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Covid-19. L’arma biologica. Intervista al prof. Joseph Tritto a cura di Mauro Faverzani

Intervista al prof. Joseph Tritto Covid-19 L’arma biologica

Il prof. Joseph Tritto, in quest’intervista, avverte: «Questo virus, con le sue varianti, ha tutte le potenzialità e le caratteristiche per essere utilizzato come arma biologica». Ed aggiunge: «I vaccini possono attenuare l’impatto della pandemia, ma questo virus costruito in laboratorio non lo si neutralizza con la strategia vaccinale». Ma c’è una buona notizia: «Oltre 200 farmaci già disponibili, ben conosciuti ed utilizzati per altre indicazioni, hanno dimostrato un’efficacia clinica evidente nelle fasi precoci della malattia e ridotto il tempo di degenza e mortalità nelle fasi progressive del COVID».

«Questo virus, con le sue varianti – spiega il prof. Tritto –ha tutte le potenzialità e le caratteristiche per essere utilizzato come arma biologica, considerando gli inserti aggiunti ai backbones di origine». È sicuramente un esperto: il prof. Joseph Tritto è professore di Microchirurgia e Microtecnologia all’Aston University di Birmingham, nonché di Micro e Nanotecnologie presso la BIB, Brunel University di Londra, direttore di Nanomedicina presso l’Amity University di New Delhi, in India, Paese dove è anche vice primario presso il Kamineni Institute of Medical Sciences di Hyderabad. In Italia è divenuto noto grazie anche al suo recente

a cura di Mauro Faverzani

libro Cina Covid-19. La chimera che ha cambiato il mondo, edito da Cantagalli. Egli è dunque un riferimento sicuro e privilegiato, per fare il punto della situazione sull’emergenza Covid, dopo l’introduzione del vaccino a livello internazionale.

Lei fu tra i primi a lanciare l’idea di una possibile origine in laboratorio del SARSCoV2. Altri studi su questa linea sono usciti negli ultimi mesi e persino il presi-

dente Biden non esclude quest’ipotesi…

Sì, tutti gli studi scientifici più recenti convergono verso l’origine in laboratorio del virus SARS-CoV-2.

Quali sono allora le responsabilità della Cina?

La Cina sin dall’epoca della SARS-1 aveva attivato il suo programma di ricerca di armi biologiche ed il programma quinquennale 2015-2022 aveva sancito l’importanza della biologia (fattore 7) nello sviluppo tecnicoscientifico e militare moderno. Gli Stati Uniti hanno cercato di monitorare l’attività militare cinese sulla ricerca virologica di derivazione naturale e di cooperare con gli scienziati cinesi a livello di potenziali zoonosi di origine animale “wild” con la creazione del Global Virome Project, fondato da Echo-Health Alliance di Peter Daszak e supportata finanziariamente da NIAD di Anthony Fauci e da organismi interni del Pentagono. È vero che la Cina ha l’antidoto a livello di vaccino?

La Cina potenzialmente può avere l’antidoto, ma l’evoluzione dell’epidemia di Wuhan e delle successive con la variante Delta a spot nelle diverse grandi città cinesi, dimostra come un vero antidoto non fosse stato sviluppato, né previsto nel laboratorio di Wuhan. Per contro i cinesi sono stati capaci di mettere a punto sin dall’inizio un test diagnostico rapido capace di distinguere la forma L (molto virulenta) dalla forma S (molto contagiosa) e quindi di isolare i pazienti con potenziale qualitativo di infettività molto alta. Il vaccino SINOVAC copre al 60% dalla forma di Wuhan ed in diversi Paesi, come l’Indonesia, è risultato inefficace contro la variante Delta. La collaborazione fra il laboratorio di Wuhan e quello dell’Università del North Carolina a Chapel Hill di Ralph Baric continua nella ricerca di anticorpi policlonali universali contro la proteina Spike e nella messa a punto di un vaccino, cosiddetto chimerico (multiplexed-chimeric spikes vaccines), contro tutta la classe dei Coronavirus.

Come mai il vaccino cinese è considerato più debole, nonostante i controlli siano più perfezionati?

Il vaccino cinese SI-

«Tutti gli studi scientifici più recenti – afferma il prof. Tritto (nella foto) – convergono verso l’origine in laboratorio del virus SARS-CoV-2».

«Questo virus costruito in laboratorio non lo si neutralizza con la strategia vaccinale –dichiara il prof. Tritto – La soluzione è nelle terapie antivirali e negli anticorpi policlonali per le situazioni di emergenza in fase precoce e dei policlonali fabbricati sul paziente per le forme gravi». NOVAC è un vaccino classico, che richiede l’attenuazione della antigenicità del virus in vitro. Come tutti i vaccini di questo tipo, ad esempio quello di AstraZeneca o lo Sputnik, la risposta terapeutica oscilla fra il 40 e 60% e si scontra con una caratteristica fondamentale di questo virus concepito in laboratorio: il mascheramento antigenico adattativo, che si modifica nella fase di aggancio del virus al recettore dell’ospite (nel processo di docking) e che dipende dal tipo di variante evolutiva.

Quale il futuro dell’attuale ricerca biotecnologica sul virus? Può essere utilizzata come strumento di una guerra biologica?

L’attuale ricerca biotecnologica su questo virus specifico e sui cosiddetti SARS-likes e SARS2-likes, ha permesso di studiare la configurazione biofisica tridimensionale del virus con la criomicroscopia elettronica nella posizione chiusa e nella posizione aperta, cioè preparatoria di aggancio al recettore, che smaschera i siti antigenicamente protetti. D’altro canto, il lavoro fondamentale del team di Rudolf Jaenisch del MIT ha dimostrato che il SARS-CoV-2 nel processo di trascrizione inversa del suo RNA è capace di copiare segmenti del suo genoma, che possono essere integrati nel genoma umano, con il potenziale di attivare oncogeni (come è stato dimostrato dallo Sloan Kettering a New York), di modulare le telomerasi delle cellule umane (Jean-

Claude Perez del gruppo di Montagnier) e di provocare una risposta autoimmune, tipo malattia a prioni (team di George e Victor Tetz dell’Human Microbiology Institute in New York).

Questo virus, con le sue varianti, ha tutte le potenzialità e le caratteristiche per essere utilizzato come arma biologica, considerando gli inserti aggiunti ai backbones di origine.

I farmaci, per curare il Covid-19, sono efficaci?

I farmaci attuali, i cosiddetti repurposing drugs, ben conosciuti ed utilizzati per altre indicazioni, hanno dimostrato un’efficacia clinica evidente nelle fasi precoci della malattia e ridotto il tempo di degenza e mortalità nelle fasi progressive del COVID.

Ci sono ben più di 200 farmaci disponibili potenzialmente suscettibili di trattare il COVID.

Ci sono guerre tra le aziende farmaceutiche dietro l’attuale situazione pandemica?

Il mondo attuale è vittima della guerra commerciale fra i grandi players di BIG Pharma: era inevitabile, date le tensioni geo-politiche e l’accelerazione nella fabbricazione ed uso per

scopo emergenziale. L’approvazione per un uso codificato e routinario dovrebbe calmierare parzialmente il gioco commerciale.

Riuscirà il vaccino a sconfiggere il virus del Covid-19? I vaccini possono attenuare l’impatto della pandemia, ma questo virus costruito in laboratorio non lo si neutralizza con la strategia vaccinale. Il virus presenta un meccanismo, quello della furina, che adatta continuamente il genoma virale alle diverse condizioni della relazione virus-ospite e quindi seleziona forme sempre più resistenti. La soluzione è nelle terapie antivirali e negli anticorpi policlonali per le situazioni di emergenza in fase precoce e dei policlonali fabbricati sul paziente per le forme gravi.

Affermazioni, che dovrebbero indurre ad una riflessione attenta, per offrire una risposta sempre più efficace alla pandemia in corso. 

«La Cina sin dall’epoca della SARS-1 – afferma il prof. Tritto – aveva attivato il suo programma di ricerca di armi biologiche ed il programma quinquennale 2015-2022 aveva sancito l’importanza della biologia (fattore 7) nello sviluppo tecnico-scientifico e militare moderno».

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