LA SPEZIA

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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 31 GENNAIO 2012

Scuola Media

«C. Cattaneo» LA LA SPEZIA SPEZIA

Per una scuola ’alunnocentrica’ Metodo Gordon: efficacia educativa in uno scenario di sterile tecnocentrismo RIFLESSIONI

«Formazione» tra motivazione e apprendimento HO CONOSCIUTO il metodo Gordon nella scuola “Carlo Cattaneo” che frequento da due anni. All’inizio ero alquanto scettico, sono piuttosto chiuso di carattere, ma sono bastati i primi incontri per ricredermi. Ho provato molta serenità nel parlare delle mie emozioni durante il problem-solving e il brain-storming perché gli altri non potevano giudicarmi per quello che dicevo. A volte era più semplice, altre più difficile e nel confronto ho compreso di non essere “solo”. Questo mio pensiero è condiviso dai tutti i compagni di classe; ora affrontiamo serenamente le interrogazioni, le verifiche e partecipiamo con gioia ai successi di ognuno di noi. Il fatto di conoscere meglio me stesso mi da più sicurezza nell’affrontare i miei coetanei; rispetto all’anno scorso sono in grado di esprimermi meglio e questo facilita la comunicazione e rafforza il rapporto di amicizia: se riesco ad esprimere la mia gioia, ma anche il mio disagio, chi mi sta di fronte è in grado di conoscere i miei bisogni, e viceversa, per empatia. Penso che un mondo più sincero e onesto inizi da questo. Sarebbe un peccato interrompere proprio adesso questo percorso appena iniziato perché grazie al metodo Gordon siamo meno inibiti e non temiamo più il giudizio dei nostri amici: la consapevolezza delle nostre potenzialità ci fa capire su cosa “puntare” per valorizzare le nostre capacità e superare le nostre debolezze.

RIPERCORRENDO le tappe della nostra storia abbiamo compreso che l’uomo ha compiuto progressi sorprendenti in ogni campo. L’umanità “bambina”, desiderosa di crescere, si è aperta al mondo attraverso i miti, le fiabe e le favole, acquisendo una graduale consapevolezza di sé. L’Occidente europeo, dopo una visione oscurantista di teocentrismo, “monopolio” di un Medioevo clericale, è passato ad un maturo e consapevole antropocentrismo a partire dall’Umanesimo-Rinascimento. L’uomo ha così cominciato ad avere fiducia nelle proprie capacità e a “costruire” se stesso, diventando artefice del proprio destino. Oggi strumenti “sopraffini” e un certo tecnologismo idolatrato hanno finito per aprire il varco alla grande era tecnocentrica, impoverendo quell’humanitas che nella scuola dovrebbe essere il vero motore. L’efficentismo frenetico che dilaga ormai in ogni ambito ( anche educativo!) spesso crea sfiducia in noi giovani e soprattutto non stimola la motivazione allo “studio”.

LABORATORIO Spazio di interazione di gruppo

Thomas Gordon (1918-2002), psicologo americano di orientamento umanistico, consapevole di questi “vuoti” (nonostante le speranzose nuove tecnologie!), recupera il materiale più prezioso: quello umano! Lo sviluppo della persona nella sua “unicità” e il suo processo di maturazione diventano

l’obiettivo primario: solo così si può ottimizzare l’apprendimento, rendendolo piacevole e stimolante. Il cosiddetto “metodo Gordon” rappresenta proprio una valida opportunità per recuperare il senso dell’azione educativa nonché della sua efficacia, puntando i riflettori sul nostro ruolo di alun-

ni e sulla paritetica centralità della relazione educando-educatore. Esso garantisce uno spazio scolastico “non giudicante”, aperto al dialogo, alla comunicazione, all’ascolto, alla nostra crescita in termini di autenticità e trasparenza. Partendo da una serie di “esercizi psico-pedagogici”, che hanno coinvolto l’intero gruppo-classe con l’uso di “carte speciali”, siamo riusciti a vivere e a gestire il tempo scuola in modo armonico, imparando a collaborare e a sanare eventuali conflitti. Queste carte esprimono, attraverso le parole e le immagini, sensazioni, emozioni, desideri e bisogni ed invitano noi studenti alla riflessione, alla comunicazione “senza filtri” e alla condivisione della nostra storia. Il recupero di sé e della dimensione valoriale permette di accrescere la motivazione allo studio nonché la propria fondamentale autostima. Ogni alunno, infatti, nella centralità (e qualità!) della relazione educativa sente finalmente di poter esistere per quello che “è” e non soltanto per quello che “fa”.

PROGETTO DI CRESCITA STRUMENTI DI LAVORO “SUI GENERIS” TRA PIRAMIDI (DEI BISOGNI) ED EMPATIA

Psicologia “applicata” e conoscenza di sé

IL METODO La Piramide di Maslow

IL METODO Gordon ci ha offerto la possibilità di lavorare con strumenti decisamente “sui generis”: non vanno al di là del cartaceo (ad esempio le “carte emozionando”, le “carte chi sono io”, le carte dei “bisogni”) ma sono capaci di sollevare “montagne”, di superare ostacoli che a prima vista risultano insormontabili. In un clima di autentica cooperazione e con il sostegno dei nostri docenti siamo riusciti a prendere atto dell’importanza di aspetti del nostro vivere quotidiano che forse, per distrazione o superficialità, ci risultavano quasi estranei. Si è trattato di prendere atto di “concetti” nuovi, dai nomi nuovi ma che abitavano segretamente in noi! Il loro risveglio ci ha permesso di sentirci più “grandi” e dunque più forti per seguire un percorso (anche scolastico!) più stimolante e

motivante! E allora ecco che la parola magica “empatia”(mettersi nei panni dell’altro, condividendone le esperienze) è stata un colpo di fulmine: abbiamo imparato a uscire dal nostro piccolo mondo, a guardare con occhi nuovi e a capire che è costruttivo (per noi e per gli altri) condividere emotivamente le esperienze. Dunque il dare agli altri, ascoltandoli e comprendendoli, è automaticamente anche un ricevere con gli interessi! Un certo signor Maslow, psicologo umanista e “maestro”di Gordon, è stato davvero illuminante con la sua “piramide dei bisogni”, il cui soddisfacimento, tappa dopo tappa, è fondamentale per progettare il nostro cammino di crescita. Dai bisogni fisiologici a quelli di sicurezza, dai bisogni sociali a quelli di stima verso la nostra realizzazione!

LA REDAZIONE LA PAGINA é stata realizzata dagli alunni di 1˚ C Adumitroaei Sergiu, Biggio Nicole, Campagni Federico, Carignani Silvio, Dibenedetto Cristian, Dughetti Chiara, El Alloui Hamza, Evangelisti Luca, Fossati Gaia, Gritti Melba, Ilardi Maria, Masini Mat-

teo, Morelli Irene, Paoletti Micol, Vinciguerra Gaia, Zeuli Emanuel e di 2˚ C: Borzani Greta, Cantini Rossella, Cutugno Cinzia, De Marinis Luca, D’Este Giulia, Dibenedetto Gabriel, Di Biasi Francesco, Frunza Mihaela, Grassi Elisa, Isernia Giuseppe,

Lago Greta, Lagomarsni Giacomo, Millhaj Klevisa, Moreni Sara, Paolucci Chiara, Pioli Camilla, Saia Leonardo, Salamina Samuele, Salvemini Alessia, Sejdovic Mirsad, Zucchello Lorenzo. Il Dirigente è Felice Biassoni, i prof tutor sono Aurora Ceccarini e Paolo Mignani.


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Scuola Media

«D. Alighieri» CASTELNUOVO CASTELNUOVO MAGRA MAGRA

Lavoro minorile, lavoro sempre In classe si parla di sfruttamento e della «Dichiarazione sui diritti del fanciullo» SIAMO i ragazzi della 3B della scuola media “Dante Alighieri” di Castelnuovo Magra e quest’anno abbiamo deciso di proporre un argomento che ci sta particolarmente a cuore, ossia lo sfruttamento dei minori. Quest’idea è nata dopo aver letto un brano in classe con la nostra professoressa di lettere la quale, piacevolmente stupita per il nostro interesse, ci ha divisi in gruppi di ricerca per approfondire l’argomento. Una delle nostre fonti di documentazione è stata la «Dichiarazione sui diritti del fanciullo», in particolare l’Articolo n˚ 32 paragrafo 1: «Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo ad essere protetto contro lo sfruttamento economico e qualsiasi tipo di lavoro rischioso o che interferisca con la sua educazione o che sia nocivo per la sua salute o per il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale». E’ assurdo quindi che ancora oggi lo sfruttamento nei confronti dei ragazzi persista: esso non solo si manifesta nei paesi più poveri, ma anche negli stati più industrializzati e moderni come la Cina popolare ecc. La schiavitù consiste nell’imposizione della proprietà non di un bene, ma di una persona che è sem-

ATTIVITA’ Ragazze e ragazzi devono prima di tutto studiare

pre considerata un oggetto facente parte del patrimonio del padrone. Egli crede di avere diritto di sfruttare il lavoro dello schiavo, sino ad arrivare a poterlo uccidere. I bambini vengono impiegati nelle più ignobili mansioni, ad esempio nell’ambito della prostituzione, come operai nelle fabbriche di scarpe e palloni, nelle industrie tessili (sono molto utili perché hanno le mani talmente piccole che riescono a cucire ogni mini-

mo particolare). I bambini schiavi sono costretti a lavorare per più di 12 ore al giorno senza nessuna pausa per riposare e nutrirsi. Da non dimenticare sono, inoltre, i bambini soldato: essi vengono allontanati dalle loro famiglie all’età di 4 anni, privati del gioco e dell’istruzione, quindi dell’infanzia che non conosceranno mai. I fanciulli vengono inoltre utilizzati per scavare fosse nelle quali metteranno degli ordigni

esplosivi. Questa è una delle forme di sfruttamento più atroci. I ragazzi sono in costante pericolo di fronte a sostanze tossiche, con situazioni di igiene e sanità pari a zero, senza ottenere ovviamente quasi nulla in cambio. I bambini non hanno nemmeno i soldi per nutrirsi, e quindi sono costretti a saccheggiare villaggi, per poi rivendere gli oggetti rubati a prezzi stracciati e poter finalmente mangiare. Le bambine sono utilizzate anche come domestiche nelle case dei padroni. Altre invece lavorano nei campi da mattina a sera. Un inferno senza uscita. Per fortuna nel 1948 con la «Dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo» la schiavitù è stata definita una condizione illegale in tutto il mondo occidentale. Solo dopo aver affrontato questo argomento abbiamo compreso che ciò che noi consideriamo «scontato» come vivere una vita serena, giocare, studiare e imparare è un privilegio riservato a pochi. Dobbiamo quindi smetterla di lamentarci per le cose più futili e apprezzare ogni gioia che la vita ci offre.

LAVORO APPELLO DI UNA ONG AMERICANA PER DIFENDERE QUESTI RAGAZZI SFRUTTATI E MALPAGATI

In Cina tanti adolescenti «Schiavi di Topolino»

TEMPO LIBERO C’è chi gioca alla guerra e chi lavora in fabbrica

A VOLTE sui mass media alcune notizie hanno meno risalto rispetto ad altre. Quando si tratta del nome di una grande multinazionale le informazioni negative ci arrivano maggiormente attraverso la rete. Negli anni ‘90 era scoppiato il caso Nike: bambini che cucivano palloni di cuoio destinati ai mercati occidentali .Dopo lo scandalo e l’indignazione dell’opinione pubblica tutto sembrava risolto ma negli ultimi anni un’altra grande multinazionale è implicata in un episodio simile. Sapete chi sono gli «schiavi di Topolino»? Noi lo abbiamo scoperto navigando su internet: sono adolescenti cinesi con un’età variabile dai 13 ai 16 anni che lavorano 12 ore al giorno per confezionare i pupazzi con cui giocheranno i loro quasi coetanei di tutto il mon-

do e con i quali, forse, abbiamo giocato anche noi. A lanciare l’allarme è stata una ong americana contro lo sfruttamento minorile: sotto accusa sono finiti soprattutto gli orari insostenibili per qualunque lavoratore, figurarsi per un ragazzo di 14 anni. Secondo l’ong i baby-operai restano in fabbrica 76 ore alla settimana per uno stipendio di soli 1100 yuan (121 euro) al mese, circa 11 centesimi all’ora. Siamo rimasti colpiti anche dalle disumane condizioni dell’ambiente di lavoro e dalla pericolosità dei materiali chimici che devono maneggiare. L’azienda, da parte sua, ha risposto alle accuse sostenendo di aver avviato un’inchiesta e noi speriamo di leggere presto che questo caso si sia risolto, come quello della Nike.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli alunni della classe III B della scuola media «D. Alighieri» di Castelnuovo Magra. Sono Bertini Sally, Bianchi Mattia, Bogazzi Andrea, Borotto Elia, Bosco Greta, Coloretti

Camilla, Di Pasquale Francesca, Luchesini Lorenzo, Malloggi Giacomo, Manfredi Alessandro, Marzari Sofia, Moussaddak Ronaldo, Musetti Ginevra, Orlando Alessio, Petacchi Giulia, Petacco Sean Valerio,

Petrolo Daniele, Ponzanelli Marco, Raiti Gabriele, Salini Patrick, Simonelli Luca, Tinfena Francesco, Tonelli Giada, Villano Diego. I docenti «tutor» sono i professori Logli Veronica e Giorgi Maria Luisa.

DRAMMA

La storia di Khaehdr soldato bambino «…È QUASI buio e sto guardando tra le foglie: al di là del fiume c’è un villaggio. Perfetto, questa sera mangerò dopo tre giorni di digiuno! Il Padrone mi ha minacciato anche oggi, non ne posso più di queste continue pressioni. Hamel, il mio compagno, è morto ieri dopo l’ennesima serie di calci e pugni del Padrone e non posso permettergli di mietere altre vittime. Noi ragazzi siamo una squadra, ci proteggiamo a vicenda, e ogni persona è come l’anello di una catena: morto uno, morti tutti. Sappiamo che le possibilità del Padrone di sopravvivere senza di noi sono pari a zero. Siamo noi che reggiamo la baracca! Per ora siamo in sei ragazzi, ma presto il Padrone andrà a comprare altri innocenti. Kajheda ha 5 anni, è la più piccolina del gruppo eppure combatte ogni giorno come tutti noi. È da poco che l’ha comprata, ma è come se fosse la nostra sorellina minore da sempre. Quando “vivi” qui impari ad amare il prossimo come fosse te stesso: può sembrare impossibile, ma l’odio dell’uno nei confronti dell’altro non c’è. Fra di noi c’è solo il sentimento di fratellanza che ci unisce e ci rende forti. Forti nel mondo, ma non contro il Padrone, perché l’ultimo compagno che ha provato a ribellarsi è stato picchiato a morte. Adesso sono qui, ho 21 anni e sono riuscito a fuggire da quell’inferno. Racconto la mia storia con la speranza che il futuro sia migliore, perché non si può continuare con questo terribile massacro». Ci siamo immedesimati in Khaehdr, “immaginario” bambinosoldato.

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GIOVEDÌ 2 FEBBRAIO 2012

Scuole Medie

«Di Giona-Signorini» LE LE GRAZIE-RIOMAGGIORE GRAZIE-RIOMAGGIORE

Fango e acqua: la paura di chi c’era Testimonianze inedite di chi ha vissuto la tragedia di Vernazza sulla sua pelle RIFLESSIONI

Bomba d’acqua Solo fatalità? UNA bomba d’acqua quella del 25 ottobre; una bomba d’acqua che da sola non spiega ciò che è accaduto, ma che indubbiamente ha le sue origini nella particolare situazione climatica che sta interessando anche le nostre zone. Si deve partire da lunedì 24 ottobre quando un vasto fronte freddo, favorendo il formarsi di una sacca nel golfo del Leone, ha richiamato un flusso di corrente più calda. Questo fiume di aria calda, arricchito di vapore nel suo tragitto, ha posto le basi per precipitazioni intense. Nella notte hanno cominciato a formarsi delle linee temporalesche e nella giornata del 25 si era in presenza di una situazione di blocco: un fronte freddo esteso sul golfo del Leone e un fronte caldo sul mar Ligure. La notevole differenza di pressione tra la pianura Padana e il mar Ligure ha poi causato una persistente ventilazione dalla terra verso il mare: l’aria più fredda, a contatto con l’acqua più calda ha incrementato l’evaporazione creando una zona di bassa pressione, e spinta contro le Prealpi ha facilitato la generazione della pioggia. Il primo temporale, nato sul mare e scaricatosi nell’interno, ha creato un flusso di aria fredda che ritornando al mare (molto caldo per la stagione) ha creato i presupposti per la formazione di un’altra cella temporalesca e così di seguito. Questa l’origine del sistema multi cella che si è autoalimentato insistendo ore sulla stessa area geografica. La natura ci ha messo del suo, ma forse, sui cambiamenti climatici (come un mare di stagione troppo caldo) qualche responsabilità è da attribuire anche all’uomo.

LE TESTIMONIANZE inedite di chi ha vissuto la tragedia di Vernazza sulla propria pelle. La signora S. lavorava nel bar vicino alla stazione. Veniva una pioggia fortissima e c’era molto vento. “All’inizio eravamo tranquilli” ci ha raccontato “poi quando abbiamo sentito l’odore del gas e l’acqua che arrivava alle ginocchia abbiamo sbarrato le porte con tavoli. Oltre a noi c’erano molti turisti e due bambini. Proprio uno di loro ha chiesto al proprietario se non c’erano altre vie di fuga e allora lui si è ricordato di una porta murata che portava in un locale con accesso al piano alto. Con un martello abbiamo aperto un buco sufficientemente largo per passarci uno alla volta. Io sono passata quasi per ultima e ho fatto in tempo a vedere un albero enorme che veniva trascinato via come se fosse una foglia. Quando l’acqua ha iniziato a scendere i vigili ci hanno raggiunti e ci hanno portato in municipio dove abbiamo passato la notte”. La signora G. R. era invece nella sua pizzeria in fondo al paese: “Ho iniziato a preoccuparmi

TIZIANO RACCONTA I pesci del mare incontrano quelli del fiume

quando il tombino si è alzato di mezzo metro. Nonostante mi avessero detto che era impossibile raggiungere casa mia, sono comunque andata alla macchina e sono riuscita a arrivarci. Da lì ho visto il disastro che era successo e ho pensato che i cittadini di Vernazza erano tutti morti. Il mio vicino non riusciva a contattare la fi-

glia che era a scuola. Quando sono arrivati i soccorsi ci hanno detto che il paese era diviso a metà. Dove ero io c’era ancora la luce ma non potevamo raggiungere quelli che stavano dall’altra parte dove non c’era più né luce né gas. Il giorno seguente nella pizzeria ho trovato un disastro: pezzi di macchine, alberi e tanto fango. A

volte non mi sembra vero quello che è successo…è troppo” Antonella, una nostra compagna racconta: “Ha iniziato a piovere verso le 10.30 e fino a sera questa pioggia non si è fermata mai. Dopo pranzo ho sentito molte urla provenienti dalla via principale, ma da casa non potevo vedere quello che succedeva. Mio padre è sceso e io sono rimasta sola. Poco dopo due miei amici mi hanno detto di andare in municipio e li ho seguiti salendo le scale il più velocemente possibile. Non ho visto subito quello che è successo ma vedere il mio paese ridotto così è stato tremendo. Camminavo nel fango e piangevo”. Ancora più forte è il racconto di Tiziano, un alunno della prima: “Ero con mio padre chiuso nel ristorante quando abbiamo visto l’acqua salire, siamo riusciti a telefonare ai nostri vicini che ci hanno calato una corda dal terrazzo e ci hanno aiutato a salire. Il giorno dopo ho visto che il paese era diviso da un fiume in piena. La terra si era fermata e arrivava alle finestre del primo piano”.

TESTIMONIANZE A TRE MESI DI DISTANZA I VIGILI DEL FUOCO RACCONTANO L’INFERNO DI VERNAZZA

Via mare, via cielo, via terra: difficile anche arrivare

LA VIGNETTA L’acqua ci dà la vita ma a volte ce la toglie

NON era un film sull’apocalisse quello che si è presentato agli occhi dei soccorritori accorsi a Vernazza ma una realtà assurda anche per chi è abituato a intervenire nelle emergenze. Non paura per ciò che si doveva affrontare, ma sgomento per non poter essere subito presenti ovunque. Questo lo stato d’animo, come emerge dal racconto dei vigili del fuoco Andrea Stretti e Nicola Donno, di chi si è trovato lì il 25 ottobre. Dalle parole dei due Capi Squadra appare chiaro come una serie di concause abbiano reso difficilissimi i soccorsi a Vernazza, dove è saltato ogni tipo di collegamento e dove i primi soccorsi sono potuti giungere con un carrello ferroviario agganciato a un vagone procedendo a passo d’uomo grazie a chi spalava la terra dai binari. All’alba, i vigili del fuoco si sono calati

dall’elicottero su Vernazza. Impossibile elencare tutti gli interventi, si citano solo il salvataggio dei due giovani intrappolati in banca, tirati fuori in apnea, e dei due anziani coniugi recuperati nei propri letti e calati dal loro appartamento in un clima di dignitosa compostezza. Compostezza di tutti gli abitanti che ha contribuito a facilitare le operazioni. Gestire una tale emergenza non era facile, ma le fasi (soccorso, messa in sicurezza delle strutture, recupero dei beni) si sono succedute puntualmente. Come ricordato da Donno e Stretti, lavorare con personale di Comandi diversi, ma con la sensazione di trovarsi con colleghi di sempre, è la prova che, anche quando si scende all’inferno, la professionalità non viene meno. E questo in una società dove si insegue il facile successo è bene ricordarlo.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata da Berghich Gloria, Dabroja Sabina,D’Aprile Micol, Faietti Marco, Giunti Alice, Giusti Giulio, Maniscalco Lorenzo, Martino Lucrezia, Mori Emma, Myftaraj Mimosa, Palmas Leonardo, Pirone Chiara, Pisano Costanza, Polani Elia,Sadlej Damian, Selimi Sauro, Turano

Matteo, Agrifogli Noemi, Barbati Serena, Bello Manuele, Bertano Arianna, Blandino Mattia, Carassale Mattia, Coluccia Giacomo, Consoli Veronica, Danese Martina, Fonzi Sara, Giunti Elisabetta, Intorcia Marika, Malvolti Luca, Matana Zeno, Mercole Stefano, Mora Silvio, Nuzzello Nicolò, San-

venero Aurora, Stradini Marlena, Azzaro Giacomo, Barberotti Matilde, Cappellini Luca, Cataldi Marco, Daniello Noemi, Donelli Greta, Franceschetti Leonardo, Mazzitelli Antonella, Pasini Pietro, Vesigna Marco. Tutor Natale Gloria, Ghio Tiziana, Colla Marta. Dirigente Beretta Giancarlo.


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GIOVEDÌ 2 FEBBRAIO 2012

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Scuola Media

«Fratelli Incerti» FABIANO FABIANO

Quale territorio, per quali cittadini? Le colline di Fabiano: esempio per una riflessione generale QUALE territorio, per quali cittadini? Questa la domanda che ci siamo posti da giovanissimi cronisti della classe. E abbiamo scelto le colline della nostra Fabiano per proporre sul tema una riflessione generale. Le colline di Fabiano, come tutta la zona occidentale dei promontori del golfo, rientrano nell’area dei SIC (siti di interesse comunitario). Vi sono habitat particolari legati alle caratteristiche geologico-carsiche (campi a massi, doline), vi vivono molte specie animali e botaniche di generale interesse (piante... volatili, mammiferi e roditori), tuttavia, per chi percorra uno dei bei sentieri fino al monte Santa Croce, o nei dintorni del paese alto, risulta evidente lo stato di abbandono dei manufatti, la presenza di cave e spesso di discariche abusive, per non parlare del generalizzato disordine edilizio. In Liguria il 98 per cento dei comuni sono esposti a frane e alluvioni, 470 chilometri quadrati (kmq) sono ad elevato rischio idrogeologico e i tragici avvenimenti dell’ottobre scorso, anche se eccezionale è stata la quantità

PRATICA I ragazzi al loro secondo anno di orto scolastico

di pioggia caduta in poco tempo (500 ml d’acqua in poche ore, gli stessi raggiunti in media in 6 mesi), ci devono far riflettere sul valore, sulla vulnerabilità e sulla cura del nostro territorio. Sappiamo che l’uomo ha sempre più abbandonato gli antichi per-

corsi insieme alle attività per cui erano stati costruiti, così pure le zone boschive o coltivate non sono più sfruttate, molti muri a secco tendono a cadere, mulattiere e gradinate sono invase dalle erbacce, danneggiate dai cinghiali o da smottamenti del terreno, quando

addirittura l’uomo non interviene depositando abusivamente rifiuti di ogni genere. Sul monte Santa Croce e lungo tutta la Litoranea, ben visibili da diversi punti, esistono zone di cava di portorino e di materiale per l’edilizia, vecchie e nuove, che feriscono il paesaggio e aumentano i rischi idrogeologici, come risulta chiaramente anche da una recente interrogazione parlamentare dei “Verdi” sull’argomento. La valorizzazione dei sentieri (con l’attività di mappatura e censitoria del Comune della Spezia, quella didattica del LabTer, quella delle associazioni di volontariato, del CAI, e così via) e le iniziative come l’ «orto in condotta» mirano a sensibilizzare alla conoscenza e alla salvaguardia del patrimonio naturale e paesaggistico. Nel corso di questi anni, proprio grazie a queste iniziative di cui siamo stati protagonisti, abbiamo preso coscienza dell’importanza e della fragilità del nostro territorio e abbiamo imparato ad osservare, a riflettere e a giudicare, acquisendo un crescente senso di responsabilità individuale, che è il primo passo verso un impegno condiviso.

PENSIERO E AZIONE IMPEGNO: ESSERE RESPONSABILI VUOL DIRE DARE UNA RISPOSTA

La cronaca di un dibattito in classe

LA VIGNETTA Non tutte le catastrofi sono inevitabili

PARLIAMO di catastrofi: non tutte, lo abbiamo capito insieme, sono inevitabili. Spesso nascono da incuria. Siamo chiamati ad essere responsabili, tutti, del nostro pianeta nella sua complessità (geosfera, idrosfera, atmosfera e soprattutto zooosfera: creature a due zampe, quattro, con le ali, le pinne e striscianti). I gravi fatti legati all’alluvione in Liguria hanno qualcosa in comune con il naufragio della Costa. L’uomo si comporta in modo irresponsabile verso il pianeta e verso i suoi simili. Nella discussione abbiamo trovato tante possibili azioni positive e abbiamo contribuito ad esprimerle: Nicholas: fare del pianeta un unico grande par-

co internazionale; Niccolò: non disboscare, ridurre le emissioni che portano alle piogge acide; Martina: non versare petrolio in mare; Giulio: abolire le guerre che sono il massimo della distruzione; Yang: pulire i fiumi; Claudio: aumentare le aree protette e poi proteggerle davvero; Greta e Cassandra: smettere di fumare e di bere (per partire da noi stessi); Davide: sostituire i combustibili fossili con le energie alternative; Alice e Sara: fare raccolta differenziata fino alla eliminazione delle discariche; Oussam: proteggere gli animali e lasciarli liberi; Michele e Lisa: innalzare gli argini e non costruire vicino ai fiumi. Aspettiamo di diventare adulti per concretizzare.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti Di Prisa, Cozzani, Ginesi, Miotti (della classe III B), Milone, Tinto, D’Aprile, Di Mauro, Telara, Gavini (della classe II B) e

dalle classi I e II A della Scuola Secondaria di primo grado “Walter e Riccardo Incerti “ a Fabiano. Il dirigente scolastico è Professoressa Ro-

saria Micheloni e le insegnanti tutor che hanno seguito i ragazzi nel lavoro di ideazione e di redazione di questa pagina sono Silvia Pellegrottti, Paola Faleni e Paola Di Capua.

RIFLESSIONE

Agricivismo e riffa con lattuga e basilico LA RIFLESSIONE che proponiamo è su «Agricivismo e riffa con lattuga e basilico». E vi spieghiamo sinteticamente il perché attraverso due semplici passaggi. Comiciamo con «agricivismo». Con il termine agricivismo si definisce un nuovo movimento, spontaneo, attraverso il quale singoli o gruppi di persone recuperano spazi verdi per coltivare i propri ortaggi. Sembra peraltro che il fenomeno sia internazionale: da New York, al Regno Unito (terrace garden); e, ovviamente, anche in Italia, prolificano orti urbani e suburbani, in case e spazi privati o pubblici, che coinvolgono un crescente numero di persone di diverse età. La prima esperienza, quella avviata a Bologna, risale già a diversi anni fa, mentre noi siamo solo al nostro secondo anno di orto scolastico. Tuttavia, tra la semina e il raccolto, abbiamo scoperto la pazienza, l’attenzione a quelli che sono i ritmi naturali e ai fenomeni climatici, il rapporto con gli anziani che ci hanno trasmesso con le loro conoscenze, anche le storie e i ricordi. Poi, con la «Riffa dello zuccone» (il primo premio consiste in uno zucchino enorme che per sbaglio non era stato raccolto) sono in molti che hanno potuto godere del premio di un ortaggio freschissimo e biologico.


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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 7 FEBBRAIO 2012

Scuola Media

«Silvio Pellico» LA SPEZIA

La prima vera scelta della nostra vita Su materne, elementari, medie decidono i genitori, ma ora per le superiori... LICEO MUSICALE

Nuova offerta dell’Istituto Cardarelli MOLTE nella nostra città sono le interessanti e valide offerte di studio, ma una novità di quest anno è il Liceo Musicale, che va a coprire una lacuna avvertita ormai da molto tempo. Noi alunni di una classe a indirizzo musicale della scuola media Silvio Pellico abbiamo accolto con grande interesse la notizia e quindi ci è parso naturale porla all’attenzione dei nostri coetanei. A partire dall’anno scolastico 2012-2013 il liceo Vincenzo Cardarelli aprirà la sezione musicale, presso la sede del liceo Artistico in via Montepertico 1. Il corso di studio prevede l’insegnamento di due strumenti e l’approfondimento della musica in tutti i suoi vari aspetti: espressivi, culturali, interdisciplinari, tecnologici, interattivi… A queste attività viene affiancato, inoltre, il tradizionale monte ore delle materie comuni: Lingua e Letteratura italiana, Storia e Geografia, Filosofia, Lingua straniera, Matematica, Fisica e Scienze. La dirigente scolastica dell’Istituto Cardarelli, Sonia Carletti, dopo essersi recata in varie scuole medie della nostra provincia, ed essersi scusata per il ritardo con il quale è stata presentata la nuova offerta,invita noi possibili futuri alunni a seguire le nostre passioni e a scegliere liberi, sulla base di quello per cui ci sentiamo davvero portati, senza farci influenzare dai giudizi e dalle critiche altrui.

«DA BAMBINO volevo diventare archeologo» dice, con aria nostalgica Filippo «ed io un calciatore dell’Inter» riprende Marco. «Io sognavo di fare la modella» ricorda Lucrezia «ed io la cantante» aggiunge Michelle. Un breve silenzio, sono passati non molti anni dal dolce fantasticare dell’infanzia, eppure a tredici anni la realtà s’impone e, non senza timore e incertezze, noi alunni di terza media dobbiamo affrontare per la prima volta nella nostra vita un problema serio e da «grandi» che, in qualche misura, impegnerà il nostro futuro: la scelta della scuola superiore, finito il ciclo delle elementari e delle medie. E’ forse la prima percezione concreta che abbiamo di non essere più dei bambini. Un pò dispiace lasciare il rassicurante universo delle decisioni prese dagli altri, ma, allo stesso tempo, è come salire su una barchetta e per la prima volta remare oltre le acque tranquille del porticciolo: timore ma anche aspettativa. E’ con questo spirito che molti di noi affrontano il duro tema della scelta scolastica. Mancano solo pochi giorni alla scadenza della

VIGNETTA Emblematica ironia di una decisione importante

data di consegna della domanda d’iscrizione ed è ormai arrivata l’ora di chiarirsi le idee. Dal Classico al Linguistico, dallo Scientifico all’Alberghiero… le possibilità sono molte, ma l’indecisione non è da meno, ed è in parte dovuta anche alla nostra età: quella della preadolescenza. Infatti, nella fase della vita che stiamo vivendo ci

poniamo domande come: chi sono davvero? Per cosa sono portato? Chi voglio diventare?...e quasi mai riusciamo a darci una risposta. Un giorno ci sentiamo in un modo, il giorno dopo in un altro. Gli adulti dicono che la preadolescenza è un’età felice e spensierata, eppure alla fine della terza media tutti noi ci troviamo di fronte

ad una scelta che potrà condizionare la nostra vita; scegliamo quasi ad occhi chiusi perché non ci conosciamo abbastanza. Ma chi può consigliarci seriamente? Fidarci ciecamente dei nostri genitori i quali pretendono di conoscerci? Quanti aspetti di noi ignorano! E i nostri insegnanti, che cosa sanno di noi? Vedono soltanto i risultati scolastici, la punta di un iceberg. Di certo sappiamo che sarebbe sbagliato lasciare la scuola a sedici anni: senza un apprendistato è impossibile trovare lavoro. Agli Open Day, i giorni in cui le superiori aprono le porte ai loro futuri alunni, le scuole sembrano dei paradisi dove si studia poco e si socializza molto, dove tutto il corpo docente è formato da angeli. –Iscriviti da noi- ti dicono- ed avrai un futuro assicurato. Però le voci di corridoio dicono ben altro. E i giornali ricordano che anche i migliori neolaureati hanno difficoltà a trovare un impiego. A chi dare ascolto? Sbagliare scuola significa perdere un anno di studi, ricevere frustrazioni e far spendere inutilmente soldi ai genitori.

SONDAGGIO INDAGINE NELLA NOSTRA CLASSE RIGUARDO ALLE PREFERENZE E ALLE DIFFICOLTÀ

Responsabilità: che cosa ne pensano i ragazzi? ABBIAMO svolto un sondaggio nella nostra classe riguardo alle preferenze e alle difficoltà incontrate nella scelta. È emerso che la maggior parte dei ragazzi di oggi preferiscono un liceo Classico o Scientifico, in quanto credono che apra maggiore possibilità per il futuro, sono sempre di meno, invece coloro che scelgono istituti tecnici o professionali, pensando di non essere dotati per una scuola più impegnativa. Molti intervistati si sono basati sui consigli dei genitori e degli amici più grandi che ci sono già passati, ma trovano difficile individuare le loro attitudini. Emma: “Ero molto indecisa dato che mi piacLA CLASSE Gli allievi della Media Silvio Pellico, ciono sia le materie letterarie che quelle sciensezione musicale, che formano la redazione tifiche e ho buoni voti in entrambe, così ho

scelto la scuola che secondo me offre più possibilità di lavoro in futuro: il liceo Scientifico”. Enrico: “Io, invece, non ho trovato grandi difficoltà, infatti, sono portato per le materie umanistiche, mentre la matematica non è il mio forte”. Federico: “A me appassionano le lingue e le culture straniere quindi ho scelto con una certa sicurezza il liceo Linguistico”. Luca: “ Io ho deciso di iscrivermi all’Alberghiero perché non sono un grande studioso e vorrei imparare a cucinare”. Angelo: “Io sono un appassionato di musica, adoro suonare la chitarra e quindi ho scelto il nuovo Liceo Musicale che mi consente di seguire il mio sogno e di diventare un musicista famoso”.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dalla classe 3 C della Scuola Media «Silvio Pellico»: Abbione Priscilla, Bianchi Edoardo, Brescia Marco, Brignolo Andrea, Canese Filippo, Capobianco Gilda, Chilosi Chiara, Cornetto Angelo, Corradino Margherita, Costa Edoardo, De Hoffer Filippo, Di Sacco

Eleonora, Farina Emma, Fazio Enrico, Gagetti Emanuele, Greco Federico, Landi Lucrezia, Milella Alessia, Moran Gustavo, Moricca Arianna,Orlando Federica, Pietra Matteo, Pispisa Michelle, Pucci Emanuele, Quaranta Mattia, Schiffini Celeste, Sebastiani Diego e Tavilla Federico. Il cuore

della redazione in classe è stato formato da Priscilla Abbione, Eleonora Di Sacco, Lucrezia Landi, Michelle Pispisa e Celeste Schiffini. Dirigente scolastico professor Giuseppe Sciacca, insegnante tutor il professor Umberto Monti.


CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 7 FEBBRAIO 2012

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Scuola Media

«D. Alighieri» CASTELNUOVO MAGRA

Svizzero? No, Castelnovese! Ciocco-lezione: una classe con tanti piccoli ‘Maître Chocolatiers’ PERCHÉ concludere una pesante settimana di scuola con una lezione di aritmetica o una lettura dei Promessi Sposi?! Visto che siamo una classe ‘all’avanguardia’, abbiamo pensato di fare una lezione alternativa all’insegna del cioccolato. Questa divertente ma anche istruttiva esperienza si è svolta un sabato mattina, con un cielo uggioso ed un vento freddo. Il professor Mario Vangeli, docente di cucina all’Istituto Alberghiero di La Spezia, ha tenuto per noi una lezione sul cacao e il cioccolato. Dapprima ci ha illustrato le origini, le varietà, le proprietà e le modalità di lavorazione di questo pregiato prodotto tramite diapositive, poi ci ha fatto assaggiare, partendo dalla fava del cacao, diversi tipi di cioccolato per farci capire la differenza dei sapori: fondente in percentuali varie e al latte. Qualche ‘eroe’ è riuscito anche a mangiare il fondente al 90%, che è un po’ amaro ma non fa ingrassare e non causa quegli sfoghi cutanei che noi adolescenti tanto odia-

MESTIERI Gli studenti che hanno lavorato per fare i cioccolatini

mo perché contiene pochissimi zuccheri e grassi! Abbiamo poi annusato e toccato il burro di cacao puro, che ha un profumo davvero delizioso, e alcuni di noi se lo sono spalmato sulle mani e sulle labbra! Dopo questa prima degustazione ci siamo messi ai fornelli per creare favolosi cioccolatini ri-

pieni di una notissima crema di nocciole spalmabile (che tecnicamente si definisce una ‘ganache’, termine che interessava molto al nostro compagno Alessio, che è un fanatico di programmi televisivi sulla cucina ma talvolta non capisce il linguaggio del settore!). Dopo aver sciolto a bagnomaria

del cioccolato fondente e averlo temperato mettendo la pentola sul ghiaccio (non avendo a disposizione una lastra di marmo), lo abbiamo colato nelle apposite formine, lasciandolo raffreddare. Nel frattempo abbiamo ammorbidito la crema alla nocciola, che con il sac-a-poche è stata poi versata nelle ‘camicie’. Per finire, abbiamo ripetuto le prime operazioni per richiudere i cioccolatini. Quando abbiamo visto il risultato del nostro lavoro ci siamo sentiti dei veri ‘maître chocolatiers’ e forse abbiamo provato lo stesso orgoglio dello svizzero Suchard, che nel 1913 produsse i primi cioccolatini ripieni! Non ci è voluto tanto tempo a farli ma ne abbiamo impiegato ancora meno a mangiarli! Il professore ci ha spiegato che il cioccolato aiuta il cervello a produrre le endorfine, sostanze chimiche che influiscono positivamente sull’umore: sarà per questa ragione che siamo usciti da scuola così euforici e pieni di energie o forse solo perché era sabato?!

LAVORO MINORILE LO SFRUTTAMENTO DEI RAGAZZI NELLE PIANTAGIONI IN AFRICA

Il cioccolato non è sempre dolce per tutti

SFRUTTAMENTO Nel mondo il lavoro minorile è una triste realtà

IL CACAO si ricava dai semi di un albero originario dell’America centrale, il Theobroma cacao, oggi coltivato anche in Africa e in numerose isole tropicali. A partire dal Cinquecento i coloni europei portarono nel Vecchio Continente questi semi, che sollevarono subito un grande interesse. Dapprima il cacao era consumato come bevanda, ma nell’Ottocento si cominciò a produrre il cioccolato in forma solida e secondo varie ricette. Dai tempi di Montezuma, quando i semi servivano anche come moneta, ai nostri giorni i progressi tecnici sono stati notevoli, ma c’è un aspetto di questo mondo che sembra rimasto ai tempi del colonialismo: il lavoro nelle piantagioni. Purtroppo le modalità di raccolta della materia prima sono ancora basate sullo sfruttamento del lavoro in Paesi poveri e arre-

trati. I più colpiti da questo fenomeno sono i bambini tra i 10 e i 16 anni, venduti per poche decine di dollari dalle loro famiglie a persone senza scrupoli che li portano nelle piantagioni e li costringono a lavorare anche 18 ore al giorno tra fatiche e abusi. Le Organizzazioni internazionali e le associazioni umanitarie, negli ultimi anni, hanno condotto indagini nell’Africa occidentale e subsahariana, segnalando il dramma di alcuni Stati dove la schiavitù infantile sembra ormai inestirpabile e continua ad essere praticata apertamente. Questa situazione ci tocca molto da vicino perché nostri coetanei vengono maltrattati e sfruttati nel lavoro nero e ci sentiamo impotenti di fronte ad un problema così importante; ma il fatto di essere consapevoli di questa terribile realtà ci renderà forse più determinati, da adulti, a cambiare le cose.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli alunni della classe III C della scuola «Dante Alighieri» di Castelmnuovo Magra. Ecc i loro nomi: Amorfini Eleonora, Antognetti Elena, Bacci Adamo, Bertelloni Lorenzo, Ber-

tolini Alessio, Bonvini Ilaria, Bussini Matteo, Cagnoli Elisa, Daino Erika, Filattiera Malfanti Anna Lucia, Filippi Beatrice, Gianfranceschi Alessia, Guglielmotti Nicolò, Imberti Lorenzo, Paone Veronica, Pelli-

stri Emanuela, Petacco Martina, Poli Federica, Presti Luana Ailen, Pupuleku Majlinda, Ricci Federico, Suffer Kelly, Tempesta Nicola, Valenti Umberto e Veschi Eros. La docente tutor è la prof. Silvia Scaglione

STORIA

Lo sapevate che aiuta i soldati? NELL’universo del cacao e del cioccolato si possono trovare tante notizie curiose! Sembra, ad esempio, che nel regno degli Aztechi esistessero già i falsari che utilizzavano come moneta, al posto delle fave di cacao, palline di creta di aspetto molto simile alle ‘monete’ originali. Nel 1569 l’intransigente papa Pio V fece scalpore consentendo nei periodi di digiuno la consumazione di una tazza di cioccolata al giorno, sostenendo che fosse un liquido. Prima dell’Ottocento in Europa il consumo del cacao era riservato agli adulti perché considerato altamente afrodisiaco; Giacomo Casanova, infatti, ne era un grande consumatore. Manzoni amava molto i dolci, in particolare il panettone e la cioccolata. Alcuni cronisti riportano che Giuseppe Mazzini durante l’esilio in Francia fosse solito dire: “Il cioccolato ha mille pregi: consola i fallimenti, i tradimenti, le ingiurie della vita, le malinconie per le passioni perdute e per quelle mai avute.” In epoca più recente, a partire dal 1937, il governo americano inserì il cioccolato nelle razioni standard delle forze armate affinché i soldati avessero sempre a disposizione una buona risorsa energetica di formato tascabile e allo stesso tempo una piccola ‘gratificazione’ morale. In occasione della Guerra del Golfo, lo stesso governo americano mise a punto un nuovo impasto di cioccolato in grado di resistere alle alte temperature (fino a 60˚C), ma le truppe non lo accolsero con entusiasmo!


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CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 9 FEBBRAIO 2012

Scuola Media

«C.Ceccardi» ORTONOVO ORTONOVO

Da grande farò il calciatore! Alessandro Cesarini: «Ho trovato la mia faccia sulle figurine Panini» RIFLESSIONI

Lo sport non esclude nessuno CALCIATORI, tennisti, piloti sono tra gli idoli di noi ragazzi. Lo sport è divertimento, passione, movimento, sfidare continuamente se stessi e vincere. Ci siamo chiesti qual è la vera forza dello sport e la risposta l’abbiamo trovato in due campioni: Alex Zanardi e Oscar Pistorius. Sì, proprio Alex,il pilota senza gambe che continua a correre in macchina e a vincere azionando contemporaneamente acceleratore al volante, frizione con un pulsante sul cambio e il cambio stesso. Oscar Pistorius, l’atleta che ha subito da bambino l’amputazione delle gambe sotto il ginocchio e corre i 100 metri con le protesi. Sono solo due fra i tanti esempi di persone che, con il corpo oltraggiato da protesi o legato ad una carrozzina, hanno costretto lo sport a guardare quello che restava e non quello che non c’era. La loro storia rischiava di finire nella nebbia della compassione, ma loro hanno continuato a divertirsi, , a seguire la loro passione, a muoversi aiutati dalle protesi, a sfidare se stessi e a vincere. Ci piace ricordare un nome: Mattia. A molti non dirà nulla ma per noi, ragazzi della scuola media di Ortonovo, vuol dire un compagno costretto su una carrozzina da una rara malattia che gioca a ping-pong con noi, si diverte, si muove, ci sfida e vince. Questa è per noi la vera forza dello sport: non escludere nessuno e riportare dentro la vita chi ne è stato sbattuto fuori dal destino

IL TALENTO innato unito ad una volontà tenace hanno portato Alessandro Cesarini, 22 anni, 34 reti segnate, ad indossare la maglia con il numero 10 nel Viareggio, squadra di Prima Divisione. Ecco cosa ci ha raccontato durante una lunga «intervista».

Ti dà più soddisfazione un goal o un assist?

«Il goal è il massimo. Un assist è bello per condividere con il gruppo il successo». Buttiamola sulla cucina: pastasciutta o panigacci?

Alessandro ride: «Panigacci!Mangio sempre pastasciutta per la mia forma».

Si parte con la Sarzanese, no?

«Ero un bambino e non mi separavo mai dal mio pallone. Poi sono arrivare le squadre: Castelnuovo, Follo e la Sarzanese. Sì, la svolta è iniziata dalla Sarzanese».

Hai mai sognato di trovare la tua faccia sulle figurine Panini?

«Oh, sì! Ho sempre fatto gli album dei calciatori, che soddisfazione quando ho trovato la mia figurina! C’è qualcuno che la vuole scambiare?» Scherza Alessandro con noi ragazzi.

Dove un giorno arriva un bel regalo

«Dall’allenatore Sottili, che mi dà fiducia, ero un ragazzino, e mi butta in Prima squadra. Il destino cominciava a muoversi». Nel 2010 l’esordio in prima squadra nello Spezia.

«L’esordio più bello. Fin da bambino sognavo di poter giocare con la squadra del cuore: lo Spezia». E poi arriva il Viareggio...

DIBATTITO Alessandro Cesarini durante l’incontro con gli alunni

Alessandro sorride sornione: «Per tutte e tre, ma se proprio dovessi scegliere: Inter».

«Ascoltare la canzone di Morandi Uno su mille…»

Cosa vorresti migliorare nel tuo bagaglio tecnico?

«L’allenatore Sottili e la mia famiglia, che mi è sempre stata vicino nei momenti belli e nei brutti».

A chi chiederesti consiglio?

«Finale play-off Legnano Spezia, fondamentale per la promozione in C1, lo stadio pieno, un pallonetto fuori area e il goal decisivo. Ricorderò sempre quel goal!».

«Qualche difficoltà di ambientamento, meno tifosi alle partite. Questa squadra è una buona occasione per crescere calcisticamente. Voglio andare oltre».

«Devo riuscire a sbagliare il meno possibile».

Faresti le valigie domani per la Juventus, il Milan o l’Inter?

Cosa ti aiuta prima di una partita?

«A Ibrahimovic per gestire al meglio una partita importante».

Chi ti ha dato di più?

Qual è il tuo goal più bello?

«Che ne pensi degli episodi di violenza che sconvolgono il calcio?»

Alessandro si fa serio: «Il calcio deve essere divertimento, passione. Se noi calciatori riusciremo a far venire allo stadio più bambini e famiglie sarà una grande festa. Dobbiamo lasciare fuori le forze del male travestite da tifosi. Questo è anche vostro compito, siete voi il pubblico del futuro, non lasciate che la violenza infanghi il calcio». Alessandro ci saluta. La sua storia continua sui campi da calcio.

EDUCAZIONE FISICA IL VALORE DELLO SPORT PER LO SVILUPPO FISICO E MENTALE

Praticare discipline sportive ci fa crescere forti

CALCIO Alessandro Cesarini durante una partita

DOPO AVER intervistato Alessandro Cesarini abbiamo parlato a lungo dell’importanza dello sport non solo per mantenersi in salute ma anche per scaricare le tensioni emotive e per maturare. A seguito di questa discussione abbiamo svolto una piccola indagine per rilevare quali fossero gli sport più praticati: il calcio rimane lo sport preferito dai maschi anche se non è l’unico. Piacciono molto anche il tennis, la canoa, il ciclismo, l’atletica e il nuoto; tra le femmine sono diffusi specialmente il nuoto, la pallavolo, l’aerobica, la danza, la ginnastica artistica, lo sci e l’atletica. Fare sport mantiene in forma, aumenta la concentrazione, insegna a lavorare insieme favorendo il rispetto nei confronti degli altri. Misurarsi quotidianamente con i propri limiti è molto importante an-

che perchè oltre alle gioie della vittoria s’impara ad accettare la sconfitta. La cosa che più ci ha fatto riflettere è stato constatare che i ragazzi più sportivi ottengono spesso i risultati scolastici migliori, non sottraggono tempo allo studio ma alla televisione e ai giochi elettronici. La nostra scuola fortunatamente riconosce il valore aggregante dell’attività sportiva ed organizza tornei interni di calcio, sci, atletica, pallavolo e ping pong. Ogni anno partecipiamo alle competizioni sportive interscolastiche, qualche volta ci qualifichiamo bene… qualche volta no! L’importante non è vincere, è sentirsi una squadra; lavorare tutti insieme per conseguire un obiettivo comune; vivere l’esperienza sportiva come una palestra di vita; darsi una mano quando c’è bisogno, gioire insieme, soffrire insieme, crescere insieme.

LA REDAZIONE QUESTA pagina è stata realizzata dagli alunni delle classi prima, seconda e terza «C» della sezione strumentale della Scuo-

la Media «Ceccardo Ceccardi» di Ortonovo. Gli insegnanti che hanno svolto il ruolo di

«tutor» sono i professori: Francesca Bassani, Paola Macchiarini e Lucio Cesarini.


CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 9 FEBBRAIO 2012

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Scuola Media

«2 Giugno» LA LA SPEZIA SPEZIA

Un Santuario... in Paradiso L’importanza della riserva per i cetacei nel Mar Tirreno Settentrionale LA SERA del 13 gennaio 2012, mentre la nave Costa Concordia stava effettuando una crociera nel Mediterraneo, ha urtato, tra le 21:20 e le 21:40, gli scogli situati a 500 metri dal porto dell’Isola del Giglio, provocando uno squarcio di 70 metri nello scafo e causando morti, dispersi, numerosi feriti, sul totale delle 4.229 persone a bordo della nave tra equipaggio e passeggeri. La notizia si è diffusa velocemente ed è accorso un gran numero di soccorritori e volontari, in tutto più di 300 secondo vari telegiornali nazionali. Il gravissimo incidente coinvolge una zona particolarmente pregiata del nostro mare. Infatti le acque dell’Isola del Giglio sono inserite in una zona marina protetta: il Santuario dei Cetacei. Il primo progetto di monitoraggio del tratto di mare interessato dalla presenza di cetacei a livello nazionale è del 1978. Il 29 settembre 1998 il Santuario del Mar Ligure è più vicino alla sua realizzazione, grazie alla presa di posizione del Governo Italiano che si impegna ufficialmente a promuoverne la causa con il go-

AREA PROTETTA Si estende su 100mila chilometri quadrati

verno francese e quello monegasco. Nel novembre 1999 si arriva all’accordo definitivo tra i rappresentanti di Francia, Italia e Principa-

to di Monaco che sancisce l’istituzione del Santuario. Dopo la firma dei Ministri dei tre Stati, che rende realtà l’idea proposta dall’Istituto Tethys (Orga-

nizzazione non-profit per lo studio e la tutela dell’ambiente marino, ndr) 10 anni fa, la presidente dell’ente Margherita Zanardelli ha dichiarato: «Questo è un passo molto importante per la conservazione dell’ambiente marino mediterraneo. Speriamo che rappresenti un modello da imitare in altre zone del bacino del Mare Nostrum». L’area, che è di circa 100.000 chilometri quadrati, comprende le acque tra Tolone (costa francese), Capo Falcone (Sardegna occidentale), Capo Ferro (Sardegna orientale) e Fosso Chiarone (Toscana). Il tratto di mare interessato dal Santuario è una porzione del Mediterraneo estremamente ricca di vita pelagica e senz’altro la più importante dell’intero bacino per via delle popolazioni di cetacei che ospita. Anche nel nostro Mar Ligure si possono incontrare gruppi di cetacei, tra cui: i delfini, le balenottere, i capodogli e altri. Noi crediamo che i cetacei siano un simbolo della energia del mare molto importante, perché sono animali che ci ricordano il nostro legame preistorico con l’acqua, che dà la vita.

LA MAPPA TUTTI GLI SPLENDIDI ANIMALI CHE SI INCONTRANO NELLA GRANDE AREA MARINA

Ecco le nostre meravigliose ricchezze

AVVISTAMENTI La piacevole sorpresa di vedere da vicino balenottere, delfini, capodogli...

I CETACEI più diffusi tra la Francia e l’Italia, nella riserva marina a loro dedicata, il Santuario dei Cetacei, sono: la balenottera, il secondo animale più grande mai esistito sulla terra, avendo una lunghezza del corpo che, nelle femmine, leggermente più grosse dei maschi, può arrivare a 24 metri; il capodoglio, il più grande odontocete esistente, caratterizzato da un capo enorme di forma squadrata; il globicefalo, odontocete di mole media, con evidente dimorfismo sessuale, il cui nome deriva dalla forma globosa del capo; maschi e femmine differiscono anche per la forma della pinna dorsale che, bassa e con base allungata, nei primi è maggiormente ricurva. A queste specie si aggiungono

la Stenella striata, che è provvista di una pinna dorsale piccola e arretrata e assomiglia a un piccolo delfino dalla forma slanciata e dalla lunghezza massima di un paio di metri, con un peso intorno ai 100 chilogrammi; il delfino comune, che ha dimensioni e morfologia simili a quelle della stenella striata eccetto che per il rostro, leggermente più sottile e allungato; lo zifio, unico cetaceo bifide presente nel Mar Ligure, che misura dai 5 ai 7 metri di lunghezza e può pesare fino a 5 tonnellate e il tursiope, di corporatura possente e muscolosa, il cui capo presenta un melone pronunciato e un rostro corto e tozzo. Tutti questi splendidi animali fanno parte delle meravigliose ricchezze del nostro mare.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti Chiara Cositore, Justin Quezada Jiminian, Kevin Monaco, Juan Cortorreal Lopez Ignazio, Fabrizio Condotti , Ibrahim Ak-

nouch, Angie Ivette Escudero Montoya, Erick William Fernandéz Chavez delle classi 1˚ e 2˚ D della Scuola media «2 Giugno», Istituto comprensivo ISA 2. Il dirigente

scolastico è la dottoressa Antonella Minucci e l’insegnante tutor che ha seguito i ragazzi nella raccolta delle notizie e nella realizzazione del lavoro è la professoressa Liana Locatelli.

COMMENTO

Inquinamento del mare: rischi e tutela IL NAUFRAGIO della Concordia continua a preoccupare anche per il riaschio inquinamento: la nave si è incagliata in uno scoglio dell’Isola del Giglio, che appartiene alla zona protetta Santuario dei Cetacei. La biodiversità, la fauna e la flora marina, oltre alla gravissima fuoriuscita di olio combustibile, rischiano di essere aggredite dalle sostanze tossiche e dai materiali presenti nella nave: vernici, solventi, oli lubrificanti, detersivi, reflui sanitari,composti del cloro, metalli pesanti oltre alle enormi quantità di derrate alimentari in putrefazione. Ma l’inquinamento del mare consiste in diversi fenomeni: l’invasione biologica delle zone vicine ai porti e alle lagune per i cambiamenti del microclima dell’area, con il deterioramento degli ecosistemi locali invasi da nuove specie esotiche; le attività e i ritmi di pesca insostenibile accompagnati da nuove forme di acquacultura, pratica di allevamento che modifica gli equilibri biologici con l’introduzione di nuove specie e alghe pericolose. Inoltre, si deve tenere conto anche della fioritura delle alghe, che provoca episodi di mortalità in massa di pesci e di mammiferi marini e abbassamento dei livelli d’ossigeno nei fondali; dell’urbanizzazione, che altera la struttura del territorio anche con la produzione di rifiuti e, infine, l’inquinamento dovuto all’uso e al trasporto di petrolio, che purtroppo finisce nel nostro mare, con gravissimi danni.

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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 14 FEBBRAIO 2012

Scuola Media

«Don Celsi» AMEGLIA

«Lord, here comes the flood!» L’alluvione raccontata tra tentativi di indagini e voglia di un futuro migliore TESTIMONIANZE

La salvezza si raggiunge con la solidarietà OGNUNO di noi ha situazioni da raccontare, momenti particolari della “sua” alluvione. Chiara B., 15 anni, vive a Corea, nel comune di Vezzano, una casa tra due canali e il Magra, vicino a un argine che non ha fermato la furia del fiume: «Appena giunto mio padre in casa — racconta — ci ha detto che il fiume era furioso, incontenibile, e stava straripando. Ha preparato una borsa con qualche indumento, i portafogli, qualche gioiello. Il tempo di uno sguardo alla finestra e vedo la marea di fango che si avvicina, affamata, spietata. Ho provato terrore nel guardarla sfiorare la mia casa… e poi entrare. Il piano terra ha iniziato a sommergersi d’acqua che si è introdotta con forza dalla porta, dalle finestre, dal pavimento e dai condotti idrici, tanto da ostruire le uscite e farmi restare intrappolata». Alla fine è stato necessario l’intervento dei vigili del fuoco. «Non ho idea di che ora fosse, e non ricordo neanche dopo quanto sono arrivati i soccorsi a tirarci fuori». Ma l’avventura di Chiara non era ancora terminata, perché poco distante dalla sua casa abita M.R., la sua migliore amica. «Non potevo andare via senza vedere se Marina ce l’aveva fatta a uscire. L’ho raggiunta, era con il suo gatto in braccio e cercava di uscire dalla finestra insieme a sua madre. Le ho preso un braccio e ho tirato con tutta la forza fino a che non sono state fuori». Chiara ha fatto un gran gesto, prima di salire sul camion del padre e allontanarsi dal pericolo: uno dei tanti, per fortuna, in questa tragedia.

«AMEGLIA, 25 ottobre 2011 - È arrivata di nuovo l’alluvione: un mostro di fango e acqua che inghiotte case, auto e vite umane, talvolta anche la speranza, per alcune sfortunate famiglie, di rivedere i propri cari, rapiti da un fiume che procede inesorabile, senza guardare in faccia nessuno. E il fiume raggiunge i ponti sotto i quali scorre ogni giorno e che per lungo tempo lo hanno sormontato maestosamente: ora, in pochi istanti, vengono travolti dalla sua furia cieca. Come una foglia trasportata dal vento, l’immensa costruzione di cemento cede al fiume in burrasca.» (dal diario di Giacomo G.) C’è chi ricorda così il crollo di quella notte, la fine del ponte della Colombiera. Oggi resta la sua assenza, la certezza che per molto tempo non potrà essere restituito alle nostre comunità. La mancanza prolungata di questo collegamento ha già imposto rinunce, modificato l’organizzazione della giornata di molte famiglie, costrette a cancellare progetti; il mondo delle piccole e grandi imprese che su di esso contavano, la vita delle attività commerciali legate all’in-

DANNI Il ponte della Colombiera travolto dalla piena

dotto dei cantieri navali, la gran quantità di persone già in difficoltà per la crisi e che ora si trova di fronte a un futuro senza lavoro. I pensieri vanno in cerca di risposte sul futuro e sul passato, su cosa si farà e su cosa si sarebbe potuto fare. Molti i j’accuse alle autorità di turno, ma le colpe vanno cercate anche molto più indietro, nella

storia di questa terra, la Liguria, una montagna affacciata sul mare che nei secoli è stata scavata e cementificata per ricavare case e strade, stravolgendone le origini geologiche e idrogeologiche: e la natura presenta sempre il conto. Oggi, il nostro timore più grande è che, superato il momento critico dell’emergenza, si riprenda a

trattare il territorio nello stesso modo di prima. Qui, alla foce del fiume, come in tutte quelle comunità più a monte o sul mare che hanno pagato prezzi altissimi in questa alluvione, sappiamo che il rischio più grande è perdere le nostre identità se cala il silenzio su questo dramma. Ce lo siamo chiesto allora, in preda alla paura del momento, e ce lo chiediamo ancora oggi, a freddo, pensando al futuro di questa parte di territorio tra Liguria e Toscana, tanto bello quanto fragile. Che cosa c’è dietro a queste alluvioni, a queste piogge torrenziali che seguono lunghi mesi di siccità? È solo una bizza della natura o forse c’è il nostro contributo di uomini? Forse il degrado ambientale, una cementificazione sfrenata, gli abusi edilizi finalizzati a guadagni illimitati e che si trasformano in immani tragedie? Noi continueremo a riflettere su queste domande, cercando risposte concrete. Per ora, il nostro appello a tutti coloro che conoscono, vivono e amministrano queste terre, è uno solo: la difesa del territorio deve venire prima degli interessi personali, delle battaglie elettorali, nella speranza che possa non accadere più.

I FATTI DALLE PIAZZE E DALLE STRADE I DETRITI E I SEGNI DELLA PIENA: RESTANO SOLO I RICORDI?

La cronaca di un’alluvione annunciata

RICORDO Ecco quello che i ragazzi trovavano in strada

A DISTANZA di quasi quattro mesi, per molti l’alluvione del 25 ottobre scorso sembra un fatto lontano. Non per noi. Ripensiamo ancora a come solo poche ore prima della tragedia nelle nostre case si ragionava se valesse la pena alzare o no i mobili e spostare le auto. Certo, era incominciato a piovere molto forte verso le cinque del pomeriggio, ma era pur sempre solo una mezza giornata di pioggia: difficile immaginare un tale disastro anche in zone dove l’acqua non era mai arrivata… Tra tante polemiche e senza una risposta univoca sulle cause, resta la cronaca di quella giornata, che per noi cominciò alle 13, all’uscita da scuola, quando il fiume era ancora tranquillo e non si capiva perché fosse stata data l’allerta 2. Alle 17.30, invece, il fiume faceva letteralmente paura: si era alzato incredibilmente, mancavano solo due dita alla banchina ed era completamente icoperto di fusti di pino, rami di ogni genere, persino un frigo-box che correva

ad una velocità impressionante. Imbarcazioni abbracciate ai pontili scheggiavano come se stessero gareggiando in un circuito di Formula uno, trascinate via dalla corrente. Due ore dopo il fiume era straripato. Molti, pur di non abbandonare l’abitazione o l’attività commerciale, cercavano di salvare il possibile e cacciare fuori l’acqua fangosa che avevano già alla vita. Ma il fiume si alzava a vista d’occhio. L’accumulo di detriti attorno alle pile del ponte era sempre più imponente: da lì a poco, sarebbe stato chiuso al traffico e avrebbe ceduto. Alle 23 la piena si era arrestata, ma si era lasciata dietro il disastro. Era arrivato il momento più difficile: passare dalla paura alla reazione, dalla disperazione alla voglia di farcela. Al risveglio, Fiumaretta e Bocca di Magra erano due immense piscine riempite di fango, brulicanti di vite già pronte a ricominciare, perché nessuno in queste zone si vuole arrendere.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti della III A della scuola media «Don Lorenzo Celsi» di Ameglia (Alberti Eva, Bacchiocchi Mattia, Caboara Marcello, Caleo Andrea, Cerisola Viviana, Frassini Anasta-

sia, Frati Gianmarco, Gajda Daniel, Grassi Giacomo, Laafar Matteo, Leonini Luca, Micheloni Gabriele, Nardi Wendy, Paganini Sebastiano, Paita Christian, Raggi Rebecca, Sala Giulia, Villafrate Daniele). Il diri-

gente scolastico è la dott.ssa Maria Cristina Rosi e gli insegnanti tutor che ha seguito i ragazzi nella raccolta delle notizie e nella realizzazione del lavoro sono i professori Barbara Spera e Pierluigi Iviscori.


CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 14 FEBBRAIO 2012

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Scuola Media

«Vittorio Alfieri LA SPEZIA

Tutti insieme informaticamente Che piaccia o no, è un mondo che si sta diffondendo nelle scuole “PROPRIO una classe fortunata!”, ha commentato il padre di uno di noi studenti della classe 3^A sul Progetto Acer Eun. E ancora: “Che il mondo dell’informatica piaccia o non piaccia, entusiasmi o spaventi è un opinione personale; non si può negare, però, che esso esista e abbia un ruolo sempre più importante nella società moderna”. Il ruolo primario della scuola è quello di formare i cittadini del domani, capaci di comprendere il mondo nel quale vivono, di padroneggiare l’utilizzo degli strumenti che l’evoluzione del pensiero mette loro a disposizione, in termini di conoscenza e di tecnologia, ma è anche innegabile l’importanza che sia proprio la scuola a guidarli verso un corretto uso dello strumento. Noi ragazzi siamo rapiti dal computer (e dai videogiochi), forse perché secondo noi può aprire un mondo dove tutto è a portata di mouse, anche le lezioni dei professori assenti. E’ quanto accaduto con la prof di matematica, a casa per malattia: si è collegata con noi in videocon-

LA REDAZIONE La classe della 3A al lavoro per la pagina

ferenza e, oplà, la lezione si è tenuta regolarmente! Nel 2010 la nostra classe è stata scelta per partecipare alla prima fase di sperimentazione nel progetto Acer Eun, che prevedeva

l’assegnazione di un netbook a ogni alunno, da usare sia a scuola che a casa. Tale progetto ha coinvolto 10 classi in 6 paesi europei: Inghilterra, Francia, Spagna, Italia, Tur-

chia. Nel secondo anno è stato esteso ad altre 3 classi della nostra scuola. Esso nasce dalla volontà di testare le possibilità di utilizzo dei netbook nella didattica. Noi li usiamo per effettuare ricerche su internet, compiti a casa ed approfondimenti su materie come letteratura, scienze, storia, geografia, lingue, e così via. La professoressa di matematica è la referente del progetto e nello scorso anno ha rappresentato la scuola al Convegno Nazionale di Napoli e, addirittura, è stata ambasciatrice per l’Italia nel Convegno Internazionale di Copenaghen e, naturalmente, di questo siamo molto orgogliosi! Noi alunni siamo ovviamente entusiasti del progetto. Se proprio dobbiamo pensare a un aspetto negativo, l’unico è quello che, durante le lezioni, spesso ci lasciamo distrarre dalle innumerevoli applicazioni divertenti che si trovano nel netbook. Dal prossimo anno i netbook cambieranno utenti: le nuove classi prime li erediteranno per iniziare una nuova entusiasmante esperienza.

PROGETTO ACER EUN OPINIONI DEI PROTAGONISTI: PARLANO ALUNNI, GENITORI E INSEGNANTI

Favorevoli o contrari? I vantaggi e i rischi

ATTENTO «Non dimenticare di usare il cervello!»

HANNO espresso la loro opinione su Acer Eun insegnanti, genitori e alunni. Anna Gorra, professoressa tutor del progetto: “E’ fondamentale sperimentare in classe insieme, considerando la grande quantità di informazioni e l’utilizzo di programmi specifici, che i ragazzi devono imparare. Occorrono però una preparazione preventiva degli alunni, degli insegnanti e la disponibilità di fondi per attuarla”. Manuela Baldini, insegnante di inglese: “L’utilizzo dei netbook da parte degli alunni è stato positivo per la motivazione all’apprendimento, con le dovute protezioni dalla pirateria e dai contenuti indesiderati. La novità del mezzo ha contribuito a vivacizzare i ragazzi”. Roberto Tallerini, psicologo e padre dell’alunno Tommaso: “Il mezzo

ha avuto effetti positivi per le nozioni e le conoscenze ma permane qualche dubbio rispetto al rischio di una dipendenza dallo strumento multimediale”. Infine gli alunni della 3^A. Alessandro Cavallo: “Il netbook ci ha dato molti vantaggi, lo usiamo al posto del quaderno per fare i compiti, facilitandoci la scrittura e la lettura. Su alcuni computer, le insegnanti hanno caricato uno screen reader per chi è dislessico o disgrafico”. Ylenia Parbuono: “Avere il computer è una fortuna da molti punti di vista, ma bisogna tenere bene uno strumento così delicato. Se non si installa un valido antivirus, c’è il rischio di danneggiare il sistema”. Francisco Polanco: “La rete, a volte, è poco efficace, e quando ne abbiamo bisogno, è troppo lenta”.

LA REDAZIONE LA PAGINA è realizzata da Bardine Giacomo, Barillari Gabriele, Buttafuoco Vittorio, Carlini Gianluca, Cavallo Alessandro, Decillis Christian, Esposito Francesco, Federici Lorenzo, Galli Andrea, Genova Cesare, Ho-

xha Melissa, Impallomeni Massimiliano, Kuci Daniela, La Colla Valeria, Lobina Noemi, Luzi Serena, Parbuono Ylenia, Pasquali Chiara, Pellerito Rosalia, Polanco Francisco, Romeni Francesco, Russo Jean Clau-

de, Sanchez Edduly, Tallerini Tommaso, Tronfi Marco, Tufi Sebastiano (III A), Il dirigente è la prof Maria Rosaria Micheloni; la prof tutor è Giuseppina Abate, collaboratore tecnico la prof Anna Gorra.

CHE BELLO L’AMORE

San Valentino tra innovazione e tradizione 14 FEBBRAIO. San Valentino. Giorno in rosso, oggi. Centinaia di coppiette innamorate passeranno la giornata a darsi cioccolatini e bigliettini. Sarà vero amore, oppure una trovata per farsi vedere? Saranno soldi spesi bene, o il regalo non sarà gradito? Molto spesso, a festeggiare, sono ragazzini che non superano l’adolescenza, conosciutisi in giro per la rete, che si giurano amore eterno attraverso uno schermo, spesso senza essersi mai visti, se non tramite webcam. Che bello l’amore! Ma vedersi da una webcam non è come avere davanti a te la persona che ami, o che almeno pensi di amare. Ci manca poco che inventino anche il modo di potersi baciare, attraverso il computer… Sarebbe veramente il massimo, no? Non doversi più alzare da una sedia, non dover più uscire a divertirsi con altri ragazzi, per condividere passioni e prendere una boccata d’aria fresca, una volta ogni tanto. Niente di tutto ciò. Il web che prende il sopravvento, i ragazzi che non si muovono più di casa, a meno che non abbiano, ovviamente: portatile, tablet o cellulare con tanto di wi-fi. E anche fuori, continuano a inviare messaggini sdolcinati al proprio ‘boy’ o ’girl’ di turno, mentre, magari, sono a passeggio, mano nella mano con altri. Evviva l’amore dei computer, con i suoi tanti e fedeli seguaci delle più svariate età!


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CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 16 FEBBRAIO 2012

Scuola Media

«Mario Fontana» LA SPEZIA

Come eravamo: La Spezia nel 1800 Un viaggio nel passato della città attraverso i grandi personaggi storici FASCINO

In Francia sono le belle “Italiennes” I FRANCESI le chiamano les italiennes: attrici, modelle, e show girl italiane che nel paese d’Oltralpe hanno trovato successo. La più famosa è sicuramente Carla Bruni, Première dame dopo il matrimonio nel 2008 con il presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy. Ma non si tratta di un fenomeno di costume di questi ultimi tempi: tra il 1500 e il 1600, infatti, ben tre donne italiane furono protagoniste della storia francese. Nel 1533 Caterina de Medici, bisnipote di Lorenzo il Magnifico, sposò Enrico di Valois, figlio secondogenito del re Francesco I e della regina Claudia di Francia. Divenuta regina nel 1547, dopo la morte del marito, fu reggente dei figli Francesco II e Carlo IX, prematuramente scomparsi. Caterina svolse un ruolo chiave nel regno del terzo figlio, Enrico III. Altra italiana sul trono francese fu Maria, che sposò Enrico IV di Navarra. Nel 1600, dopo l’assassinio del re, divenne reggente per conto del figlio primogenito Luigi XIII, che la esautorò nel 1617. Maria fu una grande protettrice delle arti e amica personale di Rubens. La terza fu una nobildonna toscana: tra il 1503 e il 1514, Leonardo da Vinci realizzò il ritratto di Monna Lisa Gherardini, moglie di Francesco Del Giocondo; il quadro fu portato in Francia un paio d’anni dopo la sua esecuzione dal pittore stesso. Dopo vari trasferimenti la Gioconda è al museo del Louvre, dove migliaia di visitatori rendono omaggio alla sua bellezza misteriosa, che ha ispirato fiumi di inchiostro da parte di critici, scrittori e psicologi.

UN VIAGGIO nel passato della città, attraverso i grandi personaggi storici per raccontare «Come eravamo», ovvero La Spezia nel 1800. La contessa Verasis Oldoini chiamò romanticamente La Spezia «Golfo di Ariel», mentre Napoleone, valutando la sua posizione strategica nel Golfo e volendone fare la piazzaforte marittima tirrenica dell’impero, avrebbe voluto battezzarla «città Napoleonica». L’imperatore francese, durante l’esilio nell’isola di Sant’Elena, ricorderà il nostro comprensorio come «il più bel porto dell’ Universo». Ma non si tratta dell’unico personaggio storico ad essere legato al nostro meraviglioso territorio. Giuseppe Garibaldi soggiornò alla Spezia parecchie volte. Nel 1849, in particolare, dopo la caduta della Repubblica romana, il grande condottiero fu salvato da un abitante di San Terenzo, «il padrone Paolo Azzarini» che lo aiutò a trovare rifugio a Porto Ve-

RICORDI L’antico golfo che ha incantato Napoleone e Cavour

nere. Successivamente, ferito ad una gamba dopo i fatti dell’ Aspromonte, Garibaldi fu prigioniero al Varignano, vicino alle Grazie, nel 1867, non prima di aver trascorso una notte nel famoso albergo Croce di Malta in città. In questo periodo La Spezia co-

nobbe un forte rilancio turistico: in città trascorrevano le vacanze i componenti della famiglia reale, e contemporaneamente, divenne una delle mete preferite dagli intellettuali, come il musicista Richard Wagner. Si trattava, ovviamente, di un turismo elitario: i vacanzieri soggior-

navano, infatti, negli eleganti alberghi cittadini, quale il Grande Bretagne, il Croce di Malta, la Locanda di Odessa e il De Ville de Milan. La città in questi anni subì una trasformazione che riguardò in primo luogo l’architettura civile; gli edifici di stile umbertino adornarono la città durante il Regno d’ Italia, mentre il Liberty influenzò notevolmente le costruzioni nei primi anni del Novecento. Anche Camillo Benso conte di Cavour, come Napoleone, vide nella Spezia un obiettivo strategico importante tanto da iniziare la costruzione di un Arsenale e di un porto militare (1862-1869). La progettazione e la realizzazione furono affidate all’ ingegnere genovese Domenico Chiodo (che costruì anche la batteria fortificata di Monte Marcello). L’Ottocento vide, quindi, la nascita e lo sviluppo di una delle città più moderne e industrializzate di tutta l’Italia dell’epoca: La Spezia.

IL PERSONAGGIO STORIA DELLA CONTESSA DI CASTIGLIONE, LA SPEZZINA CHE HA INCANTATO LA FRANCIA

Una protagonista della politica e della corte

RITRATTO La Contessa di Castiglione

I TRANSALPINI non sempre ci stimano, ma hanno sempre dimostrato una vivace attrazione nei confronti delle nostre donne; oltre alle figure femminili che abbiamo approfondito, come non citare «quella contessa di Castiglione – per dirlo con le parole di Guido Gozzano – bellissima di cui si favoleggia»? «Sono nata alla Spezia, mi sono sposata Alla Spezia e voglio essere sepolta alla Spezia» scriveva, anche se in realtà, Virginia era nata a Firenze il 23 Marzo 1837 dal marchese spezzino Filippo Oldoini e della fiorentina Isabella Lamporecchi. Divenne la contessa di Castiglione sposando giovanissima il conte Francesco Verasis di Castiglione, dal quale presto si separò. Alta, bionda, snella, era consapevole del suo fascino, convinta di poter passare alla storia aiutando il Paese; Cavour il suo «brutto cugino» la inviò a Pa-

rigi, con l’approvazione del re d’Italia Vittorio Emanuele II, affinché influenzasse favorevolmente nei confronti dell’Italia Napoleone III, spingendolo all’alleanza franco-piemontese. Divenne una delle poche donne in grado di svolgere, seppur con mezzi discutibili, una funzione politica importante. Dopo aver brillato in una vita da favola, tra balli e amanti, finì i suoi giorni sola, ignorata, disperata ed inconsolabile per il fascino perduto. Venne sepolta nel cimitero parigino Père Lachaise dove ancora oggi riposa. Nel 2001 la sua città l’ha ricordata collocando un busto in bronzo, opera dello scultore Francesco Vaccarone, all’ingresso del palazzo in cui abitava in Piazza Sant’Agostino; sempre nello stesso anno, il Comune della Spezia le ha intitolato un «Largo Virginia Oldoini» nei giardini di fronte al Conservatorio “Puccini”.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata progettata e realizzata dalla II B della Scuola Media “Mario Fontana” (I.S.A. 7 - Istituto comprensivo La Spezia), classe composta da Giacomo Galletti,

Rebecca Missadin, Lorenzo Montali, Luca Rosati, Alessandro Romboni, Nicole Vratogna.

I Professori tutor sono Maria Pia Gemignani e Raffaella Zangani. Il dirigente scolastico è la professoressa Maria Rosaria Micheloni.


CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 16 FEBBRAIO 2012

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Scuola Media

«Alcide Cervi» LA LA SPEZIA SPEZIA

Imperdonabile! La storia racconta Poche frasi per ricordare: “Chi non la conosce sarà costretto a riviverla” 27 GENNAIO 1945, le truppe sovietiche liberano il campo di concentramento di Auschwitz. Il mondo apre gli occhi su uno dei più grandi orrori che l’umanità abbia conosciuto. Il 5 maggio dello stesso anno tocca a Mauthausen spalancare i cancelli e dare la libertà ai superstiti del peggiore dei delitti, lo sterminio volontario e sistematico di milioni di persone. L’operazione denominata dai nazisti “soluzione finale” ha inizio nel 1941. Erano vecchi, giovani, donne, bambini, ebrei, oppositori politici, omosessuali, malati di mente, tutti deportati nei lager di Auschwitz, Buchenwald, Dachau, Mauthausen, Terezin, Bergen-Belsen e altri luoghi di sofferenza, tortura e morte. Gli internati morivano di fame, freddo, alcuni hanno resistito agli stenti e alle torture, altri sono morti quasi subito. E poi quando il fisico arrivava all’esaurimento, quelle persone ormai private delle loro identità venivano mandate alle “docce”. In quei campi di “docce” si moriva. Nessuno ha saputo nulla sino a quel lontano 27 gennaio, ora “Giornata della Memoria”. Ora che la libertà e la democrazia

GRIDA ACCORATE «Mai più» nel disegno della redazione

ci danno l’opportunità di ricordare orrori lontani che spaventano se confrontati con la nostra vita quotidiana. Noi ragazzi abbiamo la libertà di essere chi siamo, di appartenere a qualunque religione o etnia, senza costrizioni, senza paura di essere puniti “per un sì o per un no”.

27 gennaio 2012, assistiamo alle celebrazioni per la Giornata della Memoria davanti al monumento ai deportati all’interno del parco del 2 Giugno. Un cubo con dei triangoli incisi e delle targhe che riportano i nomi tristemente noti dei principali campi di concentra-

mento e il numero delle vittime spezzine. Ascoltiamo in silenzio il discorso pronunciato davanti alle autorità locali, dal Sindaco Federici ai numerosi assessori e rappresentanti di associazioni partigiane, della dottoressa Ferrato, presidente dell’ANED, che ricorda i momenti tragici che hanno segnato la nostra città dopo l’armistizio,come i rastrellamenti di Migliarina e Valeriano. Dopo la deposizione della corona accanto al monumento, incontriamo alcuni deportati che raccontano brandelli della loro triste esperienza e poi ci rechiamo all’interno del Sacrario della Libertà. La prima cosa che attira la nostra attenzione è l’elenco dei nomi dei caduti con accanto l’età e ciò che salta agli occhi è vedere come ci siano anche bambini come Adriana Revere o Franco Cetrelli, al quale è stato intitolato l’Auditorium della nostra scuola Media Cervi. E poi tanti volti di persone che non ci sono più o sono tornate ferite nel corpo e nell’anima. Rientriamo a scuola pieni di emozioni e più ricchi di conoscenza, certi che questa giornata debba essere un invito convinto a gridare MAI PIU’!

LE INTERVISTE LA MEMORIA DI CHI HA VISSUTO RACCONTATA ALLE GIOVANI GENERAZIONI

Le parole dei protagonisti scaldano il cuore

COMMEMORAZIONE La presenza al «2 Giugno»

ALLA CELEBRAZIONE della Giornata della Memoria abbiamo incontrato i rappresentanti delle istituzioni ai quali abbiamo rivolto alcune domande. Signor Sindaco, qual è il significato della sua presenza qui? «Per le autorità questo giorno è importante perché rappresenta non solo la liberazione dei prigionieri dai campi di concentramento ma anche il primo rastrellamento a Migliarina e i suoi deportati politici. Questo luogo ci ricorda la tristemente famosa caserma del XXI Reggimento Fanteria dove molti degli arrestati furono torturati e delle grida che provenivano da qui mi raccontava anche mio padre. Fa piacere vedere tanti studenti che hanno il dovere civile di ricordare il passato. Abbiamo chiesto ai rappresentanti dell’Anpi pre-

senti la loro testimonianza. «Tutti hanno il dovere di tramandare il ricordo. L’insegnamento deve essere che l’uomo si deve distinguere per le sue idee e non per razza o religione. I giovani hanno ereditato la libertà che è un bene fondamentale da conservare attraverso scelte e idee responsabili, non dando tutto per scontato». Il rappresentante dell’Aned ha ricordato le difficili condizioni di vita nei campi: «Ci facevano lavorare 12 ore al giorno senza cibo né acqua». Nel Sacrario due rappresentanti dell’Aned hanno citato i nomi dei deportati e ci hanno parlato delle condizioni degli internati: «Il campo di Bergen-Belsen è quello dove maggiormente ho visto l’orrore della persecuzione e sentito il freddo della morte in un silenzio irreale».

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dalla redazione della classe 2B composta dagli studenti Alessandro Amato, Samuele Borrello, Mattia Brizzi, Yasmin Castano Lopez,

Matteo Casti, Thomas Cossu, Mattia Delogu, Diego Desogus, Mohammed El Bouabdellaoui, Sharon Polastri, Giulia Randisi, Irene Romeo, Francesca Rossi,

Alessio Spadoni, Davide Zaccaria, Serena Zappelli, Frarlin Garcia Ramos Dirigente scolastico Prof. Felice Biassoni Insegnanti tutor Alessandra Sussi, Roberta Vergassola e Elisabetta Lupi.

MEMORIE

«Meditate che questo è stato…» È UNA GIORNATA piovosa, grigia, quella in cui incontriamo i rappresentanti dell’Aned della Spezia. Sono figli di deportati nei campi di concentramento nazisti e solo due di loro hanno visto tornare a casa i propri padri, feriti a morte nell’anima dalla crudeltà umana. Il signor Orsetti non ha avuto questa fortuna e ricorda la giornata in cui lui quattordicenne e la sorella, hanno visto portare via il padre che nemmeno ha potuto abbracciarli. Dopo soli tre mesi non c’era più. Non ci sono parole adeguate per raccontare ciò che abbiamo ascoltato in silenzio, rispettando il dolore di quei figli che ancora oggi si commuovono pensando all’ingiustizia senza senso che ha fatto milioni di vittime, sparite dal mondo con un numero sul braccio e, come dice Primo Levi, «senza capelli, senza nome». In quei campi sono morti la dignità umana, i valori e i sentimenti che rendono le persone straordinarie e uniche. Milioni di esseri umani trasportati su treni come merci, costretti a vivere nella fame, nel freddo e nella paura. Partecipando alla Commemorazione della Giornata della Memoria, abbiamo veramente compreso il suo significato e abbiamo provato un sentimento di tristezza profonda per quello che è stato. Oggi dobbiamo ricordare ciò che è avvenuto affinché non si ripetano più gli orrori del passato. Sul muro del campo di concentramento di Auschwitz c’era una scritta: «Chi non conosce la storia, sarà costretto a riviverla».


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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012

+Scuola Media

«Anna Frank» LA SPEZIA

La musica paesaggio dell’anima E’ molto più di ciò che sembra: è libertà di espressione e di pensiero PASSATO-PRESENTE

Cambiano le modalità di ascolto

IN CHE modo i giovani si avvicinavano e si avvicinano alla musica leggera? Una volta vi erano meno occasioni di ascoltare la musica. Molto diffusa era la modalità di ascolto attraverso la radio e i programmi radiofonici. Anche il Festival di Sanremo, la più popolare manifestazione di musica leggera italiana, fu trasmesso per la prima volta nel 1951 per radio. Solo dal 1955 passò in TV, in bianco e nero. Ebbe molto successo. E più tardi diventò un evento televisivo trasmesso in Eurovisione dalla Rai. Le canzoni entrarono nelle case degli italiani e diventarono molto popolari. Poi a partire dagli anni Settanta il fenomeno musicale si diffuse sempre di più attraverso il giradischi, il mangianastri e lo stereo. Non erano però strumenti così diffusi come oggi l’MP3, l’IPod o i nuovi «gioielli» tecnologici. Un tempo la musica non era facile da raggiungere. Per ascoltare il cantante e il complesso preferiti si andava al concerto, evento che univa grandi masse di giovani. Adesso invece la prospettiva è cambiata: i ragazzi non inseguono la musica come un tempo ma è la musica che segue sempre i giovani. E’ sufficiente andare su You Tube, digitare il titolo dell’ ultimo successo discografico che ci piace ed ascoltarlo con le nostre cuffiette quando e dove vogliamo.

OGNUNO di noi percepisce la presenza della musica. Ne entriamo in contatto ogni giorno, molto spesso senza che ce ne accorgiamo. Basti pensare a comuni azioni quotidiane come respirare, camminare, correre e mangiare. Semplicemente con il suono della nostra voce produciamo forme melodiche. La musica non rappresenta però e non ha per tutti lo stesso significato e la stessa funzione. Ci siamo soffermati sulla musica leggera, quella che preferiamo ascoltare nel tempo libero. Assume un ruolo rilevante in età giovanile, in particolare a partire dalla preadolescenza. Ma che cosa rappresenta per noi? A questo proposito abbiamo svolto un’indagine all’interno della nostra classe, ponendo alcune domande agli intervistati: “Cos’è per te la musica?” Martina dice: “La musica è un passatempo che trasmette allegria e che mi fa provare sensazioni diverse a seconda del genere che ascolto. Esprime ciò che sono”. Alle domande: ”Che sensazioni provi mentre ascolti la musica? Quando e per-

LA MUSICA Importante compagna di vita per ognuno di noi

ché la ascolti?” Luca risponde: “La musica mi aiuta a riflettere e a ritrovare serenità, facendomi sentire meglio, a volte ho l’impressione di staccarmi dal resto del mondo. Ogni volta che ho voglia di stare da solo con i miei pensieri, so che posso contare sulla musica”. Noi ragazzi ascoltiamo generi dif-

ferenti in base al nostro stato d’animo. Preferiamo canzoni americane, inglesi, spagnole e ultimamente anche brasiliane. Ricordiamo a questo proposito il brano “Ai se eu te pego” di Michel Telò, che ci coinvolge grazie al suo ritmo orecchiabile e al testo facilmente memorizzabile. Usiamo la musica per rilassarci,

per riflettere, per ballare, per ricordare, per dimenticare almeno per un istante ogni sorta di problema che affolla la nostra mente. Leggendo alcuni passi del saggio ”Chiedimi chi erano i Beatles” di Roberto Cotroneo, ci ha colpito la definizione della musica come “paesaggio dell’anima”, come qualcosa che “…ti entra direttamente dentro, ti attraversa, ti fa ridere, ti fa piacere, ti genera nostalgie, dà colore alle tue giornate e al mondo…”. Chiunque è legato a un motivo che gli ricordi momenti, affetti, persone e stati d’animo. Durante l’ascolto infatti le nostre emozioni prendono il sopravvento e la razionalità passa in secondo piano. La nostra mente spazia con la fantasia e ci riporta a situazioni passate che hanno avuto una certa importanza nella nostra vita. Chi di noi non ha dei ricordi legati ad avvenimenti speciali, che ama rievocare ascoltando una determinata canzone? Tutto questo per affermare che la musica è molto più di ciò che sembra, è un’importante compagna di vita per ognuno di noi.

DISAGIO L’ESPERIENZA DI JOSÈ ANTONIO ABREU COME PROGETTO DI RISCATTO SOCIALE

Una cascata di sogni attraverso la musica

ORE 7:50 Nel giardino della scuola, ancora … musica

LA MUSICA per i giovani non è sempre una forma di svago, ma può costituire una speranza, una luce per chi vive da sempre in un mondo buio e “ricco” di povertà. Un esempio lampante è sicuramente quello di Josè Antonio Abreu, ex ministro della cultura e maestro venezuelano che ha inteso la musica come strumento di prevenzione e di lotta contro il disagio dei giovani. Musica come riscatto sociale. Nel 1976, a Caracas, capitale del Venezuela, ha sperimentato per la prima volta la sua filosofia. Abreu è riuscito a strappare molti bambini e giovani ai barrios, quartieri degradati della città e dove il tasso di delinquenza si presenta molto elevato. E’di qui che Abreu è partito per fondare “El Sistema”. Questo programma mirava ad inserire i ragazzi in orchestre giovanili, riscattandoli da

una situazione di assoluta miseria materiale e spirituale. Quest’uomo ha dedicato tutta la sua vita per salvare i ragazzi ormai allo sbando e la musica ha dato loro una possibilità di riscatto. Secondo i dati le orchestre coinvolgono 250.000 bambini e ragazzi divisi in 140 orchestre giovanili e 300.000 coristi di età compresa tra i dodici e i ventisei anni. Ognuno è messo nella condizione di studiare uno strumento e tutti hanno le stesse opportunità. Non vi sono discriminazioni. Per questo suo progetto Josè Antonio Abreu vinse a sessantacinque anni il premio Unicef per la musica. Anche nella nostra scuola abbiamo l’opportunità di frequentare laboratori pomeridiani per imparare a suonare uno strumento musicale come pianoforte o chitarra gestiti dai nostri professori di musica.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata ideata e elaborata dalla classe che ha partecipato all’attività della redazione. La classe è la III C della Scuola Media Anna Frank con gli allievi Ilaria Andreoli,Nicole Benedetti Debora Bertoni, Nicole Bigliardi, Alessandra Costa, Giorgiana Gia-

nardi, Gian Marco Gilli, Simone Grizzi, Henrik Ibrahimi, Erica Lapperier, Nicholas Laudicina, Gaetano Lo Cascio, Cristian Lonardo, Greta Lorenzini, Davide Marchetti, Leandro Mazhi, Alessia Morise, Laura Pardini, Lorena Pensa, Martina Pindaro, Cecilia Piscino, Enrico Poli, Claudia Sorrenti-

no, Giuseppe Luca Tripodi, Dejia Veiss, Alfio Vicari. Docente tutor Alessandra Semorile Collaboratori tutor Cristiana Ricci e Veronica Giunta. Dirigente Scolastico: Prof Rosanna Cucurnia.


CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2012

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Scuole Medie

Petrarca-Fermi LEVANTO LEVANTO EE MONTEROSSO MONTEROSSO

Il sole ritorna a Monterosso Tra paura del futuro e voglia di ricostruire: il paese si riprenderà? A DISTANZA di quattro mesi dal giorno in cui abbiamo visto l’acqua portarci via una parte del paese, noi alunni di Monterosso proviamo a guardarci intorno per fare un piccolo bilancio della situazione. È un momento particolare questo: solo da pochi giorni sono stati riallacciati gas, acqua e luce elettrica nel centro storico, dove finalmente possiamo tornare ad abitare. Restano molte preoccupazioni: intervistando la gente del posto, scopriamo tante piccole e grandi storie di duro lavoro, di lotta contro l’acqua e il fango e di danni di tutti i tipi. Le persone si mostrano, però, sempre con l’aria di chi è molto lontano dall’arrendersi. Anche chi, alla domanda “Cos’ha perduto nel nubifragio?” risponde “La pazienza!”, subito dopo mostra di credere fermamente che il paese si riprenderà e non può che essere così. Dai racconti, tra il dolore e la paura di quei giorni, affiorano anche sorrisi inaspettati, qualcuno, come Antonio, gestore di un bar che ora ha riaperto, è visto come un eroe dalla moglie e dalla dipendente che ha salvato quel gior-

FIDUCIA «Sì, il nostro paese tornerà a splendere»

no e continua a guardare la vita con coraggio: “Monterosso tornerà a splendere, forse anche più bello di prima!” esclama con aria convinta. Altri si stupiscono ancora di quanta gente sia arrivata a dare una mano in mezzo al fango in maniera

così generosa e gratuita. Molti di noi giovani sono riusciti a vivere con allegria anche i momenti passati tra il fango a spalare tutti assieme e le pause al bar “Giò”, unico rimasto aperto in quei giorni, dove le persone del paese si ritrovavano, ricevevano accoglienza e

cibo e potevano almeno un poco rilassarsi assieme. Certo, i sorrisi non bastano a ricostruire. Mentre ancora si indagano le cause di questa tragedia, si stanno già attuando nuovi mezzi per prevenirne altre: oltre alla messa in sicurezza delle frane, le strade in prossimità dei canali vengono demolite e ricostruite con pannelli di cemento armato carrabili e rimovibili, capaci di ‘saltare’ se dovesse tornare una simile massa d’acqua, evitando così l’effetto ‘tappo’ che si era creato il 25 ottobre scorso. Anche se non dimentichiamo la sofferenza provata nel risvegliarci in un paese che non riconoscevamo più, vogliamo sperare che tutto riprenderà e che la gente torni presto a visitare la nostra Monterosso, stupendosi ancora di quanto sia bella. Nel frattempo cerchiamo di imparare qualcosa: come le persone si accorgono dell’importanza del sole solo quando si nasconde tra le nubi, così, nei momenti difficili, ci si rende conto di quali (e in questo caso di quante!) persone siano pronte a dare una mano. Noi cercheremo di non dimenticarcene.

TERAPIA DELLE COCCOLE PROGETTO APTEBA NELLA SCUOLA MATERNA E ELEMENTARE DI MONTEROSSO

Piccoli animali in aiuto di piccoli scolari

PET THERAPY Anche gli animali possono aiutarci

DOPO la terribile tragedia del 25 ottobre, l’Apteba, Associazione Pet Therapy E Bioetica Animale, su richiesta delle insegnanti della Scuola Materna e Elementare e del Comune di Monterosso, sta effettuando un intervento di Pet Theraphy per i piccoli allievi monterossini che, impossibilitati a utilizzare i loro edifici scolastici perché inagibili, frequentano le lezioni presso l’Istituto di Padre Semeria, a Fegina. L’equipe che sta conducendo l’intervento, composta da psicoterapeuti, veterinari e operatori volontari, è guidata da una psicologa, Luisa Marnati. La Pet Therapy, «la terapia delle coccole», attraverso il contatto fisico e il rapporto affettivo con animali opportunamente educati a ciò, favorisce il superamento di situazioni di disa-

gio o di fragilità emotiva e genera nelle persone condizioni di benessere e serenità. Essa impiega animali domestici come asini, cavalli, cani, gatti o piccoli mammiferi come furetti, conigli, criceti, creature sensibili alle quali è chiesto di svolgere un lavoro che ha bisogno, come per tutti gli esseri viventi, delle necessarie pause di riposo. A contatto diretto con i piccoli animali, all’interno delle classi, i bambini svolgono attività ludico-ricreative e educative, talvolta integrate con filmati e racconti di animali. I settantacinque bambini di Monterosso manifestano grande interesse e partecipazione e l’intervento si sta dimostrando efficace, tanto che si prevede, a primavera, una gita in una fattoria dove essi potranno interagire con cavalli e asini.

LA REDAZIONE LA PAGINA è di Levanto-Monterosso: III B Giulia Arsena, Marco Bardellini, Alex Basso, Paolo Beretta, Marta Callo, Elena Calosso, Giorgia Daneri, Andrea Dedola, Pietro Defilippi, Chiara Di Spaldro, Victoria Fi-

lippone, Andrea Garibotti, Alessio Germano, Marco Guarducci, Chiara Mazzantini, Mario Medone, Tecla Medone, Lucia Merani, Julie Montano, Camilla Romano, Alice Sinelli, Katia Solari, Davide Tadei; III M

Edoardo Benvenuto, Maya Cavallo, Gloria Celsi, Chiara Poggi, Jasmine Pollicardo, Annalaura Valente. Tutor Maria Rosaria Podestà, Carla Peragallo, Patrizia Delbene. Dirigente Maria Angela Rebecchi.

AIUTO INASPETTATO

Angeli del fango crescono ALESSANDRO, Asia, Claudio, Simone sino all’anno scorso frequentavano la classe terza della scuola media di Levanto. Alcuni di loro erano un pò discoli e non si può proprio dire che le loro pagelle fossero tutte otto e nove, ma oggi un dieci e lode se lo sono proprio meritati perché, in seguito all’alluvione, si sono impegnati per dare il loro contributo alle popolazioni colpite, chi spalando il fango chi portando beni di prima necessità. La distruzione della nostra terra li ha lasciati allibiti e provati fortemente ma non li ha scoraggiati, perché hanno lavorato come persone adulte, dimostrando un cuore grande e generoso. Simone è stato per cinque giorni a Monterosso, incaricato di distribuire i viveri alla popolazione. Molti lo ringraziavano per l’aiuto che stava portando e la cosa lo stupiva e imbarazzava perché per lui era scontato essere lì. Asia ha una cugina che vive nel paese e sebbene il suo primo pensiero sia stato per lei, appena ha potuto si è messa a disposizione: il suo compito era smistare i viveri provenienti da tutta Italia. Claudio, invece, spalava il fango insieme ai tanti ragazzi giunti da ogni parte della Liguria. Alessandro è stato a Vernazza, dove ha lavorato per quattro giorni: il paese in quelle condizioni, quasi irriconoscibile, gli ha fatto stringere il cuore, ma lo ha commosso vedere quanta forza d’animo, nonostante la tragedia, dimostrassero gli abitanti.


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CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 23 FEBBRAIO 2012

Scuola Media

Capoluogo VEZZANO LIGURE

Coltiviamo con cura il nostro futuro «Riambientiamoci: noi studenti amici della natura» QUESITO

Uomo e natura: mondi paralleli o unica realtà? CON L’INIZIO del nuovo millennio, la pressione che l’uomo esercita sull’ambiente è sempre più evidente: circa metà delle foreste temperate e tropicali sono state distrutte o danneggiate; lo smog e le piogge acide, originati dalle emissioni di anidride carbonica, contribuiscono al riscaldamento globale; insostituibili specie animali e vegetali si estinguono a ritmi sempre più accelerati. La popolazione cresce rapidamente e con essa aumentano le esigenze di cibo, acqua e spazi abitabili; senza contare che il mondo industrializzato sottrae all’ambiente risorse preziose e lo ripaga con residui tossici dannosi. Non si tratta di dati innovativi né sensazionali: sui quotidiani, in televisione, si parla da anni della pressione negativa esercitata dall’uomo sugli ecosistemi, ipotizzando soluzioni e sperando sempre in un futuro diverso, in cui l’uomo impari davvero a proteggere il mondo in cui vive. Affinché la speranza lasci il posto all’azione concreta, è necessario educare la nostra generazione al rispetto e alla tutela dell’ambiente, perché non esistano più mondi “paralleli”, ma una sola realtà vivibile e sana:“Sbuffando odore di fumo/guardo fuori/un opaco cielo/specchia la grigia città dall’aria popolare/Pongo il mio sguardo all’orizzonte/ fitto/immenso/ricoperto da un verde manto/silenzioso/ che con aria selvaggia/l’uomo preserva/Ma le virtù di uno e dell’altra /non verranno mai rispettate/finché sarà presente/solo l’esagerazione”.

IN TRE ANNI di scuola media, in collaborazione con il CEA (Centro di educazione ambientale), abbiamo seguito un lungo ma importante percorso di educazione ambientale che ci ha consentito di acquisire maggiore consapevolezza sul tema, imparare dei modelli di comportamento “virtuosi” e conoscere più correttamente le risorse del nostro territorio. In prima media abbiamo aderito al progetto regionale “Da sCuO2la a scuola un TAM TAM per il clima “, proposto dal parco di Montemarcello-Magra, per contribuire a combattere i cambiamenti climatici. Ci siamo posti come primo obiettivo quello di ridurre l’ emissione dell’anidride carbonica e per far ciò abbiamo piantato degli alberi da frutto in un’area verde vicino alla scuola, sfruttando proprio la loro capacità di assorbire anidride carbonica dall’ambiente, tramite l’attività della fotosintesi. Grazie al nostro intervento abbiamo constatato che siamo riusciti ad eliminare dall’atmosfera ben 56 tonnellate di anidride carbonica! In seconda media, attraverso il

ESPERIENZE «La posa del nostro primo albero da frutto»

progetto “Bello…L’ambiente pulito”, condiviso con il Comune del nostro paese, abbiamo appreso il concetto di riciclaggio, imparando così a suddividere i rifiuti in categorie. Abbiamo successivamente elaborato questionari sulla raccolta differenziata, che sono stati distribuiti alle nostre famiglie, per studiarne le abitudini

“ecologiche”. Abbiamo, così, analizzato il possibile impatto che i nostri stili di vita, spesso errati, hanno sull’ambiente, arrivando a comprendere che il riciclaggio è necessario non solo per la diminuzione dell’inquinamento nel territorio, ma anche per il recupero di materiali utili alla produzione di nuovi manufatti. Quest’anno, infi-

ne, la nostra attenzione si è rivolta in maniera ancora più concreta all’ambiente che ci circonda. Stiamo infatti studiando le piante officinali e aromatiche tipiche del nostro territorio, sia quelle comuni che quelle più rare, scoprendone così anche le proprietà curative: tali piante, infatti, come la camomilla o la valeriana, vengono utilizzate non solo per insaporire piatti deliziosi ma anche per correggere il gusto di molti farmaci, soprattutto quelli sgradevoli, come lo sciroppo! Sono queste sostanze di origine vegetale a conferire al medicinale un sapore dolciastro ed esse variano in numero e tipo da paese a paese, a seconda delle tradizioni: l’obiettivo ultimo del nostro laboratorio sarà quello di realizzare un libro delle erbe aromatiche, in cui raccogliere le specie presenti proprio a Vezzano. Il nostro percorso di educazione ambientale è ancora in corso ma faremo tesoro degli insegnamenti ricevuti, perché solo dalla conoscenza e dalla comprensione può nascere il rispetto verso la realtà che ci circonda.

AMBIENTE FACCIAMO TESORO DEGLI INSEGNAMENTI DEL PASSATO PER COSTRUIRE IL NOSTRO FUTURO

«E’ una eredità da non disperdere...»

INSEDIAMENTI Valeriano di Vezzano Ligure

L’UOMO nel corso degli anni è sempre riuscito a fare di ogni ambiente il proprio, sfruttandolo in base alle proprie necessità. Viene naturale pensare subito alle popolazioni che abitano le torride foreste dell’Africa o le aspre terre della Siberia, ma tale affermazione è valida anche per la realtà storica di paesi collinari a noi ben noti, come Vezzano Ligure. L’adattamento dell’uomo a questi ambienti naturali è stato caratterizzato, in passato, da un atteggiamento di rispetto che assecondava l’elemento naturale e non lo distruggeva, contrariamente a quanto accade oggi con lo sviluppo industriale. L’ antropizzazione del territorio partiva, infatti, dal crinale perché consentiva alle popolazioni nomadi di spostarsi senza incontrare ostacoli naturali. Il fondovalle era invece l’ultimo ambiente ad essere

conquistato, perché paludoso e soggetto a inondazioni: richiedeva, insomma, attenzioni maggiori e anche conoscenze tecniche precise, per evitare ad esempio le piene dei fiumi. Il fattore principale per cui l’uomo si stabilì, definitivamente, ad altitudini inferiori, rispetto al crinale, fu la mancanza di acqua: essa si poteva ottenere solo all’altezza delle risorgive, quindi nella mezza costa. I vantaggi furono molti, in particolare la maggiore esposizione al sole e la possibilità di trovare spazi ampi per coltivare. L’economia di un paese nasceva, così, in maniera spontanea, dalle caratteristiche del territorio, dal clima e dall’esposizione dei versanti: si pensi alla produzione di vini o alla coltivazione di uliveti. C’era la consapevolezza che i luoghi non fossero tutti uguali e come tali venivano trattati.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti che hanno formato la redazione in classe della scuola media di Vezzano capoluogo: Ammirati Edoardo, Basini Filippo, Bonamino Viola, Capurro Leonardo, Ciardi Tommaso, Costa Soraya, Firenze Alessia, Gabetti Gaia, Garcia Erlianis Jimenez, Gra-

vati Leonardo, Mancini Samanta, Martini Marina, Palumbo Sara, Rolla Asia, Sani Serena, Sommella Davide, Vicini Filippo (classe III A dell’Istituto Comprensivo di Prati di Vezzano, plesso di Vezzano Capoluogo). Il dirigente scolastico è la Dottoressa Re-

becchi Mariangela; gli insegnanti tutor che hanno seguito i ragazzi nella raccolta delle informazioni e nella realizzazione del lavoro sono le Prof.sse Rossinelli Manuela e Ferdeghini Francesca. La poesia “Mondi paralleli” è stata creata dall’alunno Davide Sommella.


CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 23 FEBBRAIO 2012

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Scuola Media

«Formentini» LA SPEZIA

“Educazione ai rischi naturali” Alluvioni, frane, incendi e terremoti: una questione di sopravvivenza IL RISCHIO naturale è legato al verificarsi di eventi quali alluvioni, frane, incendi e terremoti. Lo abbiamo imparato aderendo al progetto “E.Ri.Nat.” (Educazione ai Rischi Naturali), a cui hanno partecipato le classi terze del nostro Istituto Ubaldo Formentini, anche in seguito agli avvenimenti meteo eccezionali che hanno riguardato recentemente la nostra provincia e la nostra regione. Per sapere qual è la percezione del rischio, in particolare dovuto a dissesto idrogeologico, relativo all’ambiente in cui viviamo, abbiamo intervistato un campione di 40 persone di varie età, residenti principalmente nella zona est della nostra città, che costituisce il bacino di utenza privilegiato del nostro istituto. I risultati sono stati particolarmente interessanti. È emerso che la maggior parte degli intervistati non si aspettava che in Liguria potessero avvenire alluvioni catastrofiche come quelle verificatisi a ottobre-novembre con esondazione di torrenti, frane, smottamenti e interi paesi distrutti dal fango e dalle acque. La prima tra le cause individuate

INDAGINE Quale è la percezione del rischio?

per spiegare la distruzione è la costruzione in luoghi non idonei (troppo vicino al letto di fiumi e torrenti), a seguire il disboscamento, la scarsa o mancata pulizia degli alvei fluviali, le piogge troppo concentrate e il clima “impazzito”, la manutenzione inade-

guata degli argini e la canalizzazione erronea delle acque, la mancanza di controlli adeguati da parte delle autorità preposte e in generale degli atteggiamenti irresponsabili da parte dell’uomo. Circa l’ottanta per cento degli intervistati si sente sicuro in città

ma ritiene pericolose le zone collinari e i quartieri vicino alle colline, perché a rischio frane e smottamenti o anche incendi boschivi. In generale i nostri intervistati hanno dichiarato a rischio anche le aree vicino ai canali cittadini, per il pericolo di esondazione. Per quanto riguarda i comportamenti da adottare in caso di allerta meteo dovuta a piogge intense, questi sono i maggiormente indicati: non andare per strada e non usare l’auto, ripararsi ai piani superiori degli edifici ove necessario, se si è all’aperto cercare riparo in luoghi elevati ed evitare le situazioni di pericolo come soffermarsi sui ponti o lungo le passerelle. I risultati dell’intervista ci inducono a credere che, sebbene ci sia una consapevolezza diffusa circa il fatto che l’uomo stia sfruttando troppo e talvolta in maniera dissennata l’ambiente, tuttavia spesso i rischi che ne derivano siano sottovalutati e ci si renda conto dei pericoli troppo tardi. Bene invece sul fronte dei comportamenti da tenere in caso di emergenza. Evidentemente l’esperienza insegna!

TEMPO REALE LE IMMAGINI DI QUANTO STAVA AVVENENDO CHE HANNO FATTO “IL GIRO DEL MONDO”

Quando l’informazione corre sul web

PROVA I ragazzi sulle scale di sicurezza

SE PENSIAMO alle alluvioni di ottobre e novembre, abbiamo ancora negli occhi i video di chi si trovava sui luoghi del disastro e ha documentato in tempo reale quanto stava avvenendo. Una volta caricate sul web, queste immagini hanno fatto “il giro del mondo”. Il modo di vivere l’informazione in questi ultimi anni è cambiato radicalmente perché il web ci consente di avere informazioni costantemente aggiornate. Inoltre possiamo contribuire noi stessi a creare l’informazione e all’occorrenza improvvisarci “reporter” non professionisti, come è capitato a chi si è trovato a filmare i fiumi di fango che hanno invaso Vernazza e Monterosso. Ci sono poi siti che è bene memorizzare tra i preferiti del nostro internet browser. Ad esempio il sito

della Protezione civile e quello della Prefettura. Qui possiamo scoprire se è stata diramata qualche allerta meteo sul territorio e le misure di prevenzione da attuare in caso di situazioni di rischio potenziale. Ad esempio, in seguito alla scossa sismica che il 27 gennaio è stata avvertita distintamente nella nostra provincia e che aveva come epicentro alcuni comuni del parmense, la prefettura ha pubblicato online un prontuario di comportamenti da tenere prima, durante e dopo il sisma, visto che allo stato non è possibile prevedere se seguiranno altre scosse. Il web si sta quindi rivelando un efficace mezzo per tenersi costantemente informati e per non farsi cogliere impreparati in caso di eventi naturali con cui dobbiamo imparare a convivere.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata redatta dalla classe III H dell’Istituto Ubaldo Formentini Arena Elena, Baldacci Cristiano, Bancone Chiara, Barile Niccolò, Bernabò Micol, Bertoli Alessandro, Camporzano Jorge Joshua,

Capodicasa Rossella, Chiesa Luca, De Angelis Paola, D’Imporzano Elia, Gagliardelli Greta, Giorgi Sabrina, La Ferla Nicholas, Lerici Laura, Marrone Maria Rosaria, Montini Nikolas, Pesce Francesca, Porto Ales-

sia, Raineri Gianmarco, Raineri Nico, Ravani Lorenzo, Rossi Jacopo, Tartaglione Leonardo, Zilioli Matteo. Docenti tutor prof. sse Ceci Giulia, Remagni Gloria, Ruschini Silvia Dirigente Maria Rosaria Micheloni.

COMPORTAMENTI

Le regole da non dimenticare QUALI sono le regole d’oro da seguire in caso di calamità naturale? Gli esperti dicono che prima di tutto bisogna mantenere la calma. Come insegna l’esperienza farsi prendere dal panico può creare situazioni di pericolo per noi o per chi ci sta attorno. È poi importante attenersi alle indicazioni fornite dalle autorità competenti. Ad esempio, se ci riferiamo all’esperienza scolastica, noi ragazzi sappiamo quali sono le procedure da seguire per evacuare velocemente l’edificio. Al segnale d’allarme convenuto gli alunni e l’insegnante di classe si portano verso il punto di raccolta, uscendo dall’edificio tramite le scale o l’uscita di sicurezza. La fila segue un ordine preciso e ci sono compagni che hanno l’incarico di aprirla (apri fila) e di chiuderla (chiudi fila). L’insegnante poi provvede a fare l’appello, portando con sé il registro, per verificare che non ci siano persone rimaste all’interno. In caso di sisma, dobbiamo metterci prontamente sotto i banchi o la cattedra, cercare riparo sotto il muro portante e aprire la porta, perché dobbiamo tenere aperta una via di fuga in caso di scosse successive. È bene anche riparare la testa con le mani e tenersi lontano dagli oggetti che possono rompersi, come i vetri delle finestre o crollare, come le scaffalature. Una volta all’aperto bisogna tenersi lontano dagli edifici, perché possono staccarsi pezzi di cornicione, intonaco o tegole. Né bisogna ostacolare i soccorsi. Ad esempio bisogna limitare le telefonate per non sovraccaricare inutilmente le linee telefoniche.


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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 28 FEBBRAIO 2012

Scuola Media

Mario Fontana LA SPEZIA

E per noi è «Crossing borders» A scuola nessuno è straniero: la ricchezza di avere il “mondo in classe” RIFLESSIONI

Festa delle forze armate nel 150˚ l’Unità condivisa 4 NOVEMBRE 2011: si celebra la Giornata delle Forze Armate in un anno speciale, il 150˚ anniversario dell’Unità nazionale. Alla Spezia festeggiamenti in grande stile. Infatti, in Piazza del Marinaio si è svolta la cerimonia di deposizione delle corona presso il monumento ai Caduti, mentre in Piazza Chiodo, l’alza bandiera, alla quale hanno partecipato le locali istituzioni, le compagnie militari interforze, comuni cittadini interessati e le rappresentanze delle varie scuole. Un drappello di soldati spara delle “salve” come saluto, la bandiera viene portata da un marinaio donna accanto all’asta dell’antico Arsenale Militare, poi, mentre la banda della Marina suona l’inno di Mameli, il tricolore sale lento, sventolando. È un’immagine meravigliosa, che rimarrà indelebile nella nostra mente: è stato come uno squarcio di sole nel cielo grigio e piovoso di quella mattina, che ci ha trasmesso un forte brivido, ma anche un forte senso di unità e sicurezza, che hanno potuto assaporare anche i nostri compagni stranieri. Abbiamo tutti compreso come il tricolore rappresenti la libertà conquistata dal popolo italiano: esso è concreto simbolo di unità di uno stato che trova la propria identità nei principi di giustizia, uguaglianza e fratellanza, non solo fra la sua gente, ma anche nell’accogliere l’ ”altro”.

LA NOSTRA classe è un piccolo mondo dentro un altro, un universo parallelo che talvolta si scontra, ma quasi sempre si incontra. Siamo la più evidente rappresentazione dell’affermazione “il mondo è bello perché è vario”. E proprio come il mondo è pieno di storie, lingue, colori, nazioni, religioni, culture, anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo potuto conoscere ragazzi provenienti dall’ Albania, dal Marocco, dalla Russia, e perfino dalla Repubblica Domenicana. Sono state proprio le differenze fra noi gli ingredienti nell’incontro educativo quotidiano, che ci hanno sollecitato a conoscere e valorizzare la storia di ciascuno. Ora, quasi alla fine del nostro percorso, siamo veramente consapevoli che la scuola è stata per tutti noi un luogo di incontro privilegiato per apprendere ed acquisire insieme una cittadinanza responsabile vissuta nella pluralità. In questi tre anni, oltre ad aver lavo-

REDAZIONE Il mappamondo internazionale in classe

rato sulla nostra identità, grazie a questa particolare configurazione, abbiamo avuto l’occasione di svolgere un’attenta riflessione sui valori e i simboli di alcuni popoli: canti, preghiere, inni nazionali,

bandiere, tradizioni, usanze, rimanendo affascinati e colpiti dai contenuti diversi ma uguali che legano un paese all’altro, facendoci sentire così cittadini del mondo. Inoltre, siamo orgogliosi che la

nostra scuola ci abbia dato, in questi anni, l’opportunità di partecipare a stage linguistici per favorire il contatto diretto con realtà socio-culturali e linguistiche diverse per promuoverne la comprensione e la valorizzazione e di partecipare al progetto Comenius, che vede coinvolti quattro paesi: Italia, Regno Unito, Danimarca e Turchia. Esso si prefigge di far lavorare noi ragazzi con coetanei di altri paesi per sviluppare in noi la consapevolezza delle differenze, ma anche delle somiglianze e dei valori che accomunano popoli diversi. Infatti riteniamo che lo studio delle lingue, al giorno d’oggi, sia indispensabile per comunicare con l’altro, perché il mondo globalizzato, ha come conseguenza quella di legare le vite di popoli che possono sembrare lontani. Ma questa, secondo noi, è una conseguenza positiva, che ci porta ad essere pienamente partecipi dell’umanità.

INTERVISTA QUANDO L’ARTE DIVENTA INTEGRAZIONE E IL LINGUAGGIO GESTUALE UN FATTORE UNIFICANTE

Nel «magico» atelier di Gianna Taverna LA PASSIONE, l’interesse e l’apertura verso gli altri hanno portato l’arteterapeuta Gianna Taverna a dar vita al progetto di rete «Arte, strumento per crescere». Ci siamo improvvisati giornalisti e, nel suo magico atelier, abbiamo intervistato l’esperta che da oltre dieci anni si occupa di integrazione. Nel suo studio si lavora in assoluta libertà, i gruppi sono misti, l’integrazione è spontanea, il linguaggio gestuale diventa un fattore unificante che non esclude nessuno. Il lavoro è molto emozionante e coinvolgente, difficile da descrivere a parole. Ecco i punti salienti. Da quali paesi provenivano i ragazzi?

MANIFESTO Le molteplici forme del vivere insieme

Ecuador, Colombia, S. Domingo, Argentina, Filippine, Tonga, Marocco, Algeria, Tunisia, Senegal… dall’Europa dell’est, ma anche da Cina, Thailandia e Bangladesh. Da tutto il mondo! Come comunica con i ragazzi stranieri?

La difficoltà più grande è trovare il modo giusto di

lavorare con la persona, legato all’approccio iniziale piuttosto che alla lingua parlata. Si è mai affezionata a un ragazzo o una ragazza?

Ci sono molti ragazzi ai quali mi sono affezionata, mi cerano anche quando la scuola per loro è finita. Sono rapporti belli, partiti da situazioni spesso tristi. È difficile lavorare con i ragazzi stranieri?

Non sono più una novità, all’inizio erano pochi, oggi sono la normalità. Le difficoltà dei ragazzi stranieri sono spesso le stesse dei ragazzi italiani, perlopiù legate a situazioni di disagio e non alla specificità di “essere stranieri”. Qual è il ricordo più bello del suo lavoro?

Domanda impegnativa. Sono tanti i ricordi intensi e commoventi. I protagonisti sono i ragazzi che, giorno per giorno, accettano la sfida della loro crescita e la affrontano con coraggio e passione.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata ideata e poi redatta dalle ragazze e dai ragazzi della Classe III B della Scuola Media «Mario Fontana» della Spezia. Questi i nomi dei piccoli redattori in classe: Bianchi Caterina, Biggi Artiom, Bordigoni Mattia, Brandi Sharon, Brunetti Luca,

Camparini Jiulia Cela Kejdi, Citarrella Francesco, Delaj Xhejsi, Di Valentino Mattia, Gardoni Denise, Genuario Felice, Gianelli Michele, Golinelli Emanuele, Hafid Abdesammad, Izzo Andrea, Llesci Kristiana, Ndou Edmira, Shollo Oltensia, Sulcaj Lorent, Tushaj Dajana, Valentino Mario,

Valentino Rossella. Gli insegnanti tutor sono la Prof Anna Brivonese, la Prof Silvia Marciasini e la Prof Valentina Andaloro. La Dirigente scolastica è la Prof Maria Rosaria Micheloni.


CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 28 FEBBRAIO 2012

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Scuola Media

P. Mantegazza SAN TERENZO

Commercio libero o liberalizzato? I negozianti santerenzini alle prese con la crisi e con la concorrenza ULTIMAMENTE a San Terenzo si fa sentire la crisi dei piccoli negozianti per la concorrenza sempre più spietata dei supermercati che stanno aperti alla sera e anche alla domenica. Abbiamo intervistato vari genitori che hanno in paese un’attività commerciale oppure loro amici o parenti stretti che operano sempre in tale settore. Non tutte le opinioni sono state concordi: ci sono quelli che non temono la competizione dei grandi supermercati perché i loro esercizi hanno un’alta specializzazione e chi invece vede nei centri commerciali un grosso scoglio per la sopravvivenza del piccolo commercio. In generale gli intervistati sono stati concordi nel ritenere che il negozio a conduzione familiare punta tutto sulla qualità perché in genere si appoggia a piccoli laboratori artigianali. Un dolce fatto da un pasticciere con ingredienti freschi è decisamente migliore di uno confezionato a livello industriale con componenti di minore qualità. I grandi punti di vendita sono avvantaggiati dall’orario continuato

ORARI Impossibili o compatibili: «E io quando dormo?»

e da un maggior tempo d’apertura, da una più vasta offerta di prodotti e anche dalla possibilità di farsi pubblicità. I piccoli negozianti però sono protetti da leggi che impediscono di aprire troppi centri commerciali sullo stesso territorio.

Il commercio minuto deve fare i conti con le sue poche risorse di forza-lavoro (in genere, in un negozio lavorano il titolare e una o due altre persone, che il più delle volte sono dei famigliari), mentre nelle medie e grandi realtà i disagi sono dei dipendenti che sono

costretti a lavorare a turno anche in giorni estivi. È vero che ci sono grossi centri che promuovono progetti di tutela dell’ambiente o di mercato equo e solidale, ma il piccolo commerciante, secondo gli intervistati, è quello che più di tutti difende i prodotti locali e artigianali. Fra gli operatori che ci hanno dedicato un po’ del loro tempo: Vittorio Curci, pizzaiolo di “Entragià”, che ha ricordato la penalizzazione delle attività a causa dell’istituzione delle Zone a Traffico Limitato, Massimiliano Rolla, che ha banco di pescheria e peschereccio al molo di Lerici, Angela Bertella barista, Paolo Bertella, ristoratore, Lamberto Maccari, barista, Federica Maccari, negoziante nell’abbigliamento, Marzio Buonanno, yogurtiere, Tiziana Solari, gelataia, Gianni Mencacci, rosticciere, Manuela Roversi, rosticciera, Leandro Collini, barista, Sabrina Melani, ristoratrice, Francesco Canale, impresario edile, Leonardo Mazzi, gestore dello stabilimento balneare “Colombo” e dell’albergo “San Terenzo”. Tutti genitori, zii o amici di famiglia dei ragazzi della classe prima.

LE INTERVISTE DUE CIBI FONDAMENTALI: PANE PER IL CORPO E CULTURA PER LA MENTE

C’è chi se ne è andato e chi è restato...

NUTRIMENTI Pane per il corpo e cultura per la mente

STEFANO Conti aveva un avviato forno a San Terenzo ma si è trasferito a Follo. Perché te ne sei andato? Per la scelta fatta di chiudere ai cittadini non residenti l’unica strada di accesso del paese (allora chiusa tutto l’anno); molti miei clienti hanno scelto, con dispiacere, di utilizzare panifici di più facile accesso. Che differenza c’è nel tuo lavoro tra San Terenzo e Follo? I prodotti che realizzo sono i medesimi ma cambia la clientela, fatta di giovani famiglie a Follo, mentre a San Terenzo d’inverno ci sono in prevalenza anziani e in estate turisti mordi e fuggi. A Follo il lavoro è ben ripartito per tutto l’anno e non è necessario stare aperti anche la domenica, così posso godermi di più la famiglia.

Lorenza Lupi, libraia: Ti ha penalizzata la liberalizzazione delle aperture domenicali? No, in quanto i miei clienti preferiscono il contatto diretto, umano con il piccolo commerciante, il fatto di poter chiacchierare sugli ultimi libri e chiedono consigli. Pochi sono quelli che infilano nel carrello della spesa, con frutta e verdura, anche l’ultimo best-seller. Sicuramente in città si risentirà di più della concorrenza, rispetto al nostro paese. Che pensi dei tablet che stanno sostituendo libri e carta? Sono allergica a queste novità, perché non si possono sostituire il profumo dell’inchiostro e le pagine del libro con il tocco di un vetro. È meraviglioso vedere libri amati in una libreria. Ma dovremmo riciclare di più, per tagliare meno alberi.

REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti della prima classe della Scuola Media «Paolo Mantegazza» di San Terenzo. Ecco i loro nomi: Matteo Basta, Francesca Biso, Virginia Bracco, Pietro Bragazzi, Federico

Buonanno, Rosamaria Canale, Jacopo Collini, Nicolò Conti, Mattia de Ceglia, Nicolas Del Freo, Chiara De Maria, Francesco Di Benedetto, Ilham El Hasnaoui, Simona Frincu, Andrea Gubertini, Matteo Luchini,

Federico Maccari, Francesco Mencacci, Andrea Montanini, Kirsia Paulino, Fabiana Riera, Lorenzo Rolla. Insegnante tutor Maria Luisa Guigli Eguez. Dirigente Ileana Bacchini.

CONGRESSO

Famiglia riunita perlomeno alla domenica IL MOVIMENTO Cristiano Lavoratori sta preparando il settimo incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Milano dal 29 maggio al 3 giugno prossimi. Ne segue i lavori il santerenzino Amerigo Lupi, uno degli storici fondatori del Movimento negli Anni Settanta, eletto per acclamazione presidente regionale della Liguria il 20 novembre scorso. C’è un appello dell’MCL ligure e toscano che riguarda le aperture selvagge dei negozi: in cosa consiste?

Sono anni che ci battiamo perché il lavoro festivo sia effettuato solo per comprovate necessità tecniche, per rilevanti esigenze di servizio alla collettività o per ragioni di significativa utilità pubblica: ci sono lavori, come quelli negli ospedali, che non possono interrompersi mai, ma il commercio può fermarsi.

Perché è così importante avere questo giorno di riposo comune a tutta la famiglia?

Ogni individuo sviluppa la propria dimensione personale attraverso le relazioni affettive e la partecipazione alle aggregazioni sociali. Per coltivare buoni rapporti le persone hanno bisogno di un tempo comune di astensione dal lavoro: genitori e figli hanno il diritto di avere un giorno alla settimana da dedicare allo stare insieme, non solo fra di loro ma anche con nonni, parenti e amici. Questo è un valore imprescindibile che ha radici millenarie nella storia e nella cultura europee: la domenica è il giorno della famiglia riunita e dà senso al lavoro di tutta la settimana.


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CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 1 MARZO 2012

Scuola Media

«D’Acquisto» FOLLO

«Intrusi» a casa: guerra o pace? L’arrivo degli immigrati divide l’opinione pubblica italiana IMMEDESIMAZIONI

Frammenti di vita... immaginata!

MI CHIAMO... anzi nessuno mi chiama per nome. È una storia triste la mia, non è come essere in una favola dove si sistema tutto, ma è giunto il momento di rivelarvi la maledetta realtà... Del viaggio ricordo poco o niente: i miei ricordi sono offuscati ma sono sicuro di essere stato prima su un camion con altri clandestini per giorni e poi di aver viaggiato su una nave piena di merce umana; questo siamo diventati, corpi ammassati come bestie... Si stava strettissimi e molta gente è morta durante quel viaggio. Ero spaventato perché non sapevo che fine avremmo fatto... Ci avvicinavamo sempre di più, finalmente i miei piedi hanno toccato terra: «Che liberazione!»... Il centro di accoglienza...un campo di sofferenza e dolore; ovunque povere famiglie sdraiate per terra su una coperta: piangevano, si guardavano intorno con occhi smarriti alla ricerca di uno sguardo amico... La differenza più grande fra me e gli altri è che io ho la pelle nera come il carbone, sembro proprio uno spazzacamino. Per questo ho timore che la gente mi disprezzi... Essere diverso per me è sentirmi diverso e mi toglie ogni speranza. Ti considerano solo se sei qualcuno, se non sei nessuno ti stanno alla larga... Oggi il mio sogno è stato coronato dalla mia determinazione e dal mio coraggio, ora le persone mi accettano per quello che sono. Essere diverso significa sentirsi parte di un mondo vario.

ESPRIMEREMMO le nostre congratulazioni a chi ha appena ricevuto fratelli o sorelle, ma in realtà parliamo di immigrazione. Siamo solo un microscopico pezzo del puzzle che compone l’Italia e che esprime una delle numerose opinioni sugli atteggiamenti verso gli immigrati: gruppi di persone che raggiungono un nuovo Stato, dopo aver lasciato il loro Paese. In questi ultimi anni una miriade di immigrati ha scelto l’Italia come approdo della speranza e, pur di raggiungerla, ha viaggiato su sporchi scafi inaffidabili, in condizioni di vita estremamente misere e precarie. Tali “viaggi” sono affidati troppo spesso a “trafficanti di uomini” che consentono agli immigrati di superare in modo clandestino le nostre frontiere; l’illegalità è ormai il modo abituale di introdursi in casa nostra. Gli immigrati possono dividersi in tre gruppi: profughi, rifugiati politici e, principalmente, clandestini. Si è calcolato che circa il 3%

FATTI E OPINIONI L’immigrazione è un problema globale

della popolazione mondiale è soggetta alle migrazioni, che ci sono sempre state e per gli stessi motivi: povertà, difficoltà economiche, crisi politico-sociali e conflitti etnico-religiosi. L’immigrazione è un problema globale: in tutti i luoghi e in tutti i tempi è stata il perno nella storia

dell’umanità. Anche oggi in tutti i Paesi sono presenti degli immigrati, “buoni” o “cattivi” che siano. Secondo noi però non esistono immigrati “cattivi” ma solo persone che lo diventano perché soggette allo sfruttamento. Essi, sentendosi un po’ come una ruota di scorta, assumono atteggiamen-

ti distruttivi e si mettono, così, in cattiva luce. Afghani, marocchini, albanesi, rumeni e altri vengono ospitati per poi derubare, violentare, sottrarre lavoro agli altri e portare droga. Ecco come li vedono gli italiani razzisti che non fanno distinzioni tra gli immigrati; li odiano tutti perché vivono la diversità e lo straniero, in generale, come il male che affligge il mondo. Non potrebbero, invece, costituire un’opportunità per far rifiorire alcuni settori dell’economia in crisi? Non sono proprio quegli italiani xenofobi a rifiutare quegli onerosi ed umili lavori svolti oggi unicamente dai cittadini extracomunitari? Non potremmo aprirci ad una visione multiculturale della società? Intolleranza, odio, ostilità, rifiuto e aggressione oppure rispetto, accoglienza, condivisione ed arricchimento reciproco per l’integrazione e la convivenza pacifica? In sintesi: guerra o pace? La risposta siamo noi a darla. Chi ha orecchi per intendere, intenda!

ESPERIENZE QUANDO GLI IMMIGRATI SUPERANO LE LORO DIFFICOLTÀ RELAZIONALI E COMUNICATIVE

La scuola in prima linea per l’integrazione

A SCUOLA Una percentuale consistente di stranieri

LA NOSTRA è una delle scuole spezzine con una percentuale consistente di stranieri. Abbiamo così intervistato alcuni compagni. Quando sei arrivato/a in Italia? Florin (Romania): agosto 2011. Julia (Bielorussia) a 8 anni, nel 2003. Youssef (Marocco) dicembre 2011. Vitaly (Russia)luglio 2008. Quali sono state le tue difficoltà? F: la lingua. J: arrivata in Italia ero molto impaurita. Abituata alla realtà dell’orfanotrofio in cui sono cresciuta, pensavo che i miei genitori adottivi potessero picchiarmi e non riuscivo a esprimermi. Y: sono da poco in Italia, non so né scrivere né parlare e ho difficoltà a comunicare. V: dopo esser diventato cieco ho dovuto affrontare diversi problemi e utilizzo altri mezzi per studiare. Come le hai affrontate? F: vedendo film, telegior-

nali e navigando su internet. J: ho imparato la lingua dai miei genitori adottivi. Y: imparo l’italiano frequentando la scuola e corsi per stranieri. Come ti sei trovato con i nuovi compagni? F: i primi giorni mi prendevano in giro, poi mi sono integrato grazie all’aiuto dei compagni e degli insegnanti. J: dapprima mi sentivo inferiore, pensavo di essere meno intelligente ma, imparando dai miei coetanei, ho scoperto le mie capacità. Y: ero felice di iniziare la nuova scuola e i compagni mi hanno dato il benvenuto. V: la classe è come una seconda famiglia, mi sento a casa. Vorresti tornare nel tuo paese? F: per salutare i miei amici. Y: alla fine degli studi. J: no, mi sono trovata male all’orfanotrofio. V: sì ma solo per salutare la mia assistente e i compagni.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata ideata e redatta da studenti delle classi II B, III A e III B dell’Istituto comprensivo «Salvo d’Acquisto» di Follo. Questi i componenti della redazione in classe: Dania Balestracci, Giacomo Barto-

lacci, Marina Bertano, Ginevra Bresciani, Alice Cannarsa, Aurora Carassale, Serena Casale, Giulia Cecchinelli, Camilla Cozzani, Edoardo Cremente, Ilaria Ferone, Elena Francini, Erica Osvildi, Ludovica Palì, Matteo Ronzano, Andrea Celeste Savi, Ga-

ia Scirocco, Alice Spinozzi, Barbara Ventre, Giorgia Zangani. Il dirigente scolastico è il professor Paolo Manfredini. Le docenti tutor sono le professoresse Elena Gabrielli Barsanti, Maria Cristina Lupoli e Aurora Zito.


CAMPIONATO GIORNALISMO

GIOVEDÌ 1 MARZO 2012

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Scuola Media

«Jean Piaget» LA SPEZIA

Quelli che… il teatro lo fanno a scuola Il valore di un’esperienza di anni dalla sceneggiatura alla rappresentazione IL TEATRO, sembra essere diventata una forma d’arte per pochi, in eterna competizione con cinema e televisione, che tendono a uniformare personaggi e storie, ma anche i gusti degli spettatori. Il teatro punta invece sulla diversità, vissuta come un valore. Recitare un ruolo e dare voce a un personaggio in scena significa incontrare da vicino l’altro, esprimere qualcosa che è diverso e lontano da noi. Non c’è un “modello”, da cui prendere ispirazione; essere se stessi è il vero valore perché solo chi si conosce riesce a calarsi nei panni del personaggio e a dargli vita e originalità. È utile fare teatro a scuola, perché aiuta a compiere un viaggio dentro se stessi , a vivere insieme agli altri, ad acquisire fiducia in se stessi, valorizzando le diversità. Proprio per l’importanza che racchiude, presso la nostra scuola è attivo dal 1987 un laboratorio teatrale, nato, nell’ambito del tempo prolungato, come attività pomeridiana a classi aperte a tutti gli alunni che desiderano partecipare .Le insegnanti responsabili sono Giovanna Accialini e Rossana Cola, che è stata per 20 anni la conduttrice del laboratorio teatrale e che, no-

PALCOSCENICO Una scena da “Eravamo… figli della Luna”

nostante sia andata in pensione, continua a lavorare, anche se gratuitamente, nel nostro laboratorio. Alla scuola non sono così venuti a mancare la sua professionalità e la grande passione che riesce a trasmettere agli alunni, coinvolgendo anche quelli dal carattere

più difficile. È solita dire che i suoi migliori insegnanti sono stati proprio i suoi ragazzi, il loro entusiasmo e la loro fantasia. Importante, per il nostro laboratorio, è la partecipazione a concorsi o rassegne provinciali, interregionali o nazionali per giovani, per

creare occasioni di confronto o discussione con altri gruppi scolastici. Per 9 volte i ragazzi di teatro hanno superato la selezione del Concorso Marinando, vincendo, nel 2005 e nel 2011,la Coppa del Presidente della Repubblica, il maggior riconoscimento di questa manifestazione. Dopo aver scelto la trama di base e decisa la suddivisione in scene, i ragazzi vengono invitati a interpretare la parte aiutandosi con la fantasia e la loro spontanea capacità di improvvisazione. Le scene vengono ripetutamente provate, quindi viene fatta una scelta delle migliori battute che, infine, vengono riportate per scritto. Creare il copione diventa un gioco…. da ragazzi, infatti la costruzione della storia tocca agli attori che dovranno recitarla, che non imparano a memoria delle battute, ma costruiscono, modificano, perfezionano, quasi ogni volta, i dialoghi o i monologhi. Chi è sul palco recita le battute che lui ha contribuito a creare I materiali usati per le scenografie sono sempre di recupero, i ragazzi fanno tutto da soli sotto la guida dell’insegnante, cercando sempre di limitare le spese usando materiali poveri o riaggiustando vecchie scenografie.

MARINANDO E IL SUCCESSO ARRIVA CON LA COPPA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

«Eravamo… figli della luna» omaggio all’Unità d’Italia

NOI PRIMI L’ambito premio: la targa del Presidente

A SETTEMBRE i nostri compagni del Laboratorio di Teatro, accompagnati dalle prof Cola e Accialini hanno raggiunto Ostuni (BR) per la finale della XVI˚ edizione di “Marinando”, concorso nazionale indetto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, per sensibilizzare i giovani sui problemi del mare. È stata un’esperienza unica e irripetibile con escursioni, prove e spettacoli, incontri e tanto divertimento. Già essere arrivati alla finale, data la vasta platea di scuole, costituiva una grande soddisfazione. Nessuno sperava di ottenere un’altra ricompensa, invece la nostra scuola è arrivata prima, premiata con l’ambita Coppa del Presidente della Repubblica. La commedia, «Eravamo figli della luna», che i nostri 25 compa-

gni hanno messo in scena, è in dialetto spezzino e affronta, anche se non in maniera diretta, il tema dell’Unità d’Italia. I ‘figli della luna’ sono i pescatori spezzini, così chiamati per la forma del nostro Golfo, che dopo la metà dell’800 si confrontano con le famiglie di pescatori siciliani trasferiti alla Spezia. Dopo un’iniziale diffidenza, le due comunità si avvicinano sempre di più fino a scambiarsi i segreti della pesca e della conservazione delle acciughe. Anche l’amore – che sboccia tra i giovani delle due comunità – dà un forte contributo ad abbattere i muri della paura e del sospetto fra i due gruppi. La lotta tra i pescatori spezzini e siciliani si conclude unendo piccioli e palanche per comprare un peschereccio a cui daranno nome Italia.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata ideata e redatta dalle ragazze e dai ragazzi della redazione «FuoriClasse» della scuola media «Jean Piaget» che da anni vede attivo il laboratorio di giornalismo. La redazione di «Fuori-

classe» è formata da Bertoli Federico,Feola Ekaterina, Fontanelli Luca, Mangora Carmen, Scatta Isa, Tota Omar, Codeglia Gabriele, D’Auria Davide, Agotani Jacopo, DelVigo Filippo,Gianardi Diletta, Marchet-

ti Greta, Oniboni Giulia, Pellegrotti Caterina e Venturini Martino. Tutor sono la Prof. Giovanna Calani e laProf. Mariateresa Natale. Dirigente scolastico Antonella Minucci.

INTERVISTA

Il magico mondo del palcoscenico ABBIAMO intervistato Isa Scatta, una delle ragazze che ha preso parte allo spettacolo. Perché fare teatro a scuola?

È un’ esperienza molto stimolante, ci si può esprimere con grande libertà. Ti permette essere un’altra persona e allo stesso tempo conoscere meglio te stessa. Puoi viaggiare nel tempo e nello spazio, ma soprattutto regala sensazioni incredibili prima, durante e dopo lo spettacolo. Quale importanza ha avuto per te questa esperienza?

Il teatro è stato una sfida, mi ha aiutata a trovare il mio spazio e ad interagire con persone completamente diverse da me, alle quali ho offerto il mio modo di essere e dalle quali ho ricevuto numerosi stimoli. In scena è la diversità ad unire e a dare vita ai personaggi, spesso differenti dalla nostra persona. Sul palco scompaiono i problemi personali, bisogna mettersi in gioco e lavorare tutti insieme in modo coordinato per raggiungere il risultato. Consiglieresti ad un adolescente di fare teatro?

Durante l’ adolescenza si può incontrare qualche problema nel relazionarsi con i coetanei, nel vivere pienamente la propria personalità. Spesso si ha paura del giudizio degli altri e si tende a rimanere nel proprio guscio e questo non accade solo alle “persone timide. Ebbene, il teatro aiuta a superare queste difficoltà o, comunque, a iniziare un percorso. Certo, bisogna lavorare molto, ma le risate non mancano mai.


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U. Formentini LA SPEZIA

Quando il mare ci sorride La cultura del Mediterraneo un linguaggio condiviso che accomuna IN NAVIGAZIONE

Ore 8: lezione di marineria ALL’INIZIO dello scorso anno scolastico, in occasione dell’importante manifestazione sulla Marineria che si sarebbe svolta a giugno, la nostra classe scendeva in campo, con i compagni di altre scuole, a rappresentare gli istituti scolastici del territorio per l’edizione 2011 del progetto “Mare Giovane”, proposto dall’associazione “La Nave di Carta”. Al termine di questo percorso, in maggio abbiamo compiuto la traversata nel nostro bellissimo Golfo, a bordo della goletta Oloferne. Tutto questo aveva uno scopo ben preciso: sensibilizzarci alla tutela e al rispetto dell’ambiente marino e accrescere l’interesse e la passione per il mare, per noi spezzini una delle principali risorse per la cultura e l’economia Il primo ad aprire le lezioni in classe, è stato il comandante Marco Tibletti, presidente dell’Associazione “La Nave di Carta”, presentandoci i momenti più importanti per la storia della navigazione. Sulla nostra Lim (la lavagna interattiva multimediale) scorrevano le immagini delle prime imbarcazioni, le zattere egiziane, e poi, seguendo lo sviluppo della tecnologia, i grandi bastimenti a vapore del XIX secolo, e infine i modernissimi yacht. Abbiamo inoltre imparato che l’azione esercitata dall’uomo sull’ambiente marino può definirsi buona e cattiva. Un impatto positivo l’hanno avuto le dighe, le opere di protezione, mentre negativa è stata l’utilizzo di alcune modalità di pesca. Tra queste ve ne sono alcune che trascinano via, estirpandola, molta vegetazione, creando danni a volte irreversibili.

LA STORIA delle genti vissute nei borghi rivieraschi si caratterizza per attività e mestieri, usi e costumi che le hanno indissolubilmente legate al mare. Anche nella nostra città Lo sviluppo della marineria ha origini così remote e radicate da essere sopravvissute anche dopo la costruzione dell’Arsenale Militare. Fra queste una delle più antiche è senz’altro la coltura dei mitili. Considerati l’oro nero delle popolazioni locali, molti barcaioli dopo la raccolta, ingaggiavano delle vere e proprie gare per raggiungere rapidamente la banchina e sbarcare i loro prodotti a terra. Questa sfida era importante poiché in gioco non c’era ancora un trofeo sportivo, bensì la possibilità garantirsi un guadagno sicuro. Oggi gli armi delle borgate disputano una gara importante, mettendo in campo la preparazione atletica dei loro vogatori, ma il senso di quell’antica sfida è ancora vivo. La tradizione, la comunicazione e la condivisione delle conoscenze sono alla base della mitilicoltura spezzina la cui origine risale alla fine dell’Ottocento. Ne è nata un’attività fiorente che ha continuato a prosperare fino a quel terribile 1973, quando

BORGHI DEL GOLFO Gli antichi mestieri legati al mare

un’epidemia di colera ridusse questa produzione del 50%. Quella che poteva rappresentare una crisi fatale, divenne invece un’occasione di rinnovamento perché da allora furono fissate severe regole igienico-sanitarie, si adottarono nuove strutture di ferro zincato e i fili di nylon che sostituirono definitivamente quelli fatti con l’er-

ba e i paletti di legno. Fu però soprattutto l’apertura dell’impianto di stabulazione a Santa Teresa, ancor oggi rinomato per l’avanguardia delle sue tecniche, a “dare la svolta”. Questo è soltanto uno degli antichi mestieri che, fioriti intorno agli inizi del Novecento sono giunti sino a noi carichi di quella sapienza antica che li ha re-

si interessanti anche ai nostri occhi. Nei cantieri navali di un tempo, una professione di spicco era rappresentata dall’ artigiano specializzato nella lavorazione del legno per la costruzione delle imbarcazioni. Un lavoro duro, che richiedeva doti indispensabili come una grande manualità e molta applicazione. Spesso il suo laboratorio era la spiaggia, altre volte costruiva direttamente nei bacini, e adoperava utensili che lui stesso fabbricava ed adattava secondo le diverse esigenze. Dopo averne stabilito le dimensioni e la stazza, e ancora la lunghezza e l’alberatura, preparava un disegno che riportava alle dimensioni naturali su una grande superficie, il più delle volte un pavimento imbiancato, quindi procedeva all’assemblaggio delle sagome della barca. A questo punto bisognava eseguire la calafatura, Si compattavano i pezzi e si fissavano con la pece calda, poi, dopo aver sigillato e saldato i vari incastri, si tappavano le eventuali fessure rimaste. Un’impresa davvero impegnativa, ma alla fine era sempre coronata dalla sensazione impagabile di contemplare quanto si era soltanto immaginato.

PASSIONE E VITA IN MARE L’ANTICO MESTIERE DI GENNARO PINDARO TRASMESSO AL FIGLIO FRANCESCO

Sapete come si costruiscono le reti da pesca?

LA VIGNETTA E’ antichissimo il rapporto tra uomo e mare

MOLTE delle nostre ricerche sono state possibili grazie alla gentilissima collaborazione di Gennaro Pindaro di Cadimare che da più di settant’ anni (ora ne ha 85!) dedica la sua vita al mare. Prima come pescatore e in seguito come riparatore e costruttore di reti da pesca, oggi vanta una clientela affezionata ma esigente, spesso proveniente da lontano, cosa di cui va molto fiero. Negli ultimi anni aiuta “da terra”, sistemando le reti strappate o costruendone di nuove, il figlio Francesco che ha ereditato da lui questo antico mestiere. I suoi preziosissimi consigli e i suoi aneddoti sono un esempio di come l’uomo, da sempre, è legato al mare e ai suoi capricci. Chi fa questo lavoro molto spesso non lo reputa ta-

le, ma un’arte i cui segreti sono tramandati per generazioni. Le “trame” sono filate con le agocelle, ossia aghi di plastica ( una volta di osso) di varie dimensioni. Inizialmente le reti erano di cotone e venivano tinte, ora invece sono di nylon, perché il materiale è più resistente. Queste sono acquistate nei retifici e il prezzo dipende dal peso. La parte portante delle reti, utilizzata per ottenere la forma voluta, è costituita da corde contenenti, al loro interno, materiale galleggiante o piombo , se necessita lasciarle sul fondo. Il punto in cui vengono fissate alle corde si chiama cavallino. La loro durata dipende dal materiale usato e, ovviamente, dall’impiego, ad esempio le reti utilizzate per pescare le acciughe durano all’incirca 8/10 anni, che a noi è parso decisamente un tempo da record.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata ideata e redatta dagli alunni della Scuola Media della Secondaria primo grado “Ubaldo Formentini”, Istituto ISA 7. Sono gli alunni della classe 3^ I ad aver formato la redazione dei giornalisti in classe. Ecco i loro nomi: Acerini Vida-

li Chiara, Batini Asia, Bennati Margherita, Bertolini Alessio, Biggio Luca, Ciacci Federica, Cipriani Beatrice, Evangelisti Alessio, Ferrante Marco, Garzella Gioele, Koka Gladiola, Lio Emanuele, Magnani Davide, Montecchio Laura, Paoletti Jonathan,

Picelli Beatrice, Villavicencio Andrea e Volpi Nicholas. I docenti tutor che hanno indirizzato e seguito i ragazzi sono i prof Abate Ambra e Ricciardi Laura. La Dirigente Scolastica è la prof Maria Rosaria Micheloni.


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Scuola Media

Dante Alighieri CASTELNUOVO MAGRA

Inseriamo Fido nel libro di storia Cani famosi e meno famosi. Piccoli, grandi eroi che non solo ci amano ALCUNE persone credono che la storia sia stata scritta da grandi uomini, non è proprio così. I testi scolastici non ne parlano ma molti animali hanno influenzato gli eventi. Siamo abituati a vedere cani protagonisti di telefilm come Rex o Lessie ma altri sconosciuti hanno dimostrato di essere nella realtà veri eroi, concorrenti reali di quelli cinematografici. In passato Pertas ha evitato che Alessandro Magno venisse ucciso da un elefante e in situazione diversa Rin-tin-tin ha salvato dalla bancarotta la casa cinematografica Warner-Bross. Anche Sigmund Froid, il più grande psicanalista della storia, possedeva un cane che percepiva lo stato d’animo dei pazienti e si dirigeva alla porta quando la visita era giunta al termine; un vero orologio. Chissà cosa pensasse dei pazienti con cui aveva a che fare il suo padrone? Negli Stati Uniti un labrador che faceva da cane guida per non vedenti salvò invece il suo padrone dall’attacco terroristico alle Torri Gemelle a New York. Il 21 Settembre 2001 gli fece strada per le

AMICIZIA Il cane di Gabriele

scale dell’edificio sino all’uscita attraverso il fumo e la polvere. Un pastore tedesco, che è stato addestrato per soccorrere il padrone durante le sue numerose crisi cardiache, è riuscito inoltre a chiamare il 112 ,facendo così intervenire i medici, ed Ettore, un setter ingle-

se di soli 7 mesi, ha salvato un intero palazzo dal rischio di esplosione di una bombola di gas. L’animale ha attirato l’attenzione con il suo abbaiare in direzione del balcone dove si trovava la bombola, facendola così notare. Anche nel nostro territorio alcuni

cani si sono messi in evidenza per aver aiutato persone in difficoltà e hanno contribuito ai soccorsi delle persone colpite dall’ultima alluvione. Leo e Natalina hanno avvisato i loro padroni del pericolo di una delle molte frane che hanno sepolto le Cinque Terre il 25 Ottobre 2011. Leo stava per essere soppresso in Serbia perché randagio, ma Pierpaolo Paradisi lo ha adottato e l’animale ha ricambiato il favore salvandolo dalla morte . Il cane ha intuito ciò che stava per accadere, ha percepito il pericolo e si è gettato in braccio al suo padrone obbligandolo a fermare la macchina. Davanti a loro una grossa frana si è staccata dal monte; pochi secondi e i loro nomi sarebbero stati inseriti nella tragica lista delle vittime. Natalina ha fatto altrettanto con la sua famiglia salvandola dal crollo della casa. La cucciola ha tirato fuori dall’abitazione la sua padrona Carla Tozzi, costringendola a vedere quel che stava per accadere e a porsi in salvo. Tutto questo ci dimostra che per «verità storica« dovremmo inserire nei testi scolastici anche i nostri eroi a quattro zampe.

ANIMALI TUTTO FARE CI SONO DAVVERO MILLE IMPIEGHI PER IL NOSTRO FIDO

Anche i nostri cani lavorano e non poco

AMORE I cani amano i loro padroni, prendiamo esempio

MOLTI nostri amici a quattro zampe non solo ci fanno compagnia, ma svolgono ruoli importantissimi nella società. Quante volte abbiamo incontrato poliziotti affiancati da fedeli e ubbidienti «agenti a quattro zampe», capaci di uguagliare l’attività umana e di essere di grande aiuto. L’ unico inconveniente è che raggiungono prima l’età pensionabile; lavorano solo per otto-nove anni. La Finanziaria non li tocca e ci fanno risparmiare perché al posto dello stipendio preferiscono deliziosi biscotti! Ci sono molti altri impieghi dove incontriamo i nostri amici: il cane per ricerche di materiali esplosivi, in grado di segnalare qualsiasi sostanza pericolosa, quello che guida i non vedenti nella vita quotidiana, quello così dolce e docile che assiste i disabi-

li e li aiuta a superare le difficoltà o quello che lavora per la protezione civile. Ci sono enti predisposti per l’educazione dei cani: il lavoro che svolgono è meticoloso, ma l’animale apprende in fretta. L’ addestramento del cane anti droga, avviene facendo vedere al nostro Fido un sacchetto con sostanze stupefacenti come se fosse un gioco da scovare e lui attraverso l’attività ludica apprende e ci aiuta a vincere la criminalità! L’elenco non termina, ci dimostra però quanto il cane sia importante: se non sapete nuotare, fatevi accompagnare da un bellissimo Terranova e se invece amate il fuori pista non dimenticate il San Bernardo. Noi avremmo bisogno di un amico per fare i compiti, chissà se il nostro Fido ci verrà incontro… noi ci proviamo.

LA REDAZIONE QUESTA PAGINA è stata redatta dalla 3A dell’Istituto Comprensivo di Castelnuovo Magra. Dirigente Luca Cortis, insegnanti tutor Melania Franciosi e Luca Braida. Gli alunni sono: Airaghi Giorgia, Benassi Da-

niel, Botta Federico, Filattiera Malfanti Eugenio, Gerini Gabriele, Ghiara Jessica, Giorgi Michele, Giuliani Jacopo,landucci Alice, Mazzoni Elia, Mignani Martina, Moccero Jlenia, Musetti Francesco, Petacco

Diego, Salvalaggio Daniel, Santos Mercedes Williana, Sergiampietri Maria, Sergiampietri Rebecca, Valletta Caterina, Valletta Simona, Valsuani Erika, Vatteroni Carolina, Viscusi Alessia

RIFLESSIONI

Non sia solo inchiostro LA normativa italiana tutela gli animali da compagnia e li difende da soprusi e violenze. Ancora oggi ci fanno raccapricciare le immagini che hanno girato per Facebook dove dei ragazzi per gioco maltrattavano un cagnolino. Sono pochi i randagi che nella loro strada incontrano Giuliana, la nostra bidella, e vengono raccolti dalla spazzatura, evitando una fine tragica. La legge 201 del 4 novembre 2010 sostituisce la n?189 del 2004 e aumenta le sanzioni per i reati di uccisione e maltrattamento degli animali, introducendo inoltre, il nuovo reato di traffico illecito degli animali da compagnia. Il commercio dei cuccioli è regolare quando le transazioni sono trasparenti e rispettose delle normative sanitarie. Piccoli cuccioli,provenienti per la maggior parte dai paesi dell’Est, vengono strappati fin dai primi giorni alla madre per essere trasportati in condizioni penose, al freddo o al caldo, nel nostro paese. Sono animali che hanno una breve prospettiva di vita e hanno come unica colpa quella di essere di razza e “oggetti del desiderio”spesso di piccoli bambini viziati . Per fortuna ora la legge protegge questi piccoli cuccioli con una multa che varia da 3000 a 15000 euro ed una reclusione da tre mesi ad un anno. La posizione legale del trasgressore si aggrava se i cuccioli hanno un età accertata inferiore alle dodici settimane. Speriamo che sia sufficiente a fermare queste insensibili persone.


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Scuola Media

Prati Vezzano VEZZANO LIGURE

Cambiare vita? Si può... Lavorare per consumare non rende felici. Lo sappiamo tutti, ma come uscirne? L’ALTERNATIVA

«Consumare» è un valore LA MAGGIOR parte della popolazione ha più oggetti di quelli necessari e nessuno di questi è utilizzato fino in fondo, anzi quasi sempre diventa spazzatura prima di essere stato veramente «consumato». Dopo essere stati usati gli oggetti di ogni tipo, diventati rifiuti, devono essere smaltiti, ma spesso vengono bruciati o seppelliti in discarica, causando talvolta gravi conseguenze alla salute. La cosa migliore da fare è riciclare i rifiuti. Il riciclaggio è il processo attraverso il quale si recuperano materiali di rifiuto per utilizzarli invece di smaltirli. Basta deporre negli appositi cassonetti il vetro, il metallo, le materie plastiche e la carta che usiamo ogni giorno, per riciclarli e usarli di nuovo. Così aiutiamo a conservare le risorse naturali della terra e l’economia. Una cosa ancora migliore sarebbe provare a produrre meno rifiuti. Oggi, nel mondo, si creano molti più rifiuti di quanto, in teoria, si dovrebbe. Gli imballaggi e le confezioni in generale, ad esempio, dovrebbero essere ridotti, perché spesso inutili. Una buona soluzione è quella di usare macchinari che riempiano diversi contenitori, portati dai clienti, con i prodotti desiderati, come già accade in alcuni punti vendita. Ma, soprattutto, sarebbe buona abitudine, come facevano i nostri nonni e come sta facendo anche chi non si vuole arrendere al consumismo sfrenato, utilizzare ciò che possediamo fino a quando è in grado di svolgere la funzione per cui è stato prodotto. Dovremmo cioè «consumare» di più, evitando così di logorare irrimediabilmente il nostro pianeta.

«ADESSO Basta», cosi é intitolato uno dei libri di Simone Perotti, l’autore che abbiamo incontrato il 6 ottobre 2011 in sala Dante, dove ci ha colpiti per la sua graffiante analisi sulla società moderna. Egli per diciannove anni ha fatto il manager: carriera in ascesa, ritmi di lavoro ossessivi, vita “sopra le righe” nel centro di Milano e l’obbligo di indossare giacca e cravatta. La vita di lusso però non lo appagava più, si era inaridito, eppure aveva dei sogni: scrivere e «andar per mare». Allora un giorno decise di cambiare... Lasciò il suo lavoro, acquistò con pochi soldi un rustico nella Val di Vara, nei dintorni di Bolano, e lo ristrutturò. Oggi si dedica solo alle sue passioni: scrivere e navigare, è un istruttore di barca a vela, e si mantiene con i proventi delle sue attività. Durante l’incontro lui ci ha dimostrato che, comprando solo l’essenziale e stando attenti ai prezzi, si può mangiare con poco meno di quattro euro al giorno. Ci ha anche raccontato che la pubblicità condiziona la nostra spesa mostrandoci una realtà della vita

IL MOTTO «Poco tempo per il lavoro e molto per la vita»

che non è vera, per esempio spot televisivi ci mostrano una famiglia «perfetta» a colazione, appagata dai frollini del tal marca, carica di energia per cominciare una nuova giornata. In realtà la pubblicità spesso induce ad acquisti inutili, a confondere il bisogno con il desiderio, ma il non assolvi-

mento dell’uno provoca dolore, dell’altro solo l’aumento del desiderio stesso. Così per acquistare il superfluo ci riduciamo a lavori non appaganti, convivenze difficili con colleghi non graditi e superiori odiati. Ma essendo omologati non osiamo cambiare. Simone ha adottato la teoria, ideata dallo

scrittore statunitense Jack London, «della linea di minor resistenza», ovvero ogni persona è come una pallina che corre su un piano inclinato, minor resistenza opponiamo ai nostri desideri più la vita scorre serena. Scoprire la propria rotta non è facile, dobbiamo chiederci chi siamo e che cosa vogliamo. Un fenomeno sociale che interessa milioni di persone nel mondo è il downshifting, lo stile di vita semplice, basato sulla scelta di molti professionisti di optare per una libera, volontaria e consapevole autoriduzione del salario, bilanciata però da un minore impegno in termini di ore dedicate all’ attività professionale, in maniera tale da godere di maggiore tempo libero. Questo è lo stile di vita che ha adottato Simone Perotti e del quale è orgoglioso. Il suo motto è «poco tempo per il lavoro e molto per la vita». Egli ci ha indotto a riflettere sulle nostre scelte, anche in vista dell’iscrizione alla scuola superiore, ma crediamo sia importante che questa filosofia di vita diventi un abito mentale.

COSTUME E SOCIETA’ RIUTILIZZARE OGGETTI IN BUONO STATO, UNO DEI MODI PER COMBATTERE LA CRISI

Il baratto: per molti questa è una soluzione

SCELTA Quando una filosofia di vita diventa abito mentale

SE NELL’ANTICHITÀ il baratto era indispensabile per la vita, oggi è un ottimo modo per far fronte alla crisi e combattere il consumismo. Si scambia di tutto e di più: dai doni di Natale non desiderati alle scatolette di tonno, dalle case in estate alla conoscenza di una lingua e alle prestazioni lavorative. Negli ultimi tempi si è affermata una particolare forma di baratto: il baratto su internet. Molti portali dedicati al baratto sono completamente gratuiti come: zerorelativo.it, baratto-online.com, babygreen.it, il virtuale.com, e-barty.it, scambiamoci.it, barattopoli.com, gqitalia.it Il baratto su internet è detto anche swapping, da swap, scambio, ed è una forma sempre più popolare di risparmio e recupero. I beni scambiati possono essere i più svariati, dagli indumenti, ai dvd, ai cd

musicali, a ogni tipo di oggetto e gadget. Lo scambio avviene registrandosi, inserendo i propri dati sul sito. A questo punto bisogna fotografare gli oggetti che vogliamo scambiare e caricare le immagini, aspettando le reazioni degli altri iscritti. Su molti siti, quando riusciamo a cedere un nostro oggetto, non dobbiamo necessariamente prenderne uno da chi ci ha contattati, ma accumuliamo crediti, spendibili in tutta la community, sugli oggetti che sono disponibili in quel momento. Su Facebook si possono trovare pagine che promuovono il baratto, come quella di un disoccupato sanremese che ha ottenuto un insperato successo, o quella realizzata nei vicoli di Genova per barattare regali natalizi indesiderati. Dal passato al virtuale: che sia questa la soluzione per uscire dalla crisi?

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli alunni delle classi III B e III C della Scuola media di Prati di Vezzano (Allegri Angelica, Barile Chiara, Buratti Daria, Capolla Tommaso, Dadà Lorenzo, Dadà Matteo, De Giorgi Lisa, Galano Matteo, Galati Sarah, Ginepro

Anna, Laminetti Alessia, Leonardi Asia, Lomabardi Simone, Musso Andrea, Paladini Francesca, Squatrito Christian, Venturini Irene, Borysov Vitaly, Cribari Pasquale, Ferrari Alessia, Gallerini Adriano, Gallerini Rossella, Gatti Vanessa, Gianfranceschi

Selene, Gioan Davide, Lori Marco, Maggioncalda Aurori Lisa, Papadhopulli Sophie Ollga, Recchia Alessio, Savi Elena, Trafossi Giorgia, Zampolini Chiara).Dirigente scolastico:Dott.ssa Rebecchi Maria Angela.Insegnanti tutor: Maggiani Manuela e Sermi Valentina.


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Scuola Media

«Silvio Pellico» LA SPEZIA

Che fatica essere donna! I ragazzi del 2000 riflettono su una Storia piena di ostacoli SFOGLIANDO i nostri libri scolastici, raramente troviamo figure femminili alla ribalta della Storia. L’uomo e la donna hanno avuto un’importanza diversa nella società. Se nella preistoria era giustificata la divisione dei compiti in cui l’uomo, più forte, cacciava il cibo, e la donna custodiva la prole e la casa, con il progredire della società ciò non avrebbe dovuto avere più ragione di esistere. Invece la donna è stata discriminata e ha visto calpestati i suoi diritti più elementari, relegata ad un ruolo subalterno e marginale. I nomi di donne che hanno fatto la Storia sono quelli di figure eccezionali, Matilde di Canossa, Giovanna d’Arco, Anita Garibaldi che hanno dovuto ricoprire ruoli «da uomini» per vedere riconosciute le proprie capacità. Ma delle donne di tutti i giorni chi ne parla? Provate e pensare ad alcuni sostantivi che identificano professioni tradizionalmente maschili: sindaco, ministro, avvocato, soldato, vigile… la versione «al femminile» è una vera e propria storpiatura! Conoscete la storia di Carmela Chiribiri? Noi ne abbiamo appreso l’esistenza, una come tante, attraverso le parole di Maurizio Maggiani nella mostra «Storie. Il cantiere della nazione il

PERSONAGGI Ma delle donne di tutti i giorni chi ne parla?

quartiere degli italiani» organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia. Carmela era un’operaia bella persino nella foto segnaletica della matricola, simbolo di tutte le donne dal busto insaccato in una cappa da lavoro. E’ il 1925 quando viene assunta come manovale in Arsenale: ha sedi-

ci anni. E ha una grande determinazione che la rende combattiva di fronte alle convenzioni sociali e alla moralità del tempo. Dopo qualche anno diventa conduttrice di macchine nell’officina siluri. Un meccanico (non una «meccanica») specializzato nell’uso di macchine utensili. Chissà se fu li-

cenziata nel 1943, tre giorni dopo l’Armistizio, perché occupava un posto da maschio nella fabbrica delle corazzate. Le donne costituiscono il 60% dei laureati italiani. Eppure hanno un ruolo assolutamente marginale in termini di partecipazione. «Senza il lavoro delle donne l’Italia non riparte». ha ribadito il ministro Elsa Fornero recentemente. Una maggiore presenza femminile nel mercato del lavoro potrebbe ridare slancio alla nostra economia. Se il tasso di occupazione delle donne passasse dall’attuale 46,9 al 60% si avrebbe un aumento del Pil del 9,2%. Obiettivo previsto dall’Ue nel Trattato di Lisbona del 2010, ma fallito a livello nazionale. Non mancano però le buone notizie: in Italia attualmente le imprese femminili sono aumentate al 23,4% del tessuto imprenditoriale nazionale. Affermava Margaret Thatcher, ex primo ministro britannico, unica donna ad aver ricoperto questo incarico: «Se vuoi che venga detto qualcosa chiedi ad un uomo, se vuoi che venga fatto qualcosa, chiedilo ad una donna!» A proposito: il Nobel per la Pace del 2011 è stato assegnato a due donne liberiane e a una yemenita «per il loro impegno per i diritti delle donne nel processo di pace».

TRA IL DIRE E IL FARE ABBIAMO RACCOLTO I PARERI DI RAGAZZI, RAGAZZE E DEI LORO FAMIGLIARI

Troppo difficile conciliare lavoro e famiglia

LE LEGGI La parità è chiara e condivisa ma...

L’ART. 3 della Costituzione sancisce come principio fondamentale della Repubblica la pari dignità sociale e l’eguaglianza di tutti i cittadini senza distinzioni di sesso. L’Art. 37 ribadisce per le donne lavoratrici stessi diritti e parità di retribuzioni. Le leggi per onorare la parità di genere sono chiare e condivise. Ma cosa pensano ragazze, ragazzi e familiari? Confida Sofia, 85 anni, che quando era giovane i salari delle donne erano minori e poche le professioni a loro riservate, però le famiglie erano più unite. Alcuni nostri compagni riconoscono di non aver mai notato, prima, che tutto il «peso» della famiglia è sulle spalle della donna. «Non sempre la società accoglie la donna in tutta la sua ambizione, in tutta la sua intelligenza – ribadisce Sara, 13 anni. In Parlamento la percentuale di donne non su-

pera il 22%. Siamo al 25˚posto in Ue su 27 Paesi». Monica, poliziotta: «Difficoltà se ne vivono ogni giorno, ma il mio lavoro ha contribuito alla nostra emancipazione, inserendo le donne in un settore sempre stato occupato da uomini. Le donne devono confrontarsi con uomini ancora riluttanti all’idea di essere messi sul nostro stesso piano. Non mancano commenti e battute di dubbio gusto ma non è sempre così». Jasmine, universitaria: «La mia famiglia viene da Casablanca e ottenere l’emancipazione e gli stessi diritti delle italiane per me è importante. Ma c’è ancora tanto da fare perché nella mia religione ci sono regole troppo spesso rigide». Ci piace chiudere con un proverbio cinese: «L’uomo è il capo della famiglia, ma la donna è il collo e muove il capo dove vuole».

LA REDAZIONE La PAGINA è stata realizzata dalla 3E della Scuola Media Silvio Pellico: Balma Margherita, Battezzati Germano, Borghetti Chiara, Capriglione Mathis, Cascioli Sarah, Caso Giuseppe, Castello Elena, Cozza-

ni Jacopo, Del Santo Eugenio, Delucchi Sara, Diamanti Mattia, Fincato Giovanni, Fkari Hasnae, Ghironi Claudia, Leone Sara, Lucchi Manuel, Maiocchi Gerardo, Morales Burgos Julissa, Mosconi Francesco, Pa-

vinelli Leonardo, Perfigli Chiara, Pignataro Pietro, Rizzi Giulia, Surace Michele. Le vignette sono state realizzate da Jacopo e Gerardo. Il Dirigente è il professor Giuseppe Sciacca, prof tutor Brunella Medugno.

UN FIORE

La mimosa signora in giallo LA MIMOSA è stata adottata come fiore simbolo della festa della donna per contraddistinguere la ricorrenza dell’8 marzo. La mimosa appartiene alla famiglia della Acacia Dealbata: è una pianta originaria del sud-est australiano e della Tasmania, importata in Europa verso gli inizi del ‘900. E’ una pianta sempreverde e conserva le sue foglie di colore verde argenteo per tutto l’anno. I suoi fiori sono riuniti in capolini globosi di colore giallo, molto profumati. Mimosa è anche un nome femminile e indica una stella della costellazione della Croce del Sud, che dista dalla Terra 556 anni luce. La mimosa è stata adottata come fiore simbolo della Festa della Donna dalle attiviste italiane dell’Udi (Unione Donne Italiane) che nel 1946 organizzarono il primo 8 marzo del dopoguerra. In questa occasione venne scelto il fiore della mimosa per la sua semplicità e per il fatto che fioriva in quel periodo dell’anno. L’uso della mimosa come fiore simbolico dedicato alle donne si fa risalire anche al funerale delle operaie morte nell’incendio della loro fabbrica nel 1908 a New York. I presenti lanciarono sul corteo funebre rametti di mimosa staccati dagli alberi. Nelle tribù indiane d’America regalare mimosa era simbolo di amore appassionato. Una cosa è certa: la mimosa è simbolo di forza e femminilità. E di dolcezza, visto che è anche il nome di una torta squisita!


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