammina per la Quinta Strada con la testina alta e i riccioli che brillano al sole, ricorda un piccolo lord! –gongolava poi con la signora.
Cedric in realtà non sapeva cosa fosse un lord e non gli interessava assomigliargli: il suo migliore amico era il signor Hobbs, il droghiere all’angolo, che era bisbetico con tutti, ma non lo era mai con lui.
– È un uomo ricco e potente, possiede un cavallo e un carretto, la sua bottega è piena di cose buone – lo ammirava Cedric. – Voglio bene anche al lattaio, al panettiere e alla fruttivendola, ma al signor Hobbs più di tutti.
Ogni giorno il bambino si recava nella bottega e, tra le scatole di biscotti e le cassette di frutta, i due discutevano sui problemi del mondo. Il loro argomento preferito era la festa del 4 luglio, che faceva infervorare il signor Hobbs e lo riempiva di patriottico ardore: per Cedric era un privilegio sentirlo declamare interi brani della Dichiarazione d’Indipendenza.
– La nostra Rivoluzione trabocca di eroi e di azioni valorose contro i perfidi inglesi – predicava il droghiere a Cedric che lo ascoltava con gli occhi brillanti, le guance rosse e i riccioli arruffati. A casa poi ne parlava con la madre che si rallegrava nel vederlo interessato alla politica.
In occasione delle elezioni, il signor Hobbs e Cedric moltiplicarono la lettura dei giornali, convinti di essere decisivi per la vittoria del loro candidato. E, quando in effetti vinse, si recarono alla fiaccolata in suo onore, manifestando la loro gioia: in molti notarono, accanto a un lampione, un uomo robusto con un bambino sulle spalle che sventolava il cappello.
Poco tempo dopo le elezioni, Cedric ricevette la visita che gli cambiò la vita. E per un fatto curioso, avvenne proprio nel giorno in cui il signor Hobbs gli parlò malissimo dell’aristocrazia inglese, per la quale provava un’avversione irrefrenabile.
Era una calda giornata estiva e il signor Hobbs stava leggendo il giornale, quando Cedric entrò nella drogheria per riposarsi, dopo aver giocato ai soldatini con gli amici.
– Conti e marchesi, puah! – alzò la testa pelata il droghiere. – Ma faranno una brutta fine il giorno in cui le loro vittime si ribelleranno!
Cedric si arrampicò sul solito sgabello alto davanti al bancone, sedendosi con le gambe penzoloni. Poi spinse indietro il cappello, mise le mani in tasca e lanciò un’occhiata alla pagina dell’Illustrated London News che il signor Hobbs gli mostrava con aria torva.
– Avete conosciuto molti marchesi, signor Hobbs? Oppure conti? – gli domandò curioso.
Il droghiere si asciugò il sudore dalla fronte.
– No, non voglio tiranni seduti sulle scatole dei miei biscotti – rispose indignato.
Cedric fu però invaso da un moto di compassione per quei poveri conti.
– Forse non vorrebbero essere aristocratici se sapessero cosa gli altri pensano di loro – azzardò.
– Ne vanno fieri invece! – esclamò il signor Hobbs. – I conti sono gentaglia!
In quel momento, al culmine della discussione, apparve Mary. Sembrava agitata e non comprò lo zucchero, come Cedric si sarebbe aspettato.
– Vieni a casa, caro, ti vuole la mamma – disse invece.
Cedric scese dallo sgabello.
– Arrivederci, signor Hobbs – salutò gentile. Poi però si rivolse preoccupato alla governante. – Cosa c’è, Mary? Senti caldo? O sta male il mio Tesoro? Il sole le fa venire il mal di testa a volte.
La governante scosse la testa.
– No, la signora sta bene. Ma oggi accadono cose strane –rispose enigmatica.
Una carrozza sostava davanti alla loro casa e in fretta Mary condusse Cedric al piano superiore, per cambiargli l’abito di tutti i giorni con il più elegante dell’armadio, color crema, con una fascia rossa alla vita.
– Nobili e lord! – borbottò Mary pettinandolo. – Vadano al diavolo!
Quando ebbe finito, Cedric scese in salotto, ed entrando vide seduto in poltrona un vecchio signore, alto e magro. La madre era in piedi e corse incontro al figlio con le lacrime agli occhi.
– Oh, Ceddie! Ceddie, tesoro mio! – gli ripeté poi turbata, baciandolo e abbracciandolo.
Il vecchio signore si alzò dalla poltrona, osservò il bambino accarezzandosi il mento, infine parlò lentamente, con tono assai soddisfatto.
– Dunque… questo è il piccolo Lord Fauntleroy.
Quando il vecchio signore andò via, la mamma prese Cedric sulle ginocchia e gli raccontò una storia così sorprendente che fu costretta a ripeterla molte volte perché lui si raccapezzasse: era una faccenda di conti, che Cedric non conosceva e non aveva mai sentito nominare.
Il primo conte era il ricchissimo nonno, che aveva avuto tre figli.
Bevis, il maggiore dei suoi zii, sarebbe diventato conte se non fosse morto cadendo da cavallo.
Maurice, il secondo figlio del nonno, era passato a miglior vita per una strana febbre.
Il terzo aspirante al titolo avrebbe dovuto essere Cedric, il suo papà, ma purtroppo neppure lui c’era più.
– Dunque sei rimasto solo tu e alla morte di tuo nonno diventerai conte al suo posto – gli spiegò la mamma. – Per il momento il tuo nuovo nome è Lord Fauntleroy.
Cedric impallidì.
– Oh, Tesoro! Preferirei proprio non essere conte –esclamò quasi spaventato. – Nessuno dei bambini che conosco lo è!
La mamma gli parlò a lungo quella sera, seduta accanto alla finestra aperta sulla strada. Dal suo sgabello Cedric la ascoltò con attenzione.
– Il vecchio signore che hai incontrato è l’avvocato Havisham, legale di tuo nonno, il conte di Dorincourt. Lo ha mandato a prenderti per portarti nella sua casa in Inghilterra – concluse la signora Errol.
– Ma dovrò lasciare il signor Hobbs e i miei amici? –protestò Cedric.
La madre lo guardò con occhi tristi.
– Sono sicura che il tuo papà vorrebbe che tu andassi –disse, per poi accompagnarlo a dormire.
Il mattino seguente l’avvocato tornò a trovarli assai presto, per spiegare a Cedric la sua nuova posizione sociale. Avrebbe avuto molti vantaggi e sarebbe diventato presto molto ricco.
Il bambino però quasi non lo ascoltò, preoccupato del modo in cui l’amico droghiere, così ostile ai nobili, avrebbe reagito alla notizia di scoprire che era uno di loro.
Infine decise di dirglielo subito per togliersi il pensiero, e si diresse alla drogheria con il viso serissimo.
– Sarà un brutto colpo.
Il droghiere leggeva il giornale del mattino quando Cedric entrò, si guardò intorno e scelse di sedere su una scatola di biscotti invece che sul solito sgabello.
– Signor Hobbs, vi ricordate che ieri abbiamo parlato di conti e di nobili? – chiese quindi esitante.
Il droghiere si grattò la nuca.
– Inglesi – specificò.
Cedric si fece paonazzo.
– Avete detto che non li volevate seduti sulle scatole dei vostri biscotti…
– Certo che no! – confermò l’uomo con veemenza.
A Cedric non restò che confessare.
– Signor Hobbs, un conte inglese è ora seduto su questa vostra scatola! Non voglio ingannarvi… io sono un conte, o almeno lo diventerò un giorno. Il mio nome ora è Lord Fauntleroy.
– Eh?
Il signor Hobbs si convinse che il giovane amico fosse all’improvviso impazzito e gli posò una mano sulla testa.
– La mia testa sta bene – lo tranquillizzò Cedric. Poi, senza più esitare, gli raccontò della visita dell’avvocato Havisham, che il nonno aveva mandato dall’Inghilterra.
Quando tacque, il signor Hobbs lo fissò incredulo.
– Ma chi è tuo nonno? – chiese quindi.
Il bambino tirò fuori dalla tasca un pezzo di carta.
– L’ho scritto perché era troppo lungo. Ecco qui: John Arthur Molyneux Errol, conte di Dorincourt. Abita in un castello… anzi, in due o tre castelli… – precisò un po’ a disagio, per poi spiegare al droghiere la faccenda degli altri eredi che non potevano diventare conti perché erano morti. – Sono rimasto solo io: per questo ora devo andare in Inghilterra.
Il signor Hobbs si asciugò il sudore dalla testa pelata e per un attimo pensò che fosse cambiato tutto. Poi vide l’espressione di Cedric e capì che non era cambiato nulla: il bambino era rimasto lo stesso di sempre.
– Quale sarebbe ora il tuo nome? – gli chiese quindi.
– Quando sono entrato nel salotto, il signor Havisham ha detto: “Dunque, questo è il piccolo Lord Fauntleroy!” –rispose Cedric.
– Che mi venga un accidente! – fu il commento dell’altro.
Cedric lo trovò molto appropriato: il suo rispetto per il droghiere gli faceva apprezzare anche le esclamazioni che la madre non avrebbe mai ripetuto.
– L’Inghilterra è molto lontana – si intristì invece. – E forse passerà molto tempo prima di rivederci. È questa la cosa peggiore.
– Anche i migliori amici devono separarsi – lo consolò il signor Hobbs. – E noi ci conosciamo da quando sei nato. Devi proprio andare, vero?
Cedric annuì.
– Mamma dice che papà avrebbe voluto così – sospirò, per poi riscuotersi. – Però, poiché dovrò diventare conte, cercherò di non essere un tiranno. E se scoppiasse un’altra guerra contro l’America, proverò a fermarla!
Il signor Hobbs parve rassegnato alla notizia, e la curiosità prese il posto dello stupore. Cedric fu bombardato di domande sui conti, i marchesi, i lord e sui loro patrimoni, ma poiché non conosceva le risposte, accettò di buon grado le spiegazioni del droghiere, ferratissimo sull’argomento!
L’avvocato Havisham era al servizio del conte di Dorincourt da quarant’anni e fu subito incuriosito da quel bambino che sembrava così diverso dagli zii. Non era mai stato fuori dall’Inghilterra e, fino ad allora, aveva avuto una pessima opinione degli americani. Anche lui, come il vecchio conte, era convinto che la madre di Cedric fosse una volgare arrampicatrice che aveva incastrato il povero capitano, e quando la carrozza si era fermata di fronte alla casetta di periferia, per un attimo aveva pensato di scappare. – Il futuro signore di Dorincourt Castle, di Wyndham Towers, di Chorlworth e di tutte le altre splendide tenute è nato e cresciuto qui? – si era indignato. – Che donna avida sarà lei, senza alcun rispetto per l’antico nome del marito!
Entrando nel salottino semplice ma elegante, si era invece stupito, ma il suo sbalordimento si era moltiplicato quando la signora Errol lo aveva raggiunto. Era una donna snella, distinta, con lo stesso sguardo tenero e malinconico che aveva conquistato il capitano: erano bastati pochi minuti di colloquio perché l’avvocato capisse come i suoi preconcetti fossero del tutto errati.
– Che grave errore ha commesso il vecchio conte! – aveva pensato apprezzandone la dignità. E si era sentito pieno di ammirazione quando la donna aveva reagito compostamente sentendo che non avrebbe vissuto col figlio, ma in una villa vicina.
– Dovremmo separarci? – aveva chiesto la signora Errol con voce tremante.
L’avvocato si era schiarito la voce.
– Il conte di Dorincourt è maldisposto nei vostri confronti – aveva ammesso. – È un uomo anziano, con tanti pregiudizi contro l’America e gli americani. Non vuole vedervi e ha deciso che Lord Fauntleroy cresca con lui al castello di Dorincourt, mentre voi vivrete a Court Lodge, una villa poco distante. Vi sarà fornita una rendita adeguata e Lord Fauntleroy vi farà visita ogni volta che vorrà: a patto che non varchiate mai i cancelli del parco.
L’avvocato si aspettava una scenata, ma la madre di Cedric aveva taciuto per qualche secondo.
– Mio marito, il capitano Errol, amava Dorincourt ed era fiero di essere inglese – aveva detto infine. – Gli mancava la
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casa degli avi e sarebbe stato felice di vedere suo figlio crescervi. A me basta stare col mio Cedric solo qualche volta, so che lui continuerà a volermi bene.
L’avvocato l’aveva guardata con rispetto.
– Il conte farà di tutto perché Lord Fauntleroy sia felice –aveva assicurato.
In realtà l’avvocato non era per niente tranquillo e se avesse potuto esprimersi con sincerità, avrebbe detto che diffidava del conte, celebre per il suo caratteraccio. Sarebbe stato un nonno affettuoso, esemplare e gentile? Meglio non pensarci.
– Dov’è ora Lord Fauntleroy? – aveva quindi chiesto, tenendo i dubbi per sé.
– Dal droghiere all’angolo, lo avrete visto arrivando –aveva risposto la signora Errol con un sorrisetto.
L’avvocato era trasalito. Certo che aveva visto la bottega! Cosa ci faceva un futuro conte tra le ceste di patate e di mele?
La sua apprensione era cresciuta con il passare dei minuti e la testa si era affollata di domande.
“Sarà rozzo? Dai modi volgari? Frequenta solo droghieri?” si era chiesto in attesa che Mary tornasse con il futuro erede.
Ogni inquietudine era sparita quando il piccolo Cedric era apparso sulla porta per gettarsi tra le braccia della madre. Era di una bellezza straordinaria, il portamento sicuro, gli occhi innocenti: il bambino più bello che avesse mai visto.
Nei giorni successivi, l’avvocato conobbe meglio Cedric e ne apprezzò ogni lato del carattere. Non era né timido né sfacciato, rispondeva alle domande con cordialità e naturalezza, seguiva le conversazioni con l’attenzione di un adulto, trattava la madre con riguardo, ma non dimenticava mai di essere un bambino.
Una mattina, l’avvocato lo vide circondato da coetanei, pronto a sfidarsi in una gara di corsa con un altro bambino, e decise di assistere senza mostrarsi. Non solo il piccolo lord vinse la gara, ma alla fine consolò anche l’avversario che aveva perso, spronandolo a far meglio.
“Quel bambino riesce a far sentire gli altri a proprio agio” si disse poi entrando nella piccola casa.
Per Cedric era venuto il momento di sapere cosa comportasse diventare prima un lord e poi un conte.
Nel salotto non si sentiva volare una mosca. Seduto su una poltrona che sembrava enorme, con la testa ricciuta appoggiata sullo schienale, Cedric ascoltava pensieroso il signor Havisham che lo informava di come sarebbe cambiata la sua vita in Inghilterra.
– Io non so cosa sia un conte – ammise con onestà quando l’altro finì. – Visto che sto per diventarlo, vorreste spiegarmi perché si diventa conti?
Il signor Havisham rispose pronto.
– Di solito, un uomo lo diventa perché ha servito bene il proprio re… o perché ha compiuto una grande impresa…
– Allora è come essere presidente! – esclamò Cedric. – I nostri presidenti vengono eletti perché sono buoni e sanno un sacco di cose. Per loro si fanno le fiaccolate con la banda. A me sarebbe piaciuto fare il presidente, ma non ho mai pensato di diventare conte.
L’avvocato pensò di chiarire la faccenda.
– Non è proprio la stessa cosa – esordì unendo le dita. – Un conte è molto importante.
– Anche un presidente lo è!
– Ed è di antico lignaggio…
– Eh?
– Proviene da una famiglia assai vecchia…
Cedric si mise le mani in tasca, certo di aver capito.
– Come la fruttivendola del parco! Lei sì che è vecchia –commentò. – Vende le mele, e poiché Billy Williams aveva un dollaro, io lo pregai di comprarle cinque centesimi di mele per venti giorni. Lui si stufò dopo una settimana, ma per fortuna io avevo mezzo dollaro e comprai le mele al posto suo. È triste essere di antico lignaggio.
L’avvocato capì di non essersi espresso bene.
– Antico lignaggio non significa essere vecchi – provò a rispiegare, – ma portare un nome famoso da molto tempo…
– Come George Washington! – lo interruppe Cedric. – Il signor Hobbs dice che non sarà mai dimenticato perché lo ricordiamo il 4 luglio.
Era troppo per il signor Havisham.
– Il primo conte di Dorincourt è vissuto quattrocento anni fa!
Finalmente Cedric si stupì.
– Ma è un sacco di tempo. Tesoro lo sa? Dobbiamo dirglielo appena torna!
– I conti sono molto coraggiosi – continuò l’avvocato.
– Proprio come il mio papà – annuì Cedric. – Che era valoroso come George Washington. Io prima avevo paura del buio, ma poi ho pensato alla Rivoluzione Americana, quando gli Stati Uniti lottarono per l’indipendenza, e mi è passata.
Il signor Havisham si era tenuto la notizia migliore per ultima.
– I conti hanno molto denaro – affermò aspettando la reazione del bambino.
– Oh, anche a me piacerebbe averne tanto – sospirò Cedric.
L’avvocato drizzò le orecchie.
– Per farne cosa?
– Un sacco di cose – rispose il bambino. – Ad esempio, comprare un chiosco alla fruttivendola e metterci dentro una stufetta per le sue vecchie ossa…
Il signor Havisham tossicchiò.
– E poi?
– Bè, comprerei a Tesoro tante belle cose e una carrozza – elencò Cedric. – E poi c’è Dick, il mio amico lustrascarpe che, quando ero piccolo, raccolse una palla che mi era sfuggita di mano. Lavora su un marciapiede vicino, è simpatico e generoso, ma ultimamente gli affari non gli vanno molto bene per colpa di Jake…
– E chi è Jake?
– Il suo socio, che non lavora e lo imbroglia – spiegò il bambino. – Con i miei soldi io comprerei la parte di Jake, la darei a Dick e gli regalerei anche un’insegna e delle spazzole nuove.
Il signor Havisham era sempre più curioso: possibile che quel bambino non desiderasse nulla per sé?
– E non c’è altro?
– Certo che sì! Darei del denaro a Bridget, la sorella di Mary, che ha dodici bambini e il marito disoccupato. Tesoro le regala sempre qualcosa e lei le dice “Dio vi benedica, bella signora”. Poi regalerei un orologio d’oro e una pipa di schiuma al signor Hobbs.
A interrompere quelle fantasticherie giunse la signora Errol, che fino a quel momento era rimasta in cucina proprio con la sorella povera di Mary.
– Vado subito a salutarla – si alzò Cedric. – Suo marito sta male, ma ha un gran talento. Si chiama Michael e una volta mi ha fatto una spada di legno.
Quando Cedric fu nell’altra stanza, l’avvocato parlò alla signora Errol con sincerità.
– Prima di partire, il conte mi ha dato istruzione di accontentare i desideri del nipote e di consegnargli del denaro da parte sua per farne ciò che vuole – le spiegò, omettendo che le motivazioni dell’anziano conte miravano a ingraziarsi il nipote per metterlo un giorno contro di lei.
La signora però percepì nel gesto solo un motivo di affetto e affermò che Cedric sarebbe stato felice di aiutare gli amici che ne avevano bisogno.
– Il conte è davvero gentile – aggiunse con un sorriso.
Il signor Havisham tirò fuori dal grosso portafogli alcune banconote e le porse alla signora.
– Il conte di Dorincourt è molto ricco – affermò senza chiedersi come avrebbe reagito il vecchio egoista nel sapere che i suoi soldi erano impiegati in atti di carità.
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– Ma sono venticinque dollari! – esclamò la signora Errol, – un patrimonio.
L’avvocato sorrise e aggiunse:
– La vita di vostro figlio è cambiata. Ora ha un grande potere tra le mani.
– Spero che lo userà nel migliore dei modi – sussurrò la donna. – Anche se ne ho un po’ paura.
Il signor Havisham le sorrise.
– Credo, signora, che Lord Fauntleroy penserà più agli altri che a se stesso.
Cedric rientrò in salotto con la faccina molto dispiaciuta.
– Il marito di Bridge ha un reumatismo “infamatorio” – li informò. – E non sanno come pagare l’affitto. Mi avete fatto chiamare, avvocato?
Di fronte agli occhi ingenui del bambino, il signor Havisham sentì svanire la propria sicurezza e non trovò le parole.
Fu la signora Errol a parlare per lui, abbracciando Cedric con slancio.
– Ceddie, il conte di Dorincourt, tuo nonno, il papà del tuo papà, ti vuole bene e spera che anche tu gliene voglia –gli disse. – Così ha dato al signor Havisham del denaro per te. Ne potresti regalare un po’ a Bridget…
Il bimbo la guardò incredulo.
– Glielo posso dare… subito?
La madre gli porse il piccolo rotolo di banconote. Cedric lo afferrò e corse in cucina gridando.
– Bridget! Il nonno mi ha dato dei soldi per te e Michael!
La signora Errol gli andò dietro e l’avvocato rimase solo in salotto. Pensò al vecchio conte, malato di gotta e solo, circondato dalle ricchezze ma senza nessuno che gli volesse bene, perché per tutta la vita non aveva pensato che a se stesso.
Il viso pulito di Cedric contrastava con quell’immagine arcigna e aspra.
– Cosa succederà quando sarà lui a diventare un conte?
Non poté darsi una risposta perché madre e figlio tornarono in salotto.
– Non avevo mai visto nessuno piangere di gioia – disse Cedric. – Il nonno dev’essere proprio buono. E se questo significa essere conti, sono contento di diventarlo!
Durante la settimana prima della partenza, Cedric
apprezzò molto i vantaggi di essere un lord, perché, grazie al gonfio portafogli del signor Havisham, vide avverarsi ogni suo desiderio.
In verità anche l’avvocato si divertì un mondo e non solo perché rese felice il piccolo lord, ma soprattutto perché trovò assai buffe le facce sbalordite dei suoi amici a ogni regalo.
– Devo diventare un lord e non posso andare in Inghilterra pensando che le tue ossa ti facciano male – spiegò Cedric alla fruttivendola “di antico lignaggio” nel donarle la stufa, lo scialle e una somma che la vecchietta giudicò favolosa.
Con altrettanta semplicità rivelò poi all’avvocato perché le fosse così tanto affezionato:
– Una volta caddi e mi sbucciai un ginocchio, ma lei per consolarmi mi regalò una mela. Fu molto gentile. E non bisogna mai dimenticare un gesto gentile, vero avvocato?
Il signor Havisham annuì, però in cuor suo pensò di conoscere molta gente che dimenticava quella cosa con estrema facilità.
Memorabile fu l’incontro con Dick il lustrascarpe, al quale Cedric comunicò che i guai erano finiti e che il socio lavativo non era più un problema.
– Ormai sono un lord e, se vivrò a sufficienza, diventerò persino un conte – lo informò Cedric come se fosse la cosa più normale del mondo.
Dick fece un balzo così alto che il berretto gli volò via.
– Mi prendi per il naso? – proruppe quindi, con un’esclamazione che scandalizzò il raffinato signor Havisham.
Cedric però non se la prese.
– All’inizio lo pensano tutti, anche il signor Hobbs e persino io – ammise. – Ora invece sono contento, perché mio nonno è molto buono nonostante sia un conte. Infatti mi ha dato tanto denaro per te.
Nel vedere la somma, Dick si convinse che il bambino parlava sul serio e per qualche minuto pensò di sognare.
Cedric fu molto soddisfatto di averlo reso felice e, nel salutarlo, la voce gli tremò per la commozione.
– Mi spiace doverti lasciare e spero che gli affari crescano – disse porgendogli un biglietto. – Vorrei che mi scrivessi perché siamo amici: questo è il mio indirizzo, non devi scri-
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vere Cedric Errol, ma LordFauntleroy , ora mi chiamo così.
Arrivederci, Dick!
Con gli occhi lucidi e la voce rauca, Dick si rivolse al signor Havisham.
– Grazie di tutto e prendetevi cura di questo bel tipetto –salutò con il pomo di Adamo che andava su e giù. Poi li guardò andar via con lo sguardo offuscato, senza riuscire a parlare.
Il più turbato fu il signor Hobbs che prima della partenza diventò più bisbetico, nonostante Cedric trascorresse ogni momento libero nella drogheria. Quando poi ricevette l’orologio d’oro con la catena, invece di esultare si soffiò il naso.
Cedric però non si fece intimorire.
– Nella cassa ho fatto scrivere “Al signor Hobbs dal suo vecchio amico Lord Fauntleroy”. Così vi ricorderete di me –dichiarò con importanza.
Il droghiere si soffiò di nuovo il naso.
– Non ti dimenticherò mai, senza bisogno dell’orologio.
Ma tu? Ti scorderai di me, adesso che trascorrerai le tue ore con gli aristocratici inglesi?
– Con voi ho trascorso le mie ore più belle – lo tranquillizzò Cedric. – E sono sicuro che mio nonno vi scriverà per invitarvi al castello dopo che gli avrò raccontato di voi. Verrete, vero? Anche se lui è un conte?
Il signor Hobbs accettò l’invito, ma non cambiò il suo parere sull’aristocrazia.
– Verrò a trovare te, non il conte! – rispose secco.
Alla fine arrivò il giorno in cui i bauli furono portati sul piroscafo e una carrozza si fermò davanti alla porta. La signora Errol rimase qualche minuto chiusa in camera e poi scese con gli occhi lucidi di pianto. Anche Cedric si sentì pieno di malinconia e si strinse forte alla madre prima di salutare la casetta dov’era nato.
La banchina dove era attraccato il bastimento pullulava di carrozze, di facchini in cerca di bagagli, di ufficiali che distribuivano ordini, di marinai che correvano su e giù. Chi saliva a bordo non sempre sfoggiava un’aria allegra, in tanti sembravano commossi o persino tristi.
Sul ponte del piroscafo, Cedric osservò ogni cosa: i rotoli di cime, le vele ammainate, gli alberi così alti da sfiorare il cielo.
– Dovrò chiedere ai marinai se incontreremo i pirati – si propose eccitato. Mentre stavano per partire, si accorse di un uomo che si faceva largo tra la folla con un fazzoletto rosso in mano. – Ma è Dick!
Il lustrascarpe lo raggiunse sul ponte ansimando e gli porse il fazzoletto rosso: era di seta e decorato con teste e ferri di cavallo viola.
– Sono venuto di corsa per dirti che gli affari vanno benone! E con l’incasso di ieri ti ho comprato questo: così non sfigurerai tra i damerini inglesi.
(D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d).
Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE, GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A.
Il piccolo Cedric pensa di essere un comune bambino americano orfano di padre, invece è un aristocratico inglese, un piccolo lord, con un nonno che lo aspetta in un castello favoloso. La vita dell’anziano cambia radicalmente con l’arrivo del nipote, che riesce a far breccia sul suo cuore indurito e a mostrargli il lato bello del mondo. Ma le complicazioni piombano alle spalle e, quando tutto sembra andare per il meglio, la serenità conquistata corre il rischio di svanire per sempre. Per ogni problema c’è però una soluzione e spesso arriva da molto lontano…
Uno dei più celebri romanzi per ragazzi di tutti i tempi.
Frances Hodgson Burnett, nata nel 1849, è stata una commediografa e scrittrice inglese. È nota soprattutto per le sue storie per ragazzi, in particolare “Il giardino segreto”, “La piccola principessa” e “Il Piccolo Lord”.
Annamaria Piccione, siciliana doc, vive stabilmente in due città, Siracusa e Palermo. Le piace molto viaggiare per il mondo, ma la cosa che ama di più dei viaggi è tornare a casa. Ha pubblicato molti libri per ragazzi.
Il libro è dotato di approfondimenti online
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