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Proprietà: DIRETTORE RESPONSABILE:

GERENZA Enrico Santarelli TIZIANA MATTIA direzione@primapaginaweb.it

Edito da E.C.S. Editori srl Redazione e Amministrazione PUBBLICITÀ: Graphic designer impaginazione: Supporto grafico:

STAMPA:

Hanno collaborato:

La città “perduta”

Teramo appare un contenitore di strade (molte malconce), tra le quali si aggirano persone senza una precisa identità. C’è il rammarico del tempo perduto. Di ciò che c’era e non c’è più.

Enti

IL RUZZO

“Diluvio” asciutto

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Nicola Arletti di Carlo Di Patrizio

Supporto web:

27 Luglio 2012

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Via Costantini, 6 - Teramo Tel & Fax . 0861. 250336 redazione@primapaginaweb.it direzionemkt@primapaginaweb.it

di Ivan Di Nino

Lisciani Giochi Francesco Benedettini Clementina Berardocco Coralba Capuani Mira Carpineta Michele Ciliberti Claudio D’Archivio Mauro Di Diomede Adele Di Feliciantonio Laura Di Paolantonio Ivan Di Nino Rocco Di Nino Vittoria Dragani Alessandra Gasparroni Don Pietro Lalloni Vincenzo Lisciani Petrini Antonella Lorenzi Matteo Lupi Cristiane Marà Marcello Martelli Giuseppina Michini Daniela Palantrani Nicola Palma Jessica Pavone Giuseppe Profeta Gianfranco Puca Mariangela Sansone Piero Serroni Oscar Straniero Alessandro Tarentini Guido Visconti

Sail Post Agenzia Teramo 1

Territorio

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DISTRIBUZIONE TERAMO E PROVINCIA

UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

Tra problemi e buon governo di Matteo Lupi

La responsabilità delle opinioni espresse negli articoli pubblicati è dei singoli autori, da intendersi libera espressione degli stessi. Alcune collaborazioni sono gratuite.

Lavoro

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VITA DI PRECARI

Disoccupate invisibili

Le informazioni, testi, fotografie non possono essere riprodotte, pubblicate o ridistribuite senza il consenso dei titolari dei diritti.

di Coralba Capuani

Il treno che viaggia sempre di Adele di Feliciantonio

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L’editore ha compiuto ogni sforzo per contattare gli autori delle immagini. Qualora non fosse riuscito, rimane a disposizione per rimediare alle eventuali omissioni

Notte d’autore di Mariangela Sansone

Per i vostri quesiti ai nostri esperti redazione@primapaginaweb.it tel/fax 0861. 250336

Speciale Curiosità olimpiche

INSERTO

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Stress tintarella di Alessandro Tarentini

In vacanza con l’amico... quadrupede

In copertina: Walter Mazzitti - la polemica

n. 27 anno 3 - luglio. 2012

di Piero Serroni PrimaPagina 27 - lugl. 2012

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risposta

Gent.le direttore, al termine di questo anno scolastico, il dirigente prof. Ignazio Caputi ha salutato i docenti e tutti i collaboratori della sua scuola, l’Istituto Comprensivo Statale “Pertini” di Martinsicuro e dell’Istituto Comprensivo di Villa Rosa di cui è stato reggente, ed è andato in pensione. Alla Scuola Media di Martinsicuro, il prof. Caputi era tornato da alcuni anni, dopo averne trascorso più di venti alla direzione della Scuola Media di Sant’Egidio alla Vibrata. Conoscitore acuto della realtà martinsicurese per essere stato anche sindaco della cittadina, si è impegnato a determinare le condizioni che potessero offrire possibilità di recupero nel percorso scolastico agli studenti più fragili e possibilità di potenziamento a quelli più autonomi. Ha sostenuto i docenti nell’elaborazione di percorsi alternativi che affiancassero l’iter scolastico di alunni con esperienze di vita difficili e intrise di sofferenza. Si è posto con garbo, cordialità e competenza verso tutti, insegnan-

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ti, alunni, personale della scuola, famiglie. Estimatore della musica, ha incoraggiato lo studio degli strumenti musicali a scuola. Anche la Scuola Secondaria di I grado di Martinsicuro ha ottenuto, in questo anno scolastico, l’indirizzo musicale ministeriale. Alla persona, all’insegnante, al dirigente va dunque questo saluto in segno di stima e affetto. I docenti dell’Istituto Comprensivo Statale “Pertini” di Martinsicuro Mi associo, cari docenti (e lettori) al “pubblico” saluto del prof. Caputi, che avevo già avuto modo di incontrare quando occupava lo scranno più alto nel Comune di Martinsicuro. Fedele alle sue idee politiche (anche se aperto all’incalzare dei tempi), tenace sostenitore dell’importanza dell’educazione scolastica, dai modi estremamente garbati, Ignazio Caputi non lascia la scuola senza “segni” evidentissimi. Non capita a molti, purtroppo, oggi. Sicuramente a pochi tra i dirigenti.


di Tiziana Mattia

Ricorderemo questa estate per la “grandezza”: grande crisi, grande caldo, grande sete, grande protesta, grande incompiuta. Grandezze che, se in matematica indicano un “ente astratto”, dalle nostre parti hanno un che di estremamente tangibile. Sulla costa teramana molti turisti, pur di non rinunciare alla settimana di vacanza in hotel, fanno a meno dell’ aria condizionata in camera per risparmiare pochi euro giornalieri in più. Trentotto gradi, tra quattro mura, è la temperatura media di questi giorni. Un sacrificio, al limite dell’intervento medico – e in molti casi l’ambulanza è giunta sul serio - sull’altare della tintarella, simbolo inconfutabile che le ferie fuori città persistono. Il Ruzzo ha “sete”. Una sete grande, e non è soltanto quella della urlata emergenza idrica. I rimpalli di responsabilità, da destra a sinistra, hanno un che di grottesco. Mentre i tubi arcaicamente memori di tempi che furono, continuano a “perdersi”. Di manutenzione non si parla, di poltrone sì. Protesta Catarra (non da solo) per il prossimo accorpamento della Provincia di Teramo a L’Aquila, confidando in facebook e nei suoi accoliti. In attesa di scoprire i risultati di riforme tipicamente italiane, citiamo Plutarco: “Nessun popolo pieno di debiti è un popolo forte”. La frase dello storico greco è stata tirata in ballo dal presidente della Regione, Chiodi, intervenuto a una conferenza su “Economia del mondo, economia d’Abruzzo e parità di genere”. Il Governatore ha parlato di “errata gestione delle risorse in passato, che hanno portato la regione a indebitarsi e collassare”. Indispensabili i tagli, ha sottolineato Chiodi. Siamo tutti d’accordo, ci mancherebbe. A cominciare proprio dall’ente Regione, magari. Dove i dipendenti sono più assiepati che gli indiani lungo le rive del Gange, per le abluzioni di rito. E le spese annue incidono per 168 miliardi di euro contro gli 11 miliardi delle “povere” Province. La grande incompiuta di questa estate è l’inchiesta lasciata a metà da Nicola Trifuoggi, “nemico giurato” di Ottaviano Del Turco.Va in pensione il procuratore capo che ha messo sotto processo una giunta regionale, decapitata nel 2008, e due Comuni, Pescara e Montesilvano. Si arrende al passare del tempo, lasciando dietro di sé una serie di domande alle quali, finora, la giustizia non ha dato risposte definitive. Passando la “palla” al successore, Trifuoggi ci lascia nella suspense. Come i migliori giallisti inglesi. I colpevoli saranno puniti? Restiamo in attesa. Soprattutto Del Turco, di quella – ricordate? – “valanga di prove schiaccianti”. PrimaPagina 27 - lugl. 2012

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foto M.Lupi: il il giorno dopo la Coppa

Coppa Interamnia

Record di che? di Ivan Di Nino

aldo record-gelo record. Se si dovesse dar retta a certi sensazionalismi oggi vivremmo a novanta gradi celsius d’estate e a meno sessanta d’inverno. Anche altri avvenimenti in città hanno preso questa piega. Una di questi è la Coppa Interamnia, ribattezzata Interamnia World Cup –così, per dare un tocco d’internazionalità- cui per molti anni si è parlato di “record” a sproposito. Record di partecipanti, record di ragazzi che venivano da una certa parte del mondo, record di qualunque cosa. Quest’anno la manifestazione ha compiuto 40 anni: 4000 giovani da tutto il mondo, tutti i continenti rappresentati, 60 nazioni, 120 città, 180 squadre. Le strade di Teramo si sono così ripopolate di ragazzoni e ragazzone spesso un po’ svagati di testa, a volte alticci che si fermano in mezzo alla strada di colpo, costringendo gli automobilisti a feroci inchiodate, non guardano quando attraversano e via delirando, compresi i civilissimi popoli del nord Europa. Certo, anche qui si risente della crisi e il patron Montauti è stato chiaro: “Parlo a

nome delle circa 100 persone che ogni anno danno l’anima per portare avanti questa impresa. Razionalmente avremmo dovuto abbandonare l’idea di portare avanti la Coppa, e invece alla fine abbiamo voluto a tutti i costi onorare la 40esima edizione”. Qualche anno fa l’infaticabile Pierluigi

foto M.Lupi: urinatoi fai da te

scrisse a chiare lettere: “Matura a sufficienza per radicarsi più che per espandersi; per appartenere più che disperdersi”. Quest’anno è stata coinvolta anche Atri con un campus che ha ospitato 120 atleti. Eppure, c’è stato un tempo in cui la sola Provincia di Teramo non bastava più: ogni campo di periferia, parcheggio, piazza, di Silvi, Bisenti, Controguerra, Giulianova e così via erano piccoli stadi pieni di chiassoso tifo proveniente da ogni parte del mondo. Non era ancora sufficiente, sicché venne interpellata pure Ascoli Piceno che concesse qualche impianto sportivo ai texani “terroni”. Certo, errori ne sono stati commessi, come quando svedesoni di due metri venivano mandati a pernottare negli asili di Castelnuovo, rompendo bidet e lavandini, un po’ perché la sistemazione era decisamente inadeguata, parecchio perché ubriachi e molto convinti che in Italia fosse tutto lecito. Spesso si è detto che questa manifestazione doveva fare uno step in più, invitando le Federazioni nazionali a pagare alloggi in albergo o villaggi, rivalutando l’immagine

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foto (archivio): la parata di inizio della Coppa Interamnia

foto M.Lupi: finita la festa?

foto M.Lupi: degrado

foto M.Lupi: pattume

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sportiva della Coppa e non inserendo delle sgangherate roulottes proprio ai piedi del campanile del Duomo- come qualche anno fa- con una scritta che non aveva a che fare con lo sport. Pian piano i comuni limitrofi hanno pensato bene di dare un contributo in termini di denaro, evitando però di farsi defenestrare le scuole e insudiciare le strade. In molti, negli angoli neanche troppo nascosti del centro storico della nostra bella e cara città, hanno protestato per l’olezzo di urina che si sente ben forte in concomitanza con la manifestazione. Non parliamo del calendario: gli atleti sono costretti a giocare sotto il solleone delle undici del mattino, ma la sera alle otto si misurano con gli avversari al chiuso dell’ex “pallone” del Centro sportivo comunale. Siamo poco conosciuti e non investiamo in pubblicità nazionale. Fino a qualche tempo fa lo spazio tv riservato alla Coppa era giusto per una sintesi della finale delle nazionali Under 21, alle 16 di uno stanco ed assonnato martedì pomeriggio di Raitre; adesso che su quella emittente c’è il Tour de France, nemmeno più quello. Così, anche in quest’ultima edizione, Teramo è stata inondata di rumori notturni per tutta la durata; tra gente sbronza e l’elezione di miss e mister Coppa. Qualche detrattore ha affermato che sarebbe stato sufficiente, invece di travolgere il centro –e non solo!- di frastuono, fare meno manifestazioni, ma di maggior livello. I quarantenni ricorderanno sicuramente un arbitro di calcio, famosissimo, Concetto Lo Bello. Detto signore è stato dal 1976 al 1991 presidente della Federazione italiana gioco handball, il signor Pallamano. S’innamorò della nostra Coppa Interamnia e voleva portarla in quel di Siracusa-la sua città, trattando su quello che volevamo in cambio. Teramo si oppose con fermezza; nel frattempo Lo Bello divenne anche deputato Dc, nonché sindaco di Siracusa stessa. Stranamente, da quando la nostra città non ha voluto cedere alla richiesta di Concetto, la Coppa si è ristretta, anche perché sono stati ridotti i finanziamenti dalla Federazione. Potevamo ‘scambiare’ con qualcos’altro, magari emolumenti per impianti sportivi –a Teramo in uno stato comatoso- o per la rotellistica altrettanto in declino nella nostra città, ma che tanto ha dato. Qualcuno ha ritenuto di fare diversamente. Si è avuta paura di perdere il seme che non è stato però impiantato, ed è rimasto lì senza inghiottire né sputare, lasciandoci solo voglia di riappropriarci della nostra città, pensando: “Quand’è che finisc pur chist’ann sta copp?”.


Ente Ruzzo

“DILUVIO” ASCIUTTO di Ivan Di Nino

opo di me il diluvio, diceva Luigi XV: “Après moi, le déluge” in risposta alle esortazioni della Pompadour di occuparsi degli affari dello Stato. Eppure un buon presidente era stato trovato, ma l’hanno fatto scappare sbattendo la porta: peccato che i cittadini avessero in mezzo la mano. Claudio Strozzieri, ex presidente del Ruzzo, è tornato a fare quello che faceva prima; anche la politica, che non la smette nemmeno un attimo di litigare sul preziosissimo bene dell’acqua, dove premono interessi monumentali. Nell’ultima assemblea dei soci, convocata per l’approvazione del bilancio consuntivo, si è consumato l’ennesimo teatrino. L’approvazione del documento contabile è slittato, con la nomina nel Cda di Vittorio Scuteri, possibile nuovo presidente al posto di Vinicio Ciarroni, nominato qualche settimana fa per gli adempimenti ordinari. Il Pd, in minoranza, ha contestato la legittimità della convocazione dell’assemblea dei soci; il Pdl ha risposto bocciando la richiesta dei Democratici di azzerare il Cda, di ridurlo da cinque a tre membri, e che i prossimi componenti fossero scelti in base ad un bando di evidenza pubblica. Ecco la nota dei sindaci del Pd della provincia: “Dopo l’assemblea di oggi al Ruzzo, il centrodestra teramano dimostra ancora una volta la propria inettitudine di governo e mette in luce tutte le fratture al proprio interno che stanno andando a discapito dell’interesse del nostro territorio. Di fronte ad un’assemblea convocata dal loro presidente Carlo Ciapanna, appositamente convocata per approvare il bilancio, convocazione che i sindaci del Pd hanno ritenuto in maniera compatta illegittima, il Pdl è riuscito a far slittare l’approvazione del consuntivo, nominando al contempo con un ulteriore atto di forza un loro uomo nel Cda della società. Tutto questo rappresenta un totale fallimento politico del centrodestra teramano, che andrà a danneggiare il Ruzzo e l’intera provincia, fallimento determinato

dalla guerra che è ormai palese all’interno del Pdl”. Dice la sua anche Francesco Mastromauro, sindaco di Giulianova: “I 15 sindaci del Pd hanno ribadito alcuni punti fondamentali. Anzitutto, ricordando che l’anno scorso si è consumata una pagina bruttissima, con un’evidente occupazione della cosa pubblica. La minoranza dei sindaci, in questo tempo, è stata tenuta fuori da qualunque decisione, i primi cittadini non sono mai stati coinvolti e chiamati”. Per quanto riguarda le dimissioni di

Tutto questo rappresenta un totale fallimento politico del centrodestra teramano, che andrà a danneggiare il Ruzzo e l’intera provincia...

Strozzieri, Mastromauro prosegue dicendo che “nessuno si è degnato di dirci perché. Abbiamo chiesto di azzerare gli organismi e ripristinare quella legalità violata con la nomina di Carlo Ciapanna, aggiungendo che l’iter seguito all’indomani delle dimissioni di Strozzieri è viziato da profili di illegittimità. Il 28 maggio, infatti, il Cda del Ruzzo, privo di presidente, ha assunto due atti: con il primo ha surrogato Strozzieri con Ciarroni, mentre con l’altro ha nominato Ciapanna”. Due verbali illegittimi, allora? Prosegue Mastromauro: “Ciapanna non poteva essere nominato in quella sede, perché secondo lo statuto, se un componente si dimette, bisogna sostituirlo ripristinando la funzione”. Per il bilancio “o il centro destra sana le irregolarità pregresse o fino ad allora non potrà essere approvato, perché viziato”. Sulla stessa linea tutti gli altri sindaci del Pd, da quello di Cortino a quello di Mosciano Sant’Angelo. Trasparenza, legittimità, impegno: chi non è d’accordo? Tuttavia, se maggioranza e minoranza fossero state invertite, avremmo visto queste tre cose? La storia insegna di no, la speranza di sì.

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Basket a Teramo

Il futuro è un’ipotesi di Ivan Di Nino

osì vai via, non scherzare no/ domani via, per favore no”. Incipit baglionesco notissimo agli adolescenti di un altro tempo, che adesso hanno qualche ruga sul viso. Dopo la desertificazione di Teramo da un punto di vista di servizi e uffici, adesso anche la bella realtà dello sport sta pian piano crollando sotto i colpi di presidenti molto più attenti ad altro che non all’attività atletica. Il Giulianova calcio è in via di fallimento e riprenderà dal fondo; il Teramo calcio qualche anno fa fece la stessa fine. Il Roseto basket –eravamo l’unica realtà italiana ad avere due squadre della stessa provincia in A1- è miseramente naufragato. Sembrava le avessimo viste tutte, ma così non è stato. Purtroppo, si sa, anche il Teramo Basket ha mancato l’appuntamento alla reiscrizione

nel campionato di A1. La società non ha depositato la fideiussione di 350.000 euro necessaria all’uopo. Si sa anche come Carlo Antonetti, il presidente di mille battaglie e dalle mire in Lega abbia lasciato; il suo posto è stato rilevato da altri con a capo Lino Pellecchia, il quale non ha avuto parole dolci per nessuno.

Purtroppo i tempi strettissimi e la mancanza di liquidità –o di volontà?- di chi si era interessato non hanno aiutato...

foto (archivio): il passaggio di consegne tra Antonetti e Pellecchia

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“E’ finita un’era e purtroppo è finita sotto la mia presidenza. E’ ovvio che questa cosa mi rammarica molto e mi dispiace, ma per me era divenuto impossibile andare avanti. Per il Teramo Basket ho indebolito anche le mie aziende e questo non lo ritengo giusto. Mi rendo conto che in gran parte adesso mi verranno addossate colpe che in gran parte ho (…)”. Tanto denaro scialacquato, ma anche parecchio incassato, con le prestigiose, passate, cessioni di Poeta e Moss, oltre al denaro che la Lega doveva restituire per la storia della Wild card, ma l’ormai l’ ex Presidente insiste: «Lo dico ancora per chi ha fatto finta di non capire: io sono stato lasciato solo. Nessuno mi ha dato un euro. Da quando ho detto che non ce la facevo più, da quando ho cominciato a piangere, come qualcuno ha detto, ebbene io non ho visto nessun segnale». Quest’ultima parte è quella che lascia più perplessi. Ci si chiede perché quando le cose vanno bene ognuno faccia da sé, mentre quando vanno male occorre sempre “aiutare”. Non è mica det-

foto (archivio): Polonara con i tifosi


to. Se uno aiuta è perché vuole farlo, non perché debba. I tifosi lo fanno col biglietto e coi gadgets che acquistano, il comune –se vuole e se può-in altro economico modo, ma è la società che deve sostenersi. E’ legittimo chiedere aiuto, altrettanto legittimo darlo o meno. Nel 2011, con una situazione debitoria maggiore a quella attuale, il Teramo si è regolarmente iscritto, quest’anno no. Pellecchia ha poi affermato che “l’anno scorso mi coinvolsero in un’avventura nella quale non dovevo assolutamente entrare. Ci ho rimesso diversi soldi”. Hic est busillis: da imprenditore navigato qual è, perché non doveva entrare? Se “non doveva” allora, perché l’ha fatto? Le storie di mecenatismo per la città non reggono più: un uomo adulto e cosciente se

Al solito, in tutto questo bell’andare, con una goccia d’amore tifoso dentro una bottiglia d’aceto finanziario l’unico a rimetterci è lo sport...

foto (archivio): attuale staffsocietaria al centro il presidente Pellecchia

c.d. Lodo Petrucci è terminata nell’arco di poche ore: occorreva costituire una nuova società che prendesse il posto della vecchia non accollandosi i debiti della pregressa gestione- che sarebbero rimasti in capo a quest’ultima-iscrivendosi nella categoria subito inferiore a quella dell’ultimo Campionato disputato, quindi in A2. Purtroppo i tempi strettissimi e la mancanza di liquidità –o di volontà?- di chi si era interessato non hanno aiutato. Il drammatico seppur purtroppo inutile tentativo è stato esperito da un comitato di tifosi fedelissimi. Inoltre, ammesso che le cose fossero andate bene, sarebbe stata la Lega a dare il placet sull’eventuale iscrizione. Al solito, in tutto questo bell’andare, con una goccia d’amore tifoso dentro una bottiglia d’aceto finanziario l’unico a rimet-

terci è lo sport. Non è una frase fatta: significa che, non essendoci più il “traino” della prima squadra anche le palestre, i ragazzini che le frequentano colti da giusto entusiasmo dopo essere stati portati al palazzetto, si raffredderanno e si spera che il basket a Teramo non faccia la fine della rotellistica e di altri sports. Pellecchia ha dato la disponibilità ad aiutare il settore giovanile, ma chi ci crede? E poi, che aiuto può dare vista la sua dichiarata “inesperienza”? Niente più Boni, il capitano Lulli, Grant, Moss, Poeta, Brown. Palazzetto vuoto. Il tessuto di questa città e provincia è già lacerato dalla crisi. Ci mancava anche questa batosta, dai contorni non troppo chiari, con accuse velate, con sassi lanciati e mano nascoste.

rileva/entra in una società è perché vuole farlo, non perché “coinvolto”, neanche si trovasse ad una festa con amici sbronzi. Non pago, rincara la dose: “L’anno scorso c’erano 5 milioni di euro di debiti, oggi zero. Sul conto corrente della società ci sono 3 mila euro, ma di attivo. E nel corso del campionato ho sborsato un altro milione di euro; nessuno lo dice, ma dovrò onorare l’impegno dei 150.000 euro di fidejussione cui i giocatori avranno accesso per i loro emolumenti. Ho sbagliato ancora una volta, ma certo non per interesse come qualcun altro ha voluto sostenere. Se ho sbagliato l’ho fatto sempre per inesperienza e buona fede”. Si dirà che l’inesperienza è inerente il basket, ma allora, come diceva John Fitzgerald Kennedy, bisogna essere tanto intelligenti da capire che bisogna contornarsi da gente più preparata. Quanto al rapporto con Carlo Antonetti ed Alfredo Capasso, Pellecchia, fiume in piena per chiedere aiuto, diventa stranamente arcigno: «Preferisco non parlarne». Anche la disperata ipotesi di sfruttare il

foto (archivio): momenti di gloria PrimaPagina 27 - lugl. 2012

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MALATI… a ore di Ivan Di Nino

e una persona si sente male, magari nel cuore della notte, cosa fa? Chiama la guardia medica, l’ambulanza, oppure va direttamente in ospedale, se trasportabile. A Teramo la situazione è però diversa da tutti gli altri nosocomi. Innanzi tutto, al Pronto Soccorso sarebbe spesso lecito aspettarsi persone di migliore umanità, fra personale paramedico e medico e poi, eh…se avete male alle zone gastroenteriche…attaccatevi al tram!, come diceva un vecchio detto passato in disuso. La fotografia fatta nel reparto è impietosa: con tanto di evidenziatore giallo si vede che, se il vostro medico sospetta un’ emorragia intestinale o gastrica non ci sono scusanti: dovete sentirvi male fra le 13 e le 14, altrimenti potete pure schiattare! Of course, morte a norma di legge. Ovviamente, si attende la risposta della Asl:

l’abbiamo fatto perché si presentano tutti con la dicitura “urgente” per superare la lista d’attesa. Allora, alla Catalano, noi ci chiederemo: perché le liste d’attesa sono sempre così chilometriche? Al solito, è il cane che si morde la coda, ma l’ospedale cura la salute, cioè la vita stessa delle persone. Urgenza tra un’ora e l’altra o meno, se un povero cristo si sente male a chi dovrebbe rivolgersi, a Striscia la notizia?

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Al solito, è il cane che si morde la coda, ma l’ospedale cura la salute, cioè la vita stessa delle persone...

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Tra problemi e buon governo Teramo e provincia di Matteo Lupi

el variopinto panorama locale teramano trovano posto evidenti criticità, ma anche casi di virtuosismo. Molto legati all’urbanistica sono i problemi presenti nel quartiere del Castello: dalla mancata pulizia dei gradini che costeggiano il castello stesso – sui quali recentemente una signora è scivolata – alla costante presenza di buche nel manto stradale che, pur ricoperte di cemento, si ripresentano dopo ogni pioggia. Dal comitato di quartiere fanno sapere che sarebbe il caso di rivedere la cartellonistica della zona, per meglio segnalare i divieti di sosta, ad esempio nei pressi delle curve, e combattere il fenomeno dei parcheg-

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gi selvaggi. Inoltre, sempre per il comitato sarebbe necessaria la presenza di una pattuglia dei carabinieri perché i cittadini scambiano le strade della zona “con piste di corse automobilistiche”. Non mancano problemi presso l’area recintata del Ruzzo, uno spazio ‘ingestibile’ e pericoloso per i cani che vi sono portati a passeggio, come hanno più volte fatto presente i residenti. A Civitella del Tronto i problemi sono invece maggiormente legati al turismo. Un turismo che dovrebbe sostenere l’economia di uno dei Comuni più grandi di Teramo, ma che nonostante la presenza della famosa Fortezza fa fatica a portare proventi nelle casse del paese. Proprio sotto il belvedere, inoltre, dovrebbe nascere una nuova cava, mentre per quelle vecchie an-

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cora non sono stati approntati progetti di ripristino ambientale, volti a trasformare le zone, ad esempio, in aree di campeggio, che mancano totalmente. Stesso discorso vale per le tre grandi strutture del Comune, le vecchie scuole elementari, la vecchia sede comunale e il Mini Hotel, mai inquadrati in progetti di rilancio del centro storico. I motivi di questa disorganizzazione programmatica il comitato di quartiere li ascrive all’amministrazione, che nonostante l’appartenenza alla stessa area politica – di centrodestra – non sarebbe riuscita a formare la giusta sinergia con la Provincia e la Regione. Diverso è il caso di Cologna Paese. Nonostante il Piano Regolatore non sia stato aggiornato da vent’anni, non si rilevano grandi problemi di trasporto o


d’urbanistica. E’ stato attivato il bus-navetta, per garantire un maggior collegamento anche con le frazioni, come mantenimento di una precisa promessa elettorale dell’attuale amministrazione, e sono stati avviati i consigli di quartiere, per accogliere e cercare di soddisfare le richieste dei singoli cittadini. Dal comitato informano come “esistono delle problematiche, ma siamo consapevoli che mancano i fondi per risolverle. Per questo, non la consideriamo

neanche una criticità, essendo abituati a questa situazione”. Le varie associazioni presenti nel territorio organizzano sagre, manifestazioni, feste e serate teatrali, e i proventi raccolti vengono reinvestiti nel paese, per sopperire alle mancanze economiche delle casse comunali. Non la stessa situazione si registra a Bellante. Qui il comitato di quartiere segnala il disinteresse dell’amministrazione nel risolvere i problemi del territorio: non solo nell’ambito dei

trasporti, con la presenza di sole tre corse tra paese e stazione, ma anche per la valorizzazione del belvedere cittadino, dove attualmente gli abitanti non possono godere del panorama, coperto dai pini nati nella zona. Inoltre, le tante organizzazioni culturali e territoriali non sono mai riuscite a trovare una coordinazione da parte del Comune, finendo per organizzare eventi simili nelle stesse serate, così da riflettere i problemi anche sul turismo.

PIAZZA MARTIRI PENNESI Rallegriamoci per le buone notizie (finalmente) che ci giungono dall’università di Teramo. Alla facoltà di Agraria, ben più della metà degli iscritti, trova lavoro entro un anno dalla laurea. Niente male. “Il dato – ha commentato il preside Dino Mastrocola - è ancora più rilevante se si considera che il livello occupazionale medio nazionale per le facoltà di Agraria è del 47,3%, in leggera discesa rispetto al 48% del 2011, mentre la media nazionale dei laureati occupati di tutte le facoltà è del 47,8%, anche questo in leggera discesa rispetto al 48,7% dello scorso anno”. Confermata la tesi, che sosteniamo su queste pagine da sempre, che la scelta mirata del corso di studi dà, insieme all’ applicazione ovviamente, la giusta ricompensa. E sorvoliamo sui commenti maliziosi di alcuni che, visti i risultati di Agraria, consiglierebbero il ritorno alla terra per molti. Magari senza arrivare alla laurea. Soltanto con il giusto “attrezzo” in mano. Colata la campana della presidenza all’Istituto “Braga”. Nominato il preside della facoltà di Scienze della Comunicazione, Luciano D’Amico. Il ministero dell’Istruzione l’ha designato a guidare l’antichissima istituzione teramana per il prossimo triennio. Scartata la terna “politica”, presentata in precedenza, si è optata per una personalità di cultura. Bene. Ora da esperto di economia qual è, attendiamo che il prof. D’Amico sappia barcamenarsi tra le “mancanze” (da sempre) pecuniarie del Braga e i cali di iscritti in collina. Auguri. Ti.Ma.

Parcheggio a ostacoli

foto M. Lupi: l’asfalto non aiuta di Matteo Lupi

iazza Martiri Pennesi ospita uno dei parcheggi più trafficati della città e proprio per questo necessiterebbe di un intervento di rinnovo del manto stradale, rotto in più punti. Ma un simile intervento risulta ancora più urgente presso l’incrocio con via Oberdan, all’altezza dell’Inps, dove è presente un parcheggio per portatori di handicap. Qui le classiche strisce gialle, che dovrebbero indicare una via agevolata di accesso al marciapiede, delimitano invece una zona colma di buche e crepe, che per chi ha problemi di deambulazione sono non solo un ostacolo architettonico, ma anche un pericolo per l’incolumità. PrimaPagina 27 - lugl. 2012

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Giulianova

“Dog beach” polemiche e parolacce di Coralba Capuani

ran brutta immagine è quella fornita ai turisti durante l’inaugurazione di “Bau Beach”, la prima spiaggia a misura di cane della costa teramana tenutasi a Giulianova lo scorso 9 luglio. Urla, spintoni, parolacce e pure qualche contuso finito al Pronto Soccorso, hanno rovinato quella che avrebbe dovuto essere una festa per tutti. A soffiare sul fuoco delle proteste degli abitanti del quartiere dell’Annunziata – dove è ubicata la spiaggia – è il gruppo di opposizione “Progresso Giuliese”. “Sono stati Gianfranco Francioni, Massimo Maddaloni, Laura Ciafardoni – spiega il primo cittadino di Giulianova, Francesco Mastromauro- a chiedere la revoca della concessione della spiaggia che nel consiglio comunale del 9 giugno, in cui la spiaggia non unicamente riservata ai cani ma di libero accesso per chiunque, quindi anche per chi non possiede un cane, votò contro. Anche Il

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Cittadino Governante, dopo aver votato favorevolmente in consiglio, ora chiede di rivedere la scelta che pure votò!”. Come intendete muovervi? “L’intendimento è di andare avanti perché è un atto

la mia volontà è anche quella di colloquiare con quella parte di cittadini dissenzienti che sono stati probabilmente male informati...

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di civiltà. In ogni caso la mia volontà è anche quella di colloquiare con quella parte di cittadini dissenzienti che sono stati probabilmente male informati o non hanno pienamente compreso il progetto”. Forse allora varrebbe la pena ricordare gli scopi e le modalità di realizzazione di questa iniziativa... “Il tratto di spiaggia libera interessato da Unica Beach, che funzionerà in questa zona solo per l’estate 2012, essendo stato stabilito che l’ubicazione della Bau beach dovrà essere individuata anno per anno, occupa appena 80 dei 190 metri complessivi della spiaggia libera, rimanendo dunque a disposizione per la fruizione collettiva circa 110 metri lineari Inoltre le prescrizioni che verranno fatte osservare con scrupolo dagli addetti – un medico veterinario e un esperto educatore cinofilo – sono molto rigide. Bisogna infatti tenere il cane al guinzaglio, l’accesso sarà vietato ai cani particolarmente aggressivi e consentito unicamente a quelli con microchip o tatuag-


gio, non dimenticando il possesso del libretto di vaccinazione e della certificazione veterinaria attestante lo stato di buona salute. L’accesso in spiaggia sarà inoltre regolato dal personale addetto, e questo per evitare un numero eccessivo di cani. La posa degli ombrelloni dovrà poi assicurare una distanza che non permetta al cane di raggiungere i soggetti vicini. Sarà severamente vietato far superare al cane l’area e lo specchio d’acqua delimitato. L’entrata in acqua, infine, sarà consentita a non più di 5 cani alla volta. Nella Unica beach saranno presenti, a disposizione gratuita di tutti, quindi

la “Dog beach” è una risposta alla domanda proveniente dai turisti, ma lo è anche per i miei concittadini... anche dei non possessori di cani, un servizio igienico pubblico, una doccia e una fontana di acqua potabile”. Si potrebbe parlare anche di un’occasione mancata, di una cattiva pubblicità nei confronti dei tu-

risti: a tal proposito, quanto ha influito sulla realizzazione del progetto l’esigenza di accontentare i turisti? “Sicuramente la “Dog beach” è una risposta alla domanda proveniente dai turisti, ma lo è anche per i miei concittadini. Giulianova, d’altronde, ha riconquistato, grazie al lavoro svolto con impegno da questa Amministrazione, una visibilità e un prestigio in ambito turistico che erano stati persi. La Bandiera Blu e le 3 Vele di Legambiente, oltre alla Bandiera Verde assegnataci l’anno scorso, sono a testimoniare un’eccellenza di cui andiamo orgogliosi ma che pure ci sprona a fare di più e meglio. E non c’è dubbio che la spiaggia per i cani sia un motivo ulteriore di attrazione per i turisti”. Cosa risponde a chi la critica? “C’è una frase di Louis Sabin che mi piace riportare: ‘Non importa se non avete denaro o possedimenti, il solo fatto di possedere un cane vi rende ricchi’. Ciò che diceva Sabin dovrebbe essere una consapevolezza diffusa. Di certo è la mia convinzione e quella dei miei collaboratori, gli assessori Archimede Forcellese, Gabriele Filipponi e il consigliere Alessandro Giorgini. Per questo abbiamo deciso di dare alla città, e mettere a disposizione dei turisti, una spiaggia per cani. Nel farlo ci siamo ispirati ad altre iniziative già sperimentate con successo, come ad esempio Fregene, prima spiaggia italiana interamente dedicata ai nostri amici a quattro zampe. Inoltre voglio ricordare ai detrattori che la gestione della spiaggia è a costo zero per l’Amministrazione comunale”.

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Disoccupate invisibili Vita “precaria” di donne trentenni, senza sussidi e senza prospettive di Coralba Capuani

i parla tanto di esodati, cassa integrati, licenziati e disoccupati in genere, ma c’è una sottocategoria della quale nessuno sembra interessarsi. Si tratta di lavoratori – spesso donne oltre i trent’anni – che hanno lavorato per poco tempo con contratti a tempo determinato o atipico (co.co.co., stagionale, a nero) e che adesso, con la crisi, faticano a trovare una collocazione. Disoccupati invisibili che non hanno nessun aiuto dallo Stato: né sussidi di disoccupazione (ordinaria o straordinaria) né la collocazione obbligatoria di cui usufruiscono i cassa integrati. Nicoletta, 36 anni, una laurea a pieni voti in lingue e letterature straniere, disoccu-

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pata da due anni e Laura, 38 anni, mamma di Matteo da tre anni raccontano la loro esperienza.

Allora ti chiedi cosa non va, ti fai domande e inizi a dubitare di te stessa, del tuo valore....

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«Da quando mi sono laureata – afferma Nicoletta – ho sempre lavorato, piccoli lavoretti, niente di che, ma mi sono sempre data da fare. Ultimamente però non riesco più a trovare niente. Sono già due anni che non lavoro e la cosa inizia a diventare pesante, sia economicamente, influendo non poco sulle finanze della mia famiglia che non è certo benestante, ma soprattutto direi psicologicamente. Non è facile andare avanti, sperare nel futuro, quando non fai che mandare curricula che puntualmente vengono ignorati dalle aziende. Allora ti chiedi cosa non va, ti fai domande e inizi a dubitare di te stessa, del tuo valore. Certo, razionalmente so di “valere”, ma queste continue porte in faccia minano la fiducia,


ti fanno sentire inutile. Ultimamente poi ho perso anche la voglia di cercare un lavoro che tanto non c’è. E se c’è, se mi capita di trovare un’offerta, di avere tutti i requisiti richiesti, comunque non ti chiamano nemmeno per un colloquio. L’unica spiegazione che mi sono data è l’età. Anche se a trentasei anni si è ancora giovani, forse per le aziende non è così. È da un paio d’anni che ho notato questa indifferenza, e non credo sia un caso. Il fatto è che le aziende hanno paura che a quest’età tu possa decidere di avere un figlio. Come se fosse una colpa! Proprio durante l’ultimo colloquio, il titolare mi ha praticamente fatto un interrogatorio sul mio stato civile; mi ha chiesto se ero single, se intendevo sposarmi, se avevo figli, voleva sapere insomma se avessi degli “intralci” che mi impedissero di svolgere quel lavoro. Una cosa penosa!». «Anche per me è lo stesso – interviene Laura –. Quando mi presento a un colloquio e il selezionatore scopre che sono sposata e ho un figlio, apriti cielo! Tronca tutto e mi liquida con un “le faremo sapere”. E poi non chiamano più. Non è giusto: perché non posso lavorare se ho un figlio? È normale che se mi presento a un colloquio è perché posso organizzarmi con la mia famiglia, altrimenti non lo farei. Non capisco perché la maternità debba essere

vista come un problema per le aziende. Si parla tanto di diritti, ma quello di essere madre pare non interessi più a nessuno ormai, è fuori moda». «Ma anche come lavoratrici – interviene Nicoletta – i nostri diritti vengono ignorati. Ho scoperto di avere diritto al tfr, all’in-

Per non parlare di altri furbetti che per non pagarti i contributi ti inseriscono in ditta come stagista a quattrocento euro al mese... dennità di malattia e alle ferie retribuite solo quando sono stata assunta per una settimana tramite un’agenzia interinale! Fino ad allora, quando il contratto terminava, non avevo diritto a niente, se non allo

stipendio pattuito. Anche i contributi e la giornata di riposo sono un optional per certe aziende. Ho lavorato per tre stagioni in un albergo, e non ho avuto mai una giornata di riposo. Anzi, spesso mi capitava pure di restare oltre l’orario di lavoro, e a nessuno è mai venuto in mente che si trattasse di straordinario. Per non parlare di altri furbetti che per non pagarti i contributi ti inseriscono in ditta come stagista a quattrocento euro al mese, lavori otto ore come un’impiegata, ma con meno della metà dello stipendio!». «Anch’io – continua Laura – ho avuto esperienze simili prima di sposarmi, sempre lavoretti precari e sottopagati. Dopo la nascita di mio figlio mi sono voluta fermare per dedicarmi completamente a lui. Ora che Matteo è cresciuto però, mi piacerebbe trovarmi un impiego, possibilmente attinente alla mia laurea in lettere. Il mio sogno sarebbe fare l’insegnante, ma so che ho poche probabilità. Non ho l’abilitazione e non mi posso permettere l’iscrizione ai tirocini formativi. Per il momento mi arrangio nel panificio dei miei suoceri, ma sinceramente vorrei trovare la mia strada, la mia realizzazione personale. Non mi pare di chiedere troppo in fondo. Ho studiato tanto, penso sia anche un mio diritto dopotutto!».

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“Ci facciamo del male da soli…” di Jessica Pavone

ecentemente, nella sala Tinozzi della Provincia di Pescara, si è tenuta la conferenza “Economia del mondo, economia d’Abruzzo e parità di genere”. Al banco dei relatori il presidente della Regione, Gianni Chiodi, ha parlato dell’ economia come figlia della filosofia morale e accennato all’errata gestione delle risorse in passato, che hanno portato la regione a indebitarsi e collassare, poiché, citando Plutarco: “Nessun popolo pieno di debiti è un popolo forte”. Necessari, quindi, i tagli alla spesa pubblica per risanarlo, giorno dopo giorno, dal 2007 al 2013. Mete che si intravedono all’orizzonte, traguardi virtuosi e importanti. Per quanto riguarda la crescita economica

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e il lento riprendersi dalla crisi economica Chiodi non ha dubbi: è necessario l’abbassamento delle tasse. Sia per i cittadini, perché possano “ritrovarsi qualcosa in tasca, da spendere” sia per gli imprenditori, in modo da permettere loro di investire su qualcosa in cui poter riporre fiducia, condizione che oggi manca del tutto, in qualsiasi settore. Piero Cipollone, direttore esecutivo di World Bank, si è concentrato invece sulla situazione mondiale, su quella dell’Europa pre e post crisi e su previsioni future neanche troppo ottimistiche. Per il 2013 infatti non sarà possibile constatare un’effettiva ripresa dalla crisi, ma ci aspetta un lieve miglioramento (si parla del +6% del PIL) per il 2014. “Questo ovviamente - ha specificato Ci-

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pollone - se non succede niente in Europa. Essere un continente saldo e forte non basta, se i capi dei singoli stati continuano a pensarsi come realtà a sé stanti, non amministrando insieme l’Unione”. Infine, accennando alla casistica politica italiana: “Visti da Washington...ci facciamo del male da soli”. Differente dai primi due è stato l’apporto di Letizia Marinelli, consigliera di parità della Regione Abruzzo, che si è soffermata sui problemi relativi al gender nel mercato del lavoro. Mentre dal punto di vista quantitativo la situazione si presenta stabile, quello che preoccupa la Marinelli è il punto di vista qualitativo del lavoro femminile. Difficoltà ad arrivare a posizioni verticistiche e una netta differenza di retribuzione.


di Guido Visconti Direttore CETEMPS -L’Aquila

gni volta che il tempo “esagera”si intona il ritornello dei cambiamenti climatici, dimenticando che è ben difficile stabilire se una variazione climatica è in atto fino a quando non si riesce a guardarla a distanza di decenni. A volte però ci sono sintomi che devono insospettirci. Il caldo di questi giorni è uno di quei sintomi, anche se l’unico fatto anomalo è che esso si è presentato con un anticipo di quasi due settimane rispetto al normale caldo di luglio. Se guardiamo gli ultimi tre anni, ad esempio, i giorni più caldi sono stati fra il 10 e il 24 luglio con temperature massime di circa 35-36 grandi, non diverse da quelle di questi giorni. Naturalmente qui ci riferiamo soprattutto all’Abruzzo. Sembrerebbe trattarsi di una normale estate mediterranea, e quello che viene chiamato anticiclone africano altro non è che l’alta pressione estiva che staziona sul Mediterraneo. Questa alta pressione è la manifestazione di una importante caratteristica della circolazione generale dell’atmosfera della Terra. L’aria che si scalda maggiormente all’equatore tende a sollevarsi e a ricadere in una regione compresa fra il 3035 gradi di latitudine (i cosiddetti tropici). L’aria che ricade a queste latitudini tende a comprimersi generando una zona di alta pressione. In queste regioni difficilmente si hanno delle piogge, e quindi nella stessa fascia di latitudine troviamo la maggior parte dei deserti della terra. La circolazione costituita dall’aria che si solleva all’equatore e quella che ricade ai poli costituisce una specie di anello chiuso che viene detto cella di Hadley, dal nome del suo scopritore. La novità è che, da osservazioni fatte su parecchi anni, sembrerebbe che l’ampiezza di questa cella vada aumentando. Si stima che la sua larghezza negli ultimi trenta anni sia aumentata di circa 5 gradi, ovverossia di circa 500 km come se si fosse spostata dal Nord Africa alla Sicilia. L’espansione della cella di Hadley comporta una permanenza più stabile della zona di alta pressione africana sul Mediterraneo, e quindi estati sempre più calde e meno piovose. E’ questa una delle tante conseguenze del riscal-

damento globale, il fenomeno secondo il quale la superficie della terra si va scaldando progressivamente a un ritmo di circa sette decimi di grado per secolo. Se questo fenomeno fosse confermato nei prossimi decenni il destino della regione del Mediterraneo sarebbe quello di trasformarsi in deserto. Invece sentiamo continuamente ripetere che la regione del Mediterraneo si va “tropicalizzando”: niente di più falso. Se così fosse avremmo estati calde, ma anche piovose, con umidità elevate. Non a caso le regioni tropicali tipiche comprendono la foresta amazzonica o le regioni del sud est asiatico. Purtroppo questa ignoranza la ritroviamo poi nel modo di affrontare i problemi. La nostra società non si rende

È questa una delle tante conseguenze del riscaldamento globale ... la superficie della terra si va scaldando progressivamente a un ritmo di circa sette decimi di grado per secolo... conto che l’impreparazione a far fronte alle possibili conseguenze dei cambiamenti climatici comporta danni enormi. Assistiamo a tentativi quasi patetici di dare consigli agli anziani, e non ci rendiamo conto che la crisi climatica è una delle tante incombenze che potrebbero peggiorare in modo irreparabile la nostra situazione economica. Si pensi solo alle conseguenze che questi fenomeni estremi possono avere sull’agricoltura. In questa situazione si tratta soprattutto di garantire un’informazione corretta, che dia le giuste priorità ai fatti che accadono: il caldo come segnale di cambiamento climatico, e non il bosone di Higgs che aggiunge lustro solo a certe persone. PrimaPagina 27 - lugl. 2012

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ESCLUSIVO Clima

ESAGERAZIONI DEL CLIMA e non solo


Come saranno i mesi da agosto a dicembre 2012 L’estate permane più calda del normale sull’Italia centro-meridionale. Autunno tendenzialmente nella norma. Temperatura Sulla penisola italiana per la seconda metà dell’estate sono previste temperature che si manterranno ancora su valori superiori alla media del periodo, in particolare sulle regioni centro-meridionali e sulle isole, con anomalie che potranno superare i 2°C. Sin dall’inizio dell’autunno si prevede un ritorno a condizioni nella media. A livello europeo l’estate sarà caratterizzata dalla presenza di anomalie positive fino a 3°C sulle regioni più orientali e sulla penisola greca. Precipitazioni Ad eccezione dell’arco alpino, dove permane su tutto il periodo considerato una tendenza a precipitazioni superiori alla media, le precipitazioni sull’Italia saranno in generale leggermente inferiori alla media del periodo. A livelloe si segnalano anomalie precipitative positive sulle regioni continentali e in particolare su quelle dell’Europa orientale.

Cos’è l’ondata di calore Dal punto di visita climatico è un periodo più o meno lungo con temperature abbastanza elevate su un’area geografica abbastanza vasta. Ma termini come “più o meno lungo”, “abbastanza elevate” e “abbastanza vasta” lasciano aperta la porta ad interpretazioni arbitrarie e non univoche. Un’ondata di caldo, ad esempio in luglio, è una situazione con temperature in media (media effettuata sull’area di interesse) superiori a 33 gradi, su un’area che abbracci almeno il 30% della

penisola (Nord e/o Centro e/o il Sud) e con durata superiore a 3 giorni. Perché per luglio è stata scelta la soglia termica di 33 gradi? Perché in luglio la media delle temperature massime giornaliere degli ultimi 20 anni è intorno ai 29 gradi, con una variabilità intorno al valore medio (deviazione standard σ) pari a circa 2 gradi. Questo comporta, secondo la legge probabilistica gaussiana, che in luglio la probabilità di superare di 2σ (ovvero di 4 gradi) il valore me-

dio di 29 gradi - cioè la probabilità di superare i 33 gradi - è del 4.5 % circa, ovvero un evento poco frequente. Per di più la soglia termica di 32.-33 gradi viene indicata dalla Medicina come quella al di sopra della quale il nostro organismo, oltre ad avvertire disagio psico-fisico, tende a scatenare o aggravare alcuni comuni disturbi (ipotensione, tachicardia, insufficienza cardiaca, inappetenza, affaticamento, irritabilità, riduzione delle performances mentali).

Curiosità sul clima Il comportamento medio dell’atmosfera alle alte latitudini dell’emisfero meridionale ha subito sensibili variazioni nel corso degli ultimi decenni. La diminuzione stagionale della colonna di ozono ha superato il 50% nel mese di ottobre durante tutti gli anni ’90 e il fenomeno del “buco di ozono” sull’Antartide ha raggiunto dimensioni record durante la primavera del

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2000. Altri cambiamenti sono evidenti sulla superficie Antartica: la penisola Antartica si è riscaldata di vari gradi negli ultimi decenni, mentre le zone interne del continente sembrano mostrare un trend inverso, con un lieve raffreddamento. Inoltre, c’è evidenza sperimentale della diminuita estensione dei ghiacci nei mari orientali della penisola Antartica. Al

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CETEMPS, modelli atmosferici di circolazione generale vengono utilizzati per individuare le cause e i meccanismi all’origine dei cambiamenti in atto. In particolare ci si è concentrati sull’individuazione di possibili relazioni esistenti tra i cambiamenti climatici antartici e gli andamenti delle temperature superficiali degli oceani tropicali.


I nomi L’idea di affibbiare nomignoli per i fenomeni atmosferici nasce a fine Ottocento. Il primo ad farne uso è il climatologo australiano Clement Wragge, che comincia ad assegnare alle aree di alta pressione i nomi dei suoi amici e alle tempeste tropicali i nomi dei politici più odiosi. Un vezzo condiviso perfino dagli impeccabili meteorologi della Marina Americana che durante la seconda guerra mondiale prendono l’abitudine di dedicare a mogli e a fidanzate un ciclone distruttivo. Fino a quel momento, però, i nomi dei cicloni continuano ad essere scelti per lo più a caso o seguendo solo un criterio alfabetico (Able, Baker, Charlie). Dal 1953 il Servizio meteorologico nazio-

nale degli Stati Uniti decide che le tempeste sono rosa. Solo nomi femminili per uragani e cicloni. In Italia l’inventore del tormentone dei nomi classici per le nuove ondate di caldo è il sito ilmeteo.it il cui direttore, Antonio Sanò spiega: «Abbiamo ripreso la vecchia abitudine dei nomignoli, dandogli però tutt’altro carattere . I nostri appellativi sono simpatici, facili da ricordare, legati alla nostra cultura e scelti a furor di popolo. Per battezzare il caldo dell’estate abbiamo lanciato dei sondaggi nella nostra pagina Facebook e sul sito. Le proposte sono nostre, ma anche degli utenti del forum. Così, Scipione, Caronte e Minosse sono nati con voto democratico».

Comportamenti Tipici consigli che valgono per tutti sono di bere molto, evitare di uscire nelle ore più calde, evitare eccessi di escursione termica usando il condizionatore solo per asciugare l’aria e non per raffreddarla, ma soprattutto scegliere capi d’abbigliamento chiari e leggeri ed evitare le fibre sintetiche optando per lino, cotone o lana. La lana: I beduini del deserto utilizzano lo stesso barracano di lana di capra o di cammello sia contro il gelo della notte che contro la temperatura torrida del giorno. Questa proprietà è dovuta all’aria tratte-

nuta dalle fibre che rendono il tessuto un materiale termoisolante. Siesta: Una siesta è un breve sonnellino fatto nel primo pomeriggio, spesso dopo pranzo. È una tradizione comune in alcuni paesi, in particolare quelli in cui il clima è molto caldo. La parola siesta in spagnolo deriva dal latino hora sexta (sesta ora a partire dal mattino, quindi “mezzogiorno di riposo”), ed è un’abitudine a volte forzata poiché nelle ore di caldo torrido è difficile, e pure dannoso per la salute, poter lavorare o fare del movimento.

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[intra]VISTO?: Ferdinando Di Paola

“Ci Ci sarebbe molto da dire e da fare” di Daniela Palantrani

erdinando Di Paola, attualmente si definisce “nonno a tempo pieno” ha avuto una vita politica attiva, quasi frenetica, ed una notevole esperienza come amministratore. Come è cambiata Teramo negli ultimi anni? “La differenza tra ieri e oggi è che in passato ognuno aveva le proprie idee ed ideali e tutti contribuivano al dialogo, spesso molto acceso, ma sempre costruttivo. La prima sede di confronto era la sede di partito, nel mio caso la Dc. Ogni proposta, che riguardasse la crescita della città, un problema viario o sociale, veniva dibattuta a lungo e con accanimento. Sempre però si arrivava ad una sintesi. E’ questo era davvero molto importante. Quando poi, ci si trovava a deliberare in consiglio comunale il discorso diventava più semplice, avendo avuto il contrasto a monte. Sono convinto che ognuno di noi abbia delle idee, alcuni più altri meno, ma tutti contribuiscono alla formazione e al miglioramento del risultato. Una volta nel confronto ognuno riusciva a cedere un po’ sulle proprie posizioni per il bene superiore e comune. Il dialogo era parte essenziale di un discorso politico. Questo avveniva perché noi, che oggi siamo anziani, venivamo da un altro tipo di vita, da un altro concetto di rappresentarci. Uscivamo tutti da una guerra ed eravamo tutti figli di gente che aveva dovuto patire molto per poter sopravvivere. Ci si contentava del poco che si aveva, si rinunciava al superfluo”. Oggi molti si improvvisano amministratori. La formazione in passato era importante? “Nessuno di noi era improvvisato. Dico questo, forse sono migliori gli uomini di oggi, ma noi venivamo tutti da un percorso e da una scuola lunga e severa. Io venivo dalla parrocchia, dal ricreatorio e dal sociale, sono stato anche presidente delle Acli, un tempo realtà molto importante. Mi occupavo di artigiani, ho diretto un ente mutualistico di artigiani. Di conseguenza, ero inserito in un contesto non di élite, ma sicuramente concreto, di gente comune. Il tutto si consolidava, sempre, nelle sedi di partito. Oggi i partiti

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non esistono più. Noi, di vecchio stampo, credevamo in qualcosa, io di formazione cattolica credevo in un certo tipo di vita. Ognuno aveva i propri ideali, chi di formazione socialista, chi comunista. Spesso avversari politici, ma solo politici. Nel quotidiano ci si stimava e rispettava profondamente. L’opposizione era una classe politica molto preparata e seria, che sulle singole pratiche prese in esame in consiglio comunale, preparava argomentazioni valide. I consigli comunali potevano protrarsi per ore. Nelle amministrazioni prevaleva il dialogo, sintesi del pensiero di ogni partito e non esigenza di ogni singola persona”. Oggi si ha difficoltà nella comunicazione? “Oggi, credo ci sia più superficialità. Non è mia intenzione essere invadente, e mi reco in Comune solo se invitato. Quando mi è capitato di incontrare l’attuale sindaco, mettendo la mia esperienza a disposizione, sono stato ringraziato, ma la sensazione è che dall’altra parte si pensi sempre ad una ‘invasione’ poco gradita, anziché ad

un’opportunità di crescita. Ci sono determinati argomenti, questa era la nostra sensibilità, che andrebbero discussi con la città. Problemi, oggi affrontati con molta leggerezza, che cambiano anche il volto della città o di un quartiere. Non è possibile prescindere dal parlare con chi la città la vive quotidianamente. Queste problematiche andrebbero sviscerate con la gente. Non si può concepire uno stravolgimento, come ad esempio quello di Piazza Garibaldi, prescindendo dal confronto con gli elettori, che poi si trovano a vivere in una città di cui non hanno scelto il volto. Io, innamorato della fontana, ancora la rimpiango. Da ragazzino, ricordo, ci sedevamo la sera sul bordo cercando di sfuggire la calura. Si passavano le ore in compagnia, mangiando il cocomero. Adesso i ragazzi, purtroppo, sono impegnati in altro. Gli amministratori dovrebbero avere più senso civico: avere la capacità di interpretare veramente quello che è lo spirito e il pensiero dei singoli cittadini”. La politica è personalistica? “Tra qualche mese si dovrà tornare alle urne, e allora ci accorgeremo che manca la formazione. E’ inutile cambiare nome ad un partito, gli uomini sono sempre gli stessi da trent’anni. Molte delle persone che oggi ricoprono cariche di rilievo stanno già pensando a come fare per mantenere una poltrona. Candidarsi non è questo. C’è chi, pur di riemergere, per esempio, cambia partito, ma questo significa non avere punti fermi. Bisogna però essere ottimisti. Mi auguro, e lo dico con forza, che molti giovani sappiano esprimersi e conoscano i fatti meglio di noi. Basta scovarli e dare loro la possibilità di mettersi in vista. A livello nazionale, regionale e locale la salvezza può essere rappresentata da una nuova classe politica”.

Chi è Nato a Bojano (CB) il 14/03/1928; consigliere comunale dal 1956 al 1960; vice sindaco (primo cittadino Gambacorta) dal 1960 al 1969; sindaco per due consiliature dal 1969 al 1979; già presidente della CCIAA. foto: Ferdinando Di Paola

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foto N. Arletti: corso S. Giorgio di Teramo PrimaPagina 27 - lugl. 2012

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La Città “perduta” di Tiziana Mattia

ccola qui la città romanticamente (nell’accezione culturale del termine) “disconosciuta” da Walter Mazzitti nel numero scorso di PrimaPagina. L’abbiamo raccolta, questa città “perduta” e consegnata, così come l’avvocato (pur sempre teramano?) l’ha raccontata, ad alcuni autorevoli personaggi locali, sollecitando il loro intervento. Giacché di molti di essi (e ne sentiamo la mancanza) non abbiamo sovente la possibilità di ascoltare il parere. La Teramo di Mazzitti appare un contenitore di strade (molte malconce), tra le quali si aggirano persone senza una precisa identità. C’è il rammarico del tempo perduto. Di ciò che c’era e non c’è più, fino ad essere riassunta con un aggettivo: “incafonita”. Per colpa, a dire di Mazzitti, di una politica avvinghiata a se stessa, e sorda a qualunque confronto o dibattito. Quella politica della quale l’avvocato ha fatto parte (come esponente di Forza Italia) e che ha sortito effetti lusinghieri (tuttora, per lui) nella Capitale. E’ vero, la città non è un granché allo stato attuale. Sempre alla vana ricerca di un’identità che forse non acquisterà mai, a prescindere da chi siede o siederà sugli scranni di Piazza Orsini. Ma non lo è stata neppure in passato. Neppure in quegli anni Settanta, richiamati alla memoria. Magari in più saltellava (inevitabilmente) la giovinezza, vogliosa di imitare i fortunati metropolitani. E la smania di conoscere, leggendo, di informarsi, e di auspicare il confronto sui libri o ascoltando i veri “maestri”. Che c’erano, nei vari campi, sapendoli cercare. Oggi sono quasi del tutto scomparsi. Condannati, i pochi rimasti, all’emarginazione dai tuttologi del nuovo secolo. Ma questa non è una vicenda teramana. E’ la storia del tempo mutato, malamente per molti, del cosiddetto (tanto per usare un termine obsoleto) “progresso”. Nel 2003, l’allora sindaco e attuale governatore della regione, Gianni Chiodi, in un suo intervento, in occasione della presentazione del progetto Cult, nella Sala San Carlo, a Teramo, dichiarò: “Se Teramo vuole vincere la sfida della competitività deve puntare sulla creazione di un ambiente favorevole per la collaborazione delle imprese tra di loro e con il mondo dell’Università e della ricerca, un ambiente favorevole all’imprenditorialità, un ambiente favorevole all’internazionalizzazione. Ma per quanto importanti, la ricerca, l’innovazione tecnologica, l’internazionalizzazione sono soltanto una faccia della medaglia. L’altra, è la cultura”. E aggiungeva, spiegando: “Cultura non nel senso riduttivo del cosiddetto turismo culturale, ovvero di una concezione limitata all’intrattenimento e al tempo libero. Per Teramo, il ruolo della cultura deve andare molto al di là dell’ intrattenimento turistico. Il ruolo della cultura non si deve esaurire nel passatempo più o meno colto, ma va cercato anche e soprattutto nella sua funzione di motore sociale in grado di suscitare e trasmettere senso di identità. (…) Ed allora dobbiamo, tutti insieme, ritrasformare Teramo in una città culturalmente viva, dinamica, propositiva, internazionale, in grado di offrire ai residenti e sopratutto ai più giovani continue opportunità di esperienze intellettualmente stimolanti che possano spingere ad investire di persona in nuove competenze (…). Invece accade purtroppo che si guardi solo e soltanto al passato, all’esistente, ai ricordi, alle cartoline, ai tempi andati, alla valorizzazioni delle tradizioni locali ed ai prodotti tipici. Per noi questi sono punti di partenza non di arrivo”. Mai stato romanticamente (nel senso letterale del termine) nostalgico Chiodi. Non lo appare Mazzitti (nello stesso senso). Entrambi, in comune, hanno, però, l’evidente (per ora) presa di distanza da Teramo. Per impegni –e ambizioni- diversi. Si dice che più ci si allontana dalla “statua” e meglio la si osserva. Nell’insieme, forse. Ma i particolari – che poi sono quelli che fanno la differenza.- sono offuscati. Dunque, continuiamo a confrontarci sulla città, che è la nostra. PrimaPagina ha aperto, dall’inizio, le sue pagine a tutti. Facciamone buon uso.

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foto G. Michini: il chistro della chiesa di Sant’Agostino

“Lunga la lista delle occasioni perdute” di Marcello Martelli giornalista-scrittore

aro direttore, mi chiedi una opinione sui durissimi giudizi espressi dall’avv. Walter Mazzitti nel precedente numero di “Prima Pagina” in merito alle condizioni e alle prospettive di Teramo. Difficile non condividere gran parte delle tesi sostenute, ricordando uomini e fatti di questo ultimo ventennio. Dopo il tramonto della vecchia Dc (che qui, com’è noto, vantava forse la sua roccaforte più solida e importante), la città si è sviluppata ed è sicuramente cresciuta. Ma senza il supporto, purtroppo, di un livello culturale e qualità della vita adeguati. Tutto si è compiuto all’insegna dello spontaneismo e del giorno per giorno, spesso indice di un incamminarsi verso il caos e il declino. A cominciare dalle tre principali piazze storiche del centro cittadino: Piazza Martiri, Piazza Dante e Piazza Garibaldi, che ora fanno da “termometro” al clima che si respira e si vive in città. Grandi spazi snaturati negli anni, in funzione di un utilizzo sbagliato e complessivamente negativo. La prima, Piazza Martiri, è ormai una passerella permanente di eventi d’ogni tipo, stracolma di gente e frastuono, fino a perdere e cancellare i requisiti di quella che, ormai solo a tratti, torna ad essere una gran bella piazza. Più avanti c’è la “nuova” Piazza Dante, imbottita di auto sopra e sotto, con la costruzione di un assurdo parcheggio sotterraneo. Infine, nelle

vicinanze, Piazza Garibaldi (forse la più saccheggiata e sfortunata fra le tre), dove promettono che verrà presto collocato un auditorium interrato (e proprio nel punto in cui il traffico urbano diventa più caoticamente insidioso). Così cresce la città, la nostra, seguendo un tracciato e un disegno difficilmente comprensibili, pensati non si sa da chi. Forse, estratti dai bussolotti del caso? Ma restiamo a Piazza Garibaldi, per chiedere (ammesso che qualcuno voglia rispondere): se doveva cambiare qualcosa, in quella piazza, non era preferibile realizzarvi una galleria sotterranea? Con due o tre obiettivi sicuramente raggiungibili: per dirottarvi tutto il traffico che ora scorre (si fa per dire) in superficie; per restituire lo spazio ai pedoni, ospitando attività ricreative e culturali in una preziosa zona-vetrina del centro-città. E l’auditorium? Avrebbe potuto trovare più facile, idonea collocazione (e respiro) in uno dei tanti edifici dismessi e abbandonati sparsi per Teramo (alcuni davvero meritevoli di urgente recupero e valorizzazione). Altro tasto dolente, quello di una città con tanti giovani laureati e zero prospettive di lavoro. Problema italiano, non solo locale. Per quanto ci riguarda, il peccato d’origine è che si vive in un capoluogo di provincia privo di una propria “vocazione”, necessaria per orientare e determinare crescita e sviluppo. Turismo, cultura, commercio? Che città è, la nostra? Abbiamo una

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1-dell’Università, al servizio delle cattedre e delle carriere, più che degli studenti e del merito; 2-del Ruzzo, carrozzone politico-clientelare per raccomandati e tariffe alle stelle per un’acqua dal sapore di cloro, che costa più del vino; 3-di una città che si va disgregando e senza possibilità di recupero. Un pessimismo che, concludendo, non vorrei condividere. Ma occorre una buona dose di residua fiducia per credere che le cose possano cambiare velocemente, in una città che ora esprime il massimo del potere politico qui e in Abruzzo. L’appello va a quanti hanno in mano le redini di governo- in assenza di una forte, salutare e determinata opposizione-, i quali dovrebbero imporsi di ripensare (e subito) il rapporto con la città e i cittadini, mediante una corretta meditata lettura della realtà che li circonda. Senza autocelebrazioni fuorvianti e alla luce, per capirci, di una politica rinnovata e del buongoverno.Vuol dire affidarsi ai miracoli? Forse sì, ma se c’è chi conosce una strada migliore, si faccia subito avanti per indicarla a tutti noi sfiduciati e non..

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“NON È FAVORITA DALLA SORTE”

connotazione e un marchio distintivi? Siamo stati bravi solo nel trascurare, non valorizzandole, alcune delle eccellenze che erano il tradizionale fiore all’occhiello del territorio. L’artigianato, per esempio (vedi alla voce rame, merletti, ferro battuto, ecc), ma persino la enogastronomia, che altre città in Abruzzo ora sanno proporre (e vendere) meglio di noi. Qui ci sarebbe da approfondire (e mi riservo di farlo in altra sede) lo scandalo dei soldi pubblici regalati a fiumi per corsi di formazione inutili e truffaldini. E c’è di più… Negli anni ’80, la nostra provincia era assurta a Eldorado della piccola e media industria italiana, grazie a un “miracolo economico” portato ad esempio nei rapporti Censis e negli studi degli economisti più autorevoli. Un fenomeno straordinario, che non ci è servito però per prevenire i colpi della crisi, causa la lentezza e i ritardi con cui abbiamo affrontato un mondo in cammino verso le nuove sfide della globalizzazione. Insomma, abbiamo dormito sugli allori, con i soliti notabili inamovibili e bravi a riscaldare le poltrone. L’ “università autonoma” ci è stata data, ma fin troppo staccata dalla città e dal mondo del lavoro, come se dovesse servire solo come fabbrica di neo-dottori disoccupati. Il tutto in un contesto civile e culturale carente di “dibattito e confronto”, cioè di contenuti e valori. Come non ammetterlo? Con i soliti pochi sapienti a decidere per tutti, anche quando erano in ballo scelte decisive e strategiche. Anzi, “il dibattito”, forse, non è mancato. Di chiacchiere se ne fanno a sufficienza, specie in una città di sordi. Ma a pontificare sono sempre i soliti, pensando all’unisono, e senza quei sani contributi decisionali che possono scaturire solo da un vero e libero confronto. La tendenza è di ignorare i “non allineati”, ghettizzando chi “non è dei nostri”. E se, fra questi, qualcuno osa una opinione dissenziente (come personalmente mi è capitato, per esempio, nei vari interventi sul Premio Teramo, Piazza Dante, Piazza Garibaldi, colline distrutte dal cemento intorno alla città, ecc.), scatta puntualmente un avvolgente silenzio tombale. Trattamento riservato all’avv. Mazzitti e a ogni maldestro molestatore dei soloni che, in città, esercitano i pieni poteri per… sbagliare da soli. Senza perdite di tempo in dibattiti e scambi di opinioni che non siano all’insegna del “detto fra noi”. Con i risultati che si vedono in giro, in un capoluogo in sostanza sciatto e decadente. Come quell’impressionante disco volante atterrato recentemente a Piazza Garibaldi vuol simbolicamente testimoniare. A futura memoria. Mazzitti analizza altri aspetti negativi:


di Nicola Palma Avvocato

aro direttore, accetto il tuo invito –dovuto, credo, all’antica amicizia che ci lega sin dai tempi del liceo -a esprimere la mia opinione, di cittadino comune, sulla attuale situazione della nostra Teramo. Purtroppo Teramo non è favorita dalla sorte, rispetto a tante altre cittadine della provincia centromeridionale, se non per la ottima posizione geografica rispetto al mare e alla montagna e per le deliziose colline che la circondano. Nessuna tradizione di artigianato

Come vedo la mia città, così com’è oggi? Come non certo la migliore città possibile, ma come una normale città di provincia, con i pregi e i difetti conseguenti...

qualificato o nessuna presenza di monumenti eccelsi la rende appetibile meta turistica (ovviamente con l’eccezione della Cattedrale), né la presenza di manifestazioni culturalmente valide o di antica tradizione migliora la situazione. Un esame obiettivo della situazione, con riferimento a quella che fu la situazione negli anni precedenti implica il riconoscimento delle premesse: la nostra città non ha mai brillato di luce propria negli ultimi due secoli ( e fisso tale intervallo di tempo tenendo per buone i tradizionali appellativi di “Atene

foto G. Michini: resti dell’anfiteatro romano PrimaPagina 27 - lugl. 2012

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del regno” , secondo J. Acton e di “dotta” nella popolare esemplificazione delle, allora 3 provincie abruzzesi “L’Aquila la ricca, Chieti la nobile, Teramo la dotta”). Come vedo la mia città, così com’è oggi? Come non certo la migliore città possibile, ma come una normale città di provincia, con i pregi e i difetti conseguenti. E se la rapporto alla Teramo della mia infanzia, con tutti i cambiamenti, grandi e piccoli, intervenuti, il giudizio non cambia. Asfittica dal punto di vista turistico e culturale allora, non brilla oggi. Più aperta verso il mondo, grazie alla realizzazione della autostrada A 24, che ci ha tratti fuori da un isolamento plurisecolare, e della A14 che ci ha consentito di raggiungere più agevolmente il nord e il sud Italia. Meno provinciale grazie all’Università, da sempre volano della piccola economia locale e preziosa per aver richiamato qui migliaia e migliaia di ragazzi dal resto del Paese e anche, con il progetto Erasmus, dall’estero. Concentrerei, se mi è permesso, focalizzare il mio intervento su due specifici argomenti: stato della città dal punto di vista della vivibilità e dell’aspetto; stato della cultura. Qualità della vita…….ammesso che sia facile utilizzare tale espressione in maniera universalmente condivisa, forse rispetto agli anni ‘70 peggiorata, ma solo nel contesto delle mutate condizioni generali. L’inquinamento che non si conosceva allora, anche oggi, ove si eccettui la presenza dei prodotti della circolazione dei veicoli a motori, non mi risulta un vero problema; servizi ai cittadini migliorati di sicuro. Non in linea – forse- con le virtuose provincie del Nord o centro Nord, ma accettabili, ove si tenga presente il gap reddituale esistente. Criminalità e microcriminalità assenti o quasi, quindi una città vivibilissima, come lo era 40 anni fa, una perfetta città per pensionati e bambini, come si soleva dire. Diverso potrebbe essere il giudizio in merito all’aspetto della città oggi, ma bisogna tenere presente sia le diverse esigenze createsi nel corso degli anni, sia il fatto che cambiamenti-anche discutibili o impattanti oggi- potrebbero rivelarsi una buona scelta nel futuro. Partendo dalla demolizione dell’ “Arco di Monsignore” che tante polemiche provocò nel 1970- ma che ha restituito al più notevole monumento cittadino la sua originalità- alla trasformazione di un brutto parcheggio (la parte sud di Piazza Martiri della Libertà) in un angolo vivibile con una simbolica fontana e un olmo),

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fino a giungere agli ultimi due, discussi interventi su Piazza Garibaldi e Piazza Dante, semmai potrebbe osservarsi che gli interventi non sono stati poi molti, e, comunque, non hanno modificato in modo significativo la città. Notevole e da appoggiare al di là degli interessi personali, sarebbe la pedonalizzazione totale del centro, con la conseguente creazione di più vasti parcheggi al di fuori delle mura. Sotto quest’ottica vedo positivamente la creazione del parcheggio di Piazza Dante- senza entrare nel merito delle soluzioni tecniche e dei problemi a esse collegate- anche tenendo presente che la detta Piazza non è tra le Piazze storiche di Teramo ( mi sembra di ricordare che fu creata nei primi anni del ‘900). La costruzione della Sala Ipogea di Piazza Garibaldi – anche qui senza entrare nel merito dell’opportunità della medesima, dei costi, dei finanziamenti e della realizzazione- mi lascia, invece, scettico, non tanto per la rimozione della fontana

Il primo grande scoglio da superare è proprio il significato della parola “cultura” oggi. Credo sia palese che negli ultimi 40 anni sono cambiati gli scenari generali: come definire un evento” culturale” oggi? E chi definisce cosa sia “cultura” e cosa non lo sia?... preesistente- che peraltro, se non vado errato, era stata spostata lì dalla attuale Piazza Martiri della Libertà nel primi del ‘900-quanto per il fatto che la struttura stessa sia eccentrica rispetto al centro della città e che gli usi previsti siano generici. Certo, molte cose andrebbero e potrebbero essere migliorate, con poca spesa, rendendo più piacevole anche il passeggio cittadino: maggiore manutenzione della pavimentazione, in condizioni deplorevoli o scandalose in molte vie centralissime, nella rimozione

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della struttura di acciaio e vetro a Piazza S.Anna, con la restituzione alla cittadinanza di uno spazio da adibire a verde (visto che la Piazza è lastricata….), stante anche il discutibile valore attrattivo degli scavi, non fruibili e non eccezionali e la riapertura al pubblico uso di parte dei giardini a Piazza Madonna delle Grazie, chiusi (anche alla vista) da oltre 30 anni. Stato della cultura,.e qui il mio intervento potrebbe degenerare divenendo prolisso. Il primo grande scoglio da superare è proprio il significato della parola “cultura” oggi. Credo sia palese che negli ultimi 40 anni sono cambiati gli scenari generali (e gli interessi personali): come definire un evento” culturale” oggi? E chi definisce cosa sia “cultura” e cosa non lo sia? Debbo, quindi, limitarmi alla accezione comune del termine ( accezione datata…. come me, del resto). Negli anni ’70, ricordo il Premio Teramo (che di sicuro era ancora esistente pochi anni fa e forse ancora oggi?) seguito da pochissimi studiosi e appassionati locali e con un certo rilievo nazionale. Ricordo il Giugno Teramano, che nell’ambito di manifestazioni tese alla promozione turistica, includeva anche una stagione lirica; ricordo i saggi del Liceo Musicale, qualche rarissima rappresentazione teatrale e qualche, ancor più raro, concerto. Forse un laboratorio teatrale. La situazione attuale mi appare molto più dinamica, certamente per merito di pochi, ma l’importante è il risultato. Un laboratorio teatrale nato e prosperato grazie all’impegno del fondatore e di pochi altri entusiasti ( Spazio 3); un’associazione che ha riportato (anzi creato) una stagione teatrale e musicale (Primo Riccitelli); varie associazioni culturali che, nei vari campi hanno sviluppato il panorama cittadino (Amici della Delfico; Teramo Nostra). Anche dal punto di vista strettamente istituzionale il restauro del Palazzo Delfico e la conseguente realizzazione della sala polifunzionale, nonché il trasferimento della Biblioteca Provinciale dai locali bui e degradati del liceo, hanno di sicuro dato nuova vita alla istituzione. Lo sviluppo del Museo Civico (pinacoteca) una volta perennemente chiuso e mai fruito, e la creazione del Museo archeologico, sono sicuramente eventi altamente positivi. Quanto poi questi ( positivi) fenomeni siano il risultato di impegni personali e privati e non pubblici, non so dirlo, però sono realtà positive, introvabili e inimmaginabili negli anni ‘70.


“Lasciamo almeno la speranza ai giovani” di Michele Ciliberti Dirigente scolastico

o letto con attenzione e interesse l’intervista all’avv. Walter Mazzitti: “Non ti riconosco più”. Già il titolo lascia presagire il contenuto che, pur fondato su dati reali, appare troppo pessimistico. Io non vivo a Teramo, ma seguo con una certa partecipazione gli eventi della provincia e, particolarmente, del capoluogo. Ho appena presieduto una commissione degli Esami di Stato in un Istituto teramano, ebbene gli studenti mi hanno fatto intravedere passione e fiducia verso il futuro. Se noi, ogni giorno, bombardiamo il territorio con visioni horror, non vedremo mai sbocciare un sorriso sul viso di qualcuno. Non è il sorriso in sé che bisogna diffondere, poiché, come si diceva in romanesco antico, risus abundat in ore stultorum, ma il significato di quel lampo che squarcia le tenebre della notte e lascia al naufrago la speranza di raggiungere la riva, riacquistare le forze e ripartire. I problemi affrontati nell’intervista sono molti, seri, importanti e coinvolgenti. Capisco che vedere il proprio paese perdere lo smalto di una volta fa male, però è anche molto triste una sentenza simile: “non c’è possibilità di recupero”! Il tempo, invece, che “con sue fredde ale vi spazza fin le rovine”, renderà giustizia degli errori passati. Lasciamo in eredità ai giovani almeno la speranza di lavorare per il futuro. Bisogna contare e investire molto sui giovani. È vero che l’università non garantisce più il lavoro, ma senza università il lavoro diventa miraggio. In quanto alla politica, un’analisi più approfondita va fatta. I vecchi partiti

foto V. Lisciani Petrini: Castello Della Monica PrimaPagina 27 - lugl. 2012

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politici, allora nuovi, hanno ricostruito lo Stato dalle macerie del secondo conflitto mondiale e dal ventennio di dittatura, riaggregando la Nazione e dando consapevolezza e coscienza civile ad ogni cittadino. Oggi c’è bisogno di una scossa simile: nuove formazioni politiche che abbiano il coraggio di abbattere il vecchiume e di edificare il nuovo. Per fare ciò occorre credere nei giovani: non basta presentare all’università un problema o coinvolgerli su di una tematica. Bisogna cominciare prima, dalla scuola secondaria di I e di II grado, poiché, contrariamente a quanto si possa credere, questi ultimi vivono il territorio, sentono i problemi e, se adeguatamente informati, hanno facoltà di educare gli adulti al nuovo. Gli universitari, invece, vivono spesso goliardicamente, sono fuori sede e, pertanto, non hanno a cuore i problemi del posto, o pensano solo ai propri interessi immediati. Un’ultima osservazione mi spinge a

L’errore, invece, sta tutto nel fatto che l’Università è risultata molto staccata dal territorio... considerare e a riflettere sull’autonomia dell’Università teramana. Forse i tempi erano più che maturi per tale evento e credo sia stata cosa buona e giusta. L’errore, invece, sta tutto nel fatto che l’Università è risultata molto staccata dal territorio. Si pensi, per un attimo, alle grandi opportunità avute con lo sviluppo enorme e straordinario della Val Vibrata e della costa teramana. Come docente in un liceo di provincia, insieme con altri colleghi, percepivo il divario tra lo sviluppo economico del territorio e quello culturale. Da qui la necessità di fare di quel liceo un vero polo di promozione e di sviluppo culturale e sociale e di rivalutazione dei beni storici, artistici e dell’artigianato locale. Là dove non arrivava l’università, si sfruttavano tutte le risorse umane e materiali disponibili. Il liceo scientifico di Nereto è nato proprio da questa esigenza; il liceo linguistico dallo sviluppo turistico della costa e dalle richieste dell’associazione degli albergatori. Lavorare in sinergia rende: allora, si faccia pure il mea culpa, ma non si resti solo con il capo cosparso di cenere.

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foto V. Lisciani Petrini: Monumento alla Resistenza


“DALLA POLITICA PORTA A PORTA AI QUESTUANTI DI FAVORI” di Giuseppe Profeta* Professore emerito di Scienze demo-etno-antropologiche -UnivAq

uelli che viviamo sono tempi decadenti, simili ad altri nel corso della storia. Come l’impero romano cadde sotto il peso della sua stessa grandezza, così oggi assistiamo al progressivo, inesorabile nichilismo a cui conduce il consumismo estremo. Il superfluo ci ammazza. Il mio distacco da un modello di società che non mi appartiene nei principi ispiratori, morali, sociali e relazionali nasce dalla consapevolezza che non è più il valore della persona, il suo senso di responsabilità, a garantire la sincerità e l’onestà delle azioni. Non si mantiene più la parola. La discesa morale e sociale è osservabile soprattutto in politica, dove ad una vasta elargizione di promesse non corrisponde il rispetto delle aspettative sociali. Se in passato i politici andavano “porta a porta” a chiedere consensi, oggi la situazione è invertita e sono loro che ricevono file di “questuanti” in cerca di favori, posti di lavoro o soluzioni di problemi. Raramente vengono mantenute, ma la forza psicologica delle promesse è ancora molto importante. Anche la mancanza di sicurezza o di riferimenti chiari contribuisce alla debolezza psicologica soprattutto nei giovani, che si sentono disillusi, scoraggiati, depressi. Mai come in questo periodo la psicologia e la psichiatria cercano di dare risposte, con le parole o con la chimica, ai disagi giovanili. I miei ricordi teramani riguardano soprattutto il mondo universitario. Sono stato il primo Preside della facoltà di Scienze Politiche, eppure all’inizio ne avversai la scissione dall’ateneo di Chieti, ritenendo che Teramo non fosse adatta a sostenere tre facoltà. E anche perché, a mio avviso, il progetto nasceva da interessi personali della classe politica del tempo. Negli anni ‘70 l’ambiente universitario era molto politicizzato e la cultura prerogativa quasi esclusiva della sinistra. Oggi invece, forse scoraggiati dal basso profilo raggiunto, i giovani disinteressati rifuggono la politica, mentre i professori la vivono in modo ondivago. Questo clima non riguarda solo Teramo, fa parte del contesto globale. Tuttavia, tra gli aspetti che hanno avuto evoluzione positiva trovo molto utili le nuove tecnologie informatiche che consentono di studiare e di formarsi in modo diverso, sicuramente meno faticoso e più accessibile a tutti. Ed è in questa speranza di un migliore e più ampio approccio alla conoscenza, alla ricerca e all’impegno che riesco a ritrovare la stessa spinta ad andare avanti, che aveva chi nasceva povero, ma ricco di sogni e di progetti da realizzare.

* Testo raccolto da Mira Carpineta PrimaPagina 27 - lugl. 2012

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“Quando a parlare (e a pagare) è il cittadino” di Francesco Benedettini Ingegnere- Docente Università de L’Aquila

l tema lavori pubblici, qualità urbana e sicurezza, riveste a mio parere (che è quello di un tecnico) un carattere strategico: è difficile vivere bene in una città ove queste caratteristiche venissero meno. Teramo si muove, muta alcune sue caratteristiche, migliora evidentemente in alcune direzioni, paga purtroppo, per ragioni assolutamente inspiegabili, dei tributi al miglioramento e al progresso che non dovrebbe pagare. Che il problema del traffico fosse sostanzialmente insolubile, al di là di vari Piani del Traffico succedutisi in vorticosa successione fino a che un cambiamento radicale non fosse intervenuto appariva, ai tecnici ed a tutti i cittadini accorti, cosa ovvia. La nuova viabilità denominata Lotto Zero, che dopo una gestazione ventennale, ha visto la luce pochi anni fa, era attesa da alcuni come l’unica possibile soluzione, paventata da altri come un’opera troppo aggressiva nei confronti dell’ambiente fluviale sul quale si sviluppa

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il suo tracciato. Al di là di questa insuperabile polemica (gli uni non accetteranno mai le ragioni degli altri e così il viceversa), occorre chiedersi se un intero quartiere dovesse pagare un prezzo così caro al progresso, se circa una decina di edifici dovessero essere compromessi e, soprattutto, se questo prezzo fosse realmente necessario da pagare. Bene, la risposta è certamente no. Eppure questo prezzo lo si è pagato e le misure di mitigazione dei danni, come sempre accade, sono così tardive che quantunque arrivassero non sarebbero più sufficienti, in ogni caso, a svolgere il ruolo di mitigazione. A cosa è dovuto tutto questo? Come sempre questi grossolani errori sono dovuti alla prepotenza di chi opera nei confronti di chi osserva e generalmente subisce. Le ragioni di chi teme paventando scenari di rischio, vengono sempre percepite come foriere di inutili perdite di tempo ed anzi forniscono agli operatori, siano essi

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tecnici o politici, una ragione in più per affondare con prepotenza la spada, quasi a ribadire un primato di chi può (ed opera, e governa) su chi non può (ed osserva e subisce). Eppure sarebbe bastato poco, forse semplicemente una piccola dose di umiltà e si sarebbero potuti prevenire gli inconvenienti che invece, una volta provocati incombono pesantemente ed in forma permanente sulla città. Pazienza. Altro esempio di questo errato e preconcetto modo di pensare e di operare è stato la costruzione del parcheggio interrato di Piazza Dante (e torno su un tema a me purtroppo caro). Quella che a suo tempo il comitato Piazza Dante aveva definito un’opera inutile, pericolosa ed impattante a soli pochi anni dalla sua inaugurazione si è rivelata esattamente quale paventato. Inutile poiché non ha apportato alcun beneficio apprezzabile alla situazione parcheggi della zona, anche a piano a raso ancora parcheggiabile. Pericolosa non solo per


foto V. Lisciani Petrini: zona Porta Romana

chi l’ha subita, ma forse anche e soprattutto per chi l’ha voluta. Certamente così fortemente impattante che alla fine dei giochi la città si è vista imporre la assurda ed irragionevole soluzione dell’accesso al parcheggio che ha comportato, per la costruzione delle rampe, la chiusura dell’accesso principale a Piazza Dante dal largo prospiciente la chiesa dei Cappuccini. Nonostante il comitato avesse indicato in un parcheggio al di sotto dei Tigli la soluzione alternativa e sostenibile a questa insostenibile opera, poiché l’indicazione veniva dal cittadino qualunque e non da chi opera e governa, non è stata affatto presa in considerazione. E così abbiamo una piazza senza il giardino superficiale promesso ai cittadini (a causa di problemi economici che immagino abbiano fatto prorogare sine die il tempo di sfruttamento a parcheggi del piano a raso), una piazza segmentata e segnata da decine di muretti disomogenei in forma e funzione, una

Al di là di questa insuperabile polemica (gli uni non accetteranno mai le ragioni degli altri e così il viceversa), occorre chiedersi se un intero quartiere dovesse pagare un prezzo così caro al progresso, se circa una decina di edifici dovessero essere compromessi...

piazza con grate per l’areazione non adatte allo scopo e deformate dai carichi, tanto da dare oggi origine a zone off limits, una piazza con un accesso pericoloso ove pedoni reticenti percorrono la via stretta di pertinenza delle sole auto, ed infine un parcheggio interrato con un accesso al sottosuolo, soprattutto quello destinato ai privati, molto complesso tanto che più di un’auto ha lasciato la propria vernice su una impertinente colonna in calcestruzzo. Ancora pazienza. Veniamo infine ad un tema sociale e di grande impatto. Teramo ha subito nel 2009, in forma molto più contenuta della città dell’Aquila, il sisma del 6 aprile. Nonostante la maggiore distanza epicentrale, a causa di una qualità urbana generalmente meno buona di quella aquilana, molte abitazioni sono state danneggiate e, tra queste, talune dichiarate inagibili. Due sono le osservazioni più allarmanti:

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La prima riguarda i tempi assolutamente incongrui della finalizzazione delle pratiche di rimborso da parte dello Stato ai cittadini per la riparazione dei danni subiti. A causa di una filiera oltremodo complessa, a causa della insufficienza di personale tecnico degli organi di controllo (Ufficio LLPP Comunale, Uffici Provinciali ex Genio Civile), le pratiche, il cui iter è partito più di tre anni fa non hanno generalmente avuto finalizzazione. Molte abitazioni lesionate continuano a degradare, molti teramani non possono ancora riabitare le proprie case. Preso atto della situazione, quello che ci si aspettava dai dirigenti degli uffici preposti alla disamina delle pratiche era una certa risolutezza ed un atteggiamento rivolto alla finalizzazione dei lavori di riparazione. Invece in molti casi il colloquio con gli uffici è lento e snervante, e nessuno conosce i tempi di un positivo auspicabile esito delle richieste. Ancora, purtroppo, pazienza. La seconda più seria osservazione riguarda la vulnerabilità in senso territoriale del patrimonio edilizio esistente. Causa un corpo normativo che fino a quasi la metà degli anni ’80 considerava Teramo territorio non sismico, la quasi totalità degli edifici è stata realizzata senza alcuna accuratezza rivolta ad assicurare prestazioni accettabili in caso di terremoto. La quasi totalità degli edifici, se sottoposti oggi a valutazione di adeguatezza sismica con i criteri che la Scienza e la Tecnica delle Costruzioni attualmente ci offrono, ha prestazioni pessime, essendo capace di resistere al massimo a terremoti dieci volte meno intensi di quanto si può invece attendere a Teramo. Quale può essere l’atteggiamento del cittadino e soprattutto del legislatore di fronte a tale oggettiva situazione? E’ inutile recriminare sul passato e cercare di capire se chi ha costruito 10, 20 o 30 anni fa lo ha fatto a regola d’arte o meno. In sostanza non c’è differenza. Infatti anche un edificio che fosse stato realizzato in passato rispettando ogni regola dell’arte, in assenza però di normativa sismica o osservando una normativa sismica ormai obsoleta, avrebbe generalmente prestazioni pessime e non darebbe ai suoi abitanti alcun grado di sicurezza ragionevole. Il problema è vasto, vastissimo. La soluzione non può essere che quella della allocazione delle risorse pubbliche e private nel recuperare sicurezza. La manutenzione degli edifici è infatti non solo, come purtroppo siamo ormai indotti a pensare, la tinteggiatura delle facciate, ma soprattutto la ricerca di quegli interventi che possano oggi

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supplire a quanto non fatto ieri in termini di capacità di sopravvivenza in caso di sisma. A questo punto la pazienza è finita e piuttosto che chiacchierare occorrerebbe operare. In questo panorama appare evidente che un ruolo rilevante è giocato dai tecnici che devono saper orientare i committenti verso la strada più giusta che segua, bilanciando opportunamente i due aspetti, il perseguimento di prestazioni tecniche accettabili ed il mantenimento di costi ragionevoli. Da tecnico non vedo che una soluzione tecnica ai diversi problemi sopra esposti, una soluzione che coinvolgendo per il tramite degli Ordini professionali diverse competenze tecniche possa garantire alla città un supporto operativo di qualità che venga consultato non soltanto, come è ovvio, nelle fasi tecniche di realizzazione ma, soprattutto, nelle delicate fasi di programmazione e pianificazione.

La soluzione non può essere che quella della allocazione delle risorse pubbliche e private nel recuperare sicurezza...

“Maggiore interazione fra cittadini e istituzioni” di Alessandra Gasparroni Antropologa e scrittrice

na buona città di provincia, questo il desiderio che ognuno racchiude nel cuore. Parlo dei teramani che conservano il loro senso di identità territoriale, e che hanno la percezione di non desiderare una città troppo moderna, troppo progressista, troppo globalizzata. La “piazza”, nella sua concezione di luogo d’incontro e di condivisione, ha sempre rappresentato il cuore pulsante del tessuto urbano.Vi sono piazze più importanti, ma anche piazzette dove ci si incrocia e si chiacchiera, soprattutto in provincia. Guardo oggi, con tenerezza, quei pochi anziani che improvvisano, all’ombra del grande albero di Piazza Martiri, un piccolo spazio di incontro costituito da poche sedie pieghevoli e uno sgabello per ritrovarsi a giocare a carte, ultima testimonianza di una delle vivacità della “piazza”. Nelle strade del centro, molte attività commerciali hanno chiuso i loro esercizi e le scopri giorno per giorno. Una mattina vai spedita nel tale negozio e… lo trovi chiuso.

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Allora ti accorgi che le strade e le piazze della nostra amata–odiata città di provincia non hanno più la funzione che avevano, tanto da essere fondamentali per molte generazioni. Chi non ha mai pronunciato, quando si era ragazzi, la frase: “Ci vediamo a Piazza Dante?”. Ben venga il guardare avanti non restando, romanticamente, attaccati al passato. Ma l’appartenere a una città che bastava così com’era, senza tanti sussulti, credo, ci avrebbe reso più sereni, senza peccare di municipalismo. Viviamo ora una realtà che ha una dimensione anomala: nel non riconoscersi più nella cittadina del passato e nel non essere una presenza funzionale che corrisponde al concetto di “città”. Il divenire antropologico ha bisogno di maggiori certezze nel definire i propri luoghi e non rischiare che tutto il nostro tessuto urbano si trasformi in un “non luogo”, come Marc Augè antropologo francese, ha profondamente analizzato. I comportamenti sociali e le scelte culturali sarebbero più equilibrati se maggiore fosse l’interazione tra chi vive la città e chi l’amministra.


Particella Di Dio - Bosone di Higgs

SCIENZA E FEDE

di Oscar Straniero

Dirigente di Ricerca Istituto Nazionale di Astrofisica

n questi giorni è stata annunciata la probabile identificazione di una nuova particella elementare, il bosone di Higgs, sulle scie prodotte dai violenti scontri tra nuclei pesanti accelerati nel Large Hadron Collider (LHC) del CERN. Nonostante il grande risalto dato dalla stampa, molti mi hanno espresso la loro delusione per non essere ancora riusciti a comprendere perché questa scoperta sia così importante per la nostra conoscenza dei principi fondamentali della natura. Premesso che la moderna teoria dei campi quantistici non è cosa di facile comprensione, proverò a spiegare il perché di tanto entusiasmo nella comunità dei fisici. Esiste una stretta relazione fra massa ed energia, esemplificata dalla famosa legge einsteiniana E=mc2 . Le teorie dei campi quantistici mettono in relazione le forze, come quella elettromagnetica, e la materia. Secondo il cosiddetto modello standard, esistono due tipi di particelle elementari. Al primo tipo appartengono tutte le particelle di cui è fatta la materia, come i protoni e i neutroni di cui sono fatti i nuclei atomici, ma anche gli elettroni che gli ruotano intorno. Al secondo tipo appartengo-

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di Pietro Lalloni Sacerdote

Il nome esatto è bosone di Higgs. Il mattone fondamentale dell’universo, che spiega perché tutto ha una massa. Questa scoperta, che conferma l’esattezza della teoria del cosiddetto “modello standard”, è un punto di arrivo straordinario, ma come spesso accade nella scienza è anche un punto di partenza verso i nuovi scenari di ricerca che apre. Negli ultimi due secoli la fisica ha fatto enormi balzi avanti nella conoscenza proprio perché la scienza va sempre oltre se stessa. Il nome “particella di Dio”, senz’altro affascinante, forse è dato dal fatto che tra gli scienziati, molti hanno una concezione spinoziana della divinità, cioè un Dio immanente nel creato, che non corrisponde affatto all’idea biblica di Dio, dove Dio stesso è il luogo del creato. Filosofia e religione rispondono a delle domande, come ad esempio: perché ci sono le cose e non il nulla? Ma mentre la filosofia cerca la risposta nella razionalità, la religione è una rivelazione. Che senso ha quindi, continuare ancora oggi, a parlare di contrapposizione tra scienza e fede?

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no invece le particelle che trasmettono le forze, come i fotoni che trasmettono la forza elettromagnetica. Secondo questo modello, la forza elettrica che tiene legati gli atomi in una molecola o in un cristallo funziona grazie ad un continuo scambio di fotoni. Nello stesso modo la forza nucleare forte che lega protoni e neutroni nei nuclei atomici funziona grazie al continuo scambio di gluoni (dall’inglese glue=colla). Questi due tipi di particelle si differenziano per il loro comportamento collettivo. In particolare, le particelle di materia sono detti fermioni (in onore del fisico italiano Enrico Fermi), mentre i trasmettitori delle forze sono detti bosoni (in onore del fisico indiano SatyendraNath Bose). In estrema sintesi, mentre i bosoni stanno bene insieme, senza troppi problemi, il comportamento collettivo dei fermioni è, in un certo senso, più asociale: essi tendono ad escludersi, accoppiandosi solo se precise regole di selezione sono rispettate. Ad esempio, nell’orbita più interna di un atomo possono collocarsi al massimo 2 elettroni. Se un terzo elettrone prova ad introdursi viene respinto in un’orbita più esterna. Il modello standard funziona molto bene. Molte


A CONFRONTO

foto: la “Creazione dell’uomo” Michelangelo Buonarroti

delle previsioni di questa teoria sono state confermate in esperimenti effettuati negli ultimi 40 anni. Sin dall’inizio si è però capito che questo modello aveva dei grossi limiti. In particolare, non permette di prevedere i valori delle masse delle particelle elementari e l’intensità delle quattro forze fondamentali: elettromagnetica, gravità, forza nucleare forte e debole. L’ipotesi di Peter Higgs risolverebbe questo problema. Le osservazioni astronomiche ci dicono che l’Universo sta espandendo e che la sua temperatura media diminuisce nel tempo. Tornando indietro ai primi istanti di vita dell’Universo, la temperatura media doveva essere estremamente elevata. In queste condizioni le particelle di materia e le forze che oggi dominano, non potrebbero mantenere l’attuale complessità e diversità. In un certo senso l’Universo primordiale doveva essere molto più semplice di quello odierno. I fisici pensano che in queste condizione di elevata energia media le forze si unificano. I campi primordiali sono i progenitori di quelli attuali. Il campo di Higgs sarebbe quindi un campo primordiale che, ad un certo punto della storia dell’Universo, sarebbe decaduto dando vita alle forze

La Bibbia non è un trattato di fisica o di chimica. Sant’Agostino diceva: “come si va in cielo?” Non “come va il cielo?”. Alla seconda domanda possono rispondere gli astronomi, i fisici, i matematici, i chimici, ma la religione vuole rispondere alla prima, che è la nostra meta ultima. Si tratta quindi di una querelle ormai chiusa e chi vuole riaprirla fa solo demagogia. Quando la religione “straripa”, facilmente combina pasticci, così pure la scienza quando invade campi che non le appartengono. Un famoso anatomopatologo, durante le sue lezioni universitarie, indicando agli studenti, i vari organi del corpo soleva dire: “Questo è il cuore, questi i polmoni, questo il fegato, ma come vedete l’anima non c’è”. Così pure l’astronauta russo Gagarin, per la prima volta nello spazio dichiarò: “Sono in cielo, ma non vedo Dio”. Quando la scienza esula dai suoi ambiti fa pasticci anche lei. Solo se ognuno rimane nel suo campo di competenze si può andare avanti insieme. La scienza ci spiega come funzionano le cose, la religione cerca di spiegarne il senso.

e alle particelle che oggi conosciamo. La scoperta del suo bosone vettore confermerebbe questa ipotesi, permettendo di completare il modello standard. E’ proprio per questa caratteristica di generatore delle forze e delle particelle che è stato soprannominato la “particella di Dio”. E’ questa la fine della fisica? Siamo veramente giunti al termine della ricerca della conoscenza? Ovviamente no. Il modello standard continua ad avere molti limiti. Le osservazioni astronomiche ci dicono che l’Universo è dominato da una forma di energia sconosciuta (energia oscura) e che più del 90% della materia è costituita da particelle massive che non sono state ancora scoperte (materia oscura). Entrambe questi importanti costituenti dell’Universo non sono inclusi nel modello standard. Già da tempo si parla del superamento di questo modello, di una teoria più generale che oltre alle particelle e alle forze conosciute possa spiegare la natura della materia e dell’energia oscura. Come sempre, l’impresa è ardua. Per il momento ci dobbiamo accontentare di aver completato il modello standard.

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foto G. Michini: i vimini e la loro lavorazione

Teramo che fu:

I cestoni di vimini di Giuseppina Michini

stato frettolosamente accantonato, già negli anni dello sviluppo industriale, quello che le mani sanno. La tradizione del lavoro manuale e dell’artigianato sono latitanti anche dove le usanze e la storia indicano agli uomini e alle donne la via da seguire. Un saggio pensiero dichia-

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rava: “Quando l’uomo smetterà di lavorare la terra sarà la fine di tutte le cose”. L’occasione di vedere da vicino le fasi di lavorazione per la realizzazione dei cesti, cestoni, canestri e canestre ha sollecitato il dovere di dire che forse, nel nostro nido, ancora c’è un bozzolo di speranza il quale vorrebbe essere coltivato.

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I vimini sono rami di salice. Il “Salix Britzensis” è una varietà appartenente alla famiglia delle salicacee utilizzato per la produzione di oggetti di uso comune. Questa essenza trova il suo habitat nelle zone umide, vicino corsi di acqua, nei suoli permeati. La lunghezza dei rami, il loro ordine, la forma della chioma non sono casuali, assurgono


infatti le ragioni della natura. Se l’annata è poco piovosa, i rami sviluppano più corti. Lo sa bene la gente di campagna che definisce il salice una pianta redditizia. In casa e per il lavoro nei campi c’era bisogno di utensili ausiliari per la raccolta, il trasporto e la conservazione. Non c’erano le buste di plastica. Erano impensabili. La potatura della pianta, florida di fuscelli ocra lucido, viene effettuata con la luna calante per impedire che il vimini marcisca. Chi recide i rami a febbraio sfruttata il vimini grezzo. Lo impiega per i lavori nel vigneto e per fare i cestoni “neri”. Appellativo dovuto ai rami che durante i mesi invernali, acquistano colore rosso scuro. Il cestone veniva utilizzato per trasportare

paglia, erba da foraggio, per pescare pesci d’acqua dolce, etc. Raggiunge un diametro maggiore di 80 cm. È dotato di due manici e generalmente veniva sollevato da due persone. I fuscelli che vengono tagliati a primavera, invece, si sbucciano facilmente e si adoperano per ottenere cesti bianchi. Questi si modellano partendo da un diametro che va dai 30 ai 60 cm. Erano utilizzati per rivestire damigiane e fiaschi ma anche per far covare in pace la chioccia, l’anatra. La canestra bianca, senza manici, serviva a caricare il cibo e le stoviglie sopra la testa per trasportarle in campagna o per andare a vendere gli alimenti al mercato, per portare in dono le vivande e la pizza dolce in circostanza di nozze. Il canestro è

dotato di un unico manico, appositamente per andare a raccogliere uova, frutta e verdura. Il mercato del vimini oggi è quasi totalmente d’importazione. Eppure quel salice si rinfoltisce sempre di nuovi rami, in maniera spontanea senza bisogno di trattamenti alcuni. Si pensi che i bastoni da cricket sono tradizionalmente fatti con il legno di una varietà di salice chiamata “Caerulea”. Complementi d’arredo in vimini prodotti nei nostri centri rurali, dove si potrebbero acquistare o quanto meno ammirare?È difficilissimo oggi incontrare un artigiano specializzato. È in aumento la tendenza ad abbattere la memoria e la consapevolezza del saper fare.

Tendenze estive

L’HAPPY HOUR di Adele Di Feliciantonio

el weekend, verso l’ora del tramonto, spiagge, stabilimenti balneari e bar, si accendono di movimento e la movida diventa protagonista incontrastata dei tardo-pomeriggi estivi. Happy hour… apericena… aperitivo cenato…aperitivo lungo, vari appellativi descrivono apposti una tendenza che sta diventando must non solo per i più giovani. Dai gruppi dal vivo alle feste a tema, dai dj più conosciuti in consolle ai menù particolari, tutti i gusti vengono accontentati. E se i giovanissimi preferiscono scatenarsi sulle note dei tormentoni estivi più gettonati e le hit del momento brindando con cocktail e long drink, i più grandi si scatenano sui ritmi latini, italiani e revival, degustando prosecco fresco e specialità culinarie. “L’happy hour è diventata una consuetudine” –confida Stefano, gestore di uno stabilimento balneare sulla costa –. Abbiamo importato questa usanza tipica spagnola che sta spopolando in tutto il nostro paese, e devo ammettere che è stato un successo. Lavoriamo in quelle ore che, per chi come il mio lido non offre servizio di ristorazione serale, erano morte”. Aggiunge:“Cerchiamo di soddisfare tutte

le fasce della nostra clientela, offrendo menù variegati, ma soprattutto spaziando ogni weekend tra i vari generi musicali”. E così niente cena a casa, ma in costume e pareo per i più pratici o in abbigliamento casual-chic per i più modaioli si scende in pista già dal tardo- pomeriggio, e ci si scalda per terminare la serata in un altro locale, o per tornarsene a casa esausti. “L’aperitivo in spiaggia è divertente e per-

mette di trascorrere il tempo in allegria in attesa della nottata in discoteca” –sorride Lorenzo, un giovane teramano-. In più divertendosi possiamo anche cenare, considerati i ricchi buffet”. Ma c’è anche chi preferisce concludere la serata intorno alle 22.30 con l’apericena e dedicarsi a una passeggiata prima di rincasare. “Ci sentiamo un po’ fuori età per la discoteca e con i bambini sarebbe difficile recarsi. Grazie a queste iniziative tardopomeridiane di lidi e bar io e mio marito possiamo sentirci ancora giovanissimi, goderci la bella musica e ballare senza preoccuparci dei nostri figli, che ancora bambini, possono venire con noi e scatenarsi” – afferma la bella signora Adriana–. Questi momenti di spasso ci fanno tornare ai tempi del fidanzamento, quando amoreggiavamo in spiaggia nascondendoci dal controllo severo di mio padre, e ci consentono di uscire dalla routine giornaliera di chi ha degli obblighi di una famiglia sulle spalle”. In conclusione, possiamo affermare che l’happy hour è un piccolo circuito che crea ulteriore occupazione per camerieri, disk jokey e addetti del settore; ed è anche un modo del tutto divertente e allegro per trascorrere le lunghe giornate estive.

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MUSICA

Il treno che viaggia sempre Incontro con i Trem Azul, band di Montorio che ha riscoperto la bossanova di Adele Di Feliciantonio

er le loro sonorità e i loro ritmi, ci proiettano con la mente nel Brasile degli anni ’50 quando la bossanova muoveva i suoi primi passi verso la consacrazione mondiale, ma i Trem Azul sono montoriesi doc, e rappresentano un orgoglio della nostra terra. Nato nel 2001 come laboratorio di studio, i Trem Azul si sono evoluti in una band/trio che pratica un genere musicale estremamente raffinato e per intenditori: la musica brasiliana di qualità con brani del repertorio classico e di propria composizione,

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tutto rigorosamente in portoghese. Abbiamo incontrato i suoi componenti che ci hanno raccontato come un paese così lontano come il Brasile abbia conquistato dei ragazzi di provincia e che di questa passione ne hanno fatto un vero e proprio lavoro oltre che culto. Alessia Martegiani (voce), Massimiliano Coclite (pianoforte) e Bruno Marcozzi (percussioni) sono musicisti di talento. La band, ispirandosi ai grandi compositori, da Milton Nascimento a Ivan Lins, e percorrendo la strada delle contaminazioni musicali, si è esibita sui palcoscenici di tutta Italia, collaborando con importanti jazzisti come Stefano Cantini,

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Fabrizio Bosso, Paolo Di Sabatino, Dario Deidda, Barbara Casini, Marco Tamburini, Fabrizio Mandolini; ha realizzato già due dischi con un terzo in uscita. Come nasce la passione per la musica brasiliana? Alessia: La mia passione è nata per caso. Avevo sedici anni e ho ascoltato un vinile che si chiamava “Luz negra nacional”…era un disco di canzoni brasiliane di autori neri. Amore al primo ascolto. Bruno: Mi sono appassionato grazie a un mio amico, Leonardo Persia, che insieme a padre Josè, sono stati i promotori e i divulgatori di questo genere che ha conquistato non solo


me. Con Alessia, tuttavia, è avvenuto il mio battesimo ufficiale in questo straordinario mondo. Massimiliano: Mi sono avvicinato alla bossanova proprio grazie ad Alessia e Bruno che, invece, la suonavano già da tanto tempo… Trem Azul nasce inizialmente come laboratorio di sperimentazione. Massimiliano: Abbiamo cominciato a studiare diverse forme e sonorità della musica brasiliana, poi abbiamo iniziato a scrivere brani nostri dove sono confluite le nostre esperienze, dal jazz alla musica classica, alla canzone d’autore.Tutto ciò ci ha portato a scoprire un nostro linguaggio, un nostro sound. Quando e come è nato il sodalizio artistico? Alessia: In realtà io e Bruno già collaboravamo in un’altra band di musica brasiliana e proponevamo, insieme a Elio Coclite, il repertorio delle canzoni classiche carioca. Il ritorno a Montorio di un musicista del livello di Massimiliano Coclite ha rappresentato l’inizio di una “sperimentazione” di altre forme musicali che non fossero la riproposizione dei classici della bossanova e del samba. Ed è nato quindi Trem Azul, gruppo aperto a diversi approcci e stili musicali. Massimiliano: Per essere più precisi, il trio è nato ufficialmente nel 2002, ma il progetto è partito nel 2001 con un concerto tributo ad Elis Regina. Il nome Trem Azul fu scelto da lì a poco. Quindi il nome ha un significato particolare? Bruno: Letteralmente significa “treno azzurro”

ed è il titolo di una canzone di Milton Nascimento… Alessia: E anche il titolo dell’ultimo show di Elis Regina… Massimiliano: Per noi ha significati diversi; innanzitutto come hanno già sottolineato si riferisce a due artisti ai quali ci ispiriamo, ma Trem Azul sono anche i treni azzurri a basso costo che si muovono nelle regioni più impervie del Brasile. Il nostro è un treno che viaggia sempre, ha viaggiato tanto e speriamo lo faccia ancora per tanto tempo.

Per essere più precisi, il trio è nato ufficialmente nel 2002, ma il progetto è partito nel 2001 con un concerto tributo ad Elis Regina... Quanto è difficile essere artista partendo dalla provincia? Bruno: E’ difficile perché ci sono poche possibilità di esprimersi e farsi notare, ma il pregio innegabile è che c’è più umanità. Sono felice

di essere rimasto e questo ci fa capire come la musica sia talmente grande che si può farla ovunque. Massimiliano: Indubbiamente in provincia c’è tranquillità e ritmi di vita che ci consentono di essere creativi, di suonare e incontrarci spesso. Di contro ci sono le difficoltà nell’esprimersi dal vivo in location adeguate e la quasi mancanza di collaborazione tra gli artisti. Difficilmente qui si investe sulle capacità di qualsiasi artista. Alessia: La lontananza dalla vita musicale che “conta” e le difficoltà a relazionarsi con altri musicisti e produttori è penalizzante, ma avere il giusto relax e concentrazione di energie per poter scrivere e arrangiare la nostra musica è straordinario. Il vostro è un repertorio di brani in portoghese. Massimiliano: Il brasiliano ha una sonorità unica. Alessia e Bruno lo parlano correntemente e i testi vengono automaticamente in portoghese. Anche se nei nostri cd ci sono due canzoni in italiano. In quel caso la nostra lingua ci sembrava più idonea per comunicare l’emozione di quei brani. I progetti dei Trem Azul Massimiliano: Abbiamo quasi finito di registrare il nostro terzo disco che ha trovato, finalmente, una produzione importante. Rappresenta un nuovo punto di partenza, il disco della maturità. Alessia: Il nostro terzo disco probabilmente si chiamerà “Nao sei sambar”,un progetto con orchestra d’archi e ospiti straordinari.

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Il noto pianista all’attacco del Premio Paganini e di tutta la musica classica

“Fenomeno” Allevi di Vincenzo Lisciani Petrini

iovanni Allevi, il pianista riccioluto, torna a rinfocolare la sua eterna lotta contro il mondo accademico e la musica classica. Dopo gli alterchi mediatici di qualche anno fa con Uto Ughi, il quale anni fa lo definì “musicista modestissimo”, Allevi ha perseverato tornando a tirare le orecchie ai suoi avversari: «Il vero senso alle opere d’arte lo dà lo spettatore», ha detto in un recente intervista. «Non mi interessano molto i giudizi severi che arrivano da parte del mondo accademico. Credo sia invece importante dare spazio e fiducia ai giovani, che magari hanno una grande sensibilità e spesso non vengono capiti. Alle critiche rispondo con una ribellione pacifica e gioiosa». Ma questa volta l’attacco è decisamente frontale e prende di mira nientemeno che Paganini, il più grande violinista di tutti i tempi (o come dice lo stesso Allevi: “La prima rockstar della storia”). Sì, perché al prestigioso Premio Paganini, tra le composizioni obbligatorie, comparirà un concerto per violino scritto dal pianista ascolano che sostituirà proprio quello del grande Niccolò. Dichiara Allevi: «L’ho scritto per liberarmi di Uto Ughi, il mio incubo notturno, e dalla casta della musica classica». Immediato il risentimento di tutta la comunità artistica

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capeggiata dal Conservatorio di Mantova che sta alzando la voce per bloccare a tutti i costi questo “fenomeno”. Insomma: è guerra aperta. Occorre, prima di schierarsi, fermarsi per capire. È evidente che il pianista marchigiano, con sapienza, si è collocato nella zona grigia della musica classica, un genere quasi postumo per definizione. Sfruttando il gap tra passato e presente, fiducioso del miglior ufficio stampa possi-

«L’ho scritto per liberarmi di Uto Ughi, il mio incubo notturno, e dalla casta della musica classica» bile, ha cominciato questa rissa mediatica contro un mondo, quello accademico, che si è scoperto impreparato. Nessun musicologo ha studiato ancora la musica di Allevi, e quindi nessuno ha ancora preso sul serio le sue intenzioni ed è ora che lo faccia, perché lui sta proseguendo quasi indisturbato in un equivoco perfettamente calcolato. Tuttavia, Allevi ha dalla parte sua

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l’unica cosa che la musica classica vorrebbe avere e non ha: il pubblico, e in particolare il pubblico dei giovani. C’è, inoltre, ancora un problema su cui occorre tornare: il pubblico di oggi, in Italia specialmente, non è dotato di grande senso critico a causa dei difetti dell’istruzione musicale; non è quindi in grado di capire fino in fondo questo sottile gioco di specchi che si sta creando. Il pubblico è e sarà sempre libero di ascoltare ciò che più gli piace e la musica di Allevi, nella sua semplicità, propone all’ascoltatore elementi facilmente riconoscibili e quotidiani, come – per intenderci – i temi delle pubblicità. Questa musica è familiare e quindi è gradevole, anche perché antitetica ad altri generi non-classici. Però, va chiarito, Allevi non fa musica classica. Questa definizione potrà nascere nel tempo, in base al valore e allo spessore di ciò che avrà prodotto. In fondo è sempre il tempo il miglior giudice delle opere; non il pubblico del presente, ma quello del futuro. Nel frattempo, quindi, è meglio lasciare Paganini al Paganini, e che Allevi non se l’abbia troppo a male. Piuttosto, si impegni a comporre partiture sostanziose e ambiziose che richiamino davvero il pubblico a un rinnovato ascolto della musica. A quanto dice di se stesso, non difetta di talento. Bene, adesso sono in molti ad aspettarsi qualcosa da lui.


D’Amico il neo presidente del “Braga” ottimista sul futuro della prestigiosa istituzione teramana

“promette” la statizzazione di Mira Carpineta

arrivata l’ora x per il “Braga”? Sembrerebbe di si, a sentire il neo presidente Luciano D’Amico, (già preside della facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Teramo), che presentando i programmi di ricerca e approfondimento nel campo musicale, avanza ipotesi concrete sull’annosa e tuttora irrisolta questione della statizzazione del prestigioso Istituto. Chiamato a risollevarne le sorti, i progetti presentati vanno dall’attivazione di master post-laurea e formazione a distanza, all’espansione almeno a livello regionale delle iniziative culturali e all’inserimento nella musica di quei contesti sociali più svantaggiati, con l’aiuto delle altre eccellenze della città. Nonostante il susseguirsi nei decenni di amministrazioni varie che hanno perseguito lo stesso obiettivo, la mancanza di fondi, sanabile solo con la statizzazione, appare

ancora un ostacolo insuperabile. Ma le difficoltà finanziarie in cui si dibatte l’Istituto non sembrano scoraggiare il prof. D’Amico. “Stanno giungendo a maturazione, a livello nazionale, le statizzazioni di molti istituti parificati, come il Braga, per il quale è ormai indispensabile una soluzione strutturale definitiva che ne riconosca l’eccellenza - esordisce – e la condivisione, da parte di tutte le forze politiche teramane e abruzzesi, dello stesso obiettivo mi fa essere ragionevolmente fiducioso nella riuscita. È necessario tuttavia diffondere la consapevolezza del valore, non solo simbolico, e della preziosità di questa scuola, una vera perla rara, che merita l’impegno incondizionato di tutti”. “L’auspicio – conclude il neo presidente- è che insieme si riesca a raggiungere l’obiettivo della statizzazione, l’unica soluzione in grado di salvaguardare uno straordinario patrimonio della città. Se ciò non accadesse sarebbe una sconfitta di grande rilievo”.

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foto: il neo presidente del “Braga”

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enerdì 31 agosto piazza Sant’Anna si tinge delle mille sfumature del rosa grazie alla manifestazione “Notte d’Autore”, giunta alla sua terza edizione, ideata ed organizzata da Big Match_BM idea. La serata sarà animata dal vernissage della mostra “Stream of Consciousness”, dedicata all’artista romana Federica Di Carlo, con una splendida cornice musicale in cui si alterneranno le voci di Paola Turci e Maria Antonietta, nel suggestivo scenario offerto dalle sale di Torre Bruciata, in un connubio perfetto tra musica ed arte contemporanea. Diversi linguaggi si uniscono per dare vita ad una serata poliedrica, tutta declinata al femminile.

museo di San Salvatore in Lauro, “I Saltatori”, alla Casa Internazionale delle Donne e la stessa “Stream of consciousness”, già allestita presso l’IPSAR di Roma. Di recente, Federica Di Carlo è stata tra i vincitori del prestigioso concorso “Como Contemporary Contest 2012”. L’apertura del live musicale, alle 19.30, sarà affidata alla rivelazione indie-punk Maria Antonietta, stile forte e deciso, testi immediati e frenetici in cui le parole hanno la forza dirompente di un fiume in piena. La ventiquattrenne pesarese porterà sul palco il suo nuovo disco uscito il 6 gennaio per la label Picicca. A seguire ci sarà l’esibizione di Paola Turci, storica voce femminile del cantautorato italiano, con il suo trio acustico, in un’inedita formazione più intimista, che presenterà il suo ultimo album, “Le storie degli altri”. “Notte d’autore”, evento di grande valore artistico, è stato organizzato dal team guidato del presidente Alfredo Natali - cui si deve anche il live di Caparezza che si terrà mercoledì 1° agosto presso il Nuovo Stadio Comunale - con il patrocinio del Comune di Teramo, il supporto della Fondazione Tercas e la collaborazione di Cantagalli Immobiliare s.r.l. e Localbus.

Nelle opere della Di Carlo si alternano figure sfocate, esplosioni di colori, opere in movimento, in transizione tra il compiuto e l’incompiuto, in cui la scelta dei colori è sempre essenziale, “macchie cromatiche sparse sulla tela, quasi a rappresentare l’essenza interiore del personaggio rappresentato e quindi anche la mia”, spiega la Di Carlo. Una forza concettuale dirompente, la sua, che si palesa ora in opere di grande formato, in cui predilige l’uso degli acquerelli, ora in istallazioni in cui vengono usati materiali totalmente diversi tra loro: linoleum, alluminio, plastica, legno. Questo è il linguaggio artistico di Federica Di Carlo, artista romana, classe 1984 ed una vita vissuta tra Barcellona e Londra, dove ha frequentato diversi corsi di perfezionamento ed è entrata in contatto con artisti internazionali; ospite di numerose collettive in Italia ed all’estero, tra le sue ultime esposizioni “Fabula in art”, presso il

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foto: Paola Turci

di Mariangela Sansone

di Mariangela Sansone

MOSTRE TERAMANE

Notte d’autore


l minimo comune denominatore di questa estate teramana 2012 è l’arte contemporanea, ed i borghi medioevali della provincia di Teramo diventano le tappe di un percorso che unisce l’arte e la cultura “create nel presente” ad un territorio ricco di storia e bellezza; le immagini, i suoni e le visioni dell’arte più attuale si muovono palpitanti tra gli splendidi paesaggi di Castelbasso e nella suggestiva fortezza borbonica di Civitella del Tronto, in una riuscita fusione tra il presente ed il passato. Nell’ambito del programma “Castelbasso / Civitella - Cultura contemporanea nei Borghi” l’Associazione Culturale Naca Arte propone la mostra “VISIONI. La fortezza plurale dell’arte”, a cura di Giacinto Di Pietrantonio ed Umberto Palestini, e prodotta da Sistema Museo. “VISIONI” è una mostra che, nelle intenzioni dei curatori “non intende mettere al centro della riflessione dell’arte una qualche teoria estetica, o etica ma molto più semplicemente le visioni differenti di artisti di varie generazioni che esprimono con mezzi vari una concezione personale dell’arte e quindi del mondo. Difatti, pensiamo che gli artisti, grazie al loro sguardo, riescano a farsi interpreti della propria epoca superandola come promessa di futuro di cui oggi si sente necessariamente il ritorno”. La mostra si articola attraverso due parti di una stessa unità: da un lato

l’esposizione, con pitture, sculture, istallazioni, disegni, video, fotografie, performance, opere realizzate con le tecniche più svariate che l’arte contemporanea ha assunto come materiali di riferimento, dall’altro una serie di proiezioni di lavori cinematografici. Si alternano le opere di artisti come Maurizio Cattelan, Gino De Dominicis, Brendan Lynch e Giuseppe Stampone, solo per citarne alcuni, per i quali l’arte è veicolo di un linguaggio diverso, forse atipico, ma

“non c’è via più sicura per evadere dal mondo che l’arte, ma non c’è legame più sicuro con esso che l’arte” ricco di ironia e libertà, ed in cui la realtà è filtrata dall’immaginazione e dallo sguardo personale degli artisti. Nella sezione cinematografica trovano spazio i film presentati nei circuiti festiva-

lieri, come quelli di Venezia, Cannes e Locarno; saranno proiettate le opere di registi come Steve Mc Queen, Shirin Neshat, Mimmo Paladino, Julian Schnabel e Sam Taylor-Wood. Anche tra le stradine e gli stretti viottoli di Castelbasso soffia il vento nuovo dell’arte contemporanea, grazie alla mostra “Radici. Memoria, Identità e Cambiamento nell’arte di oggi”, a cura di Eugenio Viola, ed alla personale “Carla Accardi. Smarrire i fili della voce”, a cura di Laura Cherubini. Nella prima mostra si alternano undici artisti internazionali, tra i quali Marina Abramovic, Mariangela Levita, Jota Castro, Bert Rodriguez e Santiago Serra. Nell’esposizione vengono celebrate le radici personali degli artisti ma anche quelle storiche collettive, come nel caso di Sam Durant, che rende onore all’Italia con i suoi busti in marmo di Carrara dedicati agli anarchici. La personale dedicata a Carla Accardi omaggia l’artista siciliana scegliendo come tema principe la trasparenza, che mette in risalto l’essenza superflua dell’arte, capace di creare oggetti privi di senso pratico, come un “armadio inutile”, oggetto che, nell’interpretazione dell’artista, viene spogliato della sua funzione originale. Non resta che scegliere dunque, ricordando, come diceva Johann Wolfgang Goethe, che “non c’è via più sicura per evadere dal mondo che l’arte, ma non c’è legame più sicuro con esso che l’arte”.

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Letture estive consigli di Vincenzo Lisciani Petrini

inutile recensire l’ultimo Montalbano di Camilleri, tanto lo avrete già comprato. È inutile parlare di Benni: ogni suo libro è di per sé un “must” da ombrellone. Se tra un tuffo, una chiacchierata e un cruciverba avrete voglia di leggere, ecco alcune proposte “alternative”. CHARLES DICKENS Il Circolo Pickwick (Mondadori, 17,00 euro) Uno dei più noti romanzi d’appendice di tutti i tempi pubblicato da Chapman & Hall con le illustrazioni di Seymour e poi di “Phiz” tra il 1836 e il 1837. Charles Dickens ha dato vita con Samuel Pickwick (fondatore dell’omonimo circolo) ad uno dei personaggi più simpatici della letteratura mondiale al centro sempre di nuove avventure. La trama scorre ad episodi, dato il carattere della pubblicazione, ed emerge tutto l’umorismo “British”, insieme alla spontanea comicità e la profonda umanità che contraddistinguono le pagine più ispirate del grande romanziere inglese. AA.VV. Nuovi poeti italiani 6 a cura di Giovanna Rosadini (Einaudi, 16,00 euro) Sono tutte poetesse: Alida Airaghi, Daniela Attanasio, Antonella Bukovaz, Maria Grazia Calandrone, Livia Candiani, Gabriela Fantato, Giovanna Frene, Isabella Leardini, Laura Liberale, Franca Mancinelli, Laura Pugno, Rossella Tempesta. Questa antologia è il segno, meraviglioso, di una voce femminile che ha voglia di esprimersi e di liberarsi in tutta la sua potenza rivelatrice. Il libro

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armonizza in un coro canti altrimenti così diversi. Voci uniche della poesia contemporanea che bisogna conoscere. È una lettura che può essere impegnativa, ma le poesie si possono centellinare anche sotto un ombrellone. RAYMOND CARVER Vuoi star zitta, per favore? (Einaudi, 11,00 euro) Nato dal genio di Raymond Carver nel 1976, il libro riprende stile e temi già cari al Salinger dei “Nove racconti”. Storie di americani qualsiasi alle prese con una quotidianità disperata, vittime dell’immaturità e dell’incapacità di realizzarsi. Trame sottili, nascoste sotto le ombre del presente, sorreggono il peso dell’esistenza. Carver con una narrazione fluida, sempre pulita e precisa in ogni passaggio, rappresenta i protagonisti di fronte alla possibilità di una svolta o di un’improvvisa epifania. Il libro giusto per entrare nel mondo di Carver. PAOLO VILLAGGIO Fantozzi (BUR 7,50 euro) Un classico intramontabile, anzi “Il più classico dei classici” proprio come la celeberrima Corazzata Potemkin, questo libro – il primo della saga dell’impiegato più sfruttato d’Italia – mostra tutto il multiforme genio letterario del Villaggio dei tempi d’oro. Racconti brevi, ad episodio, costruiti intorno alle disavventure impiegatizie del ragionier Ugo e del suo tragicomico orizzonte borghese. Per non scordare, se ce ne fosse bisogno, che anche in questo caso il film nasce del libro e gli è superiore. PrimaPagina 27 - lugl. 2012


Come viaggiare in aereo fonte: Enac - Ente Nazionale per l’Aviazione Civile

CARTA DEI DIRITTI

DEL PASSEGGERO

egli aeroporti dell’Unione europea nonché in Norvegia, Islanda e Svizzera, al fine di proteggere i passeggeri dalla minaccia terroristica costituita dagli esplosivi in forma liquida, l’Unione Europea ha adottato regole di sicurezza che limitano la quantità di sostanze liquide che è possibile portare oltre i punti di controllo di sicurezza aeroportuale. A queste limitazioni sono soggetti tutti i passeggeri in partenza dagli Aeroporti dell’Unione Europea. Ciò significa che ai punti di controllo di sicurezza aeroportuale ciascun passeggero ed il relativo bagaglio a mano saranno controllati per individuare, oltre agli altri articoli già proibiti dalla normativa vigente, anche eventuali sostanze liquide. Non vi è alcun limite in merito alle sostanze liquide acquistate presso i negozi situati nelle aree situate oltre i punti di controllo. Mentre non vi sono limitazioni per i liquidi inseriti nel bagaglio da stiva (quello consegnato al check-in per essere ritirato nell’aeroporto di destinazione), nel bagaglio a mano, ossia quello che viene presentato ai punti di controlli di sicurezza aeroportuale, i liquidi consentiti sono invece in piccola quantità. Essi dovranno infatti essere contenuti

in recipienti aventi ciascuno la capacità massima di 100 millilitri od equivalenti (es: 100 grammi) ed i recipienti in questione dovranno essere inseriti in un sacchetto di plastica trasparente e richiudibile, di capacità non superiore ad 1 litro (ovvero con dimensioni pari ad esempio a circa cm 18 x 20). Dovrà essere possibile chiudere il sacchetto con il rispettivo contenuto. Per ogni passeggero sarà permesso il trasporto di uno ed un solo sacchetto di plastica delle dimensioni suddette. Possono essere trasportati al di fuori del sacchetto, e non sono soggetti a limitazione di volume, le medicine ed i liquidi prescritti a fini dietetici, come gli alimenti per bambini. In Aeroporto Al fine di agevolare i controlli è obbligatorio: presentare agli addetti ai controlli di sicurezza tutti i liquidi trasportati come bagaglio a mano, affinché siano esaminati togliersi giacca e soprabito: essi verranno sottoposti separatamente ad ispezione estrarre dal bagaglio a mano i computer portatili e gli altri dispositivi elettrici ed elettronici di grande dimensione. Essi verranno ispezionati separatamente rispetto al bagaglio a mano. I liquidi comprendono: acqua ed altre bevande, minestre, sciroppi creme, lozioni ed

BAGAGLIO All’arrivo a destinazione, in caso di mancata riconsegna o danneggiamento del bagaglio registrato (per il quale viene emesso il “Talloncino di Identificazione Bagaglio”), il passeggero deve compilare un rapporto di smarrimento o di danneggiamento. La constatazione dell’evento deve essere effettuata, prima di lasciare l’area riconsegna bagagli, presso gli uffici Lost and Found dell’aeroporto di arrivo, utilizzando gli appositi moduli comunemente denominati PIR (Property Irregularity Report). Per bagaglio a mano si intendono quegli articoli che il passeggero può portare con sé in cabina per sistemarli nei comparti portaoggetti sovrastanti o sotto il sedile anteriore. Per bagaglio registrato si intendono quegli articoli che vengono consegnati alla compagnia aerea per il trasporto nelle stive di un aeromobile e non sono

oli profumi, spray, gel, inclusi quelli per i capelli e per la doccia contenuto di recipienti sotto pressione, incluse schiume da barba, altre schiume e deodoranti, sostanze in pasta, incluso dentifricio, miscele di liquidi e solidi, mascara e ogni altro prodotto di analoga consistenza E’ ancora possibile: trasportare liquidi all’interno del bagaglio da stiva (le limitazioni riguardano solo il bagaglio a mano) trasportare, all’interno del bagaglio a mano, possibilmente limitandoli a quanto necessario per il viaggio aereo, medicinali e prodotti dietetici, come gli alimenti per bambini. Potrebbe essere necessario fornire prova dell’effettiva necessità ed autenticità di tali articoli comprare liquidi come bevande e profumi, conservandone la prova d’acquisto, nei negozi, nei Duty Free situati oltre i punti di controllo di sicurezza, ed a bordo degli aeromobili utilizzati dalle Compagnie Aeree dell’Unione Europea. I prodotti acquistati presso i Duty Free ed a bordo dei suddetti aeromobili saranno consegnati in sacchetti sigillati che si consiglia di non aprire prima di essere arrivati alla destinazione finale. In caso contrario, transitando presso gli eventuali aeroporti intermedi, i liquidi acquistati potrebbero essere sequestrati ai controlli di sicurezza.

accessibili al passeggero durante il volo. Tali bagagli vengono pesati, etichettati e registrati sul biglietto del passeggero per la loro identificazione all’arrivo. SMARRIMENTO Se entro 21 giorni dall’apertura del PIR non sono state ricevute notizie sul ritrovamento, è necessario inviare apposita documentazione all’Ufficio Relazioni Clientela e/o Assistenza Bagagli della compagnia aerea con la quale si è viaggiato per l’avvio della pratica di risarcimento. RITROVAMENTO In caso di ritrovamento del bagaglio, entro 21 giorni dalla data di effettiva avvenuta riconsegna è necessario inviare tutta la documentazione indicata di seguito all’Ufficio Relazioni Clientela e/o Assistenza Bagagli della compagnia aerea con la quale si è viaggiato per l’avvio della pratica di risarcimento delle eventuali spese sostenute. PrimaPagina 27 - lugl. 2012

DANNEGGIAMENTO In caso di danneggiamento del bagaglio, entro 7 giorni dalla data di apertura del PIR, è necessario inviare apposita documentazione indicata di seguito all’Ufficio Relazioni Clientela e/o Assistenza Bagagli della compagnia aerea con la quale si è viaggiato per l’avvio della pratica di risarcimento. RISARCIMENTI In caso di smarrimento, danneggiamento, ritardata consegna del bagaglio registrato, il passeggero ha diritto ad un risarcimento fino a 1.000 DSP (circa 1.164,00 euro) in caso di compagnie aeree dell’Unione europea e dei Paesi che aderiscono alla Convenzione di Montreal, fino a 17 DSP (circa 19,00 euro) per kg in caso di compagnie aeree dei Paesi che aderiscono alla Convenzione di Varsavia, salvo che il passeggero abbia sottoscritto una assicurazione integrativa.

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a cura di Ivan Di Nino

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non per caso

Pallamano

Uno sport “mondiale” di Daniela Palantrani

al 4 al 10 luglio Teramo ha ospitato la 40esima edizione dell’Interamnia World Cup, manifestazione internazionale dedicata all’ handball giovanile. Approfondiamo questa disciplina con il presidente federale, Francesco Purromuto. La pallamano in Italia compare per la prima volta nel 1938 sui campi di calcio, con “undici giocatori” e in una versione che è ormai lontana parente del gioco veloce e spettacolare che oggi delizia tutta l’Europa. Attualmente la pallamano si gioca in 7 contro 7, su un campo 40 x 20. In italia e nel mondo A promuovere in Italia questa disciplina è la Federazione Italiana Giuoco Handball (F.I.G.H.), la quale nasce il 20 dicembre 1969 con lo scopo di sviluppare, organizza-

re e disciplinare nel territorio nazionale lo sport della pallamano, in tutte le sue forme e manifestazioni, ivi compresa la pallamano da spiaggia, il Beach Handball. A livello mondiale, la diffusione della palla-

A livello mondiale, la diffusione della pallamano è assoluta. Viene giocata in 183 paesi e conta circa 800mila squadre e 19 milioni di atleti...

mano è assoluta.Viene giocata in 183 paesi e conta circa 800mila squadre e 19 milioni di atleti. In Italia conta circa 40mila tesserati con 460 società affiliate. Gli arbitri nella nostra penisola sono 490 ed i tecnici oltre 1000. I principi dell’handball La pallamano è uno sport basato su movimenti naturali quali correre, saltare, lanciare. Ogni formazione iscrive a referto fino a 14 giocatori. Le partite si svolgono nell’arco di due tempi da 30 minuti, con la possibilità di fermare il tempo quando gli arbitri lo ritengono necessario. Ogni squadra dispone di un time-out da 1 minuto per tempo. I giocatori di campo possono muoversi liberamente sul terreno di gioco, ma non possono entrare nell’area delle porta ad esclusivo uso del portiere.

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non per caso Il pallone, le cui dimensioni variano a seconda delle categorie, può essere giocato solo con le mani e il giocatore può compiere con esso non più di tre passi. Non esiste un limite di tempo per concludere un’azione, ma la squadra in possesso di palla deve manifestare l’intenzione di andare a concludere, altrimenti può subire la sanzione di “gioco passivo”. I falli commessi vicino all’area di porta (area dei 6 metri) sono sanzionati con punizione da 9 metri. I tiri di rigore sono battuti dalla linea dei 7 metri. I falli più gravi comportano la sospensione del gioco per 2 minuti ed alla terza esclusione tempo-

ranea il giocatore è allontanato definitivamente dal terreno di gioco. La partita è diretta da due arbitri. Come avvicinarsi alla pallamano? Il percorso per chi vuole diventare giocatore di pallamano può iniziare già dalla scuola primaria, e dunque la FIGH ha varato il Progetto “Pallamano… il gioco del Fair Play”, con il quale vuole offrire proposte operative concrete al mondo della scuola, riconoscendone il ruolo di “Centro di aggregazione culturale e sociale del territorio”. Obiettivo educativo della proposta non

è quello di cercare anzi tempo “campioni per la panchina”, né di esasperare l’agonismo, ma di favorire e diffondere comportamenti leali e costruttivi, stimolando in tutti i protagonisti la partecipazione attiva e responsabile all’attività motoria. È per questo che la Federazione Italiana Giuoco Handball organizza gratuitamente corsi rivolti al personale docente e mette, altresì, a disposizione vari supporti, quali palloni, porte e mute da gioco, gadget per alunni ed insegnanti. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito: www.figh.it.

Il percorso per chi vuole diventare giocatore di pallamano può iniziare già dalla scuola primaria, e dunque la FIGH ha varato il Progetto “Pallamano… il gioco del Fair Play”... foto: il presidente della Federazione italiana

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dintorni

IL CASCO PARLA ITALIANO

ANZI ABRUZZESE di Antonella Lorenzi

l casco è diventato compagno fedele di ciclisti e motociclisti, nelle prove acrobatiche, ma anche nel quotidiano. Elemento fondamentale, oltre che obbligatorio, è un copricapo realizzato in materiale resistente che ha la funzione di proteggere da urti improvvisi, sia in ambito sportivo che nel lavoro. La curiosità è che il casco è un’ invenzione made in Italy, anzi made in Abruzzo. Fu proprio un nostro conterraneo ad inventarlo. Luciano Di Lello, morto 100 anni fa a soli 36 anni, era un calzolaio abruzzese emigrato a Parigi, e all’inizio del secolo, creò il “copricapo per motociclisti”. Invenzione semplice, ma ancora attuale, fu realizzato dal calzolaio abruzzese con gli strumenti che aveva nel suo laboratorio. Era costituito da un doppio strato di cuoio con delle molle in acciaio al suo interno. Una pubblicità dell’epoca descriveva il primo modello come copricapo da città, raccomandato per la sua solidità, leggerezza nonché per la sua foggia elegante. Tra i testimonial di allora due famosi motociclisti: Anziani e Guignard. Sembra che proprio

Guignard si salvasse da un brutto incidente grazie al copricapo protettivo quando, durante una gara nel Parco dei Principi, cadde rovinosamente, mentre viaggiava a bordo della sua moto alla velocità di 95 Km all’ora, sbalorditiva per l’epoca. Di Lello trasferitosi in Francia, fece fortuna come fornitore ufficiale di calzature del Teatro dell’Opera. Come tutte le grandi idee ha avuto come motore una grande emozione. In questo caso il casco è nato dal dolore. Dopo la morte del figlio maschio, il calzolaio dedicò il resto della sua vita a cercare qualcosa che potesse proteggere e preservare la vita degli altri. Recitava una pubblicità dell’epoca: “E’ raccomandato per la sua leggerezza, la solidità e la sua forma elegante di cappello da città”. Non ci sembra che oggi si possa dire altrettanto. Nonostante gli sforzi delle case costruttrici, il casco tra imbottiture sagomate e prese di areazione è un elemento pesante ed ingombrante, ovviamente necessario nel rispetto di standard europei e della sicurezza di chi li indossa.

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Gas ed elettricità

Scattano gli aumenti al mese di luglio, le bollette di luce e gas sono più costose. L’Autorità per l’energia ha di fatto stabilito i nuovi prezzi dei consumi per le famiglie ed i piccoli consumatori. Sostanzialmente invariate le tariffe per l’elettricità, l’incremento sarà pari allo 0,2%. Per l’utente finale si traduce in un aumento di circa 1 euro l’anno (dopo l’impennata già registrata nel trimestre precedente). Più pesante, invece, l’aumento posto in essere per il gas, +2,6%. Complessivamente, in un anno, la bolletta del gas peserà sulle famiglie italiane per circa 32 euro in più. Nel comune di Teramo, per esempio, il prezzo fissato dall’Authority in merito alla componente di commercializzazione è di oltre 40 centesimi al metro cubo. La Julia Servizi Più offre il prezzo al metro cubo pari a 36 centesimi, con evidente

risparmio. L’Authority aggiorna e stabilisce le tariffe del gas sulla base di indicatori legati alle quotazioni medie sui mercati internazionali di petrolio, gasolio ed olio combustibile. L’arco di tempo preso in esame coincide con nove mesi precedenti, escluso l’ultimo mese. Questo allo scopo di diluire nel tempo l’incidenza dei periodi di picco dei prezzi degli idrocarburi. Di fatto, alla luce degli ultimi aumenti, calcoliamo che la bolletta per l’energia elettrica è aumentata in sei mesi del 13% e quella del gas del 4,4%. Julia Servizi Più, in considerazione dell’aumento delle tariffe del gas naturale in vigore appunto dal 1 luglio 2012, continua ad offrire ai nuovi clienti uno sconto sulla componente di commercializzazione del 10% rispetto a quella stabilita dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

Inoltre, Julia Servizi cerca di favorire le necessità della clientela attraverso la possibilità di rateizzare i pagamenti secondo le proprie esigenze. Altresì, al fine di evitare fatture eccessive vengono emesse sette bollette l’anno con fatturazione del singolo consumo mensile per i mesi più freddi: gennaio, febbraio e dicembre. Le fatturazioni vengono espletate in base al consumo effettivo. Vengono eseguite letture dei contatori mensili e bimestrali direttamente da incaricati dell’azienda. Attualmente Julia Servizi Più è presente sul territorio provinciale di Teramo con 3 sportelli (Giulianova, Teramo e Mosciano Sant’Angelo) e ha la possibilità di fornire gli utenti di 12 comuni (Teramo, Giulianova, Basciano, Mosciano Sant’Angelo, Roseto degli Abruzzi, Sant’Omero, Nereto, Sant’Egidio alla Vibrata, Civitella del Tronto, Campli, Ancarano e Torano ).

Sistema audio dolby digital di cosa si tratta e come funziona? di Mauro Di Diomede tecnico - designer

l sistema Dolby viene utilizzato per la prima volta intorno al 1992 dalla Dolby Laboratories ed hanno sviluppato sistemi per il segnale audio più reale possibile all’udito umano. In effetti si tratta di un segnale codificato compresso per raggiungere al massimo il realismo audio presente in una scena video. I primi sistemi erano chiamati Dolby Surround perchè utilizzavano solo quattro tracce audio, quindi nei canali Rear, arrivando una traccia sola, non si riusciva a distinguere il canale destro dal canale sini-

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stro in quanto non separati. Ad esempio se in un film si vedeva passare un elicottero da destra a sinistra non si riusciva a determinare con esattezza la visione e il punto dell’elicottero con il suono proveniente dallo stesso punto ma bensì anche se noi nel film vedevamo l’elicottero a destra, purtroppo sentivamo l’audio anche sulla nostra sinistra, quindi non reale. C’era anche il problema delle basse frequenze che sul vecchio sistema era riprodotto solo sulla parte frontale. I sistemi odierni di codifica Dolby Digital riescono a codificare anche 8 canali sepa-


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rati, per capirci meglio prendiamo in considerazione il più usato chiamato Dolby Digital 5.1. In pratica il 5 raffigura i canali Front R-L, Centrale, Rear R-L, mentre il .1 rappresenta il canale dedicato alle basse frequenza Subwoofer. Come si può intuire con il Digital 5.1 si è raggiunto quasi una realtà dei principali punti di ascolto. Per fare un’esempio, per facilitarvi meglio di cosa stiamo parlando, se stiamo dentro ad una stanza e vediamo arrivare una persona frontale a noi, sulla nostra destra, sentiamo in realtà con il nostro udito i passi a destra, il nostro impianto Dolby Digital deve riprodurre il suono dei passi solo ed esclusivamente sul nostro canale Front R, a sua volta se la stessa persona la

Attualmente in commercio si trovano svariati DVD con traccie differenti e possono essere applicati in ogni tipo di segnale che vada dal mono all’effettivo suono 5.1... vediamo arrivare da sinistra, o alle nostre spalle a destra, il nostro impianto deve riprodurre il canale Front L o il canale Rear R e cosi via. Per quanto riguarda il .1 come già spiegato traccia Subwoofer, in qualsiasi punto della stanza ad esempio buttiamo per terra una palla, deve essere riprodotta la bassa frequenza di risonanza su tutta la scena visibile e non visibile (quella alle nostre spalle). Per precisare, un Subwoofer riproduzione una banda di frequenza fino ai 120 Hz e spesso lo percepiamo come vibrazione sul nostro corpo. A questo punto in commercio esistono innumerevoli riproduttori di sistema Dolby Digital, dove è possibile ascoltare tracce di Dolby Digital o effettuare simulazioni da fonti stereo a fonti Surround Pro Logic, infatti tutti i decoder Dolby Digital sia a 2 che a 6 canali, sono in grado di effettuare il cosidetto “Downmixing”, che assicura la totale compatibilità “all’indietro” con tutti i sistemi di riproduzione presenti in commercio.

Attualmente in commercio si trovano svariati DVD con traccie differenti e possono essere applicati in ogni tipo di segnale che vada dal mono all’effettivo suono 5.1, possono differire tra di lo ro anche per il numero dei canali, un disco può contenere una colonna sonora a 6 canali con i dialoghi in una lingua, un mix a 2 canali Dolby Surround in un’altra lingua e una traccia mono con il commento del regista sul film o altre informazioni supplementari. Non è detto che tutti i DVD abbiamo necessariamente una traccia audio Dolby Digital ma viene riconosciuto come stantard universale per l’audio multicanale e tutti i lettori dvd contengono la logica di lettura Downmixing Dolby Digital. Per capire il formato di una traccia audio per prima cosa dobbiamo vedere se è presente il logo Dolby Digital e a sua volta vedere in quante tracce sono state registrate ad esempio 2.1, 5.1,6.1 o addirittura 7.1 (raramente usato). Dopo aver progettato e installato moltissimi sistemi Dolby Digital, per ottenere un buon risultato sia visivo e uditivo, va sempre considerato il luogo dove viene installato il sistema audio-video, l’acustica dell’ambiente e i gusti personali sono altrettanto importanti per l’irradiazione dei diffusori. Uno dei principali problemi riscontrati è la posizione corretta dei canali Rear, perchè quasi tutti giustamente, per una questione di spazi, hanno il divano attaccato alla parete e non si ha più la distanza giusta delle casse Rear, però la regola per una buona resa acustica, ci dice che sia i canali Front che i Rear, devono essere alla

stessa distanza dal punto di ascolto, in questo caso non potendo fare altrimenti, oggi con un buon amplificatore Dolby Digital di ultima generazione, si ha la possibilità di dare dei ritardi alle casse posteriori “Rear” in modo che acusticamente si ricrea la distanza reale tra i diffusori. Oggi in commercio, grazie alla potenza sempre maggiore e ai costi sempre più bassi dei circuiti interni, esistono dei sistemi chiamati 2.1. Vengono utilizzati due canali frontali e un subwoofer. Si tratta di un surround virtuale ma non è un vero e proprio Home Theater, simulando con solo due diffusori frontali un’effetto virtuale surround. Il canale centrale, mancante viene suddiviso tra i canali destro e sinistro del Front, cosi facendo si crea un immagine un canale centrale “fantasma”, mentre i segnali surround sono trattati da un processore “virtualizzatore” che aggiunge ai segnali surround delle code basate sul modo in cui l’orecchio individua la direzionalità di un suono. In questo caso la persona deve stare perfettamente al centro delle due casse frontali possibilmente ad una distanza minima e non utilizzando un sistema Dolby Digital 5.1 si creano problemi nell’acustica ambientale. In conclusione come sempre, per effettuare un discreto impianto in un vostro ambiente c’è sempre bisogno di un consiglio da parte di un tecnico specializzato sul campo per ottenere il massimo rapporto qualità-prezzo e non incorrere a degli acquisti non validi per l’uso dovuto.

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& dintorni

TRASPARENZA in amministrazione di Laura Di Paolantonio Dottore Commercialista

a legge 241/90 – Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi – meglio conosciuta come Legge sulla trasparenza amministrativa, prevede che l’accesso ai documenti amministrativi costituisca un generale principio dell’attività amministrativa, volta a garantire la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, assicurando trasparenza e imparzialità. Il diritto di accesso agli atti amministrativi è un diritto riconosciuto al cittadino in funzione dei rapporti con lo Stato e con la Pubblica Amministrazione, è il diritto degli interessati ad esaminare ed eventualmente ottenere copia dei documenti amministrativi. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi è legato sia ad esigenze di tutela del singolo che a finalità di interesse generale. È implicita la possibilità per il cittadino di effettuare un controllo democratico

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sull’attività dell’amministrazione e della sua conformità ai precetti costituzionali. Titolari del diritto di accesso sono tutti i soggetti interessati, cioè i privati che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, l’Autorità ha sostenuto che l’accesso ai documenti amministrativi sia riconosciuto a chiunque vi abbia un interesse personale e concreto per la tutela di situazione giuridicamente rilevanti. Oggetto del diritto di accesso è il documento amministrativo, ossia ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, formati dalle Pubbliche Amministrazioni o comunque utilizzati ai fini dell’attività amministrativa. Il diritto di accesso si esercita in via informale tramite richiesta anche verbale all’ufficio che detiene il documento. L’accesso in via informale avviene quando è possibile provvedere immediatamente all’esibizione del documento o alla sua riproduzione. Anche in caso di richiesta verbale sarà cura dell’ufficio provvedere

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a riscontrare l’identità dei richiedente compilare apposito verbale di accesso agli atti. Qualora non sia possibile provvedere in via informale, l’interessato dovrà produrre formale domanda scritta (su moduli statuiti o carta libera). È possibile inviare tale richiesta anche per fax, mail o posta, non occorre l’autentica di firma, ma basta allegare copia del documento di riconoscimento, sarà poi cura dell’Ufficio effettuare le opportune verifiche. Entro 30 giorni dalla richiesta la Pubblica Amministrazione se accoglie la richiesta indica le modalità e fissa il termine (non inferiore e 15 giorni) per prendere visione dei documenti o ottenerne copia, se rifiuta l’accesso, o lo differisce il Responsabile del procedimento deve motivare il provvedimento. Nel caso in cui trascorrano 30 giorni dalla richiesta senza che l?amministrazione si sia pronunciata, questa si intende respinta, pertanto l’interessato può attivare il rimedio giurisdizionale di ricorso al Tar o presentare ricorso innanzi la commissione per l’accesso ai documenti amministrativi.


legale

Danni morali e pignoramenti illegittimi di Gianfranco Puca Avvocato, Mediatore Professionista

a Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9445 pronunciata il giorno 11.6.2012, ha stabilito la responsabilità di Equitalia e dell’Ente impositore in caso di esecuzione forzata illegittima.

Il fatto. Un avvocato cita in giudizio un ente comunale e l’agente della riscossione (Equitalia), esponendo di aver subito un pignoramento mobiliare presso il proprio studio legale (dove erano presenti una collega, la figlia, pure avvocato, e la segretaria) in riferimento a un debito di circa mille euro relativo a sanzioni amministrative, debito che il Tribunale di Roma, con sentenza precedente al pignoramento, aveva dichiarato non dovuto; prima del pignoramento illegittimo l’avvocato aveva diligentemente trasmesso copia della sentenza al Comune, chiedendo l’annullamento dell’avviso di mora, con diffida dal compiere gli atti esecutivi. Il giudice di pace rigettava la domanda di risarcimento, e l’impugnazione della decisione di primo grado veniva rigettata dalla Corte di Appello; avverso la sentenza della Corte veniva proposto ricorso per cassazione.

La sentenza. La Cassazione, con una sentenza innovativa, ha stabilito che il danno morale deve essere risarcito. Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, infatti, la questione era palese, in quanto trattavasi di un pignoramento eseguito nonostante una sentenza dichiarativa della insussistenza del debito. Per la Corte il risarcimento da corrispondere può essere erogato anche solo per il danno morale, costituito dalla sofferenza per l’ingiustizia patita, in quanto, concretamente, una seria e diversa lesione non si era verificata; in particolare, non era stato leso l’onore del contribuente, poiché era palese ed incontrovertibile la erroneità del pignoramento e, in aggiunta, nessuno delle persone che avevano assistito al pignoramento (una collega, la figlia e la segretaria) avrebbero mai considerato l’avvocato quale evasore. Ma il danno morale sussiste comunque, a parere della Corte, ed è riconducibile ai danni conseguenti a fatti integranti reato. Per la Corte, infatti, non è necessaria una sentenza penale che accerti il fatto-reato, ma è solo necessario che il giudice chiamato a decide sul risarcimento riconosca gli

estremi di un reato nel comportamento tenuto dall’amministrazione; senza dubbio non fermare l’esecuzione forzata, dopo una sentenza accertativa della inesistenza del debito ed una diffida da parte del contribuente all’ente impositore, integra il reato di omissione di atti di ufficio. Il principio di diritto, elaborato dalla Corte di Cassazione e che dovrà essere applicato dal giudice di rinvio, è il seguente: in tema di responsabilità civile e di richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale, quando è prospettato un illecito -astrattamente riconducibile a fattispecie penalmente rilevanti e per il quale la risarcibilità del danno non patrimoniale è espressamente prevista dalla legge ai sensi dell’art. 2059 c.c., e art. 185 c.p. - spetta al giudice accertare, incindenter tantum e secondo la legge penale, la sussistenza degli elementi costitutivi del reato. Se tale accertamento ha esito positivo e, quindi, il comportamento dell’ente impositore integra astrattamente un reato, il giudice deve procedere alla liquidazione del danno morale, condannando l’ente e l’agente di riscossione al relativo pagamento.

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& salute

“Stress” tintarella di Alessandro Tarentini

a classica tintarella estiva può diventare, se portata agli estremi, uno stress per l’organismo. Infatti la pelle, per aumentare le difese nei confronti delle radiazioni si abbronza grazie a un pigmento bruno, la melanina, prodotta da alcune cellule presenti nel tessuto cutaneo: i melanociti. E più melanina c’è, più si diventa scuri. Il colore della pelle dipende anche da altri fattori, come ad esempio le ore in cui si prende il sole. Quindi chi si espone nelle ore centrali della giornata avrà una colorazione rossastra più intensa, dovuta però non alla produzione di melanina, ma dall’ustione data del sole. Molti si chiedono se esistono cibi abbronzanti. Da anni si attribuiscono alle carote capacità abbronzanti. La verità, come sempre, sta nel mezzo. È vero che il forte consumo di carote o altri vegetali ricchi di vitamina A o di betacarotene, fa depositare a livello della pelle alcuni pigmenti colorati. Questo dona un giallino chiaro alla cute che, sovrapponendosi alla melanina, intensifica il colore dell’abbronzatura. Ma quello che bisogna valorizzare è il ruolo che l’alimentazione può ricoprire per proteggere la nostra pelle. Si comincia con la vitamina A, la più importante per la salute e la bellezza della pelle. Questa vitamina favorisce la sintesi di alcune molecole che influenzano l’elasticità e l’idratazione della pelle, nonché il ritardo nella formazione delle rughe. Bisogna tener conto, infatti, che i raggi solari seccano la pelle. Inoltre, in questi anni sempre più si pone l’accento sul fatto che una prolungata esposizione solare aumenta lo stress ossidativo, ossia la produzione di radicali liberi, sostanze tossiche che accelerano l’invecchiamento delle cellule e, quindi, anche della pelle. Per neutralizzare l’azione di questi composti tossici è indispensabile assumere con la dieta tutti i giorni le ormai note sostanze cosiddette antiossidanti: oltre alla A

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anche le vitamine C, E, e i minerali quali selenio e zinco. Tra l’altro uno dei compiti principali della vitamina C è la produzione di collagene, proteina presente nella pelle, capelli, unghie, ma anche costituente delle strutture di contenimento, quali il tessuto connettivo, le cartilagini, i tendini e così via. L’esposizione al sole influisce anche sui capelli e sulle unghie. Va però tenuto presente che diete povere di nutrienti o eccessivamente ipocaloriche – dovute a un’eccessiva fretta di perdere peso prima della partenza - possono influire decisamente sulla salute di pelle e annessi cutanei. Una cute secca e squamosa, capelli e unghie sottili, fragili, possono segnalare

decise carenze proteiche già dopo pochi giorni dall’inizio di una dieta troppo rigida. Ma è l’acqua il migliore prodotto per combattere la secchezza e mantenere una bella pelle elastica. E’ importante ricordarsi che la pelle si idrata dall’interno, non dall’esterno. Per fortuna assicurarsi tutti gli elementi citati non è difficile. Una prima colazione a base di yogurt, pane integrale e frutta, un pranzo leggero a base di cereali e verdure con poche proteine (legumi, un uovo, un po’ di ricotta) e una cena a base di pesce e verdure, soddisfano i fabbisogni necessari. Ancora meglio se si sceglie sempre la frutta come spuntino, e se come condimento si utilizza l’olio extravergine di oliva

VITAMINE E DINTORNI Vitamina A e carotenoidi Albicocche, anguria, asparagi, broccoli, carote, cachi, cavolo, indivia, lattuga, melone, peperoni rossi, pomodori, spinaci, zucca. Vitamina C Agrumi, broccoli, cavoli, fragole, kiwi, lamponi, mango, papaia, peperoni, pomodori, ribes nero, spinaci. Vitamina E Prevalentemente negli oli vegetali (girasole, mais, oliva), ma anche in avocado, mandorle, noci, nocciole, pistacchi. Selenio Fonti vegetali: aglio, broccoli, cavolo, cetrioli, cereali (specie se integrali), cipolle, funghi, sedano. Fonti animali: carne (agnello, anatra, maiale, pollo), formaggi stagionati, pesce (crostacei, frutti di mare, sardine, tonno), tuorlo d’uovo. Zinco Fonti vegetali: tutti i cereali e i legumi, frutta oleosa. Tra gli ortaggi: carote, cavolo verde, sedano, spinaci. Fonti animali: carne e pesce in generale (acciughe,

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polipo, seppie, ostriche). Biotina Fonti animali: fegato di vitello, latte, tuorlo d’uovo. Fonti vegetali: soia, semi oleosi, lievito di birra, cereali integrali. Cisteina Fonti animali: carne, latte e derivati, uova. Fonti vegetali: cereali. Metionina Solo fonti animali: carne, pesce, latte, uova. Rame Fonti animali: cozze, ostriche, salmone, miele. Fonti vegetali: semi oleosi (anacardi, arachidi, noci), germe di grano, lenticchie, avena e orzo, funghi. Ferro Fonti animali: fegato, carne, pesce (corvina, caviale, mormora, scorfano, pagello, salpa, occhiata, boga, spigola, pagello), frutti di mare (ostrica, cozza). Fonti vegetali: cereali integrali, muesli, melassa di canna da zucchero, legumi secchi, semi oleosi, frutta secca, verdure verdi (rucola, radicchio, tarassaco, indivia) e pomodori secchi.


benessere

Evoluzione dei Raggi X Dr. Claudio D’Archivio

Specialista in Radiodiagnostica e Scienze delle Immagini

el 1895 Wilhelm Conrad Röntgen, mediante un esperimento fisico, scoprì l’esistenza delle radiazioni che chiamò inizialmente “X” perché ancora di tipo sconosciuto. A tutt’oggi le radiazioni ionizzanti hanno mantenuto questa denominazione tanto da essere conosciute dai più come “Raggi X”. Nel secolo successivo iniziarono gli esperimenti clinici, dando vita alla Radiologia: una branca della medicina che studia il corpo umano con l’utilizzo delle radiazioni ionizzanti. Questa branca è stata, fino agli anni settanta, l’unica metodica in grado di fornire immagini del corpo umano. In seguito si sono aggiunte nuove metodiche. quali l’Ecografia, la Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) e la Risonanza Magnetica (RM), che hanno conferito maggiore complessità e completezza alla Radiologia.Che è diventata,così,Diagnostica per Immagini la quale, oltre alle radiazioni ionizzanti, utilizzate nella Radiologia e nella Tomografia Computerizzata (TC), sfrutta anche il principio degli ultrasuoni, impiegati in Ecografia, e delle onde elettromagnetiche impiegate nella RM. La “vecchia” Radiologia, dunque, inglobata in quest’ universo di tecniche varie e differenti, ha preso il nome di Radiologia tradizionale, ormai riservata quasi ed esclusivamente allo studio dell’apparato scheletrico e minimamente alla Diagnostica contrastografica. Ma l’evoluzione non è finita. Anche la Radiologia tradizionale ha, infatti, subito

a sua volta un’innovazione tecnologica che, se da un lato ha mantenuto come cardine l’emissione di radiazioni ionizzanti mediante il filo di tungsteno tra anodo e catodo, dall’altra ha modificato radicalmente l’emissione delle radiazioni e la qualità delle immagini. Si è passati, inoltre, dalla Radiologia analogica, caratterizzata dalla produzione di pellicole radiografiche mediante bagni umidi (Sviluppo e Fissaggio), alla Radiologia digitale (indiretta e diretta) la quale consente la produzione di pellicole radiografiche mediante stampanti laser. Ancora più recente è l’impiego di supporti magnetici, quali CD e DVD, a scapito della pellicola radiografica, e non è da escludere che in un prossimo futuro le immagini possano essere condivise esclusivamente su rete telematica. Tra i vantaggi della Radiologia tradizionale vi sono di certo la facilità di esecuzione, che permette di impiegare tale metodica anche in casi di emergenza, i consolidati protocolli di tecnica di esecuzione degli esami e la facile reperibilità sul territorio a costi accessibili. Lo svantaggio, di contro, è l’impiego delle radiazioni ionizzanti al quale gli sviluppi tecnologici stanno ovviando con successo: vedasi la Radiologia digitale per mezzo della quale, durante l’esecuzione di una singola radiografia, viene erogata al paziente una

dose di radiazioni pari a circa 11 giorni di esposizione a radiazioni naturali di fondo. Come detto, la Radiologia tradizionale negli ultimi tempi viene utilizzata quasi esclusivamente nell’ambito della patologia traumatica e scheletrica in generale (studio delle malattie degenerative come le artrosi, delle malattie infiammatorie come le artriti ed osteomieliti, delle alterazioni posturali e della crescita) e dello studio del parenchima polmonare. In quest’ultimo, però, la Radiologia tradizionale ha cominciato a perdere terreno a favore della metodica regina nello studio del parenchima: la TC. Protocolli Low Dose hanno fortemente abbassato il rischio derivante dall’ esposizione all’esame TC, tanto che oggi viene sempre più utilizzato nello screening del tumore del polmone. A tal proposito, L’Istituto Oncologico Europeo (IEO) di Milano, diretto dal prof. Umberto Veronesi, ha avviato il progetto “Cosmos 2” per lo screening del tumore polmonare su una popolazione di fumatori di età compresa tra i 50 e i 75 anni. La diagnostica per immagini utilizzata nello screening è proprio una TC Low Dose e, oltre all’ospedale Mazzini di Teramo anche il Centro Diagnostico D’Archivio di Giulianova è inserito nel progetto di Screening per la provincia di Teramo.

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& salute

SALUTE ESTATE

Trattamenti combinati per una

“remise en forme” Dr. Vittoria Dragani

Specialista in Igiene e Medicina Preventiva

e adiposità localizzate sono rappresentate da accumuli di tessuto adiposo in particolari regioni del corpo: nella donna si localizzano nei fianchi, nell’area periombelicale e sovrapubica, nelle cosce e nella regione interna del ginocchio; nell’uomo invece tipicamente a livello addominale. La cellulite rappresenta un inestetismo che interessa l’80% circa delle donne, si localizza prevalentemente all’interno e all’esterno delle cosce, nella zona laterale del braccio e nei glutei. L’approccio sinergico di più figure professionali rappresenta una strategia vincente finalizzata al miglioramento degli inestetismi cutanei. La mesoterapia consiste nell’iniettare un insieme di farmaci allopatici o omeopatici a piccole dosi e con l’utilizzo di aghi sottili. Gli ultrasuoni sono da anni utilizzati nel trattamento delle adiposità localizzate e la loro azione è volta a rendere solubile il grasso contenuto negli adipociti consentendone la fuoriuscita attraverso la membrana cellulare. L’utilizzo di apparati medicali certificati - Osmosi Ultrasonica Inversa (O.U.I.) – permette un approccio sicuro al paziente. La veicolazione transdermica è una metodica che consente il trasporto dei

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principi attivi negli spazi cellulari attraverso l’applicazione di micro impulsi controllati che rendono le membrane epidermiche maggiormente permeabili. Il linfodrenaggio manuale (Vodder) è una particolare tecnica di massaggio che permette il drenaggio linfatico dei tessuti con l’eliminazione meccanica dei liquidi e

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Ruolo determinante nelle sinergie finalizzate al miglioramento degli inestetismi è un adeguato approccio nutrizionale....

degli elementi di scarto in essi contenuti. Si rivela anche un ottimo coadiuvante nei programmi di miglioramento della cellulite e delle adiposità localizzate. Anche la postura gioca un ruolo fondamentale. Infatti, sotto il controllo del sistema nervoso, essa tende a subire delle modifiche, dando origine ad asimmetrie dei muscoli e delle articolazioni, riflettendosi sul microcircolo sanguigno e linfatico. Con la ginnastica posturale è possibile ristabilirne una corretta funzionalità e una minore insorgenza di inestetismi. Ruolo determinante nelle sinergie finalizzate al miglioramento degli inestetismi è un adeguato approccio nutrizionale. Un corretto stile di vita abbinato ad un’alimentazione equilibrata fanno sì che ritenzione idrica e cellulite possano essere prevenuti. Bisogna saper mangiare di qualità e in quantità adeguate. L’azione combinata di farmaci, tecnologie avanzate, linfodrenaggio e inquadramento nutrizionale permettono un miglioramento della qualità della vita e una “remise en forme”.


quattro zampe

In vacanza con

l’amico… quadrupede di Piero Serroni

Medico Veterinario

uando si programma un viaggio e si prevede di partire con il proprio animale di affezione, è bene organizzarsi per tempo, in modo tale da poter adempiere agli obblighi sanitari richiesti nella nazione, o anche nella regione italiana dove ci si reca, e ai regolamenti delle varie compagnie di trasporto. In sintesi, quando ci si sposta in una diversa regione o nazione è necessario: tenere presente i regolamenti interni delle varie compagnie aeree, marittime e ferroviarie; rivolgersi al Consolato delle nazioni dove si ha intenzione di andare per avere informazioni sugli obblighi sanitari richiesti; osservare le disposizioni definite dall’Unione europea. Per il viaggio in auto, l’animale va custodito in apposita gabbia o contenitore o nel vano posteriore al posto di guida, appositamente diviso da rete od altro analogo mezzo idoneo che, se installati in via permanente, devono essere autorizzati dal competente ufficio provinciale della Direzione generale della M.C.T.C. Se si viaggia in aereo è bene informarsi in anticipo sul regolamento della compagnia, se consente il trasporto di animali e le condizioni di viaggio. Quando si prenota un viaggio in aereo con il proprio cane o gatto è opportuno controllare se il volo prevede scali in Paesi di transito con cambi di compagnia aerea o di velivolo, sia perché i trasferimenti da un aeromobile ad un altro possono comportare rischi per gli animali stessi, ma soprattutto perché l’animale può essere bloccato nel Paese di transito per eventuali controlli sanitari. Pertanto bisogna informarsi preventivamente sugli obblighi sanitari anche del paese di transito e non solo di quelli relativi al paese di arrivo. Analogamente, se si viaggia su navi o traghetti, è opportuno informarsi sul regolamento interno della compagnia di navigazione. Se si viaggia in treno, restrizioni e diverse modalità di trasporto sono previste a seconda del tipo di treno che si prende. Indipendentemente dal mezzo usato per il trasporto degli animali, il Regolamento (CE) 998/2003 stabilisce che cani gatti e

furetti, che viaggiano nei paesi dell’Unione europea, devono avere un passaporto rilasciato dalla Asl. Il rilascio è subordinato alla preventiva iscrizione all’anagrafe canina o felina, e quindi all’applicazione del microchip da parte dei veterinari autorizzati. Il passaporto deve contenere dati anagrafici del proprietario dell’animale, numero di microchip, eventuali vaccinazioni effettuate all’animale, trattamenti contro le zecche e l’echinococco, e obbligatoriamente la vaccinazione antirabbica effettuata almeno 21 giorni prima della partenza. Nel caso di Gran Bretagna, Irlanda e Svezia sarà necessario anche un test immunologico di verifica degli anticorpi della rabbia da effettuare nei tempi richiesti da ciascun Paese. Indipendentemente dalla meta (Italia o estero) è comunque importante proteggere il cane o il gatto dalle patologie presenti in zone geografiche diverse. In tutto il bacino del Mediterraneo il pericolo è rappresentato dal pappatacio un insetto che può trasmettere la leishmaniosi. In tali zone, è preferibile non far

dormire il cane all’aperto durante la notte e distribuire antiparassitari sul pelo. Nel nord Italia bisogna proteggere il cane dalla filariosi cardiopolmonare, una malattia diffusa e pericolosa che si può prevenire somministrando al cane specifiche compresse.

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Indipendentemente dalla meta (Italia o estero) è comunque importante proteggere il cane o il gatto dalle patologie presenti in zone geografiche diverse...

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servito

Maltagliati al ragù di pesce Ingredienti per quattro persone 100 gr di filetto di trota. 100 gr di filetto merluzzo. 100 gr di gamberetti. 300 gr di maltagliati. 1 carota. 1 costa di sedano. 1 cipolla. 400 gr di polpa di pomodoro Mezzo bicchiere di vino bianco. 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva. Sale q.b. Preparazione Lasciare a bagno in acqua e bicarbonato, per una decina di minuti circa, la carota

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ed il sedano. Una volta tolti ed asciugati si dovrà provvedere a pulirli, pelando la carota e togliendo i fastidiosi filamenti che percorrono tutta la lunghezza della costa di sedano. Tagliare tutto grossolanamente, anche la cipolla, e mettiamo nel robot da cucina o in un frullatore per tritarle finemente. Versare il trito in una padella antiaderente, con un cucchiaio di olio EVO, due dita di vino bianco e fate stufare per dieci minuti. Nel frattempo si passerà alla preparazione del pesce. Utilizzare i filetti per evitare la fatica di pulire e spinare, ma è sempre bene fare attenzione a qualche spina rimasta. Dopo aver provveduto a togliere la pelle della trota, tagliate entrambi i filetti a dadini non eccessivamente piccoli.

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A questo punto aggiungete nella padella i gamberetti e la dadolata di pesce, versate il rimanente vino bianco e a fiamma vivace fate consumare per qualche minuto. In questo modo si andrà ad eliminare la parte alcolica del vino, che lascerà nella pietanza solo aromi e sapori. E’ bene sottolineare che quando si sfuma con il vino, bisogna utilizzare dei prodotti di qualità. Una volta evaporata la parte alcolica del vinello (bastano giusto due minuti di cottura a fiamma vivace) aggiungete la polpa di pomodoro, coprite la padella e lasciate cuocere a fuoco basso per circa dieci minuti. Nel frattempo cuocere la pasta e finirla di cuocere nel preparato del ragù infine impiattare il tutto con cura.


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Ogni mese 10.000 famiglie ci accolgono graditi ospiti


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