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Ministero per i Beni e le Attività Culturali

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Regione Abruzzo

Provincia di Teramo

Città di Teramo

Fondazione Tercas

Camera di Commercio di Teramo

Concerti STAGIONE dei

2014/2015

Giovedì 6 novembre

Lunedì 2 febbraio

Mercoledì 25 marzo

Sala San Carlo ore 21 Concerto di inaugurazione

Sala San Carlo ore 21 Progetto Giovani

Aula Magna Convitto Nazionale “M. Delfico” ore 21

CECILIA CHAILLY arpa

FABIO DI STEFANO pianoforte

“Le mie corde”

J. Brahms, F. Schubert, F. Liszt, L.V. Beethoven

STEFAN MILENKOVICH violino solista DAVID CRESCENZI direttore

Giovedì 20 novembre

Venerdì 13 febbraio

I. Stravinskij, J. Sibelius

Sala San Carlo ore 21 Progetto Giovani

ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA

Sala San Carlo ore 21

CAMERATA ROYAL CONCERTGEBOUW ORCHESTRA

Martedì 14 aprile

FABRIZIO ZOFFOLI violino GIACOMO COLETTI violino MARGHERITA DI GIOVANNI viola ALESSANDRA CEFALIELLO violoncello

J.S. Bach, W. A. Mozart

“Da fiamma e da luce”

L.V. Beethoven, J. Brahms, F.J. Haydn

ZCHIAO JULIAN JIA pianoforte

QUARTETTO GUADAGNINI

Sala San Carlo ore 21 Romanze da liriche di M.J. Lermontov nel bicentenario della nascita

Venerdì 20 febbraio Sala San Carlo ore 21 (I° Premio Concorso Internazionale “A. Casagrande” 2014)

MICHAIL RYSSOV basso ALESSANDRO CAPPELLA pianoforte ANTONELLA CIACCIA voce recitante a cura di ROBERTO MICHILLI

W.A. Mozart, F. Schubert, F. Chopin, M. Ravel, F. Liszt

A. Rubinstein, S. Rachmaninov, A. Varlamov, L. Malashkin, A. Guriliov, D. Stolypin

I SOLISTI AQUILANI

Giovedì 5 marzo

Mercoledì 29 aprile

SALVATORE ACCARDO direttore e violino solista FRANCESCO FIORE viola

Sala San Carlo ore 21

Sala San Carlo ore 21

ANTONII BARYSHEVSKYI pianoforte

ANDREA GRIMINELLI flauto GIAMPAOLO BANDINI chitarra

Giovedì 27 novembre Teatro Comunale ore 21 Concerto per AIRC

W. A. Mozart

(I° Premio Concorso Internazionale “A. Rubinstein” 2014) F. Haydn, R. Schumann, O. Messiaen, A. Scriabin, M. Mussorgsky

Lunedì 8 dicembre

J.S. Bach, G. Rossini, M. Giuliani, R.Shankar, A. Piazzolla, G. Bizet

Aula Magna Convitto Nazionale “M. Delfico” ore 21

Domenica 8 marzo

Lunedì 4 maggio

CROATIAN RADIOTELEVISION SYMPHONY ORCHESTRA

Sala San Carlo ore 21

Aula Magna Convitto Nazionale “M. Delfico” ore 21 Concerto di chiusura

JONATHAN FOURNEL pianoforte TAO FAN direttore

I Solisti dei Berliner Philharmoniker

ENSEMBLE BERLIN J.S. Bach, L.V. Beethoven, W.A. Mozart

ORCHESTRA DA CAMERA DEL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO W.A. Mozart, B. Britten, A. Dvorak, E. Elgar, N. Rota, E. Grieg

Progetto Brahms

Giovedì 19 marzo arzo Giovedì 22 gennaio

Aula Magna Convitto Nazionale azionale “M. Delfico” ore 21

Aula Magna Convitto Nazionale “M. Delfico” ore 21

ORCHESTRA SINFONICA A ABRUZZESE A

ORCHESTRA SINFONICA ABRUZZESE MASSIMO QUARTA direttore e violino solista

MASSIMO QUARTA RTA direttore e violino vi solista olist BENEDETTO LUPO U UPO pianoforte anofor

Progetto Brahms

Progetto Brahms

Abbonamenti (n.15 concerti) Ordinario: € 100,00 Ridotto per studenti e universitari: € 50,00 Ridotto per Donatori di Sangue FIDAS: € 80.00 Ridotto over 65 anni: € 90,00 Abbonamento straordinario comprensivo di iscrizione al Circolo Amici della Musica e del Teatro: € 130,00 Gli abbonamenti sono in vendita nella sede della Riccitelli e online sul sito www.primoriccitelli.it

INFORMAZIONI Ente Morale Società della Musica e del Teatro “Primo Riccitelli” Via Nazario Sauro, 27 - Teramo Tel. 0861 243777 · Fax 0861 254265 info@primoriccitelli.it


52 DIRETTORE RESPONSABILE: Direttore Editoriale

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Chiuso il 27 OTTOBRE 2014 La responsabilità delle opinioni espresse negli articoli pubblicati è dei singoli autori, da intendersi libera espressione degli stessi. Alcune collaborazioni sono gratuite.

OTTOBRE 2014 free press - n. 52 anno 5 PrimaPagina - il mensile di E.C.S. Editori

Clementina Berardocco Elena Di Bonaventura Mafalda Bruno MikiMoz Capuano Gennaro Cozzolino Anna De Carolis Adele Di Feliciantonio Giovanni Di Giannatale Pasquale Di Marcantonio Laura Di Paolantonio Giorgia Di Sabatino Anna Di Tullio Valeria Di Ubaldo Bruno Feroci Angela Fosco Chiara Fossemo’ Antonella Lorenzi Maurizio Orsini Daniela Palantrani Rosario Pesce Anna Piersanti Bruno Piersanti Rosario Pesce Serafino Pulcini Gianfranco Puca Raffaele Raiola Carla Ranalli Nicola Paolo Rossetti Ramona Sorricchio Chiara Santarelli

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UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

I NOSTRI ESPERTI in questo numero Gianfranco Puca avvocato mediatore professionista avvocato@studiolegalepuca.it

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Laura Di Paolantonio dottore commercialista lauradipao@libero.it

SOMMARIO

Anna Piersanti

L’eccezione sta diventando una regola

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dottoressa in dietistica a.piersanti1@virgilio.it

di Pasquale Di Marcantonio

La sovranità monetaria e il debito pubblico

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Raffaele Raiola architetto urbanista ambientale architetto.raiola@alice.it

di Serafino Pulcini

Nicola Paolo Rosetti

Territorio

avvocato pres. giov. avvocati di Teramo avv.nicolapaolorossetti@gmail.com

Orsi e... ricorsi

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Gennaro Cozzolino

di MikiMoz Capuano

Sociale

avvocato magistrato onorario avv.gennarocozzolino@libero.it

LA VIOLENZA NEGLI ESSERI UMANI

Il progresso e la criminalità

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Giorgia Di Sabatino

di Bruno Proietti

foodblogger web content editor giorgia_ds@hotmail.com

La ragazza con la mini… (ma è la moto)

Valeria Di Ubaldo

Sport

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psicologo cognitivo comportamentale valeriadiubaldo@yahoo.it

di Adele Di Feliciantonio

Non mangiare mai a digiuno di Clementina Berardocco

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“…Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.”

La palestra della mente di Dott.ssa Valeria Di Ubaldo

In Copertina: THE UNTOUCHABLES Erik Ravelo / F A B R I C A 2012 - Creative Direction and Concept: Erik Ravelo - Photo: Erik Ravelo / Enrico Bossan Post production: Erik Ravelo - The Right to Childhood Should be Protected. Le immagini contenute nel magazine rispondono alla pratica del “FAIR USE” per la divulgazione scientifica e culturale

Pierluigi Troilo ingegnere civile coach & formatore info@pierluigitroilo.com

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Io la penso così

CHI SONO I “MALPANCISTI”? l lupo, al lupo!! Ma di concreto, poi, nulla. Del resto era prevedibile. Se è vero che i partiti sono definitivamente finiti e la nuova tendenza (la “new age” teramana) è l’aggregazione sugli uomini-guida, bisognerà pure affrontare il toro per le corna e prendere atto che l’entusiasmo di un momento, l’esultazione di una notte (e l’euforia post elettorale dei debuttanti in cerca di blasonatura politica) non ha tenuto conto, poi, degli assets necessari per la governabilità. Un’elezione che sembra più un “mostrare i muscoli” che la voglia di governare. Di fronte a una minoranza “silenziosa” (asservita) a Teramo è la stessa maggioranza, questa volta in pieno allineamento con la tendenza nazionale, che provvede ad essere opposizione di sè stessa. Qualcuno li ha etichettati “malpancisti”, “persecutori di ambizioni o di interessi personali” che ignorano il bene comune. Intanto ci si dovrebbe chiedere chi... a

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Teramo, persegue il bene comune. Nella migliore delle ipotesi sono solo espressioni di interessi di “casate” più o meno numerose, ed è peculiare che non sia lo stesso primo cittadino a richiamare all’ordine i suoi “soldati”, ma che lo faccia un consigliere regionale che per giunta intende ritirarsi dalla politica attiva. È pur vero che siamo stati abituati a capire, dalla vecchia politica, che certe affermazioni corrispondono esattamente al contrario di ciò che si afferma. Or dunque il più votato nel centro-destra esercita, neache tanto velatamente, la sua attività di eminenza grigia nella gestione della cosa pubblica comunale e minaccia sottrazione di poltrone e poltroncine. Ma a chi sono diretti i suoi strali? A chi contesta, esprimendo democraticamente i propri dubbi durante un consiglio comunale (in cui si discuteva sul bilancio) o a chi non ha rispettato le linee politiche di partito facendo mancare il proprio voto alle elezioni provinciali? Vi è poco da lagnarsi. Ma mentre il consigliere vice presidente del consiglio regionale attende

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la scadenza a mò di “yogurt” e il check dell’anno nuovo, non sarebbe meglio lasciar “fermentare” le esuberanze all’interno del “rassemblement” offrendo l'opportunità, a chi vuole, di “esprimersi”? E soprattutto in caso di eventuali dimissioni, non sarebbe auspicabile, all’interno del movimento/partito o gruppo, completare questo travaglio e partorire nuove espressioni di un centrodestra meno verticecentrico? Del resto a Teramo, già all’indomani della riconferma del primo cittadino, i rumors lo davano a scadenza come la ricotta, e questo forse perchè la Giunta manca di rappresentanti di liste che pure hanno raccolto considerevoli consensi, consentendo al sindaco uscente la conquista del secondo mandato. È chiaro che “togliendo a chi ha dato” per “dare a chi ha chiesto” a qualcuno il mal di pancia sarà anche venuto, ma a quanto pare è contagioso.

di Enrico Santarelli Direttore Editoriale


TE LO RACCOMANDO

di Mira Carpineta Editoriale

n America o in Gran Bretagna, tra i titoli curriculari sono molto utilizzate le lettere “di raccomandazione” ovvero degli attestati di stima, verso il dipendente da parte dei suoi datori di lavoro. Così, ogni volta che si cambia incarico, un ricordo, una testimonianza della professionalità del lavoratore va a dare maggiore valore alle sue competenze e alla sua esperienza. Una specie di valutazione finale positiva sul lavoro svolto, a posteriori. Anche in Italia l’usanza di “raccomandare” è molto diffusa, ma al contrario di quanto avviene fuori, lo si fa sulla fiducia, cioè “prima” di aver dimostrato, con il lavoro, di cosa si è capaci. La “raccomandazione” assume il significato di “tenere in particolare considerazione” una candidatura ad un incarico, perché il “raccomandante” promuove il “raccomandato” non per i suoi documentati meriti (o almeno non solo) , ma spesso solo per relazioni personali, parentali, amicali o di appartenenza allo stesso gruppo sociale. Di questa realtà, universalmente riconosciuta, ma sempre ufficialmente rigettata come pratica comune, abbiamo avuto

modo, nei giorni scorsi , di verificarne la presenza in città , quando è stata resa pubblica una lettera, a firma dell’ex ministro Gianni Letta che “raccomandava” appunto un super manager dell’ente provinciale, che di super, ha avuto, sicuramente, lo stipendio. E qui si torna, come sempre, sul massimo assillo di amministrati e amministratori. Quando si parla di servizi pubblici di grande utilità sociale, come gli asili e le mense scolastiche non c’è amministrazione che rinunci alla scelta di tagliare i costi o aumentare le tasse. Ma quando si parla di compensi manageriali, dai costi altrettanto (se non di più) alti “tagliare” diventa una mission impossible. Contratti, diritti acquisiti, competenze, tutte cose non negoziabili, pena infiniti contenziosi legali. Ma perché lo Stato ritiene che si possa e debba sopravvivere a volte con pensioni da 500 euro, senza poter far valere le proprie competenze, accumulate nel corso di una vita, mentre ad una esigua minoranza “il valore” viene riconosciuto prima dell’esperienza e, a volte, nonostante?

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L’ECCEZIONE STA DIVENTANDO UNA REGOLA Italia è un Paese martoriato dal dissesto idrogeologico e i recentissimi fatti di Genova stanno lì a ricordarcelo, qualora ce ne fosse bisogno. Nell’accezione comune, i termini dissesto idrogeologico e rischio idrogeologico vengono usati per definire i fenomeni e i danni causati dalle acque, siano esse superficiali o sotterranee. Le manifestazioni più tipiche sono le frane e le alluvioni, seguite da erosioni costiere, subsidenze e valanghe. In Italia il dissesto idrogeologico è diffuso in modo capillare e rappresenta un grande problema. Le regioni hanno stimato un fabbiso-

gno di 40 miliardi di euro per la messa in sicurezza del territorio, cui però il governo nell’ultima Legge di Stabilità ha

In Abruzzo si lamentano, in totale, 14 morti per frane o inondazioni, dal 1963 al 2012. Il riscaldamento globale sta causando una recrudescenza dei fenomeni estremi

destinato appena 180 milioni per i prossimi tre anni. Le aree ad elevata criticità rappresentano il 9,8% della superficie nazionale e riguardano l’89% dei comuni, su cui sorgono 6.250 scuole e 550 ospedali. In Abruzzo il 7,4% della superficie (797 kmq) è ad elevato rischio frana e lo 0,9% (102 kmq) è ad elevato rischio inondazione; sono interessate oltre 100.000 persone. La provincia di Teramo non fa eccezione. Negli ultimi anni si sono verificati numerosi casi. Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio ai dissesti idrogeologici rientra senza dubbio la sua conformazione geologica e geomorfologica, con estese aree collinari e montuose. Ma il rischio idrogeo-

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logico è fortemente condizionato anche dall’azione dell’uomo; la densità della popolazione, l’abbandono dei terreni montani, l’abusivismo edilizio, il continuo disboscamento, l’uso di tecniche agricole poco rispettose dell’ambiente e la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua hanno sicuramente aggravato il dissesto e messo ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio. Il consumo del suolo è aumentato del 156% dal 1956 ad oggi, a fronte di un incremento della popolazione del 24%. Ogni cinque mesi viene cementificata una superficie pari al comune di Napoli, un dato che mette in luce le responsabilità dell’uomo per queste catastrofi, che negli ultimi cinquant’anni hanno causato la morte di oltre quattromila persone. In Abruzzo si lamentano, in totale, 14 morti per frane o inondazioni, dal 1963 al 2012. Il riscaldamento globale sta causando una recrudescenza dei fenomeni estremi. I mutamenti del clima portano ad una sola conclusione: quelli a cui stiamo assistendo con sempre maggiore frequenza non possono più essere considerati eventi climatici “eccezionali”, ma stanno purtroppo diventando la norma. La sempre maggiore frequenza di episodi di dissesto idrogeologico impone una politica di previsione e prevenzione non più incentrata sulla riparazione dei danni e sull’erogazione di provvidenze, ma imperniata sull’individuazione delle condizioni di rischio e sull’adozione di interventi per la sua mitigazione. Per proteggere in modo efficiente la vita dei

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cittadini e l’integrità delle infrastrutture, occorre prevedere gli eventi possibili in un’area, individuando quali potrebbero essere i danni e le attività da porre in essere prima, durante e dopo un’emergenza. Le attività di previsione e prevenzione devono acquisire maggiore rilievo, così come la necessità di informare i cittadini, dettando poche, semplici regole che favoriscano comportamenti virtuosi e non avventati. I Geologi possono dare un contributo determinante per l’individuazione e la caratterizzazione delle aree a rischio frana e/o alluvione e per la realizzazione di dettagliate mappe del rischio, in relazione alle precipitazioni meteoriche attese, alla conformazione geologica e geomorfologica del territorio, al contesto urbano. Chi soprintende alla tutela e alla pianificazione territoriale, allo sviluppo urbanistico, industriale ed infrastrutturale, deve prendere coscienza del fatto che non si possono più relegare i Geologi ad un ruolo marginale, al rango di figura professionale “scomoda”, se non addirittura superflua; in caso contrario dovrà assumersi la responsabilità delle scelte sciagurate compiute nell’ignoranza delle dinamiche naturali che governano l’evoluzione dell’ambiente fisico o, peggio ancora, nell’illusione arrogante che le opere dell’uomo possano essere “calate” nel territorio come entità “a se stanti” e non come elementi che condizionano l’ambiente e che da questo sono condizionate. di Pasquale Di Marcantonio geologo

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I PIÙ RECENTI FENOMENI NE 06-07/10/2007 - A Tortoreto e Alba Adriatica gravi danni alle attività commerciali, produttive e a molte abitazioni. 22/04/2009 - La carreggiata della TeramoMare danneggiata per un centinaio di metri dall’esondazione del Tordino, nel tratto tra Bellante e S. Atto: il fiume si riprende i suoi spazi e distrugge ciò che l’uomo ha realizzato. Frane e smottamenti dappertutto, viabilità in ginocchio, massima allerta sui ponti, Pietracamela isolata. 1 e 2 marzo 2011 - Decine le strade chiuse, danni per milioni di euro. Numerose frane nelle zone della fascia pedemontana: Bellante, Morro D’Oro, Castellalto, Sant’Egidio, Atri, Cellino. La costa è stata

ABRUZZO: 35 M l Presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, nella sua veste di Commissario straordinario delegato alla mitigazione del rischio idrogeologico, ha incontrato a Teramo, il 9 ottobre scorso, i sindaci e i responsabili degli uffici tecnici dei comuni della provincia di Teramo, con l’intento di organizzare un sistema di rilevazione e di mitigazione del rischio idrogeologico che interessi l’intero territorio abruzzese. All’incontro hanno partecipato il consigliere Luciano Monticelli e il responsabile del genio civile di L’Aquila-Teramo. Il Commissario straordinario delegato alla mitigazione del rischio sismico, ( d. l. 24 giugno 2014, n. 91), è tenuto ad attuare le procedure necessarie alla realizzazione di interventi di mitigazione del


Testi a cura di Daniela Palantrani

NI NEL NOSTRO TERRITORIO: flagellata e in tutti i Comuni si registrano allagamenti, sottopassi inagibili, sistemi fognari in tilt. Danni provocati dalla rottura degli argini dei fiumi Tronto,Vibrata, Salinello, Tordino. Una persona perde la vita, affogando all’interno dell’auto bloccata in un sottopasso allagato dello svincolo autostradale di Mosciano S.A. 15/09/2012. Tutta la provincia di Teramo è flagellata dalla pioggia. Problemi verificatisi fin dalle prime ore del mattino, con lo straripamento del torrente Cerrano a Silvi e con l’allagamento della Statale 16, chiusa per più di due ore. Piogge intense e prolungate dall’11 al 13 novembre e dall’1 al 2 dicembre 2013.

Rischio idrogeologico: la situazione in Abruzzo e a Teramo l Piano di stralcio della Regione Abruzzo spiega cos’è il fenomeno e le caratteristiche del nostro territorio riguardo al dissesto idrogeologico, e alle situazioni di frane o smottamenti per instabilità dei pendii e di fenomeni alluvionali in ambito fluviale in provincia di Teramo. Secondo il Ministero dell’Ambiente: “il rischio naturale legato alle catastrofi idrogeologiche è in Italia tra i problemi più rilevanti, sia per i danni prodotti sia per il numero di vittime. Il sempre maggiore impatto delle catastrofi idrogeologiche sul territorio, dal dopoguerra ad oggi, va innanzitutto attribuito ai mutati scenari territoriali che hanno privilegiato l’occupazione e lo sfruttamento di aree naturalizzate e, marginalmente, a variazioni di tipo meteo-climatico. In pratica

gran parte dei danni derivati dal dissesto idrogeologico sono prevalentemente determinati dai comportamenti umani e dai modelli pratici di sviluppo, piuttosto che da un presunto incremento della pericolosità naturale del territorio”. L’Abruzzo è la quarta regione in Italia con il maggior numero di comuni a rischio idrogeologico “molto elevato”. Da un punto di vista numerico, la provincia di Teramo presenta 9 comuni a rischio “molto elevato” (19,1% sul totale in provincia) e 38 comuni con rischio “molto elevato” e “elevato” (l’80,2% rispetto al totale provinciale). L’Abruzzo è prevalentemente caratterizzato da versanti interessati da deformazioni superficiali lente che, nella provincia di Teramo hanno toccato la quota apice di circa 2.400 dissesti,

SERVE UNA PROGRAMMAZIONE

5 MILIONI DISPONIBILI PER GLI INTERVENTI rischio idrogeologico individuati negli accordi di programma sottoscritti tra il Ministero dell’Ambiente e le Regioni italiane. Nell’incontro D’Alfonso ha indicato come priorità la realizzazione di una dettagliata mappa del rischio idrogeologico dalla quale sia possibile individuare i livelli di pericolosità dei diversi territori provinciali in modo da definire rapidamente modalità e tempi di intervento. La nuova Struttura Tecnica di Missione voluta da Matteo Renzi, presieduta da Erasmo D’Angelis ( già sottosegretario ai Trasporti del governo Letta, considerato uno dei massimi esperti di corsi d’acqua in Italia), avrà il compito di mettere a punto un piano di intervento per la difesa del suolo che metta insieme e coordini le iniziative,

le risorse e gli obiettivi sparsi fra piani ministeriali e regionali. Nella riunione teramana D’Alfonso ha invitato tutti i sindaci del territorio a presentare un quadro dettagliato delle criticità allo scopo di definire una priorità di interventi. Le risorse disponibili sono 15 milioni di euro provenienti dal passato, 20 milioni di provenienza governativa, a cui si aggiunge un finanziamento globale pari a un miliardo e 200 milioni, di provenienza Inail, che il decreto Sblocca Italia prevede per le Regioni italiane finalizzati al completamento di grandi opere da destinare a servizi individuali o collettivi. “In passato gli interventi sono stati effettuati quasi unicamente in condizioni di emergenza – ha sottolinea-

to D’Alfonso – ora è necessario pensare ad una diversa programmazione stilando una priorità delle situazioni più pericolose su cui intervenire”. Una volta raccolte le relazioni dei Comuni, queste saranno portate dalla Regione al tavolo della Struttura Tecnica di Missione sul dissesto idrogeologico attivata a Palazzo Chigi. Il presidente D’Alfonso ha anche assicurato l’arrivo in Abruzzo del capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli, per i sopralluoghi nelle zone a maggior rischio D’Alfonso infine ha definito “davvero complesse alcune situazioni di rischio che interessano il territorio abruzzese perché pericolose per la vita dei singoli e delle collettività e su queste ci stiamo adoperando”.

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Prevenzione

“fai da te” In caso di alluvioni la vera prevenzione la fa il cittadino, visto che ormai le PA per carenza di organizzazione o fondi, riescono sempre meno a far fronte alle calamità naturali.

ALLUVIONE GENOVA:

i dubbi di

Adiconsum L’associazione consumatori chiede ai vertici del nostro Governo di conoscere l’esatto ammontare della raccolta delle accise pagate dai consumatori

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empo fa quando si parlava di “bombe d’acqua” si pensava ai palloncini pieni d’acqua che si usavano per i “gavettoni”; oggi la stessa espressione evoca immagini raccapriccianti di alluvioni, frane e, a volte, vera e propria devastazione. “I volontari Cives, circa 40 a Teramo, sono sempre in allerta e operativi, - riferisce Renato Quintiliani capo squadra con anni di esperienza, - ma ci sono altre organizzazioni di volontariato, cresciute come funghi dopo il tragico terremoto del 2009. Non tutte sono attrezzate per le alluvioni, ma se non hanno idrovora saranno dotati di pala o comunque di manovalanza che in caso di emergenza è sempre utile. Ci si trova a svuotare magazzini, - continua Quintiliani, - sgomberare materiali alluvionati e detriti”. Fate costantemente dei corsi di addestramento? “I corsi si fanno sempre e soprattutto per i nuovi, ma quello che conta davvero è l’esperienza sul campo. La realtà è diversa dalla simulazione, in quanto permette di testare le reazioni e formare la preparazione di ciascuno”. Ci può dare qualche consiglio utile a limitare eventuali danni? “La vera prevenzione la deve fare il cittadino. Ad esempio nell’allu-

vione che ci fu a Tortoreto ho avuto modo di vedere una sola abitazione che aveva adottato un minimo di precauzione. Parlo di un classico scivolo di accesso ad un garage nel seminterrato chiuso con cancello. Nella parte bassa del cancello era stata applicata una lamiera di circa 50 cm capace di attutire la piena. I detriti trasportati dall’acqua stessa fungono poi da sigillante, limitando l’accesso dell’acqua. E’ un rimedio semplice, economico e funzionale. Sarebbe meglio evitare di fare scantinati sotto terra in zone soggette ad alluvioni. La prevenzione e il buon senso stanno bene ovunque, in zone di mare ad esempio, bisogna pensare di sollevarsi non di costruire sotto. A volte possono essere sufficienti uno o due scalini di accesso per sollevarsi dalla sede stradale, anziché scendere. Le PA fanno poco, per motivi organizzativi o economiche, quindi sta al cittadino iniziare a tutelarsi. Purtroppo anche le norme sull’ambiente a volte - conclude Quintiliani, - complicano la situazione. Pulire un letto di un fiume o tagliare degli alberi che stanno sugli argini spesso significa infrangere le leggi e anziché essere ringraziati si rischia una multa, mentre l’incuria la fa da padrona e poi l’acqua trascina e accumula facendo danni”.

he fine hanno fatto i soldi versati dai consumatori con le accise sulla benzina introdotte per l’alluvione del 2011 in Liguria?” è il legittimo dubbio sollevato da Pietro Giordano presidente nazionale di Adiconsum. Alla domanda si risponde con una proposta: “con le somme derivanti da tali accise si attivi un’assicurazione collettiva contro i danni catastrofali, la cui gestione sia affidata alla Consap”. “I disastri di Genova e Parma - dichiara in una nota il Presidente nazionale Adiconsum - pongono seri problemi non solo per ciò che riguarda il dissesto idrogeologico del Paese, ma anche in merito alla raccolta di fondi che lo Stato sin dal novembre 2011 svolge nel silenzio più assoluto attraverso l’accisa di 0,0089 euro al litro stabilita per l’alluvione della Liguria e della Toscana. Soldi dei consumatori che continuano a fluire nelle casse pubbliche e che grazie anche ad una normativa sugli appalti spesso obsoleta e -

incalza Giordano, - fonte di corruzione e di lentezze burocratiche non riesce ad effettuare gli interventi di salvaguardia del territorio indispensabili per evitare disastri personali familiari e ambientali che ormai sono periodicamente sotto gli occhi di tutti. L’associazione consumatori chiede ai vertici del nostro Governo di conoscere l’esatto ammontare della raccolta delle accise pagate dai consumatori ma, soprattutto come siano state impiegate, qualora lo siano state, tali risorse economiche. Inoltre, ci si domanda quali possano essere i tempi di realizzazione di una normativa che velocizzi gli appalti e la trasparenza negli interventi a favore delle popolazioni colpite dai dissesti idrogeologici e/o eventi sismici. La proposta dell’associazione consumatori consiste nello gestire le risorse raccolte sin dal 2011 attraverso l’attivazione di un’assicurazione collettiva insistente sui rischi da catastrofe la cui gestione potrebbe essere affidata alla Consap, concessionaria di servizi assicurativi pubblici, che per mission sociale dovrebbe avere il necessario know-how per adempiere all’incarico.

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Una relazione sempre più difficile

LA SOVRANITÀ MONETARIA E IL DEBITO PUBBLICO 12

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el numero precedente abbiamo sostenuto come le riforme costituzionali proposte dal governo, non daranno nessun contributo per uscire dalla crisi economica. Esse servono per facilitare gli accordi internazionali, per favorire le privatizzazioni e le attività degli speculatori finanziari. Servono a renderci credibili ai cosiddetti mercati affinché essi siano attratti per investire nel nostro paese. Questo è quanto sentiamo ripeterci ogni giorno; ma chi sono questi “mercati”? Chi sono questi investitori? Sono quelli che hanno preso di mira i “gioielli” pubblici e privati del Bel Paese. Molti di questi sono già stati ceduti, alcuni esempi: Eni, Enel, Telecom, Poltrona Frau, Krizia, Pernigotti, Loro Piana, Galbani ecc. L’elenco è molto lungo, una vera dissoluzione del “Made in Italy” con la complicità dei governanti dello stato italiano. Di questo passo venderemo, oltre alle spiagge, anche i beni culturali per far fronte al debito pubblico e alla crisi economica. Ci troviamo nelle stesse condizioni di quel privato, che avendo un patrimonio aziendale e immobiliare, costretto a indebitarsi con gli usurai per far fronte ai debiti, deve svendere tutto quello che ha; ma quando non avrà più nulla che farà? La risposta a questa domanda è semplice: diventerà schiavo del sistema degli usurai, dovrà lavorare in regime di concorrenza a condizioni sempre più umilianti. Per far sì che tutto questo

Ci troviamo nelle stesse condizioni di quel privato, che avendo un patrimonio aziendale e immobiliare, costretto a indebitarsi con gli usurai per far fronte ai debiti, deve svendere tutto quello che ha;ma quando non avrà più nulla che farà?

possa diventare un percorso normale si dovranno cambiare le norme costituzionali, si dovranno cambiare le regole del mondo del lavoro, si dovrà “modernizzare il Paese”. La riforma del lavoro in discussione al Parlamento va proprio in questa direzione. Il problema del lavoro, come tutti i problemi economici e sociali, dipende da chi ha

prestito contrae un debito che dovrà restituire con l’aggiunta degli interessi. Ora su questo meccanismo appare subito evidente un paradosso irrisolvibile: Il debito non potrà mai essere restituito totalmente perché la quantità di moneta messa in circolazione, è inferiore al debito contratto. Si è costretti per ave-

la sovranità monetaria. La sovranità monetaria è l’esercizio del potere per mezzo dell’emissione della moneta. In pratica è sovrano della moneta colui che la mette in circolazione, in qualità di proprietario, dopo la stampa. Attualmente il proprietario della moneta, nel momento in cui questa è messa in circolazione, è il sistema bancario. Il sistema bancario a sua volta è di proprietà di soggetti privati i quali costituiscono una ristretta cerchia che ha questo particolare privilegio. Il sistema bancario è costituito dalle banche centrali: Banca d’Italia, BCE e dalle banche commerciali. Il circuito monetario funziona nel seguente modo: la banca centrale (oggi la BCE, prima dell’euro la Banca d’Italia) emette la moneta e la presta al sistema bancario commerciale privato, che a sua volta, la presta al sistema produttivo e allo Stato. Lo Stato per avere la moneta che serve per il suo funzionamento, emette dei titoli a garanzia che sono acquistati da cittadini privati e stranieri e dalle banche commerciali stesse. La moneta che lo stato ottiene con questo procedimento costituisce il debito pubblico. Quindi tutta la moneta emessa in circolazione dal sistema bancario è data in prestito e chi ottiene questo

re moneta a indebitarsi all’infinito. Si è costretti a lavorare in condizioni di schiavitù solo per pagare gli interessi del debito. Lo Stato, per mancanza di liquidità, è costretto ad aumentare sempre di più la pressione fiscale, è costretto a ridurre sempre di più i servizi, è costretto a ridurre gli investimenti in opere pubbliche, gli investimenti per la difesa del territorio e gli investimenti per la manutenzione dei beni culturali. Questi ultimi si degraderanno sempre di più e saranno un giorno acquistati dai cosiddetti mercati, ovvero dagli usurai che detengono la sovranità monetaria. Questo processo si arresterà solo quando l’emissione monetaria, in nome del popolo sovrano, sarà esercitata dallo Stato che la emetterà senza contrarre nessun debito. Sembra una cosa semplice ma perché questo possa avvenire, si dovrà verificare una rivoluzione di tipo copernicano. Chi ha la sovranità monetaria, avendo a disposizione una quantità enorme di denaro, ha il potere di acquistare tutto, talora anche “l’anima” delle persone. Chi ha la sovranità monetaria condiziona la politica economica dello stato.

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di Serafino Pulcini

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CONSULTA DEI COMITATI

DI QUARTIERE E DI FRAZIONE “Un gruppo di lavoro sta predisponendo una bozza di regolamento in attuazione dell’art. 42 comma 1 dello Statuto del Comune di Teramo” i sensi dell’Art. 42 comma 1 dello Statuto del Comune di Teramo “Il Consiglio comunale istituisce le Consulte di settore, quali strumenti di raccordo permanente con istituzioni o associazioni ….” Per istituire la Consulta dei comitati di Quartiere e di Frazioni, dei comitati civici e delle associazioni territoriali occorre predisporre, ai sensi del successivo comma 2 dell’Art. 42 dello Statuto, apposito Regolamento che determini, “… il numero delle associazioni e dei loro rappresentanti che vi fanno parte, le modalità di costituzione, l’organizzazione ed il funzionamento delle stesse”. È una proposta su cui sta lavorando l’Amministrazione comunale di Teramo: l’assesso-

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re delegato ai rapporti con i comitati di Quartiere e Frazionali ha convocato due incontri organizzativi con tutte le Associazioni, Comitati e Pro loco operanti sul territorio comunale. Il 24 settembre, nell’incontro presso la sala consiliare, è stato infatti l’assessore Rudy Di Stefano a lanciare questo progetto con l’obiettivo di individuare per ogni zona un unico referente in rappresentanza della cittadinanza locale di riferimento dei singoli comitati. Nella seconda riunione tenutasi il 13 ottobre nella ex scuola di Colleatterrato Alto si è costituito il gruppo di lavoro che dovrà predisporre la bozza di regolamento, con il quale saranno stabiliti i parametri che consentiranno alla consulta di individuare e riconoscere un unico comitato veramente rappre-

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sentativo della popolazione residente nell’ambito territoriale di riferimento. Chiaramente il riconoscimento della rappresentatività della popolazione da parte di un comitato potrà avvenire se lo Statuto del comitato prevede che il Presidente, il Vicepresidente, il Consiglio direttivo ecc. vengono eletti a suffragio universale. Le associazioni presenti sul territorio che per statuto fanno eleggere dai soli soci effettivi gli organi rappresen-

tativi, potranno adeguare il loro Statuto o potranno costituire insieme ad altre associazioni un comitato promotore che, dapprima rediga uno statuto secondo i criteri dettati dal regolamento comunale per la istituzione della consulta, ed in-

Chiaramente il riconoscimento della rappresentatività della popolazione da parte di un comitato potrà avvenire se lo Statuto del comitato prevede che il Presidente, il Vicepresidente, il Consiglio direttivo ecc.vengono eletti a suffragio universale

dìca successivamente pubbliche elezioni cui possono partecipare tutti i residenti aventi diritto al voto.

Un Comitato con queste caratteristiche a Teramo è opera sin dal 1996 nei Quartieri di Colleatterrato basso, San Benedetto, Villa Pavone, Cartecchio, Casalena e Colleatterrato Alto. A norma di Statuto il Consiglio direttivo viene eletto a suffragio universale ed ha una durata triennale. L’art. 4 dello statuto stabilisce che gli organi del comitato di Villa Pavone-Colleatterrato sono l’Assemblea e il Consiglio Direttivo. Lo statuto stabilisce inoltre che sono abilitati al voto i cittadini maggiorenni e che duecento cittadini residenti possono inoltrare richiesta di convocazione dell’assemblea del Quartiere. L’Assemblea ai sensi dell’art. 6 oltre ad eleggere il consiglio direttivo, ad approvare la relazione annuale del consiglio direttivo, approva le modifiche allo Statuto e può sfiduciare il Consiglio Direttivo. Per l’eventuale formazione dei consiglieri di Quartiere l’Associazione DEMOS ha dato la propria disponibilità ad organizzare a titolo gratuito, corsi di formazione per facilitatori della democrazia partecipativa, tenuti da docenti universitari, come quello organizzato nella scorsa primavera presso la sede di Teramo nostra.

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di Raffaele Raiola

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E BIRRA SIA! osì devono aver pensato to Pierluigi ed Emanuele, dopo po l’ennesima serata al pub con gli derazioamici, e qualche considerazione sul gusto e sulla diffusione ffusione delle birre artigianali, bevande che soprattutto tra i giovani incontrano un successo crescente. Hanno immaginato quanto sarebbe stato utile poter conoscere questo mondo fatto di laboratori artigianali, a volte familiari, dove la ricerca di un gusto originale diventa il carattere del prodotto. E quanto sarebbe stato utile trovare un birrificio vicino casa, o un locale poco lontano, magari navigando con lo smartphone, dove trovare “la bionda” giusta. Detto fatto. La

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tecnologia è potente si sa, ma sono le idee che muovono il mondo. Così Pierluigi ed Emanuele, utilizzando i loro rispettivi background culturali decidono di creare un’applicazione che risponda alle loro stesse domande. Oggi quell’idea è una realtà che si chiama BEERBEEZ e ce la raccontano così: Pierluigi è l’ ideatore che ne ha sviluppato il settore cosiddetto busines, mentre Emanuele, esperto in marketing design, ne ha sviluppato l’aspetto grafico.“In pratica – spiegano alternandosi nella chiacchierata – abbiamo creato una mappatura delle birre artigianali, partendo dalle realtà locali, ma proiettati al mondo intero. Perché si tratta di un mercato in grande evoluzione,

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con il 15-20% di crescita annuale. con la nostra APP Abbiamo ricreato la galassia delle birre, sviluppando un algoritmo che, da una birra di partenza, riesce a mostrare le birre collegate e questi collegamenti possono essere espansi all’infinito.Abbiamo già mappato più di 3500 birre e quasi 600 birrifici, per la maggior parte italiani, ma stiamo parlando di un mercato mondiale”. Come nasce questa idea? “Dopo il ritorno da Londra – racconta Emanuele- Gigi mi parla di questa applicazione e ne rimango folgorato, perché stanno nascendo molti beershops e si sta sviluppando una grande richiesta di birre artigianali. Molto spesso infatti capita di entrare in un pub e non sapere cosa


prendere, ma se si ha un minimo di competenza si apre un mondo intero. È un mercato giovane, ma sta affascinando tantissime persone e creando una cultura della birra perché il vino viene visto più come un prodotto per esperti e riservato a certe occasioni, mentre la birra viene bevuta nei weekend e in momenti conviviali più immediati. Così si inizia a scegliere in base ai gusti e alle preferenze individuali”. Come funziona l’applicazione? “L’effetto dell’App è bellissimo perché i collegamenti sono davvero divertenti. Lo scopo è fare da tramite tra gli utenti che possono scaricare l’applicazione su Android o su iPhone gratuitamente e i birrifici, che a loro volta possono inserire, tramite un account, informazioni, immagini, eventi in completa libertà. Per farsi conoscere nel modo più vasto possibile. Quando è iniziata la vostra avventura? “Siamo partiti un anno fa. Nei ritagli di tempo, abbiamo cominciato a pensare al brand, al logo, all’interfaccia, ai colori che avrebbero definito il prodotto. All’inizio di quest’anno, in un paio di mesi abbiamo creato il prototipo che abbiamo poi presentato a vari mentors, uno in particolare di Pescara che ci ha seguito nell’analisi finanziaria. Dopo aver impostato il prototipo in linea con l’analisi finanziaria lo abbiamo testato per cap capire se poteva funzionare. A luglio, dopo 3 gio giorni dall’uscita nell’Applestore, siamo stati selez lezionati come una delle migliori nuove App in evi evidenza e questo ci ha dato una bella visibilità e ddei bei feedback. A fine settembre poi abbiamo iniziato a partecipare alle fiere di settore, ed è stato subito un grande successo sia da pa parte degli utenti, che delle aziende. Anche gli ste stessi organizzatori ne sono rimasti colpiti e ci con considerano un prodotto interessante. In poco tem tempo siamo stati contattati da una organizzazio zione fieristica molto grande che ci ha chiesto di poter “entrare” all’interno dell’applicazione e di poterla rendere l’applicazione ufficiale della fieera stessa”. Un successo immediato quello di Pierluigi ed Emanuele, coadiuvati anche dal terzo co componente del team, Marco, che ora stanno proiettando la loro “creatura” verso un mercato europeo, grazie a degli incubatori di imprese e di startup in cui vengono selezionate le proposte più interessanti che possono poi accedere a dei finanziamenti adeguati. Un gruppo unito nel perseguire un obiettivo, ma in cui le individualità e le singole capacità trovano il modo di integrarsi e comprendersi al meglio. Un lavoro di squadra nato per passione e

continuato con entusiasmo, ma anche con estrema praticità: “come quando – concludono con un aneddoto - nella nostra prima fiera da espositori, dopo aver preparato tutto nei dettagli, per risparmiare qualcosa ci siamo ritrovati a dormire accampati a casa di amici in condizioni davvero disastrate. Avevamo fatto da sponsor alla più grande fiera di Roma per birre artigianali, ma abbiamo dormito in un tugurio per risparmiare Comunque poi, Il 22 ottobre u.s. abbiamo partecipato alla selezione finale per startup indetta dalla facoltà di Economia dell’Università di Tor Vergata e siamo stati selezionati tra le tre startup finaliste dell’evento. Abbiamo avuto modo di conoscere diversi investitori del settore e presentare il nostro progetto in Aula Magna di fronte all’ambasciatore Israeliano in Italia ed il Rettore dell’Università!”. Come nella migliore tradizione americana dei vari Gates, Jobs, Zuckerberg…

GIANLUIGI FERRINI Founder Laurea triennale in Economia Aziendale (Università Bocconi) e Laurea specialistica in Management d’Impresa (Università Cattolica) Dopo esperienze lavorative in Cina e Australia, aumenta le sue conoscenze professionali presso multinazionali in Italia (Adidas, Red Bull). Decide di intraprendere un nuovo percorso imprenditoriale lanciando Beer Beez nel mercato della App mobile. Attualmente candidato MBA presso Amsterdam Business School. Birra preferita: Deep Underground – Opperbacco EMANUELE CATENA Co-founder Laurea triennale in Graphic Design e Master’s degree in Graphic Branding & Identity presso la London College of Communication. Dopo aver trascorso buona parte dei suoi ‘twenties’ in giro per il mondo (per studio e/o lavoro si è trovato a vivere a Firenze, Pisa, Bangkok e Londra, lavorando tra gli altri per Oliviero Toscani e per Accademia Italiana Thailand), torna nella sua città natale come direttore creativo per lavorare in un’azienda di eventi e comunicazione, e nel frattempo segue il corso di laurea magistrale in Management e Comunicazione d’impresa. Avendo paura di annoiarsi per il troppo tempo libero a disposizione, divide il suo tempo tra lo sport e l’impresa di Beerbeez. Birra preferita: Sandrina - Birrificio Leardi

COS’È

Beerbeez è un’app che raccoglie tutti i microbirrifici italiani (in attesa di raccogliere tutti i microbirrifici del mondo), e li collega tra loro attraverso una birra di partenza selezionata dall’utente. Tramite un algoritmo (supersegreto) si creano una serie di connessioni tra le birre; così mentre si assapora la propria qualsiasistilesialatuabirra, si può surfare nel mondo dei microbirrifici in un attimo. Beerbeez permette di scoprire nuove birre, aggiungerle tra i preferiti, scoprire quali sono i birrifici più vicini, e molto altro ancora.

COME SI USA

Una volta scelta una birra, puoi entrare nella sua scheda con un doppio tap e visualizzare le specifiche tecniche inserite direttamente dai produttori, e scoprire graficamente quello che stai assaggiando col palato. Facendo tap sull’etichetta con il nome del birrificio, si può accedere alla pagina del produttore, per vedere le altre birre, leggere le news a riguardo, scoprire dove si trova il birrificio con la mappa integrata, ed aggiungerlo tra i preferiti.

MARCO RUSSO Co-founder Laureato in Comunicazione d’Impresa e Marketing all’Università degli Studi di Milano. Inizia la sua strada nel 2008 alla Zero9 occupandosi della gestione delle communities mobile. Successivamente cambia completamente universo entrando nel tetro mondo bancario, dapprima nella holding di Unicredit all’interno del team dedicato alla gestione dei fondi finanziati e successivamente alla Morgan Stanley come Financial Controller. Lascia il mondo della finanza e approda nel 2012 nella sede Red Bull a Milano come Credit Controller. A Luglio 2014 sveste i panni di “colletto bianco “ per gettarsi in pieno stile “De Gayardon” in BeerBeez. Birra preferita: Left Hand Milk Stout - Left Hand Brewing Company

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C’era una volta...

IL CUORE

DI ADRIANA L’ospedale psichiatrico Sant’Antonio e le sue vite dentro le mura

driana era giovane , allegra e spensierata. Viveva in una città piccola dove la sua era una famiglia benestante e molto conosciuta. Il padre, uno stimato commerciante di stoffe e abiti, la madre donna timorata e attenta alla conduzione della casa e all’educazione della figlia. Adriana aveva tanti amici nella società bene della città. Usciva con loro, andava al cinema e nei migliori locali, frequentava le loro case. A seguito di investimenti sbagliati però, il padre cadde in rovina e la amiche di Adriana iniziarono così ad allontanarla, un po’ perché lei ora non poteva più permettersi di frequentare i bei posti in cui andavano insieme prima e poi perché a loro non garbava avere tra le conoscenze una “caduta in disgrazia”. Il mondo tanto bello che la circondava venne meno e Adriana si trovò sempre più sola e triste. Un giorno, mentre guardava la vetrina di un negozio di abiti, come quello che aveva il suo

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papà, ma che ora non poteva più permettersi, notò un paio di occhi neri che la scrutavano da dietro la vetrina. Erano

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Nei giorni a venire, spesso Adriana si fermava a guardare quella vetrina, anche perché le faceva piacere avere per sé quello sguardo così discreto. Fino a che, una mattina, Giorgio non si limitò a guardarla ma uscì, chiedendole se poteva offrirle un caffè...

quelli di Giorgio, il figlio del proprietario del negozio. Nei giorni a venire, spesso Adriana si fermava a guardare quella vetrina, anche perché le faceva piacere avere per sé quello sguardo così discreto. Fino a che, una mattina, Giorgio non si limitò a guardarla ma uscì, chiedendole se poteva offrirle un caffè. Nacque ì una bella amicizia che presto si trasformò in un giovane e tenero amore. Adriana era felice! Quanta gioia nei suoi occhi! Giorgio le aveva ridato un po’ della spensieratezza perduta. La passione prese i due giovani e Adriana scoprì presto di aspettare un bambino. Pensò alla reazione dei suoi genitori, sicuramente ne sarebbero stati sconvolti! Ma poi si rincuorò un po’, perché il suo pensiero andò a Giorgio e al loro amore. Si sarebbero sposati e sarebbero stati felici. Ma le cose non andarono così. Giorgio fu inesistenze di fronte alla possibilità di diventare padre, non spiccava certo per determinazione e si fece influenzare della sua famiglia


che non accettò la situazione: come potevano loro, commercianti in ascesa , essere favorevoli a un amore “impuro” e con una ragazza socialmente inferiore! Adriana rimase sola. Con l’indifferenza e quasi il disprezzo di sua madre portò a termine la gravidanza. Quando partorì e guardò il suo bellissimo bambino il cuore esultò di nuovo. Ecco il suo vero grande amore! L’unico per cui valeva la pena lottare e vivere. Gli avrebbe insegnato che cos’era l’amore. Ma anche stavolta i suoi sogni le rimasero tra le mani. Il suo piccolo le venne portato via. Sua madre e suo padre lo avevano dato in adozione. Il vuoto che la colpì fu così grande che un enorme buco nero si aprì nel suo animo, incolmabile e profondo. Appena ripresasi dopo il parto lasciò la sua casa e vagò per le via della città. Il dolore era troppo grande, si sentiva smarrita e persa. L’unico amore della sua vita era andato via per sempre. Di cos’altro le poteva importare? Appoggiata a un muro e presa dalla sua disperazione, con gli occhi nel vuoto, all’improvviso un uomo le si avvicinò e le disse: “Bella, sei qui fuori tutta sola ad aspettare me? Entra dentro a farmi compagnia”. Iniziò così la sua permanenza in una casa di tolleranza.

Offriva piacere agli uomini, perché la sua vita ne era priva. Senza Mario, così chiamava nel cuore suo figlio, nulla aveva più importanza, si sentiva smarrita, senza meta. Ma la città è piccola e la gente mormora, si sa. Così la famiglia venne a sapere dove si

I suoi occhi guardavano atterriti le figure che vagavano per i corridoi, le orecchie si strappavano ad ogni urlo...

trovava Adriana. Il padre aveva ancora delle conoscenze e comunque, in quegli anni, un figlio nato fuori dal matrimonio e una vita di piacere erano offese tali al nome della famiglia che non potevano essere tollerate. I genitori così, ne fecero dichiarare l’interdizione dal Tribunale e la giovane Adriana venne chiusa in un ospedale psichiatrico. Già, meglio matta che puttana, si dissero i famigliari. Così il

problema venne assolto. Con l’ingresso in manicomio il mondo che lei conosceva si chiudeva alle sue spalle. Davanti un’altra realtà. I suoi occhi guardavano atterriti le figure che vagavano per i corridoi, le orecchie si strappavano ad ogni urlo che proveniva dalle camere, dalle stanze dei medici e dai padiglioni così alti e spogli. C’erano orari per mangiare, per lavarsi e per dormire. Nessun oggetto che sapesse di ricordi di vita vissuta, ma una nuova vita in un posto che non ne aveva, dove nessuna ne aveva. Finché i suoi occhi divennero vuoti, i suoi gesti i medesimi, e ogni volontà annullata. Il buco, che si era aperto nel suo cuore quando gli avevano tolto Mario, si aprì nella sua mente. Alla chiusura dell’Ospedale Psichiatico, Adriana, ormai anziana venne spostata in una comunità alloggio. Lì la sua vita ritrovò un po’ di colore, e il sapore di una casa, sebbene condivisa con altri pazienti. Morì senza aver voluto rivedere la famiglia e con il pensiero rivolto a Mario. Nessuno è più riuscito a portare luce in quel buco, a colmarlo, o a ricombaciarne i lembi. E il dolore e la pazzia sono diventate la vita stessa.

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di Anna de Carolis

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TURISMO SOSTENIBILE E TUTELA DELL’AMBIENTE

Dalle piattaforme (dismesse) ai trabocchi hi non ha mai ammirato la “Torre” che troneggia sulla strada statale tra Pineto e Silvi Marina? Già fortilizio del Regno di Napoli, la Torre del Cerrano è prima divenuta sede dell’Istituto Zooprofilattico di Abruzzo e Molise (settore ambiente marino) e poi nel 2010, è stata dichiarata Area Marina Protetta (AMP): sette chilometri di mare protetto. Essa è stata oggetto di dibattiti e polemiche da parte di coloro che, scetticamente, la considerano non tanto un’opportunità ma piuttosto un vincolo e una minaccia, soprattutto per attività tradizionali come la pesca. Il 6 Settembre 2014, il TAR del Lazio ha emesso una sentenza decisiva, per l’Area Marina Torre del Cerrano, rigettando un ricorso del Consorzio Gestore Vongole del Compartimento Marittimo di Pescara (CoGeVo), concernente il divieto dell’uso di turbosoffianti. Al Presidente chiediamo quale è stata nello specifico la decisione del TAR: Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, ha respinto il ricorso del Co.Ge.Vo., che chiedeva la sospensiva del decreto istitutivo dell’Area Marina Protetta Torre del Cerrano e del Regolamento per la disciplina delle attività consentite, nelle diverse zone di protezione. Il provvedimento sostanzialmente ribadisce il concetto che il metodo di dragaggio dei fondali con le turbo soffianti, utilizzato dal Consorzio, è del tutto incompatibile con la tutela dell’ecosistema dell’Area Marina Protetta e che la superfice dell’area non è pregiudizievole all’esercizio della pesca, trattandosi di 7 chilometri di costa su un totale di circa 82. L’AMP, il prossimo Dicembre, riceverà a Bruxelles l’attribuzione della Carta Europea del Turismo Sostenibile nelle Aree Protette (CETS), per diventare primo parco certificato d’Europa: quali i vantaggi per il territorio? La Carta è coordinata da Europarc Federation (la Rete delle Aree Protette Europee) e rientra nelle priorità mondiali ed europee

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espresse dalle raccomandazioni dell’Agenda 21. L’AMP Torre del Cerrano e 25 attori si sono impegnati a realizzare nell’arco di 5 anni oltre 30 progetti eco-turistici-sostenibili, che genereranno benefici economici tangibili sull’economia locale e promuoveranno un cambiamento dell’agire collettivo. I Parchi certificati, poi, avranno sempre di più l’attenzione dell’Unione Europea, il che significa corsia preferenziale per la concessione di contributi, ma anche un’ulteriore qualificazione e crescita economica del territorio. Insomma, la CETS è parte di una nuova cultura che tende a far uscire le Aree Protette da una

la CETS è parte di una nuova cultura che tende a far uscire le Aree Protette da una visione chiusa verso un’economia aperta

visione chiusa verso un’economia aperta, che valorizza l’ambiente e al contempo esalta le caratteristiche imprenditoriali, culturali e sociali dell’area La salvaguardia dei paesaggi costieri è di certo una risorsa strategica per un nuovo sviluppo sostenibile. Cosa pensa della proposta di riconvertire le piattaforme petrolifere in disuso in trabocchi di alto mare? Ne sono sinceramente convinto! Le piattaforme dismesse potrebbero diventare vere e proprie oasi naturalistiche con evidenti benefici per tutti. Location adatta per la ricerca scientifica, dato che le piattaforme favoriscono la formazione di un ecosistema naturale simile a un reef, perfetta anche per svolgere attività sportive subacquee e di educazione ambientale; da non sottacere il risparmio di milioni di euro per lo smaltimento

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che conseguirebbero le società di idrocarburi proprietarie delle stesse. La mia proposta è di varare una task force di Istituti ed Enti interessati alla gestione, sotto la guida della Regione Abruzzo, la quale dovrebbe farsi promotrice del progetto nei confronti dell’ENI. Nell’ambito dell’Educazione Ambientale ci sono progetti dedicati alle Scuole? Sì, certo. E’ un progetto organico rivolto a tutte le scuole abruzzesi che spazia a 360° nel campo dell’educazione ambientale, coniugandola con la musica, l’arte, la scienza, l’archeologia, la biologia, la comunicazione, l’alimentazione, lo sport eco-sostenibile. Per realizzarlo scenderanno in campo le Guide del Cerrano, numerose Associazioni locali e ovviamente l’AMP che assicurerà supporto logistico e funzionale. Il progetto è stato ideato, oltre che per dare seguito al percorso di educazione ambientale, intrapreso negli anni precedenti dal Parco Marino, per rispondere alla richiesta di attività formative su temi di vitale importanza per le generazioni future quali la conservazione degli ecosistemi, della sostenibilità ambientale, del riciclo dei rifiuti, della pesca sostenibile. Nella stagione estiva 2014, si è toccato il record di visitatori alla Torre del Cerrano: oltre cinquantamila presenze. Concerti, incontri con autori, visite guidate in una location unica e straordinaria. La giusta risposta alla crescente domanda di un turismo sostenibile e di qualità. Quali ulteriori iniziative si profilano all’orizzonte? Un successo straordinario, aldilà di ogni previsione; gli eventi sono stati di un livello davvero elevato, dimostrando che alla Torre è possibile un divertimento di un tenore eccezionale, connotato in senso ambientale: cultura, manifestazioni, eventi sì ma sempre accompagnati da vere e proprie lezioni di educazione ambientale impartite dalle Guide del Cerrano e dai volontari del PROS (Pronto Soccorso Pineto). di Clementina Berardocco


ORSI E …

RICORSI l’isteria collettiva arrivò a Isola del Gran Sasso. Isteria collettiva da orso, per la precisione. Più o meno dalla fine di settembre, voci insistenti in paese vogliono la presenza di uno o più orsi a ridosso del centro abitato a pochi passi dal santuario di San Gabriele. E’ bastata una voce messa in giro chissà come e chissà da chi, per scatenare una nuova storiella urbana. Analogamente alla famosa vicenda del puma scappato dal circo (che ciclicamente torna persino sulle pagine dei giornali nonostante sia una bufala comprovata), qui in molti dicono di aver visto un orso sceso a valle attraversando i boschi che colorano le montagne. Un orso, o forse un’orsa e il suo cucciolo. O addirittura tre orsi. La notizia corre veloce sulle bocche della gente, ingigantendosi, storpiandosi, diventando sempre più assurda: eppure in molti ci credono. In molti giurano di aver visto un orso rovistare nei cassonetti dell’immondizia. Altri metterebbero la mano sul fuoco dichiarando che l’orso era tra le fresche frasche del campo sotto casa. Altri ancora avrebbero visto e sentito questi animali nelle campagne, sotto i ponti, addirittura in giardini privati. Ma di questo fantomatico orso nemmeno una traccia. Né di quelle che naturalmente dovrebbe lasciare l’animale, né di quelle che invece lasciano sempre più spesso gli animali sociali moderni, gli uomini: le fotografie. In un’epoca in cui carichiamo sui nostri

profili social anche la foto dei maccheroni del pranzo domenicale, sempre pronti a immortalare ogni minimo movimento di una nuvola, possibile che nessuno degli abitanti del luogo sia riuscito a scattare una pur sfocata foto al plantigrado? Ebbene, contro ogni logica, la gente continua a parlarne. Certo, poi ci si mettono anche i cervi -quelli sì, presenti sul serio in zona- il cui potente bramito nella stagione degli accoppiamenti ha rimbombato nottetempo per giorni. E la fantasia popolare, già ampiamente solleticata, ci ha messo poco ad attribuire quei versi ad una bestia feroce. Partono gli allarmismi, telefonate alla Forestale e al Parco Nazionale. Che ovviamente ha la situazione faunistica costantemente monitorata, e comunque qualora ci fosse un orso in città si saprebbe in via ufficiale. Nonostante

questo, e nonostante la mancanza di segni di qualunque tipo (dagli animali scannati ai danneggiamenti vari) se ne parla ancora. Ma per fortuna, vogliono le ultime voci del popolo, gli orsi sarebbero stati catturati. Se sani e salvi non è dato sapere, e sì che con una dose di narcotico un orso può anche morire, l’abbiamo visto in Trentino. Ma se gli orsi forse sono spariti, restano le domande: perché crediamo alle leggende metropolitane? Perché dobbiamo per forza vedere qualcos’altro in un cane che rovista tra i rifiuti? Per tenerci uniti? Per avere qualcosa di cui (non) parlare? Per avere un elemento alieno in comune? O per poter riempire il vuoto di una vita sempre più connessa ma paradossalmente annoiata?

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di MikiMoz Capuano

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La violenza negli esseri umani

IL PROGRESSO E LA CRIMINALITÀ

a parola “violenza” è quella che più soffre dell’odierno caos nominalistico. Si è tutti contro la violenza, ma non di rado scopriamo che fra i suoi più verbosi nemici dimorano molti violenti e violentatori di coscienze, così come molti misfatti si compiono in nome della pace, della giustizia e della libertà. Ormai non basta più una parola per definire un concetto, ma bisogna vedere chi la usa e il senso che ad essa viene dato. Ossia non basta affermare che oggi viviamo in un clima di violenza esacerbata e progressiva. Certo, la cosa è sotto gli occhi di tutti, ma se vogliamo che il nostro discorso sia più di una semplice constatazione, bisogna guardare la violenza da vicino, nelle sue motivazioni, e nelle sue complicità, senza schemi abilmente fabbricati da chi magari denuncia il malanno mentre se ne serve. La criminalità e la delinquenza non sono che l’effetto di un conflitto che appare umano ai suoi simili organizzati in società. I due fondamentali fattori criminogeni sono le condizioni sociali e le condizioni individuali. L’ambiente sociale, infatti, come

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tutte le influenze laterali, come la famiglia, l’educazione, le amicizie, le condizioni economiche, può intervenire nelle circostanze preparanti o determinanti il crimine. Deve però essere sottolineata l’influenza di certi flagelli sociali come la droga, la disoccupazione, la miseria nera, l’alcolismo (specie nei giovani). Oggi si assiste sempre di più a un fenomeno

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nuovo: la delinquenza e la violenza direttamente causate dal progresso. Si dovrebbe pensare che il progresso è, o dovrebbe essere, fattore di incivilimento e di miglioramento sociale e quindi elemento profilattico contro la criminalità. In realtà non è così. Spesso il progresso genera dei “mostri”. Tutti vogliamo tutto subito. Si fanno file oceaniche per comprare un telefonino, eppoi non si legge più, né libri né giornali. E’ pertanto da intendersi che il progresso dà maggior agio all’incremento della criminalità. Sta di fatto che l’uomo è per natura egoista, egocentrico e quindi molto spesso antisociale, per tendenza o esigenza, invece di essere sociale. La formula idonea è forse la seguente: L’uomo, quale essere egoista, considera la società al suo servizio, vale a dire plasmata secondo le sue esigenze, in tal senso egli è tendenzialmente sociale. In conclusione ci si vuole convincere che, purtroppo, il progresso in genere e quello tecnico in particolare sono fattori di criminalità e cioè motivi di estrinsecazione all’antisocialità o egoismo individuale. di Bruno Proietti Specialista in criminologia – antropologia criminale Psicopatologia Criminale – diritto penale


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FocusON MAXIMA CULPA


MAXIMA CULPA FocusON

n calvario, un Golgota orribile, per la vittima e per il carnefice. Secondo lo scrittore Carmelo Abbate e tutti gli altri autori e intervistati di questo focus, è questa la condizione in cui precipitano abusati e abusatori. La “maxima culpa”, il delitto più grande, secondo il Vangelo di Matteo (18.6), che recita: “…Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.” E così la pensa anche Papa Francesco che con straordinaria determinazione ha sollevato il velo su un fenomeno terribile. Dalla tolleranza zero alla denuncia e all’arresto per chi, nella Chiesa, si renda responsabile del reato di pedofilia. Quella stessa Chiesa che per secoli ha nascosto, coperto e celato le colpe di chi “…deve portare il bambino o la bambina alla santità … e invece lo abusa” , oggi, con Papa Bergoglio, trova la forza e l’umiltà di agire, in modo radicale , contro un delitto che oscura anche la luce di tutti coloro che , nella Chiesa, costruiscono ogni giorno la speranza di una vita degna di essere vissuta.

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“NON FA SCONTI”

FRANCESCO: IL PAPA CHE

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evidente a tutti che Papa Francesco sia un innovatore straordinario della Chiesa: infatti, le impressioni iniziali, maturate subito dopo la sua elezione al soglio pontificio, nella primavera del 2013, stanno trovando ampia conferma dai gesti e dalle azioni quotidiane, che – senza pericolo di eccessiva enfasi – rivoluzionano un organismo che meritava, da tempo, di subire una forte ventata riformatrice, che gli procurasse uno scossone molto netto rispetto allo status quo ante. Il pauperismo, matrice tipica della sua formazione gesuitica, che si intreccia con un significativo spirito francescano, lo ha portato a fare molte rinunce, a cui i suoi predecessori non avevano, in alcun modo, pensato, per cui – così facendo – il Vescovo di Roma appare sempre più vicino a quanti soffrono, non solo in virtù di ciò che Egli predica nelle omelie, ma soprattutto grazie al suo fulgido esempio. Altresì, molto importante è stata la decisione di rinnovare la Curia Romana, visto che, nel corso dei precedenti pontificati - in particolare, durante la lunga malattia di Giovanni Paolo II - i vescovi curiali avevano assunto un ingiustificato strapotere, che consentiva loro di sostituirsi ad un Papa - come appunto il Vescovo polacco - che non era nelle condizioni fisiche di gestire un ente complesso, come è la Chiesa cattolica. L’interregno, rappresentato dal Pontificato di Benedetto XVI, ha segnato un primo momento di svolta essenziale, dal momento che la forza teoretica del Pastore tedesco ha consentito di disegnare nuovi scenari teologici, con i quali la Chiesa del XXI secolo dovrà necessariamente misurarsi; però, a Papa Ratzinger, forse, è mancata quella forza di spirito necessaria per rimuovere poteri consolidatisi nel corso del tempo, che rischiano di creare conseguenze pericolose sia per l’immagine - nel mondo - del Cattolicesimo, che per i risvolti politici, che da quelle deriverebbero per molti Stati, la cui esistenza è intimamente connessa a quella del Papato. Certo, l’atto più clamoroso è costituito - nel sia pur breve Pontificato di Francesco - dalla tenacia con cui sta perseguendo tutti coloro i quali hanno commesso reati di pedofilia, purtroppo molto frequenti all’interno delle gerarchie ecclesiastiche, finanche ad altissimi livelli. Infatti, la pedofilia ha sempre rappresentato un tabù per il Cattolicesimo, dato che era noto da tempo che questo reato infame può annoverare, fra i suoi autori, molte persone che indossano l’abito talare,

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ma - per timori o complicità mai disvelate del tutto - queste incrostazioni non erano emerse e, in passato, molto probabilmente la Curia Romana ha tutelato coloro che, al suo interno, si erano macchiati di una simile nefandezza. Francesco, invece, senza timore alcuno, ha autorizzato, nei giorni scorsi, gli arresti domiciliari presso il Vaticano di un ex-nunzio apostolico dell’America Latina, accusato di aver consumato centinaia di rapporti sessuali con minori selezionati nei quartieri più poveri di quel continente: un gesto, questo, di portata storica, visto che, per la prima volta, un Pontefice ha dato l’assenso agli arresti di un alto prelato per fatti così gravi. La ventata riformatrice, dunque, è davvero intensa, dal momento che essa investe molti aspetti della vita quotidiana delle gerarchie ecclesiastiche, tutte sottoposte ad un esame attento della loro moralità, pubblica e privata: Papa Francesco, sin dall’assunzione dell’alto

l’atto più clamoroso è costituito - nel sia pur breve Pontificato di Francesco - dalla tenacia con cui sta perseguendo tutti coloro i quali hanno commesso reati di pedofilia

incarico, è stato - certamente - ben conscio che i reati a sfondo sessuale e quelli legati alla gestione indebita di danaro sono stati, purtroppo, frequenti nel recente passato e meritano di essere perseguiti senza fare sconti a nessuno. Così, la Chiesa, che aveva perso molta popolarità fra i fedeli, visto che la sua immagine era stata sporcata dalla reiterazione di fatti squallidi - che rimanevano per lo più impuniti - ora ha riacquisito credibilità grazie all’opera meritoria di Francesco, il quale ha intuito che la strada percorsa è l’unica possibile, se vuole assolvere alla funzione di salvare la creatura di Pietro da un discredito dilagante e, dunque, dal declino progressivo, che sarebbe derivato, se non ci fosse stata una clamorosa inversione di tendenza, come questa da lui promossa. di Rosario Pesce


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L’arresto del Vescovo e le norme del diritto canonico

LA GIUSTIZIA IN VATICANO alla linea del silenzio, spesso complice, alla linea della coraggiosa denuncia da parte di papa Francesco che ha coerentemente perseguito la fermezza più volte annunciata. Ha deciso come vescovo l’ arresto inevitabile di un altro vescovo, che si è macchiato di delitti orrendi contro persone deboli e indifese, come i minori, privati della dignità di figli di Dio. La notizia dell’ arresto ci ha sconvolti e disorientati perchè mai avevamo immaginato che un vescovo, successore degli apostoli, pastore delle anime, chiamato a proseguire la missione di Cristo, potesse arrivare a gesti così gravi e infamanti, fonti di indicibile scandalo, per il quale chi lo commette dovrebbe essere scaraventato negli abissi del mare con una macina di mulino appesa al collo! Il papa non aveva altra scelta, avendo deciso di operare con determinazione e trasparenza nel caso di un crimine che ha a lungo infangato la Chiesa ad ogni livello e in ogni angolo del mondo, percorrendo la via tracciata da Benedetto XVI con la lettera pastorale del 19 marzo 2010 ai cattolici irlandesi, nella quale dichiarò che era dovere dei vertici della Chiesa denunciare un peccato così grave alle autorità civili. Chiediamoci ora come è considerata la pedofilia sotto il profilo della morale cattolica e

Illustrazione di Maria Corte, “My mother, Papa Francesco and me” pubblicta su “Il - il maschile del Sole 24” N. 50 APRILE 2013

del diritto canonico. Sotto il profilo morale è un peccato mortale che viola il sesto precetto del Decalogo, peccato che, ove non rimesso nella confessione sacramentale, provoca la perdita della carità e della Grazia santificante, e l’ esclusione dalla comunione ecclesiale. Sotto il profilo canonico è un atto che rientra nel genere dei delicta graviora contro la morale, contemplato dal canone 1395 del C.J.C. [1983] e dal 2001 riservato alla Congregazione per la dottrina della fede dal “motu proprio” Sacramentorum Sanctitatis tutela, che ha promulgato le Normae de gravioribus delictis Congregationi F. reservatis. La pena conseguente al giudizio del Tribunale ecclesiastico per il reo è la dimissione dallo stato clericale e la perdita dei diritti connessi all’ ufficio rivestito,a norma del canone 696. Non è prevista la pena della carcerazione, come avviene nell’ ordinamento penale statale. Si aggiunga che la pena predetta è prescritta in venti anni, a decorrere dal compimento del diciottesimo anno di età del minore offeso, come stabilisce l’ art. 7 delle citate Normae. Il Vescovo Jozef Welosowski, già nunzio apostolico nella Repubblica di S. Domingo, accusato di abusi perpetrati a danno di minori per fini di libidine nell’ arco di tempo tra il 2003 e il 2008, già ridotto allo stato laicale dalla Congregazione per la dottrina della fede il 26 giugno 2014, è stato tratto agli arresti domiciliari per evitare il pericolo di fuga dell’ imputato e il conseguente inquinamento delle prove. Quale il futuro del vescovo? Essendo un semplice laico e privo di immunità diplomatica vaticana puo’ essere estradato a S. Domingo e negli altri paesi in cui ha commesso lo stesso reato, ove ne sia fatta richiesta. Ora restano al Welosowski solo il perdono degli uomini e la misericordia di Dio.

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di Giovanni Di Giannatale

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GOLGOTA CARMELO ABBATE E IL SUO VIAGGIO SEGRETO TRA CHIESA E PEDOFILIA

ggi sono qui con la mia memoria e le mia sofferenza. Nessuno potrà ridarmi ciò che mi è stato tolto. La mia giovinezza, la mia ingenuità. Ma sento che è arrivato il tempo. Il tempo della giustizia.” Queste le parole di Fabio, uno dei tanti ragazzi che hanno confessato al giornalista e scrittore Carmelo Abbate, nel suo “Golgota, Viaggio tra Chiesa e pedofilia”, il dramma degli abusi sessuali che da secoli si consuma tra le mura di parrocchie, istituti religiosi, scuole cattoliche. La tragedia di migliaia di bambini, ai quali è stata rubata la felicità a opera di un servo di Dio. Il dramma messo in atto in una Chiesa e da una Chiesa che sapeva, che ha nascosto, insabbiato, difeso, taciuto di fronte a tali orrori. Uno scandalo pedofilia che ha travolto i cinque continenti e che ha visto un intenso lavoro di copertura da parte delle autorità ecclesiastiche. Oggi qualcosa si muove nella direzione giusta e alla luce degli ultimi concreti sviluppi possiamo dire che forse è arrivato “il tempo della giustizia” che tante vittime, come Fabio, attendono. Il dott. Abbate ci illustrato il suo punto di vista a riguardo. Golgota inteso come calvario in cerca della verità su questi tristi e inammissibili accadimenti o come calvario dei ragazzi abusati? Un calvario per tutti e due. Ho scelto tale titolo proprio per questo: calvario delle vittime, ragazzi che in tenera età hanno subito abusi sessuali, ma anche il mio perché questo è un libro che proprio non avrei voluto scrivere. Non è

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«La pedofilia a opera degli uomini di Chiesa è un tema che non ti lascia affatto indifferente; bisogna calarsi in una realtà che ti segna ed è necessario raccontare le storie con grande attenzione e umanità...» stato facile farlo. La pedofilia a opera degli uomini di Chiesa è un tema che non ti lascia affatto indifferente; bisogna calarsi in una realtà che ti segna ed è necessario raccontare le storie con grande attenzione e umanità. E’ come scavare a piene mani nella sofferenza che brucia dentro il cuore di chi ha subito e nella mente di un sacerdote che dopo aver celebrato l’eucarestia sfoga i suoi istinti sessuali repressi sui bambini. Argomento scomodo, peraltro? Molto scomodo direi. E cosa l’ha spinta ad andare avanti? L’incontro con Fabio, un ragazzo che a dodici anni ha subito ripetute violenze dal sacerdote della propria parrocchia. Cosa ha provato nell’incontrare le vittime? Dolore, grande dolore; partecipazione emotiva, rabbia verso la Chiesa per quello che è accaduto, per il silenzio perpetrato per secoli, per quello che la Chiesa non ha fatto e per il modo di agire spregevole di alcuni dei suoi rappresentanti.

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Le giovani vittime, solo dopo tanti anni dall’accaduto, riescono a parlare. Il processo di rimozione dell’abuso sessuale è lungo? In realtà è difficile e doloroso e penso che non lo supereranno mai. Imparano a conviverci, ad accettarlo come una cosa che ti porti dentro, a raccontarlo, ma non di certo a dimenticare il male ricevuto. E le conseguenze per le vittime possono essere molteplici e gravi. Lei dedica il suo libro a Papa Benedetto XVI. Perché? Perché prima di iniziare a scriverlo ero molto prevenuto sulla sua figura. Poi ho scoperto che è stato un Papa rivoluzionario che ha deciso di voltare pagina dinanzi all’omertà e all’indifferenza della Chiesa nei confronti della pedofilia con gesti concreti e assumendo posizioni nette. Parla di Giovanni Paolo II come colui che “rimase in preghiera” dinanzi a tali scandali; esalta il ruolo attivo di Papa Ratzinger sugli stessi;


MAXIMA CULPA FocusON cosa ne pensa di Papa Francesco? Papa Francesco è un’emanazione di Benedetto XVI e la sua azione non è altro che una continuazione del suo predecessore. Apprezzo gli attuali provvedimenti di questo papato, ma non dobbiamo assolutamente sottovalutare e dimenticare che chi ha agito in modo dirompente è stato Papa Ratzinger che ha posto fine a una prassi ormai consolidata della Chiesa di coprire e zittire gli abusi. La Chiesa sapeva, eppure non ha mosso un dito. In “perfetto stile Vaticano” scriveva nel 2001. Questa nuova presa di coscienza abbatterà

i muri dell’omertà? Il problema più grande è la Curia che è “cresciuta” con la cultura del silenzio e del coprire a tutti i costi. Oggi si trova del tutto spiazzata. Ovviamente è molto dura e difficile sradicare un modus operandi di secoli che ha visto sempre l’immobilismo delle gerarchie ecclesiastiche di fronte a questi delitti, ma l’influenza dei due papati è forte e costituirà quell’input necessario per iniziare a smascherare la pratica della segretezza. Pensa che da Papa Francesco in poi saremo di fronte a una Chiesa che

ammette le sue colpe e si responsabilizza delle sue azioni? Io credo che gli ultimi e storici provvedimenti di destituzione dell’incarico e di indagine di alti gradi ecclesiastici per pedofilia ( Monsignor Wesolowski ad esempio) non siano parentesi, ma sono il portato di questa nuova linea della Chiesa che guarda in avanti. Il processo è lungo; impossibile cambiare una storia millenaria con due papati, ma essi sono l’esempio reale di un cambiamento radicale e necessario. di Adele Di Feliciantonio

Papa Francesco è un’emanazione di Benedetto XVI e la sua azione non è altro che una continuazione del suo predecessore Illustrazione di Maria Corte, “My mother, Papa Francesco and me” pubblicta su “Il - il maschile del Sole 24” N. 50 APRILE 2013

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VITTIME E CARNEFICI La difficile stima dei numeri on ci sono stime chiarissime circa il fenomeno della pedofilia all’interno del clero. In un intervista del 2010 a Mons. Charles Scicluna da parte di Gianni Cardinale (reperibile negli archivi online del vatican.va) è riportato che dal 2000 al 2010 la Congregazione per la Dottrina della Fede, Dicastero preposto anche alla valutazione di queste gravi situazioni, ha valutato le accuse riguardanti circa 3000 casi di delitti compiuti negli ultimi cinquant’anni da sacerdoti diocesani e religiosi. Di questi – prosegue il Mons. - il 60% riguarda atti di ebofilia (attrazione sessuale per adolescenti dello stesso sesso), il 30% rapporti eterosessuali e il 10% (circa 300) atti di vera e propria pedofilia, ossia attrazione sessuale per bambini impuberi. Ma qual è stato l’esito di queste accuse? Nel 20% il processo si è svolto nelle dioce-

Illustrazione di Maria Corte, “My mother, Papa Francesco and me” pubblicta su “Il - il maschile del Sole 24” N. 50 APRILE 2013

si di provenienza, nel 60% vista l’età avanzata dell’accusato, non c’è stato processo ma un provvedimento disciplinare e amministrativo come non celebrare messa, non confessare e vivere in ritiro e preghiera, il restante 20% per metà è stato dimesso dallo stato clericale, l’altra metà ha chiesto la dispensa dagli obblighi del sacerdozio.Tra questi ultimi – prosegue il Mons.- ci sono dei sacerdoti trovati in possesso di materiale pedopornografico e per questo condannati dalle autorità civili (solo nel 2010 è stata introdotta la pedopornografia all’interno delle competenze del Dicastero). La massima punizione per un religioso che abusa di un bambino, all’interno delle Normae de Gravioribus Delictis, è la dimissione dallo stato clericale o in alternativa il ritiro e la preghiera. Cosa succede invece ad un bambino che viene abusato da un sacerdote? Come classificazione questa tipologia di abuso rientra tra gli abusi extra-familiari, ovvero quelli istituzionali in cui rientrano anche quelli compiuti da maestri, medici, allenatori e tutte quelle persone alle quali il bambino è affidato per ragioni di cura, custodia, educazione e gestione del tempo libero. Tutte le forme di abuso incidono sullo sviluppo fisico, emotivo, psicologico e comportamentale del bambino condizionandone l’assetto di personalità. Nel caso di una figura religiosa non ci sono grandi differenze rispetto alle conseguenze dell’abuso, almeno sul versante psicologico e comportamentale della vittima vittima.

Il fatto che l’abusante sia un religioso intacca la fede e la fiducia del ragazzo nella istituzione Chiesa, può portare ad una crisi religiosa nel caso in cui il minore sia sufficientemente grande da comprenderla, ma a parte le implicazioni religiose si tratta sempre di un abuso compiuto da un soggetto istituzionale. Non è possibile quindi delineare un quadro generale della “vittima del clero” perché le conseguenze variano in base al rapporto che il minore ha con il sacerdote, al ruolo che il religioso ha nella vita del minore. In un ottica più generale, le conseguenze dell’abuso sessuale vanno dall’assenza apparente di sintomi sino allo sviluppo di patologie più importanti. I minori abusati presentano di base una mancanza di fiducia nel mondo e negli altri e una tendenza a percepire il comportamento altrui come ostile e minaccioso. Possono avere delle difficoltà relazionali e condotte aggressive nei confronti dei coetanei e degli adulti di riferimento. Le conseguenze a breve termine possono comprendere diversi sintomi psicologici come depressione, ansia, paura, disturbi del sonno, disturbi dell’alimentazione, enuresi, problemi scolastici, isolamento sociale, mancanza di fiducia, giochi sessuali inappropriati; e sintomi fisici quali infezioni veneree ed urinarie, infiammazioni ed emorragie riscontrabili in un periodo di tempo più breve. In adolescenza si possono riscontrare comportamenti sessuali promiscui, prostituzione, gravidanze precoci, comportamenti auto-lesivi, svenimenti. A lungo termine possono portare alla comparsa di PTSD, disturbi di personalità borderline, disturbi dissociativi della coscienza, disturbi alimentari, disturbi d’ansia, inibizione sessuale, uso/abuso di alcol e droghe, comportamento depressivo e suicidario. Dott.ssa Carla Ranalli psicologa e psicoterapeuta

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DIETRO LA

“NORMALITÀ APPARENTE” Lo psichiatra Alessandro Valchera spiega piega l’aspetto patologico della pedofilia

osa avviene davvero nella testa di chi ha questa devianza sessuale? Queste persone sono consapevoli di ciò che stanno operando? Spesso questo atroce delitto viene commesso nelle famiglie o nelle Chiese, da persone “apparentemente normali” che non avrebbero mai destato sospetti. Il Dott. Alessandro Valchera, psichiatra teramano e Direttore Scientifico, Sanitario e Primario Psichiatria, della Casa di Cura Villa San Giuseppe ci spiega la dimensione psichiatrica del problema. Dottor Valchera, la pedofilia è una malattia o come affermano alcuni psichiatri americani, un orientamento sessuale? La pedofilia è un comportamento contenitore di tante condotte e manifestazioni; se con questo termine vogliamo riferirci a quella forma che si connota per le attenzioni sessuali rivolte ai bambini, siamo nel campo delle perversioni ovvero delle “distorsioni patologiche rispetto alla norma, del desiderio e dell’oggetto sessuale”, quindi più vicina ad un concetto di “malattia” che di semplice orientamento sessuale. Comunque, a parte alcune forme legate ad altre patologie psichiche particolarmente gravi, il pedofilo è ben in grado di decidere se resistere oppure lasciarsi andare a tale impulso, essendo perfettamente consapevole del

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FocusON MAXIMA CULPA proprio peculiare eccitamento libidico e delle conseguenze che esso può comportare. Il pedofilo si veste di una “normalità apparente”? Nella maggior parte dei casi il pedofilo è ben consapevole delle conseguenze dei propri atti, pertanto cela tale perversione sessuale presentandosi come un soggetto perfettamente rientrante nella norma, in alcuni casi convincendosi di poter “controllare” la propria pulsione e in altri casi può “fingere” una normalità proprio per poter sfuggire con maggiore faci-

Nella maggior parte dei casi il pedofilo è ben consapevole delle conseguenze dei propri atti

lità all’identificazione del suo comportamento anomalo e alle conseguenze legali di ciò. La condotta pedofila è una condotta lucida e responsabile? Ci sono alcuni casi, secondari ad altre patologie, in cui il comportamento pedofilo può non essere lucido, come nel caso di un soggetto con ritardo mentale in cui ci sono difficoltà nella comprensione delle conseguenze dei propri atti. Negli altri casi, in cui la pedofilia può essere definita “primaria” ovvero non legata ad altra forma patologica, il soggetto è consapevole della propria pulsione, delle conseguenze della stessa e pertanto responsabile delle proprie azioni. È vero che i pedofili scelgono spesso professioni a contatto con i bambini per avere la possibilità di mantenere un’immagine positiva di se stessi? Le motivazioni per cui molti pedofili possano scegliere professioni a contatto con i bambini sono varie: per tentare di sublimare l’attrazione sessuale verso di essi e dedicandosi ad essi in maniera socialmente accettata; per aumentare la possibilità di venire a contatto con le potenziali vittime senza destare sospetto e spesso rivestendo ruoli socialmente benvoluti. In alcuni casi, poi, il contatto con i bambini potrebbe, in soggetti che per lungo tempo hanno contenuto le proprie pulsioni pedofile, favorire l’emergenza di queste con l’attuazione dell’impulso a lungo represso. Il prete, come gli educatori e gli insegnanti, frequentemente svolge una funzione che lo porta a contatto con i

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minori e può divenire un’importante figura di riferimento per i bambini. E’ovvio che se ha delle pulsioni pedofile, la contiguità con i bambini può favorire il comportamento pedofilo. Il prete, come il genitore rappresenta per la vittima la ricerca della sedazione dei bisogni pulsionali non ancora definiti che vedono sessualità e affetto strettamente connessi? Il bambino fino all’adolescenza ha delle difficoltà nel disgiungere la sessualità dall’espressione affettiva. Le manifestazioni affettive spesso racchiudono emozioni che il bambino può avere difficoltà a verbalizzare, pertanto le manifestazioni fisiche di affetto, anche verso persone estranee alla famiglia, possono sembrare aspetti erotizzati, ma rimangono ricerca di affetto e di vicinanza. E a sua volta il pedofilo cerca solo gratificazione sessuale dalla giovane vittima o anche soddisfazione nel legame affettivo stabilito con essa? La ricerca dell’affettività con la vittima può essere presente in alcuni casi di pedofilia, con la ricerca di una condivisione di affetto che ha all’interno il comportamento sessuale, come espressione di tale sentimento. In alcuni casi è possibile rintracciare la ricerca di una vera e propria relazione sentimentale con la piccola vittima. In altri casi il bambino è visto meramente come oggetto sessuale e queste sono le forme in cui la disumanizzazione della vittima può portare all’espressione più violenta del comportamento pedofilo.

di Adele Di Feliciantonio

DALLA ST

ALL’A Analisi del sociologo Prof. Gianmarco Cifaldi a criminalità è violazione di norme, la pedofilia è soprattutto negazione dei diritti dell’infanzia”. In queste poche parole, il prof. Gianmarco Cifaldi, docente Università D’Annunzio Chieti e Pescara, studioso del fenomeno, in una delle sue opere, “Pedofilia: problema sociale”, ci descrive questo fenomeno che ha assunto, oggi, le dimensioni di un grave e tragico problema sociale. I recenti fatti di cronaca che hanno investitola Chiesa cattolica e i preti ci fanno riflettere sul ruolo della società, delle istituzioni ec-

Cosa farò da grande? Quanto le esperienze traumatiche e negative di abuso nell’infanzia possono ripercuotersi e riproporsi “con scambi di ruolo” nell’età adulta? umerosi studi hanno ormai dimostrato che le esperienze sfavorevoli infantili (ACE: Adverse Childhood Experiences) hanno effetti negativi a lungo termine, lasciando tracce significative non solo sulla psiche, ma anche sulla salute fisica dell’adulto. Se

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nell’indagare il vissuto intrapsichico della vittima si passa a sondare la sua percezione dei rapporti significativi, ci si può rendere conto che ripercorrere le modalità delle rivelazioni dell’abuso, o viceversa la sua incapacità di raccontarle, ci conduce direttamente al cuore delle relazioni familiari, il cui funzionamento spinge il bam-


MAXIMA CULPA FocusON

STORIA

’ATTUALITÀ clesiastiche e non, e su quello dei soggetti deputati alla tutela dei minori. “E’ necessaria una maggiore consapevolezza nell’essere genitori, educatori, laici o religiosi, cittadini e attuare scelte culturali di metodo e intervento che vadano a vincere le resistenze radicate attorno a questa piaga della società.” Pedofilia, cos’è davvero? La scienza stabilisce e classifica la pedofilia come una Parafilia, una deviazione del normale oggetto sessuale. E’ sempre esistita? Certamente, ed è legata ad alcune pratiche ineluttabili della natura dell’uomo. Essa interessa l’intera umanità, non solo quella di oggi, ma anche quella di ieri. In molte pagine della storia troviamo traccia di questo fenomeno: in Marziale, Plutarco e nel Simposio dove Platone lascia chiara fotografia

di quello che era l’amore verso ragazzi pre – puberi. Nel IV secolo i sacerdoti avevano rapporti con i giovani e gli stessi erano onorati di tali attenzioni perché si ritenesse che la conoscenza passasse anche nell’intimità relazionale tra maestro e allievo. La Carta Internazionale del fanciullo del 20 novembre 1989 rappresenta uno spartiacque importante perché inizia a esserci una presa di coscienza collettiva e una maggiore consapevolezza riguardo agli abusi sessuali sui minori. Che conseguenze comporta sul minore abusato? Può avere conseguenze irreversibili sulla personalità in formazione del bambino, non ancora sessualmente autonomo e in cerca di modelli di comportamento. Nello specifico può portare, da adulti, al suicidio, alla perdita di fiducia nel prossimo, depressione,

disturbi dell’alimentazione, dipendenza da alcol, droghe e medicinali, autolesionismo e disfunzioni sessuali. Perché il bambino rivela tutto solo una volta cresciuto? E’ noto come possano realizzarsi legami, apparentemente inspiegabili, tra vittima e carnefice. Si instaura una relazione di complicità tra abusatore e abusante, in quella che viene definita Sindrome di Gimmy. In questo legame insano il minore cercherà di distaccarsi dal gruppo dei pari, dei coetanei e tenterà di relazionarsi in modo verticale con l’adulto. Perché il bambino diventa complice? Perché da una parte trova piacevole l’attenzione di un adulto verso di lui e dall’altra ne comprende la complessità e se ne vergogna . E da grande cosa accade?

bino a confidarsi o a tacere, quasi come se l’abuso fosse un rivelatore della qualità dei legami in cui il piccolo è immerso. Per illuminare una materia tanto ostica e misteriosa, che ci chiede di gettare uno sguardo nel futuro, si possono comunque elencare alcuni fattori che, influenzano l’esito dell’abuso: 1. La relazione con l’abusante; 2. L’età della vittima. Più il trauma è precoce, più distruttivo può rivelarsi. Ma anche: più la psiche è plastica, più la ferita può rimarginarsi; 3. Le modalità con cui l’abuso è stato agito; 4. La durata, anche un singolo gesto può avere esiti drammatici;

5. Le reazioni della vittima: più la vittima è riuscita a difendersi, a ottenere l’interruzione dell’abuso, a chiedere aiuto successivamente, a rivelare precocemente, meno intensi e pervasivi saranno i sensi

di colpa; 6. I fattori di protezione intra ed extrafamiliari, il cui intreccio complessivo si somma alla dotazione di risorse individuali a determinare il fenomeno noto come resilienza. Quando trattiamo in psicoterapia uno di questi pazienti, tutti questi fattori si affollano nell’animo della persona, che ci rivolge (e soprattutto si rivolge!) senza sosta sempre le stesse domande: perché io? Cosa c’era in me di sbagliato che ha fatto sì che l’abusante abbia scelto proprio me? Perché non mi sono difeso? Perché non ho parlato prima? La ripetizione dell’abuso, questa terribile eventualità, regolarmente citata dalla letteratura scienti-

Il meccanismo implica però un prezzo molto costoso per la psiche, perché obbliga ad una scissione della mente

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FocusON MAXIMA CULPA Quando prende consapevolezza, se riesce a superare lo stato piscologico e la gabbia sociale in cui è stato relegato dal pedofilo, acquista sua autonomia, autostima e una volta divenuto adulto, esterna il tutto con odio, rabbia, con una turbolenza di sentimenti a volte verso se stessi , a volte verso il carnefice o colui che era deputato alla sua protezione . Chi è il pedofilo? Dobbiamo pensare a una moltitudine di tipologie di pedofili. Contrariamente a quanto si pensa esiste anche la pedofilia femminile detta Butterfly che è più nascosta e meno evidente, ma che provoca i medesimi danni di quella maschile. Tuttavia, statisticamente, i soggetti che hanno abusato di un bambino sono gli stessi che erano deputati a difenderlo: i familiari, gli affini, gli insegnanti e gli stessi preti. Chi ha subito abusi sessuali può diventare a sua volta un pedofilo? Da studi internazionali svolti soprattutto in Canada si è stabilito con chiarezza che la percentuale di chi è stato abusato, e che diventa a sua volta un pedofilo, è del 20%, praticamente di 1 su 5 ( cd. Coazione a ripetere di Freud). Della pedofilia all’interno della Chiesa cosa ne pensa? I preti sono uomini e come tali hanno gli stessi istinti di chi non indossa l’abito talare e le stesse devianze. Solo nell’ultimo periodo della vita della Chiesa abbiamo assistito a una reale consapevolezza da parte del clero a estromettere coloro che si sono macchiati di questo orribile reato. Con gli ultimi

due papi c’è stata un’azione concreta per affrontare il problema. Il prete pedofilo come agisce? Egli ha una forte ingerenza su chi gli sta attorno; viene rispettato perché è colui che fa da cerniera tra il fedele e Dio; questo gli genera una forte fiducia da parte delle famiglie e un cd. timore reverenziale che gli permette di agire indisturbato e mettere in atto le sue nefandezze.

E’noto come possano realizzarsi legami, apparentemente inspiegabili, tra vittima e carnefice. Si instaura una relazione di complicità tra abusatore e abusante, in quella che viene definita Sindrome di Gimmy

he Papa Francesco abbia portato una ventata di nuova umanità nella Chiesa è cosa palese all’universo mondo. “Apparuit humanitas Dei nostri (è apparsa l’umanità del nostro Dio)” si potrebbe dire, parafrasando il motto del Cardinale Daneels, grande elettore di Papa Bergoglio. L’attuale Pontefice-Parroco, amatissimo, è una continua sorpresa per cattolici e non, con i suoi insegnamenti ma anche con misure e provvedimenti che capovolgono, ogni giorno di più, la visione che in parte, sinora, si era avuta della Chiesa. Papa Francesco, duro castigatore di ataviche posizioni farisaiche, sta rivoluzionando molti degli schemi interni all’apparato ecclesiastico. Il suo operato sta dicendo a chiare lettere che la Chiesa deve parlare il linguaggio del mondo, aprendosi e riaprendosi alla storia. E tra i molti provvedimenti, è incluso anche quello di punire chiunque nel clero venga accusato di essersi macchiato

fica, è ormai ampiamente divulgata, tanto da rappresentare una preoccupazione non minore nelle vittime ormai adulte che chiedono aiuto. Questi pazienti, sia che siano già divenuti genitori, sia che riflettano sulla possibilità di diventarlo, regolarmente domandano: “E’ vero che c’è rischio che anch’io abusi di mio figlio? Allora preferisco farla finita! Per non soccombere al trauma e per difendersi dal meccanismo di identificazione con l’aggressore, il bambino vittima, inerme e impotente, sposta nel futuro una sorta di rappresaglia e di vendetta. “Non sarò sempre così piccolo e debole, diventerò grande e forte, e allora gliela farò vedere io”. Il meccanismo implica però un prezzo molto co-

stoso per la psiche, perché obbliga ad una scissione della mente. D’altra parte la coazione a ripetere l’abuso risponde all’esigenza di rivivere il trauma vissuto, questa volta però controllandolo – e non più subendolo – grazie allo scambio di ruolo. Per farlo, deve per così dire uccidere una parte di sé, sopprimendo l’empatia per il bambino che diventa la sua vittima. Non tutti i bambini abusati, fortunatamente, si trasformano in aggressori: ce ne sono alcuni, però, la cui triste sorte sembra essere la condanna a rimanere vittime. Questa seconda categoria di pazienti non li incontriamo quindi come genitori maltrattanti inviati dal Tribunale a servizi specializzati nella tutela, ma come soggetti che chiedo-

no aiuto negli studi privati di psicoterapia o nei servizi consultoriali e psichiatrici, con domande di presa in carico per patologie depressive o ansiose, in personalità caratterizzate da scarsa assertività, dipendenza, insicurezza nella relazione con gli altri. Se nel primo gruppo l’aggressività era ipertrofica e incontrollata, in questo è repressa e censurata, in una sorta di autocastrazione. In sintesi, possiamo dunque dire che il legame di attaccamento sia un fattore discriminante per predire gli effetti a lungo termine dell’abuso: tanto più intenso è il terrore associato al trauma, tanto più necessaria è la presenza di figure sicure e responsive, che salvino la piccola vittima dal-

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di Adele Di Feliciantonio

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“Chi scandalizza COLLOQUIO CON DON


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zza un bambino, profana il cuore di Dio”

ON VICTOR ZEVALLOS, PARROCO DI ISOLA DEL GRAN SASSO del peccato più aberrante e disumano: l’abuso sessuale sui bambini. Diversi vescovi arrestati (con la v minuscola, ci sia concesso) o sotto indagine, non è notizia di poco conto. Di questa problematica delicata, ma attualissima, abbiamo parlato con Don Victor Zevallos, peruviano, da cinque anni Parroco di Isola del Gran

Sasso dopo che, proveniente da Roma, ha seguito varie parrocchie del nostro entroterra teramano. Don Victor, qual è il suo pensiero riguardo al velo che la Chiesa sta squarciando sulla piaga della pedofilìa in Vaticano? Non è stato squarciato nessun velo, non è stato scoperto nulla di nuovo che già non si sapesse. Papa Francesco ha però messo in atto una maggiore trasparenza nella Chiesa. Con il suo pontificato Lui ci invita ad aprire le finestre al mondo, per una maggiore condivisione dell’amore e del dolore della vita. Però è anche normale e fisiologico che le notizie negative facciano maggiore chiasso di quelle positive. Che quadro del clero esce fuori dopo questi arresti eclatanti? La dignità sacerdotale si basa su tre pilastri:

La dignità sacerdotale si basa su tre pilastri: amore, servizio e preghiera.Il sacerdote che perde l’appoggio e l’orizzonte di uno di questi tre pilastri, si troverà giocoforza in gravi difficoltà.

lo sprofondare nel vissuto di abbandono provocato dalla propria inerme solitudine, che porrebbe le premesse per l’identificazione con l’aggressore. Per questa ragione, alla nostra domanda iniziale possiamo con una certa ragionevolezza rispondere che la presenza di figure in grado di garantire un attaccamento sicuro diminuisce le probabilità di esiti infausti costituendo un fondamentale fattore di resilienza. E’ perciò fondato orientare il nostro lavoro di prevenzione non solo al sostegno diretto alla piccola vittima, ma anche a quello indiretto, che passi attraverso il supporto al genitore potenzialmente protettivo. Dott.ssa Chiara Fossemò

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FocusON MAXIMA CULPA amore, servizio e preghiera. Il sacerdote che perde l’appoggio e l’orizzonte di uno di questi tre pilastri, si troverà giocoforza in gravi difficoltà. Negli anni ‘70 la Chiesa ha promosso un’apertura verso l’esterno, spronando i sacerdoti a guardare il mondo e l’uomo con occhi diversi. Ma questo avvicinamento ha fatto sì che, in alcuni casi, ne siano stati assorbiti anche i lati negativi. E’ scattata la visione sbagliata dell’umanità, il compiacimento nell’uomo stesso nella deviazione carnale e spirituale. E’ stato Giovanni Paolo II^ ad evidenziare questa ferita che lacera la Chiesa, mentre si deve a Benedetto XVI^ la decisione che questo reato-peccato possa e debba essere giudicato: il peccato di vivere nel mondo con l’appartenenza al mondo e non più come un passaggio per arrivare a Dio. Papa Francesco ha dichiarato che chi compie un abuso tradisce il Corpo del Signore. Ce lo può spiegare? Il sacerdote vive in una comunità famiglia, che ora si chiama famiglia parrocchiale, a contatto quindi con tutti i parrocchiani, ecco perchè questo peccato va contro Dio. Come si può toccare, violare un componente della nostra stessa famiglia? A maggior ragione se si tratta di un minore. Chi scandalizza un bambino, profana il cuore di Dio stesso. La tolleranza zero del Pontefice non rischia di appannare l’immagine di tanti Sacerdoti (con la S maiuscola, ce lo concediamo da soli) che ancora oggi muoiono martiri in terre lontane o di quelli che, silenziosamente, esercitano il loro ministero con abnegazione e spirito di sacrificio? Assolutamente no. La meravigliosa realtà dell’essere cristiani sta nel dover affrontare il peccato davanti a Dio, e la grandezza di questo Papa è quella di far vedere e comprendere che la Chiesa è una Madre che ama, capisce, accoglie e perdona. Occorre essere consapevoli che tutti, sacerdoti compresi, siamo contaminati dal peccato: bisogna anzitutto riconoscerlo, poi pentirsi e amare Dio. Il segno di questi tempi è l’immenso, grande bisogno che abbiamo della misericordia del Padre. E’ facile e scontato vantarsi e credersi dei privilegiati per il fatto di essere sacerdoti. La parte difficile è quella di riconoscere le proprie debolezze, il proprio lato umano negativo e pentirsi dei propri peccati davanti a Dio.

PARLA DON NELLO RUSSO

LA SELEZIONE DI

DEVE COMINCIA LE TAPPE CHE HANNO PORTATO AGLI ATTUALI PROVVEDIMENTI DI PAPA FRANCESCO

di Mafalda Bruno

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MAXIMA CULPA FocusON candalizzare i bambini è un abominio. È come disprezzare Dio, ancora di più verso di loro, l’emblema della innocenza e della semplicità. Detto questo va anche sottolineato che molte delle violenze accadono in primis in famiglia. Di questo ho avuto anche prova concreta durante il mio recente viaggio in Bolivia. Le violenze partono dalle famiglie.

Illustrazione di Maria Corte, “My mother, Papa Francesco and me” pubblicta su “Il - il maschile del Sole 24” N. 50 APRILE 2013

Quindi è una piaga orrenda che non riguarda solo la Chiesa. Ecco perchè, tra l’altro, il Sinodo che si è appena concluso, ha focalizzato i lavori sinodali proprio sulla sacralità della famiglia.Va recuperato l’essere umano prima di tutto. E non si può generalizzare dicendo che siccome il clero deve osservare il celibato, allora sfoga i propri istinti su dei poveri esseri indifesi, perchè le violenze che i minori subiscono in casa, sono spesso opera aberrante da parte di uomini sposati, zii, cugini, vicini di casa ecc. Papa Francesco ha definito la pedofilìa una lebbra all’interno della Chiesa, ma è stato sotto il pontificato di Benedetto XVI^ che la Chiesa è stata invitata ad essere più trasparente e più energica nei provvedimenti. Se alcuni Vescovi hanno nascosto certe abitudini deviate in questo campo, delle due l’una: o erano coinvolti in prima persona, o c’era di mezzo qualche componente del suo “gregge”.

Può succedere di avere scheletri nell’armadio, ma su questo peccato odioso non ci debbono essere nè scusanti nè attenuanti, perchè si tradisce il proprio ministero, l’essere sacerdote. E si tradisce anche l’invito di Gesù: “Lasciate che i bambini vengano a me” (Matteo 19, 13 - 15). Fermezza assoluta quindi, che però deve partire da un presupposto: occorre maggior rigore nella formazione dei sacerdoti, nei seminari. Se emergono condizioni dubbie o inadatte nei futuri candidati sacerdoti, bisogna fare una selezione più incisiva ed attenta, non foss’altro che per coerenza con la scelta che si vuole fare. E non deve in nessun modo prevalere il reclutare futuri sacerdoti, senza un’accurata disamina delle loro aspirazioni umane e spirituali, in nome della mancanza di vocazioni nella Chiesa. Il clamore che fanno i media su questa tematica è persino ovvia: ma anche lì occorre avere un poco di

USSO DA NOVE ANNI PARROCO DI CETARA (SA)

DI BRAVI SACERDOTI

CIARE NEI SEMINARI 1967

- Nella University of Notre Dame dell’Indiana – Usa, si discute, per la prima volta, pubblicamente, degli abusi sessuali sui minori da parte di alcuni membri della Chiesa cattolica. 1970 - Un sacerdote, Gilber Gauthe, viene assegnato alla diocesi di Lafayette, Usa. Il suo appetito sessuale verso i ragazzi è incontenibile. Più denunce vengono presentate al vescovo, che lo lascia al suo ministero traferendolo più volte in altre parrocchie dove agisce indisturbato , mettendo tutto a tacere..

1984 -

La famiglia di uno dei mi-

nori di cui aveva approfittato Gilber Gauthe, la famiglia Gastal, rifiutando i soldi che il Vescovo gli aveva offerto denuncia il sacerdote, che verrà condannato a venti anni di carcere. La vicenda Gauthe diventa uno spartiacque. “Fino ad allora l’abuso veniva considerato una questione morale; a partire da esso si scopre la dimensione psicologica, clinica, legale, ma soprattutto che è possibile incriminare un rappresentante della Chiesa e giudicarlo in base alle Leggi dello Stato, come tutti i comuni mortali, come un normale delinquente”. Negli Usa inizia il fermento attorno alla vicenda. Vengono alla luce innumerevoli casi

di pedofilia da parte dei preti. La Chiesa di Roma, con l’allora Papa Giovanni Paolo II, ancora tace.

1985 – altro caso eclatante, quello del prete Stephen Kiesle che arriva all’allora Cardinale Ratzinger; dopo anni di silenzio suggerisce al superiore di Kiesle di assisterlo e risolvere la questione in silenzio. Dopo la riduzione in laicità, su propria richiesta Kiesle viene condannato alla prigione secondo le leggi dello Stato. Gli Usa sono investiti dagli scandali pedofilia; diocesi sull’orlo del lastrico a causa dei massicci risarcimenti dati alle vittime per farle tacere e opinio-

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FocusON MAXIMA CULPA spirito critico. Ho letto articoli spesso costruiti ad arte, processi sommari e ricostruzioni che non corrispondevano a realtà. Parlando di Papa Bergoglio, un prelato ha detto che lui fa di nome Francesco e di cognome Gesuita.

Questo vuole significare che sì, certamente, il Papa è popolarissimo, amatissimo dal mondo intero, ma sa anche essere severo ed intransigente quando si tratta di principi di fede. Non dimentichiamoci tra l’altro, che è stato Vescovo a Buenos Aires, diocesi difficile, nella quale si è trovato a fronteggiare disagi di varia natura. Con questo bagaglio di esperienza riesce, meglio di chiunque altro, a trasmettere messaggi di fede e ad aiutare le propaggini della Chiesa ad essere chiare, semplici e vicine alla gente”. testo raccolto da Mafalda Bruno

Illustrazione di Maria Corte, “My mother, Papa Francesco and me” pubblicta su “Il - il maschile del Sole 24” N. 50 APRILE 2013

ne pubblica sempre più scagliata. Il fenomeno inizia ad attraversare tutto il mondo: dagli Usa, dove è stato sollevato per la prima volta, al Brasile, Irlanda, Messico, Regno Unito, Australia, Germania, Francia, Canada; insomma nessun paese sembra essere immune. L’Onu, nell’applicazione della Convenzione dei diritti del fanciullo del 1989, richiama duramente il Vaticano per aver permesso gli abusi dei preti, a causa di un codice di silenzio imposto su tutti i membri del clero, sotto la pena della scomunica. I casi di violenza sono stati difficilmente riferiti alle autorità giudiziarie.

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2001 - il cardinale Ratzinger firma il documento DE DELICTIS GRAVIORIBUS, cioè l’aggiornamento dei delitti gravi secondo il diritto canonico sulla celebrazione dei sacramenti e la morale cattolica, per i quali la Congregazione per la dottrina della fede deve avere maggiore controllo. Tra i delitti viene previsto quello contro il sesto comandamento ( non commettere atti impuri) commesso dal chierico con un minore sotto i 18 anni di età. Tuttavia tale documento è oggetto di forti critiche, perché, se all’apparenza sembra inasprire il regime legislativo, dall’altra sottopone i delitti al cd

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“segreto pontificio” e quindi denuncia per tali fatti alle autorità ecclesiastiche e sottrazione alla magistratura ordinaria.

2005 - Papa Benedetto XVI denuncia “la sporcizia che c’è nella Chiesa”. 2008 - Papa Benedetto XVI si reca negli Usa per incontrare alcune vittime di preti pedofili; Con il Papato di Joseph Ratzinger, dopo anni di silenzio e di risoluzione interna e non efficace del problema c’è un’inversione di marcia. “L’abuso sessuale sui minori non è solo un delitto canonico, ma anche un crimine perseguibile dalle autorità civili”.


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L’ENIGMA

BENEDETTO XVI La complessa figura di Papa Ratzinger: da difensore a maggiore accusatore

2010 – il

termine di prescrizione per questi reati viene elevato da 10 a 20 anni dinanzi ai tribunali ecclesiastici e vengono snellite e semplificate le procedure; Papa Benedetto XVI scrive la Lettera Pastorale ai Cattolici d’Irlanda esprimendo il suo profondo turbamento e sgomento di fronte alla vicenda degli abusi, definiti atti criminali, e per la risposta spesso inadeguata della Chiesa irlandese e propone un cammino di guarigione, di rinnovamento e di riparazione. Il problema, che non è specifico, né dell’Irlanda né della Chiesa, va affrontato con coraggio e determinazione.

apa Benedetto XVI, nella sua timidezza da studioso e nel suo carisma di persona schiva, si farà ricordare e non poco. Per le sue dimissioni, per la sua presenza come Papa emerito ,ma soprattutto per il coraggio di assumere delle scelte che forse era arrivato il momento di prendere o che forse gli sono costate “care”. Ratzinger è stato il Pontefice della tolleranza zero nei confronti degli abusi sessuali verso i minori, ma anche il Cardinale che firmava documenti per coprire questi delitti. Una doppia personalità o un cambiamento radicale maturato nel tempo? Ma chi è davvero Joseph Ratzinger? L’opinione pubblica tende molto a vederlo come il collegamento tra due grandi personalità: Giovanni Paolo II e Papa Francesco. Il suo sarebbe stato quasi un ruolo marginale, di passaggio, di preparazione alla rivoluzione di Bergoglio, di continuità del predecessore

Woytila. Un teologo molto preparato e, a detta dei più, troppo anziano per “reggere” la Chiesa in un momento di forte criticità. Pochi considerano il ruolo di Benedetto XVI che non è affatto marginale ma anzi, fondamentale e di una valenza storica senza eguali nella lotta alla pedofilia. Criticato e contestato nella sua veste di Cardinale, i suoi documenti dettavano chiaramente la linea della Chiesa: mantenere gli scandali dentro la propria compagine, evitando la giustizia dell’uomo, pena scomunica a chi avesse parlato e risolvendo tutto con cambi di parrocchie per i preti abusatori e risarcimenti. Una linea silenziosa e interna messa improvvisamente sotto accusa da un’America laica e pluralista, ma altrettanto fortemente cattolica. La bufera mondiale, impossibile da contenere, richiede però una presa di coscienza diversa, consapevole, responsabile. Una bufera che in una fredda e primaverile serata di Roma, mentre il Colosseo si illumina per la tradizionaleVia Cru-

Vengono ridotti in laicità i primi 400 sacerdoti colpevoli di aver perpetrato violenze sui bambini e lo stesso Papa afferma che “ abbiamo affrontato la questione con molta lentezza e ritardo”.

Ha istituito una Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori composta da otto membri, tra i quali Marie Collins, irlandese, che da bambina è stata vittima di pedofilia. Ha ricevuto alcune vittime chiedendo perdono per chi si è macchiato di un orrendo delitto, ma anche per i peccati di omissione da parte dei capi della Chiesa che non hanno risposto in maniera adeguata alla denunce. Ha emesso i primi provvedimenti di destituzione e indagine di alte cariche ecclesiastiche per pedofilia, come il Monsignor Weslowski o la rimozione del Vescovo del Paraguay per aver coperto gli abusi.

2014 - Papa Francesco inaugura la linea di tolleranza zero verso la pedofilia; l’assunzione di piena responsabilità da parte delle istituzioni che fanno capo alla Santa Sede; nessuna attenuante è prevista nei procedimenti di abuso sui minori. Gli abusi sessuali vengono considerati come messe nere e culto sacrilego.

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FocusON MAXIMA CULPA cis, vede il primo raggio di sole e forse una speranza nel futuro nelle parole del Cardinale che dichiara, per la prima volta “la sporcizia che c’è nella Chiesa”. parole di speranza ma anche parole forti che fanno riflettere e iniziano a restituire dignità alle vittime. La nomina a Papa arriva pochi giorni dopo e il nuovo Pontefice, può invocare l’immunità di Capo di Stato per salvarsi dall’accusa di cospirazione contro la giustizia per aver coperto gli abusi con i suoi documenti. Inizia così il percorso che lo porterà a dare un colpo netto a una pratica millenaria che lui stesso aveva, tra gli altri, avvantaggiato: la “giustizia” domestica nei casi di pedofilia. Si dà avvio,

Inizia così il percorso che lo porterà a dare un colpo netto a una pratica millenaria che lui stesso aveva, tra gli altri, avvantaggiato

quindi alla grande opera riformatrice: preti ridotti allo stato di laicità, ammissione delle colpe, intervento della giustizia ordinaria (“L’abuso sessuale sui minori non è solo un delitto canonico, ma anche un crimine perseguibile dalle autorità civili”), scuse pubbliche ( La Lettera Pastorale ai cattolici d’Irlanda) e incontri con le vittime. Arriva la presa di posizione netta e cosciente. Una Chiesa diversa, responsabile, almeno per il suo maggiore esponente, che butterà il seme per il futuro e per il proseguo di un’opera più necessaria che sentita. Cosa ha spinto il Papa a operare un’inversione di marcia non potremo mai saperlo. Quello che è certo è che la dottrina cattolica, infangata da ripetuti scandali era ormai al collasso, diffidenza, perdita di stima, di fiducia e di fedeli. Solo l’umiltà poteva salvarla quell’umiltà che è iniziata con il Papa tedesco e che ha trovato massima espressione in quello argentino. L’umiltà di affermare le proprie colpe, il coraggio di assumere una linea dura, nessuna pietà per chi si macchia di questi orribili delitti e la forza di andare contro un sistema radicato e corrotto.

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VISIONI & LETTERATUR

HER (LEI): La tec otrà mai succedere che la tecnologia, anche quella più raffinata, sostituisca la condizione di solitudine sentimentale che può caratterizzare l’esistenza degli esseri umani? È la domanda che mi sono posta dopo la visione del film intitolato “Lei (Her)”, annoverato nel genere “fantascienza”, ma che di quel filone classico non ha poi molto, piuttosto lo declina (direi straordinariamente) nell’intimità di una vicenda profondamente umana, alla quale chiunque di noi potrebbe sentirsi vicino. Il protagonista, un uomo sulla quarantina timido e solitario, lavora in un’azienda informatica, dove scrive lettere, soprattutto d’amore, per conto di altre persone (probabilmente sprovviste confini. L’Italia, una stretta lingua di terra di tempo e di inclinazione per farlo). Già questo che dall’Europa si tuffa nel Mare di tutti, espediente, alquanto insolito, sollecita la sensibilità è in prima linea, malgrado le circostanze di chi vede il film, prospettandogli l’esistenza di spesso difficilissime, nel soccorso delle barche della disperazione. Ma nella difficile congiuntura economica che stiamo vivendo, ci si chiede se sia davvero ragionevole continuare ad accogliere chi non ha qui la possibilità di un’esistenza dignitosa ngela Camuso, già autrice ed è costretto a vivere di stenti o di espedel best seller sulla Banda dienti, legali nella migliore delle ipotesi. della Magliana, Mai ci fu La domanda è se, invece, non sia più pietà, attraverso la storia opportuno cercare una soluzione a di Vasco, un ragazzo di 14 monte, sostenere le popolazioni nei anni diventato oggetto delle paesi d’origine, esporsi a livello internazionale per sanare i gravi conflitti che af- attenzioni morbose di un sacerdote, Don fliggono il Nord Africa, come altre regioni Ruggero Conti, rielabora narrativamente la del mondo. L’alternativa che ci si propone verità storica scaturita in ogni suo dettaglio è quella di dimenticare per sempre l’odio- dalla sintesi tra atti giudiziari e interviste. so spartiacque che divide i sommersi dai La storia di questo sacerdote in Italia non salvati e cercare la via di una solidarietà ha precedenti: accusato di avere abusato di più utile e più autentica, che non si limiti almeno sette minorenni, viene arrestato e a ricomporre cadaveri e contare, come condannato in primo grado, nel 2011, a 15 fossero mandrie, file di uomini disperati: anni e quattro mesi. Coperto dal silenzio e una solidarietà che rispetti e garantisca, in dall’omertà, ma soprattutto dalla paura e primo luogo, il diritto di ogni individuo di dalla vergogna delle vittime, è denunciato vivere nella terra dove è nato e il diritto da un altro sacerdote, suo vice, che viene di ogni bambino di parlare nella lingua del- addirittura allontanato dalla parrocchia, su la propria madre e crescere nella propria volontà del vescovo della diocesi. Un libro casa, senza l’incubo della fame o il terrore coinvolgente, un romanzo crudo, grazie allo stile che alterna la terza e la prima persodelle granate. na in cui Vasco, adolescente in cui tanti podi Elena Di Bonaventura trebbero identificarsi, non confessa soltanto

SOMMERSI E SALVATI el saggio “I sommersi e i salvati” circa trent’anni or sono, Primo Levi raccontava la storia dei superstiti dall’inferno dei campi di sterminio, di chi, forse, una speranza ancora ce l’aveva. Sulla sponda opposta i sommersi, i corpi ammassati nelle fosse dell’indecenza, le anime perdute nell’inferno dell’atrocità nazista. Oggi, proprio quando pensavamo di aver dimenticato, di poter dimenticare l’orrore, ecco che a pochi chilometri da noi, lungo le rive baciate dal sole del Nostro Mare, nuovi sommersi e nuovi salvati si affacciano nelle nostre vite: e non sono memoria, sono la verità crudele dei nostri giorni. Mani tese a supplicare aiuto, occhi persi nel terrore di ieri e di domani, individui alla ricerca di una nuova identità, voci che implorano pietà per loro, e per i sommersi, per quelli che non ce l’hanno fatta. A far fronte alle tragedie del mare c’è un paese impreparato a tutto, privo di risorse o, qualora ne abbia, incapace di spenderle, spaventato dal futuro, timoroso della diversità. E, alle spalle del paese impreparato, un continente dalle responsabilità ancora maggiori, che ambisce a un ruolo di super-potenza ma si mostra quanto mai inadeguato ad affrontare le catastrofi che si consumano alle sue porte o addirittura all’interno dei suoi stessi

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PARLARE DI


URA

QUALCHE CONSIGLIO UTILE PER LA VOSTRA BIBLIOTECA

tecnologia potrà colmare la solitudine sentimentale? una dimensione “altra”. Forse la stessa che porta il protagonista a vivere una specie di vita “in delega”, che non gli richiede di entrare in contatto direttamente con i conflitti e le contraddizioni delle relazioni, ma di queste attraversa comunque ogni emozione. Egli instaura in questo modo una relazione con un Sistema Operativo (O.S.), contenuto in un piccolissimo computer che l’uomo porta sempre con sé e che è “reso persona” da una voce di donna. La relazione va ben oltre il solo dialogo e assume via via i connotati di un rapporto reale: c’è attesa, desiderio, gelosia, turbamento. Ed è proprio nel “personificarsi” di questa relazione che la vicenda (con tutte le riflessioni che suscita) si fa appassionante quanto dissacrante. È troppo poco definirla “virtuale”, in essa il vero protagonista è la voce del computer senza la corporeità, e in questo sembra realizzarsi una specie di scappatoia (fantastica?), in

cui il rapporto reale viene sostituito dal vantaggio di un altro rapporto affidato all’immaginazione. Ma anche questa relazione finisce per traballare, sembra quasi fallire perché va inesorabilmente a ripetere e a riproporre le caratteristiche di un legame reale ed è quasi inquietante seguire la scena in cui il protagonista si sconvolge quando l’O.S. non si accende “per un aggiornamento del software”, come se si trattasse di un vero e proprio abbandono. Il computer sembra rispondere “apprendendo dall’esperienza”: modificando le sue reazioni in seguito a quelle dell’altro e a ciò che lui si aspetta. In realtà sembra diventare “più umano” quando commette errori e reagisce con sfumature con cui, di nuovo, è facile identificarsi. Ma il rapporto non funziona: non c’è possibilità di sfuggire alla fatica di mantenere un legame, di saper contenere le proprie e le altrui imperfezioni, le incongruenze di un altro (molto umano in

questo) sfuggevole e mancante per definizione. Personalmente non so se ciò sarà mai realizzabile, ne dubito fortemente (o forse me lo auguro): trovo impossibile prescindere dal corpo, da quella dimensione che, a partire dalla sua concretezza, rende unico e irripetibile ogni individuo. “L’Io è anzitutto un essere corporeo, non è soltanto un’entità superficiale…” scrive Freud (L’Io e l’Es, 1922) e tutti noi nasciamo in una condizione di totale dipendenza da un Altro (di cui percepiamo sin dai primi aliti di vita il corpo), che costituisce un oggetto reale, che soddisfa e frustra allo stesso tempo: da questo nessuno può sfuggire. Se partiamo da queste premesse, potrà mai essere realizzabile che la tecnologia sostituisca una condizione squisitamente e irripetibilmente umana? di Anna Di Tullio

DI PEDOFILIA AI BAMBINI E AGLI ADULTI gli abusi subiti ma descrive gli scorci della sua quotidianità familiare, il suo rapporto coi coetanei e quello con la fede in Dio. L’autrice è stata capace di trasformare, ancora una volta, la documentazione a disposizione in vera e propria letteratura. (A. Camuso, La preda. Le confessioni di una vittima, RX Castelvecchi, pp.283)

cco come trattare il tema delle molestie sessuali con sensibilità e chiarezza. Scrivono gli autori:Trovare le parole per dire ai bambini che ci possono essere adulti pericolosi non è facile. È importante proteggerli ma non mettere loro paura o ansia, né farli vivere con il sospetto che il mondo sia popolato di “mostri”. C’era una volta, in un paese lontano lontano e bianchissimo come la neve ghiacciata dell’Antartide, una colonia di pinguini neri e bianchi con il becco robusto come l’acciaio. Inizia così la storia del pinguino Leo un cucciolo di pinguino che, dopo aver subito un tentativo di abuso, si sente imbarazzato, confuso e spaventato. Nel libro non viene descritta alcuna scena di abuso vero e proprio ma viene delineata più come un tenerlo sempre più stretto... Leo comincia a sentire che qualcosa di strano molto strano stava per accadere e della paura del momento così come della vergogna dopo. Un racconto che si rivolge per la prima volta ai bambini che potranno imparare qual è il giusto

comportamento in situazioni analoghe e chiedere subito l’aiuto all’adulto, senza vergogna e sensi di colpa. Occorre offrire ai nostri piccoli le armi per difendersi quando noi non siamo fisicamente vicini e soprattutto per aiutarli a distinguere i “segreti buoni da quelli cattivi”. (G. Maiolo, G. Franchini e K. Schneider, Giù le mani!, Erickson, pp. 35)

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a cura di Clementina Berardocco

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LA RAGAZZA CON LA edere una donna, una ragazza giovane e dinamica, gareggiare tra tanti maschi, peraltro in moto, ci fa riflettere come davvero l’emancipazione femminile e l’inclusione stiano compiendo le loro finalità. Vederla vincere, poi, ci fa capire come non esiste un mondo di differenze di nessun genere, ma un mondo dove perseguire e inseguire i propri sogni. E lo sa bene Roberta Ponziani, montoriese di 17 anni, che, animata da una vera passione per il motociclismo, per niente imbarazzata davanti ai suoi colleghi maschi, ha vinto il campionato italiano categoria “open” per minimoto, ed è vicecampione europeo nella stessa categoria,

All’inizio è molto strano; i ragazzi mostrano una certa esitazione e perplessità a vedere correre una donna che si trasforma in preoccupazione quando vado più forte di loro

arrivata seconda al trofeo Simoncelli. In una società che inizia a “parlare” rosa, ma con tanti limiti e riserve, Roberta è ambasciatrice della forza delle donne e dello sport e il suo sorriso ci fa comprendere come, con tanta adrenalina e amore per quello che si fa, nulla è impossibile, l’importante è divertirsi e rimanere con “i piedi sulla terra”, anche quando si sale …sul podio! Come ha scoperto la passione per le moto? Da piccola ho visto “girare” per la prima volta le minimoto ed è stato un autentico colpo di fulmine. Ho voluto provare e me ne sono innamorata. Come si sente una donna in uno sport per eccellenza maschile? All’inizio è molto strano; i ragazzi mostrano

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LA MINI… (MA È LA MOTO) dà più soddisfazione correre in pista o salire sul podio? Sono emozioni diverse ed entrambe uniche… correre libera tutta la forza e la passione che è in te… è enfasi, adrenalina, è meraviglioso; salire sul podio è la realizzazione e la prova evidente di quello che hai realizzato in gara… hai vinto e vincere è sempre una soddisfazione. Nel suo futuro che posto ha il motociclismo? Non penso al mio futuro nelle gare, ma spero che potrò sempre divertirmi in questo sport che amo. Qual è il suo sogno? Il mio sogno è quello di arrivare al mondiale, ma temo che non sarà facile. Io ci spero!

Non penso al mio futuro nelle gare, ma spero che potrò sempre divertirmi in questo sport che amo

di Adele Di Feliciantonio

Una sensazione unica, indescrivibile, si può solo provarla una certa esitazione e perplessità a vedere correre una donna che si trasforma in preoccupazione quando vado più forte di loro. Ora mi conoscono tutti e si sono abituati e io non mi sento affatto diversa da loro. Governare una moto lanciata ad altissima velocità, che sensazioni genera? Una sensazione unica, indescrivibile, si può solo provarla. Se dovessi definire il tutto direi “adrenalina pura”. Lei ha vinto il campionato italiano; PrimaPagina 52 - Ott. 2014

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in

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Ricette per la famiglia

Focaccia Locatelli

INGREDIENTI

on so bene perché questa focaccia sofficissima si chiami così, ma so per certo che la ricetta mi è stata suggerita da un’esperta di panificazione, la mia amica Manuela. La cosa

strana è che questa focaccia non si impasta con le mani, ma si lavora solo con un cucchiaio! L’ho preparata la prima volta per una merenda tra amiche e ha riscosso un successo esagerato. È l’immancabile pezzo forte delle mie cene, ormai!

CUCINA CON ME i presento: mi chiamo Giorgia Di Sabatino, ho 35 anni e sono una mamma che si diletta ai fornelli. Una laurea in giurisprudenza, un passato da producer e autrice nella redazione di MTV, un presente da web content editor per De Agostini Editore e Vanityfair.it e tante cose da fare ancora per realizzare tutti i miei sogni! Sono una tutor esperta di ricette per bambini nel programma di Rai 2 Detto Fatto, condotto da Caterina Balivo e da quattro anni gestisco il mio blog di cu-

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250 gr di farina 00 250 gr di farina 0 saleqb 15 gr di lievito di birra (mezzo panetto) 3 cucchiai di olio 300 ml di acqua Per la salamoia: 3 cucchiai di olio, 1 di acqua, un pizzico di sale

Idea

cina www.cookthelook.net. Nella mia vita scrivo moltissimo e cucino anche di più! Vi proporrò ogni mese le mie ricette del cuore, quelle che sul mio blog hanno riscosso più successo e quelle più facili ed economiche che di solito piacciono a chi ha poco tempo da perdere ai fornelli, ma ha voglia di portare vete amici a cena e poco a tavola qualcosa di speciale. tempo per pensare anche Dedicherò anche uno spazio partial dessert? Ecco un’idea colare al pubblico di lettori VEG e vi velocissima per portare a suggerirò come semplificare in modo tavola un vassoio pieno di “furbo” delle ricette apparentemente gelatini golosissimi. A casa complesse. Che ne dite? Vi va di cucinare con me? mia di solito finiscono in un attimo!

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furba


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PREPARAZIONE focaccia locatelli

n una ciotola di vetro mescolate le farine con il mezzo panetto di lievito sbriciolato con le mani, l’acqua, l’olio e il sale. Impastate con un cucchiaio, mai con le mani., questo è il segreto! L’impasto è duro da lavorare con il cucchiaio, ma non cedete. Una volta trovata la consistenza della massa, ungete la superficie dell’impasto con dell’olio e lasciatelo riposare all’interno del contenitore per 10 minuti, coperto da un canovaccio. Trascorsi 10 minuti trasferite l’impasto così come è su una teglia ben unta e senza toccarlo ulteriormente (non stendetelo) lasciatelo lievitare per 20 minuti sempre coperto. Dopo 20 minuti, stendete l’impasto solo con i polpastrelli partendo dal centro e portandolo fino ai bordi della teglia. Copritelo e lasciatelo riposare per altri 20 minuti. Preparate la salamoia mescolando olio, acqua e sale e coprite con questo composto la superficie della focaccia prima di infornarla a 180° per 30 minuti.

econdo molti il tofu non sa di niente, ma io dico che non è vero. Basta accompagnarlo con qualcosa di molto saporito, come i peperoni. Ecco uno dei miei cavalli di battaglia della cucina VEG!

Idea Veg...

Peperonata

di tofu

INGREDIENTI 1 peperone giallo 1 peperone verde ½ cipolla 1 spicchio di aglio 2 panetti di tofu

PREPARAZIONE

olio extravergine di oliva qb sale e pepe qb prezzemolo e basilico uvetta e pinoli (facoltativi)

peperonata di tofu

avate e tagliate a pezzi non troppo piccoli i peperoni. Cuoceteli in padella per 10 minuti a fuoco alto con l’olio, uno spicchio di aglio e la cipolla affettata sottilmente. A fine cottura condite con sale e pepe. Trasferite le verdure in un altro recipiente e nella stessa padella dove avete cotto le verdure (non dovete lavarla) rosolate il tofu tagliato a cubetti. Dopo qualche minuto aggiungete le verdure e saltate tutto insieme. Condite con il prezzemolo e il bbasilico freschi, un pizzico si sale ancora e l’l’uvetta e i pinoli. Cuocete per un paio di minnuti per amalgamare tutti i sapori e servite.

INGREDIENTI

PREPARAZIONE

Biscotti tipo Oro Saiwa

Biscotti gelati

“PrimaPagina “Prima Pagina”” Cucina

o frollini al cacao tondi

biscotti gelati

Panna fresca

er prima cosa montate la panna e se volete aggiungete poco zucchero. Io non lo metto mai. Spalmate un cucchiaino abbondante di panna montata su un biscottino e coprite co un altro biscotto come fosse un panino. con Livellate i bordi con una paletta o un coltello e decorateli con le gocce di cioccolato. Riponete i biscottini-gelati nel surgelatore per almeno due ore prima di servirli.

Gocce di cioccolato fondente

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L’educazione alimentare il Dott. Corrado Di Donato

“NON MANGIARE MAI A DIGIUNO”

on mangiare mai a digiuno”, è il titolo di un Convegno tenutosi il 10 Ottobre scorso, presso il Palazzo Kursaal di Giulianova Lido. Intervenuto il Dott. Corrado Di Donato, esperto di nutrizione per diabetici e specializzato nel trattamento per le adiposità localizzate. Giungere a tavola “affamati” non è una buona abitudine, asserisce il nutrizionista, e non mangiare mai a digiuno è la prima regola di una giusta alimentazione, principalmente per due motivi: arrivare ai pasti principali con un eccessiva fame può causare un introito calorico eccessivo rispetto al proprio fabbisogno calorico, a causa di un ritardato senso di sazietà e ciò induce ad un assorbimento maggiore, a ragione del picco glicemico che ne deriva. Quali sono gli alimenti che gestiscono il livello di glucosio nel sangue? Il glucosio è la nostra prima fonte energetica. Esso viene utilizzato dal cervello, dal cuore, dai reni, dal sistema muscolare quindi si può comprendere quanto sia importante mantenerne un’adeguata quantità nel nostro organismo. Chi gestisce il livello di glucosio nel sangue è il fegato che, insieme al pancreas, permette l’utilizzo, l’approvvigionamento e, se necessario, la sintesi. Gli alimenti ricchi in glucosio sono i carboidrati, semplici o complessi che siano. Tra quelli complessi troviamo le “famose

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tre P”: Pane, pasta e patate, oltre al riso, i cereali, ecc... I semplici, invece, sono contenuti nel latte, nella frutta, nei dolci. La principale differenza tra le due categorie consiste nei tempi di rilascio del glucosio nel sangue, per i primi abbastanza lenta, per i semplici decisamente più rapida. Che differenza c’è tra metabolismo basale e fabbisogno calorico? La differenza riguarda sostanzialmente il livello di attività fisica giornaliera. Il metabolismo basale lo possiamo definire come il dispendio energetico di un organismo a riposo, dettato dal dispendio energetico dei vari organi per mantenere l’omeostasi( equilibrio) nel corpo. Il fabbisogno calorico giornaliero è dato dal metabolismo basale più il dispendio calorico in base all’attività fisica svolta durante la giornata, senza dimenticare l’energia spesa per la digestione dei vari alimenti. Ci sono alimenti più idonei prima di un’attività fisica? Dipende dal tipo di attività svolta e per quanto tempo. Di certo, prima di una corsa conviene assumere carboidrati semplici di rapido assorbimento accompagnati da del pane o un paio di fette biscottate, per garantire all’organismo l’apporto di zuccheri a lento rilascio. La quantità è dettata dalla durata dell’allenamento. Se l’attività fisica è prolungata, come nel caso del ciclismo, si rende necessario un ulteriore apporto calorico anche in itinere con l’introduzione anche delle proteine, come per esempio del pane con il prosciutto.

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Visto che Lei è esperto nel trattamento delle adiposità localizzate, in che modo si può attaccare il grasso nei punti critici (per noi donne cosce, glutei, basso ventre)? Il metodo c’è, sicuramente impegnativo per il paziente ma che porta ad un risultato decisamente soddisfacente. Si tratta di un protocollo che porta alla chetogenesi, una sorta di metabolismo alternativo che ci permette di richiamare grasso di deposito sia androideo che ginoideo, soprattutto nei punti critici dove è davvero difficile agire mediante una semplice dieta. È un trattamento limitato nel tempo, al quale si rende estremamente necessario applicare una sana e giusta alimentazione nel post- trattamento, altrimenti si vanifica tutto il ben fatto. Nutrizione e salute: diritti fondamentali dell’uomo. Quanto è importante l’educazione alimentare per la nostra salute? Per una corretta dieta è di fondamentale importanza una giusta conoscenza di ciò che mangiamo, anche solo a livello di macrocategorie. Sapere se l’alimento che stiamo assumendo è un carboidrato piuttosto che un alimento proteico o ricco in grassi, conoscere in che modo questi alimenti vengono assorbiti dal nostro organismo, ci permette di gestire al meglio la nostra giornata alimentare in base alle nostre esigenze o circostanze e, di conseguenza, di essere “alimentarmente educati”. di Clementina Berardocco


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Benessere

Non sempre il sale è pericoloso

Di quanto sale abbiamo bisogno? li studi relativi a popolazioni dell’epoca preindustriale, indicano che l’alimentazione dell’uomo preistorico, costituita prevalentemente da prodotti della caccia, di frutta e vegetali freschi, conteneva non più di 230 mg. Di sodio al giorno, l’equivalente di 0,6 gr. di sale. In questa fase evolutiva l’organismo umano sviluppò efficienti meccanismi omeostatici di conservazione delle modeste quantità di sodio cloruro fornite dalla dieta nel tempo. Il crescente utilizzo del sale , sia come conservante che come esaltatore di sapidità, ha portato ad un progressivo aumento dei consumi e allo sviluppo dell’attuale preferenza per i cibi salati. Gli italiani consumano in media 1014 grammi di sale a testa al giorno con valori più elevati nei soggetti di sesso maschile rispetto alle donne. Studi recentissimi evidenziano, inoltre, come il consumo di sodio è più elevato nelle regioni centro meridionali rispetto a quelle settentrionali e nei soggetti sovrappeso e obesi. Ciò può favorire, in particolare in persone predisposte, l’instaurarsi di ipertensione arteriosa.

L’orientamento internazionale suggerisce una quantità che non superi i 6 gr.di sale al giorno

COME COMPORTARSI: limitare l’uso del sale da tavola Nella preparazione casalinga dei cibi, ridurre progressivamente l’aggiunta di sale , fino ad arrivare ai livelli minimi atti a soddisfare il palato, dare la preferenza ad erbe e spezie aromatiche, limitando l’uso di condimenti preparati ricchi di sodio (dado da brodo, estratto di carne, ecc.); contenere il consumo di quei prodotti confezionati (insaccati, alimenti in scatola, formaggi e latticini) nei quali il consumo di sale è più elevato.

Tutto il sale di cui abbiamo bisogno è contenuto naturalmente negli alimenti allo stato naturale e una buone parte di quello ingerito quotidianamente deriva dal sale dei prodotti trasformati, ai quali viene aggiunto per ragioni di conservabilità, di gusto o tecnologiche, e dal sale aggiunto durante la cottura, e a tavola a piatti già cucinati. Il sale va ridotto al minimo indispensabile, la sola eccezione riguarda i casi di prolungata e profusa sudorazione, come ad esempio quella che si verifica nel corso di attività fisicamente pesanti condotti in condizioni di elevata temperatura. In tali situazioni, però, bisogna sapere che il nostro organismo è capace di reagire con prontezza, limitando al massimo le perdite di sale con il sudore e le urine. L’orientamento internazionale suggerisce una quantità che non superi i 6 gr. di sale al giorno, pari a 2,4 gr. di sodio. In Italia, come in altri paesi europei, per prevenire e combattere la carenza di iodio e l’insorgenza del gozzo, le Autorità Sanitarie promuovono l’uso del sale da tavola iodato.

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Dott. Anna Piersanti

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Testimonianza di una paziente Alzheimer

LA PALESTRA per la mente rovate a fare questo esercizio : chiudete gli occhi, rilassatevi, immaginate di riaprirli e di non trovarvi più qui ma di risvegliarvi bruscamente da un’altra parte; non sapete come ci siete arrivati, non riconoscete le persone che vi circondano, non sapete se riuscirete a capire la loro lingua. Come vi sentite? Benvenuti nel mondo di un paziente Alzheimer: ‘’L’ Alzheimer non sono semplici lapsus o dimenticanze, l’Alzheimer è un nuovo mondo ogni mattina. I miei presente, passato e futuro si fondono tra di loro, i miei amici diventano nemici e viceversa, i defunti resuscitano ma non riesco a trovarli. Le ore, le stagioni e i luoghi acquistano tutti lo stesso sapore, il sapore della novità. Ogni cosa è una novità, anche la più familiare oggi è diversa da cio’ che era ieri e domani sarà diversa da cio’ che è oggi. L’importante per me è tenermi attiva dal momento in cui apro gli occhi al momento in cui, di sera, crollo stremata. Perché a volte io non ricordo bene chi sono, allora agire nel mio spazio e toccare ogni cosa è uno dei pochi modi che ho per rimanere in contatto con me stessa. Alzarmi, cambiarmi, spostarmi. Lo spazzolino vicino ai biscotti e la maglia insieme ai piatti: perché non so più raggruppare per categorie, ma ‘c’è sempre qualcosa da fare … perché io ancora ‘faccio’ e quindi

ancora ‘sono’ . E’ il mio modo di aggrapparmi freneticamente a questa vita. L’unico modo che ho. Non posso fermarmi a pensare, perché se mi fermo mi viene il panico. Non so che fare. Frammenti di vita mi passano davanti e cerco di afferrarli per dare un senso al mio momento, al mio presente. Ricordo mio padre, allora penso di andare a trovarlo. Ricordo il mare, allora vivo per raggiungerlo. Mi preparo perché forse andando al mare, il mio mare da bambina, mi ritroverò. Per un istante ne sono certa. E’ la chiave che mi libererà da questa prigione. Ma poi mi disoriento. Una strana ansia mi attanaglia: come faccio a raggiungerlo? Posso raggiungerlo? Ma poi raggiungerlo come? Ma poi, alla fine… raggiungere cosa? Allora faccio una telefonata. Lui riesce sempre a calmarmi. Fin da quando era il mio bambino, ci riusciva. Non ricordo cosa volevo fare o dove volevo andare.. so solo che Lui mi ha calmata. Sorrido… e torno a spostare le mie cose, torno a sentirmi viva, a modo mio. A volte sento dire che ‘per me non c’è nulla da fare’, non so a cosa si riferiscano. Poi ogni tanto devo fare visite e controlli, ma io non so perché. Spesso una dottoressa mi raggiunge e mi fa fare mille esercizi. Dice di voler stimolare la mia memoria. Dice che è importante, perché come si va in palestra per il corpo

bisogna andarci anche per la testa. Io non ne ho bisogno. Ogni volta che la incontro non so chi sia ne cosa voglia da me… è difficile accoglierla, accettare di farla entrare nel mio strano mondo. Ma quando siamo insieme mi rendo conto che sono ancora in grado di fare molti esercizi. Lei dice che la mia memoria implicita (inconsapevole) è ancora in grado di apprendere e per questo va stimolata. Che è importante per rallentare non so’ quale processo. Sarà… comunque di volta in volta, quando capisco di riuscire in qualcosa mi scappo un sorriso, e lei sorride insieme a me. ‘Un sorriso… perché dico io… ma cosa costa un sorriso. Non lo so… anche uscire di casa e dire ad una persona ‘buongiorno!’ E farle un sorriso… ma che cavolo ti costa? Invece qui Tutti sono presi dalle loro cose normali di casa e di lavoro normali e di tutti i giorni… tutti per la loro strada. Invece io penso che un sorriso non costa nulla a nessuno. Ma ti fa sentire meno sola … un ciao e un buon giorno la mattina. Ma quanto sarebbe più bella la vita,eh che cavolo, o sbaglio io dottorè?’. L’Alzheimer non può apprendere, ma può insegnare. Un ringraziamento speciale alla mia amica S.M.

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Dott.ssa Valeria Di Ubaldo

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Denti la terapia giusta

Implantologia guidata 3D le fasi operative di questa tecnica implantare he cosa si intende con il termine “All-on-4”? All on four, ovvero in italiano “tutto su 4”, è una tecnica implantoprotesica che segna un grande passo avanti rispetto alle metodiche utilizzate in precedenza per la terapia delle edentulie totali, in quanto permette di creare protesi che si sorreggono su soli 4 impianti! Questo significa maggiore facilità di realizzazione, maggiore velocità e maggiore affidabilità. La tecnica “All-on-4” è indicata nei pazienti totalmente privi di denti nell’arcata dentaria superiore e/o inferiore, in quelli che soffrono di grave malattia parodontale e nei soggetti in cui la quantità di osso presente non è sufficiente per inserire gli impianti con le tecniche tradizionali. Il vantaggio più grande di All-on-4 è quello di evitare o ridurre i procedimenti di trapianto e rigenerazione ossea previste nei casi di gravi carenze ossee e procedere, quindi, al carico immediato, cioè al recupero immediato della funzione masticatoria. La tecnica All-on-4 non presenta controindicazioni per il paziente in condizioni di salute generale

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buone e in assenza di patologie croniche. Tuttavia, abitudini come il bruxismo notturno (digrignamento dei denti) e il fumo, sono possibili fattori di rischioe la terapia, inoltre, è controindicata nei pazienti che soffrono di patologie del sistema immunitario, soggetti in cura con radioterapia o con bifosfonati. Quali sono i vantaggi della procedura Allon-4? La tecnica All-on-4 prevede l’utilizzo di soli quattro impianti per riabilitare l’intera arcata dentaria inferiore o superiore che vengono collocati esclusivamente nei settori anteriori delle arcate, dove l’osso è di migliore qualità. In tale modo si riducono le procedure di trapianto e rigenerazione ossea e si può procedere al recupero immediato della funzione masticatoria. Quali sono le fasi operative di questa tecnica implantare? Si inizia con la valutazione dello stato di salute generale del paziente e degli esami radiografici per valutare la quantità e qualità d’osso e le impronte delle arcate dentarie. Insieme al paziente e col suo consenso si valuta e si procede al vero e proprio inter-

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vento chirurgico, effettuato in ambulatorio, con anestesia locale. Dopo aver inserito gli impianti nell’area interessata, viene avvitata agli stessi una protesi fissa, costituita da dodici elementi dentali, sufficienti a ricoprire tutta l’arcata. Il paziente tornerà quindi a masticare già a poche ore dall’intervento, con grande soddisfazione. La percentuale di successo e la durata degli impianti inseriti con la tecnica All-on-4 sono uguali a quelli inseriti con le tecniche tradizionali. Implantologia guidata 3D L’implantologia guidata 3D è un trattamento odontoiatrico che si avvale dell’utilizzo del computer per simulare, con rappresentazioni in 3D, la modalità di inserimento di impianti. La procedura, definita anche “RealGuide” prevede la ricostruzione tridimensionale della bocca del paziente, effettuata attraverso gli esami radiologici (panoramiche e TAC). Il Dott. Paolo Rasicci, attraverso il software, è quindi in grado di fornire una diagnosi pre-implantare completa, pianificare virtualmente il successivo intervento


in chirurgico, simulando graficamente l’inserimento e il posizionamento di impianti, con rappresentazioni tridimensionali. Il vantaggio dell’implantologia guidata 3D è notevole, in quanto permette di sperimentare al

un paziente, nonostante la necessità di una protesi dentaria, sono i costi proibitivi e la naturale paura di un intervento chirurgico che, soprattutto nei casi in cui sono necessari più impianti, appare invasivo e compor-

“PrimaPagina “Prima Pagina”” Salute

si e progettazione computerizzata. Implantologia guidata Questa nuova tecnica da la possibilità, mediante l’utilizzo di un sofisticato programma e un’adeguata TAC dentale, di studiare in modo tridimensionale l’anatomia del paziente, valutando in anticipo tutte le variabili coinvolte, come ad esempio la reale disponibilità di tessuto osseo. Un’analisi raffinata e certa che permetterà in sede di intervento, di definire con la massima precisione la posizione ottimale dell’impianto e l’interazione con la futura protesi. Quest’ultima verrà realizzata esattamente come precedentemente stabilito a tavolino dal chirurgo, eliminando le non rare complicazioni di adattamento della protesi o la non completa compatibilità tra protesi e l’impianto.Tra gli altri numerosi vantaggi va menzionata la possibilità di realizzare prima della fase chirurgica una protesi provvisoria che dà ai pazienti la possibilità di uscire dallo studio del dentista con le protesi già inserite sugli impianti e ritrovare immediatamente la masticazione perduta. Le garanzie Nobel Biocare NobelBiocare è a talmente sicura della tecnologia promossa, che ha deciso di dotare di una garanzia a vita e una certificazione tutti gli impianti e i componenti protesici impiegati nella procedura di chirurgia guidata. Per una maggiore chiarezza vi invitiamo a prenotare presso lo studio del Dott. Rasicci Paolo una visita che, oltre ad essere gratuita, potrà soddisfare totalmente le vostre perplessità e realizzare il vostro sogno di poter tornare a sorridere! Dott. Paolo Rasicci Medico Chirurgo Specialista in Odontostomatologia e Ortognatodonzia Perfezionato in Implantologia Orale

Studio Medico Pescara Corso Umberto I° n. 55 computer il metodo migliore di inserimento degli impianti e il risultato migliore, preparando l’intervento passo per passo in tutta sicurezza. Diagnosi e progettazione computerizzata Gli ostacoli che più di frequente scoraggiano

ta un periodo post operatorio di circa tre settimane. Ebbene, il punto di forza dello studio dentistico del Dott.Paolo Rasicci è la prerogativa di avvalersi della moderna tecnologia Nobel Biocare, che ha brevettato con successo un’avanzata tecnica di diagnoPrimaPagina 52 - Ott. 2014

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LAVORO gestire le proprie risorse

PER VINCERE LO STRESS

DA CAMBIAMENTO el mondo del lavoro, nelle aziende e nelle organizzazioni si assiste ad un fenomeno che io chiamo “inquinamento emotivo esogeno”. Avviene cioè che i momenti di difficoltà personale, i disagi e le insoddisfazioni, che in questo particolare momento storico vivono più o meno tutti, dopo che la crisi economica, finanziaria e collettiva è diventata anche crisi individuale, vengono riversati sul posto di lavoro e vissuti, inevitabilmente, mentre si svolgono le attività lavorative. Avviene cioè, che anziché portarsi lo stress del lavoro a casa, le ansie e le tensioni ce le portiamo ovunque anche sul lavoro! Se nel breve periodo una persona può riuscire a contenere il malessere, nel medio e lungo quel malessere tracima e inquina l’ambiente influendo sulle prestazioni lavorative e rallentando il processo di crescita formativa e produttiva del soggetto e dell’intera organizzazione! E non è più possibile ignorare questo fenomeno. I cambiamenti sono inevitabili e velocissimi, le persone devono imparare e adattarsi molto rapidamente e le competenze diventano obsolete con la stessa rapidità delle tecnologie. Per affrontare con successo la sfida continua del cambiamento,

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le organizzazioni hanno bisogno di persone capaci di apprendere e adattarsi molto rapidamente. Ecco perché, anche in Italia, come in tutti gli altri paesi del mondo, il bisogno di supportare e sostenere le risorse umane, con processi quali il Coaching e il Counseling, è in costante crescita.

Il Coaching e il Counseling mirano a rendere le persone consapevoli delle proprie risorse, dei loro punti di forza e anche delle loro aree di miglioramento (non chiamiamoli difetti!) e del proprio stile professionale e relazionale

Il Coaching e il Counseling aziendale sono un’efficace azione e relazione d’aiuto, che mirano alla promozione del benessere

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della persona e dell’ecologia che lo circonda, valorizzando le capacità, le energie e le motivazioni dei singoli, per collimare, coerentemente e in modo propulsivo, con le esigenze delle organizzazioni, delle aziende e del mercato. Il Coaching e il Counseling mirano a rendere le persone consapevoli delle proprie risorse, dei loro punti di forza e anche delle loro aree di miglioramento (non chiamiamoli difetti!) e del proprio stile professionale e relazionale. Si impara a comunicare, con se stessi e con gli altri, nel modo più chiaro, semplice e non violento possibile. Tutti possono beneficiare del Coaching purché si abbia desiderio di crescere e si sia aperti ad accettare sfide ed investire su di sé. In questo modo, non solo si possono raggiungere gli obiettivi individuali e collettivi, ma si può imparare a diventare, a propria volta, un supporto, un coach, per i propri collaboratori e colleghi. Ne possono beneficiare imprenditori, manager, responsabili della gestione delle risorse umane, gruppi di lavoro e singoli lavoratori, che si trovino ad affrontare momenti di cambiamento, di riorganizzazione, di difficoltà nella gestione dei processi lavorativi, comunicativi o relazionali. di Pierluigi Troilo


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I vantaggi dell’ippoterapia

OLTRE LO SPORT “Esiste qualcosa nel cavallo che guarisce l’anima dell’uomo” a anni ormai è riconosciuto il ruolo importante svolto da attività di co-terapie effettuate con il supporto di animali, e in particolar modo i cavalli. Il cavallo oltre ad essere inserito in progetti di recupero psicologico fisico ed educativo può anche essere un valido supporto in attività di sviluppo dell’ intelligenza emotiva e della comunicazione. La comunicazione è un fenomeno apparentemente naturale ma nella realtà articolato. In uno scambio comunicativo si intrecciano contemporaneamente le realtà di entrambi gli interlocutori, attivando inconsapevolmente pregiudizi, comportamenti, credenze personali, emotività. Nella società moderna l’uso proprio del linguaggio verbale diventa espressione di competenza e capacità. Ma davvero è sempre cosi? La scienza ci dice che, solo il 7% della comunicazione è verbale per il resto parla per noi il linguaggio non verbale e paraverbale.(Tono di voce, postura, posizione del corpo nello spazio, mimica facciale) La poca attenzione e familiarità che abbiamo con aspetti che travalicano quelli strettamente contenutistici del messaggio verbale vengono a galla in tutte quelle situazioni nelle quale i

discorsi non hanno nessun valore e nessuna efficacia (si pensi ad esempio al rapporto con gli animali) o in situazioni in cui si prova tutto il disagio e l’inadeguatezza ad affidarsi totalmente al linguaggio verbale (si pensi ad esempio al rapporto con individuo con handicap mentali o semplicemente con un bambino) Nel rapportarsi con il cavallo si lavora

La capacità espressiva corporea, la gestualità, l’interazione emotiva e l’autenticità del rapporto sono essenziali nell’esperienza comune col cavallo principalmente con il corpo e sul corpo. Imparare a cavalcare diventa un risultato accessorio, preminente è la presa di coscienza delle proprie capacità. In tale contesto la persona viene stimolata in diversi ambiti: Corporeità, motricità, capacità di percepire ed intuire,

capacità a relazionarsi con i propri limiti e le proprie risorse nascoste. La capacità espressiva corporea, la gestualità, l’interazione emotiva e l’autenticità del rapporto sono essenziali nell’esperienza comune col cavallo e determinati nel lavoro. Le reazioni dirette del cavallo possono venir vissute come un rispecchiamento di stati d’animo inconsci, la frustrazione e la delusione per un eventuale insuccesso nel raggiungere una meta preposta non rappresentano la perdita o la rottura di un rapporto, bensì offrono, grazie alla mediazione del vivo e reale partner, l’occasione di comprendere, di cambiare il proprio atteggiamento, di sentirsi più saldi. Il cavallo, dunque, sia in ambito strettamente terapeutico sia in ambito di benessere rappresenta un inesauribile fonte di stimoli proprio per il legame corporeo e relazionale che possiamo creare con lui diversamente da qualsiasi altro animale con cui ci rapportiamo. La mancanza di giudizio del cavallo nei confronti dell’ umano e la sua predisposizione naturale alla socializzazione fanno di lui un vero e proprio specchio per la nostra anima.

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Dott.ssa Ramona Sorricchio

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“PrimaPagina “Prima Pagina”” Consumatori

Consigli per la gestione dei risparmi

La surroga dei mutui bancari all’analisi dei dati Abi si rileva un aumento, nel primo semestre 2014 della contrattazione di mutui, la cui crescita si attesta nella misura del 28%. Incrociando tali dati con i dati emersi dall’analisi dell’andamento di mercato dell’osservatorio immobiliare, si riscontra una discrasia: il mercato delle compravendite immobiliari conta una crescita del 1,4%, quindi l’aumento del mercato dei mutui è dettato dalle surroghe, ossia dalla ricontrattazione di mutui esistenti. La surroga è un istituto attraverso il quale si ha la successione nell’obbligazione dal lato attivo (creditore). Questa modificazione del rapporto obbligatorio può avvenire: - per volontà del debitore: chi prende a mutuo una somma di denaro o altra cosa fungibile per pagare il debito, può surrogare chi gli ha concesso il mutuo nei diritti del creditore anche senza il consenso di questi art 1202 del Codice Civile. - per volontà del creditore: il creditore che riceva il pagamento dal terzo subentra nei suoi diritti verso il debitore Art 1201 del Codice Civile.; - nei casi stabiliti per legge (surrogazione legale, Art 1203 del Codice Civile). Obiettivo della surroga è l’ottimizza-

zione dei costi del precedente contratto, l’istituto ha ripreso vigore negli ultimi anni, dal 2013, sia perché gli indici di riferimento Irs, per i mutui a tasso fisso ed Euribor per i mutui a tasso variabile, sono diminuiti raggiungendo minimi storici e poi perché le banche promuovono tale tipo di operazione che per-

Per la banca il cliente in surroga è un cliente che ha precedentemente adempiuto agli impegni di pagamento con l’altro Istituto bancario, e che avrà un esborso mensile inferiore rispetto al precedente

mette l’azzeramento o la riduzione al minimo degli spread offerti sui mutui in surroga. Per la banca il cliente in surro-

ga è un cliente che ha precedentemente adempiuto agli impegni di pagamento con l’altro Istituto bancario, e che avrà un esborso mensile inferiore rispetto al precedente, nonché la titolarità di un immobile. Bisogna valutare l’utilità della surroga, e ogni caso va analizzato singolarmente. È fondamentale tenere in considerazione il mutuo residuo e rapportarlo al valore dell’immobile (loan to value) in base al quale sarà determinato lo spread di riferimento, perché oggi il livello di rischio si misura in quest’ottica e non tanto in termini reddituali. Le banche continuano, anche di fronte ad una surroga, ad applicare spread differenti in base al livello di rischio. Valutare di surrogare si, e la prima cosa da fare è chiedere una rinegoziazione presso il proprio Istituto a condizioni più favorevoli. Potranno essere variati solo tassi e durata e non importi. Da considerare altresì che variare la durata nel senso di aumentarla comporta un maggior esborso di interessi. Per cui la valutazione va fatta tenendo conto del rapporto costi benefici, relazionati alla capacità finanziaria, attuale e futura del debitore.

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di Laura Di Paolantonio

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“PrimaPagina “Prima Pagina”” il Legale

I.V.A. e piccole agevolazioni

NON PUOI PAGARE L’IVA PER LA CRISI ? LA CASSAZIONE TI ASSOLVE l cliente più importante di un imprenditore fallisce, e quest’ultimo deve decidere se pagare gli stipendi di Natale ai suoi dipendenti, oppure pagare allo Stato l’IVA. I dipendenti trovano lo stipendio nella busta paga, ma l’imprenditore viene sottoposto a processo e condannato. Sembra una storia di Charles Dickens ma è un fatto reale oggetto di un giudizio (di condanna) dinanzi al Tribunale, confermato dalla Corte di appello di Catania. La sentenza viene impugnata dinanzi alla Cassazione, poiché la difesa dell’imprenditore ritiene che la sentenza di condanna sia errata nella parte in cui ha ritenuto la sussistenza dell’elemento psicologico del reato sulla base di una sola considerazione di carattere formale, costituita appunto dalla ammissione di non aver pagato le imposte, non considerando in alcun modo le motivazioni, le ragioni di tale pagamento omesso. Nel corso del primo grado la difesa aveva portato la prova che l’imprenditore aveva quasi come unico cliente una società poi fallita in prossimità della scadenza delle tasse; l’imprenditore, non avendo liquidità, né beni da vendere per ricavare denaro, aveva deciso di destinare le poche risorse

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disponibili al pagamento di retribuzioni e contributi previdenziali. L’evasione fiscale contestata doveva quindi essere attribuita non ad una gestione economicamente scorretta, oppure ad un altro scopo truffaldino, ma solo ad una causa di forza maggiore, del tutto indipendente alla volontà dell’imprenditore. La Cassazione - con sentenza n. 40394 del 30 settembre 2014 - ha rilevato che in questi tempi torna «con una certa frequenza» il tema «della possibilità di affermare la inesigibilità di una condotta di ottemperanza ai tributi da versare allo Stato, per le difficoltà finanziarie» di chi è tenuto al pagamento; casi simili vengono impropriamente indicati come «evasione di sopravvivenza». Per poter ravvisare la forza maggiore spiega la Corte - è necessario avere la prova che la violazione della norma penale è dipesa da un evento estraneo dalla sfera di controllo dell’agente, evento che non può ricollegarsi in alcun modo ad una azione o omissione volontaria dell’agente. I giudici di primo grado non hanno argomentato nulla circa la sussistenza del dolo, solo perché lo stesso imprenditore aveva ammesso di non aver pagato il tributo; in tal caso, volendo seguire la logica della

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decisione di primo grado, se al mancato versamento si ricollega automaticamente la sussistenza del reato, l’imprenditore ha di fatto una responsabilità di carattere oggettivo. L’imprenditore si era difeso sostenendo l’assenza di dolo, in quanto l’omesso versamento era da addebitare solo alla impossibilità di pagare a causa del fallimento del suo cliente più importante, che aveva prodotto una crisi di liquidità della ditta, che non ha potuto pagare l’IVA. La Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di appello di Catania, rinviando alla stessa corte ma in diversa composizione, la quale non potrà limitarsi ad affermare la sussistenza del dolo solo perché l’imputato aveva ammesso il mancato pagamento delle imposte, ma dovrà verificare se, nel caso concreto, vi sia stata una ipotesi di forza maggiore, costituita dalla impossibilità oggettiva di pagare all’erario il dovuto; in altri termini, per usare le chiare parole della Cassazione, è necessario verificare che la «violazione del precetto penale sia dipesa da un evento decisivo del tutto estraneo alla sfera di controllo del soggetto>>. Avv. Gianfranco Puca


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“PrimaPagina “Prima Pagina” il Legale

Consigli per automobilisti

Parcheggio Selvaggio ercare parcheggio, l’incubo di ogni automobilista! E molte volte il problema non nasce solo dalla difficoltà di trovare uno stallo libero, ma anche dal rischio che a causa del parcheggio irregolare di un’altra vettura si è impossibilitati a uscire sulla pubblica via o ad accedere al proprio posto riservato. La frequenza di casi di tal genere si è ben presto tradotta nella necessità di individuare la soluzione giuridica più idonea a contrastare con efficacia quello che, costituendo un vero e proprio illecito, evidentemente, non può essere letto solo come mero malcostume. Orbene, oggi, dinanzi a specifiche categorie di condotte, i giudici sono concordi nel ritenere che il comportamento sopra descritto integri pienamente il delitto di violenza privata previsto dall’articolo 610 del codice penale e punito con la reclusione fino a quattro anni. Ed infatti è principio comune in giurisprudenza quello di ritenere il requisito della violenza, ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 610 c.p., identificabile con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di

azione l’offeso, il quale sia, pertanto, costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volontà. Tale è, quindi, per la Corte di Cassazione (12 maggio 2014, n. 2014) il parcheggio di

Cercare parcheggio, l’incubo di ogni automobilista!

un’autovettura eseguito intenzionalmente in modo tale da impedire ad un’altra automobile di spostarsi per accedere alla pubblica via e accompagnato dal rifiuto reiterato alla richiesta della persona offesa di liberare l’accesso. Dello stesso tenore altre pronunce della Suprema Corte (ad esempio 18 novembre 2011, n. 603) secondo cui la condotta di colui che, avendo parcheggiato l’auto in maniera da ostruire l’ingresso al garage condominale, si rifiuti di rimuoverla, integra il reato di violenza privata, di cui all’articolo 610 del codice penale. Per la configurazione del comportamento criminoso, quindi, è importante dimostrare

che il soggetto percepisca effettivamente l’illiceità del proprio contegno perché trascura di spostare la propria vettura, nonostante le richieste della persona offesa oppure perché trattasi di un fatto non episodico, più volte segnalato dal soggetto passivo. Non sembrerebbe, invece, esserci la medesima univocità di pensiero in riferimento al caso probabilmente più frequente: quello dell’automobilista che parcheggi bloccando il veicolo altrui ed allontanandosi consapevole di impedire in tal modo i movimenti dell’auto di altri. Ciononostante appare, comunque, evidente anche in questo caso la produzione di un danno in capo alla persona offesa, costretta a rimanere ferma per il tempo dell’attesa. Pur trattandosi di un fatto isolato, infatti, non può negarsi l’idoneità della condotta dell’agente a creare una coazione personale della persona che subisce il riferito comportamento, rimanendo questa privata della libertà di autodeterminarsi ed agire in piena autonomia. In altri termini sembrerebbe superato anche in questa situazione il confine tra modo di agire incivile e modo di agire criminoso.

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Avv. Nicola Paolo Rossetti

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“PrimaPagina “Prima Pagina”” il Legale

La Coppia tra litigi e separazioni

ARRIVA IL DIVORZIO “FAI DA TE” (ma non per tutti) iù che divorzio breve, sarebbe meglio chiamarlo, in questo caso, semplificato o addirittura “fai da te” vista la sostanziale eliminazione della burocrazia che regna sovrana nei Tribunali italiani. A rendere più leggera la normativa sulle separazioni e sui divorzi è intervenuto il governo con il decreto di riforma sulla giustizia civile pubblicato in Gazzetta lo scorso 12 settembre. In sostanza, non sarà più necessario presentarsi davanti a un giudice per divorziare, basterà un avvocato e i tempi saranno molto ridotti. Il provvedimento uscito in Gazzetta interviene quindi sulla cosiddetta negoziazione assistita. “La convenzione di negoziazione assistita da un avvocato può essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 10 dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio”. Occorre, tuttavia, puntualizzare che non tutte le cause di separazione o divorzio possono essere gestite senza l’intervento di un giudice: lo snellimento della procedura è possibile solo per quelle in

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cui c’è un accordo, quindi le separazioni consensuali, i divorzi congiunti, ma anche le modifiche congiunte di sentenze di separazione o divorzio già emesse, nei casi in cui non ci siano né figli minori, né figli maggiorenni non indipendenti economicamente, oppure figli affetti da handicap.

Occorre, tuttavia, puntualizzare che non tutte le cause di separazione o divorzio possono essere gestite senza l’intervento di un giudice

In tutti questi casi è il Giudice a dover intervenire a garanzia dei diritti dei soggetti più deboli, valutando se l’accordo raggiunto dai coniugi tuteli o meno i figli. La riduzione dei tempi, quando le condizioni permettono di evitare il ricorso al giudice, è in ogni caso consistente. Infatti, anziché presentare un ricorso dinanzi al Tribunale e aspettare l’udienza, che nel migliore delle ipotesi viene fissata dopo cinque o anche sei mesi, per poi dover

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attendere anche l’emanazione del provvedimento, si è ritenuto opportuno far transitare tutto fuori dal Tribunale, presso gli studi degli avvocati. La procedura è quindi molto veloce: i coniugi devono soltanto recarsi da un avvocato. Messo per iscritto l’accordo raggiunto dai due, il legale deve far sottoscrivere l’atto alle parti e autenticare le firme. Entro 10 giorni dalla firma, pena una sanzione tra i 5mila e i 50mila euro, l’avvocato deve depositare una copia autenticata dell’accordo presso l’ufficiale di stato civile del Comune in cui il matrimonio è stato trascritto. In quel momento stesso il divorzio diventa efficace ed effettivo. Si azzerano, quindi, da quel momento in poi i tempi per ottenere il divorzio, ma questo vale solo per chi ha già i presupposti per ottenerlo, in primis l’aver trascorso i tre anni dal momento in cui viene presentato il ricorso per separazione consensuale, tempi di attesa sui quali non si è ancora intervenuti. La legge che, infatti, dovrebbe abbassare il termine a poche settimane, è ancora in attesa dell’approvazione finale da parte del Parlamento.

Avv. Gennaro Cozzolino


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“PrimaPagina “Prima Pagina”” Animali

Il nostro Acquario piccoli consigli

“Caridine” i gamberetti più amati ra le caridine ormai disponibili presso i negozi di acquariofilia la più popolare è certamente la “ Red Cherry “ ( Neocaridina heteropoda ) ed è anche una delle più facili da allevare e riprodurre insieme alla meno vistosa Neocaridina Palmata. Come acquario per il loro allevamento va bene anche una vaschetta con capacità di 20 lt. d’acqua da dedicare esclusivamente a loro oppure una vasca di almeno 70 lt. in modo da poterci immettere gruppi di piccoli pesci pacifici come Hyphessorycon , boraras,neon ecc. Il fondo migliore dovrebbe essere il più semplice possibile senza troppo arredamento e con sabbia o quarzo non troppo chiaro. Le piante più indicate sono a fogliame fine e muschi, in particolare: Vesicularia, fontinalis, cabomba, limnophila e anche tappeti di Riccia fluitans, glossostigma, hemianthus, micranthemum e lilaleopis . I valori dell’acqua consigliata sono: GH entro i 10° e PH tra i7,0 e 7,5 consigliabile acqua di osmosi reintegrata con mineral salt della SERA al fine di garantire l’assoluta assenza di sostanze estranee e

dannose, la temperatura deve essere tra i 24 e i 28°c. Il dimorfismo sessuale è ben evidente: femmine di maggior dimensione dei maschi e molto più tozze, con colori più intensi. In fase di corteggiamento la femmina libera in acqua dei feromoni che vanno a stimolare i maschi dando origine a una sorta di danza nuziale, protagonisti i maschi, che nuotano freneticamente per tutta la vasca cercando femmine ricettive per accoppiarsi; una volta avvenuto

l’accoppiamento la femmina fissa le uova sotto il suo addome ossigenandole continuamente. Dopo un periodo di incubazione di 21/26 giorni, a seconda della temperatura dell’acqua, nascono i minuscoli gamberetti già formati ed autosufficienti che, nel breve tempo di 4 mesi, sono maturi sessualmente.

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di Maurizio Orsini

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“PrimaPagina “Prima Pagina”” Numeri

Numerologia: seconda puntata

I CICLI PERSONALI

Numerologici a scienza numerologica, risalente a Pitagora, è in grado di individuare caratteristiche ben definite di ciascuna persona in relazione al proprio giorno di nascita. Ma non solo: è possibile per ogni lettore provare a valutare anche l’influenza dei cicli numerologici nella propria vita. Questi cicli sono momenti temporali nei quali si possono sperimentare esperienze molto positive o negative, incontrare o risentire persone con le quali non venivamo in contatto da tempo, sentirsi felici o tristi senza apparenti motivi. I principali cicli, che definiremo ‘statici’, derivano dal giorno singolo di nascita ridotto a una sola cifra. Prendete il vostro giorno di nascita e riducetelo per capire quale è il vostro ciclo personale: se siete nati ad esempio il 14, la riduzione porterà a 1+4=5(il vostro ciclo è ‘5’). Se invece siete nati in un giorno che è già di una sola cifra non ci sarà bisogno di operare riduzioni: nel caso in cui siate nati il 6, altro esempio, avrete direttamente individuato il vostro ciclo che

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nello specifico sarà ‘6’. Fatto questo potrete procedere a capire quali sono per voi i giorni più importanti di ogni mese(giorni di ciclo statico). Come? Individuate i giorni, che direttamente oppure ridotti, coincidono con il

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Questi cicli sono momenti temporali nei quali si possono sperimentare esperienze molto positive o negative, incontrare o risentire persone con le quali non venivamo in contatto da tempo, sentirsi felici o tristi senza apparenti motivi.

vostro ‘ciclo statico’. Nell’esempio iniziale, chi scoprirà di avere un ciclo ‘5’, dovrà fare attenzione ai giorni 5 , 14(1+4=5), 23(2+3=5) di ogni mese. Chi avrà ciclo 6, dovrà fare attenzione ai giorni 6, 15(1+5=6),24(2+4=6), e così via. Chi ha cicli compresi tra 1 e 4, ha quasi sempre 4 cicli statici a causa del fatto che i mesi oscillano tra 28 e 31 giorni di durata e quindi dal 28 di ogni mese(2+8=10=1) in poi compaiono per la quarta volta cicli 1-2-3-4. Chi possiede un ciclo tra 5 e 9, invece vivrà solamente 3 scadenze temporali per ogni mese. Attenzione al fatto che non solo questi giorni di ciclo possono corrispondere a eventi molto positivi o negativi, e comunque stati d’animo particolari, ma sono in grado di individuare anche l’inizio o la fine di malattie, rapporti sentimentali, rapporti lavorativi. In una prossima occasione vedremo di conoscere poi le caratteristiche che ciascun numero attribuisce alla personalità di chi lo possiede. di Bruno Feroci Numerologo e Analista Tecnico Finanziario



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