PrimaPagina nov. 2011

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La Famiglia in crisi e la tutela del minore: aspetti giuridici e psicologici

Convegno di Studi

Venerdì 25 novembre 2011, ore 15.00 Università degli Studi di Teramo

Ingresso libero

per informazioni: convegnoteramo2011@libero.it

Aula Tesi – Facoltà di Scienze Politiche

Comitato Organizzativo

Gianfranco Puca Emanuela Torbidone Diomira Carpineta

Moderatore: Tiziana MATTIA Direttore responsabile “Prima Pagina Mensile per Teramo” Programma 15:00 – 16:00 Saluti delle Autorità Sindaco della Città di Teramo Maurizio BRUCCHI Assessore politiche sociali per la persona, i minori e la famiglia Giorgio D'IGNAZIO Presidente Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Teramo Divinangelo D'ALESIO Presidente Ordine Psicologi della Regione Abruzzo Giuseppe BONTEMPO Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Teramo Rita TRANQUILLI LEALI Direttore Caritas Diocesi Teramo – Atri Rev. Don Igor DI DIOMEDE 16:00 – 19:00 Relatori e interventi PUCA Avv. Gianfranco - Avvocato La crisi della coppia e la tutela giuridica del minore – L'abuso del processo nelle liti tra coniugi e il risarcimento danni per lite temeraria ex art. 96 cpc TORBIDONE Dott.ssa Emanuela - Psicologa e Psicoterapeuta Aspetti psicologici della crisi familiare e la valutazione delle competenze genitoriali

GATTI Avv. Paolo - Assessore alle Politiche Attive del Lavoro, Formazione ed Istruzione, Politiche sociali

Politiche Sociali a tutela della famiglia e del minore QUINTILIANI Avv. Giovanni Battista - Consigliere Comunale Città di Teramo

I servizi territoriali a sostegno della famiglia CORONA Dott.ssa Laura - Psicologa e Psicoterapeuta Il bambino non visto nei conflitti familiari CAPPA Dott. Giansaverio – Presidente di Sezione del Tribunale di Teramo La modificabilità dei provvedimenti della separazione con particolare riferimento alla soluzione dei conflitti tra i genitori ex art. 709 ter cpc ANGRISANO Dott.ssa Cecilia - Giudice del Tribunale per i Minorenni d'Abruzzo – L'Aquila

Le competenze del Tribunale per i minorenni ex art. 317 bis cc nella separazione delle coppie di fatto REITANO Avv. Gianluca - Presidente AIGA sezione di Teramo Aspetti penalistici dei conflitti tra i coniugi CIRILLO Dott. Giovanni - Giudice Tribunale di Teramo I reati contro la Famiglia e i poteri cautelari del giudice con particolare riferimento alla tutela del minore 19:00 – 19:30 Discussione Partecipanti

Con il patrocinio di: Università Degli Studi di Teramo; Città di Teramo; Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Teramo (n.4 crediti formativi); Ordine Psicologi Regione Abruzzo


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Si ringraziano gli inserzionisti per il loro contributo che consente la pubblicazione e divulgazione del periodico. Si ringrazia autoword.it per la concessione dei contenuti della rubrica “auto & dintorni”

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Enrico Santarelli

DIRETTORE RESPONSABILE

TIZIANA MATTIA

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PUBBLICITÀ

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Clementina Berardocco Emiliano Caretti Mira Carpineta Fabio De Cristofaro Paolo De Cristofaro Stefania De Nicolais Giammaria De Paulis Ivan Di Nino Walter Di Mattia Laura Di Paolantonio Anna Di Pietro Caludia Grenga Marina Grossi Vincenzo Lisciani Petrini Antonella Lorenzi Matteo Lupi Alessio Macaluso Alessandro Mazza Giuseppina Michini Daniela Palantrani Valdo Paolone Marco Pappina Jessica Pavone Gianfranco Puca Martia Sargiacomo Oscar Straniero Raul Ricci Mariangela Sansone

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Lo staff del Governatore

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A proposito di Steve Jobs

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“Incubo” passi carrabili

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Dalla disabilità l’impegno allo sviluppo

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“Nei miei pensieri, ma...”

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“I nuovi mostri”

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Ghirurgia refrattiva

di Tiziana Mattia

di Giammaria De Paulis di Daniela Palantrani di Matteo Lupi di Giuseppina Michini

di Ivan Di Nino di Valdo Paolone

Focus on Donna & Donna “Poverini questi uomini del secolo passato e di quello in corso. Con gli occhi strabuzzati davanti alla lenta, ma inesorabile avanzata delle donne.“

il vostro mensile sempre vicino! Nel sito troverete approfondimenti news, commenti notizie pubblicate e non solo ...

MANTAINER SITO INTERNET IMPAGINAZIONE E GRAFICA STAMPA DISTRIBUZIONE

CHIUSO IN REDAZIONE

Nicola Arletti Arti Grafiche Celori - Terni - Umbria Sail Post Agenzia Teramo 1

28 ottobre 2011

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5 nov. / 2011

Caro direttore, gli avvocati sono la rovina dell’Italia? Questa domanda alquanto provocatoria nasce una mattina di un giorno come tanti quando, in fila dinanzi ad una cancelleria, l’impiegato, forse spazientito dall’ennesimo utente -non avvocato- che chiede informazioni, dopo che questi si è allontanato, tra il serio e il faceto, rivolgendosi al sottoscritto quale rappresentante diretto e immediatamente reperibile, esclama: “voi avvocati siete la rovina dell’Italia!”. Io non replico, abbozzo un sorriso e stempero il “clima” con una battuta. La giornata prosegue normalmente, ma quella frase mi resta dentro, e ancor di più l’accostamento che in essa si fa tra le parole. Sento, quindi, l’esigenza di esternare una mia riflessione, nella speranza che possa essere condivisa anche da altri. Voi avvocati… ma chi è l’avvocato ? Il “voi” indica un’appartenenza, in quanto si rivolge a soggetti determinati (gli avvocati, appunto) tutti membri di una categoria. Nel caso specifico la categoria viene indicata in modo dispregiativo, e presumo volesse lasciar intendere la mia appartenenza ad una categoria privilegiata, affarista e ambigua. Eppure nel mio studio vengono solo persone che hanno problemi, nati dalle loro vicende private, familiari o professionali, ed io mi limito a risolvere quei problemi. Come tutte le altre categorie professionali. Se si ha un problema di salute, si va dal medico; se il problema è contabile, si va dal ragioniere; se il problema è giuridico, si va dall’avvocato. Quindi quel “voi avvocati” potrebbe essere intercambiabile, ma viene usato esclusivamente per la categoria forense. “Siete”: verbo essere, indicativo presente. Non “siete stati”, in passato, o “sarete”, per indicare il futuro, ma siete oggi, ora, in questo momento storico, una rovina per l’Italia. Nonostante la crisi economica, gli eventi di cronaca nera che vedono mariti uccidere le mogli, figli uccidere i padri, maestre picchiare i bimbi, padri uccidere le figlie, comunque veniamo indicati noi avvocati come responsabili di una rovina, anzi “la rovina”, non una qualunque, una tra le tante, ma “la”, usata come ad indicare l’unica. Allora mi sono domandato il perché di tale affermazione. Forse perché, spesso, accanto alla soluzione del singolo caso ci poniamo il problema di intervenire anche nel sistema? Forse perché nonostante i nostri consigli ci troviamo di fronte clienti che insistono in una soluzione non giuridicamente possibile, anche se viene spiegato e ripetuto loro che non c’è nulla da fare? Questi gli interrogativi irrisolti di fronte ad un’affermazione che mi lascia una profonda amarezza, la stessa che si prova nelle situazioni in cui l’inserimento in una categoria aiuta a circoscrivere il problema e a identificare il nemico. La necessità di analizzare caso per caso, la stessa che invochiamo ogni giorno in udienza, per far sì che nessuna persona venga trattata come un numero, si contrappone allo strumento dell’additamento, più facile e più risolutivo per una cultura giustizialista, che crede nella capacità del gruppo di plasmare il singolo e non nella capacità delle singole persone di distinguersi all’interno di un gruppo. C’è forse in ogni avvocato un piccolo o grande Attila, o forse in ognuno di noi c’è soltanto una piccola o grande umanità, e la professione altro non è che l’espressione pubblica dei nostri valori? La mia non vuole essere una risposta o un tentativo di arringa difensiva, però mi sono trovato di fronte ad una sentenza priva di motivazione e ritengo, quindi, doveroso proporre appello al buon senso, quel buon senso che, partendo da un giudizio asettico, mi porta una riflessione importante sul ruolo che ciascuno di noi riveste nella società, svolgendo semplicemente -ma con passione- il proprio lavoro. La saluto cordialmente G. P.

Caro avvocato, posso dirle la mia opinione? Lei è stato un ottimo difensore della categoria e se svolge sempre così la professione, può personalmente essere tranquillo e soddisfatto. Tuttavia il suo mandato dovrebbe essere allargato e assumere anche la difesa di altre categorie. Quasi tutte (compresa la nostra, quella dei giornalisti), ormai nel tritacarne inarrestabile del tutti contro tutti Nel dibattito sul turismo, aperto dalla rubrica “A domanda risponde”, interviene il lettore Fernando di Filippo di Teramo, che fa seguito a quanto scritto sull’argomento da Tonino Di Natale nel numero scorso: “E’ da tanto tempo che noi cittadini, residenti e non, ed operatori economici assistiamo perplessi e sconsolati e da buoni pagatori di esosi tributi, allo scempio di denaro pubblico nella bella località montana dei “Prati di Tivo”. Con gli esempi sconfortanti delle amministrazioni locali e soprattutto di quell’Ente Parco che eccelle per noncuranza dei suoi doveri basilari di sviluppo economico della zona e per la tenuta della sentieristica. Vien sempre da pensare e riflettere su tutto il denaro buttato dallo stesso ente per l’acquisto di inutili case cantoniere ristrutturate e per la costruzione di una lunghissima ippovia al servizio di qualche sporadico ricco possidente di cavalli. Ignorando completamente le strutture indispensabili per il turismo. Da riflettere pure sulla fine del dismesso campeggio in bellissima località panoramica, lasciato alla vandalica distruzione invece che per una degna sistemazione di camper e tende. Che dire anche di quell’abbandono distruttivo di quella strada dismessa, sebbene di valido servizio per l’accesso ad una meravigliosa località turistica (Laghetta)? E che significherebbe ancora l’abbandono allo sfascio di quell’incompleto rifugio sotto la “Madonnina” che potrebbe servire come attraente e panoramico ristoro alpestre? E di una palestra di arrampicata sportiva in località “Venaquila” messa in mostra anche di notte? E i soliti autodefinitisi ambientalisti come hanno reagito alla spesa per gli inutili e impattanti paravalanghe sotto la “Madonnina”? Ancora a chi dovrebbero servire tutte quelle case in esubero, mai nemmeno aperte, sia a Pietracamela che a Intermesoli, che avrebbero dovuto riparare i poveri terremotati rimasti senza tetto? Dulcis in fundo, avremmo il piacere di conoscere chi è stato a pensare di abbellire, a mo’ di specchietto per le allodole, il piazzale dei “Prati di Tivo”, come pure qualche altro posto, con fiori e piantine ornamentali, così come è stato fatto in piano agosto scorso, senza alcun bisogno di acqua. In rappresentanza di molti che condividono quanto scritto, saluto cordialmente. Fernando Di Filippo Il dibattito che si è aperto sul turismo montano del Teramano offre lo spunto per molte critiche. Sarebbe il caso che anche qualche responsabile della politica condotta fino ad oggi (ammesso che se ne trovi) facesse sentire la propria voce. Possiamo sperarci?


6 nov. 2011

In copertina: Donna & Donna (foto free royalty from internet)

n. 09 anno 3 nov. 2011

Docenti non si nasce. E dirigenti? Non si nasce genitori. Si sa. C’è chi ci prova, e tra sbilanciamenti in corso d’opera, cadute e risalite, distrazioni e spasmi al cuore, va avanti in ampi o modesti percorsi. E c’è chi non lo diventa mai, nonostante la prole. Allo stesso modo, non si nasce insegnanti. Anche questo si sa. Nonostante corsi universitari, tirocini, specializzazioni, e via dicendo. Alla stregua dei genitori, anche i docenti mettono, per così dire, le mani in “paste” infantili e adolescenziali. Talvolta in misura maldestra, provocando inconsapevolmente danni sostanziosi. Non visibili nell’immediato, ma a lunga scadenza. Come il latte pastorizzato. Inoltre, in comunione con mamma e papà, anche maestri e professori riscuotono esigui “massaggi” dell’animo e del portafoglio per il lavoro svolto. Almeno in Italia. Tanto che, quando sbottano, riescono anche a sparare titoli a nove colonne sui giornali. Una schifezza. In soccorso agli aspiranti insegnanti (per i genitori psicologi ed esperti del ramofamiglia tracimano di suggerimenti ovunque) voglio segnalare il “Vademecum

per neo docenti” (Edizioni Albatros) di Elisa Lucarelli, napoletana trapiantata in Abruzzo, professoressa di lingua Francese. Sintetico, concreto, esplicito, il libretto ha il pregio di chiarire, fin dalle prime pagine, come stanno le cose, una volta entrati in classe e guadagnata la cattedra. Per diventare, si spera prima o poi, un docente con la “D” maiuscola. Cioè, spiega la Lucarelli, una persona che racchiude tutte le componenti trattate nel vademecum. Cioè: passione per l’insegnamento, abnegazione verso gli alunni, costante aggiornamento personale. Sarà per questo che, nel concorso nazionale, appena iniziato, per dirigenti scolastici, solo in Abruzzo si sono candidati in 1272? Quasi tremila docenti (da vari ordini di scuola) che aspirano a lasciare l’insegnamento per la scrivania da preside. Magari se Elisa Lucarelli l’avesse scritto prima il suo vademecum…

Tiziana Mattia

w w w. L i 8 L i . c o m

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7 nov. / 2011


8 nov. 2011

LO STAFF DEL

Governatore

on se siete d’accordo, ma abbiamo necessità di credere e di recuperare fiducia nei Signori del Palazzo, a Roma come in loco. Facciamo la nostra parte, impegnando il massimo della buona volontà. Sarebbe già un bel passo avanti se, fra tanti catastrofisti, potessimo tornare al bicchiere mezzo pieno. Un po’ di ottimismo è necessario, dopo aver toccato il fondo del pozzo nero. Ma non è facile, ahinoi!, se Lorsignori fanno l’impossibile per ricondurci nel tunnel. Un esempio? Sfogliamo il giornale e leggiamo con sollievo la soddisfazione del governatore Chiodi sullo stato della nostra Regione. “Tutto per il meglio” secondo il numero uno del vertice abruzzese. Ok su tutta la linea. Dai debiti diminuiti ai costi della politica tagliati. Meglio che altrove. Evviva! Ma l’ottimismo passa subito in cavalleria quando, tornando a leggere il giornale, si fa avanti una gentile signora sindacalista (per la cronaca Silvana de Paolis del Direr Abruzzo, federazione dirigenti e quadri direttivi delle Regioni), che spara una sua filippica all’indirizzo del medesimo governatore dell’Abruzzo. Diffidato a ridurre il suo staff e il personale della pletorica segreteria. Con costi da sballo, dice lei. Sollecitato, inoltre, “un corretto e trasparente sistema nel conferimento degli incarichi, che consenta di mettere la persona giusta al posto giusto”. Conclusione perentoria: “Chiodi cominci a tagliare i costi delle segreterie politiche e del suo staff”. Ma abbiamo capito bene? Non è vero, dunque, quello che ci racconta il governatore su tagli e risparmi? O è la

DI

TIZIANA MATTIA

Per quanto ci consta, lo staff presidenziale non deve essere poi tanto pletorico e in soprannumero, se il medesimo interpellato da “Prima Pagina” non si è degnato di fornire una risposta

sindacalista a vedere doppio? Fate luce. Noi poveri pivelli a chi dovremmo credere, in nome di quella fiducia che ci sforziamo di restituire a noi stessi? Per quanto ci consta, lo staff presidenziale non deve essere poi tanto pletorico e in soprannumero, se il medesimo (a cominciare dall’impegnatissimo Presidente), interpellato da “Prima Pagina” su questioni importanti e di pubblico interesse, non si è degnato di fornire una risposta. Sia pure più volte sollecitata. Il problema allora, per noi cittadini, diventa duplice: lo staff presidenziale è solo in soprannumero, come dice la signora sindacalista, o anche inefficiente?


“Finita la bella vita si torni al sacrificio” I giovani e la violenza violenza, dopo i recenti gravi fatti di Roma. Le certezze che crollano e i valori che non ci sono più… D-Che dici? Dopo i gravi fatti di Roma, dobbiamo prepararci a una stagione di violenza? “Il rischio esiste. D’altra parte non c’è neppure tanto da meravigliarsi, dopo il lavoro fatto da certi cattivi maestri della politica e della tv. I giovani hanno le loro ragioni, ma non vanno aizzati e neppure buttati allo sbaraglio. Il dissenso e la protesta sono il sale della democrazia, ma nessuno ha il diritto di ferire, distruggere e, se accade, di uccidere, non si sa in nome di quale diritto…”. D-Perché non riconosci alle nuove leve il diritto di avere un lavoro e di costruire un futuro? La tua opinione sui “precari”. “Ripeto: i giovani hanno ragioni da vendere, ma il futuro è nelle loro mani e nessuno lo farà scendere dal cielo. Devono conquistarselo. Le generazioni precedenti hanno fatto molti errori e saranno, purtroppo, i nipoti a pagare i danni. C’è chi perde la calma e imbocca la strada sbagliata della violenza, quando i problemi sono la precarietà e un futuro improbabile, in un mondo con le ultime certezze che vanno in dissolvenza”. D-E allora? “Siamo tutti indignati, ma la protesta e la guerriglia urbana non sono il grimaldello per aprire le porte di un domani negato. Più che insistere su un processo al passato, meglio studiare il futuro alla luce degli errori commessi da questa e altre generazioni. Nessuno può negare alle nuove leve, che si ribellano e protestano, il desiderio di uscire dall’incertezza, per un mondo più stabile e sicuro. Quel che sembra un traguardo persino scontato, sta diventando un’aspirazione quanto mai lontana e difficile. Una soluzione va trovata ed urge l’impegno di tutti”. D-Il rebus è come e dove trovarla, la chiave giusta. “Abbiamo visto che persino i super-esperti e i pezzi da novanta, veri o presunti, sbagliano e commettono errori incredibili. Né a fare il miracolo potranno essere i precari di ogni tipo e continente che si sollevano, e gli “indignati” a modo loro, che sfoderano l’arma-boomerang della

sommossa e del caos. Come a Roma. Convinciamoci, intanto, che le “certezze” stanno crollando quasi tutte. E non solo nel mondo del lavoro, dove i giovani non trovano più le sicurezze sindacali che hanno garantito stipendi, salari e pensioni a nonno e papà. Il precariato avanza finanche nella scienza e ovunque”. D-Vuoi approfondire e spiegare meglio? “Vanno in frantumi antichi e nuovi postulati. Vecchie e recenti teorie di filosofi e scienziati. Ai quali, forse, saremo presto costretti a tornare con più attenzione. Per capire meglio come stanno le cose oggi e tentare di prefigurare il domani. Ammesso che ci sia, un domani, se tutto è discusso e incerto. Fra Ginevra e il Gran Sasso, è accaduto intanto qualcosa di altamente rivoluzionario: la velocità dei neutrini, secondo gli scienziati, ha rimescolato le carte dell’idea del Tempo e, davvero incredibile, persino dell’Universo”. D-Forse non tutti hanno avuto tempo e voglia di capire la portata degli esperimenti sotto il Gran Sasso. Né si poteva pensare che potessero servire a spiegare persino la crisi di oggi... “Neutrini più veloci della luce hanno sentenziato. Che in parole povere vuol dire addio certezze di Einstein e addio vecchia idea del calendario. Con le lancette dell’orologio, sono saltate quelle dell’economia e della scienza. Ed è tutto da conoscere ciò che andrà a occupare lo spazio che era nel dominio di Einstein e della sua assiomatica teoria della relatività. ‘D’altra parte -hanno sottolineato senza indugio gli esperti- era prevedibile. Dopo Dio, Marx e Freud mancava soltanto Einstein da sacrificare sull’altare della distruzione delle certezze’”. D-La parola “globale” vale per tutti e per tutto. E’ così? “Insieme con i vecchi valori, già cancellati, o che resistono capovolti e praticati alla rovescia, se ne vanno pure gli ultimi cardini su cui si reggeva il residuo equilibrio. Precario, come si è visto. Partita aperta e nessuna previsione. Il mondo è davvero senza più certezze per tutti, ora che pure il

grande studioso della relatività è entrato nella lista. L’assioma non è di questo mondo e neppure dell’Universo. Esiodo, Euripide, Pitagora… Dai più antichi ai moderni, tutti i giganti della filosofia e della scienza hanno affrontato il mistero delle ‘certezze”’. Ognuno sviluppando una propria tesi e confermando così che, in materia, solo l’incertezza è sovrana. Da Ginevra e dal Gran Sasso è arrivata l’ultima novità rivoluzionaria. e, in primis, nel bersaglio, è finita la scienza di Einstein, che diventa il più illustre dei precari. Evento già intuito da Sant’Agostino, che avvertiva: ‘Se non mi chiedono cosa sia il tempo lo so, ma se me lo chiedono non lo so’. Per insegnarci, forse, che la teoria del dubbio funziona meglio di quella delle certezze. A cominciare dalla scienza. Basata -secondo Einstein, pensatore che non disdegnava gli aforismi- su concetti qualche volta analoghi al sorriso di un gatto che non c’è”. D-E ai giovani che protestano, cosa diciamo in conclusione? “Che la protesta e l’insoddisfazione sono sacrosante e vanno utilizzate per costruire un progetto che spiana la strada verso il futuro. La violenza, viceversa, va respinta con fermezza per almeno due motivi: 1) per non diventare strumenti dei soliti mestatori che pescano nel torbido; 2) per evitare che, a pagarne il prezzo, siano sempre coloro che non c’entrano e gli innocenti (vedi Forze dell’Ordine), come la nostra storia, anche recente, insegna e ammonisce. Se le vecchie certezze crollano e se pure i valori antichi si stanno perdendo, vuol dire che le nuove generazioni sono chiamate intanto a capire quali sono le scelte da fare. Magari ispirandosi a quelle di alcuni grandi protagonisti nostri contemporanei, che hanno saputo vincere la sfida dell’innovazione e della modernità. Per intenderci, la vita del lavoro, dello studio e dell’impegno. Che non è quella dei diritti senza sacrifici, della scuola facile facile, e della bella vita con i soldi di mamma e papà…”.



11 nov. / 2011

Uxoricidio ad Alba Adriatica

Un amore ucciso a coltellate

er Maria Rosa Perrone tutto è iniziato così, in un’ anonima domenica di ottobre: un viaggio a bordo della sua Suzuki insieme ad A., uno dei suoi quattro figli con gravi problemi di autismo, per incontrare il suo ex marito, William Adamo, e ribadirgli una volta per tutte la sua scelta di indipendenza. A lei, tunisina ma da sempre vissuta ad Alba Adriatica, la vita “non aveva mai regalato nulla”, così diceva sempre parlando di stessa. Così la ricordano le persone che la salutavano quotidianamente e che non disdegnavano di offrirle un caffè. Lei ha sempre dovuto combattere, contro gli sciacalli, per il bene dei suoi quattro figli, per la famiglia nella quale credeva. Proprio per i suoi figli, Maria Rosa aveva deciso di troncare con suo marito, ex commerciante di origini sarde, irascibile e molto geloso. Da un anno e mezzo, la sua vita aveva preso una piega finalmente diversa, un nuovo amore si era affacciato alla porta per darle una nuova speranza.. Chissà quanti pensieri le saranno passati per la mente mentre si dirigeva a quell’appuntamento. Occorreva dare un taglio netto, una volta ancora, a quell’ uomo che continuava comunque a sperare in una riappacificazione, in un ritorno di fiamma che non ci sarebbe mai stato. Quella dell’uomo era diventato un vero e proprio chiodo fisso.

l’omicida

I biglietti che le continuava a scrivere e che in qualche occasione le aveva anche fatto recapitare nel suo negozio di pelletteria ed articoli da mare erano lì a dimostralo. William li scriveva in casa sua perfino sul tavolo, in modo tale da renderli indelebili. Una desiderio sfociato nella follia. Quando Maria Rosa è arrivata all’appuntamento, in via Gorizia, era già lì ad attenderla con una mano in tasca. Si è accomodato di fianco sul sedile anteriore, apparentemente tranquillo, per ribadirle ancora una volta il suo amore. Ma qualcosa in poco tempo è degenerato in una violenza inaudita. Le si è scagliato contro con venti coltellate inferte al collo, all’addome, al mento. Sotto gli occhi del loro figlio, seduto dietro, incolpevole spettatore di una scena orribile. Una furia omicida premeditata che non ha lasciato scampo alla donna, se è vero che William aveva con sé in tasca un coltello da cucina e la valigia già pronta per il carcere, che gli avrebbe aperto le porte già la sera stessa per omicidio volontario premeditato. Da quel momento, tre ore appena

sarebbero trascorse prima della fine, seppur interminabili. I primi soccorsi dai sanitari del 118 di Sant’Omero, che la trovano in un bagno di sangue, ancora riversa sul sedile dell’ auto ma non apparentemente in pericolo di vita. Poi il ricovero in prognosi riservata presso l’ospedale vibratiano. Il repentino peggioramento, sopraggiunto a causa di una emorragia interna causata in particolare da una delle coltellate al collo, che avrebbe indotto i medici a chiederne il trasferimento d’urgenza all’ospedale Mazzini di Teramo per un estremo tentativo di salvarla. Alla tragedia si vanno ad aggiungere i dubbi sui soccorsi che hanno convinto anche il sostituto procuratore del Repubblica, Bruno Auriemma, a soffermarsi attentamente sull’esito dell’esame autoptico per escludere eventuali responsabilità dei medici su un tardivo intervento.

RAUL RICCI


12 nov. 2011

Ricerca della verità a tutti i costi DI

MIRA CARPINETA

a anche passione per la ricerca della verità, oltre l’apparente mancanza di qualsiasi appiglio o indizio. Passione che porta la mente a cercare collegamenti, facce sepolte tra le foto segnaletiche, oltre i confini della città, della provincia, della regione. E la tenacia. Che non molla e non si dà per vinta, fino al raggiungimento della soluzione.

Tema di questo appuntamento con le memorie di Matteo Del Fuoco, ex vice questore di Teramo, è la passione per il proprio lavoro

Grande rapina

alla banca popolare Sin dalle prime rilevazioni, dopo la chiamata al 113 del direttore della Banca Popolare, è chiaro che si tratta di una rapina atipica. Nessuna effrazione, colluttazione, segno di violenza, nessuna esibizione di armi. Eppure i cinque sono entrati nel caveau portandosi via un cospicuo bottino. L’indagine inizia dall’ascolto di tutti gli impiegati presenti quella mattina e la scena che man mano emerge dai racconti ha un che di rocambolesco. Le impiegate ricordano quei bei ragazzi, facce nuove, ben vestiti, eleganti e dai modi affascinanti, talmente raffinati da far recapitare fiori, il giorno dopo, alle signore, per il disturbo causato dalla loro impresa. Si comincia allora dagli identikit. Ogni donna ricorda gli occhi azzurri dell’uno, i capelli dell’altro, fino a dare corpo a dei visi. Purtroppo per loro, ben presenti negli archivi della Polizia di Pescara. Qualcuno ricorda anche

un particolare fisico sulla testa di uno di loro, un angioma ben visibile tra i capelli. Inizia da lì la caccia alla banda. Gli uomini di Del Fuoco seguono le tracce dei rapinatori da Milano a Palermo. Turni massacranti, chilometri e chilometri, coinvolgendo i colleghi delle questure lontane. Dalla banca dati in cui convergono i controlli stradali, attraverso l’intuizione del commissario, si arriva a capire dove si nascondano i rapinatori. Uno alla volta, da Milano allo stretto di Messina, per tre di loro la fuga finisce. Al processo, che si svolge nel capoluogo lombardo, presenti tutti gli impiegati, nessuno escluso, per volontà di Del Fuoco. Per esserci noleggiano un pullman. L’unica cosa che manca, e che non sarà mai recuperata, è la refurtiva. I rapinatori dai vestiti firmati si sono assicurati, oltre la pena, anche la pensione.


13 nov. / 2011



15 nov. / 2011

Villa Ripa

un “pezzo di Teramo in espansione Dal dott. Claudio Di Bartolomeo Bartolomeo, dirigente medico presso il servizio di anestesia, rianimazione e terapia antalgica della locale Asl e consigliere del Comune di Teramo Teramo, il racconto delle difficoltà e criticità di questa piccola frazione della periferia teramana in continua crescita Quali sono i suoi legami con questa frazione? Villa Ripa è una frazione del Comune di Teramo situata ad ovest della città distante dalla stessa circa quattro Km. Il nucleo storico è arroccato alla sommità di una collina a 375 metri sul livello del mare. E’ il mio paese natale, dove ho vissuto la mia adolescenza e col quale è rimasto un legame affettivo indelebile, nonostante non vi risieda più da circa trent’anni. Un paese che ha rivestito un ruolo molto secondario nei confronti del capoluogo di cui ne è stato dormitorio. Dimenticato e trascurato da sempre a livello amministrativo. Questo è stato il motivo principale per cui alcuni amici di questa frazione, ultimato il corso di laurea, mi incoraggiarono ripetutamente ad intraprendere un’esperienza politico-amministrativa assieme a loro. Non avendo mai pensato lontanamente ad una scelta di tal genere, presi tempo per rifletterci sopra, accettando quindi la proposta per una candidatura a consigliere comunale. Quali obiettivi si è posto per la frazione

nel corso della sua attività di consigliere? La situazione di Villa Ripa, quando mi decisi ad impegnarmi in prima persona, era quella di un paese che per tanti anni era vissuto ai margini del contesto cittadino, sia in termini sociali che urbanistici. Una realtà quella degli anni ’90 e precedenti, in cui Villa Ripa appariva come un borgo dove non c’erano strutture aggregative. Non esisteva un’area in cui i ragazzi potessero tirare calci al pallone, né un locale dove potessero incontrarsi. Pian piano, creando una simbiosi con la maggior parte degli abitanti della frazione, abbiamo lavorato, cercando di raggiungere determinati obiettivi, ritenuti importanti per la crescita del paese. Abbiamo cercato dapprima di rapportarci con la “giunta Sperandio”, la quale ha saputo raccogliere quelle che erano le istanze degli abitanti, dando ad esse le giuste risposte possibili. Dapprima fu realizzata una piattaforma polivalente, nella quale i giovani della zona potevano ritrovarsi socializzando in maniera sana. Abbiamo ottenuto risposta anche quando, vista l’assenza

anche di un bar, fu rappresentata l’esigenza di avere una struttura in cui i ragazzi potessero ritrovarsi. Ciò fu possibile con la contribuzione destinata alla ristrutturazione dei locali annessi alla casa parrocchiale. Un ulteriore intervento, peraltro più vistoso, fu concretizzato con la pavimentazione delle vie del paese che ha radicalmente ridisegnato, abbellendo l’aspetto urbanistico della frazione. Da non dimenticare il recupero dell’antica cereria che l’amministrazione comunale di allora ha dapprima annesso al proprio patrimonio e poi ristrutturato, rimodellandola a porticato, e conservandone però le strutture portanti. Detta struttura, oltre ad essere bella, tanto da rappresentare il vero gioiello della frazione, è preziosa da un punto di vista funzionale, rappresentando l’agorà del nucleo abitativo, per incontri, manifestazioni e punto di ritrovo per partite a carte nei momenti liberi. Tutto quanto ottenuto non è stato scevro da difficoltà che pazientemente sono state superate.


16 nov. 2011

La frazione di Villa Ripa è ancora una zona in espansione. Come vede il suo futuro e quali criticità devono ancora essere superate? Villa Ripa, pur avendo subito una metamorfosi negli ultimi anni, sicuramente ha la necessità di continuare nel percorso di recupero di quel tempo perso. Ciò per ambire ad occupare un ruolo sempre più importante ai fini di nuovi insediamenti, che pure ci sono stati negli ultimi anni, visto il notevole incremento di popolazione. Infatti, sul territorio frazionale, recentemente si sono insediate numerose unità abitative di diversa tipologia. Sebbene tanto sia stato fatto, tanto altro c’è ancora da fare. Mi riferisco soprattutto ad interventi di tipo infrastrutturale, necessari per migliorare quelle condizioni di vivibilità che possono elevare la qualità di vita per i residenti, e raggiungere quelle condizioni che concorrono a rappresentare un polo attrattivo per ulteriori insediamenti. Interventi che vedano la realizzazione di una nuova

chiesa, più grande e più baricentrica, con attigui locali aggregativi per i giovani, visto il notevole incremento urbanistico verificatosi negli ultimi anni di cui si diceva. Un più funzionale servizio di trasporto pubblico. L’illuminazione, il rifacimento del manto stradale, la realizzazione dei marciapiedi che l’attuale giunta ha messo recentemente in cantiere. Queste ed altre cose ancora occorrono per rivitalizzare la realtà frazionale sdoganandola da quella condizione di “quartiere dormitorio” in cui da molto tempo è stata relegata. Le aspettative sono molte, gli stimoli a crescere per recuperare il tempo perduto sono enormi e sollecitati da una giovane associazione locale, che si prodiga instancabilmente in iniziative tese a vivacizzare la comunità integrandola tra le sue diverse componenti. L’auspicio è quello di impegnarsi per trovare unità di intenti tesi a dare risposta alle esigenze frazionali. Ex cereria com’era

MARIANGELA SANSONE

“Incubo” passi carrabili I chiarimenti di Manola Di Pasquale, Pasquale, consigliere comunale di minoranza e presidente dell’assemblea regionale del Pd DI

DANIELA PALANTRANI

Passi carrabili, spieghiamo, chi deve pagare? “La confusione l’ha fatta il comune di Teramo – risponde l’avv. Di Pasquale - perché ha confuso la regolamentazione dei passi carrabili del codice della strada con l’occupazione del suolo pubblico. Secondo il Codice della Strada (art. 22 e 46 c.3) gli accessi carrabili delle case devono essere autorizzati. L’autorizzazione necessita per controllare requisiti ben precisi, dal momento che il codice della Strada tutela la sicurezza stradale. Quindi, se qualcuno apre un passo carrabile in curva e si immette sulla strada causa pericolo per il transito dei mezzi”. Se si costruisce un palazzo od una casa si ha bisogno di autorizzazioni e concessioni edilizie che autorizzino la costruzione e gli accessi. Il regolamento del codice della strada è stato modificato nel 1996. “Si suppone che tutti i palazzi realizzati dopo quwll’anno, che hanno accessi carrabili, siano stati regolarizzati. Se viene rilasciata la concessione edilizia, si sarà pur dovuto controllare che un garage era a norma. Probabilmente esisterà

qualcuno che ha fatto il ‘furbo’ ma si può e deve controllare e sanzionare e rimesse nello stato di rispetto della norma”. L’occupazione di suolo pubblico, invece, è un canone che si paga quando si usa il suolo pubblico con una finalità diversa di quella a cui è destinato, e lo si fa occupandolo o facendone un uso esclusivo. “Se a piazza Martiri devo mettere delle transenne o devo appoggiare dei ponteggi o mettere tavolini, bisogna pagare il canone per occupazione, Cosap – Canone di locazione del suolo pubblico.” L’accesso carrabile è cosa distinta dall’occupazione “sono due binari, che talvolta si incontrano. Quando l’accesso diventa passa carrabile ai sensi dell’art. 44 c.4 Legge del 1993. Cioè quando il passo carrabile per poter essere attuato deve occupare il suolo pubblico. Esempio, l’accesso è situato prima di un marciapiede, bisogna tagliare il marciapiede (suolo pubblico) e bisogna pagare la tassa. Se invece, l’accesso è a raso, o a filo, cioè apro il cancello e mi trovo sulla strada, senza fare nessuna opera sul suolo pubblico, non c’è occupazione: non bisogna pagare nessun canone, - continua il consigliere Di Pasquale –. Se invece mi trovo ad avere un accesso che

regolarmente viene occupato da macchine che parcheggiano, si può richiedere di avere un cartello di divieto di sosta, per evitare che le persone parcheggino. In tal caso si parla di occupazione virtuale, ovvero impedendo ad altri di posteggiare, ed apponendo il divieto di sosta, sia ha un uso esclusivo di un’area pubblica e quindi necessità di pagare il canone”. Cosa è successo a Teramo? “Il Comune ha introdotto nel regolamento della Cosap l’art. 15 bis, che regolamenta occupazione mediante passo carrabile. L’articolo in argomento, è chiarissimo: parla di occupazione e non di tutti i passi carrabili”. Il Comune, ha predisposto un modello per la regolarizzazione dei passi carrai. “Nel modulo però è scritto che si chiede il rilascio per l’occupazione del suolo pubblico. In particolare, prendiamo in esame il secondo punto che tratta di passi carrabili a filo disciplinati dall’art. 43. L’art 43 dice che quando il passo carrabile è a filo l’apposizione del divieto di sosta è subordinato alla richiesta”. In pratica. chi sottoscrive il modulo, predisposto dal Comune, richiede l’apposizione del divieto di sosta. “Ma la richiesta avviene spesso inconsapevolmente, perché si è ricevuta


17 nov. / 2011

Ospedale di Teramo In pratica. chi sottoscrive il modulo, predisposto dal Comune, richiede l’apposizione del divieto di sosta...

“Miracolo” in sala-parto

un’informazione errata”. A Teramo, ne succedono di tutti i colori. Un signore che abita in centro, con un accesso a raso in una via non troppo larga, si trovava tutte le mattine l’uscita occupata da macchine che parcheggiavano. Ha di conseguenza chiesto l’apposizione del divieto di sosta, davanti al suo cancello. Il Comune ha concesso l’autorizzazione ed il signore ha pagato regolarmente quanto dovuto. Un anno fa, il Comune ha deciso di mettere il divieto di sosta su tutta la via. Il residente non aveva più necessità del divieto solo sul suo cancello, ha quindi chiesto di non usufruire più di autorizzazione personale. Il Comune ha risposto dicendo che il divieto di sosta ‘personale’ non può essere tolto, e se lo si vuole togliere bisognerà murare l’accesso! Non si può dire a tutti indistintamente di pagare”.

orride contento sotto i baffi, Luciano, sollevato dopo quello che è avvenuto pochi giorni fa, di ritorno dall’ospitata su Raidue a “I fatti vostri”, il programma condotto da Giancarlo Magalli. La bella storia è salita alla ribalta nazionale con servizi giornalistici e televisivi:Veronica Franchi, incinta alla trentasettesima settimana, sente una fitta fortissima dietro la schiena che non passa, “un dolore caldo” come avrebbe cantato Fabrizio De Andrè. Avverte il 118 e viene portata in ospedale ad Atri. Da lì la corsa al Mazzini di Teramo, dove entra in sala operatoria con una diagnosi che non lascia speranze in un caso su due: dissezione dell’aorta. Problemi per il feto, per la futura mamma e pochissimo tempo per coordinare anestesisti, cardiochirurghi e ginecologi. Luciano Gennaccaro era a capo dell’équipe di ginecologi che ha fatto nascere Arianna nella sala operatoria di cardiochirurgia:“Per fortuna la signora è arrivata già in tempo di maturità fetale, così abbiamo fatto il cesareo; è stata necessaria un’attenta emostasi. Era forte il rischio emorragico che fortunatamente non è avvenuto. La maggior parte del merito va però al dott. Mazzola, è lui che ha fatto il ‘miracolo’ ”. Quest’ultimo è il primario di cardiochirurgia, il quale ha spiegato :“La parete aortica era slaminata e abbiamo sostituito con un

tubo valvolato l’aorta ascendente e anche reimpiantato le coronarie coinvolte nella dissezione”. A sentirli parlare è tutto normale, sembra quasi la sostituzione di pezzi che un bravo meccanico fa con l’auto al tagliando, ma sono state necessarie due sale operatorie ed uno staff di quindici-venti persone, una cifra enorme. Un successo per la Asl di Teramo, talvolta al centro di molte proteste per i disservizi. La bambina è stata abbracciata dalla madre per la prima volta dopo cinque giorni dall’intervento-parto: “Avevo solo una foto, un ‘santino’ sopra il letto… poi, quando finalmente l’ho vista sono scoppiata a piangere!” Grande anche la commozione in sala operatoria: Arianna è nata tra gli applausi di medici ed infermieri. Da un momento drammatico a due vite salvate in poche ore. La neo-mamma, per nulla intimorita da quanto è avvenuto, ha già detto che vuole dare un fratellino ad Arianna: non resta allora che farle gli auguri.

IVAN DI NINO


18 nov. 2011

Comune di Notaresco

Ruzzo

Buoni propositi Si è insediato al Ruzzo il nuovo consiglio d’amministrazione presieduto da Claudio Strozzieri. Avvocato di Controguerra, sposato, padre di due figli, patrocinante in Cassazione, è stato magistrato onorario presso la Pretura di Nereto. Ha inoltre pubblicato molti studi ed articoli sul diritto del lavoro. Si è già scritto del perché e come ci sia stato un “ribaltone” in seno alla società acquedottistica locale e delle conseguenti polemiche politiche. Su questo destra e sinistra non si fanno mai mancare niente. Ciò che più è venuto alla ribalta in questi primi “vagiti” del nuovo cda, è che una settantina circa di assunzioni sarebbe stata effettuata dalla Ruzzo reti per chiamata diretta e senza concorso durante la precedente gestione. Il nostro periodico si occupò del problema quasi un anno fa (gennaio 2011) quando l’amministrazione navigava in acque apparentemente tranquille. I nuovi ‘condottieri’ avrebbero quindi “messo le mani avanti”: ci sarebbe una votazione del consiglio all’unanimità per inviare la documentazione alla Corte dei Conti. Vi rientrerebbe anche la spinosa questione dei capannoni di cui si è trattato nel precedente numero. Ovviamente, si parte sempre con entusiasmo e con la voglia di cambiare prassi consolidate: nelle prime dichiarazioni da presidente, Strozzieri ha affermato che il Ruzzo sarà un vero “palazzo di vetro, improntato alla massima trasparenza e al massimo rispetto della legalità”. Inoltre “gli utili verranno reinvestiti per il potenziamento delle strutture, l’ottimizzazione dei servizi e anche per incrementare le assunzioni”. E’ auspicabile che queste ultime siano per i fontanieri e gli operai e non per un potenziamento impiegatizio che sembra non subire flessioni, di cui però molti utenti si chiedono il perché. Ovviamente, se ci sarà un’inchiesta della Corte dei Conti e della Procura della Repubblica teramana è tutto da vedere, ma è opportuno sottolineare come ogni volta raramente paghi la classe dirigente altolocata, ma i cittadini, sempre più indifesi, cui dare una pacca sulle spalle giusto prima delle elezioni. IVAN DI NINO

“Clima sereno e spazio per tutti” tutti

Incontro con Sandro Saccomandi, assessore del Comune di Notaresco con delega allo sport, sanità e servizi demografici aureato in tecniche di laboratorio grazie ad un clima sereno che consente loro biomedico, Sandro Saccomandi di lavorare con tranquillità ed essere vicini presta servizio da ventiquattro alla cittadinanza. Abbiamo fatto tanto in anni presso il laboratorio di diversi settori, ad esempio per i trasporti, ma analisi della Asl di Teramo, ma soprattutto in ambito scolastico, riuscendo è parte attiva nella giunta del a fornire aule di informatica a tutte le scuole. sindaco, nonché presidente della Provincia Abbiamo cercato di dare rilievo ed ascolto di Teramo, Walter Catarra. Al suo primo a tutte le esigenze della collettività, sia nei incarico politico, racconta il suo vissuto confronti delle famiglie che degli studenti”. all’interno di questa amministrazione. Il Rivela la sua soddisfazione per la nomina di percorso non è stato certamente facile, dice, un suo concittadino, Giuseppe Corradetti, i problemi non sono mancati: dai seri danni commercialista, alla carica di presidente del consiglio causati dall’ondata di d’amministrazione maltempo di qualche di tutte le Asp (ex mese fa, alle difficoltà Ipab) della provincia, strettamente Abbiamo cercato su indicazione politiche create dal di dare rilievo ed dell’assessore passaggio di due regionale Paolo consiglieri tra le fila ascolto a tutte Gatti: “Si tratta di dell’opposizione. le esigenze della una nomina molto L’assessore ci tiene importante, attribuita a confermare che, collettività ad una persona senza nonostante tutto, dubbio competente l’amministrazione e preparata”. è rimasta unita intorno al sindaco: “Malgrado i numerosi Infine, l’assessore Saccomandi confida impegni in Provincia, Catarra è sempre il suo auspicio per il futuro del comune presente sul territorio e disponibile a dare di Notaresco: “Si va verso la fine della risposte certe e concrete alla popolazione”. legislatura e la speranza che nutro è che Saccomandi si dice soddisfatto dell’operato gli elettori comprendano i nostri sforzi e dell’amministrazione e delle scelte compiute, la serietà del nostro impegno, rinnovando insistendo sull’ottimo rapporto creatosi tra la loro fiducia nei confronti dell’attuale il sindaco Catarra ed i suoi collaboratori: amministrazione”. “Assessori e consiglieri trovano spazio all’interno dell’amministrazione proprio MARIANGELA SANSONE


19 nov. / 2011

Dalle parti di Via Tevere Ecco le condizioni in cui versa l’unica strada secondaria che collega via Po a via Tevere. Neanche una cinquantina di metri tra buche e fratture, non in numero maggiore rispetto ad altre zone della città a dire il vero, ma che rappresentano un vero e proprio pericolo per le tante automobili e moto che vi passano ogni giorno. Il problema non è nuovo per

il quartiere. Già alcuni mesi fa i proprietari dell’adiacente farmacia avevano segnalato al nostro giornale le condizioni di parte del manto stradale, poi riparato. Questo il commento di una residente sconsolata: “Veramente tutta via Tevere è coperta di buche”. MATTEO LUPI

Lo sfogo del segretario della locale scuola calcio

Porto di Giulianova

Al buio tra la spazzatura Le immagini evidenziano impietosamente lo stato dei fari che dovrebbero illuminare “la passeggiata” del molo sud di Giulianova. La colpa è chiaramente dei vandali, che hanno defenestrato i lampioni e così la sera, in uno dei posti più belli, romantici e al contempo malinconici della provincia ci si confronta, si fa footing, “ci si prova” con la ragazza… ma con pochissima luce e in mezzo a bottiglie di plastica e bicchieri di carta. Ha ragione il presidente dell’Ente Porto quando afferma che è difficile tenere pulito e controllare un luogo aperto e parecchio frequentato essendo, per l’appunto, un porto di mare con i suoi normali andirivieni. E’ altresì vero che una normale vigilanza sia del tutto assente. E’ notizia attualissima che sindaci ed assessori al turismo dei Comuni costieri, invece di ridurre consiglieri, sprechi e compensi, hanno pensato di introdurre una tassa di soggiorno, la quale finanzierebbe, tra le varie generiche voci, anche la manutenzione di luoghi turistici. In un momento di crisi drammatica, introdurre l’ennesimo balzello è come augurare “buona pesca” a un pescatore. IVAN DI NINO

“Che fatica allenarsi a Bellante!...” abrizio Pizii è il segretario della scuola calcio ADS Bellante. Al nostro giornale racconta le difficoltà nella gestione di una società sportiva che coinvolga i più piccoli: “Solo dopo più di un mese di battaglia il Comune ci ha concesso un campo in affitto per i nostri allenamenti”. Un problema che esprime sin da subito un vero e proprio scontro politico. “La vecchia scuola calcio del paese, il Lokomotiv Bellante, era nata da un’idea di alcuni esponenti politici”, ma è risultata un’idea fallimentare in quanto “l’anno scorso non s’era iscritto nessuno, e la scuola aveva chiuso. Allora io e un mio amico ci siamo detti se non era il caso di ricominciare con questo tipo di progetto, e ci sta andando bene. In poche parole, abbiamo rotto il giocattolo”. Un giocattolo che, a dire di Pizii, era ben finanziato fino ad un anno fa, con circa 36.000 euro versati dal Comune, e che oggi viene sovvenzionato “poco e niente”, in base al numero delle utenze. “Appena abbiamo aperto la nuova scuola, ci siamo ritrovati con oltre sessanta iscritti”. Ma

non è evidentemente bastato al Comune come garanzia di successo dell’operazione. Dopo quasi due mesi, infatti, ancora nessuna risposta è giunta per la richiesta dell’utilizzo di una palestra al chiuso di cui servirsi per gli allenamenti invernali, lamenta Pizii, e non è l’unico disagio rimasto. “Prima volevano darci il campo di Bellante paese, quando tutti i nostri iscritti sono di Bellante stazione, e avrebbero così causato parecchi disagi per i trasporti. Ora ci hanno dato questo campo a Mulino S.Nicola, che però possiamo utilizzare solo due volte a settimana, mentre in altri tre giorni è usato dalla squadra di Castellalto, la Val Tordino”. Sembrano davvero troppi inconvenienti per una squadra che si autofinanzia, non avendo ancora sponsor. E questi inconvenienti, ne è convinto il segretario dell’ADS Bellante, non sono comuni a tutte le squadre di giovani del nostro territorio. “Addirittura, anche l’affitto stesso all’inizio era proibitivo, e solo recentemente è rientrato nella norma”. MATTEO LUPI


20 nov. 2011

Dalla disabilità l’impegno allo sviluppo Incontro con Zaira Raiola, Raiola, una delle due vicepresidenti della commissione Pari Opportunità della Provincia, ipovedente. Qual è l’apporto che si è prefissata di dare alla commissione? Io e le altre componenti della commissione abbiamo accettato l’incarico con la disponibilità e la speranza di poter contribuire alla promozione e allo sviluppo di una più corretta e radicata consapevolezza di genere, oltre che una più democratica politica di parità. Per questo motivo abbiamo costituito delle sottocommissioni nelle quali portare le personali competenze. Io, in particolare, intendo portare la mia esperienza personale di donna con disabilità, e la mia esperienza professionale in materia di disabilità, di parità di genere, oltre che di integrazione scolastica delle persone con disabilità visiva. In breve, quali azioni intende intraprendere in prima persona per il territorio teramano? Sono componente della commissione che si occuperà della sanità e dei consultori. A breve stileremo la programmazione di questo settore. personalmente nutro la speranza di offrire dei contesti di confronto, informazione, prevenzione e sostegno alle donne e agli uomini che vivono l’esperienza della disabilità: sia come portatori di disabilità sia come familiari. Una ipovedente nella Commissione Pari Opportunità. Non sarebbe dovuto avvenire prima? Ho una forte predisposizione a guardare avanti per cui non mi soffermo a criticare il passato, ma penso invece che l’intuizione da parte della Provincia di Teramo di nominare un esponente delle associazioni maggiormente rappresentative dei disabili, sia promotrice di un

No. La commissione non è in alcun modo un ostacolo alla parificazione; la cultura è oggi ancora un grande ostacolo importante principio democratico che è quello della rappresentanza. Bisognerebbe estendere questa azione positiva anche in altri organismi della vita democratica, poiché è diversa la consapevolezza di chi vive la disabilità rispetto alla più altruistica empatia di chi la immagina. Come donna ancora prima che come politico, non ritiene che avere ancora bisogno di una commissione Pari Opportunità sia già di per sé un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi di parificazione dei diritti? No. La commissione non è in alcun modo un ostacolo alla parificazione; la cultura è oggi ancora un grande ostacolo: la commissione ha proprio il compito di promuovere la cultura di parità e tutte le azioni positive che servono per perseguire l’uguaglianza tra uomo e donna, sia da un punto di vista legislativo sia da quello più complesso del modo di pensare collettivo. MATTEO LUPI


Poverini questi uomini del secolo passato e di quello in corso. Con gli occhi strabuzzati davanti alla lenta, ma inesorabile avanzata delle donne.

Donna & Donna

Sempre più consapevole e testarda. Poverini questi uomini costretti a inventarsi nuovi ruoli per mantenere quelli secolari acquisiti per nascita. Disorientati e timidi all’incalzare della femminilità straboccante, irrispettosi e violenti se incapaci di controllo. Di fronte, accanto, di traverso, le donne. Plurime, trasgressive e conservatrici, materne e virago, rampanti e mistiche. Alcune le presentiamo. Semplicemente. Donna & donna di un secolo strano. Alcune si identificheranno, altre prenderanno le distanze. Mentre gli uomini sbufferanno. Come sempre. Bello il mondo….


focus on

w w w. L i 8 L i . c o m

Laboratori del Gran Sasso hanno circa 25 anni di attività e sono i più grandi laboratori sotterranei del mondo in cui si realizzano esperimenti di fisica delle particelle, astrofisica delle particelle e astrofisica nucleare. Dal 2009 a dirigerlo è una donna, Lucia Votano. Che cosa ha significato e significa essere scienziato, dirigente e donna? “Credo che per arrivare a ricoprire una posizione dirigenziale e per far bene il mestiere di ricercatore bisogna mettere il lavoro e la famiglia allo stesso livello. Ovviamente non è facile e impone sacrifici, conciliare il tutto non è semplice specie se mancano anche i supporti sociali. È sempre una faticosissima via ma è importante capire che per fare un mestiere serio e responsabile bisogna dare ad entrambe le situazioni la stessa importanza”. È un ambiente maschilista la ricerca? “È un ambiente maschile, non maschilista, nel senso che la maggior parte dei ricercatori ingegneri e tecnici è prevalentemente maschile. Nelle riunioni tecniche di laboratorio a volte l’unica donna sono io, ma non mi sono mai sentita palesemente discriminata per il fatto di essere donna, è vero però che certe forme, anche di auto discriminazione, ci sono. Anche nelle università, se la percentuale di donne alla base della carriera è un 25-30%, nelle carriere dirigenziali la percentuale è del 5%. È chiaro che c’è un restringimento della forchetta. Il mestiere del ricercatore è a tempo pieno, non sempre ci sono orari, richiede spostamenti anche all’estero quindi può complicare la conciliabilità con la vita familiare”. Vuole dare un messaggio, una testimonianza della sua esperienza e della sua scelta di vita? “Volentieri. Intanto che in Italia soffriamo di una separazione eccessiva tra cultura scientifica e cultura umanistica, anche nella scuola c’è ancora diffidenza verso le materie scientifiche.

Lucia Votano, Votano

2.2409

direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso DI

MIRA CARPINETA

Diffidenza da combattere perche tali materie possono essere capite altrettanto bene delle altre, basta insegnarle nella maniera corretta. Sono convinta che l’Italia, contrariamente a quel che si crede, non ha molti laureati in materie scientifiche, siamo sotto la media europea. Semmai abbiamo bisogno di aumentare le nostre competenze tecnico scientifiche. Magari poi non riusciamo ad assorbirle , ma se fossimo un paese in grado di sfruttare bene queste risorse dovremmo far aumentare queste competenze. Nei confronti delle donne ,invece mi sento di dire che avendo vissuto le conquiste degli anni 70, ho capito che le cose si conquistano piano piano, e se mi si chiede se le giovani donne stiano meglio adesso, devo dire certamente si perchè la consapevolezza di certe idee è sicuramente migliore, ma quando vedo che le aspirazioni della maggior parte di loro sono di fare le veline, o facili guadagni in maniera avventurosa, allora penso che si stia tornando indietro. A mio avviso non è così che ci si realizza come donna, ma con la consapevolezza che la donna è un essere umano, con un cervello e una capacità di lavorare in qualunque campo esattamente come un uomo. Con, in più, una maggiore parte affettiva che le viene dalla sua condizione di

madre”. Possiamo dire che negli ultimi anni c’è stato un difetto di comunicazione, soprattutto da parte dei media che ha contribuito a riportare indietro le conquiste degli anni ‘70? “Non si torna mai completamente indietro, ma i messaggi che passano, soprattutto dalla televisione, sono messaggi fuorvianti. Cosa vuol dire il successo. Per me è stato aver fatto quello che volevo fare fin da quando avevo 17 anni e divertendomi perfino. Oggi la mia figura ha avuto anche una visibilità mediatica, ma io la utilizzo in funzione del fatto di poter attirare l’attenzione sulla scienza e sulla donna in quanto professionista. Questa è la cosa per cui mi presto volentieri a comparire, per testimoniare la mia esperienza e il nostro lavoro di ricerca. Il laboratorio del Gran Sasso, a distanza di 30 dalla sua progettazione e dei 25 di attività, è ancora il più grande e il più importante dei laboratori sotterranei del mondo. La peculiarità di tale condizione è che in ambienti sotterranei la ricerca si occupa di un particolare campo della fisica che oggi sta vivendo particolari sviluppi in tutto il mondo, in quanto unisce la fisica delle particelle elementari, all’astrofisica e alla cosmologia”.


23 nov. / 2011

Ma cosa significa studiare le particelle elementari? “Cercare di capire come la natura e le sue molteplici e bellissime manifestazione possono essere ricondotte ad alcuni ‘mattoni’ fondamentali che interagendo fra di loro creano questa incredibile varietà, come già dicevano i filosofi greci. Il laboratorio ha il programma scientifico più vasto e più competitivo del mondo sia come numero di esperimenti che per qualità, e sono tutti effettuati in collaborazioni internazionali. L’esperimento che ha portato alla misurazione della velocità dei neutrini si chiama Opera. Il clamoroso risultato ottenuto, e cioè che i neutrini hanno una velocità maggiore della luce, ha avuto una risonanza mediatica notevole perché ha colpito l’immaginario collettivo, dal momento che anche i bambini sanno che la velocità della luce è un limite, come siamo stati abituati a leggere perfino sui fumetti. Ovviamente noi ricercatori siamo ancora molto cauti nel definirlo un risultato perché per poterlo dichiarare tale bisogna escludere che ci possa essere qualche errore sistematico, qualche fenomeno che spiega questa misura e questo comportamento con una causa diversa dalla velocità registrata. La nostra cautela è giustificata dalla necessità di ulteriori verifiche sia sull’esperimento Opera che su altri analoghi esperimenti in corso negli Stati Uniti e in Giappone. Ci aspettiamo che i nostri colleghi confermino il nostro esperimento.

impatica e volitiva, a capo di un gruppo che condivide con lei la gestione di una struttura che “seppur statale è organizzata come la Fiat o la Sevel, una multinazionale con obiettivi”. Un percorso di vita, quello di Rossella Rotondo, scandito da un programma chiaro, lineare, non senza difficoltà, ma vissuto con impegno in tutti i suoi aspetti. L’università: “Quando ho scelto di iscrivermi alla facoltà di scienze politiche della Sapienza, all’epoca c’erano 983 immatricolati. Il mio pensiero è stato: se mi iscrivo qui forse ho più opportunità di lavoro”. Ma al primo posto, insieme al lavoro, c’è anche la famiglia e la consapevolezza del valore che entrambi i ruoli rivestono e che, con impegno, si possono comunque conciliare. “Certo – esordisce la dottoressa Rotondo – è difficile, ma ho sempre creduto nell’impegno e nelle responsabilità sia per il lavoro che per la famiglia. Ogni momento dedicato all’uno o all’altra è stato interamente dedicato. Se

Ovviamente siamo felici dell’interesse mediatico sull’argomento e finalmente un numero maggiore di italiani è consapevole dell’esistenza di questo laboratorio e del fatto che esso è un’eccellenza italiana, anzi il più importante al mondo sia dal punto di vista della ricerca scientifica che della struttura”. In Italia la ricerca soffre delle carenze di investimenti economici. Questi risultati riescono a portare incrementi di disponibilità finanziarie? “Non perdiamo la speranza che questo succeda, anche se che negli ultimi 10 anni il bilancio dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare è stato ridotto del 30%. Siamo un ente pubblico e dal punto di vista normativo possiamo utilizzare solo 1/5 dei posti del turn over e abbiamo un taglio dell’80% sui contratti a tempo determinato. Il budget è limitato. I precari, tanti, hanno i contratti in scadenza a gennaio e io non so a tutt’oggi che fine faranno”. Quante persone lavorano in questi laboratori? “Tra dipendenti a tempo indeterminato e quelli a tempo determinato siamo intorno al centinaio, poi ci sono i borsisti, per un totale di circa 120 persone. L’importanza di questo laboratorio è che a fronte di 100 dipendenti fissi, quindi con un costo relativamente contenuto, abbiamo ogni anno la presenza di 900/1000 ricercatori da 29 paesi diversi. Un dato altissimo direi”.

Nata a Villa San Giovanni in Calabria, laureata con Lode in Fisica Generale all’Università di Roma La Sapienza nel 1971. Dal 1997 è stata Responsabile del Servizio Informazione Scientifica dei Laboratori di Frascati. Nel 2000 Direttore di Ricerca dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Ha svolto la sua attività di ricerca nel campo della fisica sperimentale delle particelle elementari di alta energia e nel campo della fisica astro particellare. Negli anni più recenti è stata impegnata presso i Laboratori del Gran Sasso nell’esperimento OPERA che utilizza il fascio di neutrini prodotto al CERN di Ginevra e inviato verso il Gran Sasso. Dal settembre 2009 è Direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN. Nell’aprile 2010 è stata insegnita dal Presidente della Repubblica dell’onorificenza di Commendatore al merito della Repubblica Italiana.

Rossella Rotondo,

Direttore Regionale dell’Agenzia delle Entrate DI

MIRA CARPINETA

non sono stata sempre presente in casa all’ora di pranzo, perché in ufficio, non è mai mancata la mia partecipazione alla vita dei miei figli e di mio marito, dai consigli scolastici agli impegni di coppia. Se ho tolto del tempo a qualcuno è stato solo a me stessa; niente shopping, niente tempo libero da dedicare alla mia persona , penso

ad esempio alla palestra , ma non ho mai privato i miei familiari della mia presenza e delle mie cure per loro”. Il lavoro: “ non mi piacciono le scorciatoie – continua- non mi sono mai piaciute. Ho la fortuna di lavorare in una struttura che pur essendo statale ha un’organizzazione di tipo aziendale privato che riconosce e premia i meriti e il valore

Donna & Donna


focus on di ognuno a prescindere dalla condizione di essere uomo o donna. Non condivido una legge che impone obbligatoriamente quote di presenze femminili sia negli incarichi, come nel caso dei consigli di amministrazione, che in politica . Se devo entrare in un consiglio di amministrazione deve essere in qualità di professionista in quanto tale, indipendentemente dal fatto che io possa indossare una gonna. Scendere a compromessi allontana il riconoscimento delle nostre professionalità e delle nostre qualità e poi le scorciatoie cozzano con la dignità. Molti dei miei collaboratori sono donne, nelle quali mi sembra di scorgere una maggiore poliedricità, naturale conseguenza della varietà di ruoli che sono chiamate a rivestire nella vita quotidiana:

mogli, madri, figlie. Ovviamente questo non vuole essere una “diminutio” dei miei collaboratori di sesso maschile dei quali riconosco e apprezzo la professionalità e la capacità gestionale; ritengo superfluo sottolineare che sto parlando in generale e semplicemente affermando che, secondo il mio punto di vista, professionalità, efficienza, bravura non hanno sesso. L’intelligenza unita alla sostanza raggiunge il risultato e, anche se qualche volta ci può sembrare al di sotto delle nostre alle aspettative - conclude la dottoressa- è sempre meglio fermarsi ad un gradino inferiore, con la consapevolezza che si è lavorato per raggiungerlo ma che si può sempre fare di più, piuttosto che stare sul podio per effimere peculiarità fisiche”.

Manola Di Pasquale avvocato DI

accio un lavoro prettamente maschile: l’ avvocato e gestisco uno studio da sola. So che alla fine del mese devo raggiungere determinati obiettivi economici, perché ho degli impegni a cui far fronte, ho altre famiglie che dipendono da me. L’impegno è maggiore, non mi pagano, io pago. Ho insegnato, faccio politica…il concetto è sempre lo stesso. Negli ambienti di lavoro e politica, per gli uomini si presume che sia capace, per la donna non vale lo stesso principio. Una donna deve dimostrare di essere brava, deve lavorare il doppio, per raggiungere il livello di parificazione. Siamo diverse dagli uomini, ma questo va bene. Il nostro essere donna lo dobbiamo portare anche negli ambienti di lavoro, non dobbiamo cambiare per lavorare. Anzi, se siamo più incisive, viene dalla nostra formazione. Spesso le donne non le vogliono in politica, perché non sono gestibili. Una donna se crede in ciò che fa lo persegue. Diversamente non è gestibile, neanche per appartenenza politica. Molto più seria per motivi morali. Gli uomini fanno politica e votano da sempre. Le donne solo da pochi decenni. Sono state parificate all’uomo nella famiglia nel 1977. Fanno politica da 50 anni. La

DANIELA PALANTRANI

donna è partita molto in ritardo. Siccome dobbiamo essere rimesse sulla linea di partenza al pari degli uomini, c’è bisogno di una legge (le cosiddette “quote rosa”). Quando saremo “parificate”, si potrà anche abolire. Se una donna parte al pari di un uomo, poi arriva prima…perché siamo più brave. Non è vero che le donne hanno raggiunto la parità, stiamo tornando indietro”.

Nata a Formia (Lt) nel 1955, laureata in Scienze Politiche, dal 7 giugno 2010 ricopre l’incarico di Direttore Regionale dell’Abruzzo dell’Agenzia delle Entrate. E’ stata anche Direttore Regionale del Molise, Capo Ufficio di Latina, Capo Ufficio di Cassino, Segretario Comunale nonché Docente in Diritto Tributario e Organizzazione Aziendale presso l’Università di Cassino.

Gli uomini fanno politica e votano da sempre. Le donne solo da pochi decenni... La donna è partita molto in ritardo


Carla Castellani (Pdl), medico e deputato edico, senatrice, oggi deputato, Carla Castellani ha una lunga storia da raccontare. Degli esordi comunali nella lista di An dice: era il 1995 , erano state istituite con legge le “quote rosa”, ed il partito era alla ricerca di candidate da mettere in lista per le amministrative in corso. Accettai dopo lunga riflessione, dovuta soprattutto agli impegni professionali e familiari che ritenevo potessero lasciarmi poco tempo per esercitare al meglio anche un ruolo politico. Non nascondo che la prima volta che sono entrata in consiglio comunale dopo l’elezione, mi tremarono le gambe per l’emozione e per la consapevolezza di trovarmi in un mondo di cui non avevo nessuna conoscenza né esperienza, ma con la certezza che le difficoltà che si fossero inevitabilmente presentate le avrei superate facendomi guidare dall’intuito e dal buon senso . Questi aspetti del mio carattere, oltre ad un impegno forte per capire, studiare ed approfondire le tematiche di cui di volta in volta mi occupavo, hanno costituito il mio modo di concepire la politica. Come sono cambiati ruolo delle donne e politica? Come sia cambiata la politica è sotto gli occhi di tutti . Dal ‘94 siamo in un sistema elettorale e di governance del paese di tipo maggioritario e bipolare tipico delle democrazie occidentali, capito molto bene dagli elettori, un po’ meno purtroppo dagli eletti, viste le sconcertanti transumanze che sono avvenute ed avvengono dal ‘94 ad oggi in ogni legislatura, sia a livello nazionale che regionale o locale. Credo che tutto questo abbia svilito il ruolo del politico ed allontani i cittadini dalla politica. Ma la politica è cambiata non solo nell’etica dei comportamenti, ma anche nel modo di

DI

MIRA CARPINETA

occuparsi dei problemi e delle istanze del territorio. Soprattutto in quest’ultimo decennio in cui le risorse economiche sono sempre di più limitate c’è necessità di fare squadra a tutti i livelli istituzionali, definire le priorità e gli obiettivi da raggiungere in particolare in regioni come la nostra che ha un numero di abitanti uguale se non inferiore ad un quartiere di Roma. Anche il ruolo delle donne è cambiato rispetto al passato, per fortuna in meglio. Oggi in tutte le istituzioni siamo più numerose, più consapevoli e quindi in grado di poter incidere un po’ di più rispetto al passato. Ma la strada da fare è ancora tanta ed irta di ostacoli e resistenze, nonostante sia opinione di molti che la donna in politica è un valore aggiunto per la sua diversa e spiccata sensibilità. Le donne sanno fare squadra? La mia esperienza mi porta a dire che su certe tematiche come la bioetica, l’istituzione di una rete per la terapia del dolore, le cure palliative, le detrazioni fiscali per gli asili nido, lo stalking, l’istituzione del garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza si è realizzato in parlamento un asse trasversale femminile che ha portato all’approvazione di queste leggi pressoché all’unanimità.

Carla Castellani (Rieti, 13 gennaio 1944) Laureata in Medicina e Chirurgia, ha svolto la sua professione di corresponsabile del Servizio di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale Civile “Giuseppe Mazzini” di Teramo. Attualmente è componente della XII Commissione permanente (Affari sociali) e componente della Commissione Parlamentare di inchiesta sugli errori in Campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali. Cosa direbbe alle giovani donne che vogliono fare politica e a quelle che invece non ne sono interessate? Direi a tutte la stessa cosa: la politica è una delle cose più interessanti nella vita e per la vita di ogni persona, l’arte di progettare e rendere concreto il futuro. Direi che non tutto il mondo politico è corrotto, possono esserlo le singole persone in tutti gli schieramenti e nei singoli partiti, ma non lo è di certo la vera politica. Per questo è importante, nonostante tutto, crederci ed impegnarsi oggi più che mai.

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Stefania Nardini Nardini, dirigente scolastico “Mi sono preparata per il ruolo che rivesto oggi; è stato un percorso lungo e tortuoso, ma l’ho affrontato sempre con uno spirito positivo e soprattutto cercando di conciliare il mio ruolo di madre e quello di dirigente”. Stefania Nardini, dirigente scolastico e preside dell’ITIS di Teramo, si racconta. La dirigenza è stata una scelta a cui si è dedicata con caparbietà, dopo la laurea ha intrapreso un percorso formativo lungo e complesso, importante, a suo avviso, per essere vicino alle problematiche dei giovani ed essere in grado di intervenire per dare risposte concrete anche alle famiglie; diversi master all’attivo, tra cui quello biennale per dirigenti scolastici a Teramo, poi a Ferrara per un master sui segnali di rischio e devianza giovanile, due master a Roma, uno sulla valutazione del sistema scolastico e l’altro su leadership e management, infine un master a Firenze, ancora su leadership e management. Non ha esitato a spostarsi in giro per l’Italia proprio per avere una preparazione completa e

sempre aggiornata, per rispondere a quelle che sono le esigenze dei giovani e di una scuola in continua evoluzione. Due figli, di cui va molto orgogliosa, uno laureato e l’altro prossimo a raggiungere lo stesso traguardo, ha aspettato che crescessero per dedicarsi con più costanza al suo lavoro. Da due anni guida l’IIS “Alessandrini-Marino”, di cui fanno parte IPSIA, ITIS e il nuovo Istituto Tecnico Superiore Agroalimentare post-diploma. Sotto la sua dirigenza sono stati raggiunti obiettivi di qualità per l’istituto teramano, come l’essere selezionato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca tra le istituzioni che saranno finanziate per il “Patto per la Scuol@2.0”, progetto didattico innovativo per lo sviluppo tecnologico dell’insegnamento; l’IIS Alessandrini-Marino è l’unica istituzione

Maria Assunta Di Domenico, assessore DI

DANIELA PALANTRANI

l coraggio delle donne è un tema sempre attuale, sempre coinvolgente. Non è necessario però guardare una fiction per cogliere questo coraggio dal vivo. A volte, anzi spesso, è sufficiente guardarsi intorno e saperlo riconoscere. La grinta di una madre, di una donna che vive quotidianamente situazioni straordinarie. Maria Assunta Di Domenico, tenace quarantenne di Torricella Sicura, ha scelto di portare avanti nel suo paese, per la collettività, quella che è anche la sua battaglia personale. “Custodire, garantire e far rispettare i diritti dei disabili, delle categorie svantaggiate e delle persone anziane è il mio obiettivo principale”. Assessore con delega alla scuola e al sociale, Maria Assunta, oltre ad essere una donna impegnata politicamente, è anche una mamma. “Come tantedonne, ho uno splendido bambino di sette anni, danneggiato dalle vaccinazioni pediatriche. Ha bisogno di essere seguito con molta cura da medici, docenti e terapisti che lo aiutino a recuperare, entro il più breve tempo possibile, quanto gli è stato portato via da una procedura ‘apparentemente innocua’. - precisa -.

Lotto, mi espongo, mi infervoro, insieme a mio marito che mi accompagna da oltre 18 anni, per i miei due bambini ... Lotto, mi espongo, mi infervoro, insieme a mio marito che mi accompagna da oltre 18 anni, per i miei due bambini: Emanuele e Nicolò, lotto anche per i miei assistiti, per quello in cui credo. Cerco di oppormi, nella maniera più efficace possibile, a chi cerca di calpestare, di violare i diritti di coloro che non hanno voce, in una società che si rifiuta di parlare di malattie, di bisogni e di vecchiaia, esaltando all’ inverosimile frivolezze ed eccesso”. L’assessore Di Domenico ha scelto la politica, come strumento per migliorare e parlare delle difficoltà delle minoranze. La politica, terreno di confronto difficile: “Talvolta insidioso, in particolar modo per le donne, ma la competenza, la serietà e la voglia di dare il meglio pagano sempre, in tutti i campi”.

scolastica della regione Abruzzo indicata dal Ministero, ed in Italia sono solo dieci le scuole selezionate.. Molto attiva anche nel sociale, Stefania Nardini fa parte della Croce Rossa Italiana, è membro dell’Osservatorio della famiglia e giudice specializzato presso la sezione minorile della Corte d’Appello di L’Aquila. Certamente non ama l’ozio e racconta di essere anche una grande appassionata di letteratura. È una donna caparbia e rigorosa, soprattutto con se stessa, e attribuisce alla sua filosofia e al suo pensiero la capacità di lavorare senza particolari difficoltà in un istituto prevalentemente maschile: “E’ fondamentale il rispetto per l’uomo, senza differenziazione alcuna tra uomo e donna, per me vale esclusivamente il concetto di persona”. MARIANGELA SANSONE

Lorena Mariani segretaria e chitarrista el panorama musicale nazionale ed internazionale sono veramente poche le band al femminile, quindi è un vero motivo di vanto per Teramo avere le Wide Hips 69, gruppo costituito quasi totalmente da donne, fatta eccezione per il batterista, Luciano (che tanto somiglia al Robert Plant dei Led Zeppelin). Lorena Mariani è la chitarrista di questa pink rock band e, senza ombra di dubbio, la ragazza ha grinta da vendere, energia allo stato puro. Ha una vita molto sfaccettata, di giorno segretaria in un noto e prestigioso studio legale teramano, la sera rocker scatenata nelle Wide Hips 69… e mamma a tempo pieno. Come concili il tuo serioso lavoro presso uno studio legale con le tue passioni: Sono inconciliabili. In tutti questi anni ho diviso nettamente la mia vita privata dal lavoro (anche se a volte purtroppo non ci sono riuscita), ma il più delle volte non ho trovato nell’ambito lavorativo una


27 nov. / 2011

condivisione con altre persone riguardante la musica, le moto, il cinema, il teatro. Sono due mondi totalmente diversi (fatte le dovute eccezioni, si intende). Non è stato semplice far accettare le mie idee ed i miei comportamenti poco conformisti in un ambiente dove giacca e cravatta, ma soprattutto tacchi e scollature, sono “la norma”. Che tipo di rapporto hai con tua figlia? L’ho avuta a 30 anni. Costruendo il mio rapporto con lei giorno per giorno, ho cercato di farle fare le proprie scelte da sola, di ispirarla ai miei stessi ideali, e le ho fatto ascoltare tanta musica sin da piccolissima. Pare che la cosa le sia piaciuta. Mi piace il fatto che l’ho resa indipendente sin da piccola. Lei è la mia metà ed io l’adoro. Come tutti i rapporti madre/figlia discutiamo spessissimo (fondamentale per il confronto), insomma ci

“odiamo” e amiamo alla follia. Nella tua vita hai un modello femminile che consideri punto di riferimento? Posso citare quattro donne: Billie Holiday, Janis Joplin, Patty Smith, Mary Margareth O’Hara... e ovviamente il gruppo in cui suono, The Wide Hips 69! Una donna che considero il mio punto di riferimento, oltre mia madre, sono io: abbiamo imparato tutte e due a rialzarci nelle varie cadute della vita ed a guardare avanti a testa alta. Sempre. Spesso ti vediamo sfrecciare per le strade di Teramo in sella a una moto. Grande passione mai sopita! Beh, quando ho comperato la mia moto, in una città come Teramo, diciamo che forse eravamo in due o tre a portarla, quindi eravamo come mosche bianche. Non mi sono divertita mai così tanto come in sella alla mia moto, e per sintetizzare un po’ il mio

pensiero posso citare un passaggio bellissimo del libro “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” di Pirsig: “Se fai le vacanze in motocicletta le cose assumono un aspetto completamente diverso. In macchina sei sempre in un abitacolo; ci sei abituato e non ti rendi conto che tutto quello che vedi da quel finestrino non è che una dose supplementare di TV. Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noiosissimo dentro una cornice. In moto la cornice non c’è più. Hai un contatto completo con ogni cosa. Non sei uno spettatore, sei nella scena, e la sensazione di presenza è travolgente. È incredibile quel cemento che sibila a dieci centimetri dal tuo piede, lo stesso su cui cammini, ed è proprio lì, così sfuocato eppure così vicino che col piede puoi toccarlo quando vuoi - un’esperienza che non si allontana mai dalla coscienza immediata”. Ecco, questo è quel che provo quando vado in moto. MARIANGELA SANSONE

Daniela soldato Daniela ha preso una decisione importante, di quelle che cambiano la vita: entrare nell’Esercito. Sicuramente una scelta non facile, che fa riflettere e anche sorridere tutte le donne che si sentono rappresentate da persone come lei, che smentiscono ogni giorno il termine “sesso debole”. Da 11 anni la percentuale della componente femminile è aumentata di anno in anno. E da questo punto di vista potremmo dire che Daniela, e tutte le ragazze che intraprendono questo percorso, ci rendono orgogliose di questo passo in avanti. Una conquista importante, segno di forza fondamentale per tutte: dalla bambina che preferisce il calcio alle bambole alla ragazza che sogna di diventare pilota di aerei. Prova di tutto ciò è Daniela, che ha scelto l’esercito per mettersi alla prova e per maturare. Come lei stessa ammette, le difficoltà sono all’ordine del giorno, rendendo il percorso più arduo, ma permettendole anche di avere tante soddisfazioni. Come ad esempio, il giorno del giuramento, quando tutte le persone che la circondano quotidianamente hanno assistito alla dichiarazione di una scelta. E sono proprio gli affetti che la sostengono, credendo in lei e nella sua decisione, ad aiutarla nei

momenti di difficoltà. Partendo dalla sua famiglia, che dopo una perplessità iniziale, l’ha appoggiata in pieno, aiutandola anche nelle situazioni peggiori. Ad esempio, dopo il suo infortunio, avvenuto dopo appena otto settimane di accademia. Durante un addestramento, Daniela batte il ginocchio contro una pietra e si procura una frattura, che poteva segnare la fine dell’ esperienza militare. I medici le dicono che potrebbe non riuscire a guarire completamente. Ma lei decide che non può finire così. Stringe i denti e alla fine la sua caparbietà ha la meglio, anche sul responso dei dottori. Torna alle normali attività e ricomincia a far tutto. come sempre. A marzo finirà il primo periodo, poiché è entrata nell’Esercito come volontaria in

forma prefissata di un anno. Non sa ancora quale sarà la sua scelta, se continuare nell’Esercito o unirsi ad altre Forze Armate, ma di una cosa è certa. A distanza di mesi dal primo giorno è ancora pienamente convinta della sua decisione e, se potesse tornare indietro, imboccherebbe di nuovo la stessa via. MARTINA SARGIACOMO

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Claudia Grenga, suora

vevo solo 18 anni quando decisi di appartenere al Signore per spendere tutta la mia vita nel formare coscienze capaci di fare scelte oneste, degne di una umanità che sognavo rispondente al progetto di Dio . Studiavo in una scuola importante di Roma. Le mie insegnanti, suore, erano per me dei modelli di impegno nella costruzione di una umanità più ricca e più bella. Avevo un sogno: volevo essere come loro, spendere tutta la mia vita per i giovani perché incontrassero attraverso la cultura, il bello ed il vero e farli innamorare della Bellezza e della Verità infinita. Sono la prima di tre figlie e mio padre non ha mai accettato la mia scelta, non è venuto alla mia vestizione e neppure alla mia professione, connotando di tristezza momenti significativi e importanti. Per mia fortuna la mamma è stata dalla mia parte e mi ha aiutato a realizzare il desiderio che custodivo tenacemente. Ho cominciato la mia vita religiosa con entusiasmo, tutto sembrava fatto per me. I sacrifici che incontravo pensavo che fossero occasioni per provare al mio Dio la fedeltà e l’amore. Giovane suora mi fu chiesto di approfondire gli studi teologici e biblici. All’inizio ho sofferto un po’ a lasciare la scuola, ma in seguito capii che quella era una seconda chiamata. Lo studio delle Sacre Scritture e l’amore alla Parola di Dio hanno segnato, da allora, la mia vita e la mia storia. Il mio cuore aveva bisogno di nutrirsi alla fonte per affrontare le tante difficoltà e le insidie che potevano arrivare da un impegno socio-culturale a trecentosessanta gradi. La Congregazione delle Suore della Carità di

Santa Giovanna Antida, la famiglia religiosa a cui appartengo e che amo, mi ha dato infinite possibilità e responsabilità. Ho avuto modo di conoscere alcune terre di missione dove le Suore della Carità danno la vita in prima linea nel sacrificio quotidiano, per dare dignità, per far riconoscere i diritti della persona, per dare anche il pane ed una carezza a chi non ha nulla. Ho ancora gli occhi ed il cuore pieni dei volti di bambini, “gli orfani bianchi” che hanno le loro mamme lontane, forse in Italia a fare le badanti nelle nostre case per dare loro, forse, un avvenire migliore. Ho percorso le strade ancora di terra battuta, nella lontana Moldova dove le mie consorelle, parlando ancora male il russo, riescono a dire a questi bambini e adolescenti che Qualcuno, attraverso loro, li ama e non li abbandona, sostenendo l’attesa della mamma che sicuramente tornerà o forse non tornerà più. Le storie sono tante e qualche volta dolorose. Il senso della famiglia è stato sradicato, il lavoro dissacrato, la fede distrutta. Qualche anziana donna conserva il Padre nostro scritto su un foglietto sdrucito, nascosto al tempo del comunismo, per non dimenticare e trasmettere ai figli la propria fede. Ho visto miracoli di bene, ho visto i poveri condividere il loro pane, ho imparato che si è più felici nel dare che nel ricevere. In questo nostro mondo globalizzato, dove il 20 % della popolazione ha accesso all’80% delle ricchezze del mondo, lasciando

all’80% le briciole per poter vivere, essere alternativi vuol dire vivere in semplicità per permettere agli altri semplicemente di vivere. La vita religiosa, la consacrazione a Dio è questa sfida e questa opportunità! In un mondo in cui la vita è un bene negoziabile, alternativi vuol dire riconoscere la dignità di ogni uomo, qualsiasi colore abbia, di qualsiasi religione sia, perché ha il volto del figlio di Dio. La vita religiosa è questa grido silenzioso e forte! In un contesto dove il potere è schiacciare l’altro, tradire , vendere, essere alternativi vuol dire servire l’uomo ferito nella sua dignità , umana, intellettuale e morale . Questo fa ogni religiosa con il suo voto di obbedienza a Dio. In una società in cui vale chi possiede, chi appare, l’ alternativo della suora della carità è vivere l’umiltà, la semplicità, la povertà, segno che la felicità viene dall’essere liberi da ogni vincolo di possesso. In una società dove le relazioni sono subordinate al profitto, la gratuità è il segno della presenza di Dio nella vita di questo nostro bellissimo mondo. Anche io, come suora della Carità, con il mio lavoro, spesso faticoso, ma sereno e rispettoso, vorrei contribuire alla nascita di una umanità nuova, più solidale e fraterna. Io so che non è solo un sogno!

CLAUDIA GRENGA


29 nov. / 2011

Lulla, universitaria Lulla La miglior qualità di una donna, di questi tempi, è l’adattabilità. Il periodo che ne richiede una dose maggiore è senz’altro quello in cui ognuna si adatta al mondo, dandosi delle regole. Il periodo universitario, per tante ragazze, è illuminante. Prendiamo l’esempio di Lulla, studentessa all’Università di Teramo, che racconta il suo primo anno accademico come un vortice di esilaranti avventure che l’hanno travolta e cambiata, facendola crescere. Affrontato il trasloco da una piccola città del Pescarese, Lulla inizia spedita la sessione d’esami all’Università, inebriata dalle nuove conoscenze e dall’immediata libertà che le ha provocato quel tanto desiderato distacco dalla famiglia. Lo descrive come un punto chiave nella vita di ogni persona, come un evento traumatico, ma al tempo stesso indispensabile. Non è di certo una “bambocciona”, bensì una

tipa che vuole i suoi spazi e ha dovuto lottare per tenerseli. La famiglia, infatti, le aveva chiesto di aiutarli a sostenerla economicamente nella città, poiché la crisi economica aveva causato loro non pochi scompigli. “Capisco che non è stato facile per loro ritrovarsi con uno stipendio in meno e una figlia che vuole fare l’università, ma non ho voluto rinunciare a questo obiettivo, che voglio realizzare, anche se comporta dei sacrifici”. Lulla comincia a lavorare in un piccolo bar, la sera, così da non saltare le lezioni. Lavora nei fine settimana e nei festivi, fa appena in tempo a tornare a casa per Natale, per poi ripartire qualche giorno dopo. I ritmi lavorativi e la lontananza dagli affetti la rattristano, ma per fortuna c’è chi la sostiene: la giovane donna trova l’appoggio delle sue coinquiline, con cui ha condiviso alcune delle più folli esperienze universitarie. Le prime feste a

casa, le spese pazze quando arriva lo stipendio, il frigo vuoto a metà mese. Le allegre serate universitarie, mandare a fuoco una pentola dimenticata sul gas, comprendere gli effetti dell’acido muriatico sulla felpa nuova, godere di poche ore di sonno per finire di preparare un esame, rimanere chiuse fuori casa. I racconti di queste esperienze quasi la commuovono. E’ un’avventura continua. I periodi belli si affiancano a quelli più duri, basta niente per demotivarsi e niente per ritirarsi su. Capisce che per muovere i primi passi da sola deve calibrare bene forza, impegno e autostima. Lulla scopre la fiducia in se stessa, se ce la farà a laurearsi (e noi glielo auguriamo) sarà per impegno, coraggio, volontà. JESSICA PAVONE

Fiamma, escort di Martinsicuro uello di Fiamma, escort di Martinsicuro, è un romanzo vero e proprio. Uno sguardo sul mondo della prostituzione della provincia di Teramo che va ben oltre la denuncia e che lei stessa sente di raccontare in un libro. “Lo intitolerò ‘Frammenti di una escort’ – confida, accendendosi una sigaretta, e appoggiandosi con un fianco al tavolino della cucina del suo monolocale –. Ci sto lavorando da circa due anni, e sarà il mio orgoglio: ho già trovato una casa editrice disposta a pubblicarlo”. Pensieri e parole di una creatività che va oltre l’ immagine da femme fatale inguainata in leggings neri effetto pelle, che le valorizzano le curve. Fiamma è molto altro: a guardarla, si intravede solo una piccola parte della sua

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vita ai margini, e il suo passato, “complesso e doloroso”, come lei stesso lo definisce, rimane un rebus irrisolvibile. Il suo lavoro è la sua maledizione, ma anche la sua “ancora di salvezza”, non fatica a confessarlo. “Il mio desiderio è che chi leggerà il mio romanzo possa aprire gli occhi su questo mondo –spiega – e magari, ne possa trarre giovamento. Meglio evitare questo circolo vizioso. Io ci sono entrata come tante altre per racimolare soldi ‘facili’. Inizialmente, tramite una conoscente come ballerina di lap-dance in un noto night del Salinello, poi come accompagnatrice. Non voglio essere ipocrita, questo lavoro diventa una droga di cui non puoi più fare a meno. Ho provato in passato a staccarmi definitivamente l’associazione on The Road di Martinsicuro in questo mi è stata molto vicina - ma ci sono sempre ricascata. Chi esce da questo giro vive un logorante senso di emarginazione che spinge velocemente a rientrarci. Guadagno bene, sono arrivata a fare anche 400 euro al giorno, 50 per ogni prestazione, 100 per quelle più ‘particolari’. Siamo sinceri, chi rinuncerebbe ad un guadagno del genere? Vorrei che le ragazzine che hanno lo stesso interesse a vendere il loro corpo e la loro dignità solo per soldi (e ce ne sono tante, davvero), capissero che c’è altro nella vita e che devono rimanere lontane da questo inferno”. Solitudine. Il male inevitabile che estranea chi si prostituisce alla società cosiddetta normale. Ma anche ai margini si può scoprire un po’ del calore umano del prossimo. “Tendo a non avere contatti con le altre ragazze che battono – dice, dopo aver confermato via telefono, in poco più di dieci minuti, ben tre appuntamenti con clienti per il pomeriggio stesso – , ma ricordo un episodio molto toccante, che vide una giovane prostituta nigeriana che batteva lungo la Bonifica morire per

Ho avuto troppe delusioni nella mia vita, non sono cieca né illusa. La mia esperienza mi ha fatto capire che gli uomini vivono aggrappati a un’immagine ...

un linfoma. Tramite le connazionali, si creò una vera catena di solidarietà tra le lavoratrici della zona per una colletta che permise alla madre della ragazza di poter raggiungere la salma della figlia qui in Italia. Ho trovato più dignità tra queste persone che tra gli affittuari che, quando capivano che lavoro facevo, pretendevano la percentuale su quello che dovevo versare al mese, rifiutandosi di farmi un regolare contratto. Sono sempre stata trattata come una diversa”. Fiamma non sembra essere interessata all’amore. Lo scrive lei stessa in un passaggio del suo libr. Non le interessa se i clienti si dichiarano innamorati alla follia, o se l’uomo per il quale prova un sentimento più profondo la usa da due anni a questa parte, illudendola per poi tirarsi sistematicamente indietro perché non ha il coraggio di lasciare la moglie. Fiamma dice di non credere negli uomini. “Ho avuto troppe delusioni nella mia vita, non sono cieca né illusa. La mia esperienza mi ha fatto capire che gli uomini vivono aggrappati a un’immagine di perbenismo incravattato e nauseante, salvo poi ritrovarli nel mio letto disposti a picchiarmi per sfogare le loro frustrazioni. Voglio finire il mio romanzo, provare a diventare una scrittrice. E’ la mia ancora di salvezza spirituale per cambiare davvero vita”. RAUL RICCI

Storie di uando ero a Lampedusa, durante un’intervista, un giornalista mi chiese: “Non hai una bella storia di lacrime e sangue?” Quella domanda mi turbò profondamente. Come poteva una qualunque storia di sofferenza colmare tutto quel bisogno di riscatto e speranza che accompagnava e accomunava il viaggio di tutti i migranti incontrati nel centro? La sofferenza vissuta giustificava la loro permanenza nel centro di Lampedusa, e quindi bisognava comunicare che gli immigrati stavano fuggendo dalla guerra e dalla disperazione, affinché si potesse tollerare la loro presenza. Le lacrime e il sangue possono essere la


31 nov. / 2011

Emanuela passione sarta pesso ascoltiamo e viviamo storie di adolescenti senza prospettiva e senza “sogni” per il loro futuro o meglio di giovani che agognano diventare la miss o la velina i turno. Emanuela si differenzia proprio per questo: un sogno e una passione. Diciassette anni, liceale con buon profitto scolastico, sorridente ed educata parla con mitezza della sua passione. Non vuole fare la modella, ma la sarta, vuole imparare il mestiere. “La cosa più difficile era trovare qualcuno disposto ad insegnarmi i segreti del cucire, passarmi il mestiere come si dice. I sarti sono gelosi della loro arte”. Perché di questo si parla, di una manualità di altri tempi. “Sapevo usare la macchina da cucire grazie agli insegnamenti di nonna, ma volevo imparare di più. Un giorno ho visto un cartello di un corso di cucito in un atelier in centro, e ho pregato mia mamma di accompagnarmi per parlare con la sarta. Purtroppo il corso si era da poco concluso, e avrei dovuto aspettare diversi mesi per l’inizio del nuovo. La mia delusione è stata tanta che la sarta intenerita dalla mia

delusione e meravigliata della mia voglia di imparare ha acconsentito ad iniziare le lezioni subito, in attesa dell’inizio del nuovo corso”. Meraviglia e gioia traspaiono dagli occhi di questa giovanissima che in fondo ha già le idee chiare: finire il liceo, imparare a cucire per il momento imbastitura e creazione di un tubino...poi arriveranno perché no?, abiti da sposa o di alta moda. “A Roma esiste l’Accademia di Alta Sartoria, che io vorrei frequentare, per adesso ‘stilista’ è un termine troppo importante, creazione e studio di materiali, colori e quant’altro. Mi piace creare, per adesso voglio diventare una sarta, poi vedremo”. ANTONELLA LORENZI

La cosa più difficile era trovare qualcuno disposto ad insegnarmi i segreti del cucire ...

migranti causa di una partenza, ma il viaggio di un migrante è essenzialmente forza e vita che non si arrendono; proprio per questo non voglio offrire ai lettori un racconto capace di impietosire l’anima per far assaporare l’idea della sofferenza che accompagna la scelta di lasciare il proprio paese, ma voglio soffermarmi solo sulla speranza e sulla tenacia di quel viaggio. Nella storia di una migrante, c’è la storia di tutte le donne. Quella che appartiene ed è condivisa da tutte le generazioni che si sono susseguite nei secoli. Quel viaggio immenso della femminilità, che con la maternità celebra il dono supremo, è l’unica storia possibile da raccontare a chi ha dimenticato il senso del sacrificio totale che accompagna la scelta di un viaggio, qualunque sia la meta.

Nelle donne migranti, conosciute durante il mio cammino umano e professionale, ho incontrato la determinazione di occhi pronti a tutto pur di inviare dei soldi a casa: ragazze vendute che, come animali in attesa della mannaia, si offrivano alla macellazione di una società affamata di sesso e soldi; donne in attesa dei loro uomini, che con molta fatica, trattavano su una busta paga capace di convincere le autorità a riconoscere il loro diritto al ricongiungimento familiare, come se il desiderio di continuare a vivere con la propria famiglia dipendesse da una

Chiara, aspirante velina e Maria Teresa, soprannominata “suora” “… Negli occhi hanno dei consigli e tanta voglia di avventure / e se hanno fatto molti sbagli sono piene di paura / le vedi camminare insieme nella pioggia o sotto il sole / dentro pomeriggi opachi / senza gioia né dolore…” E’una fredda domenica d’autunno. Mi accascio di fronte ad un corposo focolare. Con me due cuffie ed un mp3, che riproduce continuamente, ad un mio click, la canzone di Zucchero, “Donne”. Penso e rifletto. Anche io sono una ragazza e, in quanto tale, posso constatare come la donna sia la creatura più complessa che mi illudo di conoscere. Ho 18 anni, e mi trovo a decidere della mia vita, a cosa desidererei essere e diventare, penso a cosa mi potrebbe aggradare maggiormente , rifletto su come muovermi più facilmente in direzione della felicità… d’altronde ognuno è artefice del proprio destino. Ma di fronte a me si apre un mondo di idee e di prospettive totalmente differenti e in contrasto fra di loro. Ho bisogno di certezze e mi ritrovo a discutere del futuro con due amiche che sembrano, a differenza mia, avere degli obiettivi ben chiari. L’ironia del destino mi pone davanti Chiara, 19 anni, aspirante velina e Maria Teresa, 18 anni, soprannominata dai suoi compagni “suora”. Inizia così un focoso scambio di “botta e risposta” che si protrae determinata capacità reddituale. Ho ammirato il loro coraggio nell’affrontare quel viaggio, nel sentire che lasciavano una parte della loro vita: il calore di quell’abbraccio lontano, tanto desiderato nelle notti passate da sole; il pianto e il sorriso di quel figlio che non avrebbe visto per anni sua madre. Non si può raccontare la storia di chi decide di emigrare, si può solo accogliere e riconoscere il suo diritto a costruirsi un futuro migliore. STEFANIA DE NICOLAIS

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focus on per più di un’ora. Chiara, su quali principi e valori basi la tua vita? Indubbiamente l’amore, ossia un ragazzo bello e premuroso che possa farmi sentire una vera principessa. Seguono poi ovviamente il supporto della famiglia e l’amicizia: solo con le amiche. Si possono condividere delle stupende giornate rivitalizzanti tra shopping, scarpe e nuovi tagli di capelli… Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Ciò che più mi auguro per il futuro è riuscire in un lavoro che mi permetta di frequentare persone altolocate o, anche se sarebbe un sogno ad occhi aperti, membri del jet set nazionale e non solo. La gavetta ne sono cosciente, è dura, ed è per questo che ho partecipato a diversi concorsi di bellezza regionali, e intrapreso un corso di recitazione per migliorare la spigliatezza in pubblico. Temi il giudizio della gente? Oggi, il mondo delle veline o, più in generale, delle ragazze “in vista”, è oggetto di ampie critiche mosse non soltanto contro la nostra immagine, ma ancor di più contro la nostra intelligenza. Pregiudizi a mio parere del tutto infondati, e dettati da pura invidia. Appunto per questo che non temo il giudizio della gente. Chi critica dovrebbe vedere oltre la borsa firmata, oltre l’aspetto ben curato e noterebbe una ragazza con un sogno…quello di emergere. Non cambierà il mondo, ne sono consapevole, ma è questo il pensiero che mi rende felice. Qual è la tua posizione nei confronti delle ragazze tutta “casa- scuola- chiesa? Le ragazze cosiddette “suore”, a mio parere, non hanno un carattere, e se rinunciano ad apparire, non lo fanno per seguire determinati ideali, come vorrebbero far credere, ma semplicemente perché non hanno le carte in regola per farlo! Hanno paura di esporsi… e sono proprio loro quelle che temono il giudizio della gente. A coloro che si fanno portatrici della bandiera del “perbenismo” dico che la giovinezza è una, sola e irripetibile… godetevela! Controbatte Maria Teresa. Sono una ragazza di periferia cresciuta secondo la mentalità di una famiglia, come si direbbe oggi, “di vecchio stampo”. I miei genitori mi hanno educato secondo dure e severe leggi di rigore e decoro e imposto una forma mentis non spesso condivisa, accettata ed apprezzata dalla generazione moderna. Per questo motivo sono sempre stata un po’ “tirata” fuori dal gruppo, evitata. Mentre i miei compagni trascorrono i loro sabato sera alla ricerca del brivido della movida notturna di discoteca in discoteca, io ho a malapena il permesso per un cinema pomeridiano, o per una passeggiata con delle amiche che conto sulle dita di una mano. Nei momenti difficili me

la sono sempre cavata da sola. Ho sbagliato, ho fatto tesoro dei miei errori, ho imparato, ma in qualunque circostanza ho fatto sempre affidamento su una ipotetica “terza mano”. Credo fortemente in una presenza superiore a quella umana; a un “principio primo” dal quale siamo partiti e dal quale riceviamo protezione. Ho assorbito nel tempo una forte vocazione, e se il seme è stato posto per bene nel terreno fertile, se verrà ogni giorno irrigato con della buona acqua, germoglierà e produrrà frutto, o almeno così mi auguro che sia. Cosa pensi delle aspiranti ragazze immagine? Inviterei calorosamente questo genere di ragazze a ricordare che siamo creature dotate di cervello, cuore, anima, intelligenza e carattere. Non facciamo del nostro corpo solo lo strumento per raggiungere ideali mondani futili ed effimeri, che non ci porteranno lontano. Siamo donne, abbiamo lottato molto per i nostri diritti e continuiamo tuttora a farlo. Lasciamoci trattare da persone. Le attrezzature usa e getta che le usino i carpentieri! ANNA DI PIETRO

Chi critica dovrebbe vedere oltre la borsa firmata, oltre l’aspetto ben curato e noterebbe una ragazza con un sogno…quello di emergere. Non cambierà il mondo, ne sono consapevole, ma è questo il pensiero che mi rende felice ...


Italia

nonna rampante Questa è la storia di Italia, settantacinquenne comune, con un nome importante. Dopo una vita di sacrifici e la dolorosa perdita del marito, si riscopre e racconta la sua seconda, esuberante, gioventù. “Dopo essere rimasta sola ho saputo di un centro sociale per anziani vicino casa, ho iniziato a passarci dei bei pomeriggi in compagnia di mia cognata, e ho scoperto molte cose nuove. Ho imparato a giocare a burraco e a ballare il liscio, ho seguito un corso di ceramica, sono andata in visita a Napoli e in altre città: insomma faccio sempre qualcosa di nuovo e mi diverto molto”. Ha stretto nuovi rapporti e amicizie,

scoperto storie simili alla sua e condivide le gioie della famiglia con i suoi nuovi amici. “Ho fatto una vita di sacrifici - prosegue Italia –, e non mi sono mai sentita così giovane e libera come in questo periodo. Non avrei mai potuto immaginare di riprendere a vivere così, come neanche da ragazza potevo permettermi di vivere!” La nonna rampante descrive la sua giornatatipo, divisa in due momenti fondamentali: la mattina, in cui si diletta tra le faccende di casa e le commissioni, e il pomeriggio, come momento di relax da passare in compagnia. Si è dimenticata della noia, della solitudine. “Non amo rimanere da sola, perché la solitudine uccide”, dice, e lei invece vuole vivere ancora a lungo, e bene. Pensando agli anni passati, ricorda di quando ha lasciato il lavoro in un atelier d’alta moda per seguire e crescere le figlie, e di quanto le è mancata, per tutta la vita, l’indipendenza di un lavoro e la libertà di fare delle scelte proprie. “Certo che tutto si giustifica, l’ho fatto per la famiglia: è la cosa più importante”. JESSICA PAVONE

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34 nov. 2011

A proposito di

Steve Jobs devi essere determinato, impegnarti e lavorare duro, avere una visione, solo così potrai davvero arrivare ovunque...

gni tanto al mondo nascono uomini così, per i quali la parola “straordinario” assume tutti i significati dell’etimo. Ho sempre pensato a Steve Jobs come al Leonardo da Vinci del nostro secolo, perché, come lui, ha “visto” il futuro e le possibili evoluzioni del genio e dell’immaginazione. Eppure anche un grande si piega al volere del destino, proprio quel destino bizzarro che gli ha donato una vita straordinaria da artista (come lui piaceva definirsi), da battitore libero, permettendogli di essere un visionario, un romantico, ma soprattutto un “ingegnere dei sogni”, che come una bella fiaba prima di andare a dormire ha incantato tutti noi. Purtroppo la fiaba è giunta al termine. C’è tanto da raccontare di Steve Jobs, di quel genio che è riuscito a sintetizzare arte e tecnica, che ci ha permesso di comunicare

in maniera diversa grazie all’informatica non più dogma per pochi eletti. Basti pensare alle sue creazioni davvero innovative (iMac, iPod, iPhone ed iPad solo per citarne alcune), strumenti copiati da tutte le grandi aziende del mondo e comunque irraggiungibili. Un personaggio del XXI secolo, che attraverso la sua straordinaria avventura umana e professionale è riuscito ad essere un grande imprenditore, l’icona di una intera generazione, un uomo simbolo dell’impegno e della liberta di agire. Basti pensare alla sua celebre frase presente nel discorso all’Università di Stanford nel 2005: “Siate affamati, siate folli”. Un frase ripresa da Jobs da una vecchia pubblicità cartacea degli anni Settanta e divenuta una filosofia di vita, il cui significato è davvero profondo: “devi essere determinato, impegnarti e lavorare duro, avere una visione, solo così potrai davvero arrivare ovunque.” E quando la recitava, sembrava che Jobs volesse dirla ad ognuno di noi, sussurrarla al nostro orecchio e farci

credere in un sogno, il nostro sogno. Ma Jobs è stato anche un eccentrico personaggio, spesso scontroso ed esageratamente perfezionista fino alla paranoia, difficile da trattare e stravagante, mandato via anche dall’azienda che aveva creato. Tuttavia, ho sempre pensato che una possibile strada per poter intuire un genio possa essere proprio quella di ascoltarne le critiche, osservarlo, interrogarsi sulle


35 nov. / 2011

Steve Jobs 1955 - 2011

LEGGENDE SUL LOGO APPLE

sue riflessioni ed imparare da tutto ciò che lascia in eredità. Concludendo, desidero riportare la sua più importante visione avuta tanti anni fa: “Il futuro dovrà essere non delle macchine, ma di tutti quegli strumenti che ci permetteranno di avere sempre accesso all’informazione, di poter essere sempre collegati, ma soprattutto di poterli utilizzare nei momenti di relax, quando giocherò con miei figli, quando guarderò la tv o sarò a tavola”. Oggi grazie alle sue geniali intuizioni tutto questo è realtà. GIAMMARIA DE PAULIS

1. Alan Touring, matematico, logico e crittanalista britannico, considerato uno dei padri dell’informatica, fu arrestato per omosessualità e condannato alla castrazione chimica. A questo punto preferì il suicidio, mordendo una mela avvelenata con cianuro di potassio (si dice che avesse mostrato molto interesse, anni prima, per la storia di Biancaneve e i sette nani). 2. Steve Jobs, nell’estate degli anni 1975 o 1976, sicuramente stava lavorando in una piantagione di mele nell’Oregon e probabilmente, nel 1976, oltre al celebre soprannome “woz”, diede l’appellativo “Apple” al suo socio Steve Wozniak. Il nome Apple tuttavia poneva un problema legale: la somiglianza con il nome della casa discografica dei Beatles, la “Apple Records”, portò la Apple Computer Inc., nel 1989 ad essere querelata per violazione dei diritti sul copyright. 3. Un’altra leggenda, la più veritiera, collegherebbe il simbolo di Apple alla

mela di Newton. Infatti nel primo logo della Apple era raffigurante proprio Isaac Newton posto sotto ad un albero di mele. 4. Un’altra leggenda narra che nel periodo della fondazione di Apple, Steve Jobs fosse appena diventato vegetariano, ed il suo frutto preferito fosse proprio la mela. 5. Altra ipotesi è che scelsero come logo e nome la mela per far capire che utilizzare prodotti della Apple fosse facile quanto mangiare una mela. 6. Si dice anche che Steve Wozniak avesse scelto il nome Apple anche per farla risultare tra le prime aziende nella lista nell’elenco telefonico. 7. Infine, un’ultima ipotesi (confermata anche in un documentario da Steve Jobs) narra che mentre stavano scegliendo il nome della casa, videro, poggiata su un tavolo, una mela morsicata. 8. Alcuni confusero negli Stai Uniti la mela con il pomodoro


36 nov. 2011

Cervelli in fuga L’esperienza (migrazione) all’estero di giovani teramani tra nostalgia e vere occasioni

DI

VINCENZO LISCIANI PETRINI

ualche settimana fa un ragazzo di Teramo, Simone Petrella, si è sposato in Portogallo trasferendosi in pianta stabile: nuova vita, nuova dimensione in cui crescere. Certamente l’amore ha avuto un grande peso nella scelta (Ana, sua moglie, è portoghese), ma non solo. C’entrano, infatti, anche le opportunità. Nell’università di Braga, dove attualmente lavora, racconta di questa sua esperienza: “Sto lavorando da alcuni mesi, come dottorando. E’ vero che, al momento, il dottorato non è retribuito, ma siamo trattati con serietà e la cosa che mi colpisce è l’ambiente, del tutto diverso. In Italia giudichiamo ‘giovane’ un professore se ha non più di cinquant’anni… qui, per giovane intendono ‘giovane’: massimo trentacinque anni. Puntano molto su chi ha davvero voglia di fare e rendersi utile. I giovani si sentono davvero il futuro…”. Nel film di Checco Zalone l’Italia è, invece, il paese dove studiare “non serve a un…” diciamo niente, e giù risate. Il dramma dei nostri tempi è comico. Professori precari di quaranta, cinquant’anni in fila ai sindacati per aggiornare le graduatorie, aggiungendo master fasulli che hanno pagato chissà quanto. Trentenni disoccupati che provano un dottorato più per tentare qualcosa e non fermarsi che per reale vocazione alla ricerca. Mancano intanto gli artigiani, perché tutti

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37 nov. / 2011

giovani e il futuro ...

credono che anche se studiare non serve, una laurea occorre sempre. Guardiamo questi mesi, settembre e ottobre: migliaia di giovani che entrano nelle università: per finire in tempo e lanciarsi, o restarvi anni, non fa differenza. Ci vanno tutti, con o senza vocazione allo studio. L’università è diventata ormai un parcheggio, una sosta obbligata piuttosto che tappa di un percorso della loro vita. Chi sa leggere la situazione, ha studiato e sente di meritare qualcosa per i suoi sforzi, va via alla ricerca di uno sbocco qui inesistente o quasi. L’esperienza all’estero attrae e spesso attira definitivamente. Riccardo Porreca, altro ragazzo di Teramo, parla così della sua esperienza in Colombia per l’elaborazione della sua tesi in architettura: “Professori giovanissimi, un ambiente splendido. La mia tutor, a cui tutti davamo del ‘tu’, ci seguiva personalmente, cercando solo di far emergere in pienezza la nostra idea, e suggerendo il know-how per arrivare ad esplicitarla. La più bella situazione di studio in cui mi sia mai trovato. La capo-dipartimento invitava regolarmente tutti quanti a casa sua per cene di lavoro in un clima di reciproco scambio e cordialità”. E ancora Martina Colli, giovane musicista e compositrice teramana, da un anno a Berlino, racconta: “Bellissima esperienza, anche se all’inizio davvero dura. Incrocio le dita su tutto quello che di bello da adesso in poi potrebbe accadere da un punto di vista

L’Università è diventata ormai un parcheggio, una sosta obbligata piuttosto che tappa di un percorso della loro vita ...

personale e professionale. Il cambiamento non mi spaventa, è un periodo di crescita per me, in questo momento imprescindibile.” Intanto sono impazzate le proteste a Roma. L’Italia ne “La meglio Gioventù” è definita “un paese da distruggere”, dove tutto resta fermo in una quiete apparente. Qualcuno l’ha inteso letteralmente, a dispetto delle intenzioni pacifiche di migliaia di ragazzi e di famiglie che pacificamente volevano solo far capire che in Italia esiste ancora un’opinione pubblica come garanzia di futuro. Ma forse i black-bloc non volevano distruggere solo le vetrine e i negozi. Miravano ad altro e ci sono riusciti. Intanto altri cervelli fuggono.


38 nov. 2011

Neutrini, supernove e premi Nobel

A CURA

DI

OSCAR STRANIERO *

on sarà sfuggita al lettore di questa rubrica la recente inusuale attenzione dei media per la fisica e l’astrofisica. L’esperimento Opera ha scosso le nostre ordinarie esistenze annunciando di aver scoperto che i neutrini possono viaggiare a velocità superiori a quella della luce. Il pensiero corre al povero vecchio Superman,unico viaggiatore superluminale finora accreditato. Diversamente dal kriptoniano, il neutrino è una particella elementare di massa piccolissima e priva di carica elettrica. Il suo buffo nome fu inventato da Enrico Fermi, che insieme a Wolfgang Pauli ne ipotizzò l’esistenza per salvare la legge di conservazione dell’energia apparentemente violata dai decadimenti dei nuclei radioattivi. La principale caratteristica del neutrino è l’inafferrabilità. Non sente, infatti, la forza elettromagnetica e quella nucleare forte, mentre interagisce solo debolmente con la materia. Ogni secondo della nostra vita, siamo attraversati da alcune decine di miliardi di neutrini prodotti dal Sole, ma non ce ne accorgiamo. Per lo stesso motivo, non è necessario costruire

un tunnel per far passare i neutrini in centimetri (su circa 700 Km). Gli autori transito da Ginevra al Gran Sasso, perché della misura sono convinti di esserci riusciti. la crosta terrestre è trasparente, per Le implicazioni per la nostra comprensione queste inafferrabili particelle, come il vetro del mondo fisico potrebbero essere enormi. lo è per l luce. Opera è un esperimento Non si tratta, come qualcuno ha affermato, della concettualmente semplice; sfrutta infatti avventatamente lo stesso metodo impiegato dai tutor per dimostrazione che la teoria della relatività è sbagliata. Se la misurare la velocità misura di Opera delle automobili sulle fosse confermata, autostrade . In pratica, il neutrino si tratta di misurare Che i neutrini fossero superluminale ci la distanza tra il potrebbe indicare la Cern (dove sono particelle con strada per sviluppare prodotti i neutrini) e proprietà curiose lo si una teoria superiore il laboratorio INFN sapeva da tempo che incorpori, come del Gran Sasso e il suo caso limite, tempo impiegato dai la stessa teoria di neutrini a percorrerla. Einstein. Dividendo la distanza Come sempre accade per il tempo si ha la velocità. La difficoltà sta tutta nella enorme in questi casi, gli scettici non mancano. Nel febbraio del 1987, diversi esperimenti precisione con cui bisogna effettuare le due misure di tempo e spazio. Per essere osservarono il flusso di neutrini prodotti da sicuri della velocità di questi mini-Superman, una supernova esplosa nella Grande Nube occorrono orologi sincronizzati al di Magellano. Abbiamo già parlato in queste nanosecondo (il tempo di volo è di appena pagine di queste stelle che esplodono 2,4 millesimi di secondo) e “righelli” in diventando in pochi secondi più brillanti grado di apprezzare differenze di qualche dell’intera galassia che le ospita. Essendo


39 nov. / 2011

oggetti molto lontani dalla Terra, la luce (e i neutrini) devono viaggiare per molto tempo prima di poter essere osservati. La supernova in questione (nota come Sn 1987A) esplose circa 100 mila anni fa. Se i neutrini avessero viaggiato più velocemente della luce, come suggerito dalle misure di Opera, sarebbero dovuti giungere a terra anni prima della luce emessa dalla stessa supernova. Un rompicapo che può avere molte possibili soluzioni. E’ possibile che almeno uno dei due risultati sia sbagliato. Ma se entrambi gli esperimenti sono corretti, allora i neutrini prodotti al Cern potrebbero essere diversi da quelli prodotti dalle supernove. Scoprire in cosa consistano queste differenze potrebbe essere la chiave per capire finalmente le leggi fisiche che controllano gli strani comportamenti di queste particelle Che i neutrini fossero particelle con proprietà curiose lo si sapeva da tempo. Negli anni settanta un esperimento effettuato da Ray Davis in una miniera a Homestake negli Usa misurò per la prima volta il flusso di neutrini provenienti dal sole e concluse che ne giungevano a terra molti meno di quanti dovevamo aspettarcene (circa un terzo). Il mistero fu spiegato da un ex “ragazzo” di via Panisperna, Bruno Pontecorvo, che ipotizzò la cosiddetta oscillazione di “sapore” dei neutrini. In pratica, i neutrini elettronici (il tipo prodotto dalle reazioni nucleari che del sole) si possono trasformarecambiando

alcune loro proprietà. Opera era stato progettato proprio per verificare questa curiosa attitudine dei neutrini. Si è invece imbattuto in un’altra stranezza. Sole, supernove, neutrini; da quanto si è detto si capisce quanto la fisica e l’astrofisica siano in realtà due facce della stessa medaglia. Proprio dalle supernove è arrivato il Nobel della fisica 2011, assegnato ai tre astronomi che hanno studiato le supernove di tipo Ia, portando alla luce un fatto strabiliante e inaspettato: negli ultimi 6-7 miliardi di anni l’espansione dell’Universo è accelerata, nel senso che oggi le galassie si allontanano le une dalle altre a velocità maggiore che nel passato. Questo fatto implica l’esistenza di una forma di energia ignota (la Dark Energy o energia oscura) che si oppone all’azione frenante della gravità e sostiene l’accelerazione dell’espansione. L’energia oscura pervade tutto lo spazio, anche quello intorno a noi. Come per i neutrini del Sole, non percepiamo la sua presenza, ma senza di essa non sarebbe possibile comprendere la dinamica dell’Universo che ha determinato la formazione delle galassie e la nascita delle stelle e dei pianeti. Tra essi, il nostro sistema solare e la terra, dove si sono verificate condizioni favorevoli per lo sviluppo della vita, dalle prime forme elementari fino a quelle complesse dell’odierna biodiversità. Comprendere l’energia oscura o i neutrini e i loro rispettivi ruoli nella dinamica

Notizie da

Collurania Prossimi appuntamenti dedicati al pubblico degli appassionati di scienza (tutte le informazioni possono essere trovate sul sito www.oa-teramo. inaf.it). Il 3 novembre alle ore 17 presso la sala polifunzionale della provincia, il workshop su “Astronomia nella letteratura e nell’arte”. Anche quest’anno è stato emesso il bando del premio “Vittorio Castellani” rivolto agli studenti delle scuole medie e superiori di Teramo. Sono iniziate le preselezioni delle Olimpiadi dell’Astronomia per Marche, Umbria, Abruzzo e Molise . Gli elaborati dovranno pervenire all’Osservatorio di Teramo entro il 14 novembre. universale può quindi anche aiutare a capire quello che noi stessi rappresentiamo nel complesso sistema della natura. A questo devono aver pensato i membri dell’accademia delle scienze svedese quando hanno premiato gli esimi colleghi astronomi. * DIRETTORE INAF - OSSERVATORIO ASTRONOMICO DI TERAMO


40 nov. 2011

TERAMO CHE FU: Chiesa di Sant’Agostino

* Foto realizzate per gentile concessione di Claudia Rita Castracane, direttore dell’Archivio di Stato di Teramo e del parroco del Duomo, don Aldino.

il chiostro

el cuore del capoluogo teramano è situata la chiesa di Sant’Agostino, uno sfondo insospettabile percorrendo la centralissima via Costantini. Un gioiello della antica Teramo dal quale provengono due pregiate opere d’arte: il polittico del maestro Jacobello del Fiore, che oggi ritroviamo nella Cattedrale e un affresco della Madonna col Bambino detta “Madonna del Soccorso”, attribuito a Giacomo da Campli conservato nella Pinacoteca Civica. Gli agostiniani si insediarono in città sin dal XIV secolo. La fabbrica del complesso religioso si impiantò sopra l’area di un precedente edificio di culto dedicato a San Giacomo. Trascorsero secoli di grande floridezza fino a quando il convento fu soppresso e adibito a carcere. Di conseguenza fu necessario distaccare da esso il muro della chiesa che gli si appoggiava. Questo tentativo portò alla demolizione del tempio nel 1875 ma l’oratorio non fu distrutto. La riedificazione avvenne nel 1878 su progetto dell’architetto Giuseppe Lupi, il quale operò molto nel teramano. Infatti realizzò anche la cappella gentilizia di San Gaetano a Giulianova. A Mosciano

Sant’Angelo attuò l’ampliamento della chiesa dell’Addolorata e progettò il SS. Rosario ispirandosi al Pantheon di Roma oltre a ricostruire l’edificio di Sant’Agostino in stile neoclassico così come oggi si presenta. La facciata Nel mezzo del Largo Sant’Agostino, il visitatore curioso o il fedele cristiano è attratto dalla facciata sobria e allo stesso tempo solenne e maestosa. E’ ripartita

La fabbrica del complesso religioso si impiantò sopra l’area di un precedente edificio di culto dedicato a San Giacomo da quattro doppie lesene che partono da una base rialzata rispetto al piano battuto.

Sono sormontate da un capitello ionico composto da abaco ed echino. Guardando dal basso verso l’alto: l’echino è decorato con un “Kyma ionico” detto a “ovoli e lancette”. Lateralmente si affacciano due palmette. Sopra c’è il “nastro dell’abaco” che termina con due volute. Ciascuna, al centro “sull’occhio della voluta” presenta un fiore. L’abaco sorregge l’architrave decorato da modanature lisce e dentelli. Il tutto è doppiamente ripetuto nella splendida soluzione d’angolo. All’estremità del piccolo timpano c’è una Croce. La linea a doppio spiovente è sottolineata da cornucopie poggiate. Le lesene terminano con due cuspidi a tronco di piramide sormontate da pigne: simbolo funerario. La sinergia cromatica della pietra, del mattone, degli stucchi allega virtuosamente. Il portale è decorato da un motivo dato da tralci a “S”, con andamento orizzontale, simmetricamente contrapposti. Dall’unione delle spirali nascono calici e altri motivi vegetali. L’interno è a navata unica, con sei cappelle decorate da rilievi a stucco. All’incrocio con il transetto è posta una grande cupola. Dominano il bianco, colori pastello e le dorature. L’attenzione si


41 nov. / 2011

particolare del portale

sofferma sulla tela che si colloca sopra al coro e sulle statue della Madonna col Bambino e Sant’Agostino. L’organo settecentesco si trova nella controfacciata sopra al portale dell’ingresso principale. L’oratorio L’ambiente predilige lo spazio longitudinale tagliato da due bracci trasversali. Sul punto d’intersezione si apre la cupola con lanternino sorretta da quattro pennacchi dove si trovano gli Evangelisti dipinti nel 1853, da Bernardino De Filippis-Delfico. Si tratta di una stanza di straordinario decoro. Sulle pareti sono esposte pregevoli tele del settecento entro cornici in stucco dorato. Rappresentano episodi della vita della Madonna (per esempio l’Assunzione del 1741). Sulla volta a botte si apprezza l’affresco che mostra la Vergine mentre

consegna la cintura a Santa Monica in presenza degli agostiniani. Il convento Recentemente restaurato è l’attuale nuova sede dell’Archivio di Stato di Teramo. La valorizzazione del complesso monastico permette di entrare nel cuore della struttura antica. Ora in maniera ancora più sentita dato che, la chiesa persevera in stato di inagibilità dal 6 aprile 2009. D’altro canto nella sala studio dell’archivio, studiosi insaziati dalle fonti storico-documentarie hanno la possibilità di ammirare i resti di arcate in pietra e un Agnus Dei scolpito, ancora in situ, sull’estradosso dell’arco che stimola il confronto con gli altri esempi individuabili sui portali della città. GIUSEPPINA MICHINI

l’interno


42 nov. 2011

“Nei miei pensieri, ma…” Intervista a Mons. Michele Seccia Vescovo della Diocesi di Teramo-Atri È vero che è in progetto di recuperare un progetto di valorizzazione dei beni la chiesa di Sant’ Agostino facendola storico-artistici ed ecclesiastici potrebbe rappresentare un input per l’avvio dei diventare un museo d’arte sacra? “C’è un desiderio che sto coltivando da tanto lavori di risanamento? tempo e dovrebbe diventare un progetto ma “Le condizioni di partenza oggi non ci sono. S. poiché i passi si fanno secondo le possibilità e le Agostino, con tutta la sua importanza, è solo disponibilità al momento dobbiamo rimandare. una delle decine e decine di chiese in tutta la Credo che Teramo necessiti e meriti l’istituzione diocesi che hanno subito dei danni. Inoltre non di un Museo Diocesano. Le opere di grande è officiata e anche per questo non rappresenta pregio che potrebbero essere predisposte alla al momento una priorità. Delle 135 chiese da fruizione della comunità sono veramente tante. recuperare in Abruzzo trenta sono state riaperte Raccontano la storia di Teramo, la devozione, al culto. Recentemente ne sono state appaltate la valorizzazione della fede e della religiosità venti, tra queste, per esempio, San Pietro di popolare. Questo non significa che si vorrebbero Campovalano dove c’era una intera comunità svuotare le chiese. Bensì allestire un museo con che aspettava di ritrovare il proprio edificio di quelle opere che possono stare in un museo. culto. In alcune zone del teramano e non solo l’intera cittadinanza, Ci sono delle regole da sola, si è fatta che si osserveranno carico di ricostruire e che guideranno la propria chiesa. Ad l’allestimento. Non la Diocesi ha fatto esempio, a Notaresco intendo illudere la grandi sacrifici a popolazione ha gente, i tempi di restaurato la chiesa realizzazione saranno e ha messo a della Madonna medio lunghi”. disposizione Consolatrice”. Volendo citare I teramani risentono un esempio un contributo particolarmente territorialmente a proprio molto dell’abbandono della noi vicino, l’idea di consistente affinché chiesa, sia come luogo un museo potrebbe di culto che come segnare la nascita di si riaprissero al più pregevole scrigno un modello simile al presto ... artistico… Capitolare di Atri? “Non è abbandonata. “Le origini e la storia di Bisogna considerare Teramo e di Atri sono che per tutte le opere diverse. Senza alcun dubbio Teramo ha un grosso potenziale storico- di recupero consolidamento e restauro postartistico che va tutelato, conservato e valorizzato terremoto la situazione è quasi bloccata. attraverso un ricco museo così come è ricco il Attualmente ci sono solo promesse, ipotesi. Non Museo Capitolare di Atri. Ribadisco ancora una sappiamo quanto si può disporre dell’esercizio volta che la diocesi ha fatto grandi sacrifici e finanziario di un anno per le chiese. Ci sono delle ha messo a disposizione un contributo proprio comunità che si sono adoperate seriamente molto consistente affinché si riaprissero al per la ricostruzione seppur con un sostegno più presto, almeno da quando sono arrivato in modico da parte della diocesi. Voi capite che diocesi, le due cattedrali. Dobbiamo dire grazie non possiamo farci carico di tutto”. al contributo della Fondazione Tercas, della CEI, A seguito del restauro dello splendido della Soprintendenza, ma va riconosciuto che la convento di sant’Agostino sembra doveroso e soprattutto coerente diocesi ha elargito un cospicuo tributo”. Dopo i gravi danni subiti dalla chiesa auspicare il ripristino e la valorizzazione in seguito al terremoto, l’attuazione di della chiesa e dell’oratorio attigui i quali

costituiscono un complesso religioso unitario. “Chi non vuole il bene per la propria casa o per la propria città! Però se non c’è una concorrenza di forze, di sostegni … il Vescovo deve pensare ad una diocesi, non ad una città. È necessaria solidarietà coesione. L’esperienza mi dice di essere cauto. Penso di aver dato segnali adeguati alle città o alla città portando a compimento il recupero delle cattedrali. Anche tanti altri luoghi sono importanti e vanno sostenuti. Tant’è vero che con l’aiuto di molti sacerdoti sono state edificate le chiese nuove. Mettere a fuoco un problema non deve voler dire dimenticare gli altri. La chiesa di S. Agostino è nei miei pensieri, ma non è l’unica. Ci sono tanti problemi, ad esempio a Garrano Superire la comunità aspetta la chiesa. La diocesi assiste alcuni di questi lavori con contributi parziali assieme alla Fondazione e mano a mano si stanno portando a termine”. GIUSEPPINA MICHINI


43 nov. / 2011

Unione italiana ciechi-Teramo

Cene al buio e persone che partecipano hanno l’occasione per poter vivere in prima persona la condizione di un non vedente cenando completamente al buio, serviti da camerieri non vedenti. Il buio dura all’in circa un’ora e mezza, al momento del dessert la sala è illuminata da candele. Il costo della cena è di 25 euro a persona e parte del ricavato viene devoluto all’associazione a sostegno di progetti rivolto ai ciechi pluriminorati (che oltre a non vedere hanno altre disabilità). Quest’anno il progetto è denominato “Insieme verso l’autonomia”, è

rivolto all’espletamento di attività riabilitative specifiche per 31 utenti pluriminorati, residenti nel territorio della provincia di Teramo. Queste attività comprendono: assistenza domiciliare, attività espressive - manuali – occupazionali presso il Laboratorio sito nella sede dell’Unione Italiana Ciechi di Teramo in via Bafile (zona Cona) nel quale sarà altresì attivato un servizio di supporto psicologico, fisioterapia, musicoterapia, pet terapia, attività di riabilitazione, orientamento e mobilità ed autonomia personale, il tutto assicurato mediante la collaborazione di tecnici del settore, professionisti ed operatori qualificati.Inoltre questo tipo di eventi consentono di sensibilizzare le persone offrendo loro un momento unico e inconsueto per divertirsi. La condizione di chi ha una minorazione visiva viene esasperata dalla società. Diceva Romagnoli, fondatore dell’omonimo istituto per ciechi a Roma, che “essere amabili per chi vede è una virtù, essere amabili per chi non vede è una necessità”, significa che molto spesso è compito del non vedente stesso, con la sua intelligenza, aiutare chi vede a non avere paura della sua condizione di minorazione. Questo è quello che hanno fatto e continuano a fare questi ragazzi ad ogni cena al buio e grazie a loro e alla partecipazione di un pubblico sensibile e disposto a mettersi in gioco siamo giunti alla cena numero tredici che ci vedrà impegnati nella nostra città capoluogo.


44 nov. 2011

Quella marcia in più DI

VINCENZO LISCIANI PETRINI

Il nome, Green Clouds, richiama Clouds immediatamente l’Irlanda e la tradizione celtica. Un progetto avviato ormai da molti anni che ha già dato soddisfazioni al gruppo “rosa” teramano

Vi chiedo solo di tracciare, in breve, l’atmosfera degli inizi e come siete arrivate a questa scelta di campo. Tutto è inziato per caso. Eravamo tre ragazze teramane spinte da un legame d’amicizia, dalla voglia di fare qualcosa di diverso e sopratutto con la voglia di buttarsi alle spalle qualche brutta storia. Il primo repertorio comprendeva musiche provenienti da tutto il mondo, tra cui alcuni di estrazione celtica. La vera svolta è avvenuta con Francesco Marchetti, famoso compositore romano appassionato di musica celtica e irlandese. Ci ha proposto un contratto di produzione suggerendo di concentrarci sul repertorio celtico. Così dalla prima formazione a tre siamo diventate cinque, inserendo anche la base ritmica. Con l’aggiunta dell’elettronica e dopo mesi di sperimentazione, abbiamo raffinato il nostro genere, il Keltronic, che ci rende uniche in Italia. Tutte donne a comporre questa band. Non voglio vederci una rivalsa femminile

nei confronti delle bands al maschile… eppure sembrerebbe. È stato casuale oppure, magari in parte, è proprio così? In realtà è proprio così, anche se la rivalsa non c’entra nulla. Francesco è il primo a credere che il “femminile” abbia una marcia in più, e ne siamo davvero felici, anche se poi è molto esigente e mette sempre la qualità al primo posto. Dobbiamo essere in primis musiciste impeccabili. La verità e che dietro c’è davvero molta fatica, e molta voglia di dimostrare che si può essere al femminile e anche in gamba e capaci. La musica celtica è un genere molto apprezzato in Italia forse per via della sua immediatezza, del suo richiamo ritmico alla danza (penso a brani vostri come ‘Fire Dance’, “Happy Sheep’, ‘An irish walk’), ma anche del suo evocare atmosfere di grandi saghe eroiche (il brano ‘Glory to the Knight’ richiama subito ambientazioni fantasy stile ‘Il


45 nov. / 2011

Signore degli Anelli’). Qual è, secondo voi, il vostro pubblico e che tipo di risposta dà alle vostre performances? Il nostro pubblico è molto vario e proviene da tutto il mondo. Abbiamo venduto dischi, oltre all’Italia, in Austria, Irlanda, Inghilterra, America. Ci seguono anche in Polonia, India, Germania, Olanda, Francia. Siamo apprezzate e questo significa che lanciamo un messaggio chiaro e intellegibile e la risposta è positiva al punto che molti fan ci chiedono quando faremo un tour nel loro paese! Nei concerti tutti danzano presi dal ritmo e dallo spettacolo che prevede anche momenti d’esibizione dell’accademia di danze irlandesi dei Gens D’Ys nelle persone di Umberto, Corrado e Martina, Losna Fire con la giocoleria con il fuoco, e Rosaria Cozzolino con la sua “animazione della spada”. Lo spettacolo è così davvero denso di suggestione! Come vi regolate per l’elaborazione di nuovi brani? In realtà noi non componiamo i nostri pezzi. Tutta la linea produttiva e compositiva è affidata a Francesco Marchetti, del quale ci facciamo interpreti. Certo è un lavoro di squadra: diamo i nostri suggerimenti, prendiamo inziative e ci mettiamo del nostro come artiste, ma lo stile e la scelta finale sono suoi. Il fatto di fare sempre un genere ben preciso non rischia di togliervi stimoli ad ulteriori sperimentazioni stilistiche e di farvi – come dire – ‘annoiare’? Siamo sempre in continua evoluzione. Ogni tanto sbuca un strumento nuovo in sala prove, oppure usiamo gli strumenti che già abbiamo in maniera diversa. Per fortuna la fantasia non manca. Bisognerebbe fare la stessa domanda a Vasco, Venditti, Zucchero, Renato Zero...tutti artisti che stimiamo, ma che non si sono mai mossi da dove erano. Forse siamo cambiate più noi in 4 anni che loro in decenni. Il problema è che quando si parla di nicchia allora la ripetitività è noiosa, quando si parla di massa si può cantare o suonare le stesse cose per anni senza che qualcuno ti chieda mai “ma non ti sei annoiato?”. Qual è il vostro rapporto artistico con altri musicisti di questo genere? Enya, seppur differente, vi ha influenzato? I Jethro Tull? Quali sono i musicisti da cui avete preso maggiore ispirazione? La maggiore ispirazione viene dai brani tradizionali. Enya ci piace, così come Lorena McKennitt, vera artista della contaminazione. In parte anche i Jethro Tull per quanto riguarda il nostro lato “progressive”. Ma anche molto i Lunasa, Michael McGoldrick e le musiche di Lord of the Dance e River Dance. Cerchiamo comunque di non addentrarci troppo per non correre il rischio di emulazione. Preferiamo prendere dei frammenti, che per quanto piccoli, possono in realtà aprire nuove prospettive permettendoci di rimanere originali e di non affievolire la nostra creatività.

A proposito di prospettive: quali sono quelle delle Green Clouds? Attualmente stiamo lavorando al nuovo disco: “Reborn”, ma non sveliamo ancora niente. Abbiamo in progetto un mega-spettacolomusical che coinvolgerà tutte le discipline delle arti celtiche, ma anche su questo teniamo il top-secret. Per il futuro speriamo di vendere molti dischi, di fare concerti e di organizzare un lungo world-tour. Ci piacerebbe tornare a Dublino, dove due anni fa abbiamo aperto i festeggiamenti del St.Patrick’s Day. E’ stata un bellissima esperienza, senza contare la sorpresa che abbiamo trovato: la direttrice marketing della Guinness è un’Italiana con la quale abbiamo intessuto un bellissimo rapporto d’amicizia.

CHI È NOME: NOME: Green Lara Clouds DATA DI FONDAZIONE: 21/12/2007 COGNOME: Pompei COMPONENTI: DATA DI NASCITA: 18 09 1982 Graziana Giansante CITTA’ Atri (TE) (oboe), Marzia (violino), STUDI:Ricciardi Accademia di belle arti Valentina L’Aquila Lauri (percussioni), Maurizia Reali (tastiere),Associazione COLLABORAZIONI: Cecilia Nappo (basso) culturale ArteRea ALBUM: PROSSIMI PROGETTI: sarà una The new celtic sensation sorpresa! The celtic sensation Extended UN new SOGNO NEL CASSETTO Celtic Dreams Viaggiare per(compilation) il mondo COLLABORAZIONI: Golden Circus UN AGGETTIVO O UN MOTTO Festival 2010, Guinnes ci StoreHouse PER DESCRIVERSI: devo (Dublino), Blue Knights, Ass. Onlus “sulla pensare… strada”, Rai 2, Quickstar Production (Baltimora), Celtic-Rock Radio (Germania) PROSSIMI PROGETTI: Il nuovo disco “Reborn” RICONOSCIMENTI: Premio Mia Martini Speciale come miglior musica di contaminazione Medaglia della C.D.R. Italiana quale primo gruppo femminile nella storia del circo. UN SOGNO NEL CASSETTO: Fare il “botto” UN AGGETTIVO PER DESCRIVERVI: Coraggiose sito internet www.greenclouds.net


46 nov. 2011


a cura di Ivan Di Nino


48 nov. 2011

Basket

Capitano da… Formula 1 omandanti lo si è dentro e lo si resta. Dall’alto del suo metro e 96, con un sorriso ironico che l’accompagna, vede il mondo da lassù. E’ Gianluca Lulli, “lollo” o “bomber” per gli amici, capitano della Banca Tercas Teramo Basket. Nato a Palestrina(RM), è sposato con Cristina e ha due figlie:Veronica ed Eleonora. Circondato da donne. La carriera è davvero un florilegio di esperienze: Virtus Roma, Reyer Venezia, Fabriano, ancora Roma, Imola, Pozzuoli, Napoli, nuovamente Roma e poi Teramo. E’ stato nominato miglior giocatore del Lazio nel 1986 e ‘87. Nel 1992 vince la Coppa Korac e nel 2001 la Supercoppa italiana sempre con Roma. Dopo tanti anni nella città aprutina ne percepisce pregi e difetti: “E’ una città piccola, a misura d’uomo, la gente è cordiale. Io cerco di non perdere le piccole feste e gli avvenimenti che si svolgono compatibilmente con i miei impegni”. Venezia è stata riammessa in Serie A, ma il Teramo aveva già pagato la wild-card che le garantiva il mantenimento della categoria. La Federazione dovrà ora restituire i 500.000 euro: “Non so se la card vada abolita, ma sicuramente rivista. Nata come premio di risultato per la seconda squadra di A2, è stata interpretata all’italiana e quest’anno è successo un gran pasticcio. Venezia si è attaccata a qualche cavillo, la cosa è stata ingigantita dai media, ma le pressioni sono state illegittime”.

* Foto di Alessandro Mazza

Invece di dedicarci al settore giovanile – “non abbiamo più fame, non ci sono motivazioni, all’estero ci sono istruttori bravissimi che allenano già i bambini” – sembra che il problema attuale del basket italiano sia se Bologna riuscirà a prendere Kobe Bryant, anche per una sola partita. Pur trattandosi di un fuoriclasse cristallino, non c’è un po’ di esagerazione in tutto questo? “E’ una grande notizia che potrebbe dar lustro al movimento, ma anche stravolgere qualche partita se non il campionato! Certo, se viene per un solo match, è una esibizione”. C’è ancora la passione per il mondo sottomarino? “Ah, sì, mi piacerebbe svernare ai Caribi ogni anno. Il mio sogno è di comprare una casa al mare, magari in Sardegna, dove ritirarmi. Guardo sempre i documentari, vado a pesca, m’immergo”. Una grande ammirazione per Michael Jordan –“inarrivabile”- ma…come può piacere Ayrton Senna ad una persona che non ama la Formula1? “E’ vero, ma lui era un’altra cosa. Non è un fattore emotivo per come sia morto, ma il suo modo di porsi, la grande concentrazione che metteva in ogni gara, il fatto che anche dopo una corsa andata male ripetesse la stessa intervista in cinque lingue, ha fatto diventare il brasiliano un mio paladino. E’ stato davvero un peccato non vedere un duello ad armi pari con Schumacher”. Da ultimo una domanda cattiva –“ecco, ti pareva…”- sulla panchina del Teramo: si dice che sia il nostro problema e che i punti arrivino solo dal quintetto-base : “Ogni anno pare sia sempre così ma non sono d’accordo. Certo con Siena ci siamo disuniti

Non so se la card vada abolita, ma sicuramente rivista. Nata come premio di risultato per la seconda squadra di A2, è stata interpretata all’italiana e ...

parecchio nel finale, siamo stati un po’ arruffoni nell’ultimo quarto, ma dobbiamo aspettare qualche altro test probante. Siamo solo agli inizi. Abbiamo grinta, carattere, desiderio”.Simpatico e sornione, il nostro capitano. Parafrasando Paolo Conte, viene quasi da dire: coraggio, bomber, dimentica la palla, vieni qui con noi a bere un’aranciata, contro luce tutto il tempo se ne va. IVAN DI NINO

a colloquio col coach


49 nov. / 2011

Baseball Teramo

“I nuovi mostri” l’unico sport che consente di far giocare ragazzi e ragazze insieme fino ai 14 anni, ma non c’è il gol, “non si segna”, come dicono quelli che si approcciano un po’ superficialmente a questo “meraviglioso gioco”: è il baseball. “Stiamo cercando di allargare la base giovanile con un ‘progetto quantità’, che nel lungo periodo dovrebbe diventare anche di ‘qualità’, ma abbiamo grossi problemi per avere una struttura tutta nostra” dice l’avv. Mauro Carnovale, il presidente del Teramo baseball. L’unica area a disposizione è il campo comunale dell’Acquaviva, con un fondo estremamente malconcio, in cui spesso chi pratica questo sport si allena insieme ai ragazzi del calcio, con potenziali pericoli. “Stiamo cercando assieme al Comune di trovare una zona in cui attrezzare un campo da gioco per conto nostro ma non è facile né trovare il sito, né il denaro che occorre, né sbrigliare i vincoli burocratici”. D’inverno i giocatori di ogni età, una cinquantina in tutto di cui una decina di ragazze, si allenano presso l’Interamnia Tennis perché una palestra comunale sarebbe troppo piccola: “Abbiamo però creato una scuola pre-baseball con bambini

dai 5 ai 7 anni, che abbiamo ironicamente chiamato ‘i nuovi mostri’. I ragazzi a 1012 anni non hanno idea di cosa voglia dire correre per bene, hanno difficoltà nel muoversi”. I genitori come si comportano? “Ci sono tre categorie: alcuni dicono semplicemente che non è uno sport, altri s’incuriosiscono, altri si appassionano e ci seguono in trasferta col camper! Infatti, soprattutto per i ragazzi più piccoli è importante uscire, mettere il naso fuori dalla propria città”. Di recente la compagine locale ha infatti partecipato ad un torneo a Firenze e per due volte è stata a Nettuno(RM) per le finali nazionali. “In America il baseball è come il calcio da noi, le partite durano tre ore ma si arriva anche prima, si comprano gli hot-dogs, è un passatempo per la famiglia e gli amici, qui manca ancora la mentalità di base”. Il Teramo vanta tra le sue file molti sudamericani che spesso non sanno la lingua: non c’è il rischio che facciano una comunità a sé? “No, perché in campo si parla italiano; dopo si va a mangiare la pizza tutti insieme. Anche il più chiuso fa amicizia ed impara”. Il campionato giovanile in Abruzzo va da aprile a luglio, poi si disputano le finali nazionali. Adesso sta partendo una

cooperazione con Atri (Progetto Baseball Teramano)per le categorie più elevate, cadetti e serie C. Dal 2004 esiste anche un gruppo di giocatori seniores di cui tre sono stati nazionali, i quali sono da traino per tutto il movimento. Anche negli Usa sappiamo farci valere: Alex Ciddi di Sanremo ha esordito in Major League con tre fuori campo ed Alessandro Maestri(lanciatore) -che ha giocato anche contro il Teramo- è in tripla A (la nostra serie B di calcio). IVAN DI NINO

Stiamo cercando assieme al Comune di trovare una zona in cui attrezzare un campo da gioco per conto nostro ma non è facile ...


50 nov. 2011

A CURA DI

Auto a Km 0 rappresentano la scelta del 5% degli automobilisti italiani. Moltissimi i vantaggi e decisamente pochi i “contro” per questi autentici affari. Perchè esistono? Per godere di prezzi agevolati, molti concessionari garantiscono alle Case automobilistiche un certo numero di veicoli venduti. Può però accadere di non ottenere i risultati sperati ed è così che i venditori rivendono (dopo averle immatricolate) le vetture rimaste ad esempio in esposizione. Di fatto le auto a “Km 0” sono un ibrido tra un’automobile nuova ed un’usata; si fanno pagare un po’ più di quest’ultime, ma decisamente meno rispetto alle nuove. Le caratteristiche Andando a spasso per un qualsiasi concessionario non tarderemo certo ad identificarle: di fatto si tratta di un affare sia per l’acquirente che per il venditore. Il contachilometri di un’auto a “Km 0” non deve avere necessariamente essere “a secco”; “Km 0” è infatti una convenzione, ma di fatto è sufficiente che la vettura così venduta non abbia percorso oltre 100 Km. Chi ne ha di più va considerata “usata” e di conseguenza dovrà essere ceduta ad un prezzo ancora più vantaggioso. Gli aspetti positivi Le auto a “Km 0” ci consentono di portare a casa mezzi del tutto “normali”; non si tratta di veicoli difettosi, sia chiaro, ma semplicemente già immatricolati. Il bello è che possiamo ottenere sconti davvero congrui: almeno del 20%, ma non è raro toccare e superare vantaggi di oltre il 40%. Inoltre, potremo avere l’auto in

pronta consegna, solitamente con il “passaggio di proprietà” e bollo relativo al primo anno già pagati dal concessionario. E quelli negativi Uno è che dovremo avere una mentalità “elastica”. Non potremo infatti personalizzare la nostra “nuova” vettura, al contrario “andrà presa” così come la troveremo, colore compreso ovviamente! La garanzia sarà stata molto probabilmente “rosicchiata” dal periodo di fermo, ma ricordate che se questa fosse ormai inferiore all’anno, il concessionario avrà l’obbligo di fornici una copertura di almeno 12 mesi. Infine, quando decideremo di sbarazzarci della nostra vettura usata godremo di una quotazione minore in quanto dal libretto di circolazione risulteranno già due proprietari (prima il venditore e poi noi).

Articoli a cura di Alessandro Macaluso


51 nov. / 2011

Anche un semplice gesto come lavare l’automobile può a volte non essere così scontato. Abbiamo quindi trovato gli errori scontato più comuni, eccoli. Occhio al meteo In realtà il destino sarà più beffardo di qualsiasi previsione meteo. Il modo migliore per interrompere più o meno lunghe siccità è infatti decidere di lavare la propria auto! Scherzi a parte, scegliamo sempre periodi di “sereno” e diffidiamo anche della più piccola nuvola all’orizzonte. Attenzione a dove parcheggiamo Dare il via alle danze con l’auto parcheggiata in pieno Sole non è assolutamente saggio. La vettura tenderebbe infatti ad asciugarsi in breve senza concederci il tempo di ottenere risultati soddisfacenti. Anzi, il rischio è quello di creare istantanei aloni, soprattutto sulle superfici vetrate. Evitate i luoghi pubblici Ma soprattutto l’acqua pubblica! Lavare l’auto

privatamente è infatti consentito, ma non “in strada” con le classiche fontanelle pubbliche presenti in molte città. Il rischio è infatti quello di andare incontro a vere e proprie contravvenzioni. Prima “sciacquare” Un discorso valido soprattutto in presenza di sporco marino. Sabbia e salsedine creano infatti un vero e proprio velo sulla carrozzeria della nostra automobile. Prima di passare spugne e “pezzuole” assicuriamoci quindi di non avere a che fare con superfici asciutte. Il rischio è infatti di graffiare l’auto. Non siate violenti Ok per l’utilizzo delle classiche pompe da giardino, mentre è invece il caso di evitare le più potenti idropulitrici senza aver installato un erogatore “ad hoc”; in questo caso c’è il

A CURA DI

rischio che aumentando la pressione d’uscita dell’acqua si possa seriamente danneggiare la vernice della nostra carrozzeria. Finestrini chiusi Consiglio banale? Assolutamente no! Badate sempre che finestrini, tettini e le capote delle vetture sportive siano ben chiusi. Per asciugare la carrozzeria è sufficiente una morbida pelle di daino, tappezzeria e sedili non sono invece così facili da asciugare! In generale quando utilizzate saponi e prodotti specifici fatevi consigliare dal vostro rivenditore di fiducia in modo da acquistare prodotti non aggressivi e adatti al tipo di materiali che andremo a pulire.

Per quanto tempo dobbiamo conservare le ricevute che attestino il pagamento di bollo, assicurazioni etc.? Ecco le tempistiche a cui fare attenzione. Aprendo qualche cassetto non è raro “inciampare” in ricevute d’ogni tipo. Bollo, pagamenti vari, assicurazioni etc. Ma per quanto tempo è consigliabile conservare tutti le “prove” degli avvenuti pagamenti per non incorrere in problemi burocratici? Ecco una piccola guida ai tempi di “conservazione”. Bollo auto Le ricevute relative al pagamento delle tasse automobilistiche vanno conservate per almeno tre anni, ma il nostro consiglio è di fare uno sforzo in più, trovando lo spazio per conservare i pagamenti almeno degli ultimi cinque anni. Assicurazioni Le ricevute che attestano il pagamento del premio annuale vanno conservate almeno per

un anno. Qualora le si sia usate a fini fiscali (ad esempio per “scaricarle” dalla dichiarazione dei redditi, il periodo di tempo “sale” fino a cinque anni. Atti di compravendita Tutti i cambi di proprietà di un qualsiasi mezzo (anche gli Atti Notarili) è preferibile conservarli “per sempre”. Contravvenzioni Il tempo massimo con cui la “cartella esattoriale” dev’essere notificate è di cinque anni dalla data di notifica del verbale; lo stesso periodo in cui è consigliabile conservare tutte le ricevute che attestino i pagamenti delle multe. Pagamenti rateali Se abbiamo acquistato l’auto o la moto a rate ricordiamo di non perdere queste

ricevute per almeno cinque anni. Come regola generale consigliamo a tutti di conservare la documentazione citata per un periodo più amplio rispetto a quello indicato (almeno due o tre anni in più). Non solo, ulteriori disguidi causati da smarrimenti, furti etc. possono essere evitati ricordando di effettuare una semplicissima fotocopia delle ricevute. Questo perché in questi 24/36 mesi potrebbero ancora esserci margini per interpretare diversamente le scadenze di prescrizione. Insomma, ci ritroveremo con un po’ di polvere e “scartoffie” in più, ma sempre meglio essere previdenti!


52 nov. 2011

A “guardia” degli animali A CURA DI

sez. Teramo

MARINA GROSSI*

a legislazione sta compiendo diversi passi avanti per rispondere ad una nuova sensibilità nei confronti degli animali. Ma cosa possiamo fare da privati cittadini per segnalare le situazioni di oggettivo maltrattamento, oppure se abbiamo il dubbio che le norme non vengono rispettate? Ci sono diverse figure di riferimento sia istituzionali sia gestite da enti ed associazioni, che si prodigano perché le leggi vigenti vengano rispettate. Prendiamo, ad esempio, la figura della guardia zoofila. Questi volontari, infatti, operano in sinergia con le istituzioni e hanno il compito di vigilare e far osservare disposizioni di legge in materia di animali. Si occupano, infatti, di controlli sull’anagrafe canina e sul randagismo, di offrire consulenza legislativa e informare i cittadini sui diritti animali, del controllo degli allevamenti o dell’idoneità del ricovero di ogni tipo di animale. In sinergia con Asl, Comune e con associazioni di volontariato e singoli cittadini operano in maniera tale da poter trovare soluzioni congeniali per la comunità, e per i nostri amici animali in stato di difficoltà. In provincia è possibile

avvalersi dell’ausilio e della consulenza delle guardie zoofile Oipa Teramo, nucleo che si è già messo in luce questa estate con un’iniziativa molto apprezzata, mettendo a disposizione di tutti un numero di telefono (328/4769806), come filo diretto con la responsabile provinciale Ida Teseo, a cui segnalare casi di urgenza, di maltrattamento o animali tenuti in modo non idoneo, e per segnalare abbandoni. Un bel team composto da Monica Di Mascio, Brenda Marsilii, Emidio Marsilii, Ida Teseo e Katia Natalini che, grazie a una buona conoscenza del territorio e delle associazioni operanti in esso, possono davvero fare la differenza, aiutando in quella che dovrebbe essere una responsabilità civica di tutti armonizzare il rapporto uomoanimale. Sarebbe auspicabile che accanto a loro ci fossero sempre più cittadini informati e sensibilizzati Spesso, infatti, possiamo essere noi a fare la differenza, offrendo stalli e ricoveri temporanei, o parlando con il vicino di casa per informarlo sulle soluzioni alternative di ricovero degli animali. *(ISTRUTTORE CSEN CONI ) WWW.DOGPEOPLE.IT

ED EDUCATORE CINOFILO

La storia della cagnolina Irene Ecco a voi Irene, dolcissima cucciola di 5 mesi, è l’unica sopravvissuta di 6 sfortunatissimi pelosetti bianchi. Irene fu la prima ad ammalarsi, così piccola e inerme ha dovuto assistere al calo e poi alla morte di tutti i fratellini... lei è rimasta in bilico tra la vita e la morte per due settimane e alla fine è ruscita a reagire! Irene ha un carattere meraviglioso, sempre alla ricerca di attenzioni, sempre pronta ad accettare coccole. Come tutti i nostri cuccioli, chiede solo un po’ di affetto e una ciotola sempre piena, ma è in grado di ricambiare con un amore incondizionato e la sua grande simpatia! Per questi motivi e tanti altri per lei cerchiamo dei padroni amorevoli e una casa accogliente legadelcane.teramo@hotmail.it tel. 340 1482084


53 nov. / 2011

Liti condominiali e danni esistenziali A CURA DI

n una lite di carattere condominiale di regola la richiesta di risarcimento è limitata ai danni patrimoniali (vale a dire al danno materiale arrecato alla proprietà comune o individuale) e/o ai danni biologici (rappresentati dai danni alla integrità psico – fisica di un condomino o di un terzo): si pensi al danno causato dalla rottura e caduta di parte di un balcone su una vettura (danni materiali) ovvero su una persona (anche danni biologici). Alcune sentenze, però, hanno concesso anche il risarcimento del danno esistenziale, inteso come pregiudizio alla vita di relazione che causa, in chi lo subisce, una vera e propria alterazione dei ritmi di vita, fino a modificarne l’agire (ved. Cass. Civ. 19354/2005). Il comportamento illegittimo, quindi, deve essere in grado di produrre, oltre ai danni materiali e/o fisici, anche uno stato di ansia, di disagio e di stress in grado di ostacolare lo svolgimento delle attività quotidiane e di causare un cambiamento nelle proprie abitudini di vita. Gli esempi forniti dalla giurisprudenza sono numerosi. Rumori intollerabili che hanno costretto una famiglia a trasferirsi altrove sono stati

GIANFRANCO PUCA*

reputati idonei a causare danni esistenziali (Tribunale Gorizia 446/2001); in questo caso è palese ed innegabile la presenza del danno, in quanto i rumori erano tali da costringere la sventurata famiglia ad andare via verso un luogo più silenzioso. Accanto a questa ipotesi “particolare” altre sentenze hanno individuato la fonte di danni esistenziali in casi molto più frequenti: gli “odori” insopportabili di animali domestici (Tribunale Bari 1029/06); la eccessiva pubblicità indesiderata nella cassetta postale (Giudice di Pace Bari 19.12.2003); il timore del crollo del condominio a causa di interventi sbagliati nelle fondamenta (Tribunale Ostia 15.12.05); gravi e persistenti infiltrazioni di acqua che hanno prodotto un peggioramento sensibile nelle condizioni di vita del condomino (Roma 9.12.2003). In quest’ultima ipotesi -abbastanza frequenteil danno esistenziale è stato individuato nell’abitare in un appartamento interessato da infiltrazioni d’acqua che non solo lo rendono poco confortevole, ma costringono il proprietario a trascorrere parte della giornata in un ambiente poco accogliente ed insalubre ed evitare dal ricevere in casa amici e parenti.

il condominio rappresenta non solo una “proprietà in comune”, ma anche una “vita in comune” Le decisioni giurisprudenziali sono da condividere pienamente poiché il condominio rappresenta non solo una “proprietà in comune”, ma anche una “vita in comune”, e, quindi, appare corretto reprimere e condannare quei comportamenti che peggiorano la qualità di tale vita e, creando stress e costringendo il singolo a cambiare le proprie abitudini, turbano la serenità individuale e familiare che anche nel condominio deve essere rispettata da tutti. *AVVOCATO E MEDIATORE PROFESSIONISTA


54 nov. 2011

Finanza virtuale Continuiamo ad analizzare il significato di termini che quotidianamente i mass media ci regalano Agenzie di rating: Moody’s, S&P e Fitch sono le tre principale agenzie private che assegnano giudizi al merito di credito di un emittente di titoli obbligazionari, sia esso uno Stato come l’Italia, oppure una Banca o una società Industriale. La loro scala di rating, che va dalla tripla A (massima affidabilità) alla D default (insolvenza) è conosciuta, temuta e rispettata in tutto il mondo e orienta le decisioni degli operatori. Ogni cambiamento di giudizio o a volte la sola prospettiva di una variazione – credit watch positivo o negativo – o di orientamento per il futuro – outlook può provocare immediate conseguenze sui mercati. Credit watch: L’espressione viene utilizzata da parte di Standard & Poor’s per indicare che esiste la probabilità di un abbassamento del rating, per esempio sul debito Usa: precisamente indica che c’è almeno una possibilità su due

di un taglio del rating entro 90 giorni. Lo stesso concetto viene indicato da Moody’s con l’espressione Rating Under Review e da Fitch con il termine Rating Watch. Outlook: letteralmente prospettiva. L’outlook sul rating stima la direzione potenziale che assumerà la valutazione di un titolo nel medio periodo (in genere tra i sei mesi e i due anni). Nella determinazione dell’outlook sono presi in considerazione tutti i cambiamenti possibili nelle condizioni economiche e la sua emissione non prelude necessariamente a un cambiamento di rating o a un credit watch. Bei: La Banca Europea degli Investimenti. È un’istituzione finanziaria dell’Unione Europea che ha sede in Lussemburgo. I suoi azionisti sono i 27 Stati Membri della UE, che hanno sottoscritto congiuntamente il suo capitale e i cui Ministri delle Finanze compongono il Consiglio dei Governatori.

Istituita con il Trattato di Roma del 1957, concede il finanziamento a lungo termine degli investimenti diretti a sostenere gli obiettivi politici dell’Unione. L’Istituto opera come una banca di sviluppo, raccogliendo risorse sui mercati finanziari e dei capitali attraverso emissioni obbligazionarie o altre operazioni di mercato. Il sostegno alle PMI è uno dei suoi sei obiettivi prioritari. La Bei chiede alle Banche di mettere a disposizione del sistema delle piccole e medie imprese fondi per un ammontare ulteriore pari almeno al valore del prestito europeo. I finanziamenti Bei vengono accordati alle banche a tassi agevolati.queste ultime hanno l’obbligo di applicare condizioni vantaggiose anche a favore delle imprese che richiedono i finanziamenti. LAURA DI PAOLANTONIO COMMERCIALISTA – REVISORE CONTABILE


55 nov. / 2011


56 nov. 2011


57 nov. / 2011

Obesità: emergenza sociale A CURA DI

PAOLO DE CRISTOFARO*

l 10 ottobre in molti centri italiani si è celebrato l’Obesity Day. La giornata dedicata all’obesità è un monito per la tutta la sanità italiana: è come se si volesse ricordare che l’obesità è sempre più presente nella nostra popolazione, e che sarebbe ora che fosse presa sul serio e sottratta alle sempre più insidiose proposte dell’infaticabile “industria della ciarlataneria”. L’obesità è una patologia che resta orfana, pur essendo riportata nei più recenti piani sanitari come una vera emergenza sociale. Curare l’obesità in strutture pubbliche è privilegio di pochi e, senza una legge che regolamenti la materia, risulterà sempre più difficile. La parola d’ordine dei nuovi piani sanitari e regionali è coniugare l’aspetto sanitario con quello economico, e questa priorità viene definita “appropriatezza” . Qualsiasi prestazione sanitaria per essere appropriata deve risultare “efficace”

(rispondente a criteri di evidenza scientifica) ed “economica” (rispondente a criteri appropriati nell’utilizzo dei livelli di cura ambulatoriali, di day hospital e di ricovero ordinario e riabilitativo).

L’obesità è una patologia che resta orfana, pur essendo riportata nei più recenti piani sanitari come una vera emergenza sociale Per l’obesità sono state già redatte linee guida che riflettono le evidenze scientifiche e che

sottolineano l’importanza di servizi dedicati e multidisciplinari, come il nostro, che siano in grado di valutare contestualmente gli aspetti clinici e antropometrici, gli aspetti metabolici, comportamentali (stili di vita e caratteristiche del sonno), nonché gli aspetti psicologici e relazionali. E’ stato definito anche il ruolo delle strutture ambulatoriali, del ricovero riabilitativo e della chirurgia bariatrica, ma solo pochissime realtà possono vantare una rete organizzata i servizi. Nel rapporto OCSE 2010 (Fit not fat) è emerso un dato che deve far riflettere la politica: l’obeso ha un costo sanitario pari al 25% in più e guadagna mediamente il 18% in meno, rispetto ad un soggetto normopeso. Questo dato dovrebbe suggerire che il criterio dell’appropriatezza, dovrebbe essere richiesto non solo ai servizi sanitari, ma anche alle politiche sanitarie. Infatti, se è vero, come è vero che l’obesità è “l’epidemia” del XXI secolo e che il


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sovrappeso e l’obesità sono responsabili dell’80% del diabete tipo II, del 55% della malattia ipertensiva e del 35% delle malattie ischemiche cardiache e che, in particolare, è preoccupante la crescente obesità infantile,

l’obeso ha un costo sanitario pari al 25% in più e guadagna mediamente il 18% in meno, rispetto ad un soggetto normopeso.

è abbastanza ovvia la deduzione che l’obesità influenzerà pesantemente anche lo sviluppo economico e sociale. A tal proposito un segnale molto importante deriva dalla constatazione epidemiologica che la prevalenza del sovrappeso/obesità è del 35% nella provincia di Trento (con valori meno allarmanti in tutto il Nord del paese) e del 51% nella provincia di Caserta (con valori più allarmanti per il Sud in generale). Questo significa che le strategie per combattere l’epidemia obesità richiedono un attenzione costante da parte dell’organizzazione sanitaria e l’avvio di politiche intersettoriali (istruzione, piani regolatori, gestione del territorio, ecc.) che siano coerenti con le politiche sanitarie, come la regione Trentino da tempo ha avviato. Il ritardo delle altre regioni nell’attuare programmi di prevenzione e cura dell’obesità produrrà inesorabilmente maggiori costi assistenziali e una riduzione della capacità produttiva a causa della minore redditività del capitale umano. *CENTRO DI RIFERIMENTO REGIONALE DI FISIOPATOLOGIA DELLA NUTRIZIONE PRESIDIO DI GIULIANOVA, ASL TERAMO


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Sport per tutti

A CURA DEL

PROF. VALTER DI MATTIA

a recente approvazione, da parte della giunta nazionale del Coni, di un documento programmatico intitolato “Sport per Tutti”, offre l’opportunità di ritornare, con alcune riflessioni, su un argomento basilare. Ovvero su quale sia l’essenza di una formula – Sport per Tutti – nella quale è possibile identificare connotazioni anche molto diverse. Il punto di partenza di ogni ragionamento al riguardo è incontrovertibile: la salute della popolazione è gravemente minacciata dal comportamento sedentario e lo Sport per Tutti ha il compito prioritario di contrastare questa piaga. Per fare ciò, questo particolare modo di intendere lo sport deve avere necessariamente una caratteristica peculiare, che lo contraddistingua più di ogni altra: l’accessibilità. Senza questa caratteristica, viene infatti immediatamente disattesa quella specifica “per Tutti” così essenziale alla sua stessa ragion d’essere. Fondamentalmente, due strade possono portare al traguardo di una popolazione globalmente più attiva fisicamente. Allargare le possibilità di praticare determinati sport, ad esempio moltiplicando strutture e stimoli adeguati sul territorio, oppure fornire ad ogni cittadino gli strumenti culturali per gestire in proprio, senza bisogno di alcuna struttura, l’attività fisica necessaria alla propria salute. Naturalmente, una via non esclude l’altra, e anzi, come ci insegna lo

* Ringraziamo insieme a W. Di Mattia il Prof. Riccardo Agabio, Pres. F.G.I. e V. Pres. CONI per la concessione dell’articolo già pubblicato la rivista: “Il Ginnasta”. sport di alto livello, la preparazione fisica generale – quella che non necessita di nulla al di fuori delle conoscenze che occorrono per gestirla correttamente – deve prima precedere e poi accompagnare qualsiasi tipo di attività sportiva. Occorre un metro quadro di spazio per fare tutta l’attività fisica necessaria alla salute. E quel metro quadro non manca a nessuno: non all’alunno che ha la sfortuna di frequentare una scuola senza palestra, non al paziente in una corsia d’ospedale, non all’impiegato o all’operaio in una pausa di lavoro, non al disabile, non alla massaia. Ma la domanda è: quanti di loro conoscono le straordinarie opportunità offerte da quel metro quadro? Quanti di loro sanno cosa fare, e perché?

E quanti, degli stessi operatori sportivi, sono davvero in grado di fornire al riguardo le indicazioni più appropriate? Se da un lato, è assolutamente doveroso prodigarsi per la realizzazione del maggior numero possibile di impianti sportivi e per una maggiore accessibilità degli stessi, dall’altro si deve riconoscere che il principale fattore limitante dello Sport per Tutti è di natura culturale. Una qualsiasi attività sportiva, non è mai praticabile in qualsiasi condizione, ovvero mai praticabile veramente da tutti ed ogni fase della vita. Gli impianti e la promozione potranno certamente diffondere una determinata attività, a beneficio dei praticanti stessi, di quanto vi ruota attorno


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(dirigenti, tecnici, ecc.) e delle statistiche sulla pratica sportiva. Si potrà senz’altro, così, arrivare ad un’attività per tanti, ma mai, in nessun caso, ad un’attività veramente per tutti. La preparazione fisica, quella che richiede il proprio corpo, un metro quadro di spazio e alcune semplici “istruzioni per l’uso”, quella soltanto può essere l’attività fisica veramente per tutti. Perfettamente compatibile anzi, necessaria, ad ogni altro tipo di attività fisica o sportiva. Il documento

Una qualsiasi attività sportiva, non è mai praticabile in qualsiasi condizione, ovvero mai praticabile veramente da tutti ed ogni fase della vita

a cui abbiamo accennato all’inizio reca due sottotitoli. Il primo dei quali è “la sfida di questi anni: dallo Sport per Tanti allo Sport per Tutti”. E’ davvero indispensabile, oggi, che questa frase così profonda, essenziale e lungimirante non venga letta solo come uno slogan, suggestivo ma vuoto


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Occhi

Chirurgia refrattiva oter eliminare gli occhiali,per molti individui, ha rappresentato un sogno irrealizzabile fino a qualche decennio fa. Nell’ultimo quarto del secolo scorso, passando dalle prime incisioni trasverse alle incisioni radiali sulla superficie corneale, si è cercato di conseguire i primi risultati per ridurre o annullare i vari difetti refrattivi. La scuola russa, con il prof. Fydorov, ha affinato la tecnica delle incisioni radiali, interessando i ¾ dello spessore della cornea con standardizzazione del metodo e indicazione del tipo di difetto. Quasi negli stessi anni, in Germania, si iniziò a utilizzare il laser ad eccimeri a scopo refrattivo, iniziando l’epoca della cheratectomia fotorefrattiva. Prima di iniziare a parlare di tecnica e di indicazioni terapeutiche, bisogna dare un breve cenno ai vizi di refrazione, che si possono raggruppare in miopia, ipermetropia e astigmatismo. Il primo è rappresentato da un bulbo oculare il cui diametro antero-posteriore è maggiore del normale; il secondo è caratterizzato da una lunghezza dell’asse

Nell’ultimo quarto del secolo scorso, si è cercato di conseguire i primi risultati per ridurre o annullare i vari difetti refrattivi

visivo più corto del normale; il terzo è contraddistinto da una curvatura minore o maggiore tra i meridiani corneali differenti tra di loro. Attualmente la maggior parte della chirurgia refrattiva corneale viene eseguita con il laser ad eccimeri, il cui principio di funzionamento si basa sulla produzione di una radiazione, nel campo dell’ultravioletto, da parte di molecole biatomiche che, dopo essere state eccitate tornano allo stato fondamentale liberando una radiazione di una determinata lunghezza d’onda. Si è scelto il fluoruro di argon, come gas, in quanto si è dimostrato che la radiazione prodotta è capace di scindere i legami interatomici con il minor danno tessutale. Fondamentalmente le tecniche eseguite per correggere i difetti refrattivi sono la PRK e la LASIK. La procedura per la PRK consiste nella disepitelizzazione (ovvero rimozione dell’epitelio, cioè di piccolissime parti di tessuto superficiale della cornea n.d.r) della zona centrale della superficie corneale di circa 8 mm, tale procedura è detta: foto ablazione dello stroma, ed è eseguita con l’ausilio di un computer con parametri impostati in precedenza che controllano l’emissione del raggio laser. La tecnica LASIK è caratterizzata dall’eseguire una cheratectomia lamellare al centro, non


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completa, dello stroma corneale tramite un microcheratomo – ovvero creare un sottile lembo corneale mediante uno strumento micro-chirurgico ad alta precisione Il lembo viene delicatamente ripiegato per esporre il tessuto corneale sottostante. Il secondo tempo della procedura utilizza il laser ad eccimeri per rimuovere una precisa quantità di tessuto dal centro della cornea. Il lembo corneale viene riposizionato sulla cornea ed assume la nuova curvatura. Per il buon esito della chirurgia refrattiva, oltre ad una esecuzione tecnica precisa, vi deve essere una buona valutazione caso per caso, quali l’età (maggiore di 18 anni), superficie corneale perfetta (studio con la topografia corneale), valutazione dello spessore corneale (pachimetria), difetto refrattivo stabile da almeno 2 anni, non presenza di malattie del collagene o formazione di cicatrici cheloidi, assenza di infiammazioni acute o croniche del distretto oculare, glaucoma acuto o cronico, intolleranza ai cortisonici locali per innalzamento della pressione intraoculare e degenerazioni retiniche periferiche. Molto importante, per la buona riuscita del trattamento chirurgico, è il post-operatorio, sia per la terapia locale da eseguire scrupolosamente, ma anche per le attenzioni nell’evitare ambienti molto polverosi ed esposizioni a raggi ultravioletti. Le complicanze, come in ogni intervento chirurgico, sono sempre presenti e possono essere divise in due grossi gruppi: precoci e tardive. Le prime sono rappresentate da un decentramento del trattamento, dovuto al movimento dell’occhio durante l’esecuzione della foto ablazione, e dalle infezioni che si possono contrarre sia nell’intraoperatorio che nel postoperatorio; ambedue sono state notevolmente ridotte come incidenza, negli ultimi anni, per l’utilizzo di laser e di antibiotici di ultima generazione. Le complicanze tardive sono fondamentalmente rappresentate da regressione della correzione e dalla

persistenza dell’Haze. La prima non dipende dalla tecnica chirurgica ma, probabilmente, da modificazioni metaboliche corneali che portano alla produzione locale di acido iluronico che modifica lo stroma nel suo spessore. L’Haze non è altro che un opacamento della cornea che provoca aloni, abbagliamento con riduzione visiva, può rimanere per molto tempo anche sotto trattamento corticosteroideo. La chirurgia refrattiva, da quanto detto,d eve essere considerata una chirurgia estetica e l’indicazione per effettuare tale atto operatorio dipende dal paziente che ne richiede l’esecuzione quando non è soddisfatto del proprio aspetto. DR. VALDO PAOLONE OCULISTA


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di Errico Recanati Chef Ristorante “ Da Andreina” Loreto (AN).

Cannelloni Realizzare innanzitutto la pasta all’uovo impastando la farina con le uova sgusciate fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo che, coperto con della pellicola trasparente, dovrà riposare per almeno un’ora in un luogo fresco. Nel frattempo tritare la cipolla ed appassirla nell’olio, aggiungendo carne trita, salsiccia, prosciutto crudo tritato e il pollo tritato. Lasciar rosolare sgranando la carne con un mestolo o con una forchetta; salare, pepare e spegnere il fuoco. Una volta raffreddata la carne unirvi due uova, il pangrattato, il parmigiano ed impastare. Il composto dovrà risultare piuttosto asciutto. Per la salsa di pomodoro far dorare in un tegame l’aglio con tre cucchiai d’olio; aggiungere la passata, salare e lasciare insaporire per 10-15 minuti a fuoco medio; spegnere ed aggiungere il basilico. Preparare la besciamella sciogliendo in un pentolino il burro, aggiungendo la farina setacciata e facendo cuocere il tutto per qualche minuto. Mescolare continuamente per evitare di farle prendere colore o farla attaccare. Si otterrà così quello che i francesi chiamano roux; a questo punto togliere il pentolino dal fuoco e aggiungete al roux il latte caldo mescolando il tutto con un cucchiaio di legno. Rimettere il pentolino sul fuoco e far cuocere a fiamma bassa finché la salsa comincerà a bollire aggiungendo un pizzico di sale e un pizzico di noce moscata . Coprire il pentolino con un coperchio e far cuocere la besciamella,

sempre a fuoco basso, per 15 minuti, il tempo necessario per far addensare la salsa, mescolando di tanto in tanto . La besciamella è pronta. Con la pasta all’uovo preparata precedentemente tirare delle sfoglie spesse 2 mm e ricavare 12 rettangoli di 10 cm x 15 cm. Lessare i rettangoli di sfoglia all’uovo in acqua salata per circa 3-4 minuti, scolarli e poggiarli su di un canovaccio pulito. Porre al centro di ogni rettangolo un po’ di ripieno ed arrotolare la pasta su se stessa poggiandola con la chiusura verso il basso sul fondo di una teglia con un po’ d’olio e di salsa di pomodoro. Riempita la teglia, coprire i cannelloni con la besciamella, qualche cucchiaiata di salsa di pomodoro ed il parmigiano grattugiato . Mettere nel forno già caldo a 180° per 40 minuti per poi alzate a 200° per 10 minuti o fino a che la superficie non sarà ben gratinata. Estrarre dal forno e lasciar riposare per almeno 10 minuti prima di servire.

INGREDIENTI per 4/6 persone gr 150 carne bovine 1 piccola cipolla 6 cucchiai d’olio 1 cucchiaio pangrattato gr 100 cucchiaio parmigiano reggiano qb pepe macinato gr 200 pollo gr 50 prosciutto crudo qb sale gr 100 salsiccia 2 uova medie 3 uova grandi gr 150 farina gr 40 burro ½ litro latte qb noce moscata 1 spicchio aglio qb basilico 300 ml passata di pomodoro

cannelloni


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di Emanuela Tommolini e Fabio De Cristofaro Osteria Esprì di Colonnella (TE)

Risotto mantecato alla zucca con porri croccanti INGREDIENTI per 4 persone 300 gr di riso Carnaroli 100 gr di purea di zucca 1 lt di brodo vegetale 20 gr di burro giallo 40 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato vino bianco, sale, pepe qb porri croccanti qb 1 kg di zucca pulita 30 gr di olio extravergine di oliva sale, pepe, zucchero qb 1 rametto di timo 4 spicchi di aglio in camicia 2 lt di acqua 3 cipolle dorate con tutte le bucce 3 gambi di sedano 3 carote 1 testa di porro 10 grani di pepe 1 foglia di alloro

risotto di zucca

Partire con tutti gli ingredienti a freddo e portare a ebollizione. Far bollire a fuoco basso per 30 minuti e buon appetito!

Tostare il riso in una casseruola a fuoco lento senza grassi, girando spesso in modo che non bruci. Quando i chicchi sono ben caldi “sfumare” con mezzo bicchiere di vino bianco e iniziare la cottura a fuoco vivo bagnando di tanto in tanto il riso con il brodo caldo (circa 10-14 min in base al tipo di riso). Salare all’inizio, aiuterà ad eliminare la dolcezza di troppo del riso. A fine cottura aggiungere la purea di zucca, poi mantecare con burro e Parmigiano a fuoco spento. Aggiustare di sale e pepe ed impiattare con i porri croccanti. Pulire la zucca e tagliarla a pezzettoni non troppo grandi. Porla in una teglia da forno rivestita di carta da forno e condirla con sale, pepe, olio, zucchero, aglio schiacciato e timo. Formare un cartoccio con la carta stagnola, e infornare a 180° per 60 minuti. A cottura terminata eliminare l’aglio e il timo e mettere a scolare per circa un’ora l’acqua in eccesso della polpa di zucca in un colino fine aiutandosi con un lieve peso. Frullare la polpa al mixer. Tagliare i porri a metà per la lunghezza, sfogliarli e lavarli bene. Ricavare dei pezzi di 5 cm di lunghezza e tagliarli al coltello in una julienne molto sottile. Sbollentare i porri tagliati e raffreddarli in acqua e ghiaccio, scolarli ed asciugarli bene con carta assorbente. Friggerli in olio di semi a 120°-13o°, scolarli su della carta paglia creando dei nidi con l’aiuto di pinze da cucina. Salare leggermente. Partire con tutti gli ingredienti a freddo e portare a ebollizione. Far bollire a fuoco basso per 30 minuti e buon appetito!


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